ATTO CAMERA

MOZIONE 1/00530

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Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 16
Seduta di annuncio: 420 del 19/01/2011
Abbinamenti
Atto 1/00561 abbinato in data 15/02/2011
Atto 1/00562 abbinato in data 15/02/2011
Atto 1/00563 abbinato in data 15/02/2011
Atto 1/00564 abbinato in data 15/02/2011
Firmatari
Primo firmatario: DI STANISLAO AUGUSTO
Gruppo: ITALIA DEI VALORI
Data firma: 10/02/2011
Elenco dei co-firmatari dell'atto
Nominativo co-firmatario Gruppo Data firma
DI PIETRO ANTONIO ITALIA DEI VALORI 10/02/2011
DONADI MASSIMO ITALIA DEI VALORI 19/01/2011
EVANGELISTI FABIO ITALIA DEI VALORI 19/01/2011
ORLANDO LEOLUCA ITALIA DEI VALORI 19/01/2011
BORGHESI ANTONIO ITALIA DEI VALORI 19/01/2011


Stato iter:
15/02/2011
Partecipanti allo svolgimento/discussione
ILLUSTRAZIONE 15/02/2011
Resoconto DI STANISLAO AUGUSTO ITALIA DEI VALORI
 
INTERVENTO PARLAMENTARE 15/02/2011
Resoconto BALDELLI SIMONE POPOLO DELLA LIBERTA'
Resoconto CHIAPPORI GIACOMO LEGA NORD PADANIA
 
DICHIARAZIONE VOTO 15/02/2011
Resoconto VERNETTI GIANNI MISTO-ALLEANZA PER L'ITALIA
Resoconto PORFIDIA AMERICO INIZIATIVA RESPONSABILE (NOI SUD-LIBERTA' ED AUTONOMIA, POPOLARI D'ITALIA DOMANI-PID, MOVIMENTO DI RESPONSABILITA' NAZIONALE-MRN, AZIONE POPOLARE, ALLEANZA DI CENTRO-ADC, LA DISCUSSIONE)
Resoconto DONADI MASSIMO ITALIA DEI VALORI
Resoconto PAGLIA GIANFRANCO FUTURO E LIBERTA' PER L'ITALIA
Resoconto BOSI FRANCESCO UNIONE DI CENTRO
Resoconto DOZZO GIANPAOLO LEGA NORD PADANIA
Resoconto TEMPESTINI FRANCESCO PARTITO DEMOCRATICO
Resoconto CICU SALVATORE POPOLO DELLA LIBERTA'
 
INTERVENTO PARLAMENTARE 15/02/2011
Resoconto GIACHETTI ROBERTO PARTITO DEMOCRATICO
 
INTERVENTO GOVERNO 15/02/2011
Resoconto SCOTTI VINCENZO SOTTOSEGRETARIO DI STATO - (AFFARI ESTERI)
 
INTERVENTO PARLAMENTARE 15/02/2011
Resoconto DONADI MASSIMO ITALIA DEI VALORI
Resoconto DI PIETRO ANTONIO ITALIA DEI VALORI
Resoconto FRANCESCHINI DARIO PARTITO DEMOCRATICO
 
PARERE GOVERNO 15/02/2011
Resoconto SCOTTI VINCENZO SOTTOSEGRETARIO DI STATO - (AFFARI ESTERI)
Fasi iter:

APPOSIZIONE NUOVE FIRME IL

NUOVO PRIMO FIRMATARIO IL 10/02/2011

DISCUSSIONE CONGIUNTA IL 15/02/2011

DISCUSSIONE IL 15/02/2011

IN PARTE ACCOLTO E IN PARTE NON ACCOLTO IL 15/02/2011

PARERE GOVERNO IL 15/02/2011

VOTATO PER PARTI IL 15/02/2011

IN PARTE APPROVATO E IN PARTE RESPINTO IL 15/02/2011

CONCLUSO IL 15/02/2011

Atto Camera

Mozione 1-00530
presentata da
AUGUSTO DI STANISLAO
testo di
mercoledì 19 gennaio 2011, seduta n.420

La Camera,
premesso che:
l'Afghanistan è in una fase cruciale del conflitto e della sua lotta per uscire dalla povertà. C'è una necessità oggettiva che le comunità internazionali facciano di più per aiutare gli afghani a creare istituzioni efficaci e per promuovere una crescita economica equa;
in base al ruolo unico del suo sistema e all'ampiezza delle sue competenze, il quadro delle Nazioni Unite a sostegno dell'Afghanistan National Development Strategy (ANDS) si concentra su tre aree prioritarie: governance di pace e stabilità, vita sostenibile e servizi sociali di base, sostenute da interventi su questioni trasversali come i diritti umani, parità tra i sessi, la tutela dell'ambiente, lotta contro le mine e il narcotraffico. Questi tre settori prioritari sono inquadrati in un contesto in cui l'Onu è nella posizione migliore per sostenere la strategia nazionale di sviluppo, concentrandosi sul nesso tra la stabilità e l'alleviamento della povertà, in particolare per i più emarginati e vulnerabili;
malgrado si sia prossimi ai dieci anni di presenza della Nato (attraverso la missione Isaf i cui obiettivi restano la ricostruzione, la stabilizzazione e l'addestramento all'interno di un mandato teso al mantenimento della sicurezza nell'interesse della ricostruzione e degli sforzi umanitari), la situazione in Afghanistan è peggiorata;
le strade rimangono non edificate, una percentuale, seppur non altissima, di afghani rimane senza accesso a servizi di base, la disoccupazione è diffusa. Nel 2005, l'indice di sviluppo umano per l'Afghanistan era di 173 su 178 Paesi. Oggi è di 181 su 182. La produzione di oppio è aumentata di 40 volte. I proventi della droga rappresentano oltre il 60 per cento dell'economia. L'Afghanistan ha il peggior record delle morti infantili e ha un'aspettativa di vita di 44 anni;
tutto ciò nonostante le centinaia di miliardi di dollari spesi dalla Nato: una forza che sembra impotente a difendere la popolazione dalle attività di un gruppo di signori della guerra;
quello degli aiuti internazionali è stato il problema principale discusso nella conferenza dei donatori a Kabul del luglio 2010 che ha riunito circa 70 delegazioni di Paesi e rappresentanti delle istituzioni internazionali;
tra il 2002 e il 2009 l'Afghanistan ha ricevuto circa 40 miliardi di dollari di assistenza internazionale. Di questi, solo 6 miliardi di dollari sono passati dal Governo centrale del Paese. I rimanenti 34 miliardi sono stati veicolati dalle organizzazioni internazionali (Onu, organizzazioni non governative varie, banca mondiale, banche regionali per lo sviluppo e altre). Una percentuale compresa tra il 70 e l'80 per cento di queste somme non ha mai raggiunto la popolazione afghana. La maggior parte degli aiuti che i contribuenti e i donatori europei e americani intendono destinare a uno dei popoli più poveri del mondo si perde lungo la catena della distribuzione e ritorna sotto altre forme, lecite e illecite, ai centri da cui è partita;
il Governo Usa ha anche istituito un ispettorato generale sulla ricostruzione dell'Afghanistan (Sigar) che inizia a misurare l'impatto dei fondi stanziati per lo sviluppo del Paese, ricostruirne la mappa, prevenire e identificare gli abusi. Sulla scia di quanto stanno facendo gli Stati Uniti, necessitano forme di controllo più rigorose e un'indagine accurata sul miliardo di euro di aiuti civili che l'Unione europea e i Paesi membri destinano ogni anno all'Afghanistan. Nessuna pace duratura è possibile in Afghanistan senza una sostanziale riduzione della povertà e una lungimirante politica di sviluppo sostenibile;
il recente rapporto Onu sulla missione di assistenza delle Nazioni Unite in Afghanistan, la relazione sulla protezione dei civili nei conflitti armati, rivela delle statistiche scioccanti: il numero dei civili uccisi in Afghanistan nei primi sei mesi del 2010 è salito del 31 per cento rispetto allo stesso periodo del 2009 a causa di un aumento del numero di azioni ostili intraprese da parte di elementi armati;
il Governo afghano ha affermato che il numero di poliziotti afghani uccisi nel corso del 2010 è diminuito di circa il sette per cento, nonostante la violenza diffusa in tutto il Paese all'inizio del decimo anno di guerra;
le vittime straniere, militari e civili, sono giunte, invece, a livelli record, nonostante la presenza di circa 150.000 truppe a guida Nato. Il 2010 è stato l'anno più sanguinoso da quando i talebani sono stati cacciati dalle forze afghane sostenute dagli Stati Uniti alla fine del 2001;
Bashary, il portavoce del Ministero degli interni, ha dichiarato che 2.447 poliziotti afghani sono stati feriti, mentre 5.225 ribelli sono stati uccisi e 949 feriti;
un totale di 6.716 sono gli incidenti di sicurezza nel 2010, come agguati, bombe su strada, attentati suicidi e lanci di razzi;
la rivolta si è spostata, nel corso degli ultimi due anni, dalle sue tradizionali roccaforti nel sud-est in zone un tempo pacifiche del nord-ovest del Paese. Il nord, in particolare, è diventato un nuovo fronte mortale nella guerra;
le Nazioni Unite hanno detto che 2.412 civili sono stati uccisi e 3.803 feriti tra gennaio e ottobre del 2010, il 20 per cento in più rispetto al 2009;
il Ministero della difesa afghano ha reso noto che 821 soldati afghani sono stati uccisi nel 2010. Il generale di brigata Josef Blotz, un portavoce della missione Isaf-Nato, ha dichiarato che l'alto numero di vittime tra le forze di sicurezza afghane, «è un testamento al loro sacrificio, ai loro sforzi, al loro impegno, stanno combattendo per il proprio Paese» e che l'aumento del numero di truppe straniere in guerra in Afghanistan avvenuto l'anno scorso aveva portato a una prevedibile ripresa della violenza. Le forze straniere hanno subito un numero di decessi record nel 2010;
Georgette Gagnon, direttore dei diritti dell'uomo per Unama, ha dichiarato nella sua relazione che «dopo nove anni le misure per proteggere i civili afghani in modo efficace e per ridurre al minimo l'impatto del conflitto sulla base dei diritti umani sono più urgenti che mai»;
invitando tutti gli interessati a fare di più per proteggere i civili, rispettando i loro obblighi di diritto internazionale, nella citata relazione si raccomanda che le forze militari internazionali rendano più trasparente la propria responsabilità nel caso di perdite umane e di essere più attenti durante le attività aeree, e che il Governo afghano si impegni a creare un organismo speciale per rispondere agli incidenti e, infine, che i talebani cessino l'esecuzione di civili;
secondo la convenzione di Ginevra relativa alla protezione delle persone civili in tempo di guerra, le clausole prevedono chiaramente che le forze d'invasione hanno la responsabilità di proteggere i civili. Se dopo nove anni le vittime sono in aumento, allora risulta evidente una incapacità della Nato di condurre la missione con successo;
nonostante le dichiarazioni di alto profilo a Washington e Kabul circa i progressi compiuti in Afghanistan, il popolo afghano ha solo assistito e sofferto un conflitto armato intensificatosi negli ultimi mesi. Contrariamente alla promessa del Presidente americano, Barack Obama, secondo cui il dispiegamento di altre 30.000 forze Usa nel Paese avrebbe dovuto «distruggere, smantellare e sconfiggere» i ribelli talebani e i loro alleati di Al-Qaeda nella regione, l'insurrezione è diventata più elastica, più strutturata e mortale;
in termini di insicurezza, il 2010 è stato l'anno peggiore dalla caduta del regime talebano nel 2001. Non solo il numero di incidenti è stato maggiore, ma lo spazio e la profondità della rivolta e le guerriglie connesse non aiutano a contrastare la violenza e hanno, altresì, ingrandito enormemente il pericolo di sicurezza. Fino a 1.200 incidenti per la sicurezza sono stati registrati nel mese di giugno, il più alto numero di incidenti dal 2002;
in mezzo a preoccupazioni diffuse circa la corruzione dilagante e l'abuso di potere da parte della polizia, la Nato non solo ha continuato ad assumere i mal qualificati agenti, come riferito dai rapporti, ma ha ridotto il periodo di formazione a solo quattro settimane;
la stragrande maggioranza delle forze di polizia è analfabeta e vi è una mancanza di conoscenze adeguate circa i fondamenti della polizia per i diritti civili e umani. Molti agenti di polizia sono tossicodipendenti o hanno considerevoli precedenti penali;
la corruzione dominante e l'abuso di autorità da parte della polizia hanno un impatto devastante sugli individui e sulla comunità civile che hanno un disperato bisogno di un senso di sicurezza, di protezione e di regole di diritto;
la corruzione e l'abuso delle forze di polizia hanno anche contribuito alla criminalità diffusa, all'impunità penale e al diniego di accesso al popolo alla giustizia e ad altri servizi essenziali;
l'ultima revisione della strategia Usa in Afghanistan osserva che le truppe della coalizione stanno avendo successo contro i talebani sul campo di battaglia. Ma questo non ha fermato l'afflusso di denaro nelle casse dei talebani;
le pubblicazioni del sito di Wikileaks rivelano una crescente frustrazione degli Stati Uniti con gli alleati arabi e la loro incapacità di trattare con enti di beneficenza e donatori privati che inviano denaro ai gruppi estremisti talebani. Gli analisti e i funzionari affermano che le donazioni per i talebani potrebbe diventare un punto controverso data la loro crescente capacità di generare cassa per conto proprio;
da un recentissimo rapporto pubblicato da Human Rights Watch emerge che il Governo afghano e i suoi sostenitori internazionali hanno ignorato la necessità di tutelare le donne nei programmi per reintegrare i combattenti ribelli e non hanno garantito che i diritti delle donne saranno inclusi nei colloqui potenziali con i talebani;
il report affronta, tra l'altro, le sfide potenziali per i diritti delle donne derivanti da accordi di governo futuro con le forze ribelli e descrive come nelle zone sotto controllo talebano le donne siano spesso vittime di minacce, intimidazioni e violenze, e donne leader politici e attiviste siano attaccate e uccise impunemente;
«le donne afghane non sono tenute a rinunciare ai propri diritti in modo che il Governo possa tracciare un accordo con i talebani», ha detto Tom Malinowski, Direttore a Washington di Human Rights Watch. Sarebbe, infatti, un grave tradimento ai progressi compiuti dalle donne e per le donne e ragazze nel corso degli ultimi nove anni;
nelle zone di controllo o di influenza talebana, hanno minacciato e aggredito le donne nella vita pubblica e donne normali che lavorano fuori casa;
ci sono pochi segni che finora il Governo del presidente Hamid Karzai abbia adeguatamente risposto alle preoccupazioni di questi attacchi nei suoi programmi per reintegrare i ribelli;
il Governo afghano ha offerto soltanto garanzie deboli per le donne che intendono salvaguardare la loro libertà, che hanno recuperato dopo la caduta del Governo talebano nel 2001. Nel marzo del 2009, per esempio, ha firmato la discriminatoria Shia personal status law (che nega alle donne sciite i diritti di custodia dei figli e la libertà di movimento, tra gli altri diritti), e nel 2008 ha perdonato due stupratori per motivi politici;
nonostante le promesse dei sostenitori internazionali dell'Afghanistan per promuovere i diritti delle donne. Human Rights Watch continua a essere preoccupata che anche loro possano sacrificare i diritti delle donne come parte di una strategia di uscita dall'Afghanistan;
il Governo afghano ha cercato di cooptare le fazioni dell'opposizione offrendo loro l'impunità per i crimini di guerra e altre gravi violazioni del diritto internazionale. Ma la giustizia e la responsabilità dei crimini gravi dovrebbero essere al centro di ogni processo di riconciliazione con i talebani e altri insorti;
la relazione descrive le condizioni che dovrebbero essere incluse in qualsiasi reintegrazione e negoziazione o di un processo di riconciliazione per garantire i diritti delle donne. Lavorare, ottenere un'istruzione e impegnarsi nella vita politica dovrebbero essere fattori esplicitamente salvaguardati. Gli individui con una storia di gravi abusi contro le donne e le ragazze dovrebbero essere esclusi dal potere. E i leader delle donne devono essere pienamente coinvolti nei processi decisionali per il reinserimento e la riconciliazione, in quanto essi stessi sono i migliori garanti dei loro diritti;
Human Rights Watch sostiene il documento redatto dalle donne afghane leader della società civile, emesso il 29 gennaio 2010. Esso comprende una serie di raccomandazioni tra cui quella secondo la quale le donne dovrebbero essere consultate e rappresentate in tutte le autorità nazionali di sviluppo della pace e del programma di reinserimento;
inoltre, i Governi impegnati in Afghanistan per continuare lo sviluppo di una strategia di sicurezza nazionale devono agire coerentemente con le risoluzioni del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite a favore delle donne e dei loro diritti nelle zone di conflitto (incluse la risoluzione 1325, che riconosce come fondamentale il ruolo delle donne per raggiungere pace e sicurezza, le risoluzioni 1820 e 1888 sulla prevenzione e l'accusa di violenza sessuale nei conflitti armati, e la risoluzione 1889 che mira a promuovere la partecipazione delle donne durante il post-conflitto e nei periodi di ricostruzione); e, ancora, devono elaborare un piano d'azione nazionale per la pace e la sicurezza in cui le donne devono essere integrate come elemento centrale della politica di sicurezza nazionale;
Human Rights Watch chiede, inoltre alle forze internazionali in Afghanistan di: riconoscere che le vittime civili, le incursioni notturne e le pratiche di detenzione hanno contribuito ad alimentare la rivolta; continuare gli sforzi per ridurre le morti inutili; avviare indagini approfondite e tenere conto del personale militare responsabile di atti illeciti; garantire che l'assistenza militare internazionale agli sforzi di reinserimento non aggravi l'impunità o la corruzione e che ogni impegno con le comunità o persone in cerca di reinserimento o di riconciliazione implichi adeguati controlli dei precedenti per gravi accuse di violazioni dei diritti umani compresi gli attacchi alle donne e all'istruzione delle ragazze; garantire una significativa partecipazione femminile nei pertinenti organi decisionali al fine di creare i presupposti per il finanziamento di programmi di reinserimento e assicurare che i fondi di reinserimento vadano a beneficio delle famiglie e delle comunità, comprese le donne, piuttosto che ai singoli ex combattenti; sollecitare il Governo afghano ad abrogare la legge di amnistia e ad astenersi dal sostenere finanziariamente o pubblicamente qualsiasi processo di riconciliazione che non esclude le persone nei cui confronti vi sono accuse di crimini di guerra, crimini contro l'umanità e altre gravi violazioni dei diritti umani;
un altro dato molto drammatico viene dalla condizione dei bambini in Afghanistan che pagano il prezzo più alto. Infatti, secondo il rapporto del Watchlist on children and armed conflict, un network di organizzazioni umanitarie che si batte contro le violazioni dei diritti dei minori nei Paesi colpiti da guerre e conflitti e di cui fa parte Save the children, «l'Afghanistan è di giorno in giorno sempre meno un paese per bambini»;
l'Afghanistan è tristemente noto per essere il Paese in cui si registra una delle percentuali più alte di bambini e bambine soldato. Casi documentati dimostrano che i bambini sono anche usati come attentatori suicidi da parte dei talebani. I bambini coinvolti vanno da 13-16 anni di età e, secondo le testimonianze degli attentatori falliti, vengono ingannati con promesse di denaro o altrimenti costretti a diventare kamikaze. Inoltre, molti bambini coinvolti in attacchi di tentato suicidio sono stati pesantemente indottrinati, molte volte in Paesi stranieri, e sono necessari ulteriori sforzi per combattere questa pratica. Alcuni rapporti indicano che bambini utilizzati negli ultimi episodi di attentati non erano a conoscenza di quello che portavano;
altresì c'è forte preoccupazione per la presenza di bambini nell'Afghan national army (Ana) e nella Polizia nazionale afghana (Anp);
dalla relazione 2010 del Segretario generale al Consiglio di sicurezza emergono casi di bambini in stato di detenzione da parte del Governo nazionale, presumibilmente per oneri relativi alla sicurezza, ed è confermato che un certo numero di questi bambini detenuti erano stati attirati con lo scopo di trasportare esplosivi o addestrati a condurre attacchi suicidi-tipo contro la sicurezza nazionale e forze internazionali o funzionari del Governo. Due bambini hanno rivelato che erano stati rapiti in Afghanistan e portati in Pakistan dove è avvenuto l'addestramento militare. Diversi casi sono stati confermati di bambini pakistani utilizzati per condurre operazioni militari in Afghanistan;
centinaia di bambini sono stati arrestati dalla direzione nazionale della sicurezza e delle forze militari internazionali con accuse relative alla sicurezza nazionale, compreso il loro presunto coinvolgimento o l'associazione con i gruppi talebani e altri gruppi armati. L'accesso alle strutture di detenzione continua a essere difficile e le informazioni sui bambini detenuti dalle forze filo-governative restano limitate. L'uso di tecniche di interrogatorio duro e pratiche per costringere a dichiarare confessioni di colpevolezza da parte della polizia nazionale afghana e della direzione nazionale della sicurezza sono state ampiamente documentate, compreso l'uso di scosse elettriche e percosse;
nel febbraio 2010, il rappresentante speciale del Segretario generale Onu per i bambini coinvolti in conflitti armati, Radhika Coomaraswamy, a conclusione della sua visita di sette giorni in Afghanistan, ha affermato che la protezione dei bambini deve essere al centro dell'agenda di riconciliazione del governo afghano, come sostenuto dalla comunità internazionale;
il rappresentante speciale ha dichiarato che i bambini devono essere protetti e di essere pronto a lavorare con l'Isafe le forze armate governative per lo sviluppo di procedure operative standard che tutelino i bambini durante le operazioni militari, il che significa utilizzare un protocollo per risolvere le problematiche dei bambini associati a gruppi armati, e avviare iniziative atte a portare chiarezza nella delineazione di attività civili e militari, in modo che l'assistenza umanitaria e gli operatori umanitari non vengano a trovarsi in pericolo;
l'allora comandante generale Nato Stanley McChrystal aveva assicurato al rappresentante speciale che avrebbe lavorato con le Nazioni Unite per assicurare la migliore protezione dei bambini;
il clima generale di impunità, il vuoto normativo e la totale mancanza dei diritti hanno pregiudicato la denuncia della violenza e degli abusi sessuali contro i bambini alle autorità e il perseguimento dei colpevoli. Secondo la relazione del luglio 2009 intitolata «Il silenzio è la violenza», redatta da Unama, l'ufficio delle Nazioni Unite e l'Alto Commissario per i diritti umani, questi crimini sono collegati a rappresentanti del potere locale, come al Governo, a funzionari eletti, a comandanti, a membri dei gruppi armati illegali e a bande criminali;
sono aumentati attacchi alle scuole, le chiusure forzate, l'uso delle strutture scolastiche, i combattimenti o le esplosioni di ordigni nei pressi di edifici scolastici, gli attacchi militari mirati e le minacce nei confronti di allievi e personale docente;
la vendita e il trasferimento di minori sfruttati poi in attività spesso illegali con il Pakistan o l'Iran sono documentati ampiamente e molte sparizioni e rapimenti di bambini in Afghanistan sono collegati al traffico di esseri umani. Talora sono gli stessi familiari, ridotti in povertà, che vendono a reti criminali i propri figli. I minori vengono impiegati come corrieri e spacciatori di droga o di derrate alimentari. Talvolta vengono rapiti dagli stessi sfruttatori e trafficanti, magari nei campi di sfollati interni dove si stima vivano circa 80 mila minori. Nel 2009 sarebbero stati oltre mille i bambini impiegati nel trasporto e nel trasferimento di farina dall'Afghanistan al Pakistan;
l'Afghanistan è il secondo Paese al mondo per tasso di mortalità infantile, con 257 bambini con meno di 5 anni morti su ogni 1.000 nati vivi, e il Paese in cui mamme e bambini stanno peggio al mondo, secondo l'indice sullo stato delle madri di Save the Children. Ancora oggi oltre il 70 per cento dei parti avviene in casa senza alcuna assistenza specializzata. Un dottore segue in media 5.500 pazienti. Molto preoccupante è la diffusione e il consumo di droga, che a volte riguarda l'intera famiglia. Si calcolano in 60 mila i bambini sotto i 15 anni dipendenti da droga. Inadeguate sono l'assistenza e la cura dei bambini tossicodipendenti e anche di quelli colpiti da disturbi mentali e psicologici;
Save the Children, la più grande organizzazione internazionale indipendente per la difesa e la promozione dei diritti dei bambini, ha lanciato un chiaro allarme e ha chiesto «che venga approntato un piano quinquennale per la protezione dei bambini, con degli obiettivi misurabili, come per esempio la riduzione del numero di attacchi alle scuole. Chiede inoltre che sia messo in opera un meccanismo per le vittime che renda facile la denuncia delle violazioni e accessibile l'informazione sul procedimento in corso. Chiede infine la definizione di criteri chiari e validi ovunque per l'assegnazione di sussidi ai familiari delle vittime della guerra e delle violenze. Il successo degli sforzi di portare la pace in Afghanistan risiede nella nostra abilità di proteggere i bambini di questa nazione. È urgente stabilire le giuste priorità per riuscire in questa missione»;
è in pieno svolgimento una lotta determinante per le sorti dell'economia afghana e quindi per il destino di milioni di contadini e delle loro famiglie, ovvero per la stragrande maggioranza del popolo di quel Paese: la lotta tra l'oppio talebano e le colture alternative promosse dalla coalizione internazionale, tra le quali spicca per produttività lo zafferano;
il generale di brigata Josef Blotz, portavoce della Forza internazionale di assistenza alla sicurezza (Isaf), durante una conferenza stampa a Kabul, ha affermato che i talebani sono tornati a convincere gli agricoltori della provincia afghana di Herat a coltivare l'oppio e ad abbandonare, di conseguenza, le coltivazioni legali, prima tra tutte, appunto, quella dello zafferano;
gli insorti, ha confermato, sono stati visti distruggere campi di coltivazioni legali e minacciare gli agricoltori nella provincia occidentale di Herat, dove ha sede il Regional Command West a guida italiana e dove sono dispiegati i militari italiani;
due camion carichi di bulbi di zafferano sono stati attaccati dai talebani, in un agguato che è costato la vita agli autisti dei mezzi. L'attacco, ultimo di una serie, quindi, secondo la Nato, sembra confermare che i talebani non sono intenzionati a rinunciare agli introiti derivanti dal narcotraffico, che ogni anno porta nelle loro casse circa 500 milioni di dollari. Anche i militari italiani quest'anno sono rimasti coinvolti in uno scontro a fuoco con gli insorti durante un'attività per la consegna nell'ovest del Paese dei bulbi di zafferano;
la produzione e traffico di droga sono anche effetti della instabilità politica e trovano ampio spazio in uno Stato debole in cui «i signori della guerra» possono intimidire o corrompere i funzionari delle autorità incaricate o le forze di sicurezza;
nel breve e anche medio termine l'Afghanistan rischia di essere il luogo con il primato nella produzione di droga. Attualmente ha un enorme vantaggio di prezzo rispetto ai suoi rivali più vicini come produttore illecito di oppio, in quanto fornisce circa il 90 per cento del mercato mondiale e ha una quota maggiore anche nel mercato dell'emisfero orientale;
come il fattore «addestramento», anche quello delle colture alternative è un elemento essenziale nel faticoso cammino dell'Afghanistan verso la costruzione di uno Stato democratico e la lotta oppio versus altre coltivazioni va necessariamente vinta, da qui al 2014;
e ancora, i medicinali e i prodotti farmaceutici donati allo scopo di mantenere l'esercito e la polizia afghani spariscono prima di raggiungere ospedali e cliniche militari. È stato rimosso dal suo incarico l'alto ufficiale medico dell'esercito nell'ambito di un'inchiesta per presunta corruzione che dovrà chiarire anche la relazione tra la scomparsa di medicinali del valore di 42 milioni di dollari, che gli Stati Uniti hanno donato quest'anno, e la morte di molti soldati afghani;
la strategia europea in materia di sicurezza comune adottata dal Consiglio europeo ha rivendicato un ruolo più incisivo per l'Unione europea nel contesto internazionale. In particolare, si sottolinea la necessità, da parte dell'Unione europea, di assumersi le proprie responsabilità di fronte ad alcune minacce globali (terrorismo, criminalità organizzata, proliferazione delle armi di distruzione di massa, conflitti regionali);
i leader della Nato hanno convenuto al vertice di Lisbona nel mese di novembre 2010 di porre fine alle operazioni di combattimento e di sicurezza e di lasciare la responsabilità in mano a forze afghane entro la fine del 2014. Obama ha promesso di iniziare a ritirare le truppe Usa a partire dal luglio 2011;
la data del 2014 fissata dal presidente Hamid Karzai è stata da più parti criticata in quanto troppo ambiziosa poiché vi sono carenze in Afghanistan e nelle sue forze di sicurezza, e anche perché la fissazione di una data per il ritiro delle truppe rende più forti e temerari gli insorti;
nella relazione inviata nel mese di gennaio 2011 alle Nazioni Unite da parte di Staffan De Mistura, responsabile della missione Onu di assistenza all'Afghanistan, viene riportato che i «prossimi mesi saranno duri e ci sarà un peggioramento delle condizioni di sicurezza». I talebani «sono ancora là e programmano spettacolari attentati» a macchia di leopardo in tutto il Paese;
una realtà drammatica, pertanto, in cui i talebani sono sempre più forti, il traffico di droga è aumentato, i signori della guerra si sono arricchiti, diventando sultanati indipendenti, la corruzione regna sovrana, le elezioni sono state inficiate da brogli elettorali di ogni genere, come è stato certificato da organismi internazionali, le donne e i bambini sono sempre in pericolo costante;
appare acclarato ormai che la missione di pace, sia essa di keeping o di enforcing, alla quale era stato destinato il nostro contingente ha prodotto un fallimento e ciò va ammesso, in ragione del fatto che tale missione ha in maniera evidente cambiato la propria natura nel corso del tempo trasformandosi in presenza militare, ad avviso dei sottoscrittori del presente atto di indirizzo, in violazione dell'articolo 11 della Costituzione; va segnalato, in tal senso, che, per le sole missioni Isaf e Eupol, il Governo italiano ha stanziato, dal 2002 a oggi, oltre 3 miliardi di euro dei quali circa il 90 per cento destinati per armamenti e equipaggiamento e solo il restante per interventi di carattere civile, per interventi di ricostruzione e aiuto alla popolazione;
non è più pensabile di restare in quel drammatico teatro di guerra solo per coprire errori di strategia altrui, che stanno producendo una perdita dolorosa in termini di vite umane, sacrificate per stare in un Paese martoriato da troppi conflitti interni, e un dispendio considerevole in termini finanziari; parimenti non è più pensabile solo rivedere il senso della missione in Afghanistan come già deliberato nel 2010 nel corso del dibattito sulle mozioni presentate in tale direzione;
il momento che si accinge a vivere l'Afghanistan è uno dei più difficili e soprattutto pericolosi in assoluto da quasi dieci anni a questa parte;
sebbene gli altri alleati, a cominciare da Barak Obama, hanno convenuto di voler attuare una revisione della strategia di guerra, l'Italia non ha affatto posto il problema; ciò, malgrado il 20 gennaio 2010 la Camera dei deputati abbia impegnato il Governo, con la mozione n. 1-00239 (Di Pietro e altri), a contribuire nelle sedi multilaterali all'aggiornamento e alla messa in opera della strategia di intervento per il ristabilimento della pace e della democrazia in Afghanistan, che, ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo, è stata invece completamente ignorata;
il principale obiettivo delle missioni internazionali che vedono impegnato in prima linea il nostro Paese è la cooperazione allo sviluppo e al sostegno dei processi di pace e di stabilizzazione,
impegna il Governo:
a farsi promotore con gli alleati di un maggiore controllo e monitoraggio sulle conseguenze che la missione in Afghanistan ha sulla popolazione civile;
a valutare l'opportunità di individuare iniziative al fine di agevolare l'azione delle organizzazioni non governative che operano per fini umanitari in Afghanistan e Pakistan;
ad avviare un monitoraggio e un controllo più diretto e mirato degli aiuti internazionali inviati a sostegno della popolazione civile afgana, al fine di dare un concreto aiuto al processo di ricostruzione del Paese, di legalità e di trasparenza;
ad adottare ogni utile iniziativa per affrontare le molteplici problematiche che i bambini di questi territori sono costretti a subire con tragiche conseguenze;
a valutare la reale condizione drammatica delle donne e delle ragazze nei territori dell'Afghanistan e i dati emersi dal rapporto di Human Rights Watch, una delle maggiori organizzazioni non governative internazionali che si occupa della difesa dei diritti umani, e a recepire le richieste di Human Rights Watch e delle donne e delle ragazze che vivono nei territori martoriati dalla guerra in linea con un mandato teso al mantenimento della sicurezza nell'interesse della ricostruzione e degli sforzi umanitari;
a elaborare, a breve termine, un piano di rientro del nostro contingente militare dall'Afghanistan.
(1-00530) «Di Stanislao, Di Pietro, Donadi, Evangelisti, Leoluca Orlando, Borghesi».