ATTO CAMERA

INTERROGAZIONE A RISPOSTA SCRITTA 4/08760

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Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 18
Seduta di annuncio: 477 del 30/03/2021
Trasformazioni
Trasformato il 07/06/2021 in 3/02313
Firmatari
Primo firmatario: GRIMOLDI PAOLO
Gruppo: LEGA - SALVINI PREMIER
Data firma: 30/03/2021


Destinatari
Ministero destinatario:
  • MINISTERO DELLA GIUSTIZIA
Attuale delegato a rispondere: MINISTERO DELLA GIUSTIZIA delegato in data 30/03/2021
Stato iter:
07/06/2021
Fasi iter:

TRASFORMA IL 07/06/2021

TRASFORMATO IL 07/06/2021

CONCLUSO IL 07/06/2021

Atto Camera

Interrogazione a risposta scritta 4-08760
presentato da
GRIMOLDI Paolo
testo di
Martedì 30 marzo 2021, seduta n. 477

   GRIMOLDI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   nella puntata de «Le Iene» del 23 marzo, è stata ricostruita la vicenda di Pompeo Panaro, consigliere della democrazia cristiana, ucciso nel 1982 a Paola, Cosenza, dalla 'ndrangheta. Nel 2013 la magistratura ha rinviato a giudizio uno dei suoi presunti assassini, il collaboratore di giustizia Giuliano Serpa, ma per gli altri — si legge nella richiesta del pubblico ministero — «si procede separatamente in quanto deceduti»;

   nella puntata, in cui presenzia il figlio del Panaro, emerge, invece, che dei nove presunti responsabili della morte di Panaro solo tre sono morti. Gli altri sei, invece, sono vivi, alcuni liberi e altri detenuti. Il figlio Paolo Panaro ha raccontato i misteri e i depistaggi che, a suo dire, hanno costellato la vicenda del padre. Solo nel 2013, infatti, la magistratura ha rinviato a giudizio uno dei suoi presunti assassini: il collaboratore di giustizia Giuliano Serpa. L'ex boss della 'ndrangheta, poi assolto perché il reato era ormai prescritto. Nella richiesta di rinvio a giudizio, però, il figlio trova i nomi degli altri indagati per i quali — c'è scritto — «si procede separatamente in quanto deceduti». «Di questi nove solo tre sono effettivamente deceduti. — racconta il figlio della vittima — gli altri sono vivi e vegeti. Tra l'altro pregiudicati, tutti noti alle forze dell'ordine». L'indagine sulla scomparsa di Pompeo Panaro era stata «ufficialmente archiviata come lupara bianca»;

   «Nel 1993, il Tribunale attesta la dichiarazione di morte presunta». Dopo diversi anni, però, grazie a un articolo di giornale il figlio scopre che c'era stata un'indagine. «Ricevo un fascicolo per omicidio volontario a carico di ignoti — dice davanti alle telecamere — che mi documenta una verità sconcertante, la scoperta del ritrovamento del corpo di mio padre: ho capito che c'era qualcosa che non torna». In sostanza, il corpo di Pompeo Panaro era stato trovato pochi mesi dopo la scomparsa grazie a una telefonata anonima che aveva fornito gli elementi per individuare il punto preciso dove era stato seppellito il consigliere comunale;

   il figlio, quindi, ha presentato un esposto alla procura distrettuale antimafia di Catanzaro che nel 2013 ha aperto le indagini. Si scopre così che in realtà erano due i pentiti che avevano parlato dell'omicidio di suo padre. Il primo è stato Fedele Soria, del clan Serpa, che poi ha ritrattato dopo aver indicato il luogo del delitto e i nomi degli esecutori, tutti 'ndranghetisti. A dieci anni dal primo pentito, un altro collaboratore è stato interrogato sullo stesso omicidio e ha confessato di essere uno dei responsabili. Si tratta dell'ex boss Giuliano Serpa che ha indicato gli stessi nomi fatti dall'ex collaboratore Soria;

   «Nessuno dei due pentiti fu mai preso in considerazione». «Giuliano Serpa — aggiunge il figlio della vittima — viene anche accompagnato sul luogo dove avevano già trovato il corpo. Vanno lì dopo 35 anni a cercare un corpo che avevano già trovato». È con il rinvio a giudizio di Serpa che il figlio scopre che per la magistratura gli altri presunti responsabili sono deceduti. Per «come indicato dal pm sono deceduti» scrive il gip che archivia così l'inchiesta nei confronti di tutti i soggetti indicati dal pentito Serpa. La vicenda di Pompeo Panaro si conclude nel 2015 con una sentenza della Corte d'Assise di Cosenza nella quale i giudici dichiarano gli indagati «tutti deceduti»; Serpa verrà valutato dai giudici non solo come «credibilissimo», ma la sua è una testimonianza dotata di valore probatorio certo, quanto a tutte le dichiarazioni auto ed etero accusatorie avendo egli disvelato singole responsabilità, modalità del fatto omicidiario e causale dell'omicidio –:

   se, alla luce di quanto sopra esposto, non ritenga di valutare se sussistono i presupposti per promuovere iniziative ispettive presso gli uffici giudiziari di cui in premessa.
(4-08760)