Doc. II, n. 14




RELAZIONE

Onorevoli Colleghi! - L'articolo 71 della nostra Costituzione, nella Sezione riguardante La formazione delle leggi, recita: «Il popolo esercita l'iniziativa delle leggi, mediante la proposta, da parte di almeno cinquantamila elettori, di un progetto redatto in articoli». Sono i cosiddetti progetti di legge di iniziativa popolare, mediante i quali anche i privati cittadini possono portare all'attenzione del Parlamento temi sentiti e considerati di particolare rilevanza.
Gli articoli 48 e 49 della legge 25 maggio 1970, n. 352, nel disciplinare l'iniziativa del popolo nella formazione delle leggi, stabiliscono che il progetto deve essere presentato al Presidente di una delle due Camere. Dopo che tale Camera ha provveduto alla verifica e al computo delle firme al fine di accertare la regolarità della richiesta, il progetto di legge è assegnato alla Commissione competente per l'esame degli articoli.
Nella legge che disciplina la materia non è quindi mai stato inserito un termine massimo entro cui portare in discussione una proposta di legge di iniziativa popolare. Tra il 1979 ed il 2014 sono state presentate 260 proposte alle Camere, ma solo meno del 50 per cento di queste è arrivato ad essere discusso nella Commissione parlamentare competente, mentre sono solo tre le iniziative popolari diventate in seguito legge (fonte Openpolis).
Nella scorsa legislatura sono state presentate 27 proposte di legge di iniziativa popolare, ma solo una è arrivata in Aula. L'unica proposta di iniziativa popolare approvata prima della fine della XVI legislatura è stata la legge n. 96 del 2012.
Viene da chiedersi se tutto ciò sia «normale», se cioè sia giusto e legittimo che cittadini chiamati a rappresentare il popolo italiano ne seppelliscano poi le volontà in fondo al pozzo dell'attività parlamentare.
Molti giuristi ritengono questo comportamento un abuso del diritto.
Il nostro ordinamento, peraltro, assegna un ruolo rilevante agli istituti di iniziativa popolare e i regolamenti parlamentari prevedono speciali misure di salvaguardia rispetto alla decadenza delle proposte di legge di iniziativa popolare. Infatti, mentre quelle di iniziativa parlamentare o governativa non approvate decadono automaticamente a fine legislatura, quelle di iniziativa popolare non decadono, ma vengono automaticamente mantenute all'ordine del giorno anche nella legislatura successiva, senza il bisogno di una formale riproposizione. In pratica hanno uno speciale corridoio di salvaguardia rispetto all'interruzione dei lavori e al valore delle firme raccolte che verrebbero altrimenti disperse.
Per rafforzare l'istituto dell'iniziativa legislativa popolare basterebbe agire sui regolamenti parlamentari prevedendo l'obbligatorietà di una deliberazione entro un termine stabilito.
Tanto più che non si può non tener conto del contesto legislativo in via di profonda mutazione in relazione all'approvazione al Senato, in prima deliberazione, del disegno di legge costituzionale A.C. 2613-B recante «Disposizioni per il superamento del bicameralismo paritario, la riduzione del numero dei parlamentari, il contenimento dei costi di funzionamento delle istituzioni, la soppressione del CNEL e la revisione del titolo V della parte II della Costituzione», attualmente all'esame presso la Commissione Affari costituzionali della Camera. Il disegno di legge in questione interviene sulla materia delle proposte di legge di iniziativa popolare al comma 1, lettera b), dell'articolo 11 (Iniziativa legislativa) - già oggetto di doppia deliberazione conforme e quindi non più modificabile - innalzando il quorum delle firme richieste per la presentazione delle proposte e aggiungendo all'articolo 71 della Costituzione un nuovo periodo il quale stabilisce che: «La discussione e la deliberazione conclusiva sulle proposte di legge di iniziativa popolare sono garantite nei tempi, nelle forme e nei limiti stabiliti dai regolamenti parlamentari».
Con la presente proposta di modificazione del Regolamento si vuole intervenire, quindi, per indicare un percorso obbligato per l'esame dei progetti di legge di iniziativa popolare, prevedendo tempi certi per la loro calendarizzazione e la conclusione dell'iter.
A tal fine, nel comma 1 del nuovo articolo 100-bis si stabiliscono i tempi - un mese dall'assegnazione - per l'avvio dell'esame in Commissione, previe intese, se necessario, con il Presidente del Senato.
Nel comma 2 si stabiliscono i tempi per la conclusione dell'esame in Commissione in sede referente - due mesi - e, quindi, il successivo passaggio in Aula per la deliberazione di tale organo. Qualora la Commissione competente non concluda l'esame nei tempi prescritti - e non venga fatta richiesta di proroga, che non può comunque superare i due mesi - il Presidente provvede all'iscrizione della proposta di legge nel calendario dei lavori dell'Assemblea. La medesima disciplina si applica qualora la Commissione non abbia avviato l'esame della proposta di legge entro tre mesi dall'assegnazione.
La disciplina regolamentare proposta si applica anche alle proposte dei Consigli regionali, anch'essi titolari secondo la Costituzione dell'iniziativa legislativa.


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