Doc. XXII, n. 5




RELAZIONE

Onorevoli Colleghi! - Secondo le stime di Sos Impresa-Confesercenti, contenute nel XII Rapporto 2010, dal titolo «Le mani delle criminalità sulle imprese», il valore della contraffazione per il mercato nazionale si attesterebbe in circa 6,5 miliardi di euro. Secondo Confindustria la cifra complessiva generata dalla contraffazione ammonterebbe a 7 miliardi di euro, mentre a livello internazionale l'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE) valuta che la quota di presenza delle produzioni contraffatte sia di circa l'8 per cento del totale.
Le cifre del fenomeno del falso presente sul nostro Paese (senza considerare la quota di merci contraffatte che dallo Stato italiano finiscono all'estero), secondo una ricerca pubblicata dal Centro studi investimenti sociali (Censis) nell'aprile del 2009, consisterebbero in un fatturato di 109 miliardi di euro per il 2008, in una perdita per il bilancio pubblico in termini di mancate entrate fiscali di circa 5,281 miliardi di euro, pari quindi a circa il 2,5 per cento del gettito totale dello Stato.
Il Censis stima che l'eliminazione di questo problema garantirebbe quasi 130 mila nuovi posti di lavoro.
Attualmente la presenza di prodotti contraffatti riguarda quasi tutti i settori merceologici con percentuali più elevate nel settore calzaturiero e della pelletteria. Un riguardo speciale, però, deve essere rivolto al comparto agroalimentare.
Il settore agroalimentare ed agroindustriale nazionale, stando ai dati forniti dalle maggiori organizzazioni professionali agricole, produce circa 150 miliardi di euro come valore assoluto. Il peso maggiore del predetto valore è rappresentato dai prodotti tipici e da quelli designati con denominazioni di origine geografiche, trattandosi di produzioni che evocano nei consumatori di tutto il mondo elevati caratteristiche di qualità, di autenticità e di corrispondenze tra sicurezza alimentare e rispetto di tradizioni rurali.
I fenomeni della contraffazione e delle imitazioni agroalimentari ed enogastronomiche, il cosiddetto italian sounding, recherebbero alle imprese italiane un danno in termini di esportazioni di circa 60 miliardi di euro, divisi per circa 6 miliardi in contraffazione e in circa 54 miliardi di euro in pratiche relative all'italian sounding.
In Europa l'imitazione dei prodotti agroalimentari italiani raggiunge un valore di circa 26-27 miliardi di euro, a fronte di un controvalore delle esportazioni di circa 13 miliardi di euro. In pratica, per ogni prodotto italiano esportato legalmente nell'Unione europea, ne esistono almeno due imitati o falsi.
Negli Stati Uniti la situazione sarebbe ancora più negativa: a fronte di un valore certificato delle esportazioni di circa 3 miliardi di euro, si registra un controvalore di prodotti riferibili all'origine italiana di circa 24 miliardi di euro, ossia 8 prodotti falsamente italiani contro 1 prodotto esportato ed effettivamente di origine italiana.
Il fenomeno dell'italian sounding che consiste nel presentare sui mercati commerciali, prodotti recanti un insieme di nomi italiani, loghi, immagini e simboli chiaramente riconducibili all'Italia, senza che ciò corrisponda ad una effettiva realtà, ultimamente sta assumendo aspetti sempre più preoccupanti.
I principali Stati dell'Unione europea in cui si riscontrano i maggiori casi di imitazioni e di contraffazioni sono la Germania, l'Olanda, la Francia, il Regno Unito ed i Paesi scandinavi. In particolare in Germania ed in Olanda, per ogni prodotto effettivamente italiano presente sui mercati, ve ne sono altri 3 falsi o imitati.
In ambito mondiale, l'imitazione irregolare dell'italianità si registra soprattutto negli Stati Uniti, in Canada, nel Brasile, nel Messico, in Australia, in Russia ed in Nuova Zelanda.
L'eliminazione di questo particolare fenomeno potrebbe rappresentare per le nostre imprese un maggior volume di esportazione alimentare e una più consolidata reputazione nei consumatori internazionali verso la qualità, la genuinità e la tradizionalità delle produzioni nazionali.
Nella passata XVI legislatura per approfondire questi preoccupanti fenomeni e per individuare strumenti validi, atti a contrastarli, è stata istituita una specifica Commissione di inchiesta, la Commissione parlamentare di inchiesta sui fenomeni della contraffazione e della pirateria in campo commerciale.
Tale Commissione ha operato per circa tre anni tenendo 69 sedute e approvando, al termine dei lavori, quattro documenti, ossia la relazione sulla contraffazione nel settore agroalimentare (Doc. XXII-bis, n. 2), la relazione sulla contraffazione nel settore del tabacco (Doc. XXII-bis, n. 6), la relazione sulla contraffazione nel settore tessile e delle moda (Doc. XXII-bis, n. 7) e la relazione sulla pirateria digitale in rete (Doc. XXII-bis, n. 8).
Il lavoro della Commissione è stato assai proficuo ed illuminante ma sicuramente non esaustivo e soprattutto limitato da problemi di staticità, mentre i fenomeni affrontati hanno la caratteristica di essere in continua evoluzione e progressivi.
Anche per questi motivi molti componenti la Commissione avevano auspicato di non disperdere il lavoro prodotto dalla stessa e di continuarlo, eventualmente anche rendendo permanente questo formidabile organo parlamentare.
Sulla base di quanto brevemente descritto e tenendo conto della necessità di conseguire maggiori conoscenze sui fenomeni elusivi e illegali in campo commerciale, con la presente proposta di istituzione di una commissione di inchiesta, si intende fornire una soluzione di continuità ai lavori svolti nella XVI legislatura ed affrontare le altre materie non ancora indagate.
L'auspicio è che il Parlamento esamini ed approvi in tempi brevi la presente proposta e che immediatamente la Commissione possa iniziare le proprie attività.


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