Doc. XXII, n. 53

PROPOSTA DI INCHIESTA PARLAMENTARE

d'iniziativa dei deputati
MOLLICONE, SILVESTRONI, DEIDDA, CENNI, PRISCO,
CIABURRO, GALANTINO, VINCI

Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sulle connessioni del terrorismo interno e internazionale con le stragi avvenute in Italia dal 1953 al 1989 e sulle attività svolte dai servizi segreti nazionali e stranieri

Presentata il 4 maggio 2021

  Onorevoli Colleghi! – Tra il 1953 e il 1989, nel periodo storico definito «guerra fredda», l'Italia è stata terreno di scontro tra le grandi potenze mondiali interessate al ruolo strategico della nostra nazione e alle sue peculiarità sociali.
  Grazie alle prove acquisite, alle testimonianze e ai saggi pubblicati sulla politica internazionale nel periodo degli «anni di piombo», risulta evidente l'esistenza di collegamenti internazionali del terrorismo italiano. Tale aspetto era già emerso grazie al lavoro svolto dalle Commissioni parlamentari di inchiesta succedutesi nel corso degli anni, che hanno raccolto una serie di indizi in tal senso: da un lato, semplici contatti, collaborazione tattica o strategica tra organizzazioni terroristiche di analogo orientamento politico operanti in diversi Stati; dall'altro, rapporti con apparati di potenze straniere e persino sostegno o vera e propria etero-direzione da parte di essi. In genere – nota lo storico Angelo Ventura – il «terrorismo strategico contemporaneo» va valutato come «fenomeno internazionale» con «coperture e appoggi ad alto livello, nazionali o esterni».
  La presente proposta di inchiesta parlamentare, che è aperta al sostegno di tutti coloro che intendono cercare la verità, prevede l'istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sulle connessioni tra il terrorismo interno e internazionale e le stragi che hanno colpito l'Italia dal 1953 al Pag. 21989; a tale fine, la Commissione avrà accesso a tutti i documenti e al materiale di prova acquisiti dalla Commissione parlamentare d'inchiesta sul terrorismo in Italia e sulle cause della mancata individuazione dei responsabili delle stragi, di cui alla legge 17 maggio 1988, n. 172, dalla Commissione parlamentare d'inchiesta concernente il «dossier Mitrokhin» e l'attività d'intelligence italiana, di cui alla legge 7 maggio 2002, n. 90, e dalla Commissione parlamentare di inchiesta sul rapimento e sulla morte di Aldo Moro, di cui alla legge 30 maggio 2014, n. 82.
  La proposta di relazione sull'attività svolta e sui risultati dell'inchiesta della Commissione Mitrokhin (benché non approvata definitivamente dalla Commissione per mancanza del numero legale nella seduta a tale fine convocata) contiene varie indicazioni e un paragrafo specificamente dedicato alle connessioni tra elementi del terrorismo internazionale e la strage di Bologna, che hanno consegnato al dibattito storico e all'indagine giudiziaria elementi certi a tale riguardo, sintetizzati giornalisticamente come «tesi palestinese o teutonico-palestinese»; tali elementi si sono poi arricchiti delle pubblicazioni di vari esperti sul tema: il saggio «I segreti di Bologna» del giudice Rosario Priore e dell'avvocato Valerio Cutonilli; il saggio «Bomba o non bomba» di Enzo Raisi, già componente della Commissione Mitrokhin; i numerosi editoriali e gli interventi pubblici coraggiosi di Gero Grassi, relativi ai cablogrammi del capocentro dei servizi segreti italiani a Beirut, Stefano Giovannone, già pubblicati dal quotidiano Il Tempo, in un articolo a firma di Gian Marco Chiocci.
  Il cosiddetto «lodo Moro», ossia l'accordo tra i servizi segreti italiani e palestinesi per tutelare il territorio italiano dalla minaccia di attentati, è il cuore di molte vicende storiche: occorre pertanto che ne siano chiariti sia l'esatto contenuto sia i modi di applicazione e le conseguenze che esso determinò sul piano nazionale, non solo relativamente alla strage di Bologna, ma anche nei rapporti internazionali con l'Alleanza atlantica.
  La parziale declassificazione di un documento di Stefano Giovannone del 27 giugno 1980, infatti, segnalava la probabilità di «una situazione di pericolo a breve scadenza», parlando di «due operazioni da condurre in alternativa contro obiettivi italiani: dirottamento di un Dc9 Alitalia» od «occupazione di una ambasciata», come da colloqui con fonte fiduciaria.
  Gli attentati di Ustica e di Bologna sarebbero, dunque, inseriti in uno scenario internazionale.
  Giovannone era l'ufficiale che avrebbe gestito il lodo Moro: un patto che avrebbe garantito loro libertà di movimento in cambio dell'immunità del nostro Paese dagli attentati. Nel dicembre 1979, quando a Ortona furono sequestrati due missili terra-aria destinati alla rete di Habbash e un funzionario del Fronte popolare per la liberazione della Palestina fu arrestato a Bologna, i palestinesi ne chiesero il rilascio in base al lodo Moro. Dalla primavera 1980, quindi, il colonnello Giovannone avrebbe segnalato il rischio di ritorsioni, sottolineando come anche Gheddafi, sponsor delle frange palestinesi più dure, premesse per un attacco all'Italia, con il rischio che l'attentato venisse affidato alla rete europea di Carlos «lo sciacallo».
  Nella relazione sull'attività svolta dalla Commissione parlamentare di inchiesta sul rapimento e sulla morte di Aldo Moro (DOC. XXIII, n. 29, della XVII legislatura), si legge: «una delle principali acquisizioni è giunta dagli approfondimenti sulla dimensione “mediterranea” della vicenda Moro, con particolare riferimento agli accordi politici e di intelligence che fondavano la politica italiana, in particolare nei riguardi del Medio Oriente, della Libia e della questione israelo-palestinese. Gli approfondimenti sul ruolo dei movimenti palestinesi e del centro SISMI di Beirut hanno consentito di gettare nuova luce sulla vicenda delle trattative per una liberazione di Moro e sul tema dei canali di comunicazione con i brigatisti, ma anche di cogliere i condizionamenti che poterono derivare dalla collocazione internazionale del nostro Paese e dal suo essere crocevia di Pag. 3traffici di armi con il Medio Oriente, spesso tollerati per ragioni geopolitiche e di sicurezza nazionale».
  Nelle indagini sull'attentato del 1980 a Bologna e su quello di Ustica, tali elementi non sono stati considerati dalla magistratura italiana, che si è invece trincerata dietro un processo il cui impianto fragile si basa su pentiti inattendibili e le cui sentenze non riescono a individuare nemmeno gli esecutori materiali.
  Già nel 2005, il deputato Enzo Fragalà presentò un'interpellanza urgente (n. 2-01636) – un ulteriore atto correlato al lavoro infaticabile svolto dal compianto parlamentare nelle Commissioni di inchiesta – nella quale annotò come l'attentato alla stazione Saint-Charles di Marsiglia, compiuto dalle cellule rivoluzionarie di Ilich Ramírez Sánchez alias Carlos «lo sciacallo», apparisse sostanzialmente identico nei termini operativi a quello alla stazione di Bologna.
  Sulle stragi non dobbiamo accontentarci di una qualunque verità, ma dobbiamo ricercare la verità storica, oggettiva e definitiva. Lo dobbiamo alle vittime e ai loro familiari, ma soprattutto a tutte le vittime del terrorismo italiano.
  L'attività della Commissione, che con la presente proposta di inchiesta parlamentare si intende istituire, è di vitale importanza, a fronte delle nuove evidenze processuali emerse, ed è volta ad approfondire il contesto interno e internazionale della strage attraverso l'acquisizione di documenti e di testimonianze. Essa si inserisce nel novero delle attività istituzionali svolte nel comune sforzo per il contrasto del terrorismo e per concorrere alla conoscenza dei fenomeni del terrorismo internazionale che hanno coinvolto l'Italia in una vera e propria «guerra di prossimità» durante gli anni della guerra fredda.
  L'istituzione di questa Commissione è un'occasione storica per chiudere la guerra civile strisciante che ha insanguinato per decenni la nostra nazione, comprendendo quali forze ne siano state le vere protagoniste e perseguendo una pacificazione nazionale, come immaginata dal senatore Alfredo Mantica nella sua attività all'interno della «Commissione stragi», che consegni alla storia la guerra a bassa intensità combattuta dalle potenze straniere sul nostro territorio.
  L'articolo 1 prevede l'istituzione della Commissione, ai sensi dell'articolo 82 della Costituzione, e ne specifica i compiti, con particolare riferimento all'indagine sulle operazioni di depistaggio messe in atto in relazione alle stragi avvenute dal 1946 al 1989, alcune accertate dalla magistratura, altre archiviate in maniera sospetta. La Commissione dovrà concludere i propri lavori entro dodici mesi dalla sua costituzione; il massimo grado di pluralità è garantito dalla possibilità di presentare relazioni di minoranza.
  L'articolo 2 disciplina la composizione e la costituzione della Commissione.
  La Commissione, ai sensi dell'articolo 3, procede alle indagini e agli esami con gli stessi poteri e le medesime limitazioni dell'autorità giudiziaria. Per le audizioni a testimonianza davanti alla Commissione si applicano gli articoli 366 e 372 del codice penale.
  Alla Commissione, limitatamente all'oggetto delle indagini di sua competenza, non può essere opposto il segreto d'ufficio, applicandosi per il segreto di Stato la disciplina prevista dalla legge n. 124 del 2007. Per i segreti professionale e bancario si applicano le norme vigenti. È sempre opponibile il segreto tra difensore e parte processuale nell'ambito del mandato.
  Ai sensi dell'articolo 4, la Commissione, come già ricordato, acquisisce tutta la documentazione raccolta o prodotta sulla strage di Bologna dalla Commissione parlamentare d'inchiesta sul terrorismo in Italia e sulle cause della mancata individuazione dei responsabili delle stragi, dalla Commissione parlamentare d'inchiesta concernente il «dossier Mitrokhin» e l'attività d'intelligence italiana e dalla Commissione parlamentare di inchiesta sul rapimento e sulla morte di Aldo Moro.
  Quando gli atti o i documenti siano stati assoggettati al vincolo del segreto funzionale da parte delle competenti Commissioni parlamentari di inchiesta, detto segreto non può essere opposto alla Commissione. Pag. 4
  La Commissione può ottenere, anche in deroga a quanto stabilito dall'articolo 329 del codice di procedura penale, copie di atti o documenti relativi a procedimenti o inchieste in corso presso l'autorità giudiziaria o altri organi inquirenti.
  L'articolo 5 disciplina l'obbligo del segreto per i componenti e i funzionari della Commissione.
  L'articolo 6 contiene le disposizioni relative al funzionamento della Commissione secondo il regolamento da essa adottato.

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PROPOSTA DI INCHIESTA PARLAMENTARE

Art. 1.
(Istituzione, compiti e durata
della Commissione)

  1. È istituita, ai sensi dell'articolo 82 della Costituzione, una Commissione parlamentare di inchiesta sulle connessioni del terrorismo interno e internazionale con le stragi avvenute dal 1953 al 1989 e sulle attività svolte da servizi segreti nazionali e stranieri a tale riguardo, di seguito denominata «Commissione».
  2. In particolare, la Commissione ha il compito di accertare:

   a) l'eventuale esecuzione di attività di depistaggio volte ad occultare le cause delle stragi e, in caso affermativo, i motivi e i responsabili delle medesime, anche in relazione a eventuali trattative intercorse tra esponenti governativi del tempo e organizzazioni terroristiche internazionali o ad accordi volti ad assecondare interessi stranieri in modo prioritario rispetto all'interesse nazionale;

   b) le eventuali attività di cellule del terrorismo interno e internazionale nel territorio italiano che possano assumere rilievo per la ricostruzione del contesto in cui furono commesse le stragi;

   c) i rapporti internazionali dell'Italia, ufficiali o informali, secondo le risultanze dei documenti dei servizi di informazione nazionali ed esteri e le testimonianze rese dai protagonisti dei fatti.

  3. La Commissione conclude i propri lavori entro dodici mesi dalla data della sua costituzione, presentando alla Camera dei deputati una relazione sull'attività svolta e sui risultati dell'inchiesta. Possono essere presentate relazioni di minoranza.

Art. 2.
(Composizione della Commissione)

  1. La Commissione è composta da venti deputati nominati dal Presidente della Camera Pag. 6 dei deputati, in proporzione al numero dei componenti i gruppi parlamentari, assicurando comunque la presenza di un rappresentante per ciascun gruppo costituito.
  2. Con i criteri e con la procedura di cui al comma 1 si procede alla sostituzione dei componenti in caso di dimissioni dalla Commissione o di cessazione dal mandato parlamentare.
  3. L'ufficio di presidenza, composto dal presidente, da due vicepresidenti e da due segretari, è eletto a scrutinio segreto dalla Commissione tra i suoi componenti. Per l'elezione del presidente, se nessuno riporta la maggioranza assoluta dei voti, si procede al ballottaggio tra i due candidati che hanno ottenuto il maggior numero di voti. In caso di parità di voti, è proclamato eletto o entra in ballottaggio il più anziano di età.
  4. Per l'elezione, rispettivamente, dei due vicepresidenti e dei due segretari, ciascun componente della Commissione scrive sulla propria scheda un solo nome. Sono eletti coloro che hanno ottenuto il maggior numero di voti. In caso di parità di voti si procede ai sensi del comma 3.

Art. 3.
(Poteri e limiti della Commissione)

  1. La Commissione procede alle indagini e agli esami con gli stessi poteri e le medesime limitazioni dell'autorità giudiziaria.
  2. La Commissione non può adottare provvedimenti attinenti alla libertà e alla segretezza della corrispondenza e di ogni altra forma di comunicazione nonché alla libertà personale, fatto salvo l'accompagnamento coattivo di cui all'articolo 133 del codice di procedura penale.
  3. Per le audizioni a testimonianza davanti alla Commissione si applicano le disposizioni degli articoli 366 e 372 del codice penale.
  4. Alla Commissione, limitatamente all'oggetto delle indagini di sua competenza, non può essere opposto il segreto d'ufficio. Per i segreti professionale e bancario si applicano le norme vigenti. Per il segreto di Stato si applica quanto previsto dalla legge Pag. 73 agosto 2007, n. 124. È sempre opponibile il segreto tra difensore e parte processuale nell'ambito del mandato.

Art. 4.
(Acquisizione di atti e documenti)

  1. La Commissione acquisisce tutta la documentazione raccolta o prodotta sulle stragi di cui all'articolo 1, comma 1, dalla Commissione parlamentare d'inchiesta sul terrorismo in Italia e sulle cause della mancata individuazione dei responsabili delle stragi, di cui alla legge 17 maggio 1988, n. 172, dalla Commissione parlamentare d'inchiesta concernente il «dossier Mitrokhin» e l'attività d'intelligence italiana, di cui alla legge 7 maggio 2002, n. 90, e dalla Commissione parlamentare di inchiesta sul rapimento e sulla morte di Aldo Moro, di cui alla legge 30 maggio 2014, n. 82.
  2. Quando atti o documenti siano stati assoggettati al vincolo del segreto funzionale da parte delle competenti Commissioni parlamentari di inchiesta, detto segreto non può essere opposto alla Commissione.
  3. La Commissione può ottenere, anche in deroga a quanto stabilito dall'articolo 329 del codice di procedura penale, copie di atti o documenti relativi a procedimenti o inchieste in corso presso l'autorità giudiziaria o altri organi inquirenti. L'autorità giudiziaria provvede tempestivamente e può ritardare, con decreto motivato solo per ragioni di natura istruttoria, la trasmissione di copie degli atti e documenti richiesti. Il decreto ha efficacia per trenta giorni e può essere rinnovato. Quando tali ragioni vengono meno, l'autorità giudiziaria provvede senza ritardo a trasmettere quanto richiesto.
  4. La Commissione stabilisce quali atti e documenti non devono essere divulgati. Devono comunque essere coperti da segreto gli atti e i documenti attinenti a procedimenti giudiziari nella fase delle indagini preliminari.

Art. 5.
(Obbligo del segreto)

  1. I componenti della Commissione, i funzionari e il personale addetti alla Commissione Pag. 8 stessa e tutte le altre persone che collaborano con la Commissione o compiono o concorrono a compiere atti di inchiesta oppure di tali atti vengono a conoscenza per ragioni di ufficio o di servizio, sono obbligati al segreto, anche dopo la cessazione dell'incarico, per tutto quanto riguarda gli atti e i documenti di cui all'articolo 4, comma 4.
  2. Salvo che il fatto costituisca più grave reato, la violazione del segreto di cui al comma 1 è punita ai sensi dell'articolo 326 del codice penale.
  3. Salvo che il fatto costituisca più grave reato, le pene di cui al comma 2 si applicano a chiunque diffonde, in tutto o in parte, anche per riassunto o informazione, atti o documenti del procedimento di inchiesta dei quali sia stata vietata la divulgazione.

Art. 6.
(Organizzazione dei lavori)

  1. L'attività e il funzionamento della Commissione sono disciplinati da un regolamento interno approvato dalla Commissione stessa prima dell'inizio dei suoi lavori. Ciascun componente può proporre la modifica delle norme regolamentari.
  2. Tutte le volte che lo ritenga opportuno la Commissione può deliberare di riunirsi in seduta segreta.
  3. La Commissione può avvalersi dell'opera di agenti e ufficiali di polizia giudiziaria e delle collaborazioni che ritenga necessarie, nel limite massimo di trenta soggetti in qualità di consulenti a titolo gratuito.
  4. Per l'adempimento delle sue funzioni, la Commissione fruisce di personale, locali e strumenti operativi messi a disposizione dal Presidente della Camera dei deputati.
  5. Le spese per il funzionamento della Commissione sono stabilite nel limite annuo massimo di 50.000 euro e sono poste a carico del bilancio interno della Camera dei deputati.