Doc. XXII, n. 49

PROPOSTA DI INCHIESTA PARLAMENTARE

d'iniziativa dei deputati
POTENTI, BAZZARO, BELLACHIOMA, BELOTTI, BIANCHI, BITONCI, CAVANDOLI, DARA, FIORINI, GASTALDI, LEGNAIOLI, LUCCHINI, PATELLI, PICCOLO, TATEO, TONELLI, ZORDAN

Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta
sulle cause del disastro della nave «Moby Prince»

Presentata il 22 dicembre 2020

Pag. 1

  Onorevoli Colleghi! — La sera del 10 aprile 1991, la collisione tra il traghetto «Moby Prince» e la petroliera «Agip Abruzzo» al largo del porto di Livorno provocò un vasto incendio che causò la morte delle 140 persone a bordo della prima delle due navi – con un unico sopravvissuto – determinando la più grande sciagura nella storia recente della marineria italiana. La collisione tra le due navi nella rada del porto di Livorno causò la fuoriuscita di una cospicua quantità di petrolio greggio, che prese immediatamente fuoco, riversandosi nel mare e sul traghetto. Il «Moby Prince», in preda all'incendio, vagò per inerzia in mare per diversi chilometri dopo che la prima richiesta di soccorso lanciata dal marconista di bordo rimase inascoltata per la debolezza del segnale. L'attenzione dei soccorsi si concentrò sulla nave «Agip Abruzzo», la cui richiesta di aiuto aveva segnalato l'impatto con quella che veniva qualificata con formula dubitativa come «una bettolina» senza altra istruzione che ne agevolasse l'individuazione. L'equipaggio della petroliera venne tratto interamente in salvo, mentre la sagoma della «Moby Prince» in fiamme venne individuata casualmente tra l'oscurità e il fumo dell'incendio da due ormeggiatori del porto, che riuscirono a ricuperare l'unico sopravvissuto a bordo, il mozzo Alessio Bertrand.
  Più volte e da più parti è stato sostenuto che tutti i passeggeri della «Moby Prince» persero la vita in mezz'ora, un tempo che avrebbe reso vano qualsiasi intervento in loro soccorso. Il ritardo nell'individuazione del traghetto coinvolto nell'incidente e la priorità attribuita al soccorso della petroliera «Agip Abruzzo» restano, però, dei fatti inconfutabili emersi anche nelle diverse fasi processuali. La capitaneria di porto di Livorno attribuì alla presenza di Pag. 2nebbia la responsabilità principale della tragedia avvenuta la notte del 10 aprile 1991. Nel corso degli anni gli inquirenti avvalorarono la tesi del disastro causato dalla nebbia e da imprudenze commesse nella condotta nautica della «Moby Prince». Dopo tre gradi di giudizio, questa è la verità processuale, contestata dai familiari delle vittime, senza che sia stato individuato un responsabile per omicidio colposo e disastro colposo, con un unico imputato nel giudizio d'appello per il quale è stata dichiarata la prescrizione.
  Inizialmente l'inchiesta per incendio colposo, naufragio e omicidio colposo plurimo riguardò l'amministratore delegato della società armatrice e il comandante dell'«Agip Abruzzo» per i quali, tuttavia, il giudice per le indagini preliminari del tribunale di Livorno accolse la richiesta di archiviazione il 10 ottobre 1994, mentre poco dopo vennero rinviati a giudizio con l'accusa di omicidio colposo plurimo il comandante in seconda della capitaneria di Livorno Angelo Cedro, l'ufficiale d'ispezione Lorenzo Checcacci, l'ex marinaio di leva Gianluigi Spartano e il terzo ufficiale di coperta dell'«Agip Abruzzo» Valentino Rolla.
  Nel processo di primo grado, che iniziò il 29 novembre 1995, il pubblico ministero chiese l'assoluzione per i quattro imputati sostenendo che quella avvenuta nel porto di Livorno quattro anni prima era stata «una immensa tragedia dovuta a troppi fatti concomitanti e maledetti, una disgrazia difficile da affrontare, troppo grande, che trova inadeguato lo strumento processuale». Con la sentenza pronunziata dal tribunale di Livorno il 31 ottobre 1997, il processo si concluse con quattro assoluzioni con la formula «il fatto non sussiste»; sia l'archiviazione delle posizioni dell'armatore e del comandante della petroliera nel 1994, sia la sentenza di assoluzione del 1997 furono duramente contestate dall'«Associazione 140», presieduta da Loris Rispoli, che riuniva una parte delle famiglie delle vittime della sciagura. Il 5 febbraio 1999, la terza sezione della corte d'appello di Firenze riformò la sentenza di primo grado ritenendo colpevole per i reati di disastro colposo e omicidio colposo plurimo il terzo ufficiale della petroliera, Valentino Rolla, riconoscendogli però «le attenuanti generiche prevalenti sulla contestata aggravante» e dichiarando il «non doversi procedere nei confronti del Rolla in ordine ai reati ascritti perché estinti per intervenuta prescrizione», condannandolo al pagamento delle spese processuali sostenute dalle quattordici parti civili.
  Dopo la riapertura dell'inchiesta nel 2006 e la successiva archiviazione nel 2010, il 4 novembre 2015 venne costituita al Senato della Repubblica – in base alla deliberazione del 22 luglio 2015, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale, n. 170, del 24 luglio 2015 – la Commissione parlamentare di inchiesta sulle cause del disastro del traghetto «Moby Prince» che il 24 gennaio del 2018 presentò nella Sala Zuccari alla Presidenza la relazione finale sul lavoro svolto in due anni e 110 sedute sulla base di consulenze, 6 perizie e 73 audizioni, nella quale il presidente, senatore Silvio Lai, scrisse che l'organo non concordava «con le risultanze a cui è pervenuta l'autorità giudiziaria» rilevando che «l'attività di indagine della procura è stata carente e condizionata da diversi fattori esterni come le enormi pressioni di cui sembra essere stata oggetto».
  A seguito della pubblicazione della relazione della Commissione parlamentare di inchiesta, gli atti vennero trasmessi alle procure della Repubblica di Roma e di Livorno e le associazioni dei familiari delle vittime, in occasione del ventottesimo anniversario della sciagura, annunciarono di aver avviato una causa civile contro lo Stato, «ritenuto responsabile, attraverso le sue articolazioni periferiche, delle morti a bordo del Moby Prince» in virtù del giudizio, formulato nelle conclusioni della Commissione parlamentare di inchiesta, sulla gestione dei soccorsi da parte della capitaneria di porto di Livorno durante la tragica notte del 10 aprile 1991. La relazione rilevava infatti che, per mancanza di un corretto apprezzamento delle circostanze e per difetto di mezzi, «la Capitaneria apparve del tutto incapace di coordinare un'azione di soccorso».
  Anche se la mole di lavoro prodotta è indubbiamente notevole, se si è in presenza Pag. 3di più sentenze, se tutti i protagonisti viventi di quella tragica notte sono stati ascoltati dalla Commissione istituita presso il Senato nella scorsa legislatura, se ad un primo sguardo sembra che sia stato fatto tutto il lavoro possibile, le richieste giunte alle istituzioni dalle associazioni di familiari delle vittime fanno capire che non è così. Occorre fare luce su eventuali responsabilità o negligenze relative a quella che è fino ad oggi una delle più gravi sciagure avvenute nei mari italiani, mediante un'inchiesta approfondita svolta dal Parlamento, ad opera di una Commissione appositamente costituita, che proceda alle indagini e agli esami con gli stessi poteri e le stesse limitazioni dell'autorità giudiziaria.
  È possibile che lo strumento di cui si propone l'istituzione non sia sufficiente per arrivare ad una verità storica su quanto è accaduto nella notte del 10 aprile 1991, ma occorre sottolineare come a distanza di anni siano stati acquisiti ulteriori elementi rivelatisi utili a smentire le ricostruzioni meno attendibili, come ha dimostrato l'esperienza della Commissione parlamentare di inchiesta istituita dal Senato.
  Anche la procura della Repubblica presso il tribunale di Livorno ha frattanto avviato un'attività di indagine, affidata al pubblico ministero dottoressa Carmazzi, su tre aspetti della vicenda riguardanti eventuali negligenze e omissioni nella gestione dei soccorsi, dubbi sui tempi di sopravvivenza a bordo della nave subito dopo la collisione e molte perplessità sul funzionamento del sistema antincendio del traghetto.
  Si propone pertanto l'istituzione immediata di una Commissione parlamentare di inchiesta sulle cause del disastro del traghetto «Moby Prince», che svolga la sua attività di indagine entro il termine della corrente legislatura, al fine di accertare eventuali responsabilità dei soggetti coinvolti, l'efficacia o meno dei soccorsi e la compiutezza dell'attività investigativa svolta.

Pag. 4

PROPOSTA DI INCHIESTA PARLAMENTARE

Art. 1.
(Istituzione e competenze
della Commissione)

  1. È istituita, ai sensi dell'articolo 82 della Costituzione, per la durata della XVIII legislatura, una Commissione parlamentare di inchiesta sulle cause del disastro del traghetto «Moby Prince», di seguito denominata «Commissione».
  2. La Commissione ha il compito di:

   a) ricercare e valutare eventuali nuovi elementi che possano integrare le conoscenze sulle cause del disastro del traghetto «Moby Prince» acquisite mediante i lavori della Commissione parlamentare di inchiesta istituita con deliberazione del Senato della Repubblica 22 luglio 2015, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 170 del 24 luglio 2015;

   b) esaminare le procedure, le modalità e i mezzi con cui sono stati organizzati e attuati i soccorsi in mare, le circostanze nelle quali essi sono stati condotti e ogni altro fatto utile a individuare eventuali responsabilità di individui o enti pubblici o privati in ogni fase, anche successiva allo svolgimento degli eventi;

   c) verificare la compiutezza e l'efficacia dell'attività investigativa, anche valutando se siano intervenuti inadempienze, condizionamenti o ritardi nella direzione e nello svolgimento di essa.

  3. La Commissione riferisce alla Camera almeno annualmente e alla fine dei propri lavori circa i risultati dell'attività svolta.

Art. 2.
(Composizione della Commissione)

  1. La Commissione è composta da venti deputati, nominati dal Presidente della Camera dei deputati in proporzione al numero Pag. 5 dei componenti dei gruppi parlamentari, assicurando comunque la presenza di un rappresentante per ciascun gruppo.
  2. Il Presidente della Camera dei deputati, entro dieci giorni dalla nomina dei componenti, convoca la Commissione per la sua costituzione.
  3. La Commissione, nella prima seduta, elegge il presidente, due vicepresidenti e due segretari. Si applicano le disposizioni dell'articolo 20, commi 1, 2, 3 e 4, del Regolamento della Camera dei deputati.

Art. 3.
(Poteri della Commissione)

  1. La Commissione procede alle indagini e agli esami con gli stessi poteri e con le stesse limitazioni dell'autorità giudiziaria.
  2. La Commissione non può adottare provvedimenti attinenti alla libertà e alla segretezza della corrispondenza e di ogni altra forma di comunicazione nonché alla libertà personale, fatto salvo l'accompagnamento coattivo di cui all'articolo 133 del codice di procedura penale.
  3. La Commissione ha facoltà di acquisire copie di atti e documenti relativi a procedimenti e inchieste in corso presso l'autorità giudiziaria o altri organismi inquirenti, nonché copie di atti e documenti relativi a indagini e inchieste parlamentari, anche se coperti da segreto.
  4. La Commissione garantisce il mantenimento del regime di segretezza fino a quando gli atti e i documenti trasmessi in copia ai sensi del comma 3 siano coperti dal segreto.
  5. Per i segreti di ufficio, professionale e bancario, si applicano le norme vigenti. Per il segreto di Stato si applica quanto previsto dalla legge 3 agosto 2007, n. 124. È sempre opponibile il segreto tra difensore e parte processuale nell'ambito del mandato.
  6. La Commissione stabilisce quali atti e documenti non devono essere divulgati, anche in relazione a esigenze attinenti ad altre istruttorie o inchieste in corso. Devono in ogni caso essere coperti dal segreto gli atti e i documenti attinenti a procedimenti giudiziari nella fase delle indagini preliminari.

Pag. 6

Art. 4.
(Obbligo del segreto)

  1. I componenti la Commissione, il personale addetto alla stessa e ogni altra persona che collabora con la Commissione o compie o concorre a compiere atti di inchiesta, oppure ne viene a conoscenza per ragioni d'ufficio o di servizio, sono obbligati al segreto per tutto quanto riguarda gli atti e i documenti di cui all'articolo 3, commi 4 e 6.
  2. La violazione dell'obbligo di cui al comma 1 nonché la diffusione, in tutto o in parte, anche per riassunto o informazione, di atti o documenti del procedimento di inchiesta dei quali è stata vietata la divulgazione sono punite ai sensi delle leggi vigenti.

Art. 5.
(Organizzazione)

  1. L'attività e il funzionamento della Commissione sono disciplinati da un regolamento interno approvato dalla medesima Commissione prima dell'inizio dell'attività di inchiesta. Ciascun componente può proporre la modifica delle norme regolamentari.
  2. Le sedute della Commissione sono pubbliche. La Commissione può deliberare di riunirsi in seduta segreta.
  3. La Commissione può avvalersi di tutte le collaborazioni che ritenga necessarie, di soggetti interni o esterni all'amministrazione dello Stato autorizzati, ove occorra e con il loro consenso, dagli organi a ciò deputati e dai Ministeri competenti. Con il regolamento interno di cui al comma 1 è stabilito il numero massimo di collaborazioni di cui può avvalersi la Commissione.
  4. Per lo svolgimento delle sue funzioni la Commissione fruisce di personale, locali e strumenti operativi messi a disposizione dal Presidente della Camera dei deputati.
  5. Le spese per il funzionamento della Commissione, stabilite nel limite massimo di 80.000 euro annui, sono poste a carico del bilancio interno della Camera dei deputati.