ATTO CAMERA

RISOLUZIONE IN ASSEMBLEA 6/00274

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Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 17
Seduta di annuncio: 691 del 12/10/2016
Abbinamenti
Atto 6/00271 abbinato in data 12/10/2016
Atto 6/00272 abbinato in data 12/10/2016
Atto 6/00273 abbinato in data 12/10/2016
Atto 6/00275 abbinato in data 12/10/2016
Firmatari
Primo firmatario: BRUNETTA RENATO
Gruppo: FORZA ITALIA - IL POPOLO DELLA LIBERTA' - BERLUSCONI PRESIDENTE
Data firma: 12/10/2016
Elenco dei co-firmatari dell'atto
Nominativo co-firmatario Gruppo Data firma
FEDRIGA MASSIMILIANO LEGA NORD E AUTONOMIE - LEGA DEI POPOLI - NOI CON SALVINI 12/10/2016
RAMPELLI FABIO FRATELLI D'ITALIA-ALLEANZA NAZIONALE 12/10/2016


Stato iter:
12/10/2016
Partecipanti allo svolgimento/discussione
PARERE GOVERNO 12/10/2016
Resoconto BARETTA PIER PAOLO SOTTOSEGRETARIO DI STATO - (ECONOMIA E FINANZE)
Fasi iter:

DISCUSSIONE CONGIUNTA IL 12/10/2016

INVITO AL RITIRO IL 12/10/2016

PARERE GOVERNO IL 12/10/2016

DICHIARATO PRECLUSO IL 12/10/2016

CONCLUSO IL 12/10/2016

Atto Camera

Risoluzione in Assemblea 6-00274
presentato da
BRUNETTA Renato
testo di
Mercoledì 12 ottobre 2016, seduta n. 691

   La Camera,
   esaminata la nota di aggiornamento del Documento di Economia e Finanza 2016;
   premesso che:
    le prospettive di medio termine relative alla crescita internazionale persistono a rimanere deboli. Come confermato di recente dal Fondo Monetario Internazionale, nel 2016 ci troviamo di fronte ad una crescita globale più rallentata e disomogenea rispetto alle attese, seguita da rialzo modesto nel 2017;
    la stabilità finanziaria resta ancora un lontano miraggio e sulla ripresa economica pesano non solo l'aumentato livello di indebitamento degli Stati, l'invecchiamento della popolazione e la bassa produttività dei fattori, ma anche il rallentamento della Cina, il calo del commercio internazionale – come certificato di recente dal WTO –, il possibile aumento dei tassi di interessi americani, da parte della Federal Reserve americana e il rischio di una crisi sistemica nel settore bancario europeo, in gran parte provocato dalla disastrosa condizione in cui molte banche italiane versano dopo l'entrata in vigore del decreto bail-in;
    nonostante il contesto internazionale volga verso nuovi scenari di crisi, il quadro macroeconomico e dei conti pubblici presentato dal Governo nella Nota di aggiornamento al DEF è venato da una notevole dose di ottimismo, come dimostrato anche dal confronto delle previsioni dell'esecutivo con quelle di tutte le principali istituzioni internazionali, dal Fondo Monetario Internazionale all'Ocse, che hanno ridimensionato notevolmente le aspettative di crescita precedentemente elaborate;
    nel suo intervento davanti alle Commissioni Bilancio di Camera e Senato il presidente dell'Ufficio Parlamentare del Bilancio Giuseppe Pisauro ha illustrato le valutazioni sul documento e le ragioni che, alla luce delle informazioni disponibili, condurrebbero a un esito non positivo del processo di validazione del quadro programmatico 2017 e, in particolare, delle stime di crescita del PIL per il 2017, sia in termini reali che nominali. Stime che appaiono contrassegnate da un eccesso di ottimismo, significativamente fuori linea rispetto all'intervallo dei previsori del panel UPB. Le valutazioni effettuate portano, inoltre, a ipotizzare rilevanti scostamenti in eccesso della crescita reale e nominale anche per il 2018;
    l'entità della manovra di prossima presentazione è misurata in termini di scostamento tra indebitamento tendenziale e programmatico, ma non vi è alcuna indicazione circa la composizione quantitativa delle misure che si intendono adottare. Rilievo ampiamente condiviso, in sede di audizione, dai principali organismi economici italiani quali: Ufficio parlamentare di bilancio; Corte dei Conti; Banca d'Italia;
    l'intenzione del Governo di fare ricorso a nuovi margini di flessibilità in sede europea attraverso l'applicazione della cosiddetta clausola per «circostanze eccezionali», quali sono ritenute l'immigrazione e il sisma per 4 decimali di Pil, pari a circa 9-10 miliardi di euro, appare del tutto infondata;
    in particolare, relativamente all'emergenza immigrazione, nessuna decisione circa la possibilità di concedere maggiore flessibilità ai Paesi che più soffrono gli sbarchi è stata presa a livello comunitario, atteso peraltro l'oggettivo fallimento delle politiche di accoglienza finora messe in campo dal Governo alla luce anche e soprattutto del business milionario per coop e associazioni che si cela dietro l'accoglienza di migranti;
    il Governo dà già per acquisita una deviazione dal percorso di risanamento dei conti pubblici, in termini di deficit, su cui la Commissione europea e l'Eurogruppo, però, non si sono ancora espressi. Tali valutazioni, infatti, vengono effettuate a seguito dell'analisi dei documenti programmatici degli Stati membri soltanto dopo la presentazione della legge di stabilità, il cui termine è fissato per il 15 ottobre, e comunque non prima del 30 novembre di ogni anno (articolo 7 del Regolamento (CE) n. 473/2013);
    ad ogni modo, le dichiarazioni rilasciate nelle ultime settimane tanto dal Presidente della Commissione europea, Jean Claude Juncker, quanto dai commissari Moscovici e Dombrovskis, lasciano pensare a margini di manovra di gran lunga inferiori a quelli auspicati dal Governo;
    ma se pure all'Italia venisse concesso di aumentare il deficit relativo al 2016 fino al 2,4 per cento e al 2017 fino al 2,0 per cento e oltre, come vorrebbe l'Esecutivo, pesanti manovre correttive dovranno essere attuate il prossimo anno, al fine di conseguire un deficit nominale nullo a fine 2019, come scritto proprio nella Nota di aggiornamento al DEF;
    questo dimostra una strategia di politica economica dell'Esecutivo miope, del tutto priva di una visione di lungo periodo, più propensa a «mettere la polvere sotto il tappeto» e rinviare la soluzione dei già gravi problemi che riguardano i conti pubblici italiani;
    il debito pubblico italiano si attesterà, infatti, al 132,8 per cento nel 2016, in crescita del +0,4 per cento rispetto alle previsioni dello scorso aprile e non scenderà nel prossimo anno. L'Italia conferma ancora una volta il primato di secondo debito pubblico più alto dell'Eurozona, secondo soltanto a quello della Grecia. Una bomba ad orologeria, soprattutto se il rischio di una riduzione del programma di allentamento quantitativo da parte della Banca Centrale Europea dovesse davvero concretizzarsi nel corso del 2017, con conseguente aumento degli spread dei titoli di Stato italiani e della componente legata alla spesa per interessi;
    percorrere con successo il sentiero dello sviluppo è, tuttavia, possibile. La debolezza dell'euro rispetto al dollaro, che potrebbe aumentare a seguito della decisione della Federal Reserve di aumentare a breve i tassi d'interesse, il Quantitative Easing e il basso prezzo del petrolio hanno finora offerto enormi vantaggi a tutta l'eurozona. Tuttavia, la Banca Centrale Europea sembra sia indirizzata verso un allentamento del Quantitative Easing e il prezzo del petrolio sta tornando a salire, dopo il recente accordo tra Paesi OPEC per ridurre la produzione. Le proposte del Governo rischiano, quindi, di creare un buco nell'acqua e di sprecare le opportunità offerte da fattori esogeni favorevoli, che sembrano ormai esaurirsi. Non averne approfittato con politiche ambiziose, focalizzate sul mercato e sui suoi meccanismi di funzionamento, può costare molto caro;
    la dimostrazione di quanto appena detto si ritrova nelle previsioni dei principali organismi internazionali. Secondo il Fondo Monetario Internazionale nei prossimi anni l'Italia crescerà ad un ritmo più basso rispetto a quello della media dei Paesi dell'Eurozona;
    le stime parlano di un tasso di crescita del Pil italiano che si attesterà al di sotto dell'1 per cento sia nel 2016 che nel 2017, contro, rispettivamente l'1,9 per cento e l'1,7 per cento dell'Unione europea;
    meglio dell'Italia non faranno solo la Germania (+1,7 per cento; +1,4 per cento), la Francia (+1,3 per cento; +1,3 per cento) e la Spagna (+3,1 per cento; +2,2 per cento), ma anche il Portogallo (+1,1 per cento; +1,2 per cento), la Slovenia (+2,3 per cento; +1,8 per cento) e Malta (+4,1 per cento; +3,4 per cento). Paesi, questi ultimi, che negli ultimi anni hanno subito una crisi finanziaria che li ha portati sull'orlo del default, ma che hanno saputo reagire con un ambizioso piano di riforme;
    in questa Nota, come nell'ultimo DEF, non è stata ancora prospettato un adeguato intervento di spending review: non sono stati sufficienti né i decreti attuativi della riforma della Pubblica Amministrazione (legge 7 agosto 2015, n. 124) né quelli della delega fiscale (legge 11 marzo 2014, n. 23), perché a questi non è stata ancora accompagnata una vera implementazione del federalismo fiscale come già previsto – ma mai attuato – nella legge n. 42 del 2009 per l'attuazione dell'articolo 119 della Costituzione. Allo stesso modo, non si comprende come la riforma del bilancio dello Stato e la ridefinizione delle regole dell'equilibrio di bilancio di regioni ed enti locali possano portare a veri risparmi, senza il passaggio dalla spesa storica (che finanzia servizi e sprechi) al costo standard (che finanzia invece i servizi). Quest'ultimo, infatti, si presenta come l'unico efficace metodo per orientare la politica delle amministrazioni verso una nuova logica meritocratica che eviti le note inefficienze del passato, attivando il circuito della responsabilità e favorendo la trasparenza delle decisioni di spesa e la loro imputabilità, al fine di garantire un elevatissimo grado di solidarietà e di gestione responsabile del pubblico denaro;
    infatti, nonostante la Nota confermi i dati di aprile con cui si prevedeva che le misure di revisione della spesa attuate nel precedente biennio abbiano portato, nel 2016, risorse per circa 25 miliardi di euro, il debito pubblico continua costantemente a salire, arrivato ora a 2.220 miliardi di euro nel 2016, pari al 132,8 per cento del PIL;
    in assenza di vere misure di razionalizzazione e alla richiesta di ulteriori forme di flessibilità, infatti, è plausibile che, come per il 2016, anche nel 2017 il disegno di assestamento evidenzi e che l'andamento della riduzione della spesa pubblica sarà ancora lontano dagli obiettivi prefissati, specie in riferimento al raggiungimento dell'obiettivo di medio termine che continua ad essere rinviato e che, attualmente, è stato posticipato al 2019;
    la mancata implementazione dei costi e fabbisogni standard, inoltre, ha avuto ed avrà in futuro delle pesanti ripercussioni in uno dei settori più delicati ed importanti della spesa pubblica, quello sanitario, in cui i tagli lineari e indiscriminati si ripercuotono pesantemente sui cittadini, e soprattutto sui cittadini meno abbienti che, nel corso degli ultimi tempi, rinunciano sempre più spesso alle cure a causa dell'aumento esponenziale di queste (ovviamente inversamente proporzionali all'entità dei tagli);
    da anni si discute sulle capacità di risparmio nel settore sanitario confondendo tra loro il concetto di taglio con quello di spending review; la revisione della spesa consiste nell'applicare i costi standard immediatamente, in tutto il Paese, tagliando dove si spreca, imponendo le best practies a tutte le regioni ed evitando che i tagli lineari siano a detrimento della buona sanità regionale;
    è bene guardare al futuro con meno incoscienza e più determinazione. Il Governo punta ancora una volta a far crescere il Paese attraverso costosissime riforme fatte in deficit. Una contraddizione in termini. Non è possibile, infatti, utilizzare risorse una tantum, quali l'auspicata flessibilità europea, per interventi strutturali, che necessitano di «coperture» certe e costanti nel medio-lungo periodo;
    i gruppi parlamentari Forza Italia, Lega Nord e Autonomie, Fratelli d'Italia, nella propria riflessione critica della Nota di aggiornamento al DEF, hanno rinunciato alla facile demagogia, facendo emergere preoccupazioni che sono reali, quali premessa per ulteriori sviluppi e confronti parlamentari, dai quali non intendano sottrarsi, nella consapevolezza dei rischi prospettici che gravano sulla società italiana,

impegna il Governo:

   a soprassedere da qualsiasi decisione circa l'ulteriore distribuzione a pioggia di risorse che non siano contabilmente certificate, impostando una strategia di politica economica che non rimandi le necessarie misure da intraprendere ad un tempo indefinito, e/o disallineato rispetto alle dinamiche della congiuntura internazionale;
   a prevedere un quadro completo di misure atte a stimolare la crescita – obiettivo prioritario per il sistema-paese – i consumi, la domanda interna e la produttività, in particolare incentivando gli investimenti privati e l'accesso al credito, a sostegno dello sviluppo dell'economia locale e del rilancio del sistema industriale e turistico del Paese;
   ad adottare ogni opportuna iniziativa, anche di tipo normativo, volta a ridurre la pressione fiscale per imprese e cittadini, implementando una vera e propria riforma del sistema fiscale che preveda la progressiva introduzione della flat tax su tutto il territorio nazionale, il definitivo superamento degli studi di settore, la razionalizzazione dell'ormai obsoleto sistema delle detrazioni e deduzioni, nonché l'introduzione, anche in via sperimentale, del cosiddetto «quoziente familiare», che considera il nucleo familiare, e non il singolo contribuente, come soggetto passivo dell'Irpef, con conseguenti vantaggi per le famiglie più numerose, nonché altre misure di agevolazione fiscale atte a sostenere le famiglie e incentivare la natalità;
   a presentare nella prossima legge di bilancio disposizioni per la riorganizzazione della spesa dei Fondi strutturali nazionali ed europei destinati al Mezzogiorno, contemplando un piano di completa revisione delle procedure e delle strutture dedicate alla assegnazione ed all'utilizzo dei Fondi europei, nell'ottica dell'attuazione di quelle politiche di adeguamento infrastrutturale indispensabili ad un piano di sviluppo del Mezzogiorno ed alla possibilità di gestire virtuosamente un panorama di competitività mediterranea sempre più complesso e ricco di sfide e di opportunità;
   ad adottare un piano straordinario di abbattimento del debito pubblico e della valorizzazione del patrimonio pubblico;
   ad intraprendere un percorso di scrupolosa ed efficace lotta all'evasione fiscale, anche attraverso la semplificazione degli adempimenti fiscali a carico di imprese e famiglie;
   ad adottare ogni iniziativa volta a definire e concretizzare il processo di razionalizzazione ed efficientamento della spesa pubblica, portando a compimento il piano elaborato dall'allora Commissario alla spending review Carlo Cottarelli, dando seguito a tutte le misure in esso contenute, anche aggiungendo ulteriori interventi che consentono un reale efficientamento della macchina pubblica, implementando l'utilizzo e l'applicazione sistemica dei fabbisogni e dei relativi costi standard a tutte le pubbliche amministrazioni, in particolar modo nel settore della sanità pubblica, affinché il costo ragionevole dei servizi e degli strumenti sanitari, a parità di disponibilità finanziarie, possa diventare il riferimento nazionale nell'ambito delle politiche sanitarie ed il presupposto fondamentale per garantire il diritto alla salute;
   nell'ambito della razionalizzazione della spesa pubblica ad adottare iniziative per rivedere i meccanismi stipendiali nella pubblica amministrazione nel senso di valorizzare il merito e l'efficienza;
   a rivedere il sistema pensionistico nel senso di garantire una maggiore equità generazionale ed eliminando ingiusti privilegi;
   ad adottare ogni iniziativa volta alla rinegoziazione dei mutui contratti dagli enti locali ed aventi come controparte il Ministero stesso o la Cassa Depositi e Prestiti S.p.A., consentendo così di liberare risorse da destinare agli investimenti e ai servizi essenziali;
   ad assumere iniziative per rivedere i parametri per il Patto di stabilità degli enti locali, differenziando il trattamento riservato alle spese correnti da quello riservato alle spese per investimenti;
   a disporre iniziative di riforma del sistema del credito affinché esso possa garantire maggiore stabilità per imprese e famiglie evitando di gravare tali soggetti delle proprie incapacità gestionali, attraverso l'introduzione di costi surrettizi e a garantire il risparmio, finanziando tali interventi anche attraverso tagli alla spesa pubblica inefficiente;
   ad adoperarsi per una riduzione strutturale del costo del lavoro, attraverso interventi volti ad uniformare e standardizzare alla media europea il costo del lavoro italiano, perseguendo la duplice finalità di aumentare in modo duraturo il saldo occupazionale e, contemporaneamente, garantire maggiore competitività alle nostre imprese;
   ad adottare una revisione della spesa pubblica sul modello del federalismo fiscale e ad istituire forme premiali crescenti per le regioni che si avvicinano gradualmente ai suddetti costi, al fine di creare un meccanismo di efficientamento del complessivo sistema di gestione della spesa pubblica in cui le regioni e gli enti locali virtuosi rappresentino un traino e un esempio per le restanti amministrazioni, anche attraverso la previsione legislativa dell'obbligo di importazione dei modelli virtuosi nelle regioni più indebitate e con i costi per i servizi più alti;
   a dare piena esecuzione alla riforma del federalismo fiscale di cui alla legge n. 42 del 2009, di attuazione del vigente articolo 119 della Costituzione, a garanzia dell'equilibrio dei bilanci degli enti locali e territoriali, nel rispetto dei vincoli economici e finanziari derivanti dall'ordinamento dell'Unione europea, nonché dell'autonomia di entrata e di spesa dei medesimi enti;
   ad assumere maggiore incisività nei rapporti con l'Unione europea, non tanto e non già rispetto alla richiesta di maggiore flessibilità sul deficit, bensì con riguardo alla cancellazione di taluni vincoli di bilancio.
(6-00274) «Brunetta, Fedriga, Rampelli».

Classificazione EUROVOC:
EUROVOC (Classificazione automatica provvisoria, in attesa di revisione):

prodotto interno lordo

politica fiscale

crescita economica