ATTO CAMERA

ODG IN ASSEMBLEA SU P.D.L. 9/01857/009

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Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 16
Seduta di annuncio: 93 del 26/11/2008
Firmatari
Primo firmatario: PORFIDIA AMERICO
Gruppo: ITALIA DEI VALORI
Data firma: 26/11/2008


Stato iter:
26/11/2008
Partecipanti allo svolgimento/discussione
PARERE GOVERNO 26/11/2008
Resoconto MANTOVANO ALFREDO SOTTOSEGRETARIO DI STATO - (INTERNO)
 
INTERVENTO PARLAMENTARE 26/11/2008
Resoconto PORFIDIA AMERICO ITALIA DEI VALORI
Fasi iter:

NON ACCOLTO IL 26/11/2008

PARERE GOVERNO IL 26/11/2008

DISCUSSIONE IL 26/11/2008

RESPINTO IL 26/11/2008

CONCLUSO IL 26/11/2008

Atto Camera

Ordine del Giorno 9/1857/9
presentato da
AMERICO PORFIDIA
testo di
mercoledì 26 novembre 2008, seduta n.093

La Camera,
premesso che:
la denominazione «centri di identificazione ed espulsione» (CIE), cui il testo in esame fa riferimento, è stata introdotta dall'articolo 9 del decreto-legge 23 maggio 2008, n. 92, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 luglio 2008, n. 125, che ha così sostituito la precedente denominazione «centri di permanenza temporanea ed assistenza» (CPTA) stabilita dal decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, che ha istituito tali centri;
i CIE, ex CPTA, hanno la funzione di consentire accertamenti sull'identità di persone trattenute in vista di una possibile espulsione, ovvero di trattenere persone in attesa di un'espulsione certa;
i CIE sono uno strumento diffuso in tutta Europa in seguito all'adozione di una politica migratoria comune con gli accordi di Schengen del 1995, che miravano da una parte ad una chiusura nei confronti dei crescenti flussi migratori, dall'altra ad esprimere una politica di tolleranza zero per i migranti irregolari;
in Italia, dopo un iter legislativo che ha visto la progressiva clandestinizzazione del migrante, parallelamente alla sua percezione in quanto soggetto pericoloso per la società, si è giunti nel 1998 alla prima legge organica sull'immigrazione (la legge n. 40 del 1998, cosiddetta Turco-Napolitano) che ha istituito i CPTA;
la successiva legge n. 189 del 2002 (cosiddetta Bossi-Fini) ha associato in modo ancora più marcato l'immigrazione clandestina alla criminalità, tralasciando ogni politica dell'integrazione. In poche parole il migrante diventa necessariamente clandestino e quindi perseguibile per legge; la «Bossi-Fini» ha infatti introdotto un sistema troppo rigido e complesso, basato, tra l'altro, sul contratto di soggiorno e sulla «chiamata a distanza», una misura che non ha mai funzionato, tanto che è sempre stata controbilanciata dalle varie sanatorie; un sistema che ha reso solo più facile il passaggio dalla posizione di «regolare» a quella di «irregolare», rendendo invece praticamente impossibile il processo inverso;
il rischio di un atteggiamento di «chiusura» di fronte alle politiche migratorie, senza cercare di favorire quella che è invece la «buona immigrazione» è quello di provocare, in primo luogo, la crescita nella popolazione residente di un diffuso sentimento di insicurezza, ostacolo principale a un processo di coerente integrazione; in secondo luogo, quello di offrire effettivamente il fianco a comportamenti illegali; in terzo luogo, quello di favorire, da un lato, un vero e proprio traffico di esseri umani, e, dall'altro, di lasciare il campo alla crescita del lavoro nero, di cui troppo spesso gli stranieri clandestini diventano vittime;
d'altra parte, però, il fenomeno dell'immigrazione clandestina è comunque un problema evidente, che non va assolutamente sottovalutato e su cui bisogna intervenire innanzitutto con misure idonee ad affrontare la questione «identificazione», regole che avrebbero anche un carattere fortemente dissuasivo fungendo come un forte deterrente nei confronti del ricorso strumentale all'immigrazione clandestina; è fondamentale, infatti, che i cittadini stranieri presenti sul nostro territorio siano facilmente identificabili, proprio nell'ottica di garantire i giusti livelli di sicurezza sociale che abbiamo il dovere di difendere nell'interesse della collettività;
il problema dell'identificazione è più che mai evidente proprio all'interno dei CIE, dove, attualmente, immigrati clandestini, magari anche con precedenti penali, convivono con immigrati identificati, lavoratori onesti passati però, molto spesso per semplici problemi «burocratici», ad essere irregolari;
le diverse tipologie di immigrati che passano per i centri di identificazione ed espulsione rendono le condizioni di questi ultimi ancora più difficili e complesse;
proprio in riferimento alle condizioni dei suddetti centri, le istituzioni europee hanno assunto diverse iniziative; la commissione Libertà civili, giustizia e affari interni (LIBE) del Parlamento europeo sta svolgendo dal 2005 visite ai centri per gli immigrati dei diversi Stati membri; il Parlamento europeo ha inoltre commissionato uno studio esterno, presentato nel dicembre 2007, al fine di approfondire, in particolare, la situazione dei servizi e degli strumenti in favore delle persone vulnerabili;
per quanto riguarda l'Italia, l'inchiesta si è svolta in due missioni, che hanno riguardato i centri di permanenza temporanea e di assistenza (CPTA) di Milano, Torino, Bologna e Roma, Ancona, Bari, Foggia, Crotone e Trapani, il CID di Crotone e il Centro di prima accoglienza e di soccorso di Lampedusa. Lo studio ha rivelato in particolare: cattive condizioni di vita e di igiene e problemi di sovrappopolamento (in alcuni casi sono utilizzate grosse gabbie o container); stretto regime di detenzione di tipo carcerario nei CPT, misure di sicurezza sproporzionate e interventi eccessivi della polizia nella vita dei centri, talvolta applicate anche ai centri di prima accoglienza; mancanza di accesso delle persone trattenute alle informazioni sui loro diritti, al sostegno legale, a servizi di interpretariato, mancanza di apertura dei centri sull'esterno a causa della presenza limitata di organizzazioni non governative, inadeguatezza del sostegno medico, psicologico e sociale,

impegna il Governo:

a monitorare la situazione dei centri di identificazione ed espulsione e a prendere le opportune iniziative affinché migliorino le condizioni igieniche e materiali degli stessi, anche in riferimento al regime troppo rigido e di tipo «carcerario» vigente in alcuni centri, spesso sproporzionato e inadatto, e che conduce ad una criminalizzazione dei migranti;
a migliorare l'individuazione e il sostegno alle persone vulnerabili e/o sofferenti per problemi psicologici, e a creare, altresì, dispositivi di assistenza per persone particolarmente indebolite, portatori di handicap, minori e donne in gravidanza;
a permettere l'accesso permanente delle organizzazioni non governative per rendere possibile un'assistenza giuridica e sociale.
9/1857/9. Porfidia.

Classificazione EUROVOC:
SIGLA O DENOMINAZIONE:

L 1998 0040

EUROVOC :

accordo di Schengen

attrezzatura sociale

espulsione

immigrazione

istituzione dell'Unione europea

lavoro nero

migrante

migrazione illegale

organizzazione non governativa

politica migratoria

polizia

traffico di persone

traffico illecito