Atto Camera
Mozione 1-00161
presentata da
DARIO FRANCESCHINI
testo di
giovedì 30 aprile 2009, seduta n.169
La Camera,
premesso che:
contrariamente a quanto avvenuto in passato, quando il Mezzogiorno, proprio a causa della sua minore apertura internazionale, tendeva a risentire meno del rallentamento dell'economia mondiale, nell'attuale crisi mondiale sarà proprio nel sud del Paese che la crisi morderà maggiormente, con effetti fortemente negativi sulla dinamica dei consumi, degli investimenti e dell'occupazione;
si tratta di una prospettiva allarmante e che rischia di determinare effetti pesanti in termini sia economici che sociali per le aree deboli del nostro Paese, già colpite strutturalmente da alti tassi di disoccupazione e da diffuse situazioni di povertà;
se la crisi sta certamente facendo sentire i suoi effetti drammatici nelle regioni centro-settentrionali, dove la cassa integrazione cresce di oltre il 600 per cento, tuttavia nel Mezzogiorno che sta escludendo fasce crescenti di popolazione, soprattutto giovane, dal mercato del lavoro;
secondo l'Istat, nel quarto trimestre del 2008 l'occupazione nel sud si è ridotta di 126 mila unità rispetto allo stesso periodo del 2007; inoltre, l'industria meridionale ha perso nel 2008 circa 65 mila addetti, le costruzioni altri 30 mila;
l'economia meridionale somma all'inversione ciclica debolezze strutturali che affondano le loro radici nel tempo e che si aggravano nell'attuale fase congiunturale;
in un simile quadro la politica pubblica, che in altri momenti aveva sostenuto il sud nelle fasi di crisi, sembra avere assunto una strategia sostanzialmente anti-meridionale;
il nostro Paese non crede più nel sud e nelle sue possibilità di crescita, quando il Mezzogiorno resta invece un bacino ricco di potenzialità non pienamente sfruttate, verso cui dobbiamo orientare serie e nuove strategie d'intervento. Come ha ricordato qualche mese fa il Governatore della Banca d'Italia Draghi: «Il Paese non si riprende se il sud non decolla»;
l'approccio seguito dal Governo Berlusconi ripropone un modello di intervento che privilegia il riposizionamento competitivo delle aree forti, nella erronea convinzione che basti alleggerire gli ultimi vagoni, che rappresentano le aree deboli, del treno dell'economia italiana per farlo correre più forte;
i provvedimenti varati dall'attuale esecutivo hanno di fatto azzerato ogni intervento a favore del Mezzogiorno, sia in termini di risorse stanziate sia di strumenti appropriati: basti citare il sistematico utilizzo delle risorse del Fondo Aree Sottoutilizzate;
il Fondo Aree Sottoutilizzate (FAS) è lo strumento principale per realizzare interventi aggiuntivi nel Mezzogiorno volti a ridurre il gap ancora esistente nelle dotazioni infrastrutturali e nella qualità dei servizi pubblici: nell'ultimo anno, invece, il FAS è stato utilizzato come un salvadanaio da poter utilizzare per ogni evenienza, un bancomat improprio, utile sia per far fronte alle promesse elettorali (come l'abolizione dell'ICI) sia per coprire ogni tipo di esigenza di spesa corrente. I tagli del FAS ammontano a oltre 17 miliardi di euro;
inoltre, è proprio a valere sulle risorse del FAS già stanziate per la programmazione 2007-2013 che sono e saranno finanziate le misure anti-crisi e anche quelle per far fronte all'emergenza terremoto previste dai fondi di nuova istituzione, ovvero il Fondo infrastrutture, Fondo sociale per occupazione e formazione, il Fondo strategico per il Paese a sostegno dell'economia reale;
a questa sistematica distrazione di fondi, si è aggiunta una miope politica di tagli per gli imprenditori meridionali: in una fase congiunturale così difficile, invece di supportare le imprese del sud, il Governo ha di fatto annullato l'operatività del credito d'imposta per i nuovi investimenti nel Mezzogiorno, lasciando le aziende del sud senza alcuna fiscalità di sviluppo e deprimendo ancora di più le prospettive di crescita delle zone sottoutilizzate. A questo va aggiunto il mancato avvio delle zone franche urbane;
servirebbero, invece, interventi per fronteggiare la crisi e allo stesso tempo per dare copertura sociale a larghi strati di occupazione, proprio quella più debole e precaria particolarmente presente al sud, che al momento è totalmente scoperta;
il Meridione deve e può diventare un'opportunità per l'intero Paese ma serve una svolta nella gestione delle risorse. Occorre ripartire con scelte coraggiose: incentivi chiari e trasparenti per le imprese; programmazione unitaria, quindi programmi strategici coordinati tra stato centrale e regioni e non più progetti spot; meccanismi premiali per le amministrazioni che raggiungono target di servizio capaci di migliorare la vita della collettività; nuovo slancio civico e uno sforzo di tutti a non pensare più in termini localistici, indirizzando invece le energie su progetti di ricaduta ampia;
c'è una generazione di giovani meridionali che sta realizzando importanti progressi nei livelli di scolarizzazione, ormai arrivati anche per l'istruzione universitaria ai livelli del centro-nord, a cui dobbiamo dare risposte in termini di opportunità di impiego e di realizzazione individuale. Intorno a questa grande risorsa, sempre più scarsa in un Continente che invecchia sempre più velocemente, vanno costruiti progetti di intervento in grado di aumentare la qualità dell'istruzione (e non certo i tagli indiscriminati previsti dal Ministro Gelmini), di accompagnare i giovani nella difficile fase di accesso al lavoro, di offrire loro adeguati sistemi di formazione fuori e dentro le aziende, anche per impedire che continui l'esodo verso il nord dei giovani diplomati e laureati del Mezzogiorno;
è necessario approntare da subito un confronto con le parti sociali e i rappresentanti istituzionali dei territori del Mezzogiorno al fine di mettere in campo un programma di interventi anti-ciclici per favorire l'ingresso delle nuove generazioni meridionali nel mercato del lavoro,
impegna il Governo
a finanziare un piano volto a inserire nel mercato del lavoro almeno 100 mila giovani diplomati e laureati delle otto regioni del Mezzogiorno mediante stage presso imprese private, a tal fine prevedendo un compenso mensile a carico dello Stato per un periodo non inferiore a sei mesi, cui aggiungere un incentivo di 3.000 euro a favore dell'azienda in caso di assunzione a tempo indeterminato.
(1-00161)
«Franceschini, Soro, Sereni, Bressa, Bersani, D'Antoni, Damiano, Lulli, Baretta, Fluvi, Bindi, Vico».