Legislatura: 16Seduta di annuncio: 114 del 14/01/2009
Primo firmatario: BELTRANDI MARCO
Gruppo: PARTITO DEMOCRATICO
Data firma: 14/01/2009
Elenco dei co-firmatari dell'atto Nominativo co-firmatario Gruppo Data firma BERNARDINI RITA PARTITO DEMOCRATICO 14/01/2009 ZAMPARUTTI ELISABETTA PARTITO DEMOCRATICO 14/01/2009 TURCO MAURIZIO PARTITO DEMOCRATICO 14/01/2009 FARINA COSCIONI MARIA ANTONIETTA PARTITO DEMOCRATICO 14/01/2009 MECACCI MATTEO PARTITO DEMOCRATICO 14/01/2009
Partecipanti allo svolgimento/discussione ILLUSTRAZIONE 14/01/2009 Resoconto BELTRANDI MARCO PARTITO DEMOCRATICO INTERVENTO PARLAMENTARE 14/01/2009 Resoconto BELTRANDI MARCO PARTITO DEMOCRATICO PARERE GOVERNO 14/01/2009 Resoconto CASERO LUIGI SOTTOSEGRETARIO DI STATO - (ECONOMIA E FINANZE)
DISCUSSIONE IL 14/01/2009
NON ACCOLTO IL 14/01/2009
PARERE GOVERNO IL 14/01/2009
RESPINTO IL 14/01/2009
CONCLUSO IL 14/01/2009
La Camera,
premesso che:
il decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, in materia di regolamentazione dell'offerta pubblica di acquisto di titoli azionari di società italiane quotate, è stato giudicato dai più eminenti giuristi, esperti di diritto societario ed economisti, uno tra i modelli più avanzati esistenti in campo europeo;
detto decreto legislativo attribuiva agli azionisti il potere ultimo decisionale in materia di comportamento societario a fronte di un'offerta pubblica di acquisto avente oggetto propri titoli azionari;
a tal fine, imponeva che l'eventuale volontà degli amministratori di porre in essere atti e operazioni volti a contrastare il conseguimento degli obiettivi dell'offerta, dovesse essere sempre autorizzata dall'assemblea ordinaria o da quella straordinaria per le delibere di competenza, con il voto favorevole di tanti soci che rappresentassero almeno il trenta per cento del capitale;
è noto che in caso di OPA cosiddetta «ostile» vi possa essere un evidente conflitto di interessi degli amministratori, anche in contrasto con i reali interessi degli azionisti. L'acquisizione di un pacchetto di controllo da parte di gruppi esterni potrebbe infatti comportare una valorizzazione della società da una parte, e uno scontato allontanamento degli attuali amministratori dall'altra;
malgrado ciò, da esperti giuristi ed economisti veniva unanimemente stigmatizzata la scarsa contendibilità delle imprese italiane, quindi con conseguenze negative sulla mobilità dei capitali, sulla concorrenza e sulla possibilità di messa in discussione dei comportamenti professionali e delle «performances» degli amministratori;
questa scarsa contendibilità rappresenta una delle cause più serie della crisi delle grandi imprese italiane e nello stesso tempo uno dei fattori decisivi per la scarsa attrattività italiana nei confronti degli investimenti esteri;
il fatto che, anche per questa scarsa contendibilità, l'Italia è storicamente il Paese agli ultimi posti nella graduatoria nel mondo industrializzato, quanto a destinataria di investimenti esteri, come messo anche in evidenza critica dalli «Index of Economic Freedom 2009» curato dal Wall Street Journal e dalla The Heritage Foundation;
anche per le limitazioni alla libertà di investimento, secondo la citata classifica mondiale della libertà economica, l'Italia retrocede ulteriormente, collocandosi al 76o posto nel mondo, 32o tra 43 paesi europei, 26o su 27 paesi dell'Unione Europea;
in questo contesto, e alla luce della grave crisi finanziaria ed economica, sarebbe estremamente nocivo per l'Italia porre ulteriori ostacoli ai già insufficienti afflussi di capitale dall'estero;
sarebbe parimenti negativo cercare di impedire il libero movimento di capitali, anche nazionali, così come la difesa dei gruppi dirigenti delle imprese, a prescindere dalla volontà degli azionisti;
le direttive europee (2004/25/CE) lasciano ai singoli Paesi la facoltà tra l'obbligatorietà e la facoltatività della regola della cosiddetta «passivity rule» nella disciplina delle offerte pubbliche di acquisto e quindi non è corretto nascondere le proprie volontà dietro una non esistente direttiva cogente europea,
impegna il Governo
ad adottare le opportune iniziative volte ad attuare coerentemente le norme citate in premessa per la tutela dei poteri degli azionisti, per garantire adeguati livelli di contendibilità delle nostre imprese e quindi accrescere i gradi di libertà economica del nostro Paese, optando per la soluzione obbligatoria e non facoltativa in materia di regola della cosiddetta «passività, garantendo, quindi, che sia vincolante per gli amministratori delle società quotate di chiedere l'autorizzazione dei soci in sede assembleare e con il voto necessario di tanti soci rappresentanti almeno il trenta per cento del capitale sociale.
9/1972/1. Beltrandi, Bernardini, Zamparutti, Maurizio Turco, Farina Coscioni, Mecacci.
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