ATTO CAMERA

MOZIONE 1/00172

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Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 16
Seduta di annuncio: 174 del 11/05/2009
Abbinamenti
Atto 1/00161 abbinato in data 11/05/2009
Atto 1/00168 abbinato in data 11/05/2009
Atto 1/00170 abbinato in data 11/05/2009
Atto 1/00171 abbinato in data 11/05/2009
Firmatari
Primo firmatario: DI GIUSEPPE ANITA
Gruppo: ITALIA DEI VALORI
Data firma: 11/05/2009
Elenco dei co-firmatari dell'atto
Nominativo co-firmatario Gruppo Data firma
MISITI AURELIO SALVATORE ITALIA DEI VALORI 11/05/2009
DONADI MASSIMO ITALIA DEI VALORI 11/05/2009
EVANGELISTI FABIO ITALIA DEI VALORI 11/05/2009
BORGHESI ANTONIO ITALIA DEI VALORI 11/05/2009
ORLANDO LEOLUCA ITALIA DEI VALORI 11/05/2009
MESSINA IGNAZIO ITALIA DEI VALORI 11/05/2009


Stato iter:
26/05/2009
Partecipanti allo svolgimento/discussione
ILLUSTRAZIONE 11/05/2009
Resoconto DI GIUSEPPE ANITA ITALIA DEI VALORI
 
PARERE GOVERNO 26/05/2009
Resoconto VIESPOLI PASQUALE SOTTOSEGRETARIO DI STATO - (LAVORO, SALUTE E POLITICHE SOCIALI)
 
INTERVENTO PARLAMENTARE 26/05/2009
Resoconto GIACHETTI ROBERTO PARTITO DEMOCRATICO
 
DICHIARAZIONE VOTO 26/05/2009
Resoconto TASSONE MARIO UNIONE DI CENTRO
Resoconto DI GIUSEPPE ANITA ITALIA DEI VALORI
Resoconto FEDRIGA MASSIMILIANO LEGA NORD PADANIA
Resoconto IANNACCONE ARTURO MISTO-MOVIMENTO PER L'AUTONOMIA
Resoconto D'ANTONI SERGIO ANTONIO PARTITO DEMOCRATICO
Resoconto CAZZOLA GIULIANO POPOLO DELLA LIBERTA'
 
DICHIARAZIONE GOVERNO 26/05/2009
Resoconto VIESPOLI PASQUALE SOTTOSEGRETARIO DI STATO - (LAVORO, SALUTE E POLITICHE SOCIALI)
Fasi iter:

DISCUSSIONE CONGIUNTA IL 11/05/2009

DISCUSSIONE IL 11/05/2009

RINVIO AD ALTRA SEDUTA IL 11/05/2009

ACCOLTO IL 26/05/2009

PARERE GOVERNO IL 26/05/2009

DISCUSSIONE IL 26/05/2009

ATTO MODIFICATO IN CORSO DI SEDUTA IL 26/05/2009

APPROVATO IL 26/05/2009

CONCLUSO IL 26/05/2009

Atto Camera

Mozione 1-00172
presentata da
ANITA DI GIUSEPPE
testo di
lunedì 11 maggio 2009, seduta n.174

La Camera,
premesso che:
secondo la Svimez, nel quinquennio 1996-2001, le migrazioni interne dal Sud al Centro-Nord hanno prodotto saldi negativi di 100 mila giovani fra i 25 ed i 29 anni e di 88 mila fra i 20 ed i 24 anni. Cinquant'anni dopo la grande emigrazione di massa degli anni '50-'60, il Mezzogiorno si ritrova al punto di partenza;
le politiche comunitarie e pubbliche non hanno prodotto risultati apprezzabili. Il divario del Mezzogiorno rispetto al Centro-Nord rimane ampio e peggiora la posizione relativa del Mezzogiorno in Europa, per la maggiore velocità di crescita delle altre regioni europee in ritardo di sviluppo;
è grave il ritardo di produttività del Mezzogiorno: la distanza dalla «media Paese» rimane superiore a 30 punti percentuali. I dati sulla produttività e sulla qualità del radicamento sul territorio delle imprese evidenziano una criticità per il Mezzogiorno, in difficoltà nel promuovere processi di sviluppo persistenti, guidati da fattori endogeni;
nel Mezzogiorno i tassi di disoccupazione si sono ridotti, ma con essi anche i tassi di attività. Aumentano gli inoccupati. In alcune regioni cresce un mercato del lavoro parallelo, che soppianta il mercato legale;
nel Mezzogiorno aumenta il numero dei laureati, ma sono poco ricercati dalle imprese e hanno difficoltà a trovare occupazione. Il Mezzogiorno registra una maggior prevalenza di occupati fermi al livello dell'istruzione dell'obbligo, le cui famiglie sono esposte al rischio povertà;
desta preoccupazione, per il Mezzogiorno, la compresenza di bassa occupazione, saldi migratori netti negativi e bassi tassi di natalità;
si sono invertite le tendenze demografiche iniziate negli anni '70. Nel Mezzogiorno la popolazione ha cominciato a diminuire, mentre è aumentata nel Centro-Nord. A questo andamento concorrono sia i flussi migratori sia i tassi di natalità. Nelle aree del Paese dove i servizi per l'infanzia e di supporto alle famiglie sono più sviluppati, si registra una correlazione positiva tra tasso di occupazione femminile e tasso dì natalità;
i giovani con meno di 30 anni nelle regioni meridionali registrano un tasso di disoccupazione del 19,8 per cento;
nel 2007, gli inattivi, che non studiano e non cercano lavoro, sono concentrati al 66 per cento nel Mezzogiorno. Di questi, il 42 per cento è donna;
il tasso d'attività del Mezzogiorno è fermo da 12 anni poco al di sopra del 52 per cento, con una punta del 57 per cento nel 2002 e con un andamento fortemente decrescente, dal 55,6 per cento del 2002 al 52,4 del 2007. Nello stesso periodo, il tasso d'attività a livello di Paese è cresciuto dal 58 per cento del 1995 al 63 per cento del 2007 e quello del Nord Est è passato dal 64 al 70 per cento. I dati del primo trimestre del 2008 segnalano per il Mezzogiorno un'ulteriore diminuzione del tasso di attività;
nel Mezzogiorno la quota di lavoro irregolare è del 19,6 per cento contro il 12,1 per cento del Paese nel suo complesso. Sulla consistenza di questa area grigia pesa l'assenza di servizi adeguati, pubblici e privati, per la ricerca del primo impiego e il reimpiego e la diffusione di meccanismi di reclutamento e di collocamento gestiti da reti informali e clientelari;
le persone di età compresa tra i 15 ed i 34 anni in cerca di prima occupazione nel Mezzogiorno sono pari al 56,2 per cento del totale nazionale; le donne il 51,9 per cento del totale nazionale - dato probabilmente sottovalutato in quanto molte ragazze rinunciano alla ricerca di un'occupazione uscendo dal mercato del lavoro. Per capire la gravità di questi dati bisogna considerare che la popolazione delle otto regioni meridionali rappresenta solo il 35 per cento del totale della popolazione nazionale;
il tasso di occupazione dei laureati fino ai 24 anni di età è del 43 per cento al Sud contro quasi il 76 per cento del Centro-Nord, mentre la percentuale di disoccupati sotto i 29 anni nel Mezzogiorno è tre volte maggiore che al Centro-Nord: 27 per cento contro 8 per cento;
nel Mezzogiorno la percentuale di occupati laureati (15,4 per cento) è inferiore di poco meno di un punto percentuale rispetto al Centro-Nord (16,3 per cento), mentre i diplomati sono meno numerosi di circa 7 punti percentuali rispetto al Centro-Nord (40,2 contro 47 per cento);
in ogni caso, il possesso di un diploma o di una laurea non sembra aiutare la ricerca di un lavoro, in quanto i giovani meridionali disoccupati con questi titoli di studio rappresentano il 58,6 per cento del totale nazionale dei disoccupati diplomati o laureati;
il più basso livello di capitale umano nel Mezzogiorno ha un impatto negativo in termini di produttività;
tra il 2001 e il 2006, il Mezzogiorno ha fatto registrare il tasso di crescita maggiore della popolazione laureata: 44,4 per cento, contro il 35,9 del Nord e il 33,5 del Centro. Nel 2006, il tasso di occupazione dei laureati del Mezzogiorno è stato del 72,6 per cento, con un divario di -5,6 punti percentuali rispetto alla media del Paese. Particolarmente negativo è il differenziale del tasso d'occupazione nella fascia d'età dai 25 ai 34 anni, -15 punti percentuali, probabilmente a causa della bassa domanda di neo laureati da parte delle imprese;
la difficoltà d'ingresso nel mercato del lavoro è confermata dai dati sugli inoccupati di lunga durata, in cerca di prima occupazione da 12 mesi e oltre. Il 75 per cento degli inoccupati di lunga durata risiede nel Mezzogiorno, con numeri particolarmente elevati in Campania (76 mila), Sicilia (71 mila) e in Puglia (55 mila);
uno studio recente sulla condizione dei giovani meridionali effettuato dalla Svimez ha confermato come donne e giovani restano nel Sud confinati ai margini del mercato del lavoro;
l'analisi, basata su una rielaborazione degli ultimi dati Istat, ha certificato che gli uomini sono più avvantaggiati delle donne a trovare lavoro. Una laurea aiuta più di un diploma a trovare un lavoro, mentre la professione e il titolo di studio del capofamiglia pesano fortemente sulla condizione professionale dei figli, segno di un forte immobilismo sociale;
l'attuale crisi economica colpisce in maniera pesante il Mezzogiorno, come dimostrano, ad esempio, le difficoltà dello stabilimento Fiat di Pomigliano d'Arco, la crisi del tessile in Molise e nel Salento, la crisi dei distretti del mobile della Murgia e del salotto, a partire dalla Natuzzi, per non citare l'industria in Campania o il comparto delle costruzioni;
i dati della cassa integrazione guadagni ordinaria, che rilevano un aumento più intenso nelle regioni del Centro-Nord, non deve ingannare: molte delle realtà produttive meridionali, anche a volere prescindere dalla larga diffusione del lavoro sommerso, non possono utilizzare tale ammortizzatore sociale;
nel Mezzogiorno, a fine 2008, prima che la crisi attuale si manifestasse in tutta la sua incidenza, l'occupazione si era ridotta di 126 mila unità rispetto al 2007, mentre nel medesimo periodo e nel Centro-Nord, pur rallentando, l'occupazione era aumentata di 150 mila unità;
per inquadrare meglio la situazione occupazionale del Meridione, basti pensare che in Campania ed in Sicilia, per citare due delle regioni più popolose del Sud, lavora poco più del 40 per cento della popolazione in età da lavoro (mentre nel 2004 era il 45 per cento) e le donne che lavorano sono meno di 3 su 10;
l'asimmetria nelle tutele assicurate da ammortizzatori sociali lacunosi e squilibrati incide, dunque, nel Mezzogiorno su un mercato del lavoro già gravato da elevata disoccupazione, mentre servirebbe un sistema di tutela universale, valido su tutto il territorio nazionale, in grado di sostenere il reddito di chi perde il lavoro di qualsiasi tipologia esso sia;
nel Sud alle difficoltà congiunturali si aggiungono le storiche carenze di competitività territoriale, infrastrutturali, amministrative e reddituali, aggravate dall'attuale crisi economica;
il Mezzogiorno soffre, infatti, di una carenza diffusa di dotazioni infrastrutturali, nell'istruzione, nei trasporti, nelle reti energetiche, nella sanità, nel turismo, nella grande distribuzione organizzata, nell'intermediazione finanziaria;
il divario tra Mezzogiorno e resto del Paese ha determinanti profonde, che sembrato proporre una forte dipendenza dallo stato iniziale: bassa qualità della pubblica amministrazione e del tessuto istituzionale e legale, insufficienza delle dotazioni infrastrutturali, esiguità delle economie di agglomerazione geografica;
lo stesso accordo sugli ammortizzatori sociali sottoscritto dalle regioni e dal Governo è stato in larga parte finanziato con risorse destinate al Sud: ben 4 miliardi su gli 8 miliardi previsti sono a carico del fondo per le aree sottoutilizzate (per l'85 per cento dovrebbe essere destinato al Mezzogiorno), mentre 2 miliardi provengono dal fondo sociale europeo. Inoltre, queste risorse servono a finanziare la cassa integrazione in deroga, misura che è di ben poca utilità per la grande maggioranza dei disoccupati meridionali;
complessivamente questo Governo in meno di un anno ha sottratto circa 19 miliardi al Mezzogiorno, infatti: i fondi per le aree sottoutilizzate stornati o ridotti dall'inizio della XVI legislatura sono stati pari a più di 16 miliardi di euro per il periodo 2008-2011: i fondi sono stati utilizzati, tra l'altro, per la crisi dei rifiuti in Campania, il taglio dell'ici per le abitazioni di lusso, per il contenimento della spesa pubblica nell'ambito della manovra di bilancio per il 2009, per il finanziamento del servizio sanitario nazionale, per il comune di Roma, per coprire il deficit del comune di Catania, per le spese relative al G8, per finanziare le misure anticrisi dalla social card al taglio dell'acconto ires e irap ed altro;
ulteriori fondi pari a 3 miliardi sono stati sottratti al Mezzogiorno, fondi destinati allo sviluppo delle isole minori, alla sicurezza dei trasporti nello Stretto di Messina, alle strade calabresi e siciliane, agli incentivi a sostegno delle imprese;
bisogna considerare che il fondo per le aree sottoutilizzate costituisce, dal 2003, lo strumento generale di governo della nuova politica regionale per la realizzazione di interventi in aree particolari del Paese - individuate sulla base dell'articolo 27, comma 16, della legge n. 488 del 1999 - legge finanziaria 2000 - che comprendono: le sei regioni «obiettivo 1» del ciclo di programmazione 2000-2006 (Basilicata, Campania, Calabria, Puglia, Sardegna, Sicilia); la regione Abruzzo; la regione Molise; le aree del Centro-Nord ricadenti nell'«obiettivo 2» e quelle in regime di sostegno transitorio; le zone beneficiarie di aiuti di Stato, ai sensi dell'articolo 87.3.c. del Trattato che istituisce l'Unione europea;
le risorse del fondo per le aree sottoutilizzate sono stabilite ogni anno dalla legge finanziaria e assegnate dal Cipe, al fine di perseguire l'obiettivo del riequilibrio economico e sociale tra le diverse aree del Paese;
con i tagli imposti al fondo per le aree sottoutilizzate, operati senza il consulto delle regioni, con il rischio che non sia più applicabile il quadro strategico nazionale, si finanziano spese di gestione correnti e non politiche addizionali per lo sviluppo, così come previsto dalla destinazione dei fondi. È, di conseguenza, lo spirito stesso per cui era nato il fondo per le aree sottoutilizzate che viene stravolto, con il risultato che al Mezzogiorno vengono sottratti fondi indispensabili allo sviluppo. È importante tenere conto che anche il fondo per le aree sottoutilizzate destinati a regioni del Sud, che non rientrano nelle specificità previste per i medesimi, debbono essere considerati come fondi sottratti, perché, in questi casi, bisognerebbe utilizzare risorse ordinarie, come normalmente si fa per interventi nel Nord;
è da chiarire come queste finalizzazioni possano essere conciliate con il vincolo di destinare l'85 per cento del fondo per le aree sottoutilizzate al Mezzogiorno;
il risultato di queste scelte è lo smantellamento di quanto programmato nel quadro strategico nazionale 2007-2013 e un forte indebolimento delle risorse disponibili per le politiche regionali di sviluppo, con particolare riferimento al Mezzogiorno;
in qualche modo, questa situazione viene registrata dai dati prodotti dal dipartimento del ministero dello sviluppo economico, basati sui «conti pubblici territoriali»: per ogni 100 euro spesi dalla pubblica amministrazione in conto capitale, meno di 35 euro vanno al Sud;
sembra, dunque, definitivo l'addio agli obiettivi fissati sia dai Governi di centrosinistra che da quelli di centrodestra di una quota riservata al Sud pari al 45 per cento degli investimenti nazionali in infrastrutture e trasferimenti alle imprese;
negli ultimi anni le risorse ordinarie complessive per il Sud erogate dalla pubblica amministrazione sono calate di diversi punti percentuali, riducendosi a circa un quinto di quelle nazionali. Per questo i fondi europei sono stati vieppiù utilizzati anche per compensare la mancata spesa nazionale. C'è stato, dunque, un utilizzo improprio delle risorse comunitarie. A loro volta, le società di servizi pubblici a controllo o partecipazione pubblica, da Ferrovie dello Stato ad Anas ed Enel, hanno a loro volta riorientato i loro investimenti verso il centro-nord;
inoltre, sono stati chiusi i finanziamenti per il credito di imposta sia per gli investimenti delle imprese nel Mezzogiorno che per le assunzioni a tempo indeterminato, nonché le misure a favore dell'imprenditoria giovanile;
la dichiarazione di Barcellona prevedeva, tra l'altro, nell'ambito della prospettiva di estesa e sistematica cooperazione tra i Paesi delle sponde nord e sud del Mediterraneo, l'istituzione di una università del Mediterraneo. Si deve operare affinché le nostre università meridionali siano in grado di svolgere, facendo sistema, questo ruolo, coinvolgendole anche nella progettazione e nella realizzazione di grandi infrastrutture che interessano la regione mediterranea, nonché nelle iniziative a difesa dell'ambiente e nella ricerca di nuove fonti di energia e nella promozione di nuove imprese,
impegna il Governo:
ad assumere con Regioni e Province le iniziative utili a migliorare i servizi per l'impiego soprattutto in direzione delle fasce sociali e delle aree territoriali più deboli, migliorando il raccordo con la scuola e il sistema produttivo anche attraverso meccanismi incentivanti;
ad avviare ogni utile iniziativa volta a promuovere le opportune intese, anche internazionali, per creare nel Meridione, mettendo in rete le nostre università, «l'Università del Mediterraneo».
(1-00172) «Di Giuseppe, Misiti, Donadi, Evangelisti, Borghesi, Leoluca Orlando, Messina».
Classificazione EUROVOC:
EUROVOC :

aumento della popolazione

disoccupazione

domanda di impiego

mercato del lavoro

Mezzogiorno

natalita'

politica regionale

primo impiego

regione sfavorita

sicurezza dei trasporti

soppressione di posti di lavoro

universita'