ATTO CAMERA

ODG IN ASSEMBLEA SU P.D.L. 9/04086/065

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Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 16
Seduta di annuncio: 440 del 25/02/2011
Firmatari
Primo firmatario: CAMBURSANO RENATO
Gruppo: ITALIA DEI VALORI
Data firma: 25/02/2011
Elenco dei co-firmatari dell'atto
Nominativo co-firmatario Gruppo Data firma
MESSINA IGNAZIO ITALIA DEI VALORI 25/02/2011
BORGHESI ANTONIO ITALIA DEI VALORI 25/02/2011
BARBATO FRANCESCO ITALIA DEI VALORI 25/02/2011


Stato iter:
25/02/2011
Partecipanti allo svolgimento/discussione
PARERE GOVERNO 25/02/2011
GIORGETTI ALBERTO SOTTOSEGRETARIO DI STATO - (ECONOMIA E FINANZE)
Fasi iter:

ACCOLTO IL 25/02/2011

PARERE GOVERNO IL 25/02/2011

RINUNCIA ALLA VOTAZIONE IL 25/02/2011

CONCLUSO IL 25/02/2011

Atto Camera

Ordine del Giorno 9/4086/65
presentato da
RENATO CAMBURSANO
testo di
venerdì 25 febbraio 2011, seduta n.440

La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame contiene la modifica dell'attuale disciplina fiscale degli OICVM (organismi di investimento collettivo in valori mobiliari), volta ad unificare il regime fiscale attualmente esistente per gli OICVM residenti in Italia e per quelli residenti in un altro stato membro dell'Unione europea e conformi alle direttive comunitarie in materia;
dal 1o luglio scompare il meccanismo della tassazione sul «realizzato» e non più sul maturato. Il prelievo si applica sui proventi distribuiti ai partecipanti, in base al principio di cassa, con ritenuta del 12,5 per cento. I redditi derivanti dai fondi comunitari non armonizzati saranno assoggettati alla stessa forma di prelievo già prevista per quelli armonizzati (ritenuta secca del 12,5 per cento);
in particolare, per i fondi nazionali viene previsto il passaggio dalla attuale tassazione del maturato in capo ai fondi, alla tassazione del realizzato in capo ai sottoscrittori delle quote del fondo. Con il passaggio alla tassazione al momento della realizzazione, il reddito generato dal fondo sarà tassato solo al momento dell'effettiva percezione da parte del sottoscrittore;
gli osservatori sembrano essere abbastanza unanimi nel ritenere l'intervento un atto dovuto per rilanciare l'industria dei fondi italiani, rimettendo su un piano di parità la tassazione dei fondi interni (e cioè quelli con sede in Italia e quelli con sede in Lussemburgo, già autorizzati al collocamento in Italia) con quella dei fondi comunitari armonizzati (con sede in un altro Stato membro dell'Unione europea e conformi alle direttive comunitarie);
il problema esiste soprattutto in quanto i redditi dei fondi italiani sono tassati alla maturazione (e cioè anno per anno) in capo al fondo, mentre i redditi dei fondi comunitari armonizzati sono tassati alla realizzazione (e cioè solo al momento in cui i partecipanti li percepiscono, tramite il riscatto o il rimborso delle quote di partecipazione o le distribuzioni periodiche);
poter rimandare nel tempo la tassazione (come un qualsiasi altro debito) abbassa il peso dell'imposta e costituisce quindi un vantaggio fiscale;
nel regime di tassazione introdotto alla fine degli anni Novanta (cosiddetta riforma Visco), la discriminazione di cui sopra, ai danni dei fondi interni, non esisteva: i fondi comuni esteri erano sì tassati, come adesso, in capo ai partecipanti alla realizzazione, ma il calcolo dell'imposta avveniva attraverso una formula (cosiddetto equalizzatore) che aveva la funzione di equiparare il prelievo alla realizzazione a quello che si sarebbe avuto nel caso in cui la tassazione fosse stata effettuata anno per anno, alla maturazione (e cioè a quello riservato ai fondi interni);
l'equalizzatore è stato abolito dal ministro Giulio Tremonti nel 2001. Perché i fondi interni non sono insorti allora? Due le spiegazioni - secondo la professoressa Maria Cecilia Guerra: in primo luogo, perché contestualmente veniva proposta e poi emanata una legge delega, poi non esercitata, che prometteva il passaggio a un regime di tassazione molto conveniente, alla realizzazione, del tutto analogo a quello che viene oggi accolto (con dieci anni di ritardo) con il maxiemendamento del Governo al provvedimento al nostro esame. In secondo luogo, perché, nel frattempo, non tutti gli operatori italiani hanno sofferto di questa discriminazione fiscale: molte banche, ad esempio, hanno guadagnato offrendo ai propri clienti fondi esteri della propria filiera (vantandone il migliore trattamento fiscale) sui quali chiedevano però commissioni più alte, proprio in quanto si trattava di fondi esteri;
la riforma contenuta nel provvedimento al nostro esame, infatti, equipara il trattamento in Italia di fondi esteri e interni, ma amplifica, anziché ridurre, le differenze di trattamento fra i diversi regimi fiscali di tassazione del risparmio che esistono nel nostro Paese, favorendo significativamente i fondi rispetto a tutte le altre forme di impiego del risparmio;
in particolare, se è vero che a seguito dell'abolizione dei sistemi di equalizzazione previsti dalla riforma Visco, i fondi comuni (e le gestioni individuali) sono stati sfavoriti dal fatto di subire la tassazione alla maturazione invece che alla realizzazione, è anche vero che la riforma Visco ha riconosciuto a essi un vantaggio che le altre forme di risparmio non conoscono: solo le gestioni collettive (e individuali) possono infatti dedurre (compensare) eventuali minusvalenze non solo nei confronti delle plusvalenze, ma anche nei confronti di interessi e dividendi. Si tratta di un vantaggio enorme, perché interessi e dividendi non possono mai assumere valori negativi. Quando sono percepiti al di fuori delle gestioni, subiscono un prelievo alla fonte a titolo definitivo. Questo vantaggio non viene eliminato dalle norme di cui al provvedimento al nostro esame;
il passaggio dalla tassazione alla realizzazione, per le sole gestioni collettive, senza intervenire sugli altri aspetti della tassazione del risparmio, lascia quindi un regime, nel complesso, ancora più sperequato:
i proventi dei fondi, siano essi plusvalenze o redditi di capitale, non subiranno nessun prelievo fino a che il partecipante non deciderà di vendere la quota (o fino a che non saranno distribuiti); su tutte le altre forme di risparmio la tassazione su interessi e dividendi avviene invece, immediatamente, alla fonte;
i fondi comuni continueranno a potere compensare le minusvalenze contro i redditi di capitale, cosa che non è ammessa, ad esempio, nel caso che interessa molti più contribuenti italiani, in cui i titoli siano tenuti presso una banca in custodia o amministrazione;
l'aliquota a cui sono tassati i proventi dei fondi rimane del 12,5 per cento, ma diventa in realtà molto più bassa perché prelevata in anni successivi alla loro maturazione;
ci sarà un forte incentivo a non abbandonare il fondo, per rimandare nel tempo la tassazione;
negli altri paesi europei esistono, a volte, ritenute alla fonte sui redditi di capitale e, generalmente, il differimento dell'imposta, anche sulle plusvalenze, è eliminato o limitato attraverso strumenti quali: l'imputazione al sottoscrittore dei redditi del fondo secondo un criterio «pro-rata» (cosiddetta trasparenza fiscale); l'assoggettamento a imposta in capo al fondo dei redditi non distribuiti (ad esempio con un prelievo di tipo patrimoniale); la previsione per il fondo dell'obbligo di distribuire periodicamente l'intero ammontare degli utili che riceve;
ancora una volta si perde l'occasione per omogeneizzare la tassazione di tutte le rendite finanziarie ai parametri europei elevando l'aliquota reale al 20 per cento e si prosegue una politica fiscale a favore delle rendite e penalizzante per le imprese e per i redditi da lavoro;
in buona sostanza la norma inserita - come giustamente sottolineato dalla professoressa Guerra in un suo articolo per Lavoce.info - non è rivolta ad incentivare la concorrenza, rimuovendo ostacoli di natura fiscale, ma rappresenta una misura protezionistica a favore di un'industria debole, non una riforma che equipara i trattamenti fiscali, ma un intervento che introduce ulteriori discriminazioni;
una riforma che, ancora una volta, modifica i pesi relativi della tassazione, a favore dei percettori di alcune tipologie di «rendite» finanziarie,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di uniformare il trattamento fiscale di tutte le rendite finanziarie senza creare asimmetrie tributarie che privilegino una forma di risparmio rispetto alle altre, nonché di adeguare l'aliquota delle imposte sostitutive che si applicano alle rendite finanziarie ad un valore pari al 20 per cento.
9/4086/65. Cambursano, Messina, Borghesi, Barbato.