ATTO CAMERA

MOZIONE 1/00327

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Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 16
Seduta di annuncio: 280 del 09/02/2010
Abbinamenti
Atto 1/00056 abbinato in data 16/02/2010
Atto 1/00059 abbinato in data 16/02/2010
Atto 1/00328 abbinato in data 16/02/2010
Atto 1/00329 abbinato in data 16/02/2010
Firmatari
Primo firmatario: ORLANDO LEOLUCA
Gruppo: ITALIA DEI VALORI
Data firma: 09/02/2010
Elenco dei co-firmatari dell'atto
Nominativo co-firmatario Gruppo Data firma
DONADI MASSIMO ITALIA DEI VALORI 09/02/2010
EVANGELISTI FABIO ITALIA DEI VALORI 09/02/2010
DI STANISLAO AUGUSTO ITALIA DEI VALORI 09/02/2010
BORGHESI ANTONIO ITALIA DEI VALORI 09/02/2010


Stato iter:
16/02/2010
Partecipanti allo svolgimento/discussione
ILLUSTRAZIONE 16/02/2010
Resoconto ORLANDO LEOLUCA ITALIA DEI VALORI
 
INTERVENTO PARLAMENTARE 16/02/2010
Resoconto SARUBBI ANDREA PARTITO DEMOCRATICO
 
INTERVENTO GOVERNO 16/02/2010
Resoconto SCOTTI VINCENZO SOTTOSEGRETARIO DI STATO - (AFFARI ESTERI)
 
DICHIARAZIONE VOTO 16/02/2010
Resoconto ORLANDO LEOLUCA ITALIA DEI VALORI
Resoconto VOLONTE' LUCA UNIONE DI CENTRO
Resoconto FAVA GIOVANNI LEGA NORD PADANIA
Resoconto TEMPESTINI FRANCESCO PARTITO DEMOCRATICO
Resoconto BONIVER MARGHERITA POPOLO DELLA LIBERTA'
 
PARERE GOVERNO 16/02/2010
Resoconto BRANCHER ALDO SOTTOSEGRETARIO DI STATO ALLA PRESIDENZA DEL CONSIGLIO - (PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI)
Fasi iter:

DISCUSSIONE CONGIUNTA IL 16/02/2010

DISCUSSIONE IL 16/02/2010

ACCOLTO IL 16/02/2010

PARERE GOVERNO IL 16/02/2010

APPROVATO IL 16/02/2010

CONCLUSO IL 16/02/2010

Atto Camera

Mozione 1-00327
presentata da
LEOLUCA ORLANDO
testo di
martedì 9 febbraio 2010, seduta n.280

La Camera,

premesso che:

la crisi in atto nella Repubblica Democratica del Congo (RDC), desta sempre più preoccupazione poiché lì si sta sviluppando una nuova fase del conflitto regionale in atto da quindici anni, un conflitto di ordine economico (sfruttamento illegale delle risorse minerarie) e geostrategico (un Kivu sempre più dipendente politicamente e militarmente dal Rwanda);

attualmente il conflitto oppone, secondo le fonti ufficiali: le Forze democratiche di liberazione del Rwanda (FDLR), Hutu rwandesi fuggiti dal Rwanda in seguito agli avvenimenti rwandesi di aprile-giugno 1994, (la loro presenza nel Kivu è sempre stata usata dall'attuale regime rwandese a connotazione tutsi come pretesto per invadere militarmente il Kivu, inviando le sue proprie truppe nel 1996-1997, nel 1998-2003 e, ultimamente, nel febbraio 2009, in occasione dell'operazione militare Umoja wetu contro le FDLR); le forze armate della RDC (FARDC), l'esercito congolese che ha intrapreso delle operazioni militari (Kimya II, da aprile a dicembre 2009 e Amani leo, da gennaio 2010) per il disarmo e il rimpatrio forzato delle FDLR; c'è da notare che le truppe dell'esercito congolese impegnate in dette operazioni sono quelle del Congresso nazionale per la difesa del popolo (CNDP di Laurent Nkunda), integrate nell'esercito nazionale in seguito agli accordi di Goma firmati nel marzo 2009. Sebbene la base di questo ex movimento ribelle congolese (ora diventato partito politico) abbia una connotazione plurietnica, i suoi responsabili politici e militari sono tuttavia di estrazione quasi esclusivamente tutsi;

come i movimenti ribelli del passato, l'AFDL e il RCD, anche il CNDP è appoggiato, militarmente, politicamente e economicamente, dal Rwanda;

come è ormai evidente, il conflitto del Kivu è un conflitto prettamente rwandese esportato e combattuto su suolo congolese. Le due parti in causa lo dimostrano: da una parte, le FDLR (che sono essenzialmente un pretesto nelle mani di Kigali per controllare il Kivu) e, dall'altra, l'attuale regime rwandese che agisce attraverso gruppi armati congolesi erroneamente denominati ribelli. Il conflitto assicura al regime rwandese di avere una propria presenza nel Kivu permettendogli di controllarlo militarmente e politicamente e di conseguire grandi vantaggi economici mediante lo sfruttamento illegale delle risorse minerarie esportate dal Kivu stesso verso l'occidente via Rwanda; il commercio minerario illegale nella RDC, tra l'altro, consente a molti attori di continuare a comprare minerali dai settori controllati dai gruppi ribelli, finanziando così tali stessi gruppi, il che contribuisce ad alimentare e inasprire il conflitto;

si teme che l'attuale conflitto, che colpisce non solo il Nord Kivu, ma anche il Sud Kivu e il Maniema, possa estendersi a tutta la regione dei Grandi Laghi, poiché già, nel nord-est del Paese, dove si incontrano le frontiere di Uganda Sudan e Congo, il Lord resistance army, letteralmente Esercito di liberazione del signore, un gruppo di ribelli ugandesi famoso per la sua ferocia, sta massacrando senza pietà e apparentemente senza motivo la popolazione del Congo;

come denunciato dall'organizzazione umanitaria «Medici senza frontiere», nel suo rapporto annuale, la tragedia del Congo ha il triste primato di una delle crisi più ignorate del globo, di fronte alla quale la comunità internazionale appare impotente;

dal 1994, anno in cui due milioni di rifugiati arrivarono nel Kivu, in seguito ai massacri perpetrati in Rwanda, tragedia che ha segnato l'inizio dell'attuale conflitto del Kivu. In questa tragedia ha giocato un ruolo importante il fattore etnico Hutu-Tutsi, perché tale elemento è stato strumentalizzato a fini politici, militari, economici e geostrategici;

la regione vive in stato d'emergenza e di guerra, ovvero da quando furono massacrate fra 800.000 e 1.100.000 persone, nella maggior parte di etnia Tutsi (Watussi), una minoranza rispetto agli Hutu, gruppo etnico maggioritario a cui facevano capo ai gruppi paramilitari responsabili dell'eccidio: Interahamwe, Impuzamugambi e gli Inkotanyi;

il secondo conflitto congolese è quello del 1998-2003, al tempo del RCD, movimento cosiddetto ribelle creato e sostenuto dal Rwanda. Al RCD è subentrato poi il CNDP di Laurent Nkunda, sempre appoggiato dal Rwanda, come dimostrato dal rapporto del gruppo degli esperti dell'Onu per la RDCongo e pubblicato in dicembre 2008 ma reso pubblico all'inizio del mese di dicembre 2009;

il New York Times, nel novembre 2009, ha pubblicato stralci di un rapporto riservato redatto da un gruppo di esperti Onu nel quale si accerta il fallimento della missione delle Nazioni unite nella Repubblica Democratica del Congo (Monuc) e dal quale si apprende che venticinquemila caschi blu ingaggiati per le operazioni di peacekeeping non sono riusciti a bloccare una rete criminale molto ampia gestita dalle Forze democratiche per la liberazione del Ruanda (FDLR) ma anche da membri del CNDP, dell'esercito congolese, della classe politica congolese e rwandese, di multinazionali e Governi occidentali, commercianti e uomini d'affari, tutti implicati in diversi modi, nel commercio illegale delle risorse minerarie del Kivu e nel traffico clandestino delle armi;

durante l'ultima Conferenza episcopale dei vescovi dell'Africa monsignor Edward Hiiboro Kussala, vescovo di Tombura-Yambio, ha chiesto che l'Europa e tutta la comunità internazionale guardino con più attenzione al suo Paese, intervenendo per porre fine a una situazione di massacri quotidiani nei confronti dei cristiani che vivono in Africa;

il 1o gennaio 2010, i missionari della rete pace per il Congo hanno fatto pervenire una lettera al Presidente degli Stati Uniti nella quale viene chiesto, tra l'altro: uno sforzo affinché cessi il sostegno americano ai regimi ugandese e ruandese, condizionando l'aiuto a una vera apertura democratica e al rispetto dei diritti economici, politici e territoriali dei Paesi della regione, prevedendo anche eventuali sanzioni e che la politica riprenda il suo ruolo nei confronti dell'economia e alle multinazionali venga chiesto conto della correttezza del loro agire in Paesi terzi, in particolare, che venga utilizzato lo strumento della tracciabilità delle materie prime esportate e vengano previste sanzioni adeguate;

nonostante la presenza delle forze internazionali (Monuc) la popolazione è presa in ostaggio ed è sotto choc. Alla lunga serie di massacri, stupri, incendi di villaggi, sequestri, furti, saccheggi di cui è vittima, si aggiunge la destabilizzazione organizzata delle forze vive della società, delle comunità religiose, la repressione di giornalisti, sindacalisti e operatori sociali. Il rapporto di Medici senza frontiere prova che il Kivu è abbandonato ai predatori e che la guerra è anzitutto «la guerra per il controllo dei minerali»;

infatti, la causa principale del conflitto nell'est della Repubblica Democratica del Congo è certamente lo sfruttamento illegale delle sue risorse minerarie (Coltan, cassiterite, oro, e altro) da parte delle multinazionali (europee, americane, canadesi e orientali) che controllano i siti minerari, attraverso gruppi armati (Forze democratiche di liberazione del Rwanda (FDLR), il Congresso nazionale per la difesa del Popolo (CNDP), i combattenti Mai Mai e lo stesso esercito nazionale (FARDC) e mafiosi che si autofinanziano mediante il commercio illegale dei minerali in cambio di armi e dollari;

occorrerebbe una regolarizzazione del mercato delle risorse minerarie, in modo da impedire che i gruppi armati si finanzino attraverso di esso e quindi introdurre un sistema di certificazione di origine dei minerali (miniera - intermediari - commercianti - esportatori - raffinatori - industrie tecnologiche occidentali), per poter evitare l'importazione di minerali prodotti da gruppi armati;

il ruolo svolto dall'Unione Africana nella ricerca di soluzioni alla crisi della Regione dei grandi laghi africani è stato minimo;

il ruolo maggiore è stato svolto dall'Onu e dalla comunità internazionale, ma con risultati scarsi e deludenti. Queste ultime due entità non sono state efficaci, perché hanno difeso prima di tutto i propri interessi politici e economici nella regione e, in secondo luogo, perché vittime di un «complesso di colpa» nei confronti del Rwanda, per non avere non solo impedito, ma nemmeno fermato il genocidio del 1994. Fu proprio all'inizio del genocidio che il Consiglio di sicurezza dell'Onu decise di ridurre drasticamente gli effettivi militari della missione Minuar;

attualmente lo stallo internazionale, che coinvolge l'Onu e la Comunità internazionale, è anche dovuto al fatto che il vigente regime rwandese mantiene ben salda la conduzione dei giochi costringendo di fatto varie nazioni a non poter prendere nessun provvedimento nei confronti del Rwanda, perché Paul Kagame potrebbe reagire mettendo in causa i principali protagonisti del dramma rwandese del 1994: il Segretario generale dell'Onu, il responsabile delle operazioni di pace, il comandante militare della Minuar, l'Amministrazione degli Stati Uniti, Canada, Regno Unito, Francia, Belgio;

l'attivismo dimostrato in Africa centrale da Francia e Gran Bretagna, con varie promesse di aiuti umanitari, non risulta abbia prodotto vere e concrete iniziative per promuovere missioni umanitarie e di soccorso, per la gestione della crisi con mezzi militari e civili;

al momento, contro quella che è considerata la catastrofe umanitaria «peggiore mai vista in Africa», l'Unione europea non si è ancora assunta la responsabilità di mandare un contingente di pace, preferendo l'azione diplomatica;

Amnesty International ha chiesto da tempo un impegno più forte del Consiglio di sicurezza Onu per porre fine alle violazioni dei diritti umani e del diritto umanitario nella Repubblica Democratica del Congo;

bisogna ricordare che il presidente congolese, Joseph Kabila, ha ultimamente chiesto che per la missione Monuc si preveda un suo ritiro progressivo entro il 30 giugno 2010, lasciando supporre che questa non resterà nella Repubblica democratica del Congo ancora a lungo;

è il Parlamento europeo ha recentemente approvato una risoluzione (17 dicembre 2009) sulla violenza nella Repubblica democratica del Congo,
impegna il Governo:

ad attivarsi in prima linea, di concerto con i partners europei, per sostenere l'importanza della presenza della missione MONUC che rimane necessaria, perché sia fatto tutto il possibile per consentirle di svolgere pienamente il proprio mandato al fine di proteggere le persone minacciate e per favorire ogni sforzo diplomatico indispensabile per rispondere alla violenza con la diplomazia e l'invito al dialogo, sollecitandone la ripresa, posto che proprio la diplomazia e il dialogo hanno portato all'istituzione del programma Amani per la sicurezza, la pacificazione, la stabilizzazione e la ricostruzione del Nord e del Sud Kivu;

a intraprendere ogni azione utile affinché il Consiglio di sicurezza adotti tutte le misure possibili necessarie per rendere più efficace il lavoro della missione Monuc nella difesa dei civili e per fare in modo che il suo mandato e le sue regole d'ingaggio possano essere applicati con determinazione e su base permanente al fine di garantire più efficacemente la sicurezza della popolazione - senza sostenere in alcun modo le unità congolesi che non rispettano i diritti umani - compreso il personale umanitario;

a favorire e sostenere, con il coinvolgimento delle istituzioni europee, soluzioni di carattere politico in quell'area nella direzione della ricerca della verità su ciò che è accaduto nel passato e su ciò che sta accadendo nel presente, nella lotta contro l'impunità di cui usufruiscono attualmente gli autori di crimini di guerra e di crimini contro l'umanità, affinché sia resa giustizia alle vittime.

(1-00327)
«Leoluca Orlando, Donadi, Evangelisti, Di Stanislao, Borghesi».
Classificazione EUROVOC:
EUROVOC :

Congo

crimine contro l'umanita'

diritti umani

esercito

omicidio

ONU

politica delle importazioni

relazioni diplomatiche

sfruttamento delle risorse

stato d'emergenza

traffico illecito