Doc. XXII-bis, N. 4

COMMISSIONE PARLAMENTARE DI INCHIESTA SUI FENOMENI DELLA CONTRAFFAZIONE, DELLA PIRATERIA IN CAMPO COMMERCIALE E DEL COMMERCIO ABUSIVO

(istituita con deliberazione della Camera dei deputati del 25 settembre 2013)

(composta dai deputati: Catania, Presidente, Allasia, Baruffi, Benamati, Berretta, Bordo, Borghese, Camani, Cariello, Vicepresidente, Caruso, Cenni, Donati, Fantinati, Gallinella, Garofalo, Segretario, Milanato, Mongiello, Vicepresidente, Rampelli, Russo, Senaldi, Segretario, e Taranto)

RELAZIONE SULLA CONTRAFFAZIONE NEL SETTORE DELL'OLIO DI OLIVA

(Relatore: on. Colomba MONGIELLO)

Approvata dalla Commissione nella seduta del 17 settembre 2015

Comunicata alla Presidenza il 17 settembre 2015 ai sensi dell'articolo 2, comma 5, della deliberazione della Camera dei deputati del 25 settembre 2013

stabilimenti tipografici carlo colombo

RELAZIONE SULLA CONTRAFFAZIONE NEL SETTORE DELL'OLIO DI OLIVA

I N D I C E

1. L'Iniziativa della Commissione Pag. 6  
2. Configurazione tipologica degli oli di oliva » 7  
 2.1. I diversi oli di oliva » 11  
 2.2. L'etichettatura degli oli di oliva » 11  
 2.3. L'accertamento dell'origine degli oli di oliva » 12  
 2.4. I controlli sulle caratteristiche chimico-fisiche ed organolettiche dell'olio » 13  
3. La produzione dell'olio vergine di oliva in Italia » 14  
 3.1. La produzione e il commercio dell'olio di oliva » 16  
 3.2. Reputazione e valore dell'olio vergine di oliva con designazione made in Italy » 16  
4. Gli illeciti nel settore dell'olio vergine di oliva » 17  
 4.1. Contraffazione e frodi in commercio » 19  
 4.2. Fattispecie di maggiore rilevanza nelle inchieste giudiziarie in materia di olio d'oliva » 20  
  4.2.1. Il c.d. «olio di carta» » 20  
  4.2.2. L'utilizzazione di «olio deodorato» » 22  
  4.2.3. La miscelazione di oli diversi nella produzione dell'olio extravergine » 23  
  4.2.4. L'utilizzazione illecita delle denominazioni d'origine » 25  
  4.2.5. Le pratiche del c.d. Italian sounding » 26  
  4.2.6. Adeguatezza della tutela penale » 27  
5. Iniziative di contrasto delle attività illecite nel settore » 29  
 5.1. Inchieste della magistratura » 29  
 5.2. L'attività di controllo e di indagine da parte delle forze dell'ordine » 32  
6. La Legislazione nazionale sull'olio di oliva » 39  
7. Conclusioni » 41  
 7.1. Il miglioramento dei controlli sull'olio extravergine » 42  
  7.1.1. Controlli sui processi produttivi » 42  
  7.1.2. Controlli sulla fase di acquisizione e trasporto della materia prima oggetto di trasformazione » 43  
  7.1.3. Aspetti innovativi dei controlli sulla fase di acquisizione e trasporto della materia prima oggetto di trasformazione » 44  
 7.2. La tutela penale e la tipicità delle fattispecie di reato » 45  
 7.3. La tutela della provenienza territoriale dell'olio extravergine italiano » 46  
 7.4. La valorizzazione delle diverse categorie degli oli d'oliva » 46  
Pag. 7

1. L'INIZIATIVA DELLA COMMISSIONE

  L'Ufficio di Presidenza della Commissione parlamentare di inchiesta sui fenomeni della contraffazione, della pirateria in campo commerciale e del commercio abusivo, nella riunione del 17 settembre 2014, ha deliberato lo svolgimento di un approfondimento tematico relativo alla contraffazione nel settore dell'olio di oliva, incaricandone la Vicepresidente Colomba Mongiello.
  La Commissione ha scelto di approfondire tale tema in considerazione della rilevanza strategica che il settore dell'olio di oliva riveste nel comparto agricolo, particolarmente per l'Italia che fornisce un prodotto di elevata qualità e che pratiche illecite rischiano di compromettere, causando non solo danni economici ingenti alla produzione, ma causando anche rischi rilevanti per la salute dei consumatori.
  La produzione olearia italiana (1), con oltre 150 milioni di piante distribuite su una superficie di 1.165.458 ettari, due terzi delle quali extravergine, e con oltre 40 denominazioni di origine protetta riconosciute dall'Unione europea, si compone di una rete che conta oltre 700.000 aziende agricole, 4.800 frantoi attivi e 220 imprese industriali, che hanno prodotto nel 2014 483.000 tonnellate di prodotto (2), pari a 3,3 miliardi di euro di fatturato, che rappresentano il 2,6% del totale del fatturato industriale agroalimentare nazionale.
  Tuttavia l'Italia nel 2013 è stato il primo importatore mondiale di olio, con 460.000 tonnellate annue, di cui il 52,3% (pari a 241.000 tonnellate) dal mercato spagnolo, il 28,5% (pari a 131.000 tonnellate) da quello greco e il 13,4% (62.000 tonnellate) dalla Tunisia.
  Circa il volume degli scambi con l'estero, l'Istituto di servizi per il mercato agricolo alimentare (ISMEA) ha evidenziato che, nel I quadrimestre 2014 le importazioni italiane di olio di oliva e sansa sono ammontate a quota 226.000 tonnellate, pari ad un valore commerciale di oltre 470 milioni di euro, con la Spagna primo fornitore nazionale per circa l'88% del totale importato.
  Coldiretti, nel corso delle audizioni svolte in Commissione, ha rilevato che l'ingresso in Italia di olio di origine estera, non solo spagnola e greca, ma anche Nord-africana e dal Medio-Oriente, è destinato a crescere ulteriormente anche nel 2015, alla luce della sensibile diminuzione della produzione nazionale ed europea, causata anche dalla nota epidemia della Xylella che ha colpito gli uliveti della Puglia.
  Il fenomeno va analizzato a prescindere dai fattori contingenti legati alle dinamiche di resa dei raccolti, soprattutto in relazione al prezzo di vendita praticato dagli altri paesi produttori. L'olio italiano Pag. 8deriva da Cultivar di maggiore pregio e rappresenta una produzione di estrema qualità, e pertanto non può generare prodotti di basso costo ma si attesta su una fascia di mercato alta, nella quale il livello più elevato del prezzo è coerente con la maggiore qualità intrinseca, anche organolettica, del prodotto base.
  Sempre secondo le valutazioni di ISMEA, da una rilevazione condotta nel mese di dicembre 2014 si evidenzia che l'olio extravergine di produzione nazionale aveva un costo all'origine di circa 5,67 euro per chilogrammo, con punte di 11 euro al chilo per i generi a «denominazione di origine protetta», contro valori medi di 3,09 euro al chilo per la Spagna, 3,22 euro per la Grecia e 2,98 euro per la Tunisia.
  Analoghe situazioni si registrano per le altre tipologie di olio meno raffinate, quali il lampante e l'olio vergine di oliva.
  Il basso costo delle materie prime estere è uno dei fattori di rischio e di crescita della diffusione delle frodi, dal momento che l'attribuzione illecita della qualità di extra-vergine o vergine e di un'origine nazionale ad un olio meno pregiato e con caratteristiche organolettiche di categorie inferiori, consente di lucrare ampi margini di guadagno.
  È stato autorevolmente sottolineato nel corso delle audizioni in Commissione, sottolineando il carattere strategico che assume l'olivicoltura e la produzione di olio per lo sviluppo dell'economia del nostro Paese, che «Serve ogni strumento utile per tutelare il made in Italy, in particolare quello agroalimentare, universalmente riconosciuto come una straordinaria leva competitiva e di sviluppo del nostro Paese. Tutelare l'identità dei prodotti nazionali contro le frodi, nello specifico tutelare l'identità degli oli d'oliva vergini prodotti da olive nazionali, è un vero e proprio dovere dello Stato, indispensabile nell'ottica di garantire solidità competitività, distintività delle imprese italiane»(3).
  Per tali motivi il settore è stato oggetto di un recente intervento normativo – la legge 14 gennaio 2013, n. 9 che detta norme sulla qualità e la trasparenza della filiera degli oli di oliva vergini – che ha rappresentato un'importante iniziativa per adeguare gli strumenti di contrasto dei fenomeni di contrasto della contraffazione, con numerose soluzioni innovative finalizzate a garantire il controllo della filiera dell'olio sia in sede produttiva che di commercializzazione, a tutela della qualità del prodotto italiano e a salvaguardia dei consumatori.
  Una delle finalità che si propone la presente relazione, verificando lo stato di attuazione delle leggi vigenti e l'effettivo impatto sul settore, è quello di contribuire a tutelare l'identità dei prodotti italiani proteggendoli dalle frodi e dalle contraffazioni alimentari, nell'ottica di garantire la solidità, la competitività e la specificità qualitativa delle aziende italiane.
  Il lavoro di approfondimento di cui si dà conto nella presente relazione tiene conto degli esiti delle audizioni con i numerosi rappresentanti delle istituzioni e del mondo produttivo e della relativa documentazione acquisita in tali occasioni dalla Commissione. Di tale rilevante contributo conoscitivo sono riportati nella relazione gli Pag. 9elementi di fatto di maggiore rilievo che sono stati oggetto di approfondimento nel corso delle predette audizioni, cercando altresì di evidenziare i punti di forza e di debolezza del settore in questione.
  Oltre alle audizioni vertenti sui temi generali della contraffazione (4), sul tema specifico relativo all'olio di oliva sono stati auditi dalla Commissione: il 16 febbraio 2015 il Sostituto Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Siena Aldo Natalini, il Sostituto Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Trani Antonio Savasta, il Capo del III Reparto operazioni del Comando Generale della Guardia di Finanza Stefano Screpanti, il Comandante del Comando Carabinieri Politiche Agricole ed Alimentari Gianluca Dell'Agnello e il Direttore della Divisione II (Sicurezza Agroambientale e Agroalimentare) del Corpo Forestale dello Stato Amedeo De Franceschi; il 26 marzo 2015 il Comandante Generale del NAS dell'Arma dei Carabinieri Cosimo Piccinno, il Presidente del Comitato Scientifico dell'Osservatorio sulla criminalità nell'agricoltura e sul sistema agroalimentare Giancarlo Caselli, il Capo del Dipartimento dell'Ispettorato Centrale della Tutela della Qualità e Repressioni Frodi Agroalimentari (ICQRF) del Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali Stefano Vaccari; il 23 aprile 2015 il Presidente della Federconsumatori Rosario Trefiletti, il Presidente dell'Associazione Italiana dell'Industria Olearia Giovanni Zucchi, il Presidente del Gruppo Olio vergine di oliva Angelo Cremonini; il 24 giugno 2015 l'Amministratore delegato e Direttore Generale della CONAD Francesco Pugliese, il Presidente di FEDEROLIO Giuseppe Masturzo, il responsabile dell'Ufficio Intelligence della Direzione Centrale Antifrode dell'Agenzia delle Dogane e dei Monopoli Rocco Antonio Burdo; il 10 settembre 2015 il Sostituto Procuratore della Repubblica di Bari, Marcello Quercia.
  Anticipando quanto si dirà in dettaglio nel prosieguo, è bene porre in evidenza il dato emerso come un vero e proprio filo conduttore di molte delle audizioni svolte: il comparto dell'olio vergine di oliva è una ricchezza strategica per il nostro Paese e l'intero sistema olivicolo oleario italiano deve essere curato, gestito, controllato e promosso in maniera specifica, così come avviene, ad esempio, per un altro settore di eccellenza italiana del comparto agricolo, quale il vino e viticoltura.
  In effetti le frodi o le contraffazioni più frequenti contro questo importantissimo alimento riguardano l'aggiustamento o la creazione di oli altrimenti non conformi ai relativi parametri commerciali ma che in tal modo lo diventano, oppure l'artificio di miscelare tra loro Pag. 10materie prime scadenti e non commercializzabili, utilizzando ingredienti tecnologici e tecniche di miscelazione che poi rendono il prodotto finito corrispondente ai requisiti compositivi, chimici e di qualità, perfettamente in linea con quelli previsti dalla normativa ed in tal modo compatibili con i risultati analitici che al contrario avrebbero dovuto dimostrarne l'illiceità.
  I comportamenti illeciti che in tale settore si sviluppano fanno uso di metodi scientifici e tecnologici che servono appositamente per far apparire lecito un prodotto altrimenti non commercializzabile.
  Da questa realtà consegue la necessità, da un lato di introdurre controlli tecnologicamente avanzati, sotto il profilo della composizione chimica dei prodotti, da svolgersi nella fase di indagine contro le sofisticazioni, e dall'altro di adeguare l'apparato repressivo del codice penale, che appare inadeguato, in modo da evitare di arrecare un grave danno all'economia nazionale e recare gravissime lesioni ai diritti ed alla salute dei consumatori.
  Al proposito vale ricordare come il 26 marzo 2015 il generale Piccillo, Comandante dei NAS dell'Arma dei Carabinieri, abbia sottolineato come ormai gli illeciti nel settore oleario siano compiuti con professionalità sistematica e in modo reiterato, affermando che «se il settore dell'olio è strategico per l'Italia, occorre una strategia vincente. L'olio è strategico, ma le frodi e le sofisticazioni mettono a rischio 250 milioni di piante, 50 milioni di giornate lavorative, un fatturato di oltre 2 miliardi di euro, 43 oli italiani a denominazione di origine riconosciuti dall'Unione europea. È proprio quest'alta qualità dell'olio italiano che richiama l'interesse della criminalità organizzata e anche non organizzata, che comunque investe i propri proventi illeciti nella filiera, mettendo a rischio l'economia stessa del nostro Paese. Praticamente, le imprese criminali investono un euro e ne tirano fuori molti di più. Il gioco vale la candela».
  Analogamente sul tema della necessità di disporre di controlli tecnologicamente avanzati circa la composizione degli oli in rapporto all'evoluzione delle tecniche di sofisticazione, si deve ricordare che il Sostituto Procuratore della Procura della Repubblica di Siena Natalini, relazionando sul caso «Arbequino» ha affermato il 16 febbraio 2015 che «se si fosse partiti dalle analisi ufficiali del prodotto alla fine e, quindi, se si fosse analizzato il prodotto in vendita al supermercato, non saremmo mai arrivati a scoprire questo tipo di frode. Questo perché, e l'indagine Arbequino lo dimostra, come le successive che vi sono state, le contraffazioni degli oli di oliva, per come si sono progressivamente perfezionate negli anni, non sono quasi mai rilevabili e, quindi, non sono quasi mai processualmente dimostrabili a livello organolettico con le analisi ufficiali. Le analisi ufficiali sono sempre regolari. I prodotti imbottigliati, se si vanno ad analizzare prelevandoli dal supermercato, sono sempre in linea e conformi ai parametri chimico-fisici, anche all'assaggio, ossia alla cosiddetta prova sensoriale della cosiddetta Commissione dei “panelisti”. Se la frode non è una frode grossolana, intendendo per esempio l'impiego della clorofilla, che rappresenta una frode di altri tempi, bensì una frode sofisticata, con l'impiego del deodorato, le analisi ufficiali non la possono rivelare. Questo significa che le frodi negli ultimi anni si sono perfezionate attraverso varie tecniche che questa Pag. 11indagine, per fortuna, ha messo in luce, attraverso, per esempio, la tecnica della cosiddetta media ponderata, un metodo per mettere a posto il livello dei valori analitici delle singole componenti».

2. CONFIGURAZIONE TIPOLOGICA DEGLI OLI DI OLIVA

2.1. I diversi oli di oliva

  Ai sensi di quanto previsto dall'articolo 3 del Regolamento (CE) n. 29/2012 – «Regolamento di esecuzione della Commissione relativo alle norme di commercializzazione dell'olio d'oliva», le categorie di oli di oliva commerciabili al dettaglio, in rapporto alle caratteristiche fisico-chimiche e organolettiche dell'olio, sono le seguenti: (5)
  I) Oli extravergine di oliva: sono gli oli ottenuti dal frutto dell'olivo soltanto mediante processi meccanici, in condizioni che non causano alterazioni dell'olio, e che non hanno subito alcun trattamento diverso dal lavaggio, dalla decantazione, dalla centrifugazione e dalla filtrazione, esclusi gli oli ottenuti mediante solvente o con coadiuvanti ad azione chimica o biochimica, o con processi di riesterificazione e qualsiasi miscela con oli di altra natura. Il procedimento meccanico di estrazione e produzione è costituito dalla macinazione delle drupe dell'olivo attraverso la molitura o frangitura e la successiva separazione della frazione oleosa dagli altri componenti solidi e liquidi. Dopo le operazioni preliminari di preparazione delle olive alla lavorazione la c.d. spremitura si realizza attraverso le operazioni di: molitura, processo che rompe le pareti delle cellule al fine di far fuoriuscire il succo e realizza la pasta d'olio, composta da olio, acqua e parti solide; gramolatura, ossia il rimescolamento della pasta d'olio per rompere l'emulsione fra olio ed acqua e facilitarne la separazione; estrazione, in cui il mosto d'olio si separa la parte liquida (emulsione di acqua e olio) dalla parte solida (la cd. sansa); separazione, in cui il residuo solido (c.d. morchia) è separata dall'olio extravergine di oliva attraverso decantazione o centrifugazione.
  Gli oli di oliva vergini, a loro volta, sono classificati e assumono le denominazioni seguenti:
   a) Olio extra vergine di oliva: olio di oliva vergine la cui acidità libera, espressa in acido oleico, è al massimo di 0,8 g per 100 g e con le altre caratteristiche conformi a quelle previste per questa categoria;
   b) Olio di oliva vergine: olio di oliva vergine la cui acidità libera, espressa in acido oleico, è al massimo di 2 g per 100 g e con le altre caratteristiche conformi a quelle previste per questa categoria;
   c) Olio di oliva lampante: olio di oliva vergine la cui acidità libera, espressa in acido oleico, è superiore a 2 g per 100 g e con le altre caratteristiche conformi a quelle previste per questa categoria.

Pag. 12

  II) Olio di oliva raffinato: è l'olio di oliva ottenuto dalla raffinazione dell'olio di oliva vergine, con un tenore di acidità libera, espresso in acido oleico, non superiore a 0,3 g per 100 g e con le altre caratteristiche conformi a quelle previste per questa categoria.
  III) Olio di oliva composto di oli di oliva raffinati e oli di oliva vergini: è l'olio di oliva ottenuto dal taglio di olio di oliva raffinato con olio di oliva vergine diverso dall'olio lampante, con un tenore di acidità libera, espresso in acido oleico, non superiore a 1 g per 100 g e con le altre caratteristiche conformi a quelle previste per questa categoria.
  IV) Olio di sansa di oliva greggio: è l'olio ottenuto dalla sansa d'oliva mediante trattamento con solventi o mediante processi fisici, oppure olio corrispondente all'olio di oliva lampante, fatte salve talune specifiche caratteristiche, escluso l'olio ottenuto attraverso la riesterificazione e le miscele con oli di altra natura, e avente le altre caratteristiche conformi a quelle previste per questa categoria.
  V) Olio di sansa di oliva raffinato: è l'olio ottenuto dalla raffinazione dell'olio di sansa di oliva greggio, con un tenore di acidità libera, espresso in acido oleico, non superiore a 0,3 g per 100 g e con le altre caratteristiche conformi a quelle previste per questa categoria.
  VI) Olio di sansa di oliva: è l'olio ottenuto dal taglio di olio di sansa di oliva raffinato e di olio di oliva vergine diverso dall'olio di oliva lampante, con un tenore di acidità libera, espresso in acido oleico, non superiore a 1 g per 100 g e con le altre caratteristiche conformi a quelle previste per questa categoria.

  Le caratteristiche di composizione e di contenuti in acidi grassi, in steroli, cere, etil esteri degli acidi grassi eccetera, sono indicate nell'Allegato I, punti 1 e 2 del Regolamento (CEE) n. 2568/1991 consolidato.

2.2. L'etichettatura degli oli di oliva

  In materia di etichettatura degli oli d'oliva, in particolare dell'olio extravergine di oliva, dell'olio di oliva vergine, dell'olio di oliva e dell'olio di sansa di oliva, il Regolamento (UE) n. 29/2013, stabilisce che sugli imballaggi di tali oli, i quali possono essere messi in commercio in contenitori di capacità non superiore a 5 litri, vi siano etichette che rechino in caratteri chiari e indelebili, oltre alla denominazione delle predette categorie, l'informazione seguente sulla categoria di olio:
   a) per l'olio extra vergine di oliva: «olio vergine di oliva di categoria superiore ottenuto direttamente dalle olive e unicamente mediante procedimenti meccanici»;
   b) per l'olio di oliva vergine: «olio vergine di oliva ottenuto direttamente dalle olive e unicamente mediante procedimenti meccanici»;Pag. 13
   c) per l'olio di oliva, composto da oli d'oliva raffinati e da oli d'oliva vergini: «olio contenente esclusivamente oli d'oliva che hanno subito un processo di raffinazione e oli ottenuti direttamente dalle olive»;
   d) per l'olio di sansa di oliva: «olio contenente esclusivamente oli derivati dalla lavorazione del prodotto ottenuto dopo l'estrazione dell'olio vergine di oliva e oli ottenuti direttamente dalle olive»
   oppure «olio contenente esclusivamente oli provenienti dal trattamento della sansa di oliva e oli ottenuti direttamente dalle olive».

  Tra le indicazioni facoltative che possono figurare sull'etichetta di un olio di cui alle precedenti categorie, quelle di seguito descritte sono soggette rispettivamente ai seguenti obblighi:
   a) l'indicazione «prima spremitura a freddo» è riservata agli oli d'oliva extra vergini o vergini ottenuti a meno di 27 oC con la prima spremitura meccanica della pasta d'olive, mediante un sistema di estrazione di tipo tradizionale con presse idrauliche;
   b) l'indicazione «estratto a freddo» è riservata agli oli d'oliva extra vergini o vergini ottenuti a meno di 27 oC con un processo di percolazione o centrifugazione della pasta d'olive;
   c) le indicazioni delle caratteristiche organolettiche relative al gusto e/o all'odore possono figurare unicamente per gli oli di oliva extra vergini o vergini; i termini di cui all'allegato XII, punto 3.3, del regolamento (CEE) n. 2568/91 possono figurare sull'etichetta unicamente se sono fondati sui risultati di una valutazione effettuata secondo il metodo previsto all'allegato XII del regolamento (CEE) n. 2568/91;
   d) l'indicazione dell'acidità o dell'acidità massima può figurare unicamente se accompagnata dalla menzione, in caratteri delle stesse dimensioni e nello stesso campo visivo, dell'indice dei perossidi, del tenore in cere e dell'assorbimento nell'ultravioletto, determinati a norma del regolamento (CE) n. 2568/91;
   e) l'indicazione della campagna di raccolta può figurare soltanto quando il 100 % del contenuto dell'imballaggio proviene da tale raccolta.

2.3. L'accertamento dell'origine degli oli di oliva

  Lo stesso Regolamento (UE) n. 29/2013, per quanto concerne la designazione dell'origine dei predetti oli, stabilisce che:
   1) per gli oli di importazione, la designazione dell'origine è disciplinata dagli articoli da 22 a 26 del regolamento (CEE) n. 2913/92 (Codice Doganale); Pag. 14
   2) la designazione dell'origine che indica uno Stato membro o l'Unione corrisponde alla zona geografica nella quale le olive sono state raccolte e in cui è situato il frantoio nel quale è stato estratto l'olio; qualora le olive siano state raccolte in uno Stato membro o un Paese terzo diverso da quello in cui è situato il frantoio nel quale è stato estratto l'olio, la designazione dell'origine reca la dicitura seguente: «Olio (extra) vergine di oliva ottenuto [nell'Unione o in (denominazione dello Stato membro interessato)] da olive raccolte (nell'Unione), in (denominazione dello Stato membro o del Paese terzo interessato)».
   3) sulle etichette sia indicato unicamente:
    a) nel caso di oli di oliva originari di uno Stato membro o di un Paese terzo, un riferimento allo Stato membro, all'Unione o al Paese terzo — a seconda dei casi — in conformità a quanto descritto nei precedenti punti 1) e 2);
    b) nel caso di miscele di oli di oliva originari di più di uno Stato membro o Paese terzo, una delle seguenti diciture — a seconda dei casi — in conformità alle indicazioni di cui ai precedenti punti 1) e 2);
    i) «miscela di oli di oliva originari dell'Unione europea» oppure un riferimento all'Unione;
    ii) «miscela di oli di oliva non originari dell'Unione europea» oppure un riferimento all'origine esterna all'Unione;
    iii) «miscela di oli di oliva originari dell'Unione europea e non originari dell'Unione» oppure un riferimento all'origine interna ed esterna all'Unione;
    c) una denominazione di origine protetta o un'indicazione geografica protetta ai sensi del regolamento (CE) n. 510/2006, in conformità alle disposizioni del relativo disciplinare di produzione.

  In tema di indicazione di origine si ricorda l'articolo 1 della legge n. 9/2013, che stabilisce che l'indicazione dell'origine degli oli di oliva vergini, prevista dall'articolo 4 del decreto ministeriale del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali 10 novembre 2009, deve figurare in modo facilmente visibile e chiaramente leggibile nel campo visivo anteriore del recipiente, in modo da essere distinguibile dalle altre indicazioni e dagli altri segni grafici, con caratteri visibili. Per quanto riguarda la miscelazioni di oli di oliva estratti in un altro Stato membro dell'Unione europea o in un Paese terzo, l'indicazione deve essere preceduta dalla scritta, parimenti leggibile, «miscela».

2.4. I controlli sulle caratteristiche chimico-fisiche ed organolettiche dell'olio

  Le caratteristiche chimico-fisiche ed organolettiche dell'olio extravergine d'oliva, degli oli d'oliva e degli oli di sansa d'oliva nonché i metodi di produzione sono accertati, ai sensi del Reg. CEE 2568 del 1991, con i panel test svolti dai laboratori di analisi (sistema di Pag. 15certificazione Accredia (6)). Il Regolamento di esecuzione (UE) n. 299/2013, prevede, ai fini della tutela del consumatore dai rischi di frode, che gli strumenti normativi contemplati dal Regolamento n. 2568/91, riguardanti la disciplina delle analisi di laboratorio, non siano esaustivi, in ragione delle nuove e sempre più complesse frodi di laboratorio e miscelazioni, ed introduce nuovi sistemi di controllo annuali per gli operatori di settore.
  Questi ultimi, infatti, ai fini della tracciabilità, devono iscrivere in un apposito registro le entrate e le uscite per ogni singola categoria di olio.
  Per il riconoscimento degli oli d'oliva extravergini «puri», e non dei vergini, il Regolamento (UE) n. 61 del 24 gennaio 2011, modificando il Regolamento (CEE) n. 2568/91, ha aggiunto un allegato XX, sostituendo l'allegato I, aggiungendo solo per l'olio extravergine di oliva ulteriori parametri da rispettare, con relativo test di laboratorio, per catalogare correttamente l'olio come extravergine, al fine di verificare la corretta presenza nell'olio extravergine di Metil esteri degli acidi grassi (MEAG) ed Etil esteri degli acidi grassi (EEAG), con valori la cui sommatoria deve essere inferiore od uguale a 75 mg/kg, o ricompresa in un valore espresso in mg/kg tra 75 e 150, nel solo caso in cui il rapporto tra Metil esteri ed Etil esteri sia inferiore od uguale a 1,5 (MEAG/EEAG).
 Conseguentemente il Reg. n. 61 ha introdotto, solo per l'olio extravergine di oliva, un nuovo esame di laboratorio (tab. XX Reg. (UE) n. 61/2011), al fine di riscontrare il rispetto dei parametri relativi alla presenza di Metil ed Etil esteri degli acidi grassi predetti. Tale analisi consente di individuare false miscele di oli extra vergini di oliva e oli di bassa qualità e di differenziare gli oli vergini, lampanti o deodorati. Analogamente ha disposto il Regolamento di esecuzione (UE) n. 1348/2013 del 16 dicembre 2013, che ha modificato il Regolamento (CEE) n. 2568/91, prevedendo nuovi e ancor più stringenti parametri da rispettare per gli oli di oliva extravergini, con particolare riguardo ai valori di Metil ed Etil esteri.
  Per l'olio extravergine di oliva prodotto ed etichettato dopo il primo marzo 2013, al fine di verificare la presenza entro i limiti di Metil ed Etil esteri, deve essere valutato solo il valore degli Etil esteri e non la somma o il rapporto fra Metil ed Etil esteri.
  Nel corso dell'audizione con il Sostituto Procuratore della Repubblica di Bari Quercia del 10 settembre 2015 è stata rilevata la tendenza in atto perseguita dal legislatore europeo sin dal 2011, volta «a restringere per l'olio extravergine i valori espressi in mg/kg di Etil esteri, i quali per la campagna olearia 2013 – 2014, dovranno essere inferiori o uguali a 40 mg/kg, mentre per la campagna olearia 2014-2015, dovranno scendere ed essere inferiori o uguali a 35 mg/kg e dopo il 2015, inferiori o uguali a 30 mg/kg».
  Il legislatore italiano ha aderito a tale impostazione allorquando, con l'articolo 4, comma 3, relativo al divieto di pratiche commerciali ingannevoli, della legge n. 9 del 14 gennaio 2013 «Norme sulla qualità e la trasparenza della filiera degli oli di oliva vergini», ha previsto come Pag. 16«ingannevole attribuire valutazioni organolettiche agli oli di oliva diversi dagli oli extravergini e comunque indicare attributi positivi non previsti dall'allegato XII in materia di valutazione organolettica dell'olio di oliva vergine, di cui al Regolamento CEE n.2568/91». Tale allegato XII, circa le caratteristiche organolettiche dell'olio extravergine di oliva, prevede un'ulteriore distinzione fra olio extravergine e vergine, per quanto concerne il fruttato ed i difetti dei due oli, sancendo la specificità dell'olio extravergine.

3. LA PRODUZIONE DELL'OLIO VERGINE DI OLIVA IN ITALIA

3.1. La produzione e il commercio dell'olio di oliva

  L'Italia ha una posizione di rilevanza mondiale nella produzione e commercio di olio di oliva.
  Secondo i dati più aggiornati, forniti dal Consorzio Olivicolo Italiano UNAPROL, in Italia sono presenti 900 mila aziende agricole a vocazione olivicola, 1 milione di ettari coltivati ad olivicoltura per un valore della produzione in campo di circa 1,4 miliardi di euro.
  L'Italia è il secondo produttore mondiale di olio di oliva ed il terzo produttore europeo di olive da tavola (88 mila tonnellate, pari al 3 per cento della produzione nazionale di olive). In generale, in Italia sono presenti 673 confezionatori, 2.624 confezionatori con frantoio, 3.760 frantoi.
  Il patrimonio colturale è formato da 350 tipi di cultivar diverse, ciò che rende l'Italia la banca mondiale della genetica olivicola.
  L'Italia è il primo Stato dell'UE per quanto riguarda gli oli d'oliva extravergine designati da Denominazioni di Origine ed Indicazioni Geografiche Protette (42 DOP ed 1 IGP per una percentuale di circa il 2 per cento della produzione totale), cui corrispondono circa 11.000 tonnellate annue di prodotto.
  Secondo i dati dell'ISTAT relativi al 2012, sono 19.192 le aziende olivicole orientate alla produzione di oli a designazione di origine, per una superficie coltivata di circa 106 mila ettari e 1.879 imprese di trasformazione. A ciò corrispondono 79.8 milioni di euro di fatturato al consumo e 62,3 milioni di euro all'origine. Di tale produzione, circa 6.000 tonnellate di olio sono state esportate, con un valore commerciale di circa 51 milioni di euro.
  In Italia sono coltivati con metodo biologico circa 170 mila ettari di olivi, ossia il 14 per cento della SAU olivicola nazionale. Le maggiori regioni orientate al biologico sono la Puglia (33 per cento), la Calabria (30 per cento) e la Sicilia (11 per cento).
  Gli oli extravergine di oliva biologici ed a Designazione geografiche protette (DOP e IGP), seppure rappresentano volumi di produzione medio bassi, comportano valori commerciali assai elevati: per quanto riguarda l'olio biologico, il prezzo alla produzione oscilla tra il 15 ed il 20 per cento in più rispetto all'olio convenzionale, mentre il prezzo praticato al consumatore arriva a superare anche il 105 per cento del prezzo dell'olio convenzionale.
  Sempre secondo i dati più aggiornati forniti dall'UNAPROL, nell'annata olivicola del 2014 si è avuta una riduzione di produzione di Pag. 17circa 200 mila tonnellate di olio (calo del 40 per cento della produzione media annuale che si attesta su circa 500.000 tonnellate), ciò che ha determinato un volume di importazioni per circa 666 mila tonnellate (incremento del 38 per cento delle importazioni rispetto al 2013), con un incremento di esborso di circa 1,5 miliardi di euro rispetto al 2013 ( 23,3 per cento). L'export del 2014 si è attestato su circa 411 mila tonnellate di olio ( 6 per cento rispetto al 2013), con un saldo negativo di 151 milioni di euro.
  A livello commerciale, secondo dati di fonte IRI-worldwide e rielaborati dalla UNAPROL, si è riscontrato per l'annata intercorrente tra il settembre 2013 ed il settembre 2014, che nella Grande Distribuzione Organizzata (GDO) sono stati venduti 153 milioni di litri di olio extravergine di oliva, per un corrispondente in valore di 623 milioni di euro. Il 65 per cento di tali volumi è stato venduto in promozione.
  Dell'olio extravergine «100 per cento italiano» ne sono stati venduti 27 milioni di litri, pari ad un fatturato di 13 milioni di euro. Di questi, il 49 per cento è stato collocato in promozione.
  Dell'olio extravergine prodotto con metodo biologico, ne sono stati venduti 2 milioni di litri, per un valore di 17 milioni di euro. In promozione ne è stato venduto circa il 48 per cento.
  Dell'olio extravergine recante le designazioni delle Denominazione di Origine Protette, si sono registrate vendite per 2,8 milioni di litri, per un valore di 30 milioni di euro. Il 51 per cento di esso è stato venduto in promozione.
  Per quanto riguarda la commercializzazione dell'olio, nel corso delle audizioni svolte dalla Commissione, in particolare con i rappresentanti dell'industria olearia (ASSITOL – seduta del 23 aprile 2015), si è appreso che il consumo interno italiano di olio di oliva è pari, in media, a circa 600.000 tonnellate l'anno, e che il volume delle esportazioni di prodotto italiano è pari a circa 400.000 tonnellate l'anno. La produzione italiana media, in anni buoni, non consideriamo quindi la riduzione determinata da cause climatiche e dall'emergenza fitosanitaria per la malattia che ha colpito gli olivi nel corso del 2015, è pari a 350.000-400.000 tonnellate, il che implica la necessità di importare circa 600.000 tonnellate di olio.
  Il settore industriale della trasformazione olearia vale circa 3 miliardi di euro annui per un valore aggiunto positivo di circa 400 – 600 milioni di euro.

3.2. Reputazione e valore dell'olio vergine di oliva con designazione Made in Italy

  L'olio extravergine di oliva che reca la designazione Made in Italy è uno dei simboli più rinomati delle produzioni agroalimentari italiane. Esso assume agli occhi e nell'immaginario del pubblico mondiale una reputazione ed una emotività ineguagliabili.
  Le 350 cultivar di olivo italiane sono un'espressione di pregio della banca genetica dell'olivicoltura mondiale e rappresentano la culla della biodiversità olivicola oggi disponibile a livello internazionale. L'olivicoltura italiana evoca il paesaggio tipico ed irripetibile del nostro Pag. 18Paese, la qualità delle nostre preparazioni, la storia e la cultura millenaria del Mediterraneo e dei nostri territori. È anche per questo che utilizzare nelle fasi commerciali le diciture che indicano l'origine italiana dell'olio di oliva, significa naturalmente conseguire più elevati consensi e maggiori e più conservabili opportunità di vendita a prezzi più elevati.
  Gli oli extravergine di oliva recanti una origine italiana si contraddistinguono per varietà e tipologie tra le più ricche e diversificate, un catalogo di tipicità che non ha pari al mondo: si parte dall'olio delicato, dall'aroma dolcissimo e pronto per il consumo immediato, a quello fruttato, ricco di sapore. Tra questi si distinguono gli oli extravergine con sensazione erbacea e quello con retrogusto amaro di mandorla con pizzicore lieve. L'olio giallo oro, con tonalità intense e velato e l'olio dai riflessi verdi ed aranciati con profumi di erba di sfalcio.
  Si tratta di varietà di olio che si differenziano dal resto delle produzioni mondiali, non solo per la ricchezza degli attributi qualitativi, ma anche e soprattutto per le loro caratteristiche salutari. L'olio extravergine italiano è un prodotto che fa bene alla salute, aiuta lo sviluppo armonico dei bambini, agevola l'assorbimento intestinale delle vitamine, favorisce la digestione, regola la quantità di colesterolo nel sangue. È altresì uno degli elementi cardine della dieta mediterranea per l'elevato contenuto di acido oleico, importante per il suo ruolo nella prevenzione delle malattie cardiovascolari.
  Lo specifico olio extravergine di oliva possiede inoltre specifiche prerogative salutari in quanto contiene steroli e vitamine idrosolubili, A, D ed E aventi, secondo alcuni studiosi della materia, capacità protettive ed antiossidanti degli organi ed i tessuti dell'organismo, utile nel contrasto dell'arteriosclerosi e dei processi di invecchiamento. (7)
  È grazie a questi importanti e reputativi requisiti di qualità, salubrità, diversificazione di biodiversità e rinomanza dei territori italiani di provenienza che l'olio di oliva designato con origine italiana è «più facilmente vendibile» ed a prezzi più alti.
  Va da sé quindi che i comportamenti illeciti tesi a trarre maggiori profitti con produzioni olearie meno pregiate e più scadenti o addirittura formate da materie prime estranee all'oliva, commercializzate falsamente come italiane o poste in commercio con la contraffazione di marchi italiani, diventano più appetibili per i falsificatori e molto frequenti.
  Va ricordato al proposito quanto espresso dal Capo del Comando carabinieri politiche agricole e alimentari Dell'Agnello nella seduta del 16 febbraio 2015, anche con specifico riferimento al fenomeno dell’Italian sounding praticato in molti stati esteri: «Un produttore extracomunitario ha tutto l'interesse a portare in Italia un olio tunisino Pag. 19 e poi a riesportarlo nel proprio Paese per la commercializzazione, pur di metterlo in vendita in una latta o in una bottiglia o in un'etichetta in cui ci sia scritto “imbottigliato in Italia”, cioè “packed in Italy”, con il tricolore e la foto o l'effigie delle colline toscane o del trullo pugliese. Sicuramente ha un interesse economico, perché potrà vendere quell'olio a un prezzo superiore rispetto a quanto potrebbe venderlo se fosse contrassegnato magari con l'effigie tunisina».

4. GLI ILLECITI NEL SETTORE DELL'OLIO VERGINE DI OLIVA

4.1. Contraffazione e frodi in commercio

  I fenomeni di illecito penale relativi alla produzione dell'olio d'oliva sono ascrivibili in parte ai reati di contraffazione ed in parte alle fattispecie delle frodi alimentari disciplinati dal codice penale. Devono poi essere ricordate alcune leggi speciali.
  Deve essere preliminarmente ricordato che solo alcune delle condotte illecite che portano alla produzione di prodotti agroalimentari in violazione della normativa vigente sono ascrivibili a fattispecie di contraffazione. È possibile distinguere fra diverse condotte fraudolente (8):
   • alterazioni, ossia modifiche della composizione dei caratteri organolettici degli alimenti, causate da fenomeni degenerativi per cattiva o prolungata conservazione;
   • adulterazioni, che, attraverso l'aggiunta o la sottrazione di alcuni componenti del prodotto, ne mutano la qualità, apparentemente senza effetti apprezzabili per la tipologia del prodotto ma spesso con effetti nocivi per la salute del consumatore;
   • sofisticazioni, che consistono nell'aggiunta di sostanze estranee rispetto alla naturale composizione degli alimenti per migliorarne aspetto e qualità, ovvero per coprirne difetti, facilitandone la surrogazione con altre tipologie di prodotti;
   • falsificazioni, ossia le vere e proprie sostituzioni di elementi con altri; contraffazioni, che attengono alle indebite riproduzioni di marchi commerciali o alle false attestazioni dell'indicazione di provenienza geografica o di denominazione d'origine dei prodotti per sfruttare la qualità, l'apprezzamento e la popolarità delle filiere alimentari nazionali;
   • contraffazione o alterazione di indicazioni geografiche o denominazioni di origine dei prodotti alimentari, ossia comportamenti che si sostanziano nella violazione di diritti di proprietà industriale;
   • Italian sounding, ossia le pratiche di produzione e commercializzazione di alimentari contenenti una falsa evocazione dell'italianità Pag. 20 del prodotto, senza contraffazione dei segni distintivi di prodotti di aziende italiane o DOP, idonea a far presumere al consumatore un'origine italiana del prodotto non corrispondente alla realtà.

4.2. Fattispecie di maggiore rilevanza nelle inchieste giudiziarie in materia di olio d'oliva

  Con riferimento all'olio di oliva, dai riscontri avuti dalle audizioni svolte in merito alle principali inchieste giudiziarie in materia di contraffazione e frodi in commercio dell'olio d'oliva si evidenziano alcune fattispecie di particolare rilevanza.

4.2.1. Il c.d. «olio di carta»

  Come pratica del c.d. «olio di carta» si intende la produzione fittizia di olio extravergine supportata da false fatturazioni per prodotto inesistente o anche dalle rese di molitura superiori a quelle effettive, che avvengono nell'area di base della produzione di olio vergine di oliva, ossia presso il settore agricolo.
  Attraverso queste produzioni fittizie di olio extravergine si introducono in Italia, direttamente al momento dell'estrazione dell'olio dalle olive italiane, oli d'oliva stranieri che sono in tal modo inseriti tra le produzioni extravergini italiane ed immessi in commercio come oli di origine italiana. Il fenomeno del c.d. «olio di carta» fino all'applicazione del registro del SIAN (Servizio Informativo Agricolo Nazionale), in vigore dal 1o luglio 2011, ha raggiunto volumi notevoli, stimati tra le 100.000 e le 200.000 tonnellate annue, tra il 15 e il 30 per cento in più della produzione reale consistente in 400.000 tonnellate.
  Ora, grazie anche al SIAN e alla normativa recata dalla legge n. 9/2013 (c.d. legge salva-olio), si stima possa essere ridotta a qualche decina di migliaia di tonnellate.
  Il controllo delle produzioni attraverso un efficace sistema informatico di rilevazione dei riscontri contabili sottostanti costituisce un elemento decisivo per la lotta alla contraffazione nel caso dell’«olio di carta».
  Ai fini dei controlli nel settore dell'olio di oliva, i frantoi, le imprese di condizionamento e i commercianti di olio sfuso sono obbligati alla tenuta di un registro per ogni stabilimento e deposito, nel quale sono annotate le produzioni, i movimenti e le lavorazioni dell'olio extra vergine di oliva e dell'olio di oliva vergine. Nel caso di lavorazione per conto terzi, i registri sono tenuti da chi procede materialmente alla lavorazione. I registri sono tenuti con modalità telematiche nell'ambito dei servizi del SIAN, secondo disposizioni stabilite dall'ICQRF d'intesa con AGEA.
  Il SIAN è stato istituito dall'articolo 15 della legge 4 giugno 1984, n. 184, che ha autorizzato il Ministro dell'agricoltura e delle foreste alla realizzazione di un sistema informativo agricolo nazionale, attraverso la stipula di una o più convenzioni con società a prevalente partecipazione statale, ai fini dell'esercizio delle competenze ministeriali Pag. 21in materia di indirizzo e coordinamento delle attività agricole e della necessità di acquisire e verificare tutti i dati relativi al settore agricolo nazionale. L'articolo 14 del D. Lvo 29 marzo 2004, n. 99, i compiti di coordinamento e di gestione per l'esercizio delle funzioni del SIAN sono stati trasferiti all'AGEA, mentre l'articolo 4, comma 1, del decreto legge 9 settembre 2005, n. 182, convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 11 novembre 2005, n. 231 ha disposto che il SIAN fosse gestito da una società a capitale misto pubblico-privato, con partecipazione pubblica maggioritaria nel limite massimo di 1,2 milioni di euro.
  Le norme di attuazione del SIAN sono contenute nel decreto ministeriale 10 novembre 2010, n. 8077 recante «Disposizioni nazionali relative alle norme di commercializzazione dell'olio di oliva di cui al Regolamento (CE) n. 182 della Commissione del 6 marzo 2009 che modifica il Regolamento (CE) n. 1019/2002».
  Nel corso delle audizioni svolte dalla Commissione sono state formulate osservazioni sull'efficacia del SIAN (9).
  Il Sostituto Procuratore della Repubblica di Siena Natalini, in particolare, ricordando che «il SIAN funziona» in quanto ha consentito in sede di indagine «in tempo reale di effettuare confronti» e di visualizzare «i flussi reali» potendo «provare, chilo per chilo l'olio che veniva commercializzato e frodato». Un problema proposto all'attenzione della Commissione è quello legato all'eventuale mancato o distorto utilizzo del registro e la possibilità in tal caso di considerare applicabile la fattispecie di reato di cui all'articolo 484 c.p. falsità in registri e notificazioni. Nella citata audizione si è ricordato che sussiste in tale ipotesi un «problema di tipicità penale, perché l'articolo 484 c.p. è un falso che si applica soltanto a chi fa le notifiche nei confronti dell'autorità di polizia», categoria nella quale non rientra il Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali. Di qui la necessità di una riflessione su un ampliamento della fattispecie di cui all'articolo 484 anche all'esercizio di funzioni certificatorie.
  Sul fenomeno della falsa fatturazione si è soffermato il Sostituto procuratore della Procura della Repubblica presso il tribunale di Trani Savasta, durante l'audizione del 16 febbraio 2015, ricordando che questa pratica illecita ha determinato l'ingresso «nel nostro Paese di enormi quantitativi di olive e di oli d'oliva di origine comunitaria o extracomunitaria, diventate poi comunitarie attraverso delle triangolazioni: olive algerine che vanno in Spagna diventano olive comunitarie, le olive comunitarie entrano in Italia e si utilizzano poi le false fatturazioni provenienti da territori da cui ormai non si coltiva più l'olivo, se non a livello di forestale. In tali zone l'olivo è diventato un elemento decorativo. Per gli agricoltori diventa molto più conveniente fare la falsa fatturazione e prendere il premio. C’è poi ulteriore grossissimo problema, che è diventato anche ambientale, perché non coltivando più secondo le pratiche agrarie gli oliveti, perché è più conveniente Pag. 22 fare la falsa fatturazione, che fornisce il supporto documentale all'immissione di olio di provenienza non italiana, le piante si sono inselvatichite».
  In tema di contrasto ai fenomeni di importazione di olio estero finalizzato ad usi fraudolenti nelle lavorazioni interne si ricorda che l'articolo 10 della legge n. 9/2013 impone agli uffici di sanità marittima, aerea e di frontiera di rendere accessibili a tutti gli organi di controllo e alle amministrazioni interessate le informazioni a propria disposizione concernenti l'origine degli oli di oliva vergini e delle olive. (10)

4.2.2. L'utilizzazione di «olio deodorato»

  Una pratica illecita molto frequente è costituita dall'utilizzazione di «olio deodorato» nei frantoi oleari. Nel caso dell’«olio deodorato» le audizioni con esponenti delle forze dell'ordine (11) e dei produttori di olio di oliva, hanno chiarito che la deodorazione rappresenta la tecnica più sofisticata di frode utilizzata nel settore delle produzioni olearie. In tal modo olio di oliva, spesso di origine non italiana, è immesso fraudolentemente in commercio come olio extravergine di oliva al 100 per cento Made in Italy.
  Attraverso questa operazione un olio di oliva avente inizialmente caratteristiche qualitative e compositive non conformi a quelle previste dalla legge per l'olio extravergine viene reso tale tramite operazioni di deodorazione, che consiste nell'arricchimento e nella manipolazione di oli vergini d'oliva o oli lampanti raffinati o sottoposti a distillazione blanda e poi messo in commercio come olio extravergine di oliva.
  La deodorazione è dunque un procedimento di lavaggio di oli di bassa qualità tratti dalla lavorazione di materia prima, spesso in avanzato o cattivo stato di conservazione, ad esempio perché le olive siano state ammassate per lungo tempo sotto il sole oppure stipate nei cassoni degli autocarri prima di essere pressate. In tali condizioni si formano sostanze, chiamate alchil esteri, che declassano l'olio sia chimicamente sia dal punto di vista sensoriale. Il trattamento di deodorazione permette di eliminare il cattivo odore, ma non incide sugli alchil esteri, che possono essere rilevati chimicamente e costituiscono indice di cattiva qualità dell'olio.
  Il trattamento di deodorazione non è consentito dalla normativa, ed è usato spesso per utilizzare oli di mediocre qualità come extra vergine di oliva, mantenendo in tal modo prezzi concorrenziali.
  Il processo prevede la distillazione di tali oli in corrente di vapore sotto vuoto, a elevate temperature, ed è finalizzato a eliminare i difetti sensoriali del prodotto, quali il cattivo odore, il gusto acre e l'eccessiva acidità, così da consentirne la commercializzazione, spesso previa miscelazione con altri oli al fine di equilibrarne i valori organolettici.
Pag. 23L’«olio deodorato» può essere totalmente sostitutivo dell'olio extravergine oppure può essere mescolato ad oli lampanti, al fine di ottenere oli di oliva vergini.
  L'individuazione di tale sofistificazione è assai complessa in sede di controlli, richiedendo specifiche e costose analisi chimiche. Il legislatore comunitario è intervenuto con il Reg. n. 61/2011 che, come detto, ha introdotto, solo per l'olio extravergine di oliva, un nuovo esame di laboratorio (tab. XX Reg. (UE) n. 61/2011), per il controllo della presenza di Metil ed Etil esteri degli acidi grassi secondo i parametri consentiti.

4.2.3. La miscelazione di oli diversi nella produzione dell'olio extravergine

  Nel corso delle audizioni è stato è proposto dalla Procura di Bari (12) il tema dell'incompatibilità, secondo il parametro normativo europeo di cui al citato Regolamento (CE) n. 29/2012, della pratica della «miscelazione» per la produzione dell'olio extravergine rispetto al «procedimento meccanico» sopra descritto, ritenendosi che non sia consentito che in tale «categoria commerciale possa sussumersi un prodotto derivante dalla “miscela di oli extravergini e di oli vergini”». Secondo tale Procura la vendita come «olio extravergine di oliva» di un olio frutto di miscelazione «configura un comportamento di tipo ingannevole da parte del produttore ai danni del consumatore il quale, nella convinzione di acquistare un extravergine “puro”, acquista viceversa un prodotto non rientrante in tale categoria commerciale, in quanto originato dalla combinazione di oli di categorie e qualità diverse, artificiosamente miscelati in modo da ottenere un prodotto rientrante solo nei meri parametri chimici dell'extravergine. Trattasi, in pratica, di un olio che dell'extravergine possiede il solo parametro chimico, peraltro non originario, cioè non ottenuto direttamente, bensì da un processo di miscelazione, quindi, sostanzialmente creato in laboratorio».
  Vale ricordare che la pratica della miscelazione è prevista dall'articolo 3 del Regolamento n. 29/2012 esclusivamente per l'olio di oliva costituito da miscela di olio di oliva raffinato e oli di oliva vergini, con esclusione dei lampanti e per l'olio di sansa di oliva costituito da miscela di olio di sansa raffinato miscelato con olio di oliva vergine, sempre con esclusione dei lampanti. In tal senso la miscelazione degli oli costituisce una pratica usuale, che deve essere realizzata all'interno della medesima categoria merceologica, (13) e che può essere utilizzata anche per fini leciti di conferimento di particolari caratteristiche organolettiche al prodotto finale.
  Altro riferimento è contenuto nell'articolo 4 del decreto ministeriale 10 novembre 2009 e nell'articolo 4, comma 2, lett. b) del Regolamento UE 29/2012, con riferimento però alla «designazione dell'origine» degli oli di oliva, al fine di proporre al consumatore una Pag. 24dicitura trasparente circa la provenienza dell'olio (ossia per miscele di oli di oliva originari dell'UE ovvero non originari dell'UE), ma all'interno di categorie omogenee di olio.
  Il problema per l'olio extravergine, secondo la tesi della Procura di Bari, è di carattere normativo, in quanto l'articolo 3 del Reg. n. 29/2012 ha reso più stringenti le caratteristiche dell'olio extravergine rispetto alle previsioni del precedente Reg. CE. 1513 del 2001, che prevedeva che gli oli d'oliva (extravergini e vergini) fossero il risultato di procedimenti meccanici o di «altri processi fisici», in condizioni che non alterino l'olio e che non abbiano subito alcun trattamento diverso dal lavaggio, dalla decantazione, dalla centrifugazione e dalla filtrazione, distinguendo gli oli d'oliva extravergini dai vergini e dai lampanti esclusivamente attraverso il parametro dell'acidità libera espressa in acido oleico. L'articolo 3 del Regolamento UE n. 29, invece, identifica per olio extravergine d'oliva solo un olio di categoria superiore ottenuto «direttamente dalle olive e unicamente mediante procedimenti meccanici», non riproducendo la citazione ad «altri processi fisici» di cui al Reg. CE n. 1513 del 2001.
  Il processo di miscelazione, secondo la citata Procura, costituisce inoltre violazione dell'articolo 4, comma 3, della legge n. 9 del 14 gennaio 2013, «in quanto la mescolanza fra i due oli falsa le valutazioni organolettiche riservate esclusivamente all'olio d'oliva extravergine, così eludendo le previsioni dell'allegato XII del Reg. CEE n. 2568 del 1991, in tema di valutazioni organolettiche (cfr. Panel Test, articolo 2 legge n. 9 del 14/1/2013)”. Ciò, evidentemente, in relazione alla volontà del legislatore di sottolineare la differenza tra i due olii non solo in sotto il profilo della componente chimica (es. acidità), ma anche dei profili organolettici». La norma citata richiama l'articolo 21, comma 1, lett. a) e b), del D. Lvo. 6 settembre 2005, n. 206 (Codice del consumo) per il fatto di indurre in inganno il consumatore nell'acquisto di un olio venduto come extravergine ma che è il risultato di una miscelazione con olio vergine, senza informativa all'utente, che può far conto sulle notorie caratteristiche antiossidanti e antinfiammatorie di tale prodotto ritenute efficaci nella prevenzione di malattie degenerative.
  Altra normativa con la quale la pratica della miscelazione nell'olio extravergine si pone in contrasto, secondo la ricostruzione della citata Procura, è quella di cui al Regolamento (CE) n. 1881/2006, che l'ARPA di Bari applica nell'attività di controllo dell'olio extravergine di oliva, che definisce i tenori massimi sul piano tossicologico di alcuni contaminanti nei prodotti alimentari ai fini della tutela della salute pubblica: la miscelazione nell'olio extravergine è ritenuta elusiva del dettato normativo, «in quanto non permette di poter svolgere un'indagine tossicologica attendibile».
  La giurisprudenza non si è ancora pronunciata sulla questione in quanto le inchieste svolte dalla Procura di Bari devono ancora giungere a sentenza.
  Su un tema connesso si ricorda che l'articolo 9 della legge n. 9/2013 interviene in materia di perfezionamento attivo per gli oli di oliva vergini. Il regime di perfezionamento attivo ha lo scopo di incoraggiare e agevolare l'attività delle industrie di esportazione comunitarie, consentendo di importare senza pagare dazi o prelievi agricoli, merci destinate ad essere perfezionate nella Comunità e Pag. 25quindi riesportate al di fuori di essa, sotto forma di prodotti compensatori. Per l'incidenza di tali agevolazioni nel caso di pratiche fraudolente di importazioni di olio dall'estero che possa poi esser riesportato come italiano ovvero miscelato, la norma stabilisce, al fine di prevenire le frodi nell'applicazione di tale ipotesi, l'ammissione al regime di perfezionamento attivo avente per oggetto oli di oliva vergini, sia subordinata alla previa autorizzazione del Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali. (14)

4.2.4. L'utilizzazione illecita delle denominazioni d'origine

  La violazione delle denominazioni d'origine concreta un tipico reato di contraffazione già previsto dal codice penale dall'articolo 517-quater relativo alla contraffazione di indicazioni geografiche o denominazioni d'origine dei prodotti agroalimentari.
  Nel citato rapporto IPERICO 2014 del Ministero dello Sviluppo Economico la falsificazione del marchio o l'indicazione ingannevole di provenienza geografica o della denominazione di origine viene identificata tra le diverse tipologie di contraffazione rilevata ed è comunemente indicato come «agropirateria», fenomeno di falsificazione delle indicazioni geografiche tutelate e delle denominazioni protette sfruttando la qualità, l'apprezzamento e la notorietà commerciale dei prodotti alimentari italiani.
  Questa tipologia di contraffazione alimentare, in generale per tutti i prodotti e non solo per gli oli d'oliva, mette fortemente a rischio l'economia delle imprese del settore agroalimentare italiano, ricco di prodotti di eccellenza e certificazioni di qualità. L'Unione europea ha registrato oltre 1.200 prodotti con marchi D.O.P., I.G.P. e S.T.G.; di questi, ben 261 (158 D.O.P., 101 I.G.P. e 2 S.T.G.) sono di origine italiana, ovvero circa il 22% dell'intera fetta del mercato europeo. Il nostro Paese è, pertanto, al primo posto della graduatoria comunitaria dei prodotti tipici e, proprio per questo, i prodotti del cibo italiano sono spesso oggetto di sofisticazioni, falsificazioni, contraffazione e ingannevole utilizzo dell'origine geografica.
  Dalle audizioni svolte è emerso che solo cinque Consorzi di Tutela di prodotti agroalimentari hanno aderito al sistema FALSTAFF, banca dati multimediale di prodotti autentici alimentata dagli stessi titolari del diritto che consente, tra l'altro, di confrontare le caratteristiche dei prodotti sospettati di contraffazione con le caratteristiche dei prodotti originali, sviluppato dall'Agenzia delle Dogane e dei Monopoli (15), che ha mostrato la sua efficacia nella lotta alla contraffazione. Al proposito è auspicabile un'azione concreta di sensibilizzazione delle aziende del settore dal parte del MIPAAF.

Pag. 26

4.2.5. Le pratiche del c.d. Italian sounding

  Altro fenomeno frequente di contraffazione, essenzialmente all'estero, nel settore dell'olio d'oliva ed in generale dei prodotti del settore agroalimentare, è rappresentato dalle pratiche del c.d. Italian sounding.
  Con tale locuzione nel settore si indicano le pratiche di produzione e commercializzazione di oli contenenti una falsa evocazione dell'italianità del prodotto, senza tuttavia realizzare una fraudolenta utilizzazione o falsificazione di segni distintivi di prodotti di aziende italiane o DOP, ma utilizzando nomi, simboli, colori, o attraverso l'imitazione di denominazioni geografiche o l'utilizzo di immagini ed etichette che evocano l'italianità dei luoghi di origine della materia prima, della ricetta, o del processo di trasformazione di oli che non hanno alcun legame con il nostro Paese, ma che sono idonei a far presumere al consumatore un'origine italiana del prodotto non corrispondente alla realtà, in quanto le bottiglie commercializzate contengono olio straniero.
  L'imitazione dell'italianità del prodotto costituisce un motivo rilevante per l'acquisto di tali prodotti da parte del consumatore, segnatamente nel comparto agroalimentare, e particolarmente all'estero, ove la tradizione italiana è rinomata nel mondo per l'alta qualità dei suoi prodotti e per la forte connotazione culturale che la rende immediatamente riconoscibile da parte dei consumatori.
  Mentre la contraffazione dei prodotti con violazione delle denominazioni d'origine o dei segni distintivi delle aziende produttrici costituisce un illecito penale, l'erronea evocazione dell'origine raramente è considerata tale in moltissimi Paesi. D'altronde nella maggior parte dei Paesi al di fuori dell'Unione europea non trovano tutela nemmeno i prodotti agroalimentari riconosciuti quali DOP (denominazione d'origine protetta) o IGP (indicazione geografica protetta) dall'Unione europea. La tutela di tali prodotti al di fuori dell'Unione è rimessa ad accordi internazionali tra l'Unione e i Paesi terzi, nonché alla eventuale registrazioni dei marchi effettuate dai produttori. (16)
  A livello economico l'impatto dell'imitazione dei prodotti agroalimentari italiani, risulta assai rilevante, con un fatturato che si aggira intorno ai 60 miliardi di euro l'anno, come emerge dal terzo Rapporto Agromafie, elaborato da Eurispes, Coldiretti e Osservatorio sulla criminalità nell'agricoltura e sul sistema agroalimentare (17), che sottolinea che si tratta di «un valore quasi doppio rispetto al fatturato delle esportazioni agroalimentari nazionali, che ha raggiunto la cifra record di 34 miliardi nel 2013» (18). Pag. 27
  Il fenomeno è in crescita, in quanto tra il 2001 e il 2010 gli episodi di italian sounding per l'intero settore agroalimentare sono aumentati del 180%, segnatamente negli Stati Uniti, in Canada e nel centro America (19). Negli Stati Uniti il 97% dei sughi per pasta, il 94% delle conserve, il 76% dei pomodori in scatola ed il 15% dei formaggi sono imitazioni, con un rapporto tra prodotti originali e italian sounding di uno a otto, a fronte di un rapporto di uno a tre rilevato nel mercato unico europeo (20).
  Il contrasto di questo fenomeno in ambito internazionale è sostanzialmente privo di tutela giuridica, in quanto non sono attivabili gli strumenti utilizzabili in caso di violazione dei diritti di proprietà industriale. In ambito nazionale la legislazione penale ha inteso contrastare sul territorio nazionale i più gravi casi di evocazione ingannevole, assimilandola al falso made in Italy. L'articolo 4 comma 49 e segg. della legge n. 350/2003 sanziona infatti non solo la falsa indicazione d'origine, ma anche la fallace indicazione, atta ad indurre il consumatore in errore, che il prodotto sia di origine italiana, anche qualora sia indicata l'origine e la provenienza estera dei prodotti o delle merci, con l'uso di segni, figure, o quant'altro possa indurre il consumatore a ritenere che il prodotto o la merce sia di origine italiana.

4.2.6. Adeguatezza della tutela penale

  Per quanto riguarda l'adeguatezza del vigente apparato sanzionatorio penale contro le forme di contraffazione e frode in commercio di cui al codice penale e nelle leggi speciali si rinvia integralmente a quanto esaminato approfonditamente dalla Commissione nella «Relazione su possibili proposte normative in materia penale in tema di contraffazione», approvata il 4 agosto 2015, che propone una razionalizzazione e semplificazione della materia penale.
  Va qui ricordato che nel corso delle audizioni sono state espresse dalle Procure intervenute in Commissione valutazioni circa l'opportunità di una ridefinizione complessiva dell'apparato sanzionatorio vigente, in quanto i «fenomeni usurpativi o contraffattivi hanno subito un progressivo processo di trasformazione qualitativa e quantitativa sotto il profilo criminologico. Forse bisogna considerare nuovi beni giuridici, come l'interesse dei singoli consumatori, anche se in realtà molti guardavano alla fede pubblica, quindi al consumatore, ma era un passaggio più indiretto, oppure al titolare del diritto di esclusiva, tuttavia c’è anche il problema della sicurezza, se abbiamo a che fare con alcuni prodotti (per esempio, medicinali e quant'altro) o quello dell'economia Pag. 28pubblica. Esistono anche altri beni-interesse che forse potrebbero essere presi in considerazione, come la competitività, che credo sia un interesse nuovo che può assurgere a bene giuridico – delitti contro l'industria, il commercio e la competitività – perché è chiaro che una contraffazione massiva intacca anche il mercato parallelo lecito. Dopodiché, c’è anche la concorrenza sleale, quindi competitività e concorrenza sono concetti che potrebbero comparire in un capo unitario che possa raccogliere tutto».(21)
  Va peraltro ricordato che importanti novità in tema di tutela penale sono state introdotte dalla legge n. 9/2013.
  In tema di responsabilità delle imprese, l'articolo 12 ha esteso le previsioni di cui al decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231 in tema di responsabilità della persona giuridica, agli enti che operano nell'ambito della filiera degli oli vergini di oliva, per i reati di cui agli articoli 440, 442, 444, 473, 474, 515, 516, 517 e 517-quater del codice penale, commessi nel loro interesse o a loro vantaggio da persone con funzioni dirigenziali o sottoposte alla loro vigilanza e di cui sono responsabili.
  L'articolo 13 prevede inoltre in caso di condanna definitiva l'applicazione di una vasta gamma di sanzioni accessorie a fini di interdizione della continuazione dell'esercizio dell'attività:
   • la pubblicazione della sentenza a spese del condannato su almeno due quotidiani a diffusione nazionale, ai sensi dell'articolo 36 del codice penale, in caso di condanna per il delitto di contraffazione di indicazioni geografiche o denominazioni di origine dei prodotti agroalimentari (articolo 517-quater c.p.) se riguardante oli di oliva vergini;
   • il divieto per cinque anni di porre in essere qualsiasi condotta, comunicazione commerciale e attività pubblicitaria, anche per interposta persona, finalizzata alla promozione di oli di oliva vergini;
   • la confisca obbligatoria del denaro, dei beni o delle altre utilità di cui il condannato non possa giustificare la provenienza o di cui, anche per interposta persona fisica o giuridica, risulti essere titolare o avere la disponibilità a qualsiasi titolo in valore sproporzionato rispetto al proprio reddito dichiarato o alla propria attività economica;
   • il divieto di ottenere iscrizioni o provvedimenti comunque denominati, a contenuto autorizzatorio, concessorio o abilitativo, per lo svolgimento di attività imprenditoriali ovvero l'accesso a contributi, finanziamenti o mutui agevolati o altre erogazioni dello stesso tipo, comunque denominate, concessi o erogati da parte dello Stato, di altri enti pubblici o dell'Unione europea, per lo svolgimento di attività imprenditoriali nel settore.

  Sul tema si ricorda la valutazione del Presidente del Comitato Scientifico dell'Osservatorio sulla criminalità nell'agricoltura e sul sistema agroalimentare Caselli (22) che ha ritenuto opportuna, al fine Pag. 29di rendere effettivamente efficace il sistema sanzionatorio, l'introduzione di misure afflittive in grado di aggredire i patrimoni degli incriminati e misure interdittive con esecutività immediata.
  La legge ha poi esteso la facoltà di disporre intercettazioni telefoniche e telematiche, modificando l'articolo 266, comma 1, del codice di procedura penale, per i reati di contraffazione.
  Per quanto riguarda invece i profili di tutela civile, con riferimento alla provenienza territoriale dell'olio, gli artt. 4 e 5 della legge n. 9/2013 dettano norme in materia di pratiche commerciali ingannevoli, stabilendo l'illiceità della registrazione di marchi che non corrispondono alla effettiva origine territoriale delle olive.
  L'articolo 3 definisce pratica commerciale ingannevole, richiamando gli artt. 21 e seguenti del decreto-legge n. 6 settembre 2005, n. 206 (Codice del consumo) la presenza di indicazioni che, attraverso diciture, immagini e simboli grafici, evochino una specifica zona geografica di origine degli oli vergini di oliva non corrispondente alla effettiva origine territoriale delle olive. È altresì ingannevole la pratica commerciale consistente nell'omissione di indicazioni rilevanti circa la zona geografica di origine degli oli di oliva vergini, ingenerando la convinzione che le olive utilizzate siano di provenienza territoriale diversa da quella effettiva.
  L'articolo 5 prevede in tal caso che non possano costituire oggetto di registrazione come marchio d'impresa i segni idonei ad ingannare il pubblico sulla provenienza geografica delle materie prime degli oli di oliva vergini. Se tali caratteristiche sopravvengono i marchi registrati decadono per illiceità sopravvenuta, ai sensi dell'articolo 26 del decreto-legge n. 10 febbraio 2005, n. 30 (Codice della proprietà industriale), con l'obbligo a carico del responsabile di dare notizia della decadenza su almeno due quotidiani a diffusione nazionale e di ritirare i prodotti dal mercato. (23)
  L'articolo 6 introduce una fattispecie di reato nell'articolo 4 della legge 24 dicembre 2003, n. 350, inserendo un comma dopo il comma 49-ter in materia di fallace indicazione nell'uso del marchio avente per oggetto oli di oliva vergini. (24)

5. INIZIATIVE DI CONTRASTO DELLE ATTIVITÀ ILLECITE NEL SETTORE

5.1. Inchieste della magistratura

  Nel corso dei suoi lavori la Commissione ha audito le Procure della Repubblica di Siena, di Trani e di Bari, tra le maggiori impegnate in Italia nella repressione delle frodi e delle contraffazioni nel settore. Pag. 30
  Circa la tipologia degli illeciti evidenziatesi in tale ambito e le pratiche contraffattive e fraudolente realizzate si è già dato conto nella precedente sezione n. 4.
  a) Alla Procura di Siena sono ascrivibili le inchieste «Arbequino» e «Fuente», che hanno portato al maggior numero di sequestri in Italia, con quasi 9.000 tonnellate, pari al 92,7% del totale sequestrato sull'intero territorio nazionale.
  Il dato caratteristico di tali inchieste è stato quello di spostare l'ambito delle indagini dai controlli condotti «a valle» su campioni del prodotto finito, che risulta di fatto sempre conforme ai parametri chimico-fisici previsti dalla normativa comunitaria in quanto i laboratori chimici aziendali che operano le frodi operano con la tecnica della «media ponderata» dei valori analitici, onde produrre una massa finale dell'olio complessivamente conforme alla categoria extravergine, attraverso l'utilizzo di materie prime in percentuali tali da risultare non rivelabili alle analisi ufficiali, ai controlli condotti «a monte». Con tale tecnica investigativa, partendo da un'ispezione amministrativa che portava al rinvenimento all'interno del laboratorio chimico di documenti manoscritti con appuntati «tagli» di oli diversi per l'ottenimento di masse di olio presentato come extra vergine e di numerosi contratti di acquisto di partite di olio vergine/extra vergine da fornitori iberici con annotati a penna parametri chimici reali (alchil-esteri, perossidi e livello di acidità), notevolmente al di fuori di quelli previsti dalla normativa comunitaria per l'olio extravergine, e a seguito di intercettazioni telefoniche e telematiche, si accertava una prassi fraudolenta molto estesa consistente nell'indicazione nel SIAN di partite di olio di oliva registrato come vergine/extra vergine di partite classificabili come «vergine» e «lampante». È stato così possibile accertare la sussistenza di due diverse forme di frode: la miscelazione di oli di differenti categorie (vergine e lampante) al fine di addivenire all'assemblaggio di partite di olio d'oliva extravergine con caratteristiche analitiche e parametri conformi al Regolamento 61/CE/2011, intervenendo con tagli in percentuale e con l'uso di oli c.d. deodorati per ridurre l'acidità e acquisire una classificazione commerciale migliore; la miscelazione di oli di differente origine (Italia, Spagna, Grecia, Tunisia) e categorie (extra vergine, vergine) al fine di addivenire alla produzione di partite di olio d'oliva iscritte nel SIAN come extra vergine 100% italiano, ovvero 100% greco. Il prodotto finale era poi rivenduto allo stato sfuso ad importanti aziende imbottigliatrici ubicate in diverse regioni italiane o all'estero che provvedevano al successivo confezionamento e cessione alle catene della grande distribuzione sul territorio nazionale ed estero.
  Nell'ambito dell'operazione Arbequino è stato eseguito il sequestro preventivo di complessive 7.722,22 tonnellate di olio di oliva sfuso presso l'azienda e di ulteriori 450 tonnellate di olio d'oliva non conforme ai parametri di legge presso terzi (per un totale pari a totale compreso tra l'1% ed il 2% della produzione nazionale di olio di oliva). All'esito dell'udienza preliminare, il GUP di Siena ha emesso decreto che dispone il giudizio ed il procedimento pende attualmente in fase dibattimentale innanzi al Tribunale di Siena per i reati di associazione a delinquere (articolo 416 c.p.) finalizzata alla frode in commercio (articolo 515 c.p.) aggravata (articolo 517 c.p., in quanto trattasi di sostanze alimentari) e continuata (articolo 81 cpv. c.p.), nonché falsità Pag. 31continuata in registri ufficiali (articolo 484 c.p.), violazione di sigilli (articolo 349 c.p.) e frode processuale (articolo 374 c.p.). L'Azienda, quale persona giuridica, è imputata per illecito amministrativo derivante dai reati di associazione per delinquere e di frode in commercio ai sensi degli artt. 24-ter e, rispettivamente, 25.bis.1 del D. L. vo 231/2001 sulla responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, con il sequestro preventivo del profitto del reato tratto dall'ente, per circa 500 mila euro.
  Un altro filone di indagine – delegato all'I.C.Q.R.F. di Roma ed alla Guardia di Finanza di Siena – riguarda l'impiego nelle miscele di olio c.d. deodorato, ipotizzando il reato di frode in commercio e il più grave delitto di riciclaggio merceologico (articolo 648-bis c.p.). Da tali indagini emerge come i due comportamenti fraudolenti del ricorso alla c.d. deodorazione, non ammessa nel processo di produzione degli oli vergini di oliva (extravergini e vergini) e della commercializzazione di oli appartenenti a categorie merceologiche inferiori rispetto a quanto dichiarato ma designati nel SIAN come oli extravergini, «risultano interconnessi tra loro e siano utilizzati “camaleonticamente” a seconda delle stagione agronomica».
  b) Alla Procura di Trani sono ascrivibili inchieste rilevanti in tema di falsa fatturazione (c.d. olio di carta), sulle quali si rinvia a quanto detto in precedenza, e circa fattispecie di prodotti con etichette false con olio di semi poi trattato con la clorofilla. L'intento di molte manovre fraudolente è quello di modificare cartolarmente l'origine del prodotto una volta uscito dagli spazi doganali, trasformando in tal modo olio extravergine straniero in olio italiano. Ciò presuppone poi l'inserimento di false dichiarazioni nel SIAN e di pratiche di miscelazione di prodotti non omogenei attraverso pratiche chimiche di laboratorio. In sede di contributi propositivi è stata evidenziata la necessità, per combattere il fenomeno, di tipizzare le rese di produzione attraverso registri specifici: parimente utile potrebbe essere la fissazione in sede ministeriale, anche attraverso i consorzi, i prezzi minimi e massimi sia per la resa che per i valori.
  Altra innovazione ritenuta necessaria concerne il sistema dei trasporti, importando per il trasporto dell'olio di oliva il sistema di certificazione nei trasporti adottato nella viticoltura.
  c) Le inchieste condotte dalla Procura di Bari hanno posto con evidenza il tema della compatibilità delle pratiche di miscelazione con la normativa sull'olio extravergine, come detto in precedenza; altra questione rilevante è quella della prassi commerciale di iscrivere ai medesimi lotti di olio unità di vendita derivanti da partite di olio diverso, sia come provenienza geografica che sotto l'aspetto dei tempi di lavorazione. La questione, originata dal rinvenimento di lotti comprensivi di bottiglie di olio extravergine di oliva 100% italiano e bottiglie di olio extravergine di oliva ottenuto da miscela di oli comunitari, provenienti a loro volta da una pluralità di lotti diversi di olio nazionale e comunitario prodotto in circostanze e tempi diversi, coinvolge una interpretazione del testo normativo vigente, in particolare dell'articolo 13 del decreto-leggevo 27 gennaio 1992 n. 109. Tale norma intende per lotto un insieme di unità di vendita di una derrata alimentare, prodotta, fabbricata o confezionata in «circostanze praticamente identiche», con contestuale applicazione in caso di violazione Pag. 32di tali obblighi dell'apparato sanzionatorio amministrativo previsto del successivo articolo 18, comma 3; viceversa l'articolo 2, comma 1, del decreto-leggevo 27 gennaio 1992 n. 109, prevede che «...l'etichettatura, la presentazione, la pubblicità dei prodotti alimentari non devono indurre in errore l'acquirente sulle caratteristiche del prodotto e precisamente sulla natura sulla identità sulla qualità, sulla composizione, sulla quantità, sulla durabilità, sul luogo di origine o di provenienza, sul modo di ottenimento o di fabbricazione del prodotto stesso...»: si pone pertanto la questione, che, secondo la citata Procura, appare bisognosa di un chiarimento in sede legislativa, della possibilità di considerare appartenenti al medesimo lotto di partite di olio realizzate in tempi diversi o con oli di provenienza geografica diversa, al fine di garantire nell'interesse del consumatore la trasparenza circa la provenienza dell'olio extravergine.
  Dalle inchieste in corso sono emersi inoltre casi in cui l'attribuzione del numero di lotto a partite diverse di olio realizzati in periodi diversi ha determinato un illecito dilatamento nel tempo del termine di scadenza dell'olio (18 mesi per la conservazione) entro il quale il prodotto deve essere consumato (articolo 10 del decreto-legge n. 27 gennaio 1992, n. 109. Il superamento del termine di scadenza equivale all'impossibilità di considerare l'extravergine a tutti gli effetti come tale dopo la scadenza e pertanto l'attribuzione di un lotto unitario per prodotti realizzati in periodi di tempo diversi si traduce in un sostanziale aggiramento della normativa.

5.2. L'attività di controllo e di indagine da parte delle forze dell'ordine

  Il volume complessivo delle attività di controllo e di repressione è notevole e si avvale dell'attività delle diverse forze di polizia operanti nel settore.
  Dai dati esposti nel corso della relativa audizione del 16 febbraio 2015 dal Comandante del Comando carabinieri politiche agricole e alimentari – Nucleo anti-frode Carabinieri (NAC), dipendente funzionalmente dal MIPAAF, Dell'Agnello, si apprende che dal 2010 al 2015 sono stati operati da tale Corpo controlli su 418 aziende del settore, effettuati sequestri per oltre 3.100 tonnellate di prodotto, per un controvalore di oltre 11,5 milioni di euro, accertate 139 violazioni penali e amministrative, segnalati 57 soggetti all'autorità giudiziaria e, infine, individuati 740.000 euro illecitamente percepiti nel settore della coltivazione e della produzione dell'olio.
  Nel periodo gennaio 2011-dicembre 2014, i Reparti della Guardia di Finanza hanno complessivamente sequestrato per frodi nell'intero settore agro-alimentare circa 30.000 tonnellate e 29 milioni di litri di generi per uso alimentare, nel quadro di 677 interventi complessivi. Gli interventi più consistenti hanno interessato il vino e gli spumanti (con 28,7 milioni di litri), l'olio di oliva (con 9.571 tonnellate), i mosti e le uve parzialmente fermentati (8.936 tonnellate) e i cereali (5.023 tonnellate).
  Nel periodo 2011-2014, i sequestri effettuati dai vari Reparti nel settore oleario per 9.571 tonnellate corrispondono al 24% del totale dei prodotti alimentari solidi complessivamente ritirati dal mercato.Pag. 33
  A seguito delle indagini di polizia giudiziaria eseguite dai Reparti nel comparto oleario, sono stati denunciati all'Autorità Giudiziaria per le fattispecie di settore (falsa denominazione d'origine, frode in commercio, contraffazione) 93 soggetti, 23 dei quali oggetto di provvedimenti di natura cautelare emessi dall'Autorità Giudiziaria procedente.
  Su base territoriale le attività svolte dai vari reparti vedono una concentrazione dei sequestri nelle regioni del centro-sud dell'Italia, mentre le regioni settentrionali non risultano essere state interessate da azioni operative di rilievo. Il primato dei sequestri spetta alla Toscana, con quasi 9.000 tonnellate, pari al 92,7% del totale sequestrato sull'intero territorio nazionale. Il rimanente 7% è distribuito tra Puglia (600 tonnellate), Campania (oltre 83 tonnellate), Sicilia e Marche (circa 15 tonnellate).
  Nell'audizione del 26 marzo 2015 del Comandante Generale del Nucleo anti-sofisticazioni e sanità (NAS) dell'Arma dei Carabinieri, dipendente funzionalmente dal Ministero della salute, Cosimo Piccinno, si è sottolineata l'attività dei NAS che possono eseguire fermi e sequestri preventivi degli alimenti e che sono pertanto l'unica Forza di polizia abilitata, in ragione del principio di precauzione per la sicurezza alimentare, a eseguire campionamenti e sequestri sanitari cautelativi, molto importanti nel caso dell'olio, e quindi di salubrità degli alimenti, pertanto ciò che svolge, rispetto alla qualità dell'olio.
  I NAS hanno eseguito circa 99.000 controlli in ogni biennio di attività, registrando una percentuale del 29 per cento di non conformità dei prodotti testati, effettuati attraverso controlli mirati, con metodo di intelligence, e non con modalità random, con 42 persone arrestate, 31.500 segnalate all'autorità giudiziaria o amministrativa, 40 milioni di euro di violazioni penali e amministrative contestate.
  Per quanto riguarda i controlli non a campione ma a tappeto sulla filiera, va ricordata l'iniziativa dei NAS che tra il 16 e il 23 marzo 2015 hanno eseguito un controllo straordinario lungo tutta la filiera olivicola, in un periodo dell'anno in cui normalmente tali controlli non sono usuali, essendo in pieno atto la campagna olearia. Sono stati impiegati 1.476 militari, con una media di 210 Carabinieri al giorno, sequestrando 90.000 litri d'olio, compiendo 468 campionamenti, con 73.000 litri risultati non tracciabili, controllando 962 obiettivi, con 57 segnalazioni all'autorità giudiziaria. Sono state individuate 7.000 etichettature non conformi, 2.650 litri detenuti in locali non autorizzati, 5.600 sotto vincolo sanitario in attesa di esito analitico.
  Un ruolo importante in tema di controlli preventivi va ascritto all’Ispettorato Centrale della tutela della qualità e repressioni frodi dei prodotti agroalimentari (ICQRF) del Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali.
  Nell'audizione del 26 marzo 2015 il Capo dell'ICQRF Stefano Vaccari ha sottolineato l'elevato numero di controlli effettuati, oltre all'attività di polizia giudiziaria condotta insieme alla Guardia di Finanza e all'Agenzia delle Dogane e dei Monopoli per le operazioni «Arbequino» per la Procura della Repubblica di Siena ed «Olio di carta» per la Procura della Repubblica di Trani.
  Nel 2014 l'ICQRF ha svolto oltre 6.500 controlli sull'olio di oliva, verificato oltre 4.000 operatori (di cui 457 risultati irregolari) e circa 8.200 prodotti (di cui 562 risultati irregolari). A fronte di tali operazioni, Pag. 34ha elevato 345 contestazioni amministrative e 76 notizie di reato, nonché 95 sequestri per un valore complessivo superiore a 9 milioni di euro.
  Per quanto riguarda le condizioni generali che portano allo sviluppo delle frodi, dall'audizione in Commissione del Capo del III Reparto operazioni del Comando generale della Guardia di finanza Stefano Screpanti si evidenzia una condizione economica che fa da volano allo sviluppo delle frodi nel settore, costituita dalla grande differenza di prezzo che esiste tra l'olio vergine di oliva straniero e quello italiano: «la convenienza rappresentata dal costo delle materie prime estere è uno dei fattori di rischio per la diffusione delle frodi, dal momento che l'attribuzione illecita, solo formale, di una qualità superiore di un'origine nazionale di un olio meno pregiato e con altre caratteristiche reali consente già di per sé di lucrare ampi margini di guadagno» (25).
  Ulteriori controlli sui numerosi fenomeni di irregolarità e abusi che si verificano nell'ambito della commercializzazione dell'olio extravergine di oliva sono effettuati dal Corpo forestale dello Stato, il cui Direttore della Divisione II (Sicurezza Agroambientale e Agroalimentare) Amedeo De Franceschi è stato audito il 16 febbraio 2015.
  Numerose inchieste testimoniano della sistematicità di comportamenti che, partendo dalla convenienza economica di trasformare illecitamente olio straniero in extravergine italiano, prevedono modalità divenute consuete nella realizzazione delle frodi: l'utilizzazione di olio estero come materia prima a basso costo che viene poi trasformato in olio made in Italy; la predisposizione di documenti falsi per la «regolarizzazione» della merce; la sistematicità «seriale» di comportamenti illeciti che presuppongono un'organizzazione strutturata, sia nel momento dell'acquisizione del prodotto estero, con lo sviluppo di rapporti continuativi di fornitura all'estero, sia successivamente nella manipolazione del prodotto, che da straniero di bassa qualità in italiano diviene extravergine, attraverso l'uso massiccio dei laboratori chimici e le tecniche di miscelazione e deodorazione.
  Si ricordano al proposito, con riferimento particolarmente alla trasformazione di olio extra comunitario in extravergine italiano:
  • L'individuazione nel 2011 da parte del gruppo della Guardia di Finanza di Salerno, in occasione di un controllo su un carico in transito comunitario nel porto, di una partita di 27 tonnellate di olio spagnolo destinato a un'azienda della provincia di Bari, con la predisposizione di una falsa documentazione di accompagnamento della merce parallela a quella presentata in dogana, attestante l'origine italiana del prodotto e la sua destinazione a un'azienda di Perugia. L'intento della manovra era evidentemente quello di modificare cartolarmente l'origine del prodotto non appena uscito dagli spazi doganali, trasformando olio extracomunitario a basso costo in olio extravergine di oliva italiano dal prezzo elevato.
  • Il sequestro nel novembre 2011 da parte del gruppo di Taranto della Guardia di Finanza, di 81.000 litri di olio lampante (operazione Pag. 35«The Good of Italy») di produzione tunisina. Dagli accertamenti emergeva la trasformazione documentale in olio di qualità italiana di altri 326.000 litri di prodotto analogo a quello già sequestrato. Il livello organizzato su scala mondiale della frode era testimoniato dal fatto che l'olio imballato in confezioni recanti etichette «Il buono d'Italia» era destinato all'esportazione in Giappone e nell'isola di Taiwan, risultando formalmente prodotto, sulla carta, da due frantoi siti nelle province di Cosenza e Agrigento, non più in attività.
  • Il sequestro operato nel porto di La Spezia, nel 2010, di oltre 47.000 litri di olio di oliva etichettato come extravergine, destinato al commercio al mercato sia cinese, sia statunitense, mentre in realtà si trattava di olio lampante di origine tunisina. Nel proseguimento delle indagini svolte dai Carabinieri del Comando delle politiche agricole è stato individuato un circuito illegale di importazione di ingenti quantitativi di olio lampante, con il sequestro di ulteriori 3.000 tonnellate in varie zone del territorio nazionale, con la notifica di misure interdittive a diversi imprenditori, specialmente in Sicilia, Puglia e Liguria.
  • L'intercettazione nel marzo 2014 dal gruppo di Bari della Guardia di Finanza nel porto di una partita di 25 tonnellate di olio extravergine di oliva in procinto di lasciare il territorio nazionale con destinazione Tirana, in Albania. Le analisi chimiche eseguite sul carico di merce hanno accertato che il prodotto era di qualità scadente rispetto a quella indicata nei documenti di esportazione.
  • L'individuazione da parte dei Carabinieri del Comando delle politiche agricole nel 2011 in Emilia-Romagna di un'azienda che importava olio etichettato extravergine di oliva dalla Spagna e dalla Grecia per destinarlo al circuito della ristorazione, dopo pratica di deodorazione, con il sequestro di oltre 9.000 litri.
  • L'arresto, nel luglio 2014, di 16 soggetti, con il sequestro di 16 aziende e di 425 tonnellate di prodotto falsamente dichiarato come extravergine di oliva nell'ambito dell'operazione «Aliud pro olio», da parte della tenenza di Andria della Guardia di Finanza, in collaborazione con l'Ispettorato centrale della tutela della qualità e della repressione frodi dei prodotti agroalimentari del Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali e l'Agenzia delle dogane di Bari. Si accertava la sussistenza di un'organizzazione criminale che utilizzava numerose società calabresi e pugliesi dedite all'emissione di fatture per operazioni inesistenti, e trasformava olio lampante o comune di origine spagnola in olio extravergine d'oliva italiano, in taluni casi addirittura biologico, con un volume di affari stimato in oltre 30 milioni di euro e la contestazione nei confronti dei titolari di alcune delle aziende coinvolte di oltre 47 milioni di euro di maggiore base imponibile per imposte dirette e più di 2 milioni di euro di IVA.
  • Nel 2015 i NAS di Lecce hanno effettuato un'ispezione presso un commerciante all'ingrosso della provincia di Lecce, che aveva acquistato e venduto ingenti quantitativi d'olio extra vergine d'oliva di origine comunitaria (Spagna e Grecia). Dopo aver acquisito i dati di commercializzazione, sono state eseguite ulteriori 14 ispezioni e presso quattro ditte è stato riscontrato che parte di tale olio comunitario era stoccato, confezionato e pronto per la vendita come olio extra vergine Pag. 36di oliva al 100 per cento italiano. Nel corso dell'operazione sono stati sottoposti a sequestro circa 2.000 chili d'olio confezionato ed etichettato come olio italiano. Sono stati sottoposti a sequestro amministrativo 6.000 chilogrammi di olio, detenuti in recinti diversi da quelli dichiarati al SIAN e sprovvisti delle indicazioni. Cinque persone sono state segnalate alla procura della Repubblica di Lecce per frodi in commercio e tentativo di frodi in commercio. In un caso, si è addirittura accertato che olio di origine comunitaria già confezionato e immesso in commercio da una nota ditta era stato miscelato con altro olio comunitario greco e riconfezionato come olio made in Italy.
  • Con riferimento particolarmente alla miscelazione e l'uso di oli diversi dall'extravergine si ricordano in particolare:
   • L'operazione «Soia d'oro», condotta dai NAS di Bologna, ha portato alla denuncia a Foggia di 17 persone per sofisticazione e messa in commercio di olio di soia venduto come olio extra vergine o vergine, etichettato con marchi di aziende pugliesi inesistenti. All'esito delle indagini sono stati sequestrati 14.000 litri di olio, tracciato in più procedimenti dei vari tribunali competenti territorialmente.
   • Il sequestro da parte dei Carabinieri del Comando delle politiche agricole nel 2012 a Roma di oltre otto quintali di olio etichettato extravergine di oliva, risultato essere una miscela di olio di soia addizionato con clorofilla, destinato ai circuiti della ristorazione della capitale. Altre sette tonnellate sono state sequestrate all'inizio del 2012 e nel 2013 sempre a Roma sono state sequestrate ulteriori 14 tonnellate di olio miscelato con mais e sansa etichettato come extravergine d'oliva.
   • Il sequestro ad Arezzo, da parte dei Carabinieri del Comando delle politiche agricole, nel 2014 di circa 2,5 quintali di olio extravergine di oliva venduto presso un agriturismo addirittura come biologico, mentre si trattava di olio lampante.
   • Nell'operazione «Olio tarocco» condotta dai NAS di Firenze, sono state denunciate 65 persone e sequestrati sofisticanti provenienti dall'Inghilterra tramite San Marino, per l'adulterazione e contraffazione di olio extra vergine d'oliva: 4 chili di betacarotene, 88 di clorofilla, 140.000 litri d'olio, di cui 5.000 già contraffatto; un macchinario con 400 litri di olio di semi di soia collegato a una macchina riempitrice che dall'olio di semi, insieme al betacarotene e alla clorofilla, elaborava olio simil extra-vergine. Dopo l'esame della documentazione sequestrata, è stata inviata consegnata alla Procura un'informativa a carico di 65 indagati, di cui 38 ristoratori, in quanto l'olio risultava somministrato nei ristoranti.

  L'ICQRF ha evidenziato tra le maggiori criticità il fenomeno degli oli c.d. da primo prezzo e quelli designati dalla indicazione italiano.
  Sul fenomeno dell'olio da primo prezzo, si è riscontrato che la forte contrazione dei prezzi alla distribuzione ha generato un aumento della richiesta di materie prime a prezzi bassi, specialmente di origine spagnola e greca, da parte delle imprese commerciali e confezionatrici, Pag. 37anche se si tratta di olio caratterizzato all'origine da caratteristiche chimico-fisiche ed organolettiche di scarso pregio, spesso artificiosamente mascherate mediante i tre seguenti sistemi di frode:
   • ricorsi a sistemi tecnologici vietati nella produzione degli oli extravergine di oliva e vergini di oliva (deodorazione o utilizzo di oli lampanti raffinati);
   • commercializzazione di olio appartenente a categorie merceologiche inferiori rispetto a quanto dichiarato, sebbene il prodotto sia consapevolmente designato nei documenti giustificativi del SIAN come olio extravergine di oliva, mentre nella relativa documentazione di trasporto e di acquisizione fiscale risulta essere «olio vergine di oliva» oppure «olio lampante» (quest'ultimo non edibile se non dopo raffinazione);
   • commercio di olio extravergine di oliva di diversa origine, spacciato come «Italiano», spesso anche illecitamente designato come «olio da agricoltura biologica». È stato al riguardo sottolineato e ribadito che l'olio di origine Italiana e quello di origine biologica, negli ultimi tre anni (2012-2015), ha registrato rialzi in termini di valore rispetto a tutte le altre categorie di olio di oliva, anche superiori al 30 per cento. Ciò giustificherebbe il rinnovato interesse da parte dei contraffattori ad interessarsi di queste produzioni di qualità.

  Circa il problema della tracciabilità degli oli in relazione all'utilizzo dell'olio deodorato il Corpo Forestale dello Stato ha iniziato ad indagare già dal 2010 con la nota inchiesta denominata «Sulle tracce dell'olio deodorato». L'inchiesta condotta si snodava sostanzialmente su una richiesta di tracciabilità dell'olio extravergine ad alta qualità, un prodotto venduto nel 2010 a 10 euro circa al litro sul cui documento di trasporto l'impresa controllata aveva indicato che si trattava di olio di origine comunitaria, estratto a freddo, mentre dalle analisi era risultato un tenore degli esteri etilici e metilici da acidi grassi di circa 60 mg/kg, e quindi la non classificabilità come olio extravergine, a seguito di possibile adulterazione compiuta miscelando oli di differente categorie merceologiche od anche deodorato. Nel 2012 in sede processuale è intervenuta un'archiviazione, avendo la magistratura giudicante ritenuto che il «documento di trasporto non può qualificarsi come atto pubblico, in quanto non è formato da pubblico ufficiale nell'esercizio delle sue funzioni». Alla Commissione è stato segnalato dal Direttore del Corpo Forestale, De Franceschi, un punto di debolezza della normativa di settore, ossia la mancanza di una effettiva cogenza della documentazione di trasporto degli oli, sia in ingresso dall'estero e sia in ambito interno, con conseguente impossibilità di garantire la tracciabilità del prodotto.
  La questione problematica riguarda segnatamente gli oli che giungono nel nostro Paese dall'estero, ossia da paesi terzi o da Stati Membri, tramite cisterne su navi o autobotti. Nel caso delle navi la mancanza di una documentazione legale di trasporto che fissi specificamente l'identità dell'olio trasportato rende di fatto impossibile assicurare la tracciabilità del prodotto fino al consumo finale, anzi Pag. 38crea le premesse affinché si possano mettere in atto condotte illecite di frode o di contraffazione (miscele di oli di differenti categorie, produzioni fittizie di oli nazionali, indicazione mendace dell'origine dell'olio).
  Attualmente per l'olio i prodotti sono trasportati con il documento previsto per tutte le merci, disciplinato dal decreto del Presidente della Repubblica 14 agosto 1996 n. 472, con le indicazioni integrative relative alla categoria e all'origine dell'olio di cui al decreto ministeriale del Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali del 20 novembre 2009 «Disposizioni nazionali relative alle norme di commercializzazione dell'olio di oliva», modificato dal successivo decreto ministeriale 23 dicembre 2013. Tali indicazioni si limitano a prevedere l'obbligo di tenuta del registro nel quale sono annotati i carichi e gli scarichi degli oli di oliva e delle olive, le produzioni, i movimenti e le lavorazioni nonché l'obbligo di costituzione e aggiornamento del fascicolo aziendale per gli olivicoltori che possiedono oliveti che producono olio non destinato all'autoconsumo e la cui produzione superi i 200 kg per campagna di commercializzazione. Secondo l'audito la soluzione più coerente ed efficace consisterebbe nel rendere obbligatoria la scorta del trasporto degli oli di oliva tramite documenti convalidati e quindi nell'adottare anche per i trasporti dell'olio di oliva, l'attuale Documento di Accompagnamento dei prodotti vitivinicoli di cui al Regolamento (CE) n. 436/2009, reso applicativo con il decreto ministeriale del Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali n. 7490 del 02/07/2013.
  Sul medesimo tema si è soffermato il 26 marzo 2015 il Presidente del Comitato Scientifico dell'Osservatorio sulla criminalità nell'agricoltura e sul sistema agroalimentare Caselli, sottolineando le criticità esistenti nelle operazioni di trasporto, per le quali non è previsto un sistema capillare di certificazione della merce trasportata, con il rischio che la tracciabilità del prodotto consegnato al vettore possa venire alterata durante il percorso verso il destinatario. Tale sistema dei controlli è stato ritenuto del tutto insufficiente a garantire una risposta immediata ed efficace nella repressione delle frodi ed occorre pertanto prevedere un sistema di tracciabilità costante, idoneo ad accompagnare il prodotto dal luogo di spedizione a quello di consegna, chiamando l'Autorità competente del luogo di partenza a certificare l'inizio della spedizione, il trasporto e l'avvenuta destinazione, come avviene per i prodotti vitivinicoli.
  Sul tema delle irregolarità nel settore della commercializzazione dell'olio di oliva, in particolare presso gli esercizi della ristorazione, il Corpo Forestale dello Stato ha riferito di aver riscontrato numerose inadempienze da parte degli esercenti, cui sono state elevate corrispondenti sanzioni pecuniarie. In particolare, con una campagna di controlli condotta nel novembre del 2011 in Emilia Romagna, tesa a verificare la rintracciabilità del prodotto appartenente alle categorie dell'extravergine, vergine e semplicemente dell'olio di oliva, oltre gli oli designati con DOP, IGP e Biologico, è scaturito che da quasi il 30 per cento dei controlli tale rintracciabilità non risultava garantita. Nel dicembre 2011 il Corpo Forestale ha condotto una ulteriore campagna di controlli volta ad accertare l'origine, la rintracciabilità e la scadenza del prodotto servito a tavola: su oltre 250 esercizi verificati, sono state Pag. 39riscontrate più di 50 violazioni della normativa con relativa applicazione di sanzioni amministrative pari a circa, in totale, 62 mila euro.
  Per le attività illecite riconducibili alla contraffazione delle denominazioni di origine si ricordano:
   • l'indagine condotta dal gruppo di Palermo della Guardia di Finanza nell'agosto 2014, nel corso del quale sono state sequestrate oltre 25.000 bottiglie d'olio destinate all'esportazione in Canada, fraudolentemente etichettate con segni identificativi di prodotti con Denominazione di origine protetta delle pregiate olive Nocellara del Belice;
   • un caso di applicazione della legge n. 9 del 2013 si è avuto nel 2015 con il sequestro da parte dei Carabinieri del Comando delle politiche agricole di numerose etichette, circa 36.000, nonché 1.400 contenitori di latta per l'imbottigliamento dell'olio in Umbria e in Toscana presso una azienda di imbottigliamento ed una società di import-export non di olio. L'olio era etichettato extravergine di oliva di provenienza tunisina, con un marchio registrato, però, in un Paese extracomunitario contenente la fallace indicazione di provenienza italiana e destinato al commercio estero, specialmente sui mercati extracomunitari;
   • l'operazione «Spremuta d'oro», condotta dai NAS di Bari e di Milano, ha portato all'arresto 39 persone, il sequestro di 7 aziende e di 25.000 chilogrammi di olio. Anche in questo caso si sono riscontrate etichette false con olio di semi poi trattato con la clorofilla. Quest'indagine, risalente al 2008-2009, ha visto tra l'altro riapparire in un mercato rionale di Foggia e nella città di Milano un marchio riportante lo stesso indirizzo di produzione e confezionamento, inesistente, già sottoposto a indagine di Bari;
   • in una circostanza le indagini sono state avviate dai NAS di Foggia a seguito della segnalazione di un soggetto privato, che aveva consegnato 15 bottiglie da un litro d'olio extra vergine d'oliva che aveva acquistato al prezzo irrisorio di 3 euro, con etichettatura di un oleificio inesistente. Il NAS sequestrava altre 20 bottiglie nella rivendita che, sottoposte ad analisi da parte dell'ARPA di Bari, rivelavano la presenza di un olio di semi colorato.

6. LA LEGISLAZIONE NAZIONALE SULL'OLIO DI OLIVA

  Il settore dell'olio d'oliva è stato oggetto di una legislazione particolare nel settore agroalimentare, volta a tutelare maggiormente le specificità del settore e dotare soprattutto il comparto dell'extravergine di una disciplina organica che regolasse la trasformazione, il commercio, l'attività di controllo e le relative sanzioni.
  Ci si riferisce innanzitutto all'articolo 43 del decreto legge 22 giugno 2012, n. 83, convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 134, cui l'articolo 3 della legge n. 9/2013 ha aggiunto il comma 1-bis che, al fine di assicurare ai consumatori la possibilità di individuare gli oli che presentano caratteristiche migliori di qualità, prevede un accrescimento dei controlli e di analisi degli oli di oliva Pag. 40vergini nella cui designazione di origine sia indicato il riferimento all'Italia per gli anni 2013-2015, da parte delle autorità preposte che procedono alla ricerca del contenuto di alchil esteri più metil alchil esteri; le risultanze dei controlli devono essere pubblicate ed aggiornate mensilmente nel sito internet del Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali. (26)
  Fondamentale in materia è la legge 14 gennaio 2013, n. 9, concernente «Norme sulla qualità e la trasparenza della filiera degli oli di oliva vergini». La finalità perseguita dalla legge è quella di tutelare e valorizzare la produzione nazionale dell'olio extra-vergine e tutelare il consumatore.
  Oltre agli aspetti già indicati in precedenza qui giova ricordare alcuni importanti aspetti di questa legge.
  In materia di smercio degli oli d'oliva nei pubblici esercizi, l'articolo 7, affermando che il termine minimo di conservazione entro il quale gli oli di oliva vergini conservano le loro proprietà specifiche in adeguate condizioni di trattamento non può essere superiore a diciotto mesi dalla data di imbottigliamento, indicato con la dicitura «da consumarsi preferibilmente entro la data», introduce l'obbligo del tappo anti-rabbocco e di etichettatura in modo da indicare almeno l'origine del prodotto ed il lotto di produzione a cui appartiene. Tali violazioni sono punite con sanzione amministrativa al titolare del pubblico esercizio da euro 1.000 a euro 8.000 e la confisca del prodotto. (27)
  Il Capo III della legge reca norme per garantire il corretto funzionamento del mercato e della concorrenza. L'articolo 8 attribuisce all'Autorità garante della concorrenza e del mercato, in materia di intese restrittive nel mercato degli oli di oliva vergini, il potere di vigilare, sulla base di informazioni fornite dall'Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, sull'andamento dei prezzi ed adottare atti idonei a impedire le intese o le pratiche concordate tra imprese finalizzate ad ostacolare, restringere o falsare in maniera consistente la concorrenza all'interno del mercato nazionale degli oli di oliva vergini, attraverso pratiche di determinazione del prezzo di acquisto o di vendita del prodotto. (28)
  Tale norma è rilevante, atteso che nel settore si registrano fenomeni di concentrazione sovranazionale, ad esempio con l'acquisizione di aziende e marchi italiani da parte di holding spagnole dell'olio, che
Pag. 41possono sollevare problemi di intese restrittive della concorrenza e di utilizzo di materie prime estere all'interno dei processi produttivi dell'olio italiano.
  Altro profilo interessante è quello della regolamentazione della vendita sottocosto degli oli di oliva extra vergini, regolata dall'articolo 11 che impone in tal caso la comunicazione al comune dove è ubicato l'esercizio commerciale almeno venti giorni prima dell'inizio e la limitazione della stessa solo una volta nel corso dell'anno. È vietata la vendita sottocosto effettuata da un esercizio commerciale che, da solo o congiuntamente a quelli del gruppo di appartenenza, detiene una quota superiore al 10 per cento della superficie di vendita complessiva esistente nel territorio della provincia dove ha sede l'esercizio. (29)
  In tema di tracciabilità delle produzioni destinate al commercio e della prevenzione delle frodi, l'articolo 16 fa obbligo ai produttori di oli vergini, extravergini e lampanti, di costituire e mantenere aggiornato il fascicolo aziendale già previsto dal decreto del Presidente della Repubblica 1o dicembre 1999, n. 503, e dal D. L.vo 29 marzo 2004, n. 99. In caso di mancata ottemperanza a tale adempimento, le produzioni non possono essere destinate al commercio e si applica una sanzione amministrativa pecuniaria da 500 a 3.000 euro. Alle imprese riconosciute che non provvedono all'annotazione nel registro di carico e scarico di cui al decreto ministeriale del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali 10 novembre 2009 si applica la medesima sanzione amministrativa e la sanzione accessoria della sospensione del riconoscimento delle imprese da uno a sei mesi.
  Sui contenuti di tale legge va ricordato l'apprezzamento espresso dal Presidente Caselli nella citata audizione, che «risulta di fondamentale ed attuale utilità per quanto riguarda le disposizioni legate all'utilizzo di mezzi investigativi immediatamente disponibili alle autorità di polizia giudiziaria».

7. CONCLUSIONI

  Alla Commissione parlamentare di inchiesta sui fenomeni della contraffazione, della pirateria in campo commerciale e del commercio abusivo, è stato assegnato dalla delibera istituiva del 25 settembre 2013 il compito di formulare proposte alla Camera per evidenziare le problematiche relative al settore sul quale è stata svolta la propria attività d'inchiesta e di proporre soluzioni per interventi istituzionali e normativi.
  Di seguito si esaminano pertanto alcune possibilità concrete di intervento, sulla base di quanto emerso nell'ambito degli approfondimenti svolti in Commissione con gli operatori del settore, cogliendo alcuni degli spunti più interessanti emersi nel corso del lavoro.

Pag. 42

7.1. Il miglioramento dei controlli sull'olio extravergine

7.1.1. Controlli sui processi produttivi

  Un primo problema emerso nel corso delle audizioni riguarda il tema dei controlli sull'olio extravergine. Le caratteristiche sia del processo produttivo che organolettiche di tale olio d'eccellenza impongono l'effettuazione di controlli adeguati. La crescente sofisticazione delle tecniche di laboratorio adoperate richiedono una pari capacità di controllo in sede chimica e di riscontro dei procedimenti di lavoro al passo con i tempi.
  Occorre dire che da quanto riferito dalle associazioni dei produttori nonché dalle risultanze delle inchieste giudiziarie è emerso con chiarezza che i controlli «a monte» e a campione sul prodotto finito e imbottigliato, risultano inefficaci in quanto i prodotti eventualmente ottenuti con violazione delle norme che ne regolano la realizzazione determinano raramente, salvo il caso di falsi o contraffazione grossolana, la messa in commercio di prodotti privi dei requisiti di acidità propri dell'olio extravergine, con la conseguente difficoltà di condurre analisi in grado di evidenziare le frodi. L'esperienza di inchieste come l’«Arbequino» mostra invece che i controlli devono essere intensificati, sia nella fase di controlli ordinari da parte delle Amministrazioni competenti, sia in sede di inchieste giudiziarie, sulle fasi di acquisizione della materia prima che sui processi produttivi, con controlli condotti «a monte » della fase finale dell'imbottigliamento o sui prodotti già commercializzati, onde acclarare la sussistenza di frodi consistenti nell'uso di materiali o di tecniche illecite per il confezionamento dell'olio extravergine.
  In questo ambito è importante il contributo della ricerca scientifica, per individuare attraverso analisi sempre più specifiche eventuali trattamenti termici, di deodorazione e di raffinazione degli oli effettuati da aziende che operino illecitamente. Una iniziativa al riguardo potrebbe portare alla promozione pubblica di metodi per certificare su basi scientifiche le caratteristiche organolettiche del prodotto e finanche l'origine geografica dello stesso, come misura idonea a garantire il prodotto italiano.
  In sede scientifica sono state sviluppate recenti metodologie per l'analisi delle caratteristiche degli oli extravergini d'oliva monovarietali e multivarietali, quali la spettroscopia della risonanza magnetica nucleare, tali da consentire una appropriata classificazione del prodotto atta a garantirne l'autenticità su scala molecolare, definendone le peculiarità legate al territorio d'origine. Tali risultanze, qualora si addivenga alla definizione ufficiale di un metodo di analisi, potrebbero essere acquisite da banche dati di confronto rappresentative delle produzioni di oli extra vergini di oliva ottenuta nelle varie aree geografiche del Paese utilizzando le metodologie fornite dalla comunità scientifica per la caratterizzazione e tipizzazione degli oli extravergini di oliva.

Pag. 43

7.1.2. Controlli sulla fase di acquisizione e trasporto della materia prima oggetto di trasformazione

  Tutte le fasi della lavorazione devono essere attentamente monitorate, a partire dalla fase dell'acquisizione delle partite di oli dall'estero. L'esperienza maturata mostra come la prassi di acquisizione di partite di olio a basso costo da Paesi comunitari (Spagna e Grecia) o extraeuropei (Tunisia), da destinare, attraverso tecniche chimiche di laboratorio, quale la deodorazione, alla trasformazione fraudolenta in partite di olio extravergine italiano costituisca un approccio sistematico ed organizzato di aziende che operano illecitamente e su vasta scala.
  Di qui la necessità di garantire un'adeguata tracciabilità dei trasporti dell'olio e della relativa documentazione, a partire dalla fase dell'ingresso doganale e per tutte le fasi di trasporto interno. Da parte di molti auditi è stata rilevata la necessità di introdurre anche per l'olio il sistema di certificazione della merce e del trasporto oggi adottato per il vino (sistema MVV), onde consentire una completa ed esaustiva tracciabilità delle partite di olio oggetto di trasformazione.
  Altro strumento sul quale occorre puntare decisamente è il sistema del SIAN in precedenza descritto. Tale sistema, la cui utilità è stata sottolineata da molti auditi, va implementato in sede nazionale, con una completa integrazione con i portali del Sistema Informativo Agricolo Nazionale, Arbea, Arpea, Appag, Agea, ecc. e degli enti territoriali per le competenze nel settore agricolo. Per accrescere la trasparenza e informare adeguatamente i consumatori occorre rendere pubblici i dati olivicoli presenti nel SIAN, secondo una logica di trasparenza che occorre assolutamente aumentare. (30)
  Devono essere assunte inoltre le opportune iniziative per affermare in sede comunitaria le potenzialità di un sistema analogo al SIAN, preso atto dell'integrazione europea dei processi produttivi.
  Inoltre occorre favorire l'integrazione nel settore delle molte banche dati esistenti, gestire separatamente dalle diverse autorità deputate ai vari profili di controllo, come già previsto dall'articolo 10 della legge n. 9/2013 e la cui attuazione non risulta allo stato realizzata. (31)
  Uno strumento importante per la completa telematizzazione delle informazioni nel sistema agricolo potrebbe essere costituito dall'entrata in vigore del Registro Unico dei Controlli e della Vigilanza sulle produzioni agroalimentari vigilate (RUCI), la cui adozione è stata annunciata dal MIPAAF lo scorso 7 maggio 2015. Il RUCI può divenire uno strumento di supporto alle amministrazioni pubbliche che svolgono Pag. 44i controlli sulle imprese agricole, favorendo una più razionale programmazione degli stessi, ferma restando l'attuazione dei controlli straordinari ed urgenti. In tale archivio informatico affluiranno i dati concernenti i controlli effettuati da parte di organi di polizia, organi di vigilanza, organismi pagatori, nonché da organismi privati autorizzati allo svolgimento di controlli a carico delle imprese agricole, in coordinamento con i Registri unici di controllo istituiti dalle regioni.

7.1.3. Aspetti innovativi dei controlli sulla fase di acquisizione e trasporto della materia prima oggetto di trasformazione

  Una tecnica di riscontro del processo di invecchiamento del prodotto che il deodorato tende a creare può essere costituita dall'introduzione di un volume dell'1,2% di gliceridi nel prodotto al momento dell'imbottigliamento dell'olio extravergine di oliva, al fine di mappare l'età del prodotto e di rispettare il termine di scadenza dello stesso.
  Oltre a quanto ora esposto, l'approfondimento svolto in sede di Commissione porta a ritenere che l'ambito del controllo sull'olio extravergine debba essere esteso a taluni profili che attualmente non sono monitorati.
  Per un efficace controllo delle produzioni appare necessario, ad esempio, introdurre forme di controllo delle rese degli oliveti, il cui valore teorico massimo in termini di capacità produttiva di olive, è predeterminabile; l'introduzione di un registro ufficiale delle rese produttive dell'olivo e le corrispondenti rese olearie delle diverse varietà presenti in Italia, realizzando una sorta di libro genealogico dell'olivo consentirebbe pertanto di evidenziare immediatamente una sovrapproduzione, che risulterebbe impossibile da giustificare, se non con il ricorso ad approvvigionamenti di materia prima di provenienza straniera o comunque non legata al territorio di produzione.
  Altro profilo da monitorare è quello del deposito delle partite nel corso dell'anno, rendendo obbligatoria la classificazione e registrazione del prodotto in un determinato periodo dell'anno, se del caso estendendo tale obbligo di classificazione e di registrazione nel SIAN. Al fine di evitare l'impiego di partite diverse di olio e di dare un'interpretazione coerente con lo spirito delle norme vigenti in tema di processi di produzione, che fa riferimento ragionevole al concetto di lotto realizzato o con modalità pressoché identiche, potrebbe essere introdotto il divieto di detenere olio extravergine di oliva presso le raffinerie di olio.
  Tali misure potrebbero allargare l'ambito della tracciabilità delle produzioni olearie, evitando il fenomeno delle false produzioni olivicole ed olearie italiane, cui si collega la prassi illecita delle false fatturazioni relative al c.d. «olio di carta», allorquando da zone agricole che hanno perso capacità produttiva ovvero manifestano un eccesso di produzione non compatibile con la capacità fisica di produzione di olive degli oliveti esistenti pervengono documentazioni contabili eccessive rispetto al volume di produzione realmente possibile.

Pag. 45

7.2. La tutela penale e la tipicità delle fattispecie di reato

  L'attuale assetto normativo in materia penale, che prevede nel codice penale fattispecie di contraffazione sia nel Titolo VII tra i delitti contro la fede pubblica e segnatamente nel Capo II tra i reati di falso, sia nel Titolo VIII tra i delitti contro l'economia pubblica, l'industria e il commercio, non appare soddisfacente. Analogo discorso va fatto per l'entità delle sanzioni previste, che appare non in linea con l'effettiva offensività di tali illeciti rispetto alla realtà economica compromessa, alla libera concorrenza e ai danni causati ai consumatori.
  Su questo tema la Commissione si richiama alla Relazione tematica approvata in materia penale lo scorso 4 agosto, che qui si intende integralmente richiamata (32).
  Un tema specifico per il settore, anch'esso richiamato nella citata Relazione, è quello dell'esigenza di prevedere in chiave generale per i reati di contraffazione e di frode alimentare tra le sanzioni, oltre a quelle detentive e pecuniarie, anche sanzioni interdittive dell'esercizio dell'attività imprenditoriale svolta fraudolentemente, come già disposto nell'ordinamento positivo dall'articolo 15 della legge n. 9/2013.
  Due altre questioni meritano una particolare attenzione.
  Da quanto emerso in sede di audizione, segnatamente con la Procura di Bari, si ritiene necessario infatti chiarire l'assunto normativo che tipizza il procedimento di produzione dell'olio extra-vergine, come definito dall'articolo 3 del Regolamento (CE) n. 29/2012- «Regolamento di esecuzione della Commissione relativo alle norme di commercializzazione dell'olio d'oliva», ai sensi del quale la categoria commerciale dell'Olio extravergine di oliva si caratterizza, oltre che per il grado di acidità, come olio di categoria superiore ottenuto direttamente dalle olive e unicamente mediante procedimenti meccanici. Tale questione va esaminata alla luce delle pratiche in uso di miscelazione di oli diversi con l'extravergine, che sono state ritenute non compatibili con tale normativa. Un intervento normativo chiarificatore al proposito che sancisca espressamente il divieto di miscelazione all'interno dei processi di produzione dell'olio extravergine potrebbe pertanto essere utile. Qualora la tesi accusatoria della citata Procura circa l'illiceità di un processo di produzione di extravergine ottenuto miscelando oli vergini ed extravergini fosse confermata in sede giudicante, si concreterebbe la fattispecie di cui all'articolo 515 c.p. di frode in commercio che sanziona chi «consegna all'acquirente di cosa mobile per un'altra ovvero di cosa per qualità, provenienze e origine diversa da quella dichiarata o pattuita».
  Altra questione che dall'esito delle audizioni sarebbe necessario chiarire in sede normativa, riguarda la prassi di utilizzare il medesimo numero di lotto per oli diversi, sia come origine territoriale che come momento temporale di produzione. L'utilizzo del numero di lotto ai fini dell'individuazione di carichi di olio prodotti in tempi diversi, deve Pag. 46ritenersi fuorviante ai fini della tracciabilità e della sicurezza qualitativa del prodotto, atteso anche in tal modo, come detto in precedenza, si sposterebbe surrettiziamente il termine di conservazione dell'olio.
  Altro problema che occorre sviluppare è quello di risolvere le incertezze esistenti in sede giurisprudenziali, illustrate nel corso delle audizioni, circa l'applicabilità del reato di falsità in registri e notificazioni di cui all'articolo 484 c.p. anche al caso di omesse o false registrazioni nel registro del SIAN. Si è ricordato in precedenza come tale norma faccia riferimento a registrazioni soggette all'ispezione dell'autorità di pubblica sicurezza e come le registrazioni relative ad un registro tenuto dal MIPAAF siano state ritenute escluse dall'ambito di applicazione della norma. Tale questione va indubbiamente chiarita dal legislatore, valutando l'eventuale inclusione in tale fattispecie di registrazioni ricevute da Amministrazioni che operino con attività finalizzate a realtà produttive che coinvolgono oltre alla realtà aziendale anche il rispetto di valori essenziali per l'ordinamento quali la tutela della concorrenza e la salute dei consumatori.

7.3. La tutela della provenienza territoriale dell'olio extravergine italiano

  Il tema della denominazione d'origine e della provenienza territoriale nazionale dell'olio extravergine costituisce un punto importante.
  Le norme, sia di natura civilistica, che penalistica, in tema di etichettatura e di denominazioni di origine e provenienza territoriale, sono già presenti nell'ordinamento. Per tali profili si pone dunque un problema di effettiva e puntuale applicazione delle norme, come sottolineato da alcuni auditi.
  Per fattispecie parimenti insidiose e dannose in termini economici, quali il c.d. Italian sounding, che non presuppongono la violazione di segni distintivi delle aziende e dei prodotti, ma chi si realizzano con imitazione evocativa dell'origine di aree geografiche o delle caratteristiche di prodotti tipici, occorre uno sforzo ulteriore, atteso inoltre che si pone un problema di tutela contro tali comportamenti essenzialmente all'estero, in condizioni di assenza di tutela giuridica.
  Anche in questo caso si rinvia a quanto contenuto nella citata Relazione, per quanto riguarda i profili penalistici. Occorre peraltro uno sforzo, anche da parte delle Istituzioni competenti, in primis il MIPAAF, per sensibilizzare, coordinare e rappresentare gli operatori del settore, anche con iniziative volte a promuovere all'estero la qualità dei prodotti italiani e il valore di tipicità non surrogabile di tali prodotti agroalimentari.

7.4. La valorizzazione delle diverse categorie degli oli d'oliva

  Un discorso può essere fatto, infine, sull'attuale classificazione degli oli di oliva.
  Il comparto dell'olio è un settore composito ove devono poter convivere da un punto di vista commerciale le produzioni di eccellenza Pag. 47(extra-vergine e vergine) destinato al consumatore con quelle minori, quali gli oli di sansa ed i lampanti, che possono occupare la fascia di mercato delle materie grasse utilizzate per la cucina, come gli oli direttamente non edibili (olio di semi di olivo, olio vergine per frittura, eccetera). Tale finalità potrebbe contemperare l'obiettivo di salvaguardare il livello di eccellenza delle produzioni extra-vergine e vergine, ostacolando l'impiego di oli minori per il confezionamento di tali prodotti, spinto anche dalla necessità di impiegare tale parte della produzione, con quello di valorizzare e rendere pienamente commercializzabili anche le produzioni olearie minori, favorendo sbocchi di mercato, atteso che nel 2014, per tale motivo, presso i frantoi sono rimasti senza classificazione circa 120.000 tonnellate di prodotto. (33)

   (1) Fonte: dati Eurispes.

   (2) Nella documentazione consegnata nel corso dell'audizione del 26 marzo 2015 dal Presidente del Comitato Scientifico dell'Osservatorio sulla criminalità nell'agricoltura e sul sistema agroalimentare Giancarlo Caselli si fa riferimento ad una media annua della produzione nazionale di olio, non considerando il basso volume di produzione dell'ultimo anno disponibile, di circa 600.000 tonnellate.

   (3) V. audizione del Presidente del Comitato Scientifico dell'Osservatorio sulla criminalità nell'agricoltura e sul sistema agroalimentare Giancarlo Caselli, il 26 marzo 2015.

   (4) Sono stati auditi nella prima fase dei lavori della Commissione: l'11-09-2014 il Ministro per lo sviluppo economico, Federica Guidi; il 17-09-2014 il Presidente di Confartigianato, Giorgio Merletti; il 25-09-2014 il Vicepresidente di Confindustria con delega per il settore della lotta alla contraffazione, Lisa Ferrarini; il 9-10-2014 il Presidente del CNA, Daniele Vaccarino; il 16-10-2014 il Comandante Generale della Guardia di Finanza, Saverio Capolupo; il 23-10-2014 il Presidente di Coldiretti Roberto Moncalvo; il 29-10-2014 il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, Maurizio Martina; il 6-11-2014 il Sottosegretario del Ministero dello sviluppo economico, Simona Vicari; il 13-11-2014 il Presidente di Agrinsieme, Mario Guidi; il 27-11-2014 il Presidente dell'Autorità Garante della concorrenza e del mercato (AGCM), Giovanni Pitruzzella; il 4-12-2014 il Presidente di Confcommercio nazionale, Carlo Sangalli; il 25 marzo 2015 il Direttore Generale dell'Agenzia delle Dogane e dei Monopoli Giuseppe Peleggi.

   (5) Le caratteristiche sono precisate nell'allegato XVI del regolamento (CE) n. 1234/2007 e dal Regolamento (CEE) n. 2568/91 della Commissione dell'11 luglio 1991 (Caratteristiche degli oli d'oliva e degli oli di sansa nonché ai metodi ad essi attinenti).

   (6) Vedi: M21 all. I e M20 all. I ter, Tabelle 1-2-3-4 ecc. del Reg. CEE 2568/91 modificato dal Regolamento UE n. 61/2011, all. Io e XXo.

   (7) Va ricordato al riguardo che sugli oli extravergine può essere apposta, ai sensi del Regolamento (CE) 1924/2006, un health claim, ossia l'indicazione salutistica autorizzata dalla Commissione Europea (Reg. UE 432/2012) «I polifenoli dell'olio di oliva contribuiscono alla protezione dei lipidi ematici dallo stress ossidativo» accompagnata dalla seguente frase: «L'effetto benefico si ottiene con l'assunzione giornaliera di 20 g di olio d'oliva». Questa indicazione può essere impiegata solo per l'olio d'oliva che contiene almeno 5 mg di idrossitirosolo e suoi derivati (ad esempio, complesso oleuropeina e tirosolo) per 20 g di olio d'oliva (250mg/1000 g).

   (8) Si veda anche la classificazione in tema di illeciti nel settore agroalimentare recata nel Rapporto IPERICO 2014 Lotta alla contraffazione in Italia nel settore agroalimentare.

   (9) V. audizione del Sostituto Procuratore della Repubblica di Siena Natalini nella seduta del 16 febbraio 2015, del Presidente dell'Associazione Italiana dell'Industria Olearia (ASSITOL) Zucchi e del Presidente del Gruppo Olio d'Oliva, associato ASSITOL Cremonini, entrambi nella seduta del 23 aprile 2015.

   (10) Nel corso dell'audizione del 26 marzo 2015 il Presidente del Comitato Scientifico dell'Osservatorio sulla criminalità nell'agricoltura e sul sistema agroalimentare, Caselli, ha rilevato che non risulta che tale disposizione sia stata applicata da parte dell'Amministrazione.

   (11) Si ricorda in particolare l'audizione del 16 febbraio 2015 con Stefano Screpanti, Capo III Reparto operazioni del Comando generale della Guardia di finanza.

   (12) V. audizione del Sostituto Procuratore della Repubblica di Bari Marcello Quercia del 10 settembre 2015.

   (13) V. Nota depositata dal Sostituto Procuratore della Repubblica di Siena Natalini nell'audizione del 16 febbraio 2015.

   (14) Nel corso dell'audizione del 26 marzo 2015 il Presidente del Comitato Scientifico dell'Osservatorio sulla criminalità nell'agricoltura e sul sistema agroalimentare Caselli ha rilevato che non risulta che tale disposizione sia stata applicata da parte dell'Amministrazione.

   (15) v. al proposito audizione il 25 marzo 2015 del Direttore Generale dell'Agenzia delle Dogane e dei Monopoli Giuseppe Peleggi.

   (16) Sul punto si rinvia alla «Relazione su possibili proposte normative in materia penale in tema di contraffazione», approvata dalla Commissione il 4 agosto 2015, cap. 1.6.

   (17) Coldiretti-Eurispes, «Agromafie, 3o Rapporto sui crimini agroalimentari in Italia», p. 156.

   (18) Coldiretti-Eurispes, «Agromafie, 3o Rapporto sui crimini agroalimentari in Italia», p. 156.

   (19) Dati Federalimentare, audizione presso la Commissione parlamentare di inchiesta sui fenomeni della contraffazione e della pirateria in campo commerciale, Roma, 9 marzo 2011. http://www.federalimentare.it/documenti/ContraffazionePirateriaCommerciale.pdf.

   (20) Dati Federalimentare, audizione presso la Commissione parlamentare di inchiesta sui fenomeni della contraffazione e della pirateria in campo commerciale, Roma, 9 marzo 2011. http://www.federalimentare.it/documenti/ContraffazionePirateriaCommerciale.pdf.

   (21) V. audizione del 7 maggio 2015, del Sostituto Procuratore della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Siena, Natalini.

   (22) V. audizione del 26 marzo 2015.

   (23) Nel corso dell'audizione del 26 marzo 2015 il Presidente del Comitato Scientifico dell'Osservatorio sulla criminalità nell'agricoltura e sul sistema agroalimentare Caselli ha rilevato che non risulta sia stato fornito qualificato impulso da parte dei Ministeri dello sviluppo economico e delle politiche agricole agli organi di controllo per verificare la decettività dei marchi.

   (24) Sul punto si rinvia alla Relazione su possibili proposte normative in materia penale in tema di contraffazione», approvata dalla Commissione il 4 agosto 2015, cap. 2.

   (25) V. audizione del 16 febbraio 2015.

   (26) Nel corso dell'audizione del 26 marzo 2015 il Presidente del Comitato Scientifico dell'Osservatorio sulla criminalità nell'agricoltura e sul sistema agroalimentare, Caselli, ha rilevato che non risulta che tale l'attività sia stata preordinata da parte della competente amministrazione.

   (27) Nel corso dell'audizione del 26 marzo 2015 il Presidente del Comitato Scientifico dell'Osservatorio sulla criminalità nell'agricoltura e sul sistema agroalimentare, Caselli, ha rilevato che non risulta che la norma sia stata applicata, almeno attraverso la notifica alla Commissione UE quale regola tecnica nazionale da inserire nell'ordinamento compatibilmente con il regolamento n. 1169 del 2011.

   (28) Nel corso dell'audizione del 26 marzo 2015 il Presidente del Comitato Scientifico dell'Osservatorio sulla criminalità nell'agricoltura e sul sistema agroalimentare, Caselli, ha rilevato che non risulta che l'AGCM abbia sviluppato sinora un'attività specifica di controllo nel settore, con particolare riferimento al rafforzamento delle attività di verifica delle condizioni contrattuali e di organizzazione della filiera.

   (29) Nel corso dell'audizione del 26 marzo 2015 il Presidente del Comitato Scientifico dell'Osservatorio sulla criminalità nell'agricoltura e sul sistema agroalimentare, Caselli, ha rilevato che non risulta che tale disposizione sia stata applicata da parte dei Comuni.

   (30) Il problema non ancora risolto è che i registri di carico permettono di avere una voce «non classificato», che purtroppo continua ad essere il quantitativo più dichiarato (60%). È fondamentale perciò che le produzioni classificate, nelle diverse categorie (extravergine, vergine, ecc.) siano dichiarate subito, al momento della registrazione. Solo così può essere assicurata trasparenza e tracciata tutta la produzione italiana.

   (31) Al proposito si ricorda che il Governo ha accolto un ordine del giorno (A.C. n. 9/01864-A/008) per la creazione di banche dati nazionali di riferimento presso il MIPAAF e/o enti certificatori e promuovere la costituzione di banche dati tenute su base volontaria da singoli produttori o loro associazioni per riscontrare l'autenticità del prodotto.

   (32) «Relazione su possibili proposte normative in materia penale in tema di contraffazione», approvata dalla Commissione il 4 agosto 2015.

   (33) Dati ASSITOL.