Doc. XXII, n. 46




RELAZIONE

Onorevoli Colleghi ! — In data 21 luglio 1999, il dottor Emanuele Scieri, nato a Cuneo il 31 agosto 1972, iniziava l'istruzione per il servizio di leva presso il centro addestramento reclute nella caserma «Lupi di Toscana», settantottesimo reggimento, in Firenze.
Il dottor Scieri, prima di essere chiamato al servizio militare, si era laureato in giurisprudenza a Catania il 6 novembre 1998 con votazione di 106/110, e svolgeva con passione e diligenza la pratica forense, conseguendo ottimi risultati.
In data 13 agosto 1999, terminata la fase di addestramento, Emanuele Scieri veniva trasferito a mezzo di un pullman militare a Pisa, presso la caserma «Gamerra», dove arrivava verso l'ora di pranzo. Già durante tale trasferimento si verificavano gravi episodi di violenza a carico delle reclute. Tali illecite imposizioni diverranno oggetto di un procedimento penale dinanzi al tribunale militare della Spezia, concluso con la condanna dei responsabili.
Esaurite le formalità di rito presso la caserma «Gamerra», alle reclute veniva concessa la libera uscita, che - secondo quanto è emerso dagli atti di indagine compiuti dalla procura della Repubblica presso il tribunale di Pisa - Emanuele Scieri trascorreva in compagnia di alcuni commilitoni, passeggiando per il centro di Pisa.
Alle ore 22,15, Emanuele Scieri rientrava in caserma e da questo momento la versione dei fatti è solo quella che racconterà il commilitone Stefano Viberti. Emanuele Scieri rientrava regolarmente in caserma, ma, anziché ritirarsi direttamente in camerata, decideva di attardarsi, in compagnia dello stesso Viberti, nel vialetto antistante la stessa, per fumare una sigaretta e per fare una telefonata col suo cellulare. Dopo pochi minuti, il Viberti rientrava in camerata, mentre Emanuele Scieri, al fine di telefonare, non seguiva il commilitone.
Alle 23,45, come di regola, veniva effettuato il contrappello, nel corso del quale veniva accertato che Emanuele Scieri, stranamente, non aveva fatto ritorno in camerata.
Risulta chiaramente dalle dichiarazioni autografe acquisite nel fascicolo delle indagini preliminari, relativo al procedimento penale afferente agli atti di «nonnismo» compiuti durante il trasferimento da Scandicci a Pisa, che alcuni commilitoni (non il Viberti) segnalarono ai militari che procedevano al contrappello:
che Emanuele Scieri era regolarmente rientrato in caserma;
che fino a pochi minuti prima era stato visto passeggiare in compagnia del Viberti;
che ritenevano stranissima l'assenza di Emanuele Scieri e davvero improbabile che lo stesso, dopo essere regolarmente rientrato in caserma, avesse deciso di non ritirarsi in camerata.
Nonostante ciò, i militari addetti al contrappello si limitarono ad annotare nell'apposito modulo il mancato rientro di Emanuele Scieri, senza segnalare alcunché, nello spazio previsto per riportare le eventuali novità.
I militari addetti al contrappello non segnalarono nulla all'ufficiale di picchetto (soggetto al quale, ai sensi del regolamento di disciplina militare, devono essere riferite tutte le novità accertate nel corso del contrappello), il quale, constatata l'anomalia della scomparsa di Emanuele Scieri, avrebbe potuto e dovuto disporre tutte le ricerche del caso.
Emergerà in seguito che alle ore 23,48 (cioè mentre alla caserma «Gamerra» era in corso il contrappello) qualcuno da Pisa telefonava all'utenza dell'abitazione del generale Enrico Celentano, comandante della brigata paracadutisti «Folgore», a Livorno; il telefono cellulare che da Pisa chiamava il comandante della brigata «Folgore» è un apparecchio utilizzato dallo stesso generale Celentano.
Intorno alla mezzanotte del 13 agosto, all'interno della caserma «Gamerra» nessuno mostra di preoccuparsi per la strana e improvvisa assenza dell'allievo paracadutista Emanuele Scieri dal suo posto-branda.
Nel corso della notte del 14 agosto, alla caserma «Gamerra», né l'ufficiale di picchetto, né i sei militari della guardia, né il sottufficiale d'ispezione si accorgono che nei pressi del magazzino di casermaggio, ai piedi della torre di asciugatura dei paracadute (zona discretamente illuminata), c’è il corpo di una persona agonizzante. Del resto, nessuno aveva dato l'allarme per la scomparsa dello Scieri, nessuno si era messo a cercarlo, magari vicino al magazzino, dove sarebbe stato visto per l'ultima volta dal Viberti.
Durante la giornata di sabato 14 agosto, di Emanuele Scieri continua a non esservi alcuna notizia, ma alla caserma «Gamerra» nessuno pare curarsene: l'allievo paracadutista Stefano Viberti continua a mostrarsi del tutto indifferente per l'improvvisa scomparsa del commilitone Scieri e, nel corso della notte, le varie ronde che ispezionano la caserma non si accorgono del corpo giacente senza vita ai piedi della torre di prosciugamento dei paracadute.
Domenica 15, giorno di Ferragosto, dell'allievo paracadutista Scieri continua a non esservi traccia.
Ma la giornata doppiamente festiva, alla caserma «Gamerra», appariva insolita: alle ore 5,30 del mattino il generale Enrico Celentano, comandante della brigata paracadutisti «Folgore», in persona, accompagnato dal colonnello Fantini, effettua una prima ispezione straordinaria all'interno della caserma; alle ore 21,30 una seconda ispezione straordinaria viene condotta dal comandante interinale del CEAPAR, il colonnello Pier Angelo Corradi (il comandante titolare, generale Calogero Cirneco, è in ferie alle cure termali).
A quanto risulta, durante nessuna delle due ispezioni si rileva che ai piedi della scala di asciugatura dei paracadute c’è il corpo senza vita di un allievo paracadutista. Durante la notte di lunedì 16 agosto, nessuna delle varie ronde si accorge che nei pressi del magazzino c’è il corpo del soldato scomparso, il quale, anche a causa dell'alta temperatura estiva, comincia a decomporsi appestando l'aria.
Il corpo di Emanuele viene scoperto alle ore 13,50 di lunedì 16 agosto da quattro allievi paracadutisti in servizio al magazzino di casermaggio, ai piedi della scala della torretta di prosciugamento dei paracadute, che pure si trova nelle immediate vicinanze della camerata.
La scoperta è provocata dal cattivo odore del cadavere in avanzato stato di decomposizione. Il corpo è riverso in mezzo a tavoli in disuso e altri oggetti di magazzinaggio accatastati alla rinfusa, ai piedi della scala.
Le indagini svolte dalla procura della Repubblica di Pisa, nonché le perizie medico-legali redatte dai consulenti tecnici del pubblico ministero e dai consulenti tecnici nominati dai familiari della vittima, hanno consentito di giungere alla presumibile conclusione che Emanuele Scieri, dopo essere stato lasciato dal Viberti, fu costretto da alcuni soggetti, rimasti purtroppo ignoti, ad arrampicarsi sulla scala della torretta di prosciugamento dei paracadute, dalla parte esterna e perciò senza alcuna protezione, avvalendosi della sola forza delle braccia, mentre uno o più ignoti, che invece si arrampicavano dalla parte interna e protetta, gli pestavano brutalmente le mani in modo da fargli perdere la presa.
Inevitabilmente, Emanuele Scieri precipitava al suolo e moriva dopo ben otto ore di agonia, durante le quali poteva essere soccorso e salvato.
Aggiungevano i medici legali di parte, nominati dalla famiglia Scieri, che gli elementi raccolti fossero sufficienti per ritenere che «all'episodio delittuoso siano state presenti altre persone, e che queste si siano adoperate attivamente per occultare il corpo dello Scieri, ancora in vita, celandolo tra tavoli dismessi».
Venivano iscritti nel registro degli indagati (procedimento penale n. 1343/2000, mod. 21) alcuni responsabili della caserma «Gamerra» di Pisa e i militari addetti al contrappello, per non avere disposto in via preventiva e non avere adottato, nel caso concreto, tutte le misure idonee ad evitare l'evento, attraverso le opportune ricerche dello Scieri, così concorrendo a determinarne la morte. In tale procedimento il pubblico ministero dottor Iannelli scrive: «è certo che Emanuele Scieri cadde la notte del 13.8.1999 dall'esterno della protezione della scala messa in opera dalla torre di prosciugamento della caserma Gamerra, è certo che cadde con le scarpe slacciate da una altezza che è stata indicata dai consulenti del Pm tra i 5-6 metri o, al massimo 9-10 metri, è certo, altresì, che sul dorso dell'avampiede sinistro sono state rilevate tre aperture cutanee, a stampo che non è stato possibile ricollegare all'impatto con il piede durante la caduta con qualsiasi ostacolo presente sul luogo di precipitazione (...) la deduzione logica, nel senso che Emanuele Scieri fu costretto o indotto a salire sulla scala da altri militari che ne provocarono la caduta, procurandogli, con uno strumento non rinvenuto, la lesione ’a stampo’ sul dorso del piede è supportata dalle dichiarazioni di Stefano Viberti personaggio sotto tanti aspetti inquietante nella scena procedimentale».
Detto procedimento si concluse in tal modo il 22 dicembre 2000; il giudice delle indagini preliminari dispose l'archiviazione degli atti perché il fatto non sussiste.
Il procedimento principale, ossia quello avente ad oggetto la ricerca degli autori dell'omicidio di Emanuele Scieri, archiviato per essere rimasti ignoti gli autori del reato: «Mi arrendo - dichiara il procuratore pisano - Del resto, ci sono anche i delitti perfetti, quelli che nessuno scopre. Perché scandalizzarsi ? La mia opinione è che questo sia un fatto di violenza andato oltre le intenzioni di chi lo ha posto in essere. Sono convinto che si tratti di un omicidio preterintenzionale, ma il colpevole, se c’è, ha il volto coperto». A proposito dell'allievo paracadutista Stefano Viberti, il procuratore precisa: «È una figura enigmatica, la sua deposizione presenta stranezze, lacune, forti contraddizioni. Dopo l'archiviazione, la sua posizione sarà valutata dal pubblico ministero ai fini di un'incriminazione per reticenza; cosa che per motivi procedurali non s’è potuta fare durante l'inchiesta». L'ultimo pensiero del magistrato è per l'opinione pubblica: «Sono consapevole che l'archiviazione dell'inchiesta non possa suscitare consensi nella pubblica opinione. Ma in un sistema giudiziario ci sta che un rebus non venga risolto».
Il giudice delle indagini preliminari del tribunale militare della Spezia su questa storia scrive: «Sono emersi elementi per affermare che la morte dello Scieri possa essere ricondotta nella forma dell'omicidio doloso o preterintenzionale alla responsabilità personale di determinati soggetti dei quali comunque non è stata possibile l'identificazione». Tesi in linea con la richiesta di archiviazione presentata dalla procura della Repubblica di Pisa.
Da quanto si è esposto deriva che rilevanti responsabilità restano ancora in attesa di accertamento.
I familiari e l'opinione pubblica, anche attraverso delibere dei consigli comunali di Siracusa e di Pisa, anelano a «verità e giustizia» per il dottor Emanuele Scieri.
Numerosi dubbi sono stati avanzati dai genitori e dal fratello di Emanuele Scieri sullo svolgimento dell'indagine, tanto che i medesimi si sono determinati a rivolgere un appello al Presidente della Repubblica.
Molteplici appaiono, in particolare, gli aspetti trascurati dall'indagine della procura della Repubblica:
1) la telefonata che, poco prima della mezzanotte del 13 agosto, è stata effettuata dalla caserma verso l'utenza telefonica dell'abitazione del comandante della brigata Folgore, generale Celentano, la quale non è stata presa in considerazione nella richiesta di archiviazione.
Chi e perché telefona da Pisa al generale a Livorno pochi minuti prima della mezzanotte del venerdì di Ferragosto ?
La magistratura pisana e quella militare della Spezia non lo hanno appurato, dato che hanno completamente ignorato questa cruciale telefonata notturna;
2) l'omessa tempestiva intercettazione telefonica (avvenuta solo trenta giorni dopo l'evento e nella consapevolezza dell'intercettato) dell'utenza cellulare della recluta Viberti, che, come detto, ha avuto l'ultimo contatto con Emanuele Scieri ancora in vita e che, essendo presumibilmente testimone oculare di fatti rilevanti, avrebbe potuto, nell'immediatezza e nei giorni successivi, riferire a qualcuno di quanto visto;
3) la tardiva e maldestra infiltrazione di due carabinieri nella caserma «Gamerra», che subito scoperti hanno rappresentato per gli allievi paracadutisti un ulteriore ammonimento ad evitare l'argomento Scieri nei colloqui tra commilitoni all'interno della caserma;
4) numerosi militari hanno dichiarato di essere venuti a conoscenza della morte di Emanuele Scieri in tempi precedenti alla scoperta del corpo.
La procura pisana, rispetto ad un fatto di tale gravità, afferma: «Sono incongruenze evidentemente da attribuire a ricordi errati»;
5) in particolare, le carenze dell'indagine appaiono evidenti alla luce delle risultanze dell'inchiesta sommaria amministrativa del 15 settembre 1999, redatta dal generale Giancarlo Antonelli della regione militare Nord, consegnata alla procura della Repubblica presso il tribunale di Pisa il successivo 30 settembre e non inclusa negli atti di indagine depositati dai magistrati della suddetta procura insieme con la richiesta di archiviazione del procedimento per omicidio colposo. Essendo rimasta, pertanto, ignota ai difensori della famiglia Scieri, non è stata utilizzata nell'istanza di opposizione all'archiviazione.

Il rapporto del generale Antonelli evidenzia che ben due ispezioni straordinarie furono disposte all'interno della caserma «Gamerra» nel giorno festivo di domenica 15 agosto 1999, la prima alle ore 5,30 dal generale Celentano, comandante della brigata Folgore, la seconda alle ore 21,30 dal colonnello Pierangelo Corradi, comandante del Ceapar. Esse comprovano che i vertici della caserma non considerassero affatto «ordinaria» l'assenza dell'allievo paracadutista Emanuele Scieri al contrappello di due giorni prima, come invece sostenuto nella richiesta di archiviazione. Mentre nessuno del personale di servizio all'interno della caserma effettua la benché minima ricerca dello scomparso Emanuele Scieri, poche ore dopo la «Gamerra» viene sottoposta a ben due ispezioni di massimo livello.
A ciò si aggiunga che:
a) nel corso delle indagini non è stato accertato se sia davvero possibile dopo il contrappello uscire dalla caserma. Veniva segnalato che Emanuele Scieri era rientrato in caserma: se non fosse stato possibile allontanarsi inavvertitamente dalla «Gamerra», perché il militare in servizio di leva, assente al contrappello, non veniva cercato immediatamente all'interno della struttura militare ?
Ad ogni buon conto, perché non furono immediatamente richieste all'ufficiale di picchetto o al servizio di guardia della caserma informazioni sull'eventuale uscita di qualche militare dalla caserma nell'orario insolito compreso tra le 22,45 e le 23,45 ?
b) perché il rientro di Emanuele Scieri, ripetutamente segnalato dai commilitoni, non veniva annotato nel registro delle presenze ?
c) sul telefono cellulare di Emanuele Scieri risulta composto come ultimo numero quello di un'utenza sconosciuta sia ai familiari che agli amici. Perché non è mai stato accertato l'intestatario della suddetta utenza ?

Il terreno di coltura della vicenda Scieri può essere considerato come l'aspetto degenerativo dei comportamenti violenti da inquadrare nel fenomeno del nonnismo delle caserme. Con la sospensione del servizio di leva obbligatorio e l'apertura della carriera militare alle donne, si è profondamente modificata la composizione sociale delle nostre Forze armate, che deve confrontarsi con le difficoltà operative che nascono dal costante impiego fuori area e con le problematiche che scaturiscono dalla presenza della componente femminile. Nonostante le attenzioni che la struttura militare ha dedicato a questo problema, le cronache giudiziarie rilevano quanto ancora sia necessario approfondire il fenomeno delle violenze all'interno delle caserme e degli eventuali abusi sulle soldatesse, al fine di individuare misure di prevenzione e di garantire le pari opportunità e il rispetto reciproco. Anche in Italia, come nel resto d'Europa, sempre più donne denunciano violenze verbali, fisiche e sessuali all'interno delle caserme militari. Quello che nell'ambito di forze armate maschili è definito «nonnismo», adesso si è trasformato in qualcosa di diverso e ulteriormente patologico. Le donne che tanto hanno combattuto affinché venisse riconosciuta loro la possibilità di una carriera militare, spesso chiedono il congedo anticipato.
La questione delle violenze verbali, sessuali, fisiche nelle caserme sembra ancora sommersa. Vanno tenuti presenti tre aspetti:
1) il codice penale militare è stato redatto nel 1941, epoca in cui le donne non avevano neanche il diritto di votare;
2) all'interno delle caserme lo strumento della querela non è previsto. Se una soldatessa subisce abusi da un collega maschio può solo rivolgersi al comandante, che verosimilmente cercherà di risolvere la questione all'interno evitando coinvolgere i magistrati;
3) non è sempre agevole definire le competenze tra magistratura ordinaria e militare;
4) Nel codice militare non sono previste le fattispecie di reato della violenza sessuale di cui all'articolo 609-bis del codice penale oppure gli atti persecutori di cui all'articolo 612-bis del codice penale.

Nel 2013, secondo il procuratore della corte militare d'appello Antonio Sabino, sono stati ben 96 i casi in cui gli organi della giustizia militare hanno dovuto trasmettere gli atti all'autorità giudiziaria ordinaria e solo 6 i casi in cui si è verificato il contrario.
Alla caserma dell'ex Scuola militare di paracadutismo di Pisa, la camerata delle donne è a pochi metri dal luogo in cui morì Emanuele Scieri. Tra Livorno e Pisa, sui tavoli della polizia giudiziaria ci sono almeno tre fascicoli relativi a procedimenti per violenza nei quali non sono registrati nomi di soggetti indagati, perché le indagini sono in fase preliminare, avviate attraverso le cosiddette «soffiate». «Un caso come questo, e sappiamo che esistono, potrebbe configurarsi come violenza sessuale», spiega il magistrato De Paolis, «ma se non arriva una denuncia noi non lo sapremo mai. Sappiamo che c’è il fenomeno. Come ci sono persone che si innamorano e decidono di vivere insieme, ma anche questa ipotesi crea imbarazzo in una comunità come quella. Negli Stati Uniti, per esempio, non è consentito, uno dei due è costretto a congedarsi».
L'ultima udienza di un processo si è svolta nel maggio 2014 presso il tribunale ordinario di Belluno. Un caporale maggiore, cacciato senza troppi complimenti e spogliato della divisa, amava costringere colleghi maschi e femmine a pratiche sessuali davanti ai suoi occhi. Come scrive il Corriere delle Alpi, essi sarebbero stati «costretti a masturbarsi e poi a “portare le prove” del gesto. Insultati, umiliati, puniti con allenamenti massacranti e infine indotti ad abbandonare il modulo K se non erano all'altezza dei soldati migliori. Puniva tutta la squadra per l'errore di un singolo. Alcuni, i meno bravi, finivano nella stanza dei cani morti». In questo caso era talmente insostenibile la situazione che la querela è stata fatta ma a muoversi è stata la magistratura ordinaria. Più controverso il caso, in un paese vicino a Cagliari. Non si tratta di un caso di nonnismo: in tale occasione sarebbe stato un appuntato a palpeggiare la marescialla, venendo così iscritto nel registro degli indagati per violenza sessuale. Recentemente alle cronache giudiziarie sono emersi altri casi di abusi verso soldatesse. Non esistono dati ufficiali in Italia, mentre esistono in altri Paesi. Spetta al Parlamento colmare questa lacuna.
L'istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sulla morte di Emanuele Scieri e sulle pratiche di nonnismo e condotte ad esso collegate si prefigge l'obiettivo di chiarire effettivamente le responsabilità di terzi nella morte del giovane paracadutista e di individuare i soggetti responsabili: proprio il tempo trascorso potrebbe essere di aiuto in quanto eventuali responsabili potrebbero essere in congedo o comunque non più in servizio e quindi lasciar cadere quel muro di omertà.
Solo facendo varco alla verità su quello che è avvenuto la sera del 13 agosto 1999 alla caserma «Gamerra» di Pisa e nei successivi tre giorni sarà riaffermata la vigenza dello Stato di diritto del nostro ordinamento. Inoltre estendere l'inchiesta anche alle pratiche di nonnismo e alle condotte ad esso correlate che coinvolgono le donne in carriera militare diviene un segno di civiltà per migliorare il nostro Paese ed eliminare una causa di abusi intollerabili, attraverso la conoscenza del fenomeno e, quindi, lo stimolo a denunciarlo.


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