ATTO CAMERA

ODG IN ASSEMBLEA SU P.D.L. 9/04086/074

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Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 16
Seduta di annuncio: 440 del 25/02/2011
Firmatari
Primo firmatario: RAO ROBERTO
Gruppo: UNIONE DI CENTRO
Data firma: 25/02/2011
Elenco dei co-firmatari dell'atto
Nominativo co-firmatario Gruppo Data firma
RIA LORENZO UNIONE DI CENTRO 25/02/2011


Stato iter:
25/02/2011
Partecipanti allo svolgimento/discussione
PARERE GOVERNO 25/02/2011
GIORGETTI ALBERTO SOTTOSEGRETARIO DI STATO - (ECONOMIA E FINANZE)
Fasi iter:

ACCOLTO IL 25/02/2011

PARERE GOVERNO IL 25/02/2011

RINUNCIA ALLA VOTAZIONE IL 25/02/2011

CONCLUSO IL 25/02/2011

Atto Camera

Ordine del Giorno 9/4086/74
presentato da
ROBERTO RAO
testo di
venerdì 25 febbraio 2011, seduta n.440

La Camera,
premesso che:
la magistratura onoraria non riveste più, ormai da diversi anni, un ruolo complementare ed occasionale, ma anzi svolge una funzione assolutamente fondamentale nel rispondere ad una domanda di giustizia che sempre più massicciamente proviene dai cittadini;
l'attuale assetto della categoria non corrisponde più al modello teorico, in quanto il servizio reso dalle toghe onorarie corrisponde invece a una prestazione di lavoro subordinato: questo è anche l'orientamento della Corte costituzionale e della Corte di cassazione;
l'Italia ha evitato, grazie alla loro attività, migliaia di condanne dalla Comunità europea e una pioggia di ricorsi per la «legge Pinto» che prevede un risarcimento alle parti di un processo, nel caso in cui la sentenza venga emessa con troppi anni di ritardo;
tuttavia, allo stato attuale, esistono diverse categorie di giudici onorari, con altrettanto diversi criteri di selezione, con diverse retribuzioni e diverse durate di rapporti di lavoro, in un contesto di precarietà non giustificata dalla qualità del servizio che sempre più viene fornito con un alto livello di professionalità;
in particolare, i giudici di pace esercitano una fondamentale funzione giurisdizionale quali giudici di prossimità articolati sul territorio e come tali vicini alle quotidiane esigenze del cittadino: è un dato di fatto che essi costituiscano ormai un elemento imprescindibile dell'ordinamento giuridico italiano, ma proprio in virtù di questo loro consolidamento è necessario definire con maggiore chiarezza e con la massima urgenza i lineamenti giuridici della figura istituita dalla legge 21 novembre 1991, n. 374, in funzione delle caratteristiche che si sono sviluppate e affermate in questo frattempo;
la loro produttività è altissima: i processi si svolgono con estrema celerità e durano mediamente meno di un anno (per la precisione 340 giorni) a differenza dei giudizi in tribunale di primo grado che raggiungono in media 960 giorni. Ciò spiega perché da alcuni anni dinanzi ai magistrati di pace pende il 15 per cento di tutte le cause penali, il 50 per cento del contenzioso in materia civile, il 100 per cento delle sanzioni amministrative, considerando il raddoppio di competenza per valore nel settore, oltre la convalida dei provvedimenti prefettizi di espulsione di stranieri;
la magistratura di pace definisce due milioni di procedimenti annui: secondo i dati del Ministero della giustizia, meno del 10 per cento delle sentenze emanate costituisce oggetto di impugnazione: si profila dunque la necessità che l'Esecutivo rispetti gli impegni precedentemente assunti, in modo che i giudici di pace possano pienamente esercitare una giurisdizione che dia attuazione al principio costituzionale della ragionevole durata del processo, secondo quanto previsto dall'articolo 111 della Costituzione;
le continue proroghe dei magistrati in scadenza non consentono agli stessi di esercitare le funzioni serenamente ed in modo efficiente, in quanto risulta estremamente difficile la gestione di un ruolo che dovrebbe esaurirsi in dodici mesi: risulta gravemente lesivo dell'autonomia della magistratura, oltre che un pericoloso precedente (forse unico in Europa), che dei magistrati, titolari delle funzioni giudiziarie ordinarie, siano rinnovati di anno in anno con un provvedimento governativo meramente discrezionale;
la continuità del servizio non contrasta affatto con la presunta natura onoraria dell'incarico, considerando che già altre componenti della categoria in questione (giudici tributari ed esperti dei tribunali per i minorenni) hanno ottenuto in tempi recenti tale riconoscimento;
a seguito delle modifiche legislative che hanno consentito, già da diversi anni, l'accesso a chi ha compiuto 30 anni di età, lo Stato si avvale di giovani professionisti (per lo più avvocati, giudici tributari o ex giudici onorari di tribunale) impegnati a tempo pieno nell'esercizio della funzione giudiziaria, per i quali il compenso percepito per l'attività di magistrato costituisce l'unico reddito;
non appare giusto considerare diversamente la condizione di giudici togati e giudici onorari, in quanto essi esaminano, istruiscono e decidono controversie che riguardano, a diversi livelli, cittadini che chiedono di far valere in via giudiziaria i loro diritti;
la natura cosiddetta «indennitaria» della retribuzione del lavoro svolto dal giudice onorario rappresenta una «fictio», tenuto conto che nella maggior parte dei casi si tratta di un impegno a tempo pieno che richiede formazione, aggiornamento, diligenza, nonché alta qualità;
non è accettabile che uno Stato di diritto che vanta una lunga tradizione democratica fondata sul lavoro, pretenda di adempiere alla funzione giurisdizionale attraverso giudici di pace dei quali voglia perpetuare lo status giuridico di soggetti precari: questa condizione non è più sostenibile, non solo per il rispetto che si deve alla dignità del giudice, ma per le irrinunciabili ed imprescindibili garanzie di autonomia e indipendenza che devono essere assicurate ad ogni magistrato nell'interesse dei cittadini;
anche l'Europa ha obbligato il nostro Paese a cambiare e a riconoscere diritti troppo a lungo mortificati: lo scorso 17 novembre il Comitato dei ministri del Consiglio d'Europa ha definitivamente approvato la raccomandazione CM/Rec (2010)12 «sui giudici: indipendenza, efficacia e responsabilità»;
la raccomandazione contiene importanti affermazioni a tutela dell'indipendenza della magistratura, considerata come un «elemento connaturale allo Stato di diritto ed essenziale per l'imparzialità dei giudici ed il funzionamento del sistema giudiziario». Il provvedimento individua come elemento chiave dell'indipendenza dei giudici «la certezza di permanenza nelle funzioni e l'inamovibilità». Inevitabile conseguenza di questo principio è la garanzia di permanenza nelle funzioni fino al raggiungimento dell'età del pensionamento;
i ministri europei si sono pronunciati anche sul tema della remunerazione dei giudici, che «deve essere commisurata al loro ruolo professionale e alle loro responsabilità e che deve garantire il mantenimento di compenso ragionevole in caso di malattia, di congedo per maternità o paternità, nonché il pagamento di una pensione per il collocamento a riposo»;
se questa situazione era già inaccettabile in periodi di normale andamento dell'economia, perché rappresentava una pressoché sistematica violazione di diritti costituzionalmente garantiti e, primo fra tutti, quello di cui all'articolo 24 della Costituzione, è divenuta insostenibile in questi anni di crisi economica che colpisce con particolare virulenza tutti gli strati della società, imprese comprese, in quanto l'inefficienza della giustizia ha pesanti ripercussioni sull'economia e sullo sviluppo del Paese,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare in tempi brevi misure volte a garantire ai magistrati onorari una maggiore continuità nell'esercizio delle loro funzioni, evitando il ricorso a mere proroghe annuali, un equo trattamento economico, nonché forme di tutela previdenziale ed assistenziale.
9/4086/74. Rao, Ria.