Doc. LVII-bis, n. 3-A



Onorevoli Colleghi! - La Relazione in esame è presentata dal Governo in ottemperanza a quanto previsto dall'articolo 10-bis, comma 6, della legge di contabilità e finanza pubblica n. 196 del 2009.
Ricordo che, a differenza del Documento di economia e finanza (DEF) e della relativa Nota di aggiornamento, che costituiscono gli ordinari documenti di programmazione economico-finanziaria, la Relazione al Parlamento costituisce uno strumento di natura non ordinaria attivabile in determinate circostanze previste dal comma 6 dell'articolo 10-bis della legge di contabilità.
Ai sensi di tale norma, infatti, il Governo - ferma restando la presentazione entro il 20 settembre di ogni anno della Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza - qualora per finalità analoghe a quelle previste per la Nota, ovvero per il verificarsi di eventi eccezionali, intenda aggiornare gli obiettivi programmatici di finanza pubblica indicati nel Documento di economia e finanza, è tenuto a trasmettere una relazione al Parlamento, recante le ragioni dell'aggiornamento. La medesima relazione è altresì prescritta in caso di scostamenti rilevanti degli andamenti di finanza pubblica tali da rendere necessari interventi correttivi: in tal caso essa dovrà recare le ragioni degli scostamenti, nonché l'indicazione degli interventi correttivi che si intendono adottare.
Rammento che, precedentemente alla Relazione in esame, già in altri tre casi il Governo ha presentato il documento previsto dal sopra citato articolo 10-bis della legge di contabilità.
Per quanto concerne la Relazione in esame, la stessa dà conto alle Camere degli effetti prodotti dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 70 del 2015 sul quadro di finanza pubblica per il medesimo anno e per quelli successivi, illustrando nel contempo l'intervento operato dal decreto-legge 21 maggio 2015, n. 65, finalizzato a ridurre l'impatto della sentenza medesima sui conti pubblici.
Com'è noto, tale impatto deriva dalla declaratoria di incostituzionalità affermata dalla Corte in ordine al blocco per il biennio 2012-2013 dell'indicizzazione delle pensioni di importo complessivamente superiore al trattamento minimo. Considerato che sulla base delle vigenti regole contabili gli effetti della sentenza vanno imputati all'anno di applicazione della stessa, nel 2015 risulterebbero iscritti gli oneri relativi sia al pagamento degli arretrati dal 2012 al 2014 sia quelli concernenti gli esborsi relativi all'anno in corso, mentre per gli anni dal 2016 in poi verranno iscritti gli oneri maturati con riferimento a ciascuna annualità.
Ne consegue per il 2015 una spesa aggiuntiva di competenza, al netto degli effetti fiscali, per circa 17,6 miliardi di euro, di cui 4,5 miliardi come competenza riconducibile esclusivamente a tale anno, che avrebbe pertanto carattere strutturale anche per gli anni successivi, benché con una tendenza leggermente calante, dai 4,37 miliardi del 2016 ai 4,1 miliardi del 2019.
La maggiore spesa determinerebbe un peggioramento dell'1,1 per cento dell'indebitamento netto tendenziale, che dal 2,5 per cento indicato nel Documento di economia e finanza del 2015 passerebbe al 3,6 per cento. Nel 2016 il peggioramento si attesterebbe sullo 0,3 per cento, con un indebitamento netto tendenziale che conseguentemente passerebbe dall'1,4 all'1,7 per cento.
La Relazione osserva come tali risultati si porrebbero fuori dal rispetto delle regole europee, sia riguardo al criterio del deficit, che per il 2015 sarebbe ampiamente superiore al 3 per cento del PIL, sia rispetto al criterio del debito, non consentendo il percorso di riduzione dello stesso programmato nel DEF ai fini del rispetto delle regole medesime.
Da ciò discende l'intervento correttivo attuato con il decreto-legge n. 65 del 2015, teso a contemperare l'attuazione della sentenza con la necessità di mantenere il percorso di risanamento e consolidamento dei conti pubblici prefigurato nel quadro di finanza pubblica riportato nel DEF 2015. Le misure contenute nel decreto-legge consentiranno infatti, secondo quanto precisato nella relazione tecnica allegata al provvedimento, effetti positivi rispetto al quadro tendenziale come aggiornato a seguito degli effetti della sentenza, per circa 15,4 miliardi nel 2015 e circa 3,9 miliardi a decorrere dal 2016, con un andamento lievemente decrescente (3,6 miliardi nel 2019).
A seguito di tale intervento - che la Relazione precisa essere operato tenuto conto dei criteri solidaristici del sistema previdenziale e dei principi di adeguatezza e proporzionalità enunciati dalla Corte - gli effetti peggiorativi della sentenza risultano circoscritti sui saldi di finanza pubblica a circa 2,2 miliardi nel 2015 e poi a regime a poco meno di 0,5 miliardi, con un profilo decrescente nel periodo.
Ne consegue, precisa la Relazione, che rimane confermato il livello di indebitamento previsto nelle stime del DEF per l'anno 2015 - vale a dire il livello programmatico del 2,6 per cento del PIL, lievemente superiore al valore tendenziale, indicato al 2,5 per cento - utilizzando a tal fine il margine di 0,1 punti percentuali di PIL ivi previsto, mentre per gli anni successivi rimangono comunque confermati i livelli tendenziali iscritti nel Documento medesimo.
Questi, si rammenta, sono pari all'1,4 ed allo 0,2 per cento negli anni 2016 e 2017, passando poi in territorio positivo (accreditamento netto) nel biennio successivo, con valori pari allo 0,5 per cento nel 2018 e allo 0,9 per cento nel 2019.
La conferma del livello dell'obiettivo programmatico per il 2015 viene ricondotta dalla Relazione all'utilizzo del margine di miglioramento del tendenziale del medesimo anno, che viene indicato dal DEF soltanto in percentuale del PIL e con arrotondamento alla prima cifra decimale, ossia in misura pari, come detto, a circa lo 0,1 di PIL. In proposito, segnalo che, nel corso dell'esame della Relazione presso la Commissione bilancio, il rappresentante del Governo ha precisato che l'obiettivo dell'indebitamento programmatico indicato dal DEF per l'anno 2015 è da intendersi comunque confermato, dal momento che l'utilizzo del margine di miglioramento dell'indebitamento tendenziale per il 2015, come riportato nel DEF medesimo, consentirà di fronteggiare pienamente gli oneri derivanti dall'attuazione della sentenza della Corte costituzionale, nei termini prospettati dal decreto-legge n. 65 del 2015, pari a 2.180 milioni di euro per l'anno 2015 al netto degli effetti fiscali indotti.
La Relazione precisa, altresì, come l'intervento operato dal provvedimento non determini effetti negativi sull'indebitamento netto strutturale, che si conferma sul percorso previsto dal DEF - con un miglioramento nel 2015 dello 0,25 per cento - di avvicinamento all'obiettivo di medio termine, ossia il pareggio di bilancio in termini strutturali, da conseguirsi nel 2017. Viene, anzi, segnalato come su tale saldo si determini un miglioramento a seguito del decreto-legge, atteso che l'utilizzo nel 2015 del margine dello 0,1 per cento previsto per il saldo medesimo nel quadro programmatico del DEF inciderà ora su tale saldo solo parzialmente, vale a dire al netto della quota destinata al pagamento degli arretrati della sentenza, in considerazione del fatto che questi ultimi saranno presumibilmente ritenuti una tantum, e come tali non computati ai fini del saldo strutturale.
Al riguardo, per quanto concerne la quota una tantum degli effetti dell'articolo 1 del decreto-legge n. 65 del 2015 rispetto a quanto previsto nel DEF 2015, segnalo che - come chiarito dal rappresentante del Governo nel corso dell'esame della Relazione presso la Commissione bilancio - a fronte di un effetto negativo complessivo pari a 2.180 milioni di euro per l'anno 2015 al netto degli effetti fiscali indotti, la stima cumulata relativa al periodo 2012-2014 è pari a circa 1.980 milioni di euro.
In conclusione, esprimo quindi una valutazione favorevole sulla Relazione in esame.

Paolo TANCREDI,
Relatore.


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