Doc. LVII, n. 4-A-bis

RELAZIONE DELLA V COMMISSIONE PERMANENTE
(BILANCIO, TESORO E PROGRAMMAZIONE)

Presentata alla Presidenza il 21 aprile 2016

(Relatrice: CASTELLI, di minoranza)

sul

DOCUMENTO DI ECONOMIA E FINANZA 2016

(Articoli 7, comma 2, lettera a), e 10 della legge 31 dicembre 2009, n. 196, e successive modificazioni)

presentato dal presidente del consiglio dei ministri
(RENZI)

Trasmesso alla Presidenza il 9 aprile 2016  

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  Onorevoli Colleghi ! – Il Documento di economia e finanza (DEF) 2016 è stato approvato il 9 aprile dal Consiglio dei Ministri ed è stato successivamente trasmesso al Parlamento. Entro il 30 aprile il Programma di stabilità e il Programma nazionale di riforma (PNR) saranno inviati al Consiglio dell'Unione europea e alla Commissione europea a Bruxelles. Anche quest'anno il DEF presenta quadri macroeconomici e di finanza pubblica troppo ottimistici e quindi di difficile realizzabilità. Tant’è che la Corte dei Conti, in audizione, sottolinea che le previsioni sulla crescita dell'economia nel 2017, in termini reali, non sono esenti da rischi di ulteriore revisione al ribasso e che al contesto macroeconomico prospettato nel DEF si associa un allargamento dell'area dei rischi e accresciuti elementi di incertezza. Il Documento in oggetto affida la ripresa dell'economia italiana ad un ipotetico aumento dei consumi, che però mal si concilia con la drammatica situazione della disoccupazione italiana e a un ipotetico scenario internazionale favorevole, che però è condizionato da ovvi e vari elementi di incertezza. Il Documento inoltre conferma, nel suo quadro tendenziale, l'aumento di imposte indirette. In base alla legge n. 243 del 2012, al Regolamento UE n. 473/2013 e al Protocollo d'intesa del 15 settembre 2014, l'Ufficio parlamentare di bilancio (UPB) effettua analisi, verifiche e valutazioni in merito alle previsioni macroeconomiche su cui si basa il Programma di stabilità. Benché formalmente il Consiglio dell'UPB abbia validato le previsioni tendenziali per gli anni 2016-2019 trasmesse loro dal Ministero dell'economia e delle finanze (MEF) il 25 marzo scorso, nello scorrere la nota esplicativa, nonché la lettera di validazione stessa, ci si rende facilmente conto dell'evanescenza di tale validazione e della forzatura fatta dall'UPB nel validare il quadro macroeconomico tendenziale illustrato nel DEF 2016. Infatti tale validazione si basa sul presupposto che le stime individuate dal MEF siano plausibili e si trovino in degli intervalli accettabili, in quanto si tiene conto «dell'incertezza che caratterizza le previsioni macroeconomiche», spianando anche quest'anno la strada a future correzioni di tali stime, verso scenari decisamente più sfavorevoli, così come puntualmente accaduto negli scorsi anni. A riprova della forzatura e della piena consapevolezza dell'UPB che tali stime saranno puntualmente disattese, come se non bastasse la mera esperienza di previsioni fatte dal Governo puntualmente smentite dai fatti maturata negli ultimi anni, all'interno della nota esplicativa allegata alla lettera di validazione, l'UPB specifica come il Governo veda validate le sue stime, trovandosi però «in prossimità del limite superiore delle stime dell'insieme dei previsori, segnalando l'emergere di fattori di rischio per lo scenario previsto», suggerendo quindi di guardare le stime del Governo con la consapevolezza che sono sovrastimate positivamente. Agli ipotetici risultati positivi di crescita del PIL previsti dal Governo concorrono principalmente i consumi delle famiglie, solo che lo stesso UPB non può fare a meno di sottolineare come tali consumi si basino sull'assunzione di una maggiore propensione al consumo nel 2016 da parte delle famiglie, che però mal si concilia con l'aumento di imposte indirette che caratterizza il quadro tendenziale. Lo stesso UPB inoltre mette in guardia il Governo facendo presente che «[...] l'eventuale emergere di sorprese negative sul fronte della crescita reale e dell'inflazione metterebbe a rischio la dinamica del PIL Pag. 4nominale e, con essa, il percorso di abbassamento del rapporto debito PIL». Pur trovandoci concordi con l'UPB nel mettere in guardia il Governo sull'evanescenza di stime che non troveranno poi riscontro nella realtà, ribadiamo con forza l'inutilità di restare ingabbiati all'interno di indicatori che non misurano nulla e che sono divenuti oramai solamente dei feticci che il Governo cerca affannosamente di raggiungere. Come più volte ribadito dal MoVimento 5 Stelle, altri dovrebbero essere i parametri da utilizzare per guidare le scelte economiche del nostro Paese, basati non più su inadeguate e antiquate gabbie numeriche, ma con obiettivi macroeconomici e sociali basati su indicatori che tengano conto del benessere sociale dei cittadini e che siano capaci di misurare lo sviluppo economico integrando nell'analisi fattori ambientali e sociali, quali il Genuine Progress Indicator (GPI) o il Benessere Equo e Sostenibile (BES), così come da impegno già approvato nella risoluzione n. 1-00951 a prima firma Busto. Il Governo affida la sterilizzazione delle clausole di salvaguardia alla prossima legge di stabilità, attraverso «un insieme articolato di interventi di revisione della spesa pubblica, ivi incluse le spese fiscali, e di strumenti che accrescano la fedeltà fiscale e riducano i margini di evasione ed elusione» senza declinare alcun dettaglio in merito. È pacifico che la continua incertezza sull'attivazione delle clausole di salvaguardia è stata ed è tutt'ora una spada di Damocle sulla testa degli italiani, che toglie fiducia alle imprese e alle famiglie, creando solo incertezza per il futuro e producendo quale disastroso effetto quello di rallentare il rilancio dell'economia del Paese. Infatti, come ha ricordato la Banca d'Italia in audizione, la perdita di gettito derivante dall'abrogazione delle clausole di salvaguardia ammonterebbe a 15,1 miliardi nel 2017 e a ulteriori 4,5 dal 2018 (per un totale di 19,6 miliardi) e verrebbe compensata solo in parte. La stessa Banca d'Italia sottolinea come il DEF non definisce i dettagli dei provvedimenti, da cui si sarebbe potuta evincere una più completa valutazione degli effetti degli interventi programmatici, in quanto le diverse componenti del bilancio pubblico hanno impatti differenziati sull'economia.
  La pressione fiscale è rimasta superiore, per circa 2,5 punti percentuali, alla media registrata nel decennio precedente la crisi dei debiti sovrani. Come ha ricordato l'ISTAT in audizione, l'inflazione continua ad essere assente e ci troviamo in deflazione. Arriva dall'estero ed è legata al forte calo dei prezzi all’import. Inutile ricordare anche in questa sede che il prolungarsi della deflazione rischia di innescare processi tali da aggravare la recessione, causando una minore produzione di beni e servizi da parte delle industrie, per mancanza di adeguata remunerazione. L'ISTAT inoltre sottolinea che nel breve periodo il quadro complessivo, sul quale si affida acriticamente il Governo, potrebbe subire evoluzioni differenti qualora la Gran Bretagna scegliesse di uscire dall'Unione europea o si creassero nuove tensioni circa la risoluzione della crisi del debito greco. Il DEF conferma che l'autentica linea programmatica del Governo in tema di giustizia, a fronte dell'enunciazione dei principi di «equità ed efficienza», altro non è che il mero conseguimento di positivi risultati in termini di bilancio, attraverso provvedimenti tesi sostanzialmente ad evitare la celebrazione di nuovi processi. I condivisibili principi propugnati dal Governo di «equità e di efficienza», ispiratori dell'amministrazione della giustizia, si traducono, quindi, anche per quest'anno, in soluzioni per un comparto a «costo zero», che punta a raggiungere i propri – risicati – obiettivi in termini di incremento del PIL e di competitività del sistema Paese, tradendo la sua precipua funzione costituzionale. Nel Documento si fa, poi, soltanto un generico riferimento a quella che costituisce la vera piaga della giustizia: l'accesso alla magistratura togata da parte dei giovani neolaureati. Tutti i provvedimenti posti in essere per cercare di snellire l'intero impianto normativo e per far fronte alla immensa mole di lavoro dei tribunali che, si ritiene comportino una Pag. 5giustizia più cara e anche meno garantista per l'utente, sarebbero non necessari laddove le carenze dell'organico in tutto il settore giustizia, incluso quello dei magistrati, fossero colmate. Relativamente al profilo del contenimento dei costi è da stigmatizzare il fatto che il Governo abbia scelto di non ricomprendere tra le riforme utili al raggiungimento del duplice obiettivo di equità ed efficienza l'introduzione di un vera class action, votata alla Camera all'unanimità nel giugno del 2015 ed esclusa dal cronoprogramma del 2016. Proposta che – ove approvata in via definitiva – potrebbe da sola ridurre sensibilmente, per effetto dell'accorpamento, le cause incardinate da cittadini (consumatori e non) lesi dalle condotte offensive di un medesimo soggetto economico. L'attenzione, da considerarsi favorevolmente, posta su di una proposta di iniziativa parlamentare di minoranza come la norma sul whistle blowing – senza inserirla, invero, nel cronoprogramma del 2016 – evidenzia tuttavia un'insufficienza da parte del Governo per la politica di misure di contrasto alla corruzione per il 2016. Sul tema della lotta alla corruzione, vero perno economico-finanziario sul quale il Governo dovrebbe intervenire per realizzare un apprezzabile impatto sul PIL, il DEF – fatto salvo per la citata proposta di legge sul whistle blowing – risulta carente, non individuando alcun intervento per il 2016 se non la riforma della prescrizione, impropriamente inserita in tale sezione per via di un rimando al raddoppio dei termini per il reato di corruzione il cui esito finale appare assai incerto, e comunque lungi dall'esser approvata, tanto che lo stesso cronoprogramma ne indica la conclusione dell'iter per ottobre 2016, un anno e mezzo dopo rispetto all'obiettivo prefissato dal Governo. Il tutto si rivela essere ancora più grave considerato che un intervento sulla corruzione si renderebbe indispensabile di fronte ad un fenomeno che vede l'Italia, nel 2015, al 61o posto nel mondo ed al penultimo tra i paesi dell'Unione europea come livello di legalità percepita. Per rilanciare il Paese appare necessaria una revisione dei carichi fiscali tra imposte dirette e indirette, finalizzata ad una progressiva riduzione della pressione fiscale sul reddito delle persone fisiche e giuridiche, nell'ottica di una redistribuzione della ricchezza che tenga effettivamente conto del principio della capacità contributiva e dei doveri di solidarietà economica e sociale previsti dalla nostra Costituzione. La riduzione della pressione fiscale sul reddito rappresenta l'unico strumento per garantire alle famiglie e imprese una capacità di spesa nel tempo (che vada oltre la quota di risparmio), che si traduce in aumento di consumi e investimenti, e quindi in ripresa economica e miglioramento dello stato di benessere. La gran parte delle azioni di riforma indicate nel DEF 2016 ricalcano pedissequamente le ricette fallimentari prospettate nei DEF precedenti. Le incerte prospettive indicate ed il conseguente disegno complessivo, ordinamentale, finanziario ed economico, che si evincono dal Documento in oggetto non appaiono condivisibili. Sul piano della riforma fiscale, gli interventi di riforma devono tener conto anche dei parametri di carattere ambientale affinché il cosiddetto sviluppo sostenibile e la transizione verso un'economia diventino obiettivi concreti e raggiungibili. Considerati i ritardi di pagamento della pubblica amministrazione, è auspicabile l'introduzione dell'istituto della compensazione «universale» dei crediti vantati nei confronti della pubblica amministrazione con i debiti erariali di natura tributaria, previdenziale e assicurativa. Tale misura favorirebbe non solo il recupero del credito, superando la problematica dei ritardi nei pagamenti, ma renderebbe le amministrazioni più virtuose nella gestione delle risorse. Per il miglioramento della collaborazione tra amministrazione e contribuenti, bisogna procedere progressivamente all'abolizione degli strumenti standardizzati di accertamento quali strumenti di rilevazione statistica del reddito favorendo, viceversa, sistemi di controllo che incentivino una compliance preventiva tra contribuenti ed amministrazione finanziaria, anche attraverso la predisposizione di strumenti informatici gratuiti Pag. 6che consentano l'instaurazione di un dialogo costante con i contribuenti. Indispensabile è poi il potenziamento e l'intensificazione della lotta all'evasione internazionale mediante il rafforzamento degli strumenti di cooperazione internazionale, con particolare riguardo all'invio di richieste di assistenza amministrativa e di scambi informativi spontanei, nonché all'attivazione dei controlli multilaterali, anche in conseguenza delle molteplici convenzioni stipulate con gli Stati della comunità europea ed internazionale in materia di scambio di informazioni e rimozione del segreto bancario. Il Governo dovrebbe inoltre rivedere le procedure per l'individuazione degli interventi a favore degli enti locali, estranee a qualsivoglia schema normativo di riferimento e prive di una visione strategica e programmatica, oltre che bloccare immediatamente la perversa spirale che punta a compensare il disavanzo pubblico con la svendita dei beni demaniali e le privatizzazioni, determinando un costante e progressivo impoverimento del sistema Paese. Il Governo dovrebbe anche avviare un concreto piano di intervento per la tutela e la messa in sicurezza del territorio, nell'ottica della prevenzione del rischio idrogeologico e sismico, individuando risorse certe, anche attraverso una transizione «virtuosa» dalle dinamiche della legge-obiettivo ad una più attenta programmazione delle opere pubbliche, privilegiando quelle che siano davvero utili per il Paese. Visti i preoccupanti dati sulla disoccupazione, è forte la necessità di regolare il mercato del lavoro puntando su redistribuzione e innovazione, dunque su un'idea diversa di stimolo alla domanda e non sulla mera svalutazione dei lavoratori, sempre più precari e sottopagati, e dei loro diritti. Per rilanciare il Paese è necessario operare una drastica correzione degli indirizzi di politica economica e sociale seguiti negli ultimi anni, finalizzati non più al cieco perseverare nell'affannoso rincorrere teorie neo-liberiste, oppressive nei confronti delle fasce più deboli della popolazione, cercando di incasellare i dati relativi alle performance dell'Italia in sterili parametri calati dall'alto, ma bensì proiettate al rinnovamento del Paese, alla realizzazione di un Paese più competitivo, alla promozione di una maggiore coesione ed equità sociali, facendosi promotore di iniziative incisive per l'accelerazione alla transizione verso un modello alternativo di sviluppo, sostenibile dal punto di vista ambientale, sociale ed economico, e che ristabilisca equità e giustizia, ricreando, su queste basi, una prospettiva economica ed occupazionale stabile. Bisogna individuare obiettivi di spesa che siano necessariamente etici e rispondenti a valutazioni di impatto sociale, pur nell'attenta considerazione delle risorse disponibili, e adottare le misure di spending review per finanziare la riduzione del carico fiscale di famiglie ed imprese evitando di tagliare servizi e agevolazioni vigenti di sostegno ai redditi, per rendere effettiva la riduzione della pressione fiscale piuttosto che conseguirla fittiziamente mediante delle semplici «partite di giro». Bisogna promuovere in ogni sede e con ogni mezzo la rivisitazione dei trattati internazionali, in particolare il Trattato sulla stabilità, il coordinamento e la governance nella Unione europea, al fine di svincolarsi dalle deleterie morse dell’austerity ed assumere iniziative, anche in sede di Unione europea, per svincolarsi dall'uso di un indice poco rappresentativo del benessere di un Paese e dei suoi cittadini, quale il Prodotto interno lordo, e quindi utilizzare, anche al fine della programmazione economica, indici alternativi quali la coesione sociale, i salari, la sicurezza dell'impiego, l'ambiente, la salute, la sicurezza, la qualità e il costo delle abitazioni, l'educazione e quant'altro possa essere in grado di rappresentare aspetti più rilevanti del benessere dei cittadini.

  Laura CASTELLI,
Relatrice di minoranza.