Doc. IV-quater, n. 1





Onorevoli Colleghi! - La Giunta per le autorizzazioni riferisce su una domanda di deliberazione in materia di insindacabilità avanzata dal deputato Gianluca PINI, nell'ambito di un procedimento civile pendente presso la Corte d'appello di Bologna (atto di citazione del signor Ellero Morgagni).
La domanda in esame - che riguarda vicende verificatesi nel corso del giugno 2009 - era stata già avanzata nel giugno del 2009 e poi riproposta nel 2012, in epoca anteriore alla definizione del primo grado di giudizio. Non essendo però stata esaminata nella precedente legislatura, il suo esame è stato sollecitato dal deputato interessato nei primi mesi della XVII legislatura (il 5 giugno 2013), «stante la mancata concessione della sospensione della provvisoria esecutorietà della sentenza di primo grado e l'omessa pronuncia della Corte di Appello sulla pregiudiziale invocata da questa difesa ex articolo 3 della legge n. 140 del 2003 di calendarizzare e pronunciarsi in merito».
La Giunta ha dedicato all'esame della questione le sedute del 25 giugno, nonché del 16 e del 31 luglio 2013, procedendo anche ad acquisire informazioni e chiarimenti dal deputato interessato. Per completezza, alla presente relazione si allegano i resoconti delle citate sedute.
Al fine di consentire ai colleghi di maturare un giudizio sul delicato bilanciamento tra l'interesse supremo al pieno svolgimento della funzione giurisdizionale e la tutela delle prerogative costituzionali riconosciute ai parlamentari dall'articolo 68, primo comma della Costituzione, si riassumono di seguito i principali passaggi del procedimento civile pendente.
La controversia scaturisce dalla richiesta di risarcimento dei danni non patrimoniali azionata da parte dell'ACER (Azienda Casa Emilia Romagna della provincia di Forlì-Cesena, in persona del suo rappresentante Ellero Morgagni), nei confronti dell'onorevole Gianluca Pini, che era deputato anche all'epoca dei fatti, per una serie di sue dichiarazioni pubblicate sulla stampa locale nel giugno 2009, recanti espressioni ritenute offensive e non veritiere su due diverse vicende.
La prima vicenda concerne un appalto per lavori di ristrutturazione immobiliare. La parte attrice ritiene che il deputato avrebbe accusato l'ACER di malcostume, di speculare sulla sicurezza, di svolgere lavori in modo irregolare e, più in generale, di partecipare ad un sistema di favoritismi nella gestione della cosa pubblica «da fare impallidire tangentopoli».
La seconda vicenda concerne invece il commento dell'onorevole Pini all'azione giudiziaria intentata dall'ACER nel momento in cui l'investimento di proprie risorse in titoli della Lehman Brothers si rivelava fallimentare («è come se un tossico beccato con della droga si giustificasse denunciando il pusher»).
Il giudizio di primo grado presso il Tribunale di Forlì si è concluso l'8 giugno 2012 con la condanna dell'onorevole Pini. La sentenza provvisoriamente esecutiva dispone il risarcimento dei danni per un importo liquidato in 10.000 euro per l'ACER e altrettanti per il suo presidente pro tempore Morgagni. Nelle motivazioni si legge che il giudice ha ritenuto che la massima parte dei fatti ascritti alla parte attrice - pur «pertinenti» in quanto intrinsecamente di interesse pubblico - si fossero rivelati falsi o non dimostrati e che le opinioni siano state divulgate con espressioni «non continenti» ed anzi volgari, umilianti e tali da ledere l'altrui integrità morale.
Non è stata dunque accolta la prospettazione della difesa che invocava il diritto di cronaca e di critica politica. Né ha trovato riconoscimento l'argomentazione secondo cui l'impossibilità di dimostrare in modo esaustivo la fondatezza delle dichiarazioni del deputato derivava dall'esigenza di riserbo su elementi oggetto di indagini penali coperte da segreto istruttorio. Sul punto, secondo la difesa, proprio lo svolgimento di procedimenti penali tuttora in corso giustificherebbe i sospetti, peraltro espressi dall'onorevole sempre con formule dubitative ed ipotetiche.
Nel corso dell'audizione presso la Giunta per le autorizzazioni, il deputato Pini ha reso precisazioni sulla vicenda giudiziaria in oggetto sottolineando, in primo luogo, di aver agito allo scopo di svolgere la sua funzione di parlamentare di quel territorio e, segnatamente, di aver adempiuto il suo dovere di dar seguito e sostegno alle denunce - a suo dire molto documentate - di un imprenditore locale nei confronti del vertice dell'ACER sul piano mediatico e su quello giudiziario.
Nelle sue prospettazioni, Pini ha inoltre evidenziato come le dichiarazioni rese, al di là del loro limitato impatto offensivo, fossero collegate ad una dimensione politica, sia locale che nazionale. In particolare ha richiamato un proprio atto di sindacato ispettivo che muoveva dalla premessa di un esposto/denuncia all'autorità giudiziaria sulla gestione da parte dell'ACER dell'edilizia residenziale di Forlì.
L'onorevole Pini ha conclusivamente richiamato i possibili sviluppi dell'inchiesta penale relativa ai fatti oggetto delle sue dichiarazioni. Infatti, secondo notizie di stampa riportate dallo stesso Pini, proprio in relazione al suo esposto la Procura della Repubblica si accingerebbe a chiedere il rinvio a giudizio per gli amministratori di quell'ente.
La Giunta per le autorizzazioni ha condiviso l'impostazione del relatore secondo cui l'atto di sindacato ispettivo richiamato dal medesimo deputato, che pure reca in premessa un riferimento diretto sulla mala gestione da parte dell'ACER dell'edilizia residenziale di Forlì, non sia di per sé elemento decisivo per assumere un orientamento favorevole al riconoscimento della prerogativa costituzionale della insindacabilità delle opinioni espresse. Ciò in quanto il tenore complessivo dell'atto appare comunque distante dalle dichiarazioni oggetto della contesa giudiziaria e, per di più, è stato presentato diversi mesi dopo la loro diffusione (si richiamano le pronunce della Corte Costituzionale nn. 82 del 2011 e 39 del 2012 nella parte in cui affermano: «atti parlamentari successivi alle dichiarazioni extra moenia del parlamentare non possono fungere da elementi di riferimento agli effetti della garanzia della insindacabilità, in quanto «risulterebbe davvero eccentrico evocare il concetto di divulgazione (...) ove la relativa attività, espletata anche fuori del Parlamento, si realizzasse in un momento antecedente alla opinione espressa dal parlamentare nell'esercizio delle funzioni tipiche»).
Nel corso del dibattito svolto in Giunta per le autorizzazioni sono tuttavia emersi elementi di riflessione che, in modo unanime, sono stati ritenuti meritevoli di attenzione e dunque decisivi ai fini della formulazione della proposta nel senso della insindacabilità delle opinioni espresse dal deputato.
In primo luogo, è stato dato ampio rilievo alla valutazione secondo cui le dichiarazioni dell'onorevole Pini vertono su materie di rilevante interesse pubblico (come riconosce la stessa sentenza di primo grado, a lui avversa) ed al fatto che, quanto ai toni impiegati, le forme espressive non appaiono particolarmente eccessive, ma anzi del tutto congrue rispetto alla gravità dei reati di cui era venuto a conoscenza. Peraltro, il Pini non ha in alcun modo asseverato la loro veridicità, quanto invece opportunamente scelto formule dubitative e mantenuto le cautele del caso in attesa del vaglio giudiziario dei fatti.
Inoltre, è emerso dall'audizione come l'onorevole Pini sia stato sollecitato da un imprenditore locale ad agire per porre fine ad un sistema di diffusa illiceità. Pur non essendo questa la sede per valutare le implicazioni che assume la scelta del legislatore di qualificare il parlamentare come «pubblico ufficiale» (articolo 357 del codice penale), è tuttavia innegabile il fatto che il deputato sia stato il destinatario di una grave notitia criminis - a suo dire anche estremamente documentata - e ciò proprio in ragione della sua peculiare qualità di parlamentare e di rappresentante della nazione. Va da sé che, se non avesse assunto l'iniziativa di trasferire le informazioni all'autorità giudiziaria ed alla collettività locale, ben sarebbe potuto essere considerato in qualche modo «connivente», sul piano politico, del sistema di illegalità a lui rappresentato, tanto più che si denunciava la cattiva gestione di risorse pubbliche.
Un terzo spunto di riflessione offerto dal dibattito svolto in Giunta concerne poi l'esigenza di un bilanciamento tra le previsioni costituzionali relative all'immunità parlamentare ed il principio di uguaglianza declinato con riferimento alla sottoposizione di tutti i cittadini alla legge ed alla giurisdizione civile e penale.
In quest'ottica, se da un lato non è certamente possibile riconnettere l'insindacabilità delle opinioni espresse dal parlamentare ad una generica attività politica nell'ambito del proprio collegio elettorale - perché ciò estenderebbe in modo inaccettabile la prerogativa parlamentare -, è stato formulato da più parti l'auspicio di non restringere eccessivamente i criteri di verifica della sussistenza del nesso funzionale, ma di ricercare parametri di giudizio eventualmente anche più articolati rispetto a quello (puramente formalistico) attualmente definito dalla giurisprudenza costituzionale, al fine di consentire ai deputati di partecipare più liberamente al dibattito politico.
Conclusivamente, in Giunta si è radicato il convincimento secondo cui nell'espletamento delle funzioni di membro del Parlamento - che proprio in virtù della sua qualità soggettiva di rappresentante della Nazione riceve una circostanziata notitia criminis su un diffuso sistema di illegalità nella gestione della cosa pubblica - rientra indissolubilmente il compito di assumere l'iniziativa politica di trasferire le informazioni all'autorità giudiziaria e alla collettività locale. Siffatta attività divulgativa si configura funzionalmente connessa all'esercizio delle attribuzioni parlamentari.
Per tali ragioni, con votazione unanime, la Giunta per le autorizzazioni propone all'Assemblea di considerare le opinioni espresse dal deputato Pini insindacabili ai sensi dell'articolo 68, primo comma, della Costituzione.

Danilo LEVA, Relatore


ALLEGATO 1

Estratto dei resoconti sommari delle sedute della Giunta per le autorizzazioni del 25 giugno e del 4, 16 e 31 luglio 2013
Martedì 25 giugno 2013

(Esame e rinvio).

Danilo LEVA (PD), relatore, ricorda che la domanda in titolo - che riguarda vicende verificatesi nel corso del giugno 2009 - era stata già avanzata nella scorsa legislatura, in epoca anteriore alla definizione del primo grado di giudizio. La richiesta è stata poi sollecitata il 14 giugno 2012 ma, non essendosi compiuto l'esame in Giunta, essa pende tuttora all'ordine del giorno.
Lo scorso 5 giugno 2013, nuovamente, la difesa del deputato ha fatto richiesta alla Giunta, «ritenuta la gravità e l'urgenza, stante la mancata concessione della sospensione della provvisoria esecutorietà della sentenza di primo grado e l'omessa pronuncia della Corte di appello sulla pregiudiziale invocata da questa difesa ex articolo 3 L. 140/2003. di calendarizzare e pronunciarsi in merito».
Ricorda che la controversia scaturisce dalla richiesta di risarcimento dei danni non patrimoniali da parte dell'ACER (Azienda Casa Emilia Romagna della provincia di Forlì-Cesena, in persona del suo rappresentante Ellero Morgagni), nei confronti dell'onorevole Gianluca Pini, che era deputato anche all'epoca dei fatti, per una serie di sue dichiarazioni pubblicate sulla stampa locale nel giugno 2009, recanti espressioni ritenute offensive e non veritiere.
Le dichiarazioni in oggetto sono state rilasciate in riferimento a due diverse vicende. La prima riguarda un appalto per lavori di ristrutturazione immobiliare, in cui il deputato accusa l'ACER di malcostume, di speculare sulla sicurezza, di svolgere lavori in modo irregolare e, più in generale, di partecipare ad un sistema di favoritismi nella gestione della cosa pubblica «da fare impallidire tangentopoli».
La seconda vicenda concerne invece il commento dell'onorevole Pini all'azione giudiziaria intentata dall'ACER nel momento in cui l'investimento in titoli della Lehman Brothers si rivela fallimentare («È come se un tossico beccato con della droga si giustificasse denunciando il pusher»).
Risulta, peraltro, che il tribunale di Forlì abbia aperto un procedimento penale connesso alle suddette vicende, proprio su esposto del deputato Pini, tuttora in corso. Notizie di stampa degli ultimi giorni rivelano gli esiti delle indagini della Guardia di finanza sulla gestione dell'ACER, ai cui organi di vertice sarebbero state contestate condotte illecite legate sia all'utilizzo delle risorse sia alla gestione di appalti.
Nel giudizio di primo grado non è stata accolta la prospettazione della difesa che invocava il diritto di cronaca e di critica politica, in quanto si è ritenuto che la massima parte dei fatti ascritti alla parte attrice - pur «pertinenti» in quanto intrinsecamente di interesse pubblico - si fossero rivelati falsi o non dimostrati (né si può parlare di «verità putativa», che presuppone comunque un serio e diligente lavoro di ricerca). In più, lungi dal costituire esercizio della libera manifestazione del pensiero - che consente di comunicare la propria interpretazione critica dei fatti anche con un linguaggio aspro e pungente - l'opinione appare divulgata con espressioni «non continenti» ed anzi volgari, umilianti e tali da ledere l'altrui integrità morale.
Pertanto, essendo stata riconosciuta la natura diffamatoria delle affermazioni a lui attribuite (nonché la sussistenza del dolo generico), il deputato Pini è stato condannato con sentenza provvisoriamente esecutiva al risarcimento dei danni pari a 10.000 euro per l'ACER e altrettanti al suo presidente Morgagni.
Nell'atto introduttivo del giudizio di secondo grado - proposto dalla difesa dell'onorevole Pini - si argomenta che la fondatezza delle dichiarazioni del deputato non è stata potuta dimostrare per intero in quanto poggia su elementi oggetto di indagini penali coperte da segreto istruttorio e che proprio il procedimento penale in corso giustificherebbe i sospetti, peraltro espressi dall'onorevole sempre con formule dubitative ed ipotetiche. Per tale ragione, già in primo grado, si era chiesta (invano) la sospensione del giudizio civile in attesa della conclusione delle indagini della Procura della Repubblica.
Per i profili di interesse della Giunta evidenzia che, in primo grado, né gli atti di parte né la sentenza recano alcun riferimento all'istituto dell'insindacabilità parlamentare ovvero ad atti tipici da cui possa emergere un «nesso funzionale» tra le dichiarazioni rese e lo svolgimento del mandato parlamentare.
Solo nella proposizione dell'appello la difesa del deputato ha formalmente eccepito l'applicazione dell'articolo 68 primo comma della Costituzione, sostenendo che l'onorevole Pini «ha reso le predette dichiarazioni nell'esercizio della propria funzione parlamentare».
Su tale eccezione la Corte di appello di Bologna ha però omesso di esprimersi.
Si riserva di formulare una proposta in relazione all'audizione dell'interessato ed all'esito del dibattito.

(Viene introdotto il deputato Gianluca Pini).

Gianluca PINI (LNA) precisa, innanzitutto, che ha ritenuto opportuno essere ascoltato dalla Giunta per integrare la copiosa documentazione già prodotta con una puntuale ricostruzione della vicenda in esame.
Dichiara di aver subito una condanna sui generis, in quanto, a suo avviso, le dichiarazioni ritenute diffamatorie avrebbero dovuto essere ricondotte nell'ambito delle prerogative che l'articolo 68, primo comma, della Costituzione riconosce a ciascun parlamentare.
Ricorda che i fatti risalgono alla primavera del 2009, allorché un imprenditore chiese di incontrarlo, essendo lui un deputato rappresentativo di quel territorio e l'unico residente nella città di Forlì, per comunicare alcune irregolarità relative alla gestione degli appalti pubblici e agli investimenti finanziari da parte dell'ACER, con particolare riferimento all'attività di messa in sicurezza dal rischio sismico delle case popolari.
Dopo aver preso visione della cospicua documentazione in possesso dell'interlocutore, valutò opportuno che la medesima fosse portata a conoscenza dell'autorità giudiziaria, circostanza che avvenne poco dopo nelle mani del dottor Marco Forte, magistrato di turno presso la Procura della Repubblica di Forlì. Subito dopo, ritenne suo dovere di parlamentare informare l'opinione pubblica circa le presunte gravi irregolarità da parte dell'ACER, attraverso dichiarazioni rese alla stampa locale. Tiene a sottolineare che tali dichiarazioni erano sempre rese in forma dubitativa, ovvero subordinando espressamente l'attribuzione delle suddette irregolarità nella gestione dell'edilizia residenziale pubblica alla previa verifica della verità dei fatti da parte della magistratura. In questo contesto si era limitato ad affermare che, qualora le indagini giudiziarie avessero appurato la fondatezza dei fatti denunciati, il presidente dell'ACER Ellero Morgagni, e l'ACER stessa, avrebbero dovuto procurarsi un buon avvocato per difendersi in giudizio.
Ricorda, inoltre, che le sue dichiarazioni di commento all'azione giudiziaria intentata dall'ACER nel momento in cui l'investimento in titoli della Lehman Brothers si era rivelato fallimentare, erano state rese in un contesto di polemica politica locale e dettate dalla convinzione che investimenti in strumenti finanziari, per di più rivelatisi «tossici», non rientravano nel novero delle attività previste dallo statuto di tale ente.
Rappresenta di aver successivamente presentato un atto di sindacato ispettivo nel quale si dava conto della notizia diffusa dalla stampa circa l'avvenuta presentazione di un esposto/denuncia all'autorità giudiziaria in relazione alla gestione da parte dell'ACER dell'edilizia residenziale di Forlì.
Essendo stato citato in giudizio dal signor Ellero Morgagni per il presunto carattere diffamatorio delle suddette dichiarazioni, ha ritenuto necessario adire la Giunta affinché ne venisse riconosciuta l'insindacabilità.
È poi intervenuta una decisione di condanna in primo grado da parte del Tribunale di Forlì, avverso la quale ha presentato appello con richiesta di sospendere la provvisoria esecutività della sentenza, tenuto conto anche della necessità di attendere la pronuncia della Giunta sui fatti in esame. La Corte d'appello ha respinto tale richiesta con una decisione che, a suo avviso, rappresenta un vulnus all'operatività dell'articolo 68 della Costituzione.
In relazione alla vicenda giudiziaria che lo riguarda, giudica singolare il fatto che il Tribunale civile di Forlì, condannandolo al risarcimento del danno, abbia ritenuto diffamatorie le sue dichiarazioni che, pur tuttavia, attengono a fatti per i quali è pendente nei confronti del Morgagni un procedimento penale. Aggiunge, a tal proposito, che, secondo recenti notizie di stampa, è stata formulata dal pubblico ministero una richiesta di rinvio a giudizio dei dirigenti dell'ACER, tra cui Morgagni.
Ribadisce, infine, che le sue dichiarazioni si inseriscono pienamente in un contesto di denuncia politica avente ad oggetto l'attività di prevenzione dal rischio sismico da lui particolarmente avvertita, anche in ragione del fatto che - come detto - era un deputato rappresentativo di quel territorio e - all'epoca, prima di trasferire la sua residenza - l'unico residente nella città di Forlì.

Sofia AMODDIO (PD), chiede all'onorevole Pini quando abbia presentato l'atto di sindacato ispettivo al quale ha fatto riferimento.

Ignazio LA RUSSA, Presidente, dopo aver precisato che l'onorevole Pini ha presentato un'interrogazione a risposta scritta nel mese di ottobre 2009, mentre le dichiarazioni alla stampa risalgono al mese di giugno dello stesso anno, chiede maggiori informazioni in merito alla richiesta di rinvio a giudizio dei dirigenti dell'ACER, tra cui Morgagni.

Gianluca PINI (LNA) dichiara di non avere al momento notizie ulteriori al riguardo.

Ignazio LA RUSSA, Presidente, non essendovi ulteriori richieste di intervento, ringrazia l'onorevole Pini e dichiara conclusa l'audizione.

(Il deputato Gianluca Pini si allontana dall'aula).

Ignazio LA RUSSA, Presidente, invita i colleghi a valutare alcuni aspetti emersi dall'audizione del collega Pini, che sembrano avere una certa rilevanza. Si riferisce, in particolare, all'evoluzione che negli ultimi giorni sta avendo l'indagine penale sulle vicende da lui denunciate.

Danilo LEVA (PD) si riserva di approfondire gli elementi offerti dal collega Pini, anche con riguardo ai possibili collegamenti tra le affermazioni poste a base del procedimento civile nei suoi confronti e l'atto di sindacato ispettivo cui l'onorevole ha fatto riferimento.

Ignazio LA RUSSA, Presidente, rinvia il seguito dell'esame ad una prossima seduta.

Giovedì 4 luglio 2013

(Rinvio del seguito dell'esame).

Ignazio LA RUSSA, Presidente, a seguito di quanto richiesto dal relatore all'inizio della seduta odierna, dispone il rinvio della trattazione del punto all'ordine del giorno alla prossima seduta.

La Giunta concorda.

Martedì 16 luglio 2013

(Seguito dell'esame e rinvio).

La Giunta prosegue la discussione rinviata nella seduta del 25 giugno 2013.

Danilo LEVA (PD), relatore, richiama le precisazioni rese nella seduta dello scorso 25 giugno dal deputato interessato alla vicenda giudiziaria in oggetto.
In quella sede, l'onorevole Pini ha sottolineato di aver agito allo scopo di svolgere la sua funzione di parlamentare di quel territorio. Il collega ha quindi ritenuto suo dovere dare seguito e sostegno alle denunce - a suo dire molto documentate - di un imprenditore locale nei confronti del vertice dell'ACER sul piano mediatico e su quello giudiziario. Secondo notizie di stampa riportate dallo stesso Pini, in relazione al suo esposto, la Procura della Repubblica si accinge adesso a chiedere il rinvio a giudizio per gli amministratori di quell'ente.
Nelle sue prospettazioni, Pini ha inoltre evidenziato come le dichiarazioni rese, al di là del loro maggiore o minore impatto offensivo, fossero collegate ad una dimensione politica, sia locale che nazionale.
In particolare - ed è questo un punto che per i profili di competenza della Giunta richiede la più attenta valutazione -, ha richiamato un proprio atto di sindacato ispettivo che muoveva dalla premessa di un esposto/denuncia all'autorità giudiziaria sulla gestione da parte dell'ACER dell'edilizia residenziale di Forlì.
L'onorevole Pini ha conclusivamente richiamato i possibili sviluppi dell'inchiesta penale relativa ai fatti oggetto delle sue dichiarazioni.
Per quanto attiene ai primi due elementi emersi nel corso dell'audizione, appare difficile fondare su di essi una dichiarazione di insindacabilità delle opinioni espresse dall'onorevole Pini.
Sul punto, richiama la giurisprudenza della Corte costituzionale ed in particolare la pronuncia n. 39 del 2012, di cui ricorda un passaggio saliente: «"Ai fini della garanzia di insindacabilità di cui al primo comma dell'articolo 68 Cost., non basta una generica identità di argomento o di contesto politico, ma è necessario un legame specifico tra l'atto parlamentare e la dichiarazione esterna, volta a renderlo noto ai cittadini" (sentenza n. 98 del 2011). Il riferimento all'attività parlamentare o comunque l'inerenza a temi di rilievo generale (pur anche dibattuti in Parlamento), entro cui le dichiarazioni si possano collocare, non vale in sé a connotarle quali espressive della funzione». L'impegno per il proprio territorio - così come può essere una attività politica particolarmente incentrata verso la prevenzione dal rischio sismico in quella porzione del territorio nazionale - non è, secondo il giudice delle leggi, un parametro sufficiente cui ancorare il regime di operatività dell'articolo 68, primo comma, della Costituzione.
Passa quindi ad analizzare l'atto di sindacato ispettivo che aveva in premessa la notizia diffusa dalla stampa circa l'avvenuta presentazione di un esposto/denuncia all'autorità giudiziaria in relazione alla gestione da parte dell'ACER dell'edilizia residenziale di Forlì. Al riguardo, osserva che il tenore dell'atto è piuttosto distante dalle dichiarazioni oggetto della contesa giudiziaria, essendo l'interrogazione parlamentare diretta a stimolare controlli di tipo antisismico e non sembra riguardare in modo specifico l'attività precipua dell'ACER. Non sembra esservi «neppure quella semplice comunanza di tematiche che, pure, secondo la giurisprudenza di questa Corte, non basta a fondare il "nesso funzionale" su cui si radica la garanzia della insindacabilità» (Corte Costituzionale n. 82 del 2011).
Sottolinea, infine, che l'interrogazione è stata presentata il 29 ottobre 2009, mentre la pubblicazione degli articoli che riportavano le dichiarazioni dell'onorevole Pini è avvenuta nei giorni 19, 20 e 27 giugno 2009 e l'atto di citazione da parte del signor Ellero Morgagni è del 7 agosto 2009. Assume, dunque, rilievo il criterio ermeneutico che la Corte costituzionale detta con riguardo al legame temporale che deve sussistere tra l'atto parlamentare tipico e la dichiarazione divulgativa del medesimo: «atti parlamentari successivi alle dichiarazioni extra moenia del parlamentare non possono fungere da elementi di riferimento agli effetti della garanzia della insindacabilità, in quanto "risulterebbe davvero eccentrico evocare il concetto di divulgazione (...) ove la relativa attività, espletata anche fuori del Parlamento, si realizzasse in un momento antecedente alla opinione espressa dal parlamentare nell'esercizio delle funzioni tipiche"» (sentenze nn. 82 del 2011 e 39 del 2012).
Conclusivamente, nel prendere atto dei possibili sviluppi dell'inchiesta penale relativa ai fatti oggetto delle dichiarazioni dell'onorevole Pini, che potrebbero asseverare la «veridicità» delle suddette, ribadisce come in questa sede non sia possibile invocare la scriminante della libera manifestazione del pensiero o del diritto di cronaca/critica politica.
Sul piano del giudizio civile ben può essere fatta valere la sussistenza di elementi fattuali per escludere, o mitigare, la natura diffamatoria delle dichiarazioni, anche al fine di confutare la motivazione della condanna in primo grado per la parte che riguarda la mancata dimostrazione dei fatti ascritti alla parte attrice.
Tuttavia, seppure si voglia ipotizzare che vi sono le condizioni per ravvisare nelle denunce del parlamentare «l'esercizio di un diritto», tale ambito sfugge alla cognizione della Giunta e dell'Assemblea. Al Parlamento spetta solo il compito di verificare se sussistano i requisiti di applicabilità dell'articolo 68 della Costituzione, proprio al fine di evitare che il membro del Parlamento si possa giovare di un foro speciale di applicazione del diritto di critica politica, che si tradurrebbe in un privilegio particolare in dispregio dell'uguaglianza dei cittadini davanti alla legge (Corte Costituzionale, sentenze 81, 82 e 194 del 2011).
Per tali ragioni propone che la Giunta si esprima nel senso della sindacabilità delle opinioni espresse dal deputato Pini.

Enrico COSTA (PdL) ritiene opportuno distinguere i diversi elementi che sono oggetto della deliberazione odierna. Un primo dato - che potrebbe definirsi innegabile - è che risulta esservi stato un atto di sindacato ispettivo in cui si citano in modo specifico l'attività e la gestione dell'ACER, nei cui confronti si focalizza l'attenzione dell'interrogante. È utile peraltro sottolineare che la citata interrogazione ha superato il vaglio presidenziale di ammissibilità, è stata pubblicata, con la formulazione che è agli atti, e su di essa il Governo ha fornito la risposta di propria competenza.
Un secondo dato è emerso dall'audizione dell'onorevole Pini: questi ha, infatti, riferito di essere stato sollecitato da un imprenditore locale per porre fine ad un sistema di diffusa illiceità. Appare del tutto fisiologico che - in quanto parlamentare di quell'area territoriale - il Pini abbia inteso assumere una iniziativa squisitamente politica basata, da un lato, su una denuncia all'autorità giudiziaria delle notizie di reato e, dall'altro, sulla divulgazione presso l'opinione pubblica di quanto appreso, pur con tutte le formule dubitative e le cautele del caso.
Un terzo elemento, che ritiene meritevole di attenzione, riguarda la natura delle fattispecie illecite in riferimento alle quali si è svolta l'azione del parlamentare. Non sfugge che si tratta di notizie di reato che riguardano la cattiva gestione di risorse pubbliche e di enti che svolgono funzioni di rilevanza pubblicistica. In questa peculiare sfera di reati si può quasi ritenere che esista un diritto-dovere di chiunque assuma cariche pubbliche nell'accertare e nel contrastare ogni ipotetico illecito, a maggior ragione se si tratta di un parlamentare.
Sulla base di queste riflessioni invita i colleghi a valutare - anche al fine di precostituire un orientamento della Giunta per le autorizzazioni in tal senso - la sussistenza del nesso funzionale, a suo parere molto evidente, tra le dichiarazioni rese e l'attività posta in essere dal parlamentare anche con atti tipici. Pertanto, dichiara il suo voto contrario alla proposta del relatore.

Matteo BRAGANTINI (LNA), nel condividere le riflessioni dell'onorevole Costa, rileva come nel corso del mandato parlamentare sia esperienza comune a ciascun deputato quella di essere sollecitato dai cittadini ad intervenire di fronte a comportamenti di abuso od illecito. Laddove si ritiene di attivarsi in sede politica e/o giudiziaria appare del tutto conseguente assumere le necessarie iniziative per rendere edotta l'opinione pubblica.
Limitare il parlamentare in questa sua funzione significherebbe sottoporlo ad un inaccettabile ricatto.
Rileva, altresì, sussistere il nesso funzionale con l'atto parlamentare tipico citato dall'onorevole Costa sia per quanto riguarda la tematica affrontata sia sul piano del legame temporale tra le dichiarazioni rese e la presentazione dell'atto che, in quanto tale, richiede sempre una preventiva ed accurata attività istruttoria.

Alessio TACCONI (M5S) si associa alle considerazioni dei colleghi circa la sussistenza di un chiaro nesso funzionale tra le dichiarazioni e l'attività parlamentare tipica del deputato Pini.
Sottopone, inoltre, all'attenzione della Giunta un passaggio della sentenza di primo grado, a suo giudizio non condivisibile, in quanto afferma che le dichiarazioni oggetto della controversia siano sì pertinenti ma prive dei requisiti della continenza e della veridicità almeno putativa. Se non vi è dubbio che i fatti attribuiti all'ACER sono sicuramente di interesse pubblico e, dunque, «pertinenti», ritiene essere altrettanto evidente che le dichiarazioni che attribuirebbero eventuali condotte illecite siano state espresse in forme non particolarmente eccessive, tenuto conto anche del contesto politico in cui queste si inseriscono e sono, dunque, dotate del requisito della «continenza». Ma, soprattutto, non sembra che ci sia un'assoluta falsità delle circostanze che hanno originato il procedimento penale di cui in questi giorni si attendono sviluppi decisivi. Quand'anche le accuse non avessero riscontri giudiziari, vi sarebbero comunque le condizioni per ricomprendere le dichiarazioni del deputato nel diritto di cronaca e di critica politica.
Conclude, quindi, dichiarando, a nome del suo Gruppo, il voto contrario alla proposta del relatore.

Anna ROSSOMANDO (PD) rileva come dal dibattito siano emerse questioni meritevoli di approfondimento anche nell'ambito di una discussione generale, che ha già avuto occasione di sollecitare, sui criteri che la Giunta per le autorizzazioni intende assumere a fondamento dei propri orientamenti in questa legislatura. Tale riflessione appare ancor più necessaria per definire i confini del sindacato dell'organo parlamentare e relegare all'esterno del dibattito ogni elemento che attiene al merito delle controversie giudiziarie.
In alcuni passaggi degli interventi dei colleghi ha colto giudizi assolutamente condivisibili se svolti nell'ambito di una sede giurisdizionale. In particolare, si potrebbe sicuramente ragionare su quali siano i presupposti per riconoscere la natura diffamatoria di talune dichiarazioni. In questa sede, tuttavia, il compito dell'organo parlamentare consiste esclusivamente nel riconoscere se vi sono margini per affermare la giurisdizione su determinate fattispecie o se, invece, se ne deve negare l'esercizio in virtù della tutela di una prerogativa parlamentare costituzionalmente sancita. Nell'assumere tale decisione occorre avere una particolare sensibilità nel bilanciare le previsioni costituzionali, e segnatamente quella relativa all'immunità parlamentare e quella relativa al principio di uguaglianza, declinato con riferimento alla sottoposizione di tutti i cittadini alla legge ed alla giurisdizione civile e penale. Il parlamentare gode del peculiare privilegio di non essere sottoposto all'azione penale e civile per le opinioni espresse ma solo nei confini strettamente definiti dalla Corte costituzionale in cui le dichiarazioni medesime siano divulgative dell'attività parlamentare contestualmente posta in essere.
Il caso di specie è invece caratterizzato dall'attribuzione di fatti determinati - asseritamente illeciti - avvenuta nel giugno 2009 e non risulta esservi alcuna attività parlamentare pregressa in materia ma solo un atto di sindacato ispettivo presentato diversi mesi dopo. Peraltro, le dichiarazioni oggetto della controversia giudiziaria non possono pienamente essere considerate 'divulgative' della citata interrogazione parlamentare che, oltre ad essere successiva, appare avere un diverso oggetto. Né risulta alcun dibattito parlamentare o politico connesso ai fatti posti ad oggetto della vicenda giudiziaria.
Per quanto da parte sua vi sia piena disponibilità a riflettere su quali siano i criteri di verifica della sussistenza del nesso funzionale, anche in termini più ampi rispetto a quelli attualmente definiti dalla consolidata giurisprudenza costituzionale, non risulta convincente la tesi secondo cui potrebbe ravvisarsi un nesso funzionale anche con una generica attività politica nell'ambito del proprio collegio elettorale, perché ciò estenderebbe in modo inaccettabile la prerogativa dell'insindacabilità.
Conclusivamente, chiede alla presidenza - a nome del suo Gruppo - un rinvio del seguito dell'esame alla prossima settimana al fine di poter approfondire gli spunti di riflessione emersi nel corso del dibattito.

Matteo BRAGANTINI (LNA) precisa che è da lungo tempo all'attenzione delle Camere la tematica oggetto dell'interrogazione parlamentare, con particolare riferimento ai profili di prevenzione del rischio sismico degli immobili. Su simili argomenti, su cui l'opinione pubblica è particolarmente attenta e sensibile sembrerebbe auspicabile un allargamento delle strette maglie delle immunità parlamentari, così come attualmente interpretate, al fine di consentire ai deputati di partecipare più liberamente al relativo dibattito politico.

Ignazio LA RUSSA, Presidente, non essendovi obiezioni all'accoglimento della richiesta dell'onorevole Rossomando, rinvia il seguito dell'esame ad una prossima seduta.

Mercoledì 31 luglio 2013

(Seguito dell'esame e conclusione).

La Giunta prosegue la discussione rinviata nella seduta del 16 luglio 2013.

Danilo LEVA (PD), relatore, rammenta di essere stato inizialmente orientato a considerare sindacabili le opinioni espresse dall'onorevole Pini facendo leva, principalmente, sulla difficoltà di riconoscerne il nesso funzionale con l'atto di sindacato ispettivo richiamato dal deputato interessato. È del resto persuaso che l'interrogazione citata affronti tematiche piuttosto distanti dalle affermazioni che costituiscono oggetto della controversia e, per di più, rileva come sia stata presentata diversi mesi dopo la loro diffusione.
Nel corso del dibattito svoltosi nell'ultima seduta sono emersi, in modo unanime, elementi di riflessione che ritiene meritevoli di essere accolti e che lo inducono a modificare la precedente impostazione.
Si riferisce, in primo luogo, al rilievo che è stato dato alla valutazione secondo cui le dichiarazioni dell'onorevole Pini vertono su materie di rilevante interesse pubblico (lo riconosce la stessa sentenza di primo grado, a lui avversa) ed al fatto che, quanto ai toni impiegati, le forme espressive non appaiono particolarmente eccessive, ma anzi del tutto congrue rispetto alla gravità dei fatti di cui era venuto a conoscenza. Peraltro, ha avuto occasione di mettere in evidenza nella sua relazione che il Pini non ha in alcun modo asseverato la loro veridicità, quanto invece opportunamente scelto formule dubitative e mantenuto le cautele del caso in attesa del vaglio giudiziario dei fatti.
Inoltre, è emerso dall'audizione come l'onorevole Pini sia stato sollecitato da un imprenditore locale per porre fine ad un sistema di diffusa illiceità. Pur non essendo questa la sede per valutare le implicazioni che assume la scelta del legislatore di qualificare il parlamentare come «pubblico ufficiale» (articolo 357 del codice penale), è tuttavia innegabile il fatto che il deputato sia stato il destinatario di una grave notitia criminis - a suo dire anche estremamente documentata - e che proprio per la particolare qualità di parlamentare e di rappresentante della nazione, se non avesse assunto l'iniziativa di trasferire le informazioni all'autorità giudiziaria ed alla collettività locale ben sarebbe potuto essere considerato in qualche modo «connivente», sul piano politico, del sistema di illegalità a lui rappresentato, tanto più che riguardava proprio la cattiva gestione di risorse pubbliche.
Un terzo spunto di riflessione offerto dal dibattito svolto in Giunta concerne poi l'esigenza di bilanciare le previsioni costituzionali relative all'immunità parlamentare e al principio di uguaglianza, declinato con riferimento alla sottoposizione di tutti i cittadini alla legge ed alla giurisdizione civile e penale.
In quest'ottica, se da un lato non è certamente possibile riconnettere l'insindacabilità delle opinioni espresse dal parlamentare ad una generica attività politica nell'ambito del proprio collegio elettorale, perché ciò estenderebbe in modo inaccettabile la prerogativa parlamentare, è stato formulato da più parti l'auspicio di non restringere eccessivamente i criteri di verifica della sussistenza del nesso funzionale, ma di ricercare parametri di giudizio eventualmente anche più articolati rispetto a quello (puramente formalistico) attualmente definito dalla giurisprudenza costituzionale, al fine di consentire ai deputati di partecipare più liberamente al dibattito politico.
Conclusivamente, prende atto che il dibattito svolto in Giunta si è radicato sul convincimento che nell'espletamento delle funzioni di membro del Parlamento - che proprio in virtù della sua qualità soggettiva di rappresentante della Nazione riceve una circostanziata notitia criminis su un diffuso sistema di illegalità nella gestione della cosa pubblica - rientra indissolubilmente il compito di assumere l'iniziativa politica di trasferire le informazioni all'autorità giudiziaria e alla collettività locale. Siffatta attività divulgativa si configura funzionalmente connessa all'esercizio delle attribuzioni parlamentari.
Per tali ragioni, auspicando una votazione unanime, formula una proposta nel senso della insindacabilità delle opinioni espresse dal deputato.

Anna ROSSOMANDO (PD), nel ritenere pienamente condivisibile l'impostazione seguita dal relatore, che ha proficuamente approfondito gli elementi di riflessione sollevati nel corso del dibattito, dichiara il voto favorevole del suo Gruppo.

La Giunta approva, all'unanimità, la proposta del relatore di considerare le opinioni espresse dal deputato Pini insindacabili ai sensi dell'articolo 68, primo comma, della Costituzione, e conferisce al relatore l'incarico di predisporre la relazione per l'Assemblea.