Doc. XXII, n. 32




RELAZIONE

Onorevoli Colleghi! - Il fenomeno dei cosiddetti «diplomifici», le scuole paritarie che si configurano come autentiche fabbriche di diplomi a pagamento attraverso lo svolgimento di esami di maturità facilitati, con commissari di esame compiacenti e docenti precari disposti a sorvolare su gravi insufficienze pur di preservare l'incarico, garantendo ai propri iscritti promozioni assicurate per i restanti anni di studio, è conosciuto da molto tempo. La sua diffusione è capillare, in tutto il territorio nazionale.
Negli ultimi anni si sono susseguite inchieste giudiziarie, polemiche, prese di posizione da parte di organi politici e istituzionali, ma il fenomeno, oltre a non essersi arrestato, è in continua espansione. Segnaliamo a titolo esemplificativo le inchieste di Nola, in cui nell'estate 2013 il Corpo della guardia di finanza ha scoperto che gli studenti dell'istituto paritario «Luca Pacioli» hanno svolto con notevole ritardo la prima prova di esame, per la precisione il 1o luglio 2013, ben quindici giorni dopo la data dello svolgimento del tema nel territorio nazionale e avendo dunque avuto a disposizione tutto il tempo di conoscere e di preparare le tracce assegnate dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca (MIUR). Il tutto, per ammissione degli stessi studenti, senza aver mai frequentato il corso di studi durante l'anno.
Le inchieste susseguitesi in questi anni sono davvero molte, con capi di imputazione di una gravità assoluta quali associazione per delinquere, truffa e falso in atto pubblico. Esse, come detto, non riguardano solo il sud: si va infatti dall'istituto Alfaterna di Nocera Inferiore all'Eugenio Montale di Roma, passando per l'Enrico Fermi di Tramutala (Potenza), il Centro studi Cassino di Caserta, il Centro studi on-line Maria Cinque di Pagani, l'istituto Luigi Pirandello di Nocera Inferiore. Di pochi mesi fa è la notizia degli istituti Conoscere e Parravicini di Sondrio: esami orali concordati e biglietti con le risposte esatte passati sottobanco dai professori durante le prove scritte. Il tutto alla cifra di 7.000-8.000 euro per un diploma.
Insomma, il fenomeno dei diplomifici sembra inarrestabile e la silenziosa inoperosità del MIUR imbarazza.
C'è tuttavia un nuovo capitolo che arricchisce questa triste e scandalosa saga di scandali e di vergogne ed il protagonista è il professor Paolo Latella, che con il suo coraggio e la sua tenacia ha messo in luce un sistema marcio, svelando ulteriori pratiche purtroppo assai diffuse e che hanno spinto i deputati proponenti a presentare e a sottoscrivere questa proposta di inchiesta parlamentare.
Nel giugno 2013 il professor Latella ha redatto un dossier in cui sono raccolte oltre 500 testimonianze anonime di docenti costretti a insegnare in scuole paritarie senza percepire stipendio ocon paghe bassissime, promuovendo i propri alunni e falsificando i registri. Il tutto in cambio dell'agognato punteggio in graduatoria, necessario per tentare di ottenere finalmente una posizione utile per entrare di ruolo nella scuola pubblica. Ecco il secondo grande scandalo di questa saga, che va ad arricchire un quadro già nefasto.
Se possibile, si tratta di una prassi ancora più grave degli esami concordati e dei diplomi messi in vendita a prezzi elevatissimi: in questo caso, oltre alla falsificazione e alla mercificazione dell'istruzione, vero e unico pilastro per creare cittadini di domani consapevoli e istruiti, c'è di mezzo la violazione di qualsiasi forma di rispetto dei diritti dei lavoratori. Non occorre infatti un fine giurista per comprendere che il mancato pagamento per lo svolgimento di una prestazione lavorativa è in palese violazione dell'articolo 36 della Costituzione, che prevede che «Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un'esistenza libera e dignitosa.
La durata massima della giornata lavorativa è stabilita dalla legge.
Il lavoratore ha diritto al riposo settimanale e a ferie annuali retribuite, e non può rinunziarvi».
Il tutto, come detto, nel silenzio colpevole delle istituzioni, nonostante le molteplici segnalazioni e le inchieste giudiziarie riprese da molti organi di stampa.
Oltre a violare la Costituzione, la prassi dei diplomifici è anche in aperto contrasto con quanto disposto dalla legge sulla parificazione degli istituti scolastici: ricordiamo che sono definite «scuole paritarie» le istituzioni scolastiche che, a partire dalla scuola dell'infanzia, sono coerenti con gli ordinamenti generali dell'istruzione e posseggono i requisiti fissati dalla legge 10 marzo 2000, n. 62 (comma 2.1 dell'articolo 2 del decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca n. 83 del 10 ottobre 2008). Nello specifico, l'articolo 1, comma 4, della legge statuisce che «La parità è riconosciuta alle scuole non statali che ne fanno richiesta e che, in possesso dei seguenti requisiti, si impegnano espressamente a dare attuazione a quanto previsto dai commi 2 e 3:

(...)

h) contratti individuali di lavoro per personale dirigente e insegnante che rispettino i contratti collettivi nazionali di settore».

La parità è riconosciuta con provvedimento adottato dal dirigente preposto all'ufficio scolastico regionale competente per territorio, previo accertamento della sussistenza dei requisiti di cui all'articolo 1 della citata legge n. 62 del 2000 (comma 2 dell'articolo 1-bis del decreto-legge 5 dicembre 2005, n. 250, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 febbraio 2006, n. 27).
Con l'istanza di riconoscimento il gestore o il rappresentante legale della gestione deve dichiarare di rispettare una serie di impegni tra cui l'impegno a utilizzare personale docente munito del titolo di abilitazione prescritto per l'insegnamento impartito, l'impegno a stipulare contratti individuali di lavoro per il coordinatore delle attività educative e didattiche nonché contratti di lavoro individuali conformi ai contratti collettivi nazionali di categoria per il personale docente della scuola e l'impegno a rispettare il limite previsto dall'articolo 1, comma 5, della citata legge n. 62 del 2000.
Risulta evidente che il requisito del rispetto dei parametri economici fissati dai contratti collettivi dei docenti non viene rispettato dai diplomifici, ai quali dovrebbe dunque essere immediatamente revocata la parificazione.
Le prassi illecite adottate da queste scuole, peraltro, inducono a facili generalizzazioni nei confronti del sistema delle scuole paritarie, che invece in buona parte dei casi offre un valido supporto alle scuole pubbliche, svolgendo un servizio serio e soddisfacendo le richieste di iscrizione di molti giovani.
Alla base di queste continue violazioni, che come evidenziato sono diffuse in tutto il territorio nazionale, vi è l'incredibile sistema di reclutamento tutto italiano nel quale, per colpa di errori e di politiche non lungimiranti, è ad oggi impossibile per qualsiasi giovane aspirante docente pensare di poter ottenere in pochi anni una posizione vantaggiosa in graduatoria per accedere al posto di ruolo, indipendentemente dalle proprie capacità. Questa disperazione, unita alla totale assenza di prospettive e di speranza, spinge oggi molti giovani docenti ad accettare il ricatto illegale e incostituzionale delle scuole paritarie: svilimento della funzione docente e cancellazione di qualsiasi diritto del lavoratore pur di ottenere i 12 punti utili a scalare qualche posizione in graduatoria. Le scuole paritarie fanno leva proprio su questo: sul disperato bisogno di lavorare di docenti giovani e meno giovani che sanno già con assoluta certezza che dovranno attendere decenni prima di vedersi stipulare un contratto a tempo indeterminato nella scuola.
Il dossier di Paolo Latella ha avuto il merito di riaccendere i riflettori degli organi di stampa e, coattivamente, del MIUR su questa piaga per troppo tempo ignorata.
Pubblichiamo di seguito due testimonianze anonime di docenti contenute nel dossier: in molti, oltre cinquecento come detto, si sono rivolti a Paolo Latella denunciando le loro incredibili storie di sfruttamento.
«Carissimi colleghi, ho lavorato in 4 scuole paritarie della mia città siciliana tra il 2005 e il 2009, in una di esse sono stata pagata quanto una badante, nelle altre due avrei dovuto ricevere 4 euro l'ora, ma non è stato così.
Inoltre ho dovuto scrutinare ragazzi che ho visto 1-2 volte, in alcuni casi erano solo nomi fittizi, tutto al fine di raccogliere abbastanza giorni per poter partecipare ai corsi abilitanti, oggi i tanto sospirati Tfa speciali. Questo punteggio mi ha permesso anche una supplenza nella scuola statale.
Da cinque anni sono disoccupata, perché se lavoro voglio essere pagata e nella mia città pagano solo le paritarie religiose e solo i parenti, infatti ho conoscenti che sono pagate solo perché imparentate con il proprietario, il preside o il vescovo.
Di fronte alla coraggiosa scelta del collega Paolo Latella, rimango perplessa, perché non è solo questione delle minacce già subite, ma perché potrei essere denunciata dalle scuole per falso in atto pubblico: mi crederebbero i giudici se dicessi loro che mi hanno costretto? Come mi hanno costretto a firmare buste paga da 700-800 euro, senza mai ricevere denaro?»
«È una buona idea Paolo (...) ma in città come Taranto nessuna scuola paritaria paga (...) insegniamo effettivamente per il punteggio (...) basterebbe eliminare il punteggio in questo modo le scuole (private) si svuoterebbero di insegnanti (...) molti non denunciano apertamente perché di fatto siamo complici di un sistema balordo: partecipiamo a scrutini pilotati e di conseguenza firmiamo verbali assurdi (gravissimo); il 50 per cento degli alunni non frequenta, ma li consideriamo presenti (gravissimo); il 99 per cento di essi viene promosso con medie altissime (...) più complici di così. I sindacati sanno tutto!!! Tutti sanno tutto!!! Allora per far partire le denunce gli inquirenti dovrebbero coinvolgere tutti compresi gli insegnanti in modo tale da far raccontare effettivamente cosa accade nelle paritarie».

Il dossier contiene poi la cosiddetta «cartina della vergogna», l'elenco aggiornato al 21 febbraio 2014 delle province italiane in cui sono state segnalate scuole paritarie che in cambio del punteggio per l'inserimento in graduatoria decidono illegittimamente di non pagare i propri docenti, ricattandoli e sfruttando la loro estrema necessità di guadagnare punteggio:

regione Sicilia, province interessate: Agrigento, Caltanissetta, Catania, Enna, Messina, Palermo, Ragusa, Siracusa, Trapani;

regione Campania, province interessate: Avellino, Benevento, Caserta, Napoli, Salerno;

regione Calabria, province interessate: Catanzaro, Cosenza, Crotone, Reggio Calabria, Vibo Valentia;

regione Puglia, province interessate: Bari, Barletta-Andria-Trani, Brindisi, Foggia, Lecce, Taranto;

regione Basilicata, provincia interessata: Matera;

regione Lazio, province interessate: Latina, Roma.

regione Lombardia, province interessate: Milano, Varese, Brescia, Sondrio;

regione Abruzzo, provincia interessata: Pescara;

regione Friuli Venezia Giulia, provincia interessata: Pordenone, Trieste;

regione Sardegna, provincia interessata: Cagliari.

Il dossier del professor Paolo Latella viene inviato per la prima volta al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca Carrozza nel febbraio 2013, anche attraverso l'intercessione del suo segretario personale dottor Marco Bani, ma senza ricevere alcuna risposta né alcuna presa di posizione pubblica da parte del Ministro. Nello specifico, in data 5 febbraio 2014 il professor Latella invia al dottor Bani una lettera in cui rende noto il contenuto del dossier e in cui sollecita un tempestivo intervento del Ministro o, quanto meno, un incontro. A febbraio 2014, il dottor Bani riceve altre due lettere di contenuto analogo, senza mai dare alcuna risposta. Alcuni giorni dopo il professor Latella riceve una telefonata dal dottor Bani, che gli formula la richiesta di inviare nuovamente il dossier al Ministro, in quanto risultava ancora non pervenuto.
Infine, in data 5 marzo 2014, una collega del professor Latella segnala uno scambio di battute su Twitter tra lei e il dottor Marco Bani, il quale, a seguito dell'insediamento del neo Ministro Giannini, dichiara: «Penso che il nuovo Ministro debba guardare attentamente il documento».
La situazione, purtroppo, non cambia con l'insediamento di Stefania Giannini: il professor Latella continua a non ricevere notizie dal MIUR nonostante il ripetuto invio del dossier.
Un silenzio colpevole, perché nel frattempo Paolo Latella è stato lasciato solo e ha subito ripetutamente minacce di morte, mentre continuano a emergere nuove incredibili vicende: storie di ricatti, di buste paga false, di sfruttamento.
Iltutto, come nella migliore tradizione italiana, sulla pelle di lavoratori senza più speranze e disposti a tutto pur di entrare, un giorno, nella scuola pubblica.
Sollecitata da un'interrogazione a risposta immediata presentata dal deputato Silvia Chimienti in data 4 giugno 2014, il Ministro Giannini ha dichiarato che il monitoraggio su questi fenomeni spetta agli uffici scolastici regionali e che in futuro saranno assunti 55 nuovi ispettori per potenziare le attività di controllo: «Il monitoraggio ispettivo dovrà essere intensificato - ha assicurato il Ministro - e riguardare non solo gli aspetti di valutazione dell'efficacia del sistema ma anche i profili legati all'utilizzo del personale».
Le risposte fornite non hanno tuttavia soddisfatto gli interroganti, che hanno deciso di procedere alla presentazione di questa proposta di inchiesta parlamentare.
Con l'istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sui diplomifici si mira a porre un freno agli scandali descritti nel dossier del professor Latella, ma soprattutto a fare in modo che le istituzioni diano un segnale forte, di presenza e di consapevolezza del problema, in modo da scoraggiare l'ulteriore diffusione di queste pratiche illegali e mortificanti e, soprattutto, di affiancare e supportare la magistratura nelle sue indagini.


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