Doc. XXII, n. 58

PROPOSTA DI INCHIESTA PARLAMENTARE

d'iniziativa dei deputati
PASTORINO, BOLDRINI, CANCELLERI, CASA, CENNI, CIAMPI, DE LORENZO, DE LUCA, DE MARIA, DORI, FICARA, FIORAMONTI, FORNARO, FRAGOMELI, FRATE, GIULIODORI, GRANDE, GRIBAUDO, GRIMALDI, LATTANZIO, LIUZZI, LOMBARDO, MARTINCIGLIO, ORRICO, PALAZZOTTO, PEZZOPANE, PINI, SANI, SARLI, SURIANO, TERMINI, TIMBRO, ELISA TRIPODI, TUZI, VALENTE

Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sui fatti accaduti a Genova nel luglio 2001 in occasione della riunione del G8 e delle manifestazioni del Genoa Social Forum

Presentata il 4 agosto 2021

  Onorevoli Colleghi! – Esattamente venti anni fa in Italia si è aperta una ferita che non si è più rimarginata. Nonostante il grande racconto collettivo sui fatti accaduti a Genova nel luglio 2001, i processi e le inchieste giornalistiche, quello che accadde prima, durante e dopo la riunione del G8 rappresenta un insieme di eventi mai affrontati nella loro interezza dalla politica italiana.
  Tra il 19 e il 22 luglio 2001 l'Italia ha ospitato l'annuale vertice degli otto maggiori Paesi industrializzati (G8) che ha avuto luogo a Genova. Contestualmente allo svolgimento del summit si sono tenute nel capoluogo ligure alcune manifestazioni di dissenso nel corso e a seguito delle quali si sono verificati disordini, gravi tumulti di piazza e violenti scontri tra le Forze dell'ordine e i manifestanti.
  I dimostranti, come emerge dai filmati acquisiti nonché dalle registrazioni telefoniche presso la centrale operativa della questura, nonostante stessero prendendo parte a cortei pacifici e autorizzati furono vittime di violente cariche «a freddo» da parte delle Forze dell'ordine che, in alcuni casi, si rivelarono fatali. Il 20 luglio il corteo che sfilava lungo il percorso autorizzato in via Tolemaide, distante dalla zona dichiarata «rossa», fu incomprensibilmente caricato e diviso in molti tronconi, il principale seppur notevolmente ridotto proseguì mentre gli altri furono nuovamente e Pag. 2ripetutamente caricati. Una di queste azioni delle Forze dell'ordine portò un gruppo di manifestanti in piazza Alimonda, dove perse la vita Carlo Giuliani, un giovane ventenne ucciso per mano di un carabiniere che sparò dall'interno di una camionetta, rimasta inspiegabilmente in piazza, mentre il resto delle Forze dell'ordine ripiegava poco lontano, e che poi si spostò passando per ben due volte sul corpo del ragazzo che giaceva a terra.
  Un fatto di inaudita gravità che non rappresentò, tuttavia, il culmine degli eventi violenti, i quali proseguirono la notte successiva quando, tra le ore 22 e mezzanotte, nelle scuole Diaz-Pertini e Pascoli, messe a disposizione dal comune di Genova e divenute centro del coordinamento del Genoa Social Forum, fecero irruzione i reparti mobili della Polizia di Stato con il supporto operativo di alcuni battaglioni dei carabinieri. Un raid sanguinoso ricordato come «macelleria messicana», così definita in una dichiarazione rilasciata agli inquirenti dall'allora vice questore aggiunto del primo reparto mobile di Roma, e di cui molte delle vittime porteranno per tutta la vita i danni fisici e psicologici subiti. Tante di loro furono trasportate in ospedale in condizioni gravissime e nonostante ciò le Forze dell'ordine andarono presso la struttura sanitaria per prelevarle e condurle in arresto e, in alcuni casi, fu il personale medico a doversi frapporre per impedirne la dimissione.
  Si trattò di un'azione punitiva, giustificata con prove rivelatesi successivamente false, ma non isolata. Infatti, oltre alle violenze perpetrate nelle strade genovesi e al blitz nelle scuole, nella caserma di Bolzaneto, dove era stato allestito un centro di raccolta per i manifestanti sottoposti a misure di fermo, sono transitate oltre duecento persone che subirono violenze e umiliazioni, abusi verbali e fisici, molte delle quali furono private dei fondamentali diritti riconosciuti a livello internazionale ai detenuti, tra cui il diritto ad avere accesso agli avvocati e all'assistenza consolare e quello a informare i familiari sulla propria situazione.
  Trattamenti crudeli, inumani e degradanti ascrivibili al reato di tortura, che tuttavia fu introdotto nel codice penale italiano solo sedici anni dopo.
  Il 19, 20, 21 e 22 luglio 2001 furono quattro giorni durante i quali, secondo le testimonianze di quanti hanno assistito agli eventi, tutti i soggetti coinvolti sono stati spettatori, artefici e vittime di una «sospensione della legalità». Al riguardo, l'associazione Amnesty International ha parlato del nostro Paese, e di Genova in particolare, come del «teatro della più grave sospensione dei diritti democratici in un Paese occidentale dopo la seconda guerra mondiale».
  La vicenda di Genova è stata caratterizzata da una serie di elementi fondamentali. Da un lato, quella che è stata l'occasione principale: le manifestazioni del Genoa Social Forum, alle quali parteciparono quasi milleduecento associazioni che operavano in campi molto diversi l'uno dall'altro, a livello italiano e internazionale. Infatti, seguendo un movimento internazionale che, dietro lo slogan «Un altro mondo è possibile!», coinvolse attivisti provenienti da varie parti del mondo, da Seattle a Praga, da Nizza a Göteborg fino a Genova, il Genoa Social Forum mise insieme centri sociali, organizzazioni non governative, sindacati, attivisti, cattolici e ambientalisti, uniti nella critica al capitalismo e alle sue forme di sfruttamento sociale, ambientale e politico.
  Da un altro lato, la presenza delle Forze dell'ordine, non sempre dotate di un'esperienza, una formazione e una preparazione adeguate e per lo più provenienti da altre realtà, trovatesi a operare in una città, per la sua morfologia, probabilmente inadatta a garantire una buona gestione della sicurezza e dell'ordine pubblico in occasione di un evento della portata del G8. Una situazione aggravata da una catena di comando che, per dinamiche ancora non chiare, ha innescato e perpetuato un'ingiustificabile spirale repressiva nei confronti dei manifestanti pacifici.
  Da un altro lato ancora, la presenza dei black bloc, che hanno devastato e saccheggiato la città di Genova, provocando enormi Pag. 3danni senza che la loro furia sia stata interrotta o quantomeno circoscritta da un'azione decisa delle Forze dell'ordine presenti. Al riguardo non è stato ancora chiarito chi fossero i componenti di questi blocchi noti alle cronache internazionali, da dove provenissero, come fossero giunti indisturbati a Genova e perché non si sia intervenuti per fermarli, favorendo in tal modo una grande confusione e un torbido clima di violenza che in un primo momento hanno giustificato, agli occhi dell'opinione pubblica lontana dal capoluogo ligure, la brutale repressione subita dai dimostranti pacifici.
  E, infine, al margine degli eventi accaduti, il comportamento delle istituzioni, che dinanzi ai gravi fatti commessi non sono state in grado di dare un'adeguata risposta, né nei giorni immediatamente successivi quando nel comunicato ufficiale del G8 di Genova del 20-22 luglio sono state dedicate ai fatti solo poche righe finali – al punto 35. si legge «Ringraziamo i cittadini di Genova per l'ospitalità offertaci e condanniamo la violenza, la perdita di vita umana e l'irragionevole vandalismo che hanno dovuto subire. Continueremo un dialogo attivo e fruttuoso con i Paesi in via di sviluppo e tutte le altre parti interessate. Difenderemo il diritto di coloro che protestano con mezzi pacifici a far sentire la propria voce. Tuttavia, come leader democratici non possiamo accettare che ad una minoranza violenta possa essere consentito di sconvolgere il nostro dibattito sulle questioni più rilevanti che riguardano il mondo intero. Il nostro lavoro continuerà» – né negli anni a seguire.
  A distanza di venti anni da quanto accaduto appare non più eludibile indagare non solo sui fatti ma soprattutto sulle cause che li hanno determinati. Le iniziative giudiziarie e processuali si sono ormai concluse e oggi spetta al Parlamento effettuare un'analisi storica e politica sulle responsabilità di quanti, titolari di poteri decisionali od operativi, contribuirono a determinare i fatti di Genova, che hanno segnato il nostro Paese e un'intera generazione.
  Perché non vi fu alcuna prevenzione del conflitto ma si favorì la produzione di uno scontro rivelatosi distruttivo?
  Nel corso di questi venti anni sono stati presentati vari progetti volti all'istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta che, tuttavia, non ha mai visto la luce. L'unica iniziativa parlamentare che abbia avuto seguito è stata l'indagine conoscitiva svolta da un Comitato paritetico nominato dalle due Commissioni Affari costituzionali del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati. I lavori del Comitato durarono meno di due mesi, dal 7 agosto al 20 settembre 2001, e si conclusero con l'approvazione di una relazione di maggioranza e due distinte relazioni di minoranza.
  Tuttavia, tali lavori consentirono unicamente una sommaria e parziale ricostruzione dei fatti, in ragione dei limiti propri dello strumento adottato, privo di un'effettiva capacità ispettiva in quanto il Comitato non era legittimato ad agire con gli stessi poteri dell'autorità giudiziaria (come invece prevede l'articolo 82 della Costituzione per le Commissioni parlamentari di inchiesta). Infatti, i soggetti che furono auditi innanzi al Comitato non avevano l'obbligo di deporre secondo verità e di fornire tutte le informazioni in loro possesso. L'efficacia dell'indagine svolta è stata, pertanto, inevitabilmente compromessa dall'assenza di un potere idoneo a indurre l'interlocutore a una proficua collaborazione e di un deterrente giuridico capace di assicurare la veridicità dei riscontri forniti dai soggetti ascoltati.
  Nonostante ciò, l'indagine conoscitiva ha favorito la presa di coscienza tra i parlamentari e la pubblica opinione della necessità di adottare una vera e propria procedura ispettiva, mediante l'istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta che dinanzi alla gravità di quanto accaduto a Genova nel 2001 e all'esigenza di accertare in maniera completa le relative responsabilità possa assolvere all'obbligo dello Stato di fare piena luce sulle gravi forme di abuso perpetrate in quei giorni e di ricucire quella ferita alla democrazia ancora aperta. Pag. 4
  Per tali ragioni, con la presente proposta di inchiesta parlamentare si promuove l'istituzione di una Commissione che avrà il compito di ricostruire in maniera puntuale gli avvenimenti accaduti a Genova in occasione della riunione del G8 e delle manifestazioni del Genoa Social Forum; di accertare se durante i giorni in cui ha avuto luogo la riunione del G8 si sia verificata la sospensione dei diritti fondamentali garantiti a tutti i cittadini dalla Costituzione; di analizzare la gestione dell'ordine pubblico, facendo luce sulla catena di comando e sulle dinamiche che hanno innescato e perpetuato una spirale repressiva nei confronti dei manifestanti; di accertare le circostanze e le responsabilità per le quali gruppi non autorizzati abbiano potuto agire in maniera quasi indisturbata in diverse aree della città di Genova, mentre cortei precedentemente autorizzati sono stati oggetto di numerose e ripetute cariche da parte delle Forze dell'ordine; di ricostruire la dinamica della morte di Carlo Giuliani, anche al fine di accertare eventuali responsabilità politiche e amministrative che possano avere contribuito, tramite l'effettiva gestione dell'ordine pubblico, al determinarsi di tale drammatico esito; di indagare sull'irruzione delle Forze dell'ordine nella scuola Diaz, facendo luce su abusi e su violenze perpetrati nei confronti dei ragazzi che occupavano la scuola e accertando le responsabilità amministrative e politiche, con particolare riguardo alla ricostruzione della catena di comando; di ricostruire i fatti avvenuti nella caserma di Bolzaneto, centro di detenzione temporaneo dei manifestanti arrestati, per accertare se in tale occasione si sia ricorso a trattamenti o punizioni disumani o degradanti e se siano stati violati i diritti civili degli arrestati e in tale caso identificare chi materialmente abbia perpetrato tali comportamenti e chi fra i vertici fosse a conoscenza di tali azioni.
  Stante quanto premesso e sussistendo la necessità politico-istituzionale di dissipare le ombre che ancora gravano sugli avvenimenti di quei giorni nonché di fornire risposte adeguate alle vittime italiane e straniere, l'istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta appare non più procrastinabile. Tale scelta, in occasione del ventennale dei fatti di Genova, assume una rilevanza simbolica, rappresentando finalmente un cambio di passo e un'assunzione di responsabilità e di consapevolezza da parte della politica italiana.

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PROPOSTA DI INCHIESTA PARLAMENTARE

Art. 1.
(Istituzione, compiti e durata della Commissione)

  1. È istituita, ai sensi dell'articolo 82 della Costituzione, una Commissione parlamentare di inchiesta sui fatti accaduti a Genova nel luglio 2001 in occasione della riunione del G8 e delle manifestazioni del Genoa Social Forum, di seguito denominata «Commissione».
  2. La Commissione ha il compito di:

   a) ricostruire in maniera puntuale gli avvenimenti accaduti a Genova in occasione della riunione del G8 e delle manifestazioni del Genoa Social Forum;

   b) accertare se durante i giorni in cui ha avuto luogo la riunione del G8 si sia verificata la sospensione dei diritti fondamentali garantiti a tutti i cittadini dalla Costituzione;

   c) ricostruire la gestione dell'ordine pubblico, facendo luce sulla catena di comando e sulle dinamiche che hanno innescato e perpetuato una spirale repressiva nei confronti dei manifestanti;

   d) accertare le circostanze e le responsabilità in base alle quali gruppi non autorizzati, denominati black bloc, hanno potuto agire in maniera quasi indisturbata in diverse aree della città di Genova mentre cortei precedentemente autorizzati sono stati oggetto di numerose e ripetute cariche da parte delle Forze dell'ordine;

   e) indagare sulla dinamica della morte di Carlo Giuliani, anche al fine di accertare eventuali responsabilità politiche e amministrative che possono avere contribuito, tramite l'effettiva gestione dell'ordine pubblico, al determinarsi di tale drammatico esito;

   f) indagare sull'irruzione delle Forze dell'ordine nella scuola Diaz, facendo luce Pag. 6su abusi e su violenze perpetrati nei confronti dei soggetti che occupavano la scuola e accertando le responsabilità politiche e amministrative, con particolare riguardo alla ricostruzione della catena di comando;

   g) ricostruire i fatti avvenuti nella caserma di Bolzaneto, centro di detenzione temporaneo dei manifestanti arrestati, al fine di accertare se in tale circostanza si sia ricorso a trattamenti o punizioni disumani o degradanti e se siano stati violati i diritti civili degli arrestati nonché di pervenire all'identificazione degli autori delle violenze compiute ai danni degli arrestati e all'individuazione dei soggetti a conoscenza di tali condotte nella catena di comando delle Forze dell'ordine.

  3. La Commissione conclude i propri lavori entro nove mesi dalla data della sua costituzione. Entro i successivi due mesi presenta alla Camera dei deputati una relazione conclusiva sulle indagini svolte e sui risultati dell'attività di inchiesta.

Art. 2.
(Composizione della Commissione)

  1. La Commissione è composta da venti deputati, nominati dal Presidente della Camera dei deputati in proporzione al numero dei componenti dei gruppi parlamentari, comunque assicurando la presenza di un rappresentante per ciascun gruppo.
  2. Il Presidente della Camera dei deputati, entro dieci giorni dalla nomina dei componenti, convoca la Commissione per la costituzione dell'ufficio di presidenza.
  3. La Commissione, nella prima seduta, elegge l'ufficio di presidenza, composto dal presidente, da due vicepresidenti e da due segretari. Si applicano le disposizioni dell'articolo 20, commi 2, 3 e 4, del Regolamento della Camera dei deputati.

Art. 3.
(Poteri e limiti della Commissione)

  1. La Commissione procede alle indagini e agli esami con gli stessi poteri e le stesse limitazioni dell'autorità giudiziaria.

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  2. La Commissione non può adottare provvedimenti attinenti alla libertà e alla segretezza della corrispondenza e di ogni altra forma di comunicazione nonché alla libertà personale, fatto salvo l'accompagnamento coattivo di cui all'articolo 133 del codice di procedura penale.
  3. La Commissione, limitatamente alle indagini di propria competenza, ha facoltà di acquisire copie di atti e documenti relativi a procedimenti e inchieste in corso presso l'autorità giudiziaria o altri organismi inquirenti, nonché copie di atti e documenti relativi a indagini e inchieste parlamentari, anche se coperti da segreto.
  4. La Commissione garantisce il mantenimento del regime di segretezza fino a quando gli atti e i documenti trasmessi in copia, ai sensi del comma 3, siano coperti dal segreto.
  5. Per il segreto di Stato nonché per i segreti d'ufficio, professionale e bancario si applicano le norme vigenti. È sempre opponibile il segreto tra difensore e parte processuale nell'ambito del mandato.
  6. Per le testimonianze rese davanti alla Commissione si applicano le disposizioni degli articoli da 366 a 384-bis del codice penale.
  7. La Commissione stabilisce quali atti e documenti non devono essere divulgati, anche in relazione a esigenze attinenti ad altre istruttorie o inchieste in corso. Devono in ogni caso essere coperti dal segreto gli atti e i documenti attinenti a procedimenti giudiziari nella fase delle indagini preliminari fino al termine delle stesse.

Art. 4.
(Obbligo del segreto)

  1. I componenti della Commissione, il personale addetto alla stessa e ogni altra persona che collabora con la Commissione o compie o concorre a compiere atti di inchiesta, oppure ne viene a conoscenza per ragioni d'ufficio o di servizio, sono obbligati al segreto, anche dopo la cessazione dell'incarico, per tutto quanto riguarda gli atti e i documenti di cui all'articolo 3, commi 4 e 7.

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  2. La violazione dell'obbligo di cui al comma 1, nonché la diffusione, in tutto o in parte, anche per riassunto o informazione, di atti o documenti del procedimento di inchiesta dei quali è stata vietata la divulgazione sono punite ai sensi delle leggi vigenti.

Art. 5.
(Organizzazione della Commissione)

  1. L'attività e il funzionamento della Commissione sono disciplinati da un regolamento interno approvato dalla Commissione stessa prima dell'inizio dei suoi lavori. Ciascun componente può proporre la modifica delle norme regolamentari.
  2. Le sedute della Commissione sono pubbliche, tuttavia la Commissione può deliberare di riunirsi in seduta segreta.
  3. La Commissione può avvalersi di tutte le collaborazioni che ritiene necessarie, di soggetti interni o esterni all'amministrazione dello Stato autorizzati, ove occorra e con il loro consenso, dagli organi a ciò deputati e dai Ministeri competenti. Il regolamento interno di cui al comma 1 stabilisce il numero massimo di collaborazioni di cui può avvalersi la Commissione.
  4. Per l'adempimento delle sue funzioni, la Commissione fruisce di personale, locali e strumenti operativi messi a disposizione dal Presidente della Camera dei deputati.
  5. Le spese per il funzionamento della Commissione, stabilite nel limite massimo di 50.000 euro, sono poste a carico del bilancio interno della Camera dei deputati.