ATTO CAMERA

ODG IN ASSEMBLEA SU P.D.L. 9/03638/122

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Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 16
Seduta di annuncio: 360 del 28/07/2010
Firmatari
Primo firmatario: RUBINATO SIMONETTA
Gruppo: PARTITO DEMOCRATICO
Data firma: 28/07/2010
Elenco dei co-firmatari dell'atto
Nominativo co-firmatario Gruppo Data firma
FOGLIARDI GIAMPAOLO PARTITO DEMOCRATICO 28/07/2010
STRIZZOLO IVANO PARTITO DEMOCRATICO 28/07/2010


Stato iter:
29/07/2010
Partecipanti allo svolgimento/discussione
ILLUSTRAZIONE 28/07/2010
Resoconto RUBINATO SIMONETTA PARTITO DEMOCRATICO
 
PARERE GOVERNO 28/07/2010
CASERO LUIGI SOTTOSEGRETARIO DI STATO - (ECONOMIA E FINANZE)
Fasi iter:

DISCUSSIONE IL 28/07/2010

ACCOLTO IL 28/07/2010

PARERE GOVERNO IL 28/07/2010

RINVIO AD ALTRA SEDUTA IL 28/07/2010

ATTO MODIFICATO IN CORSO DI SEDUTA IL 29/07/2010

RINUNCIA ALLA VOTAZIONE IL 29/07/2010

CONCLUSO IL 29/07/2010

Atto Camera

Ordine del Giorno 9/3638/122
presentato da
SIMONETTA RUBINATO
testo di
giovedì 29 luglio 2010, seduta n.361

La Camera,
premesso che:
l'articolo 41 del decreto in esame introduce un regime fiscale di attrazione degli investimenti esteri in Italia, consentendo alle imprese estere residenti in uno Stato membro dell'Unione Europea che intraprendano in Italia nuove attività economiche di applicare, in luogo del regime tributario italiano, una diversa normativa fiscale scelta fra quelle esistenti nell'Unione;
a tal fine, tali imprese potranno interpellare l'Amministrazione finanziaria ai sensi del decreto legge 269 del 2003, avviando una complessa e articolata procedura di ruling internazionale che dovrebbe concludersi con un accordo che vincola l'Amministrazione finanziaria e l'impresa per il periodo d'imposta di stipula dell'accordo e per i due successivi, salvo che non intervengano mutamenti rilevanti nelle circostanze di fatto o di diritto che derivano dall'accordo sottoscritto;
la scelta del regime fiscale si applica esclusivamente alle imprese residenti in uno Stato membro dell'Unione Europea diverso dall'Italia che intraprendano in Italia attività economiche nuove, ossia attività economiche che non risultino già avviate alla data del 31 maggio 2010, data di entrata in vigore del decreto-legge, svolte effettivamente nel territorio dello Stato;
l'articolo 41 del decreto specifica che il regime fiscale che l'impresa può sostituire con quello estero è solo quello relativo alla «normativa tributaria statale italiana»; in altre parole, la disciplina tributaria estera prescelta non sostituisce i tributi diversi da quelli erariali, che dovrebbero continuare ad incidere sull'impresa contestualmente al regime estero prescelto, creando duplicazioni d'imposta e seri problemi applicativi;
il decreto non specifica quali siano i tributi statali italiani cui la norma si riferisce, né chiarisce se la prevista alternatività con la normativa tributaria sia riferita alla sola imposizione diretta o anche all'imposizione indiretta;
le imprese UE che intraprendano nuove attività economiche in Italia possono chiedere l'applicazione delle regole fiscali vigenti in altro Stato europeo anche per i loro dipendenti e collaboratori, per un periodo di tre anni;
nel disposto della norma non è chiaro se l'estensione ai dipendenti e ai collaboratori dell'impresa sia subordinato al requisito della residenza fuori dall'Italia di tali soggetti, né è chiaro a quale forma di collaborazione con l'impresa si applichi tale agevolazione;
l'articolo 41 del decreto in esame si presta a numerosi rilievi critici, ed in particolare:
non è compatibile con il principio di eguaglianza stabilito dall'articolo 3 della Costituzione, poiché considera fattispecie uguali (l'avvio di una nuova attività economica nel territorio italiano da parte di un'impresa) in modo diverso (potendo una impresa residente in uno Stato UE scegliere il regime tributario applicato nell'unione più favorevole e un'impresa residente in Italia essendo vincolata ad avviare tale iniziativa con il regime tributario italiano, senza alcuna facoltà di scelta), ponendosi così in contrasto anche con il più generale principio di ragionevolezza;
se l'intento della norma è quella di favorire l'avvio di nuove attività economiche in Italia, così formulata potrebbe determinare un risultato paradossale, favorendo in modo straordinario l'impresa estera che avvii nuove attività in Italia - basti pensare che il sistema fiscale, ad oggi, più vantaggioso in Europa è quello irlandese, che applica alle imprese una tassazione del 12,5 per cento - penalizzando in modo grave l'impresa italiana che intenda avviare una nuova attività nel medesimo settore, che si troverebbe a subire un prelievo molto più elevato rispetto all'impresa estera concorrente operante nello stesso territorio, senza dire del carico contributivo diseguale per lavoratori e dipendenti, con effetti anche sull'uguaglianza sostanziale dei lavoratori occupati in Italia;
configura anche un'aperta violazione del diritto comunitario e in particolare del principio della libertà di stabilimento e della libera circolazione delle persone e dei capitali, a danno delle imprese italiane, che proprio sul loro territorio si trovano a fronteggiare la concorrenza di imprese estere, che godono di un regime fiscale di maggior favore determinato per legge;
la disposizione in questione può, tra l'altro, incentivare comportamenti elusivi da parte di imprese italiane, che potrebbero essere indotte a insediare nuove società con sede nei paesi europei, cosicché il vantaggio derivante dall'attrazione di capitali dall'estero potrebbe essere più che neutralizzato dalle scelte allocative delle imprese italiane;
non è chiaro, infine, se la limitazione triennale del nuovo regime si riferisca esclusivamente ai lavoratori dipendenti e collaboratori dell'impresa che intraprenda nuove attività in Italia, ovvero anche al regime fiscale di favore per l'impresa estera che avvii nuove attività in Italia; in questo ultimo caso l'impresa estera non avrebbe alcun interesse a localizzare una nuova attività economica in Italia - impianti fissi, uffici, stabilimenti - per beneficiare solo per tre anni del regime fiscale speciale;
la fase del cosiddetta «sviluppo» da parte di un'impresa di un'idea innovativa è senz'altro quella più complessa e costosa, e pertanto sono necessari adeguati incentivi fiscali e finanziari sia per favorire il trasferimento di tecnologia dal settore della ricerca a quello produttivo, sia per individuare le applicazioni - e il mercato - potenziali, sia per elaborare il prototipo del prodotto finale;
le imprese di nuova formazione, nelle prime fasi di vita, hanno elevate potenzialità di reddito ma anche un elevato fabbisogno finanziario, difficile da coprire soprattutto nelle imprese tecnologiche che utilizzino innovazioni o scoperte o che producano su scala il prototipo di un prodotto o di un servizio di cui non si conosce il valore commerciale e i possibili sbocchi di mercato;
per i gruppi di imprese residenti in Italia, che abbiano partecipazioni di controllo in un'impresa localizzata in uno dei paesi compresi nella cosiddetta black list del Ministero dell'Economia di cui al decreto ministeriale 21 novembre 2001, le norme in vigore prevedono che i redditi da esse prodotti siano imputati per trasparenza in capo all'impresa residente che ne detiene le partecipazioni, in proporzione all'ammontare di esse, a decorrere dalla chiusura dell'esercizio o periodo di gestione del soggetto estero partecipato ai sensi dell'articolo 167, comma 1, del TUIR; di conseguenza, tali redditi concorrono alla formazione del reddito imponibile della società residente ai fini IRES (Imposta sul reddito delle società) e sono pertanto soggetti a un'aliquota fiscale del 27,5 per cento;
per evitare la doppia tassazione dell'utile distribuito dette imprese devono richiedere all'Agenzia delle Entrate, mediante il cosiddetto «interpello speciale», la disapplicazione della disciplina delle Controlled Foreign Companies (società estere controllate) che abbiano sede in un «paradiso fiscale», dimostrando che la società estera controllata svolge un'effettiva attività industriale o commerciale e che la localizzazione nel «paradiso fiscale» non è motivata da finalità elusiva, ma da effettive ragioni economiche, ovvero che «dalle partecipazioni non consegue l'effetto di localizzare i redditi in Stati o territori in cui sono sottoposti a regimi fiscali privilegiati»;

impegna il Governo:

ad adottare ulteriori iniziative, anche normative, volte:
ad estendere quanto disposto dall'articolo 41 del decreto in esame a favore delle imprese europee anche alle imprese italiane che intraprendano in Italia nuove attività economiche, consentendo anche ad esse di applicare, almeno per il triennio di avvio, in luogo del regime tributario italiano, una diversa normativa fiscale scelta fra quelle esistenti nell'Unione;
ad introdurre altresì nell'ambito del nostro ordinamento un regime fiscale di favore per imprese che investano nel patrimonio netto di aziende innovative nella fase iniziale dell'attività (start-up), in cui è fondamentale la presenza di finanziatori esterni in grado di apportare capitali e competenze (venture capital);
a valutare a tal fine l'opportunità di incentivare, con un beneficio analogo a quello previsto per gli investimenti in nuovi impianti, i soggetti che investano nel patrimonio netto di start-up con l'esclusione dall'imposizione sul reddito d'impresa del 100 per cento del valore dell'investimento in tali aziende, purché costituite da meno di 5 anni, e a condizione che le imprese beneficiarie realizzino l'applicazione del frutto di una ricerca o di un'innovazione, ovvero di piani di sviluppo tecnologici o di progetti di ricerca, prevedendo, per evitare possibili forme di elusione fiscale, che l'investimento incentivato riguardi imprese di recente formazione, nelle fasi iniziali del proprio sviluppo, che realizzino progetti selezionati in base a specifici criteri di valutazione quali livello di innovazione, validità ed originalità dei risultati attesi, fattibilità del progetto sotto il profilo tecnico-scientifico e finanziario, adeguatezza scientifica, tecnica ed organizzativa delle strutture disponibili nell'impresa per lo sviluppo del progetto, prospettive di ricaduta tecnico-scientifica e applicativa, con particolare riferimento al territorio e agli operatori dei settori interessati;

a valutare l'opportunità di adottare, inoltre, al fine di contrastare gli insediamenti nei paradisi e l'elusione fiscale, ulteriori iniziative normative volte a stabilire, per i gruppi di imprese residenti in Italia, l'applicazione obbligatoria dell'istituto del Consolidato Fiscale Mondiale, prevedendo che in Italia il reddito prodotto all'estero da gruppi italiani sia soggetto a tassazione con un'aliquota agevolata non superiore al 23 per cento con lo scomputo delle imposte effettivamente pagate all'estero; in tal modo, potendo i gruppi di imprese a fronte di un minimo incremento d'imposta, evitare i costi amministrativi e la complessa burocrazia degli interpelli «disapplicativi», si favorisce il rientro in Italia dei frutti delle loro attività all'estero e si realizza un più trasparente rapporto con l'Amministrazione Finanziaria, fondato su regole certe, precise ed univoche per tutti.
9/3638/122. (Testo modificato nel corso della seduta) Rubinato, Fogliardi, Strizzolo.

Classificazione EUROVOC:
EUROVOC :

attivita' economica

evasione fiscale

fiscalita'

imposta

impresa estera

libera circolazione delle persone

politica fiscale

regolamentazione finanziaria

transito