ATTO CAMERA

MOZIONE 1/00215

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Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 16
Seduta di annuncio: 201 del 13/07/2009
Abbinamenti
Atto 1/00140 abbinato in data 13/07/2009
Atto 1/00209 abbinato in data 13/07/2009
Atto 1/00210 abbinato in data 13/07/2009
Firmatari
Primo firmatario: EVANGELISTI FABIO
Gruppo: ITALIA DEI VALORI
Data firma: 13/07/2009
Elenco dei co-firmatari dell'atto
Nominativo co-firmatario Gruppo Data firma
ORLANDO LEOLUCA ITALIA DEI VALORI 13/07/2009
DONADI MASSIMO ITALIA DEI VALORI 13/07/2009
BORGHESI ANTONIO ITALIA DEI VALORI 13/07/2009
DI GIUSEPPE ANITA ITALIA DEI VALORI 13/07/2009
MESSINA IGNAZIO ITALIA DEI VALORI 13/07/2009
ROTA IVAN ITALIA DEI VALORI 13/07/2009
FORMISANO ANIELLO ITALIA DEI VALORI 13/07/2009
GIULIETTI GIUSEPPE ITALIA DEI VALORI 13/07/2009
FAVIA DAVID ITALIA DEI VALORI 13/07/2009
MISITI AURELIO SALVATORE ITALIA DEI VALORI 13/07/2009
PALOMBA FEDERICO ITALIA DEI VALORI 13/07/2009


Stato iter:
14/07/2009
Partecipanti allo svolgimento/discussione
ILLUSTRAZIONE 13/07/2009
Resoconto EVANGELISTI FABIO ITALIA DEI VALORI
 
DICHIARAZIONE GOVERNO 13/07/2009
Resoconto SCOTTI VINCENZO SOTTOSEGRETARIO DI STATO - (AFFARI ESTERI)
 
PARERE GOVERNO 14/07/2009
Resoconto SCOTTI VINCENZO SOTTOSEGRETARIO DI STATO - (AFFARI ESTERI)
 
DICHIARAZIONE VOTO 14/07/2009
Resoconto VOLONTE' LUCA UNIONE DI CENTRO
Resoconto EVANGELISTI FABIO ITALIA DEI VALORI
Resoconto DOZZO GIANPAOLO LEGA NORD PADANIA
Resoconto MARAN ALESSANDRO PARTITO DEMOCRATICO
Resoconto BONIVER MARGHERITA POPOLO DELLA LIBERTA'
Fasi iter:

DISCUSSIONE CONGIUNTA IL 13/07/2009

DISCUSSIONE IL 13/07/2009

RINVIO AD ALTRA SEDUTA IL 13/07/2009

ATTO MODIFICATO IN CORSO DI SEDUTA IL 14/07/2009

ACCOLTO IL 14/07/2009

PARERE GOVERNO IL 14/07/2009

DISCUSSIONE IL 14/07/2009

APPROVATO IL 14/07/2009

CONCLUSO IL 14/07/2009

Atto Camera

Mozione 1-00215
presentata da
FABIO EVANGELISTI
testo di
lunedì 13 luglio 2009, seduta n.201

La Camera,
premesso che:
la situazione in Somalia ha da tempo oltrepassato i livelli di criticità e non passa giorno in cui non si apprenda, come in queste ultime ore, di scontri tra ribelli islamici e forze governative, che sono costati la morte di decine di persone, tra cui anche un alto ufficiale di polizia; i combattimenti sono avvenuti nel nord di Mogadiscio, in una roccaforte dei ribelli islamici;
si ha notizia che le milizie islamiche somale, denominate «giovani mujaheddin», considerate vicine ad Al Qaeda, hanno decapitato qualche giorno fa sette persone nella città di Baidoa, accusate di essere «cristiani» e «spie»;
la sottovalutazione della tragedia in atto in Somalia da parte della comunità internazionale ha assunto livelli preoccupanti;
la tragedia della Somalia nasce da lontano: questo Paese è nato, come Stato indipendente, nel 1960 dall'unificazione della ex Somalia italiana e della Somalia britannica (attuale Somaliland); questa unione non sembra aver funzionato secondo le aspirazioni di quanti avevano creduto di poter formare la Grande Somalia, dando il via allo scoppio di una feroce guerra civile che, dal 1980 in poi, ha portato al completo collasso della Repubblica somala;
questo contesto ha consentito al Somaliland di dichiarare la propria indipendenza e autonomia, sebbene non riconosciuta a livello internazionale, un evento che ha comunque dato origine a ulteriori scontri;
l'inizio di questa epoca di guerra civile intermittente che, sebbene con diversi contendenti, perdura ancora oggi, origina tra la fine degli anni settanta e l'inizio degli anni ottanta, quando cominciarono a formarsi organizzazioni di guerriglia ostili al regime di Siad Barre, instauratosi a seguito di un golpe militare nel 1969; successivamente, nel 1991, Barre venne estromesso e la lotta per il potere che ne seguì contrappose diversi gruppi tribali, in un nuovo crescendo di violenza, accompagnato, peraltro, da una terribile carestia;
il conflitto con il tempo divenne sempre più confuso e violento, culminando nella tristemente famosa battaglia di Mogadiscio, un combattimento di estese proporzioni avvenuto durante l'operazione di polizia internazionale Restore hope, che, iniziata sotto l'egida delle Nazioni Unite, ha visto accadere svariati scontri a fuoco di elevata intensità, che coinvolsero truppe statunitensi, italiane, pachistane e di ogni nazione partecipante all'operazione, aumentando, peraltro, l'ostilità della popolazione locale;
la missione Unosom, la prima missione a fornire soccorso umanitario e aiuti per restaurare l'ordine in Somalia dopo la dissoluzione del Governo centrale, si risolse in un fallimento a causa del ritiro degli americani nel 1994, seguito, l'anno successivo, da quello delle forze dell'Onu, che ammise di essere incapace di far fronte alla situazione; il periodo che ne seguì fu caratterizzato dalle violenze dei cosiddetti «signori della guerra», i temibili capi-clan che sottomisero la popolazione dopo aver costretto alla fuga i caschi blu dell'Onu e i marines americani;
verso la fine degli anni novanta importanti scambi diplomatici portarono a un accordo fra ventisei fazioni, alla conferenza di pace di Gibuti, nel 2000, e alla conferenza di pace di Mbagathi, nel 2002; il periodo tra il 1998 ed il 2006 vide anche la nascita di alcuni Stati somali autodichiaratisi autonomi, che, però, a differenza del Somaliland, erano tutti movimenti per l'autonomia, ma non dichiarazioni illegali di indipendenza;
nel 2004 sembrava che il processo di pacificazione fosse finalmente giunto alla conclusione: fu eletto dall'Igad (l'organizzazione politico-commerciale formata dai Paesi del Corno d'Africa) un Parlamento federale, nominati un Presidente ad interim, Abdullahi Yusuf Ahmed, e un Governo, il Governo federale di transizione somalo (Tfg), guidato da Mohamed Mohalim Gedi, che venne formato a Nairobi perché, considerata la caotica situazione in atto, risultava difficile la scelta naturale di Mogadiscio; all'inizio del 2006 il Governo federale di transizione somalo tentò anche di stabilire un temporaneo insediamento del Governo a Baidoa;
purtroppo, queste deboli istituzioni non riuscirono a rendere effettivo il loro potere e a governare davvero il Paese, anche a causa dell'opposizione dei citati «signori della guerra» di Mogadiscio, quasi tutti componenti del Governo stesso;
nella prima parte del 2006 venne formata una sorta di alleanza laica di signori della guerra, per lo più posizionati nella zona di Mogadiscio, che si opponevano all'ascesa dell'Unione delle corti islamiche, orientata alla sharia, che aveva rapidamente consolidato il proprio potere;
pochi mesi dopo, gli islamisti riuscirono, nel corso della seconda battaglia di Mogadiscio, a cacciare l'alleanza laica dalla capitale prendendone il possesso, anche riuscendo a persuadere, quando non a obbligare, altri signori della guerra a far parte della propria fazione; questa crescente base di potere e di attivismo del movimento islamico ha portato a un sempre più aperto stato di guerra tra gli islamisti e le altre fazioni della Somalia, inclusi il Governo federale di transizione;
la situazione si è poi ulteriormente complicata per l'intervento dell'Etiopia, che sosteneva le forze laiche in Somalia. L'Unione delle corti islamiche, per converso, era riuscita a ottenne l'aiuto dell'Eritrea, rivale dell'Etiopia, e di mujaheddin stranieri, proclamando la jihad contro l'Etiopia in risposta allo spiegamento delle sue forze intorno a Baidoa;
nel gennaio 2007, gli Stati Uniti intervennero militarmente nel Paese, per la prima volta in modo ufficiale dallo schieramento dell'Onu negli anni novanta, conducendo attacchi aerei contro le posizioni islamiche, anche nel tentativo di catturare o eliminare elementi di Al Qaeda, presumibilmente infiltrati nelle forze dell'Unione delle corti islamiche; il risultato fu che comunque l'Unione islamica venne scacciata dal campo di battaglia, le sue truppe si dispersero per cominciare la guerriglia contro le forze governative etiopi e somale;
nello stesso tempo, però, la fine della guerra venne seguita dalla continuazione dei già esistenti conflitti tribali; in questo Paese, è bene ricordarlo, ha un peso determinante l'inverosimile numero di clan e sottoclan, con alleanze sempre diverse e sempre capaci di disorientare qualsiasi osservatore internazionale;
nel giugno del 2008 un passo avanti, non risolutivo ma comunque positivo, fu considerato l'accordo di Gibuti siglato dal Governo federale di transizione (Tfg) e dai principali esponenti dell'opposizione politica (accordo che non contiene solo dichiarazioni politiche sulla cessazione delle ostilità, sul ritiro dei soldati etiopici o sulla prosecuzione del dialogo, ma auspica anche la creazione di due organismi, entrambi presieduti dalle Nazioni Unite, con lo scopo di proseguire il confronto e verificare che i punti dell'accordo di Gibuti vengano rispettati);
il 29 dicembre 2008 il presidente Abdullahi Yusuf Ahmed ha rassegnato le sue dimissioni, motivando questa decisione con l'impossibilità di portare il suo Paese in una fase di pacificazione e accordo tra le parti e criticando duramente la comunità internazionale per il mancato sostegno economico per fronteggiare le corti islamiche e gli altri gruppi che si contendono il potere;
nel gennaio 2009 l'Etiopia ha completato il ritiro dei suoi circa tremila soldati dal territorio somalo, senza aver registrato apprezzabili risultati, e, come segnale significativo di volontà di pacificazione, il Parlamento allargato somalo ha eletto un rappresentante moderato delle corti islamiche, Sheik Sharif Ahmed, come nuovo Presidente della Somalia, con il placet anche dell'Occidente;
tuttavia, la Somalia è ancora oggi dilaniata dalla violenza e, dopo 18 anni e 14 tentativi falliti di formare una parvenza di Governo, i massacri non hanno smesso di verificarsi, in una situazione di totale anarchia, tra le forze laiche e le forze integraliste, che naturalmente non hanno accettato l'elezione del nuovo Presidente;
infatti, dal 7 maggio 2009 le milizie islamiste di Al Shabaab hanno lanciato una nuova offensiva per il controllo della città di Mogadiscio contro il Governo federale di transizione somalo del nuovo presidente Sheikh Sharif Ahmed, il quale, assediato nel suo palazzo di Mogadiscio, ha proclamato lo stato di emergenza per cercare di contenere l'offensiva dei ribelli islamisti, che dura ormai da sei settimane e che rischia di trasformare questo Paese in una calamita dell'Islam militante; a questo proposito, tra miseria e disperazione, la Somalia sta diventando sempre più un habitat naturale per la propaganda di Al Qaeda che sta creando una generazione di giovani e giovanissimi combattenti devoti alla jihad, ragazzi che non hanno conosciuto altro che guerre e miseria fin dalla nascita;
inoltre, nell'ultimo mese sono stati assassinati un Ministro e un parlamentare somali;
ulteriore complicazione è dovuta al fatto che questo caos si sta riversando oltre le frontiere somale, provocando tensioni e violenze in Kenya, Etiopia, Eritrea, Yemen, Paesi nei quali si stanno riversando migliaia di profughi; per non parlare dei fenomeni di pirateria con assalti a centinaia di navi, specchio della profonda crisi politica e socio-economica che attraversa la Somalia, in quella zona costiera che ormai è divenuta una zona franca lungo le rotte commerciali tra l'Asia e l'Europa;
purtroppo, ciò che è davanti ai nostri occhi è anche frutto di errori di politica estera, compresi quelli delle passate amministrazioni Usa, che hanno spinto la popolazione verso l'estremismo, aumentandone di fatto l'insicurezza; si possono, in tal senso, ricordare per esempio interventi unilaterali, quali l'esclusione con la forza dell'Unione delle corti islamiche nel 2006, i bombardamenti aerei contro presunti terroristi o l'insediamento dell'esercito etiopico, che hanno reso ulteriormente complicata la situazione, rafforzando proprio chi si intendeva combattere;
inoltre, la scarsa «internazionalizzazione» della disastrosa situazione somala ha comportato una diminuzione dell'impegno, anche delle Nazioni Unite, a favore di un processo di stabilizzazione in quell'area con relativi interventi che o si sono rivelati deboli o in ritardo rispetto all'evoluzione degli accadimenti;
nel corso della quindicesima riunione dell'International contact group (Icg) sul Paese del Corno d'Africa, tenutasi presso il ministero degli affari esteri nel mese di giugno 2009, il Ministro degli affari esteri Franco Frattini, alla presenza dell'ambasciatore mauritano Ahmedou Ould-Abdallah, rappresentante speciale per la Somalia del Segretario generale dell'Onu, e del Primo ministro somalo Umar Abdirashid Ali Sharmake, ha affermato che l'Italia è al fianco del Governo somalo non solo per motivi storici ma anche perché è «inaccettabile abbandonare milioni di persone a un destino di guerra e violenza» e che la crisi in Somalia rappresenta «una minaccia alla sicurezza internazionale»; in quella occasione è stata anche annunciata la riapertura della sede diplomatica italiana di Mogadiscio, a conferma della nostra fiducia nel Governo somalo e nella sua politica coraggiosa e difficile di riconciliazione nazionale;
in questo contesto, la notizia dello spostamento ad altro incarico dell'inviato speciale del Governo italiano per il Corno d'Africa, Mario Raffaelli, con relativo annuncio che non verrà sostituito, cade in un momento delicato che potrebbe avere ripercussioni e procurare un indebolimento dell'azione diplomatica italiana,
impegna il Governo:
a rafforzare il nostro impegno nella gestione della crisi in Somalia - un'area di crisi rispetto alla quale non ci si può permettere distrazioni - non solo e non tanto per i suoi antichi legami storici, ma per sostenere il Governo somalo con un'iniziativa tempestiva, ovvero attraverso una forte leadership della diplomazia italiana per la ripresa del dialogo e della pacificazione tra le varie fazioni che si contendono il controllo di questo territorio;
a esercitare tale leadership in ambito europeo e internazionale per coinvolgere i Governi in un concreto sostegno alla fragile intesa siglata a Gibuti nel giugno 2008, perché costituisce un buon punto di partenza per arrivare a una soluzione politica della crisi, a una vera riconciliazione della Somalia e per far marciare più speditamente il processo di pace;
a sostenere, di concerto con le altre diplomazie occidentali e per accogliere gli allarmi lanciati dall'attuale Presidente somalo affinché l'Occidente intervenga prima che la Somalia diventi il nuovo Afghanistan africano dei talebani, ogni forma di Governo che preveda la presenza di islamisti moderati, che non va confuso con l'appoggio al terrorismo, in quanto una loro preventiva esclusione rischierebbe di radicalizzare ancora di più le posizioni già estremamente diversificate e non terrebbe in debito conto che la volontà popolare, anche se in una situazione di grande caos, sembra orientata verso una presenza islamica moderata nel Governo del Paese.
(1-00215) «Evangelisti, Leoluca Orlando, Donadi, Borghesi, Di Giuseppe, Messina, Rota, Aniello Formisano, Giulietti, Favia, Misiti, Palomba».
Classificazione EUROVOC:
EUROVOC :

aiuto economico

crisi politica

Eritrea

esercito

Etiopia

guerra

integralismo religioso

islam

Kenia

Kuwait

ONU

relazioni diplomatiche

Somalia

stato d'emergenza

violenza

Yemen