Doc. XVIII, N. 66

COMMISSIONI RIUNITE III (AFFARI ESTERI E COMUNITARI) E XIV (POLITICHE DELL'UNIONE EUROPEA)

DOCUMENTO FINALE, A NORMA DELL'ARTICOLO 127 DEL REGOLAMENTO, SULLA:

Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni – Comunicazione 2016 sulla politica di allargamento dell'UE

Approvato il 7 marzo 2017

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  Le Commissioni riunite III e XIV,
   esaminata la Comunicazione 2016 della Commissione europea sulla politica di allargamento dell'UE (COM(2016)715);
   preso atto altresì delle Conclusioni del Consiglio europeo del 15 dicembre 2016;
   rilevato che:
    1) la politica di allargamento rappresenta una priorità dell'UE fin dai tempi della caduta del Muro di Berlino e, per gli innegabili successi conseguiti, è stata ampiamente riconosciuta come il più potente strumento della politica estera dell'Unione europea;
    2) iniziata da un gruppo di sei Paesi, ad oggi, dopo ben sette turni di adesioni, otto Paesi sono ancora in attesa di entrare a fare parte dell'Unione europea, mentre uno dei Paesi più importanti dell'UE stessa, il Regno Unito, ha optato per il proprio divorzio dal progetto europeo. Dodici anni dopo l'unificazione storica dell'Europa nel maggio del 2004 con l'ingresso di dieci nuovi membri, la prospettiva sull'allargamento appare oggi drasticamente mutata e si deve prendere atto che lo scetticismo popolare è aumentato, raggiungendo il 53 per cento dei cittadini dell'UE che oggi si oppongono a gran voce a qualunque ulteriore ampliamento;
    3) se la «fatica dell'allargamento» ha avuto origine nel 2007 dopo l'adesione di due nuovi Paesi, Bulgaria e Romania, momento nel quale l'UE avrebbe raggiunto la sua «capacità d'assorbimento», il processo di ampliamento ha iniziato ad affievolirsi con il fallimento del progetto costituzionale dell'Unione, seguito al «no» espresso attraverso i referendum in Olanda e in Francia;
    4) l'uscita del Regno Unito dall'UE porta la maggiore responsabilità nella messa adesso in discussione del potenziale di attrazione, e quindi di trasformazione, che l'Unione ha nei confronti di Paesi in cui tanto i governi quanto le opinioni pubbliche sono ansiose di benefici tangibili nel breve periodo e sono soggetti all'influenza di altri attori internazionali, in primis Russia e Turchia;
    5) dopo l'adozione da parte della Commissione europea della Comunicazione in titolo, l'anno 2016 si è caratterizzato per lo storico insuccesso, maturato nella sede del Consiglio Affari Generali dell'UE, riunitosi il 13 dicembre 2016, per cui per la prima volta dagli anni Novanta il Consiglio non è pervenuto alle consuete conclusioni annuali sulla politica di allargamento, e ciò a causa del veto posto dall'Austria rispetto alla decisione di proseguire il negoziato con la Turchia, considerate le misure straordinarie e di tipo repressivo adottate da Ankara in reazione al colpo di Stato del luglio del 2016 e le connesse violazioni dei criteri di Copenhagen;
    6) tale stallo ha travolto il dossier sull'allargamento dei Paesi dei Balcani Occidentali, sui quali un accordo sarebbe stato invece trovato nonostante varie questioni aperte, soprattutto da parte della Croazia per quanto riguarda la Serbia, per le problematiche connesse alla minoranza croata in Serbia e per la situazione in Bosnia Erzegovina;
    7) quanto alla situazione in Turchia, i più recenti accadimenti impongono effettivamente una rinnovata, coesa e netta presa di posizione da parte dell'Unione europea. Se da un lato si deve dare atto alla Turchia di avere gestito in modo coerente l'accordo con l'Unione europea sull'emergenza migratoria, avendo con ciò Pag. 3contribuito a rendere meno gravoso l'impatto del fenomeno sul territorio europeo, dall'altro lato tale merito e il conseguente rafforzamento negoziale della Turchia non può silenziare la voce dell'Europa di fronte all'ondata repressiva che ha visto la leadership turca assumere provvedimenti drastici e per lo più sommari nei confronti di decine di migliaia di cittadini turchi, privati della propria libertà personale o del proprio posto di lavoro al di fuori di ogni cornice processuale o di un grado minimo di rispetto di garanzie e di diritti. Preoccupano soprattutto le reiterate misure repressive nei confronti dei mezzi di informazione turchi considerati espressione del dissenso e colpiti da arresti in massa di giornalisti, direttori ed editori;
    8) l'autorevolezza europea passa oggi anche attraverso una presa di posizione ferma nei confronti di Ankara; la gestione dell'emergenza migratoria cesserebbe di rappresentare un «tallone di Achille» in tale direzione se l'Unione europea valutasse di affrontare la disobbedienza di gruppi di Paesi (come il noto blocco ViŠegrad) rispetto alle decisioni assunte nel 2015 sull'immigrazione con pari determinazione con cui tratta, ad esempio, il rispetto dei vincoli di bilancio da parte degli Stati membri;
    9) confortano in tal senso le dichiarazioni rese dal Commissario europeo Moscovici al Parlamento italiano in occasione della sua audizione presso le Commissioni Affari esteri, Bilancio, Finanze e Politiche dell'Unione europea, svolta il 1o marzo 2017, sull'avvio di un percorso sanzionatorio nei confronti degli Stati membri inadempienti sulla materia migratoria;
    10) quanto al veto austriaco posto sulla politica di allargamento, si deve ricordare che l'Austria conserva la memoria storica delle sanzioni ad essa inflitte dall'Unione europea nel 2000 per la deriva antidemocratica determinata dall'allora governo della FPÖ di Jörg Haider. Pur essendo nota la tradizionale resistenza di Vienna all'adesione della Turchia, risalente ad un tempo antecedente al 2016, l'Unione europea, in questo come in altri campi, deve assicurare una linea di coerenza europea e non dare adito ad accuse di doppio standard;
    11) il complesso dossier turco e lo stallo europeo che ne è derivato a fine 2016 destano serie preoccupazioni per il futuro dell'allargamento per tutti gli altri Paesi coinvolti, che rischia di finire in fondo all'elenco delle priorità politiche europee, monopolizzate dai negoziati per l'uscita di Londra e dalla gestione di pressanti questioni sia interne (per il bilancio e la crisi della solidarietà tra Stati membri) sia esterne (la situazione in Medio Oriente e i rapporti con Turchia e Russia, fattori ai quali si aggiunge la nuova stagione politica negli Usa);
    12) tutto ciò premesso, per ragioni di coerenza e credibilità nella gestione delle relazioni esterne dell'Unione europea e per gli interessi strategici dell'Italia, occorre assicurare progresso e prospettiva al percorso di integrazione europea dei Balcani Occidentali (Albania, Bosnia Erzegovina, Macedonia, Serbia, Montenegro e Kosovo);
    13) è indubbio che l'unico progetto fattibile per conseguire una vera stabilità e una certa prosperità nei Balcani è l'integrazione di questi Paesi nell'Unione europea;
    14) tuttavia, occorre evitare di guardare a tale percorso nella sola ottica della tutela della sicurezza europea rispetto alle maggiori minacce esterne (terrorismo ed immigrazione): sarebbe un errore di valutazione gravissimo non riconoscere l'importanza di per sé della integrazione di tale regione nell'UE per ragioni che attengono la tutela dello Stato di diritto, della democrazia, la stabilità regionale e continentale e, da ultimo, il bilanciamento del peso politico ed economico eccessivo di attori esterni rispetto a questioni di interesse strategico vitale per l'Europa e per l'Italia. I Balcani Occidentali completeranno, peraltro, il loro consolidamento democratico se percepiranno Pag. 4di essere considerati a tutti gli effetti futuri Paesi membri da sostenere nel percorso di europeizzazione;
    15) si deve tenere conto che, malgrado la retorica antieuropeista che inizia a fare breccia nei discorsi pubblici di taluni leader politici dei singoli Stati balcanici, persiste in tali Paesi un interesse e un attaccamento profondo e genuino nei confronti dell'UE, sia a livello di cittadini sia di élite politico-istituzionali;
    16) malgrado la enlargement fatigue che serpeggia tra gli Stati membri e all'interno dello stesso cuore istituzionale dell'Europa, l'Italia non cessa di sostenere le Istituzioni europee – in primis l'Alto Rappresentante per la politica estera e di sicurezza comune e il Commissario europeo per l'Allargamento e la Politica di Vicinato – nel loro sforzo volto a dare attuazione e a mantenere prioritaria in agenda la politica di allargamento;
    17) per quanto l'impegno di armonizzare Paesi difformi quanto a stato di sviluppo economico, governance e rule of law sia gravoso, procedere in tale direzione rappresenta una prova di affidabilità e di capacità da parte europea;
    18) i Paesi dei Balcani Occidentali che hanno avviato un percorso di adesione all'Unione europea pagano tuttora il conto del conflitto degli Anni Novanta e non hanno del tutto affrontato e superato gli antagonismi del passato, connessi a pulsioni nazionaliste ed etniche. Come documenta la Comunicazione della Commissione, ognuno di questi Paesi presenta problematicità da affrontare. Su ognuno di essi pesa molto il crescente divario tra élite politiche autoreferenziali, impegnate a mantenere uno status quo che alimenti le faziosità interne, ed una popolazione e società civile assai giovani (le popolazioni della regione sono composte per percentuali non inferiori all'11 per cento da giovani di età compresa tra i 15 e i 24 anni, con punte pari al 17 per cento, mentre non meno del 41 per cento della popolazione di tutti i sei Paesi balcanici è di età compresa tra i 24 e i 54 anni), intenzionate a superare il passato e a procedere nel cammino verso lo sviluppo e una democrazia consolidata e stabile. Su tutti questi Paesi pesano anche l'influenza dell'economia informale, l'ampliamento delle disparità economiche e sociali, il peso della criminalità organizzata e della corruzione; povertà e alto tasso di disoccupazione rimangono tra le questioni più condizionanti per la popolazione (anche se il reddito pro capite è quasi raddoppiato negli ultimi due decenni, il livello medio regionale resta pari al 36 per cento del reddito dei Paesi) per cui per i più giovani l'integrazione nell'UE è davvero un'urgenza per avvicinarsi economicamente agli altri Paesi occidentali;
    19) in tale contesto è decisivo il ruolo che l'Italia potrà svolgere nell'esercizio della presidenza del Processo di Berlino;
    20) tale Processo – nato su iniziativa tedesca nel 2014 a bilanciamento di resistenze europee e di singoli Stati membri sulla prospettiva di allargamento e che aggrega come Stati membri Germania, Austria, Francia, Croazia, Slovenia e Italia in un percorso che dovrebbe concludersi nel 2018 – si caratterizza per un ruolo guida tuttora assolto da Berlino. Con il Processo la Cancelliera Angela Merkel ha inteso rinnovare la prospettiva europea della Regione, con l'obiettivo di rafforzare la partnership con la UE e nell'intento generale di dare avvio a varie riforme. Se l'effettiva capacità di attrazione del Processo di Berlino è tuttora sostenuta dal protagonismo della Germania, percepita dai Balcani Occidentali come il vero motore europeo, e non è un'iniziativa comunitaria, tuttavia esso non è in contraddizione con le politiche UE adottate nella regione: la Commissione ha infatti dimostrato fin da subito il proprio appoggio all'iniziativa e ne ha ribadito l'importanza anche nella Comunicazione in titolo. Dopo i vertici di Berlino, Vienna e Parigi, che hanno incoraggiato la cooperazione intergovernativa attorno ai temi dello sviluppo economico, del rafforzamento delle reti di trasporti, di energia e gas, e della cooperazione Pag. 5culturale con speciale attenzione ai giovani, l'Italia, forte del ruolo di cui è oggi titolare in Consiglio di Sicurezza e in sede G7, è chiamata ad un serio e concreto progetto di rilancio in occasione del vertice programmato il 12 luglio prossimo a Trieste, in cui dovrà essere soprattutto indicata una road map economica, incentrata sul modello produttivo italiano basato sulle piccole e medie imprese;
    21) d'altra parte occorre anche scongiurare che la «fatica dell'allargamento» divenga una valida scusa per i Paesi candidati o associati all'UE per venire meno agli impegni presi in termini di riforme e di soddisfazione dei criteri di adesione. Appare di grande importanza la credibilità dell'allargamento come processo bidirezionale: se un Paese introduce le necessarie riforme, l'UE deve tenere fede ai suoi impegni e lo sforzo deve essere reciproco. Il successo del percorso dipende molto dall'impegno reale degli attori politici regionali, sull'esempio positivo dato dall'adesione della Croazia nel 2013; ma dipende anche dalla capacità dell'UE di evitare messaggi scoraggianti o arroganti che facciano regredire la regione e frustrino le speranze dei giovani e dei cittadini, con rischi di fuga dal progetto europeo e di crescente instabilità per tutto il continente;
    22) l'Italia può, inoltre, svolgere un ruolo importante anche in occasione delle celebrazioni che avranno luogo a Roma – nel corso del mese di marzo 2017 – in occasione del 60o anniversario della firma dei Trattati di Roma;
    23) si tratta di una occasione importante per discutere del futuro dell'Europa e delle politiche di allargamento – che al destino dell'Unione sono inscindibilmente connesse – anche alla luce delle nuove ipotesi politico organizzative che sono oggetto di discussione in questa fase, quale è quella dell'Europa a due velocità;
    24) in tale contesto appare prioritario rilanciare il tema più ampio della governance europea e delle prospettive di rafforzamento dell'Unione, poiché solo una UE forte e coesa potrà guidare consapevolmente i processi di allargamento e di integrazione di nuovi Paesi nella casa comune europea;
    25) sulla base di quanto sopra esposto, dopo la mancata adozione di conclusioni condivise da parte del Consiglio dell'UE del 13 dicembre 2016, è auspicabile che per tutti i Paesi dei Balcani la Commissione europea persegua il proprio mandato, anche solo in base alle conclusioni adottate a maggioranza. Certamente, lo stallo determinatosi in quella sede resta un segnale poco rassicurante e conferma l'influenza di dinamiche populiste e di tipo bilaterale sulla politica di allargamento;
    26) quanto alle priorità politiche regionali, il nodo serbo-kosovaro costituisce il nodo più difficile da sciogliere anche se il recente emergere di un «asse Belgrado-Tirana», con lo scambio di visite tra il premier serbo Vucic e quello albanese Rama, rappresenta un segnale incoraggiante, in mezzo ai tanti negativi. Non va sottovalutato il problema degli ostacoli frapposti da Stati membri a Paesi candidati, in primis l'ostracismo della Grecia verso la Ex Repubblica Jugoslava di Macedonia;
    27) in generale, occorre scongiurare che lo stallo attuale della politica di allargamento degradi il lavoro di istituzionalizzazione del processo, garantito dalla Commissione europea, che così ne diventerebbe la titolare solo su piano della prosecuzione tecnica. Naturalmente questo percorso non può prescindere dal coinvolgimento convinto e attivo delle società civili e, in senso lato, dei portatori di interesse nelle società della regione. E al Processo di Berlino va dato atto di aver riaffermato la necessità del loro coinvolgimento attivo anche nei processi politici di alto profilo;
    28) nell'attuale quadro di incertezza rispetto agli sviluppi futuri dell'allargamento europeo il processo di europeizzazione guidato dalla Commissione europea costituisce la sola opportunità di trasformare i Paesi dell'area in democrazie Pag. 6funzionanti. È quindi di fondamentale importanza identificare quali siano gli attori locali che possano impegnarsi attivamente affinché l'implementazione delle riforme non resti sulla carta;
    29) appare opportuno che il presente Documento finale sia trasmesso al Parlamento europeo, al Consiglio e alla Commissione europea nell'ambito del dialogo politico informale;
   esprimono una

VALUTAZIONE POSITIVA.