RELAZIONE DELLA V COMMISSIONE PERMANENTE
(BILANCIO, TESORO E PROGRAMMAZIONE)

Presentata alla Presidenza il 1o ottobre 2015

(Relatore: CARIELLO, di minoranza)

sulla

NOTA DI AGGIORNAMENTO DEL DOCUMENTO DI ECONOMIA E FINANZA 2015

(Articoli 7, comma 2, lettera b), e 10-bis della legge 31 dicembre 2009, n. 196, e successive modificazioni)

presentata dal presidente del consiglio dei ministri
(RENZI)

Trasmessa alla Presidenza il 19 settembre 2015

Pag. 2

  Onorevoli Colleghi ! — Il Consiglio dei ministri ha approvato la Nota di Aggiornamento del Documento di Economia e Finanza (DEF 2015) e la connessa Relazione al Parlamento, prevista dall'articolo 6, comma 5, della legge n. 243 del 2012, in caso di «scostamenti temporanei del saldo strutturale dall'obiettivo programmatico, i quali sono consentiti esclusivamente al verificarsi di eventi eccezionali» e previa autorizzazione approvata dal Parlamento a maggioranza assoluta. L’iter parlamentare dei predetti documenti prevede che dovranno essere approvati con due distinte risoluzioni, di cui una – quella relativa alla Relazione al Parlamento – servirà per autorizzare il Governo a posticipare al 2018 il pareggio di bilancio e dovrà essere votata nelle due Aule di Camera e Senato, in contemporanea, a maggioranza assoluta, mentre per la seconda risoluzione, ovvero quella di approvazione della Nota di aggiornamento del DEF, basterà la maggioranza semplice. Dalla Nota si evince la volontà di posticipare al 2018 il raggiungimento dell'obiettivo di pareggio di bilancio, già rinviato nel DEF 2015, che a sua volta posticipava quello del DEF 2014, dando quindi ampia evidenza di come tale vincolo sia nei fatti improponibile, persino da un Governo che si comporta da servo della «tecnocrazia europea» e non dei «cittadini italiani». Il Governo comunica che «per la prima volta dal 2010 vengono riviste al rialzo le stime di crescita del prodotto interno lordo: in aumento dello 0,9 per cento nel 2015 e dell'1,6 per cento nel 2016 (rispettivamente contro lo 0,7 per cento e 1,4 per cento stimato ad aprile)» e che «per il 2016 è confermato l'inizio della traiettoria di riduzione del rapporto debito pubblico/PIL, per la prima volta dopo 8 anni di crescita. Rispetto al quadro tendenziale (che si definisce a legislazione vigente) il rapporto deficit/PIL programmatico mostra una traiettoria in discesa più graduale perché il governo intende rafforzare la crescita al fine di accelerare l'aumento dell'occupazione e per evitare che l'indebolimento dell'economia internazionale abbia conseguenze sul nostro Paese». Non bisogna però lasciarsi entusiasmare dall'individuazione, da parte del Governo, di scenari spropositatamente ottimistici. Infatti già l'Ufficio parlamentare di bilancio (UPB), a cui la normativa europea chiede la validazione delle previsioni macroeconomiche programmatiche del biennio 2015-2016, validazione estesa, in accordo con il Ministero dell'economia e delle finanze (MEF), anche alle previsioni macroeconomiche dello scenario tendenziale 2015-2016, avverte che, per quanto attiene le previsioni macroeconomiche degli anni successivi al 2016, le stime di crescita del MEF sono talmente ottimistiche, che se fossero state oggetto anch'esse di valutazione, avrebbero potuto pregiudicarne l'esito positivo. Lo stesso UPB in occasione della validazione degli scenari del DEF 2015 rimarcava come le stime effettuate apparissero ottimistiche e basate su variabili esogene incerte, quindi inaffidabili, come quelle internazionali relative alla presunta invarianza del prezzo del petrolio, che non tiene conto delle effettive tensioni geopolitiche dei Paesi produttori. Inoltre, sempre per quanto attiene la stima della crescita del Paese, va tenuto in considerazione non il solo dato dell'aumento del PIL italiano, ritoccato tra l'altro al rialzo, ma il differenziale tra la crescita italiana e quella dell'Eurozona, ponendo quindi il nostro Paese al traino della crescita degli altri Paesi e non quale motore principale della propria crescita. Inoltre nelle varie audizioni, sia Banca d'Italia, che Corte dei conti, che ISTAT, oltre che l'UPB, hanno, con modalità diverse, sostanzialmente espresso una estrema incertezza nella possibilità del Paese di produrre effettivamente gli strabilianti risultati attesi indicati nella Nota. Alla luce di ciò, le misure indicate si tradurrebbero in un inasprimento fiscale, Pag. 3una riduzione del debito insostenibile in un ottica di lungo periodo, perché basata prevalentemente sulle privatizzazioni e nella inesorabilmente progressiva riduzione dei servizi pubblici ai cittadini e alle imprese, in quanto è oramai palese che queste misure non sono idonee a rendere sostenibile il nostro debito e migliorare la situazione del Paese. Anzi, tali misure rischiano di creare un fenomeno di riduzione della fiducia nello Stato da parte dei cittadini, i quali tenderanno ancor di più a ridurre i consumi e a non investire, in previsione di ulteriori vessazioni cui questo Governo, come i precedenti, ci ha abituato in questi anni. Taglio della spesa, aumento della pressione fiscale, incertezza nella tassazione causata da provvedimenti spot, mal si conciliano con l'intenzione di incentivare la fiducia dei cittadini e delle imprese nel Paese. La Nota di aggiornamento e il DEF stesso dovrebbero essere rivolti alla realizzazione di princìpi di perequazione, sussidiarietà e redistribuzione delle risorse disponibili per il benessere collettivo. Gli obiettivi che il Governo si propone dovrebbero quindi essere spinti da una eticità economica e rispondere a valutazioni di impatto sociale, finalizzato al benessere dei cittadini. Mentre invece ci ritroviamo di fronte a un giocare d'azzardo con le risorse comuni, sia in termini finanziari, i derivati, che in termini di economia reale, come nel caso delle politiche infrastrutturali. Teniamo a ribadire, anche in questa occasione, la necessità di superare il PIL quale parametro «mantra» di riferimento, includendo nuovi indici rappresentativi di uno sviluppo sostenibile del Paese, posizione più volte ribadita dal MoVimento 5 Stelle, nonché approvata come impegno nella risoluzione n. 1/00951 a prima firma Busto e ripresa dallo stesso Governo in occasione del DEF 2015 nel focus sui rapporti ISTAT del progetto Benessere Equo e Sostenibile (BES), ovvero l'opportunità di utilizzare indici più idonei a esprimere informazioni utili sulle diverse tematiche che interessano la vita dei cittadini di un Paese e il Paese stesso. Infatti, il PIL ha dimostrato la propria inadeguatezza come indicatore di un genuino progresso umano, poiché incapace di discriminare tra attività proficue e dannose e di prendere in considerazione molti costi ambientali e sociali. Occorre adottare al più presto indicatori macroeconomici come il Genuine Progress Indicator (GPI) o il Benessere Equo e Sostenibile (BES), capaci di misurare lo sviluppo economico integrando nella analisi fattori ambientali e sociali. Tale approccio resta però a tutt'oggi lettera morta. Nel Documento di economia e finanza dello scorso aprile il Governo ha invocato per il 2016 la clausola delle riforme per contenere l'aggiustamento di 0,4 per cento in virtù del programma di riforme avviato, e le istituzioni europee ne avevano riconosciuto la legittimità. Adesso viene chiesto uno 0,5 per cento, quindi uno 0,1 per cento in più, solo che non è chiaro sulla base di quale nuova riforma viene chiesto tale ulteriore scostamento. Per quanto riguarda la clausola per gli investimenti, l'Italia è uno dei pochi Paesi con i requisiti per invocarla nel 2016 e il Governo la invoca nella Nota.
  L'Italia chiederà inoltre una flessibilità addizionale fino allo 0,2 per cento del PIL nel 2016 per i costi che si è assunta nella gestione dell'emergenza migranti. Non è detto che però la ottenga ! Le richieste di tali flessibilità sono un altro indicatore di come i «vincoli europei» siano delle morse dalle quali il nostro Paese deve liberarsi. Sottolineiamo come l'utilizzo della clausola per investimenti – una ulteriore flessibilità richiesta dello 0,3 per cento di PIL, invocata dal Governo – riguarda i progetti co-finanziati europei e non è possibile utilizzare tale flessibilità per ridurre la tassazione. Risulta essere inoltre alquanto paradossale chiedere una flessibilità per finanziare progetti europei, quando la stessa Italia è risulta deficitaria nell'utilizzo a pieno della precedente programmazione di tali fondi ! Il Governo, con l'inserimento delle clausole di salvaguardia, ha posto una «spada di Damocle» sulla testa degli italiani e con la presente Nota gioca con le parole non chiarendo se vengono disinnescate solo per un anno, il 2016, o se le disinnesca in toto. Quando, per poter dare fiducia alle imprese e alle famiglie, il Governo non avrebbe dovuto innescarle ab origine. Tale situazione crea solo incertezza nel futuro e produce l'effetto di rallentare qualsiasi possibilità di rilancio dell'economia del Pag. 4Paese. Il Governo ha perso l'ennesima occasione per rafforzare le misure di protezione a sostegno delle fasce più deboli, adottando un piano di sviluppo nazionale i cui risultati economici abbiano come faro il benessere sociale del Paese e non il mero rientrare in taluni sterili range numerici. Non è condivisibile la linea del Governo di dismettere le partecipazioni statali con il mero fine di fare cassa e ridurre il debito. Tale linea porta solo a un contorto meccanismo simile a quello che hanno le vittime con gli usurai, che porterà a una inesorabile rinuncia da parte dello Stato a asset non solo strategici, ma anche relativi a servizi essenziali per il benessere dei cittadini, senza peraltro ridurre l'ammontare del debito pubblico. Non è nemmeno accettabile la redistribuzione del debito pubblico condividendolo con le regioni e quindi riducendo ulteriormente i servizi ai cittadini. Il debito nel 2015 è previsto ancora aumentare – indica la Corte dei conti – raggiungendo il 132,8 per cento del prodotto. La stessa Corte fa presente come non vi sia una crescita del PIL in termini nominali, così come attesa in base alle precedenti stime: l'inflazione inferiore alle attese ( 0,3 per cento rispetto alla stima precedente di 0,7 per cento) non è infatti compensata dalla crescita in termini reali ( 1,6 per cento rispetto a 1,4 per cento). Andrebbe rivisto completamente l'approccio nei confronti della gestione del debito, iniziando un percorso che dovrebbe portare a una sua ricognizione, isolando le parti da considerare immorali, riportando quindi il tutto a una dimensione sana, facendo uscire il Paese da una sorta di «cappio usuraio». Il Governo ha perso una ulteriore occasione per raddrizzare il timone di una barca che sta andando alla deriva, mentre sarebbe stato auspicabile inserire in questa Nota diversi accorgimenti nelle più svariate materie. Innanzitutto invitiamo il Governo ad operare una drastica correzione degli indirizzi di politica economica e sociali, seguiti negli ultimi quattro anni, facendosi promotore di iniziative incisive per l'accelerazione della transizione verso un modello alternativo di sviluppo che sia sostenibile dal punto di vista ambientale, sociale ed economico, e che ristabilisca equità e giustizia ricreando, su queste basi, una prospettiva economica ed occupazionale stabile. Invitiamo il Governo a non ricorrere in futuro alla sottoscrizione di strumenti derivati e a individuare obiettivi di spesa che siano necessariamente etici e rispondenti a valutazioni di impatto sociale pur nell'attenta considerazione delle risorse disponibili. Chiediamo fermamente di disapplicare definitivamente le clausole di salvaguardia e di non reintrodurle per il futuro, ottenendo, tra gli altri, l'effetto di ridare fiducia ai cittadini e alle imprese. Andrebbe operato un chiaro cambio di rotta sulle politiche infrastrutturali, da un lato eliminando le opere che non siano sostenibili, sia sotto il profilo finanziario che ambientale, dall'altro promuovendo politiche efficaci per la prevenzione del dissesto idrogeologico, per la tutela del territorio e per il contenimento del consumo del suolo. Bisognerebbe concentrarsi sullo sviluppo delle fonti di energia rinnovabili e non perseguire l'anacronistica strada delle fonti fossili. Il Governo dovrebbe smetterla di erodere le risorse della sanità, anzi dovrebbe mirare a dotare il sistema sanitario di adeguate risorse, anche per strategie di prevenzione, assicurando omogeneità nell'erogazione dei servizi socio-sanitari. Il Governo dovrebbe sempre avere a mente che siamo uno Stato laico e quindi dovrebbe rafforzare la politica contro la discriminazione di genere: tutti i cittadini nascono uguali nei diritti e nei doveri di fronte allo Stato, ma lo possono essere solo quando lo saranno veramente tutti. L'uguaglianza sociale non può prescindere dall'introduzione di misure di sostegno al reddito tali da garantire a ciascun cittadino, anche mediante l'integrazione del reddito percepito, un reddito di cittadinanza al fine di garantire un livello minimo di soddisfacimento delle esigenze fondamentali e primarie di vita, individuali e familiari. Il Governo dovrebbe ricordarsi sempre che i lavoratori non sono «schiavi al servizio del padrone» di cui disporre a suo piacimento e che è diventata insostenibile la disoccupazione generata da politiche scellerate, soprattutto per quanto attiene la disoccupazione giovanile ! Questa Nota poteva essere una occasione per adottare tutte le misure necessarie all'inserimento dei giovani nel mercato del lavoro non solo in qualità di Pag. 5manodopera fisica ed intellettuale, ma anche e soprattutto come soggetti attori di adeguamento strutturale del Paese alle istanze di ammodernamento ed efficienza spesso essenziali per il risparmio di risorse pubbliche, grazie al loro miglior collocamento. Sempre in rapporto all'elaborazione e razionalizzazione della spesa pubblica, così come promosso dalla mozione n. 1-00667 a prima firma Cariello, è oramai evidente la difficoltà degli Esecutivi ad intervenire, vuoi per impopolarità di scelte e tagli invisi, vuoi per interessi più o meno leciti che non si vogliono intaccare, per cui è oramai imprescindibile che il progetto di spending review non sia più sottoposto solo alla discrezionalità dell'Esecutivo, ma sia affidato alle Commissioni di merito in Parlamento, a cui affidare tutta l'eredità del lavoro svolto fino a oggi. In conclusione, per i rilievi e le criticità suesposti si ritiene che la presente Nota necessita di molteplici aggiustamenti e impellenti integrazioni, che il Gruppo del M5S provvederà a proporre in sede di esame della risoluzione.

Francesco CARIELLO,
Relatore di minoranza.