ATTO CAMERA

RISOLUZIONE IN ASSEMBLEA 6/00250

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Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 17
Seduta di annuncio: 642 del 27/06/2016
Abbinamenti
Atto 6/00248 abbinato in data 27/06/2016
Atto 6/00249 abbinato in data 27/06/2016
Atto 6/00251 abbinato in data 27/06/2016
Atto 6/00252 abbinato in data 27/06/2016
Atto 6/00253 abbinato in data 27/06/2016
Atto 6/00254 abbinato in data 27/06/2016
Atto 6/00255 abbinato in data 27/06/2016
Firmatari
Primo firmatario: GIORGETTI GIANCARLO
Gruppo: LEGA NORD E AUTONOMIE - LEGA DEI POPOLI - NOI CON SALVINI
Data firma: 27/06/2016
Elenco dei co-firmatari dell'atto
Nominativo co-firmatario Gruppo Data firma
GRIMOLDI PAOLO LEGA NORD E AUTONOMIE - LEGA DEI POPOLI - NOI CON SALVINI 27/06/2016
FEDRIGA MASSIMILIANO LEGA NORD E AUTONOMIE - LEGA DEI POPOLI - NOI CON SALVINI 27/06/2016
GUIDESI GUIDO LEGA NORD E AUTONOMIE - LEGA DEI POPOLI - NOI CON SALVINI 27/06/2016
ALLASIA STEFANO LEGA NORD E AUTONOMIE - LEGA DEI POPOLI - NOI CON SALVINI 27/06/2016
INVERNIZZI CRISTIAN LEGA NORD E AUTONOMIE - LEGA DEI POPOLI - NOI CON SALVINI 27/06/2016
ATTAGUILE ANGELO LEGA NORD E AUTONOMIE - LEGA DEI POPOLI - NOI CON SALVINI 27/06/2016
MOLTENI NICOLA LEGA NORD E AUTONOMIE - LEGA DEI POPOLI - NOI CON SALVINI 27/06/2016
BORGHESI STEFANO LEGA NORD E AUTONOMIE - LEGA DEI POPOLI - NOI CON SALVINI 27/06/2016
PICCHI GUGLIELMO LEGA NORD E AUTONOMIE - LEGA DEI POPOLI - NOI CON SALVINI 27/06/2016
BOSSI UMBERTO LEGA NORD E AUTONOMIE - LEGA DEI POPOLI - NOI CON SALVINI 27/06/2016
PINI GIANLUCA LEGA NORD E AUTONOMIE - LEGA DEI POPOLI - NOI CON SALVINI 27/06/2016
BUSIN FILIPPO LEGA NORD E AUTONOMIE - LEGA DEI POPOLI - NOI CON SALVINI 27/06/2016
RONDINI MARCO LEGA NORD E AUTONOMIE - LEGA DEI POPOLI - NOI CON SALVINI 27/06/2016
CAPARINI DAVIDE LEGA NORD E AUTONOMIE - LEGA DEI POPOLI - NOI CON SALVINI 27/06/2016
SALTAMARTINI BARBARA LEGA NORD E AUTONOMIE - LEGA DEI POPOLI - NOI CON SALVINI 27/06/2016
CASTIELLO GIUSEPPINA LEGA NORD E AUTONOMIE - LEGA DEI POPOLI - NOI CON SALVINI 27/06/2016
SIMONETTI ROBERTO LEGA NORD E AUTONOMIE - LEGA DEI POPOLI - NOI CON SALVINI 27/06/2016


Stato iter:
27/06/2016
Partecipanti allo svolgimento/discussione
PARERE GOVERNO 27/06/2016
Resoconto GOZI SANDRO SOTTOSEGRETARIO DI STATO ALLA PRESIDENZA DEL CONSIGLIO - (PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI)
 
DICHIARAZIONE VOTO 27/06/2016
Resoconto PASTORELLI ORESTE MISTO-PARTITO SOCIALISTA ITALIANO (PSI) - LIBERALI PER L'ITALIA (PLI)
Resoconto ABRIGNANI IGNAZIO MISTO-ALLEANZA LIBERALPOPOLARE AUTONOMIE ALA-MAIE-MOVIMENTO ASSOCIATIVO ITALIANI ALL'ESTERO
Resoconto PALESE ROCCO MISTO-CONSERVATORI E RIFORMISTI
Resoconto RAMPELLI FABIO FRATELLI D'ITALIA-ALLEANZA NAZIONALE
Resoconto DELLAI LORENZO DEMOCRAZIA SOLIDALE - CENTRO DEMOCRATICO
Resoconto PINI GIANLUCA LEGA NORD E AUTONOMIE - LEGA DEI POPOLI - NOI CON SALVINI
Resoconto MONCHIERO GIOVANNI SCELTA CIVICA PER L'ITALIA
Resoconto BUTTIGLIONE ROCCO AREA POPOLARE (NCD-UDC)
Resoconto PALAZZOTTO ERASMO SINISTRA ITALIANA - SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA'
Resoconto VALENTINI VALENTINO FORZA ITALIA - IL POPOLO DELLA LIBERTA' - BERLUSCONI PRESIDENTE
Resoconto BATTELLI SERGIO MOVIMENTO 5 STELLE
Resoconto ROSATO ETTORE PARTITO DEMOCRATICO
Fasi iter:

DISCUSSIONE CONGIUNTA IL 27/06/2016

NON ACCOLTO IL 27/06/2016

PARERE GOVERNO IL 27/06/2016

DISCUSSIONE IL 27/06/2016

RESPINTO IL 27/06/2016

CONCLUSO IL 27/06/2016

Atto Camera

Risoluzione in Assemblea 6-00250
presentato da
GIORGETTI Giancarlo
testo di
Lunedì 27 giugno 2016, seduta n. 642

   La Camera,
   premesso che:
    il prossimo Consiglio europeo al livello di Capi di Stato e di Governo si svolgerà in circostanze a dir poco straordinarie, a stretto ridosso del primo pronunciamento da parte del corpo elettorale di uno Stato membro in favore dell'uscita del proprio Paese dall'Unione europea;
    l'esito della consultazione britannica è stato l'espressione di una diffusa rivendicazione di sovranità e di restituzione del potere decisionale alle istanze rappresentative e democratiche nazionali, che sarebbe inopportuno e pericoloso ignorare;
    alla medesima constatazione conduce la circostanza che il referendum britannico sia stato preceduto, settimane fa, da un voto popolare dei cittadini dei Paesi Bassi contro la ratifica dell'accordo di associazione dell'Ucraina all'Unione europea, altro forte segnale di sfiducia nei confronti delle istituzioni comunitarie e delle loro politiche;
    la crisi di rappresentatività che sta investendo le istituzioni dell'Unione europea non può essere superata evitando il confronto con gli elettori ma, al contrario, esige le più ampie verifiche democratiche possibili;
    ragioni in parte analoghe sembrano consigliare di agevolare il negoziato di uscita del Regno Unito dall'Unione europea, evitando di assumere atteggiamenti punitivi del genere preventivato «a caldo» da alcune autorità, anche perché snaturerebbero l'Europa comunitaria, trasformando una costruzione politica ad appartenenza volontaria in una prigione;
    è in effetti verosimile che altri Stati membri dell'Unione europea considerino nel prossimo futuro la possibilità di convocare consultazioni popolari simili a quella appena svoltasi nel Regno Unito. Tale tendenza non va scoraggiata. Si è probabilmente aperta una nuova fase della storia del continente europeo, che sarebbe miope negare adottando misure ritorsive nei confronti del popolo britannico;
    numerose sono in effetti le cause della crescente disaffezione nei confronti delle istituzioni europee che si nota nel nostro continente;
    appaiono in particolare motivo di diffusa insoddisfazione le politiche di controllo dei flussi migratori, quelle economiche e monetarie dell'Unione europea, nonché alcuni aspetti della sua politica estera e la stessa idea che una più stretta unione politica sia davvero desiderabile;
    sul versante del controllo dei flussi migratori e della redistribuzione dei profughi ritenuti meritevoli di tutela internazionale, le politiche perseguite e realizzate dall'Unione europea sono state infatti un fallimento eclatante, che ha contribuito non poco a generare sfiducia nelle istituzioni comunitarie e nella stessa capacità dei Governi degli Stati membri dell'Unione europea di far fronte all'emergenza, che minaccia ormai di diventare un dato strutturale;
    il rafforzamento delle frontiere marittime dell'Unione europea nel Mediterraneo, più volte prospettato, non si è tradotto finora in una efficace politica di respingimenti di coloro che risultano migranti economici non intitolati alla concessione di alcuna forma di tutela internazionale. I presidi militari di sorveglianza marittima nel Mediterraneo si sono rivelati armi spuntate, in quanto privi della possibilità di respingere i migranti verso la costa da cui sono partiti. Le loro capacità vanno opportunamente integrate ed il loro mandato modificato coerentemente;
    continua a suscitare perplessità anche l'accordo stretto con la Turchia, non soltanto perché appare come una sorta di cedimento ad un ricatto, ma anche in ragione delle pesantissime contropartite politiche che contempla, prima fra tutte, la concessione della liberalizzazione dei visti ai turchi che desiderano recarsi in Europa;
    occorrerebbe conseguentemente esigere nell'ambito del Consiglio europeo l'adozione e l'esecuzione di politiche di gestione dell'immigrazione differenti rispetto a quelle attuali. È necessario varare e far rispettare un piano più equo di ripartizione dei profughi tra gli Stati membri dell'Unione europea, in modo da alleggerire il carico gravante su Italia e Grecia;
    pare egualmente importante sostenere in ambito europeo la negoziazione di una vasta rete di accordi di riammissione che permettano di rimpatriare velocemente i migranti economici che non siano riusciti a dimostrare di essere intitolati alla concessione di alcuna forma di tutela internazionale;
    potrebbe rivelarsi utile, inoltre, ripensare in modo operativamente più efficace e realistico la possibilità di impiantare negli Stati di transito dei campi di accoglienza in cui verificare la fondatezza delle domande d'asilo o altra protezione internazionale che i migranti irregolari intendono presentare nell'Unione europea;
    la politica economica permane a sua volta causa di diffuso disappunto, improntata com’è ad un rigore fiscale eccessivo, inadeguato all'esigenza di sostenere una ripresa che è tuttora debole ed incerta, mentre il quantitative easing varato dalla Banca centrale europea è oggetto di aspre critiche in più di uno Stato membro dell'eurozona;
    ora più che mai si dovrebbe riflettere in ambito europeo sui motivi che hanno portato i cittadini del Regno Unito alla scelta del Brexit che si sta ripercuotendo pesantemente sulla stabilità dei mercati finanziari con il conseguente pericolo di contagio dell'economia reale;
    la decisione di attuare – durante la pesante crisi economico-finanziaria da cui si sta faticosamente uscendo – politiche economiche pro-cicliche basate su misure draconiane di austerità dovrebbe essere riconsiderata. È indispensabile un supplemento di riflessione anche in relazione alla prospettata armonizzazione dei sistemi bancari europei, che investe la patrimonializzazione degli istituti di credito e gli eccessivi livelli di rischio che questi ultimi assumono, al fine di far emergere non soltanto il drammatico problema dell'abuso delle leve finanziarie e della qualità degli strumenti finanziari detenuti dalle banche stesse, ma anche quello della ingiusta interconnessione tra finanza e politica, che vede quest'ultima in una posizione di inaccettabile sudditanza rispetto alla prima;
    la responsabilità dell'attuale situazione è imputabile anche, e in buona parte, alla gestione negligente da parte di alcuni vertici che, nell'impunità più totale, hanno contribuito ad aggravare lo squilibrio patrimoniale delle banche da loro amministrate, nella consapevolezza che poi i rischi sarebbero ricaduti sulla collettività, non risparmiando neanche le fasce più deboli; il tutto nel più generale permissivismo dei Governi nazionali e delle politiche economico-bancarie dell'Unione europea, più attenta alla grande speculazione finanziaria che alla crescita della produzione e dell'occupazione reali;
    il problema della ricapitalizzazione delle banche è stato infatti risolto con la scellerata introduzione del principio del bail-in, ossia di un principio che regola il risanamento e la risoluzione degli enti creditizi in un quadro di sorveglianza armonizzato che sia in grado di limitare il più possibile il ricorso a finanziamenti pubblici per il salvataggio degli istituti che, però, tradotto nel nostro Paese, ha causato delle conseguenze inaspettate anche sui piccoli investitori non professionisti e che, in questo nuovo quadro di fibrillazione finanziaria dei mercati, potrebbe creare delle ripercussioni ancora più gravi;
    già il 30 gennaio 2016, il Governatore della Banca d'Italia ha avanzato la proposta di una revisione della direttiva Brrd, in ragione di una clausola della direttiva stessa che prevede l'esercizio di questa possibilità entro giugno 2018, al fine di adeguare la normativa europea agli standard internazionali;
    da organi di stampa si è però appreso che l'Unione europea avrebbe già risposto negativamente alla richiesta del Governatore, affidando ad un rappresentante della Commissione europea l'onere di dichiarare che non ci sarebbe alcuna volontà di modificare la Brrd, poiché, come ha ricordato lo stesso funzionario, la direttiva è stata adottata nel 2014 «con il consenso di una stragrande maggioranza al Parlamento europeo e con l'accordo unanime degli Stati membri»;
    sarebbe stato invece auspicabile, in questa delicatissima fase, un ripensamento della strada finora seguita dalle istituzioni europee, che hanno privilegiato il metodo dell'imposizione di diktat dall'alto in un quadro di carente democraticità, dimostrando indifferenza nel confronti delle istanze dei popoli che veramente costituiscono il tessuto connettivo del progetto dell'Europa, con i risultati che si sono appena visti nel Regno Unito;
    sembrerebbe comunque necessario prevedere una riorganizzazione del sistema creditizio che stabilisca la separazione tra le banche commerciali e le banche d'affari, ossia tra le banche che raccolgono e distribuiscono credito ad imprese e famiglie e le banche che operano nei mercati finanziari con attività speculative ad alto rischio, prevedendo altresì delle agevolazioni fiscali a favore delle prime, tenuto conto della loro attività a sostegno dell'economia reale e in particolar modo in favore delle piccole e medie imprese e rinviando a tempi migliori l'eventuale disciplina del bail-in, contenuta nella direttiva 2014/59/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 maggio 2014, che istituisce un quadro di risanamento e risoluzione degli enti creditizi e delle imprese di investimento (cosiddetta direttiva Brrd Bank recovery and resolution directive), al fine di permettere al sistema bancario europeo di poter mettere in campo le opportune misure a livello dei vari Paesi membri meno pronti al recepimento;
    sembra altresì ormai indispensabile un'azione volta a sradicare l'ormai diffusa convinzione che ogni decisione politica possa comportare delle gravissime ripercussioni in ambito economico, forse propagandata ad arte per influenzare le libere decisioni democratiche dei popoli europei;
    nell'ambito delle iniziative di politica economica adottate dall'Unione europea a favore della crescita e dell'occupazione, un ruolo di primo piano è stato riservato all'attuazione del piano di investimenti per l'Europa, il cosiddetto piano Juncker che, nell'arco di tre anni, si poneva l'ambizioso obiettivo di mobilizzare 315 miliardi di euro da investire in diversi settori, pubblici e privati, concentrandosi in particolare sulle piccole e medie imprese;
    nell'ambito della «finestra PMI» risultano essere state approvate 21 operazioni per 318 milioni di euro, a beneficio di oltre 44.000 imprese, che potenzialmente potrebbero generare circa 7,3 milioni di euro;
    è tuttavia diffusa la preoccupazione che molti dei progetti approvati non riescano a passare dalla fase della pianificazione a quella operativa, non solo perché oggi più che mai rischia di esser messo in discussione il piano Juncker nel suo complesso, ma anche a causa della scarsa liquidità di cui dispongono le piccole e medie imprese;
    è evidente come lo scarso afflusso di liquidità alle imprese possa rappresentare un elemento di ostacolo alla piena realizzazione del piano Juncker e siano più che mai opportune iniziative compensative da parte della Banca centrale europea;
    si ritiene opportuno, pertanto, sensibilizzare le istituzioni europee sulla gravosa problematica legata alle difficoltà di accesso al credito bancario da parte della media e piccola impresa affinché nell'ambito degli accordi di finanziamento stipulati tra il fondo europeo per gli investimenti e gli istituti di credito nazionali possa realizzarsi il concreto ed esaustivo sfruttamento delle risorse messe a disposizione dal piano Juncker, a sostegno della crescita dell'economia reale del Paese;
    gli ultimi dati Ocse sul costo del lavoro, diffusi il 17 giugno 2016, evidenziano inoltre come nei 34 Paesi aderenti all'organizzazione, il costo unitario del lavoro in media sia salito dello 0,1 per cento nel secondo trimestre 2016 e l'Italia, insieme a Cipro, rappresentano gli unici due Paesi in controtendenza;
    per l'Italia, è ben noto, tale calo è dovuto alla decontribuzione prevista dal Jobs Act il cui effetto terminerà tuttavia nel 2018 con un evidente rischio di impennata del costo medesimo;
    la stessa Ocse, nel comunicare i predetti dati, ha evidenziato come in Italia «la crescita della produttività resta debole e nonostante il rallentamento della crescita del costo unitario del lavoro dall'inizio della crisi, la crescita complessiva di tale indicatore resta la più alta dell'aerea euro». I problemi di fondo non sono stati quindi risolti;
    sarebbe pertanto auspicabile l'introduzione di un flat-rate, quale misura di standardizzazione del costo del lavoro per livellarlo alla media europea, al fine di rendere maggiormente competitive le imprese italiane e garantire, di conseguenza, una reale crescita dell'occupazione e della produttività;
    sul piano della politica estera, infine, la decisione di prorogare ulteriormente le sanzioni nei confronti della Russia non appare coerente con gli interessi di lungo termine degli Stati membri dell'Unione europea, che considerano la Federazione russa un fornitore strategico di energia a basso costo, un partner commerciale importante ed altresì un mercato di sbocco delle proprie esportazioni;
    anche sul piano della sicurezza continentale, pare poco saggio assecondare una linea di contrapposizione frontale tra Occidente e Russia, che rischia di precipitare una nuova corsa agli armamenti e riduce le possibilità di cooperazione nella lotta al terrorismo internazionale,

impegna il Governo

a sostenere nell'ambito del Consiglio europeo l'opportunità di consultare i corpi elettorali degli Stati membri al fine di verificare l'effettiva sussistenza di maggioranze popolari favorevoli alla continuazione dell'esperienza comunitaria, ricordando come non sia evitando il confronto con le urne che l'Europa si rilegittima, nonché per apportare qualsiasi eventuale modifica ai trattati che disciplinano l'Unione europea.
(6-00250) «Giancarlo Giorgetti, Grimoldi, Fedriga, Guidesi, Allasia, Invernizzi, Attaguile, Molteni, Borghesi, Picchi, Bossi, Gianluca Pini, Busin, Rondini, Caparini, Saltamartini, Castiello, Simonetti».

Classificazione EUROVOC:
EUROVOC (Classificazione automatica provvisoria, in attesa di revisione):

istituzione dell'Unione europea

politica comunitaria

asilo politico