ATTO CAMERA

MOZIONE 1/00304

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Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 16
Seduta di annuncio: 263 del 11/01/2010
Abbinamenti
Atto 1/00265 abbinato in data 11/01/2010
Atto 1/00300 abbinato in data 11/01/2010
Atto 1/00305 abbinato in data 11/01/2010
Atto 1/00307 abbinato in data 11/01/2010
Atto 1/00308 abbinato in data 11/01/2010
Firmatari
Primo firmatario: ORLANDO LEOLUCA
Gruppo: ITALIA DEI VALORI
Data firma: 08/01/2010
Elenco dei co-firmatari dell'atto
Nominativo co-firmatario Gruppo Data firma
BARBATO FRANCESCO ITALIA DEI VALORI 08/01/2010
DONADI MASSIMO ITALIA DEI VALORI 08/01/2010
BORGHESI ANTONIO ITALIA DEI VALORI 08/01/2010
EVANGELISTI FABIO ITALIA DEI VALORI 08/01/2010
FORMISANO ANIELLO ITALIA DEI VALORI 08/01/2010
PALADINI GIOVANNI ITALIA DEI VALORI 08/01/2010
MESSINA IGNAZIO ITALIA DEI VALORI 08/01/2010
SCILIPOTI DOMENICO ITALIA DEI VALORI 08/01/2010
ZAZZERA PIERFELICE ITALIA DEI VALORI 08/01/2010
DI GIUSEPPE ANITA ITALIA DEI VALORI 08/01/2010
DI STANISLAO AUGUSTO ITALIA DEI VALORI 08/01/2010


Stato iter:
13/01/2010
Partecipanti allo svolgimento/discussione
ILLUSTRAZIONE 11/01/2010
Resoconto ORLANDO LEOLUCA ITALIA DEI VALORI
 
INTERVENTO PARLAMENTARE 11/01/2010
Resoconto VICO LUDOVICO PARTITO DEMOCRATICO
 
DICHIARAZIONE VOTO 13/01/2010
Resoconto IANNACCONE ARTURO MISTO-MOVIMENTO PER LE AUTONOMIE-ALLEATI PER IL SUD
Resoconto PEPE MARIO (PD) PARTITO DEMOCRATICO
Resoconto ZAZZERA PIERFELICE ITALIA DEI VALORI
Resoconto CALVISI GIULIO PARTITO DEMOCRATICO
Resoconto BARBATO FRANCESCO ITALIA DEI VALORI
Resoconto MAZZOCCHI ANTONIO POPOLO DELLA LIBERTA'
Resoconto FEDRIGA MASSIMILIANO LEGA NORD PADANIA
Resoconto PEZZOTTA SAVINO UNIONE DI CENTRO
Resoconto D'ANTONI SERGIO ANTONIO PARTITO DEMOCRATICO
Resoconto MOFFA SILVANO POPOLO DELLA LIBERTA'
Resoconto LA MALFA GIORGIO MISTO - REPUBBLICANI REGIONALISTI POPOLARI
Resoconto CERA ANGELO UNIONE DI CENTRO
Resoconto REGUZZONI MARCO GIOVANNI LEGA NORD PADANIA
 
PARERE GOVERNO 13/01/2010
Resoconto VIESPOLI PASQUALE SOTTOSEGRETARIO DI STATO - (LAVORO E POLITICHE SOCIALI)
Fasi iter:

DISCUSSIONE CONGIUNTA IL 11/01/2010

DISCUSSIONE IL 11/01/2010

RINVIO AD ALTRA SEDUTA IL 11/01/2010

ATTO MODIFICATO IN CORSO DI SEDUTA IL 13/01/2010

IN PARTE ACCOLTO E IN PARTE NON ACCOLTO IL 13/01/2010

PARERE GOVERNO IL 13/01/2010

DISCUSSIONE IL 13/01/2010

VOTATO PER PARTI IL 13/01/2010

IN PARTE APPROVATO E IN PARTE RESPINTO IL 13/01/2010

CONCLUSO IL 13/01/2010

Atto Camera

Mozione 1-00304
presentata da
LEOLUCA ORLANDO
testo di
lunedì 11 gennaio 2010, seduta n.263

La Camera,
premesso che:
l'ultimo rapporto Svimez, presentato nel luglio 2009, ha fotografato un Mezzogiorno in recessione, colpito particolarmente dalla crisi nel settore industriale, che da sette anni consecutivi cresce meno del Centro-Nord;
le prospettive per i prossimi mesi, nonostante qualche segnale di miglioramento soprattutto nel clima di fiducia di imprese e cittadini, appaiono particolarmente gravi per zone deboli del Paese. La diffusa percezione di una crisi che avrebbe riguardato soprattutto le aree più industrializzate del Paese, perché più aperte alla competizione internazionale, è purtroppo smentita dai dati relativi sia alla seconda metà del 2008 che ai primi tre trimestri del 2009;
l'impatto della crisi internazionale, infatti, si sta riflettendo con particolare intensità sul mercato del lavoro meridionale, con brusche riduzioni dell'occupazione e contemporanei incrementi del tasso di disoccupazione e conseguente contrazione dei redditi da lavoro delle famiglie. Tali dinamiche si riflettono in un'ulteriore contrazione della domanda interna che va ad aggravare la tendenza recessiva;
la disoccupazione preoccupa come non mai: nel 2008 i disoccupati al Sud sono aumentati del 9,8 per cento. Crescono in particolare, sempre secondo il rapporto Svimez del 2009, i disoccupati di lunga durata che sono il 6,4 per cento del totale, mentre erano il 5,9 per cento nel 2007 e cresce la 'zona grigia' della disoccupazione, che raggruppa scoraggiati e lavoratori potenziali: 95 mila persone in più dell'anno precedente. Dal 2004 al 2008 i cosiddetti disoccupati impliciti e gli scoraggiati sono aumentati di 424 mila unità. Considerando anche questa componente, il tasso di disoccupazione effettivo del Sud salirebbe a oltre il 22 per cento. Secondo dati Istat l'occupazione nel Mezzogiorno nel terzo trimestre 2009 è diminuita dell'0,8 per cento rispetto al primo trimestre del 2009 (dato destagionalizzato);
all'Italia spetta il non invidiabile primato del tasso di disoccupazione giovanile più alto in Europa, di cui è responsabile soprattutto il Mezzogiorno. Nel 2008 solo il 17 per cento dei giovani meridionali in età 15-24 anni lavora, contro il 30 per cento del Centro-Nord. Nella stessa classe di età la disoccupazione è invece del 14,5 per cento al Centro-Nord mentre al Sud arriva al triste primato del 33,6 per cento;
nel 2008 al Sud è irregolare 1 lavoratore su 5, pari, in valori assoluti, a 1 milione 300 mila persone, con tassi di irregolarità del 12,8 per cento nell'industria e del 19 per cento nelle costruzioni. A livello territoriale la regione più «nera» è la Calabria, con il 26 per cento di manodopera irregolare, che sale a quasi il 50 per cento in agricoltura e al 40 per cento nelle costruzioni. A seguire, la Basilicata (20,3 per cento), con un forte peso del settore industriale, Sicilia (19,8 per cento), Sardegna (19,5 per cento) e Puglia (17,4 per cento). Il più alto numero di lavoratori in nero in valori assoluti spetta alla Campania (329 mila persone), che dal 2000 ha però perso il 19,4 per cento (79 mila unità);
caso unico in Europa, l'Italia continua a presentarsi come un Paese spaccato in due sul fronte migratorio: a un Centro-Nord che attira e smista flussi al suo interno corrisponde un Sud che espelle giovani e manodopera senza rimpiazzarla con pensionati, stranieri o individui provenienti da altre regioni. I posti di lavoro del Mezzogiorno sono in numero assai inferiore a quello degli occupati. Ed è la carenza di domanda di figure professionali di livello medio-alto a costituire la principale spinta all'emigrazione;
tra il 1997 e il 2008 circa 700 mila persone hanno abbandonato il Mezzogiorno. Nel 2008 il Mezzogiorno ha perso oltre 122 mila residenti a favore delle regioni del Centro-Nord a fronte di un rientro di circa 60 mila persone. Riguardo alla provenienza, oltre l'87 per cento delle partenze ha origine in tre regioni: Campania, Puglia, Sicilia. L'emorragia è più forte in Campania (-25 mila), a seguire Puglia e Sicilia rispettivamente con 12 mila e duecento e 11 mila e seicento unità in meno;
nel 2008 sono stati 173 mila gli occupati residenti nel Mezzogiorno ma con un posto di lavoro al Centro-Nord o all'estero, 23 mila in più del 2007 (+15,3 per cento). Sono i pendolari di lungo raggio, cittadini a termine che rientrano a casa nel week-end o un paio di volte al mese. Giovani e con un livello di studio medio-alto: l'80 per cento ha meno di 45 anni e quasi il 50 per cento svolge professioni di livello elevato. Il 24 per cento è laureato. Non lasciano la residenza generalmente perché non lo giustificherebbe né il costo della vita nelle aree urbane né un contratto di lavoro a tempo;
la crisi ha colpito anche i pendolari meridionali. Se infatti il movimento Sud-Nord è cresciuto nei primi sei mesi del 2008, con l'aggravarsi del quadro economico 20 mila persone sono rientrate al Sud, soprattutto donne;
in vistosa crescita le partenze dei laureati «eccellenti»: nel 2004 partiva il 25 per cento dei laureati meridionali con il massimo dei voti; tre anni più tardi la percentuale è balzata a quasi il 38 per cento. La mobilità geografica Sud-Nord permette una mobilità sociale. I laureati meridionali che si spostano dopo la laurea al Centro-Nord vanno incontro a contratti meno stabili rispetto a chi rimane, ma a uno stipendio più alto. Il 50 per cento dei giovani che restano al Sud non arriva a 1000 euro al mese, mentre il 63 per cento di chi è partito dopo la laurea guadagna tra 1000 e 1500 euro e oltre il 16 per cento più di 1500 euro;
molte importanti aziende del Mezzogiorno sono a rischio di chiusura, tra le altre, il calzaturificio Adelchi di Tricase in Puglia, lo stabilimento di Termini Imerese della Fiat da cui dipende l'economia di una vasta area della Sicilia e quello di Pomigliano d'Arco della stessa Fiat in relazione al quale va segnalata la drammatica situazione in cui versano i lavoratori, molti dei quali in cassa integrazione ed altri con il contratto di lavoro di prossima scadenza;
l'eventuale chiusura dello stabilimento di Termini Imerese, in particolare, avrebbe pesanti e gravissime ricadute sull'occupazione, non solo nell'ambito del comprensorio cittadino ma anche in tutto il territorio delle Madonie. L'incertezza delle notizie circa la sorte dello stabilimento sta provocando gravi preoccupazioni in tutto il tessuto sociale e grande apprensione nelle famiglie, dal momento che non è dato conoscere soluzioni che in prospettiva garantiscano il futuro dei lavoratori;
le difficoltà in cui versa l'agricoltura nel Mezzogiorno, sono ben note e si potrebbero sintetizzare nel dato, da cui si rileva che si è arrivati, addirittura, a registrare aumenti nella produzione con una, obiettiva, riduzione dei ricavi. Ciò, prevalentemente, a causa della scarsa competitività dovuta alla carenza di infrastrutture, agli alti costi energetici, all'alto costo del denaro. Urgono, dunque, politiche, a sostegno dell'agricoltura di livello nazionale ad integrazione di quelle comunitarie che, si prevede, diminuiranno costantemente entro il 2013;
l'agricoltura e l'agroalimentare legate al territorio possono essere una delle carte vincenti per un vero sviluppo del Mezzogiorno;
la spesa pubblica pro capite nel Mezzogiorno è stata nel 2008 pari a 10.490 euro, inferiore rispetto ai 12.300 euro pro capite del Centro Nord. Per di più, nel Mezzogiorno, c'è una tendenza all'incremento delle spese correnti che invece si riducono nel Centro Nord e a una diminuzione di quelle per investimenti, che invece aumentano in misura doppia nelle zone più sviluppate del Paese. La quota del Mezzogiorno sulla spesa in conto capitale è stimata nel 2008 al 34,9 per cento, una percentuale ben più bassa del 41,1 per cento del 2001 e lontanissima dall'obiettivo del 45 per cento, che ormai appare come una chimera. Ha inciso su tale riduzione il ridimensionamento dei trasferimenti di capitale per agevolazioni alle imprese, che non è stato sostituito, come nei programmi, da un maggior impegno per la dotazione di infrastrutture;
dall'analisi Svimez pubblicata su il Sole 24 Ore Sud del 28 ottobre 2009, sul monitoraggio degli indicatori previsti dagli obiettivi di Lisbona 2010, emerge la fotografia di un Sud sempre più periferico, che si allontana dall'Europa soprattutto per il basso tasso di attività, la scarsa spesa per l'innovazione e la diffusa povertà;
confrontando l'andamento dei dati 2001-2005, le ultime rilevazioni dei principali indicatori (situazione economica generale, occupazione, innovazione, riforma economica, coesione sociale, sostenibilità ambientale) e i target programmati, spicca in generale un gap impossibile da recuperare entro la scadenza prevista. Per molti indicatori addirittura si profila un ulteriore allontanamento dall'obiettivo;
in particolare, rispetto alla situazione economica generale, fatto pari a 100 il prodotto interno lordo pro capite medio dell'Unione europea, il Sud è passato dal 78 per cento del valore medio europeo del 2001 al 69 per cento del 2006;
situazione peggiore per l'occupazione: la strategia di Lisbona prevedeva un tasso di occupazione nella classe di età 15-64 anni del 70 per cento entro il 2010. Ma il Sud, fermo nel 2001 al 45,5 per cento, nel 2009 ha subito un ulteriore ribasso, arrivando al 44,7 per cento. Riguardo al tasso di occupazione degli adulti in età compresa tra 55 e 64 anni c'è da segnalare un recupero (da circa il 30 per cento del 2001 al 34 per cento del 2009), comunque distante dal 50 per cento previsto per il 2010;
secondo le stime dello Svimez, per raggiungere, come da obiettivo, il tasso di occupazione del 70 per cento, servirebbero 3,5 milioni di posti di lavoro. Al contrario, dal 2001, se ne sono persi 74mila. Problema specifico del Mezzogiorno, che va guardato come un tutt'uno con la difficile situazione dell'occupazione, resta la povertà, che riguarda una quota superiore di tre volte e mezza quella indicata dall'obiettivo di Lisbona, con il caso limite della Sicilia che raggiunge il 42 per cento;
quello che appare dai dati e dalle statistiche sul mezzogiorno è che le cause principali dell'andamento recessivo sono il rallentamento degli investimenti e dei consumi delle famiglie. Gli investimenti industriali sono scesi del 2,1 per cento annuo dal 2001 al 2008, tre volte tanto rispetto al Centro-Nord (-0,6 per cento), anche a seguito della riduzione o abolizione di alcune agevolazioni (credito d'imposta, legge 488), che fa il pari con la riduzione al Sud della spesa delle famiglie dell' 1,4 per cento contro il calo dello 0,9 per cento del Centro-Nord;
le differenze tra lo sviluppo del Mezzogiorno e quello del resto del paese non si sono ridotte nel corso dell'ultimo decennio. La quota di prodotto interno lordo del Mezzogiorno rispetto all'intero Paese è scesa dal 24,2 per cento nel 2002 al 23,6 nel 2007. Dal 2007 la crescita del prodotto meridionale è stata più debole di quella del Centro Nord ed il divario è ulteriormente aumentato;
il Mezzogiorno può invece rappresentare la grande opportunità italiana, per ragioni diverse: quelle, in primo luogo, legate alla sua centralità geopolitica in un Mediterraneo destinato a divenire nei prossimi anni area di libero scambio ed economia sempre più integrata; al capitale umano, ad un Sud giovane in un Paese che invecchia. Il Meridione è l'area in cui il potenziale di crescita è maggiore, in cui gli spazi di specializzazione, proprio in quei settori, la mancanza dei quali rende meno competitivo il Paese, permetterebbero di affrontare e risolvere, finalmente insieme, i problemi dell'Italia e quelli del suo Mezzogiorno;
è anche sulla proiezione internazionale del Mezzogiorno che occorre lavorare, sul rafforzamento dei legami con il Mediterraneo. L'Italia deve essere in prima linea nel processo di ridefinizione delle reti che collegheranno le due sponde;
ad avviso dei firmatari del presente atto d'indirizzo, il Mezzogiorno è, nella sostanza, dimenticato dall'azione di Governo. Ma sono state anche «contro» il Sud le scelte sbagliate di politica industriale e il cattivo utilizzo delle risorse registrato in tutti questi anni;
viceversa serve una politica che affronti i problemi delle imprese e dell'occupazione, che ne rafforzi il tessuto, ma che, al contempo agisca sul contesto;
lo Stato deve garantire nel Mezzogiorno innanzitutto legalità, sicurezza, una giustizia adeguata e tutte le forze politiche devono porsi come vera e propria priorità, quella della riforma etica della politica e dello smantellamento delle reti clientelari veicoli della corruzione e dell'infiltrazione delle organizzazioni criminali nelle istituzioni;
si deve agire sulle infrastrutture: il Sud registra un deficit infrastrutturale rispetto al Centro-Nord stimato intorno al 50 per cento. Gli investimenti in opere pubbliche sono assenti; le poche risorse disponibili destinate ad opere che, ai firmatari del presente atto d'indirizzo appaiono non prioritarie, come il ponte sullo Stretto di Messina. L'infrastrutturazione del Mezzogiorno deve essere pesante e pensante: ferrovie, acque, strade, aeroporti e porti, ma anche fibre ottiche, telecomunicazioni, ricerca e sviluppo;
l'intervento «aggiuntivo» per le infrastrutture a favore del Mezzogiorno ha spesso infatti, sostituito l'intervento ordinario. La spesa in conto capitale per il Mezzogiorno è rimasta praticamente costante negli ultimi anni: ad un aumento dei finanziamenti europei (compreso il cofinanziamento nazionale) ha corrisposto una diminuzione di circa il 20 per cento delle altre fonti;
sono stati disposti finanziamenti pubblici per la costruzione del ponte sullo Stretto di Messina dirottando risorse da altre opere più utili per lo sviluppo del Mezzogiorno e concedendo al general contractor, ovvero alla società Impregilo, non solo la possibilità di firmare un contratto senza un progetto esecutivo (progetto per la realizzazione del quale occorrono circa 36 mesi), ma anche di riaprire la questione delle penali, a suo tempo congelata senza costi per la collettività dal Governo Prodi. Dietro la vicenda di un ponte che probabilmente non verrà mai costruito si attua, secondo i firmatari del presente atto d'indirizzo, un vero e proprio spreco di denaro pubblico: lo stesso progetto dello «stralcio binario» della variante Cannitello della linea ferroviaria del nodo di Villa San Giovanni manca della procedura di valutazione d'impatto ambientale come tutte le opere connesse al ponte. Quindi, non solo il ponte è lontanissimo ma anche l'avvio dei «precantieri» non è possibile a breve;
un fattore essenziale che concorre, inoltre, a formare il ritardo di sviluppo del Sud è il divario nella qualità della formazione scolastica. Si deve dunque promuovere la qualità delle risorse umane attraverso una offerta formativa all'altezza, migliorando in questo senso la capacità di spesa delle regioni e degli enti locali,
impegna il Governo:
ad intervenire con regioni e province per porre in essere interventi che favoriscano ed incentivino l'incontro tra domanda e offerta di lavoro, anche con la previsione di specifiche misure rivolte al Mezzogiorno, tese ad aumentare il livello di efficienza dei servizi pubblici per l'impiego attraverso una più proficua collaborazione con i soggetti privati;
a migliorare nelle aree del Mezzogiorno, nelle quali si siano determinate crisi industriali e per ciò stesso, occupazionali, la gestione di comunicazioni specifiche da parte di soggetti pubblici (ivi compresa l'agenzia tecnica del ministero del lavoro e delle politiche sociali, Italia lavoro) contenenti l'indicazione dei nominativi dei lavoratori che possono essere assunti con l'erogazione di specifici incentivi, da inviare alle associazioni imprenditoriali, e sindacali;
ad utilizzare il tavolo aperto con regioni e parti sociali per definire politiche condivise sulla formazione professionale come qualificata leva di politica attiva del lavoro, anche attraverso misure organizzative che favoriscano il decentramento verso le autonomie locali;
a ribadire una posizione chiara, netta ed univoca riguardo alla necessità di salvaguardare i siti produttivi presenti sul territorio nazionale, ed in particolare nel Mezzogiorno;
ad assumere, in particolare per quanto concerne gli stabilimenti della Fiat di Pomigliano d'Arco e di Termini Imerese, ogni iniziativa utile al fine di salvaguardare migliaia di posti di lavoro e realtà economiche importanti la cui scomparsa, in un momento di grave crisi quale quello in corso, avrebbe pesanti ripercussioni sul piano sociale;
a rafforzare le iniziative già assunte per valorizzare la filiera agricola e la qualità dei prodotti tipici.
(1-00304) «Leoluca Orlando, Barbato, Donadi, Borghesi, Evangelisti, Aniello Formisano, Paladini, Messina, Scilipoti, Zazzera, Di Giuseppe, Di Stanislao».
Classificazione EUROVOC:
EUROVOC :

conservazione del posto di lavoro

consumo delle famiglie

contratto

disoccupazione

industria automobilistica

lavoratore clandestino

lavoro nero

mercato del lavoro

Mezzogiorno

spesa pubblica

sviluppo sostenibile