Doc. XXII, n. 6

PROPOSTA DI INCHIESTA PARLAMENTARE

d'iniziativa dei deputati

RAMPELLI, MELONI, CIRIELLI, ACQUAROLI, BELLUCCI, BUCALO, BUTTI, CARETTA, CIABURRO, CROSETTO, LUCA DE CARLO, DEIDDA, DELMASTRO DELLE VEDOVE, DONZELLI, FERRO, FIDANZA, FOTI, FRASSINETTI, GEMMATO, LOLLOBRIGIDA, LUCASELLI, MASCHIO, MOLLICONE, MONTARULI, OSNATO, PRISCO, RIZZETTO, ROTELLI, SILVESTRONI, TRANCASSINI, VARCHI, ZUCCONI

Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sul sistema del credito e sulla gestione delle crisi bancarie

Presentata il 28 maggio 2018

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  Onorevoli Colleghi ! — Di scandali e crisi finanziarie che hanno visto protagoniste le banche è piena la storia della nostra nazione. Negli ultimi anni, tuttavia, tali vicende stanno avendo un'intensificazione e, al contempo, un'accelerazione che devono porre in allarme tutti i cittadini e in particolar modo quelli che hanno la responsabilità di essere legislatori.
  Il filo rosso che lega tutte le crisi bancarie degli ultimi anni è stato una gestione quanto meno allegra e disinvolta del credito. E come è vero che si sono registrate con sempre maggiore frequenza pratiche commerciali scorrette, gestioni patrimoniali sospette, operazioni irregolari di acquisizione, fusione, trasformazione o vendita di valori azionari, obbligazionari o addirittura di interi istituti di credito, come nel caso dell'acquisizione della banca Antonveneta Spa da parte della banca Monte dei Paschi di Siena Spa, è Pag. 2altrettanto vero che le autorità, che in base alle vigenti normative avrebbero dovuto vigilare, evidentemente non hanno agito con attenzione, incisività e tempestività sufficienti.
  Per missione istituzionale, infatti, la Banca d'Italia ha il compito di assicurare la «sana e prudente gestione del credito», obbligo che incombe anche su ciascun banchiere; funzioni di vigilanza e controllo ha anche la Commissione nazionale per le società e la borsa (CONSOB), autorità incaricata di verificare la correttezza delle informazioni fornite al mercato dai soggetti che fanno appello al pubblico risparmio, nonché delle informazioni contenute nei documenti contabili delle società quotate.
  In principio è stata la banca Monte dei Paschi di Siena Spa, il cui salvataggio è stato reso possibile mediante il prestito di 4 miliardi di euro da parte dello Stato, nel febbraio 2013, attraverso i cosiddetti «Monti bond», 2 miliardi di euro in sostituzione degli aiuti già concessi nel 2009 e 2 miliardi di euro di aiuti addizionali.
  La procedura degli aiuti di Stato era stata avviata dopo che il Governatore della Banca d'Italia Ignazio Visco aveva segnalato al Ministero dell'economia e delle finanze che la «Banca Monte dei Paschi di Siena (...) ha evidenziato uno shortfall di capitale di 3,3 miliardi di euro, riconducibile alla valutazione ai prezzi di mercato dei titoli di Stato italiani detenuti in portafoglio», una circostanza ribadita a più riprese dai vertici della stessa banca, dalla Banca d'Italia e dal Governo Monti sia davanti al Parlamento, sia di fronte alla Commissione europea.
  In realtà, quanto è emerso in seguito alla conclusione della procedura di salvataggio ha dimostrato che, contrariamente a quanto era stato sino ad allora affermato in tutte le sedi, i 2 miliardi di euro di aiuti addizionali concessi alla banca non erano serviti per coprire le perdite generate dal portafoglio di titoli di Stato italiani ma per ripianare un deficit di capitale generato da due temerarie operazioni in derivati eseguite dalla banca con le controparti Deutsche Bank e Nomura, realizzate con il fine – anch'esso illecito – di occultare le perdite di altre operazioni.
  Anche la Commissione europea, nel luglio 2013, richiedendo precisi interventi nel piano di ristrutturazione presentato dalla stessa banca, ha riconosciuto implicitamente che la rappresentazione data dalle autorità italiane circa il fatto che fosse una banca fondamentalmente sana soggetta a «problemi esogeni» e che il deficit di capitale fosse dovuto agli effetti della crisi del debito sovrano sul portafoglio di titoli di Stato da essa detenuto non fosse corretta. Al contrario, si trattava di una banca affetta da «problemi endogeni», nella quale il deficit di capitale era stato generato da temerarie posizioni speculative in derivati e da mala gestione.
  Peraltro, non può essere dimenticato che, nonostante le gravi irregolarità che avevano visto protagonista la banca anche prima che la sua esposizione debitoria determinasse l'avvio alla procedura di salvataggio, la Banca d'Italia non ha esitato a dare la propria approvazione alla concessione degli aiuti di Stato. Questa non è l'unica mancanza imputabile alla Banca d'Italia, se consideriamo che tra gli ampi poteri attribuitile dal testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, di cui al decreto legislativo n. 385 del 1993, prevede anche quello di disporre lo scioglimento degli organi con funzioni di amministrazione e di controllo delle banche quando: a) risultino gravi irregolarità nell'amministrazione, ovvero gravi violazioni delle disposizioni legislative, amministrative o statutarie che regolano l'attività della banca; b) siano previste gravi perdite del patrimonio. Ma sebbene la banca Monte dei Paschi di Siena Spa nel triennio 2011-2013 avesse sostenuto perdite per circa 11 miliardi e mezzo di euro, i vertici di Palazzo Koch non hanno ritenuto di intervenire in questo senso.
  Poco dopo la vicenda della banca Monte dei Paschi di Siena Spa, l'Europa ha adottato nuove norme in materia di risoluzione delle crisi bancarie, vietando espressamente il ricorso agli aiuti di Stato a fronte di situazioni di insolvenza degli istituti di credito.Pag. 3
  Il 15 maggio 2014 è stata adottata la direttiva 2014/59/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, cosiddetta «Bank Recovery and Resolution Directive» (BRRD), al fine di introdurre in tutti i Paesi europei regole armonizzate per prevenire e per gestire le crisi delle banche, regolamentando anche la procedura del bail in, il salvataggio interno, che prevede la svalutazione di azioni e di crediti e la loro conversione in azioni per assorbire le perdite e per ricapitalizzare la banca in difficoltà o una nuova entità che ne continui le funzioni essenziali e che può incidere anche sui depositi di importo superiore a 100.000 euro.
  In base alle nuove norme, la procedura di risoluzione deve essere applicata quando una banca è in dissesto, le misure alternative di natura privata come la ricapitalizzazione non possono evitare tale stato e la liquidazione non salvaguarderebbe la stabilità sistemica e l'interesse pubblico.
  La normativa di recepimento della BRRD nel nostro ordinamento aveva fissato la sua entrata in vigore al 1o gennaio 2016, ma l'ennesima crisi del sistema del credito, intervenuta nell'autunno 2015, ha spinto il Governo ad anticiparne l'efficacia.
  È stato così che al dissesto di ben quattro istituti di credito, cioè la Banca delle Marche Spa, la Banca popolare dell'Etruria e del Lazio – Società cooperativa, la Cassa di risparmio di Ferrara Spa e la Cassa di risparmio della provincia di Chieti Spa, è stata applicata per la prima volta parte delle disposizioni della BRRD e i risparmiatori di tali banche hanno perso i loro soldi, più di 400 milioni di euro.
  Le quattro banche erano già commissariate: la Banca d'Italia aveva destituito i loro amministratori insediando al loro posto commissari straordinari. La Cassa di risparmio di Ferrara Spa era in questa situazione dal maggio 2013, la Banca delle Marche Spa dall'ottobre 2013, la Cassa di risparmio della provincia di Chieti Spa dal settembre 2014 e la Banca popolare dell'Etruria e del Lazio dal febbraio 2015. Molti piccoli risparmiatori avevano già visto una parte dei loro beni trasformarsi gradualmente in carta straccia. Il valore di borsa delle obbligazioni scendeva a mano a mano che venivano alla luce le malefatte degli amministratori revocati. Per quelle trattate in borsa, le quotazioni erano precipitate. La più grossa emissione della Banca delle Marche Spa al momento del decreto governativo aveva perso tre quarti del valore nominale e anzi si era già dimezzata un anno prima, dopo che i magistrati di Ancona avevano definito «gruppo criminale» gli ex amministratori.
  Ciò nonostante, le ripercussioni sui risparmiatori sono state massicce e, in parte, drammatiche, perché almeno un migliaio di loro hanno visto volatilizzarsi tutti i loro risparmi, non solo una parte. Le persone maggiormente danneggiate sono state vittime di consigli due volte sbagliati: sul tipo di titoli da acquistare e sulla mancanza di diversificazione dell'investimento. Infatti, l'elemento particolarmente grave in questa vicenda è la larga parte di responsabilità che pesa sugli amministratori e sui dipendenti di quelle banche, colpevoli di aver convinto, e in alcuni casi addirittura costretto, ignari clienti a sottoscrivere prestiti subordinati, cioè obbligazioni con un indice di rischio più elevato di quelle ordinarie, senza comunicare agli stessi clienti i rischi che correvano.
  Ora, mentre la magistratura sta conducendo decine di inchieste sulle vicende delle quattro banche, molti tra questi risparmiatori truffati – nonostante le misure frattanto adottate – aspettano ancora di riavere indietro i propri soldi.
  In conclusione, nel caso delle quattro banche citate, come già in altre crisi bancarie, la spiacevole verità è che gli amministratori hanno avuto la possibilità di agire male per anni e anni, mentre le autorità di controllo non si rendevano conto del disastro imminente e soprattutto non adottavano alcun provvedimento. La Banca d'Italia e la CONSOB escono male da questa vicenda come già da altre precedenti. Ognuna si preoccupa di segnalare di aver fatto la sua parte e di avere svolto scrupolosamente il suo dovere, ma la Pag. 4somma di questi doveri scrupolosamente svolti ha prodotto l'inazione e, appunto, il disastro.
  Il presente atto è volto a istituire una nuova Commissione parlamentare di inchiesta per indagare e accertare le cause dei dissesti verificatisi, approfondendo il lavoro già svolto dall'analoga Commissione istituita, sul finire della XVII legislatura, con la legge 12 luglio 2017, n. 107.
  Nel breve periodo in cui di tale Commissione ha operato abbiamo potuto, infatti, conoscere lo stato di profonda difficoltà del sistema bancario e delle autorità indipendenti che dovrebbero vigilarne le attività e garantirne la stabilità, e si è avviato un proficuo lavoro di conoscenza e approfondimento. Tuttavia, il grave ritardo con cui si è proceduto all'istituzione della Commissione ha rappresentato un ostacolo insormontabile a che si potesse arrivare ad una completa e dettagliata conoscenza delle dinamiche e delle cause che hanno prodotto il dissesto di alcuni istituti di credito e del ruolo svolto dai vari soggetti coinvolti. Consideriamo perciò il lavoro della passata Commissione d'inchiesta non terminato e, al contrario, riteniamo necessario che esso riparta con la nuova legislatura, forte anche del percorso e delle conoscenze sino ad ora ottenute. Chiediamo dunque l'istituzione di una nuova Commissione di inchiesta sul sistema del credito e sulla gestione delle crisi bancarie che abbia il tempo utile per fare luce sulle troppe ombre e dare risposte concrete ai milioni di risparmiatori italiani.

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PROPOSTA DI INCHIESTA PARLAMENTARE

Art. 1.
(Istituzione e funzioni della Commissione parlamentare di inchiesta sul sistema del credito e sulla gestione delle crisi bancarie).

  1. Ai sensi dell'articolo 82 della Costituzione è istituita una Commissione parlamentare di inchiesta sul sistema del credito e sulla gestione delle crisi bancarie, di seguito denominata «Commissione», con il compito di:
   a) verificare la regolarità del funzionamento del sistema del credito e dei servizi ai risparmiatori e la sua conformità alle normative vigenti;
   b) verificare la piena e corretta attuazione delle disposizioni in materia di vigilanza stabilite dal titolo III del testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, di cui al decreto legislativo 1o settembre 1993, n. 385;
   c) verificare la correttezza e la congruità delle condizioni applicate ai risparmiatori da parte dei singoli istituti bancari e di credito, nonché delle procedure per il contrasto degli illeciti e di quelle per il ristoro dei risparmiatori danneggiati da condotte scorrette da parte dei medesimi istituti;
   d) accertare quali interventi siano stati compiuti a tutela dei risparmiatori, anche al fine di proteggerli da danni economici, in seguito alle segnalazioni da questi presentate agli organi preposti su condotte ingannevoli o illecite messe in atto da istituti bancari attraverso i propri dipendenti e rappresentanti;
   e) verificare il rispetto della normativa vigente con riguardo ai casi di dissesto di istituti bancari e creditizi che hanno avuto luogo a decorrere dalla data di entrata in vigore del testo unico di cui al Pag. 6decreto legislativo 1o settembre 1993, n. 385, con particolare riguardo alle eventuali responsabilità degli amministratori degli istituti di credito coinvolti, e valutare la congruità e l'accessibilità dei risarcimenti disposti in favore dei soggetti danneggiati;
   f) valutare l'opportunità di una verifica approfondita da parte degli organi di vigilanza sulle attività bancarie di altri istituti di credito suscettibili di trovarsi ad affrontare nel breve periodo situazioni di dissesto finanziario;
   g) effettuare un'accurata analisi della compatibilità tra il sistema del credito e quello economico nazionali e le misure adottate dall'Unione europea in tali ambiti;
   h) valutare la congruità della normativa vigente in materia di istituti bancari e di fondazioni bancarie, con particolare riguardo ai poteri di vigilanza, ispettivi e di controllo, e indicare gli interventi di carattere normativo o amministrativo più idonei a garantire la tutela del risparmio come previsto dalla Costituzione.

  2. La Commissione conclude i propri lavori entro diciotto mesi dalla sua costituzione, presentando alla Camera dei deputati una relazione sull'attività svolta e sui risultati dell'inchiesta. Sono ammesse relazioni di minoranza.

Art. 2.
(Composizione della Commissione).

  1. La Commissione è composta da venti deputati, nominati dal Presidente della Camera dei deputati in proporzione al numero dei componenti di ciascun gruppo parlamentare e comunque assicurando la presenza di almeno un rappresentante per ciascun gruppo.
  2. In caso di dimissioni dalla Commissione o di cessazione dal mandato parlamentare si provvede alla sostituzione del componente nel rispetto dei criteri indicati al comma 1.Pag. 7
  3. L'ufficio di presidenza della Commissione è composto dal presidente, da due vicepresidenti e da due segretari ed è eletto a scrutinio segreto dalla Commissione stessa tra i suoi componenti. Nell'elezione del presidente, se nessuno riporta la maggioranza assoluta dei voti, si procede al ballottaggio tra i due candidati che hanno ottenuto il maggior numero di voti. In caso di parità di voti, è proclamato eletto o entra in ballottaggio il più anziano di età.
  4. Per l'elezione, rispettivamente, dei due vicepresidenti e dei due segretari, ciascun componente della Commissione scrive sulla propria scheda un solo nome. Sono eletti coloro che hanno ottenuto il maggior numero di voti. In caso di parità di voti si procede ai sensi del comma 3, ultimo periodo.

Art. 3.
(Poteri e limiti della Commissione).

  1. La Commissione procede alle indagini e agli esami con gli stessi poteri e le stesse limitazioni dell'autorità giudiziaria. La Commissione non può adottare provvedimenti attinenti alla libertà e alla segretezza della corrispondenza e di ogni altra forma di comunicazione nonché alla libertà personale, fatto salvo l'accompagnamento coattivo di cui all'articolo 133 del codice di procedura penale. Per le audizioni a testimonianza davanti alla Commissione si applicano le disposizioni degli articoli da 366 a 372 del codice penale.
  2. Alla Commissione, limitatamente all'oggetto delle indagini di sua competenza, non può essere opposto il segreto d'ufficio. Per il segreto di Stato si applica quanto previsto dalla legge 3 agosto 2007, n. 124. Per i segreti professionale e bancario si applicano le norme vigenti. È sempre opponibile il segreto tra difensore e parte processuale nell'ambito del mandato.
  3. La Commissione può ottenere, anche in deroga a quanto stabilito dall'articolo 329 del codice di procedura penale, copie Pag. 8di atti o documenti relativi a procedimenti o inchieste in corso presso l'autorità giudiziaria o altri organi inquirenti. L'autorità giudiziaria provvede tempestivamente e può ritardare la trasmissione di copie degli atti e documenti richiesti, con decreto motivato solo per ragioni di natura istruttoria. Il decreto ha efficacia per trenta giorni e può essere rinnovato. Quando tali ragioni vengono meno, l'autorità giudiziaria provvede senza ritardo a trasmettere quanto richiesto.
  4. La Commissione, a maggioranza assoluta dei propri componenti, decide quali atti e documenti possono essere divulgati. Devono comunque essere coperti da segreto i nomi, gli atti e i documenti attinenti a procedimenti giudiziari nella fase delle indagini preliminari.

Art. 4.
(Obbligo del segreto).

  1. I componenti della Commissione, i funzionari e il personale addetti alla Commissione stessa e tutte le altre persone che collaborano con la Commissione o compiono o concorrono a compiere atti di inchiesta oppure di tali atti vengono a conoscenza per ragioni di ufficio o di servizio sono obbligati al segreto, anche dopo la cessazione dell'incarico.
  2. La diffusione in tutto o in parte, anche per riassunto o informazione, di atti o documenti del procedimento di inchiesta coperti dal segreto o dei quali è stata vietata la divulgazione è punita ai sensi delle leggi vigenti.

Art. 5.
(Organizzazione dei lavori e spese per il funzionamento della Commissione).

  1. L'attività e il funzionamento della Commissione sono disciplinati da un regolamento interno approvato dalla Commissione stessa prima dell'inizio dell'attività di inchiesta. Ciascun componente può Pag. 9proporre la modifica delle norme regolamentari.
  2. Le sedute della Commissione sono pubbliche. La Commissione può deliberare di riunirsi in seduta segreta.
  3. La Commissione può avvalersi dell'opera di agenti e di ufficiali di polizia giudiziaria e di tutte le collaborazioni che ritenga necessarie.
  4. Per l'adempimento delle sue funzioni, la Commissione fruisce di personale, locali e strumenti operativi messi a disposizione dal Presidente della Camera dei deputati.
  5. Le spese per il funzionamento della Commissione, stabilite nel limite massimo di 70.000 euro, sono poste a carico del bilancio interno della Camera dei deputati.