ATTO CAMERA

MOZIONE 1/00696

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Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 17
Seduta di annuncio: 361 del 13/01/2015
Firmatari
Primo firmatario: GAGNARLI CHIARA
Gruppo: MOVIMENTO 5 STELLE
Data firma: 13/01/2015
Elenco dei co-firmatari dell'atto
Nominativo co-firmatario Gruppo Data firma
GALLINELLA FILIPPO MOVIMENTO 5 STELLE 13/01/2015
LUPO LOREDANA MOVIMENTO 5 STELLE 13/01/2015
PARENTELA PAOLO MOVIMENTO 5 STELLE 13/01/2015
BERNINI MASSIMILIANO MOVIMENTO 5 STELLE 13/01/2015
BENEDETTI SILVIA MOVIMENTO 5 STELLE 13/01/2015
L'ABBATE GIUSEPPE MOVIMENTO 5 STELLE 13/01/2015
BUSTO MIRKO MOVIMENTO 5 STELLE 13/01/2015
DAGA FEDERICA MOVIMENTO 5 STELLE 13/01/2015
BALDASSARRE MARCO MOVIMENTO 5 STELLE 13/01/2015


Stato iter:
IN CORSO
Atto Camera

Mozione 1-00696
presentato da
GAGNARLI Chiara
testo di
Martedì 13 gennaio 2015, seduta n. 361

   La Camera,
   premesso che:
    il Ministero della salute, con nota Prot. 609/SEGR/47 del 2 marzo 2003, che ai proponenti risulta ad oggi vigente, avente ad oggetto la «gestione dei resi dell'industria di panificazione», specifica che i prodotti di panificazione invenduti sono da considerare rifiuto ai sensi del decreto legislativo 22 del 1997, poi abrogato dal decreto legislativo n. 152 del 2006 oppure, sussistendone le garanzie igienico-sanitarie ed un atto scritto da parte del produttore, avviata all'alimentazione animale o utilizzati come materia prima per mangimi, ai sensi del decreto legislativo n. 360 del 1999;
    tale interpretazione produce l'effetto di considerare non più commercializzabili a fini dell'alimentazione umana migliaia di quintali di pane che, in realtà, hanno ancora tutti i crismi per essere consumati. Il pane, infatti, risulta tra i prodotti alimentari che maggiormente vengono sprecati in Italia. Secondo una recente inchiesta pubblicata dal quotidiano La Repubblica, sarebbero circa 13 mila i quintali di pane buttato ogni giorno, quasi il 25 per cento del pane prodotto destinato alla grande distribuzione. A livello del consumatore finale, i dati indicano che ogni famiglia italiana spreca in media una quantità di cibo del valore di 454 euro l'anno, di cui il 19 per cento è costituito dal pane;
    per ridurne lo spreco, il pane potrebbe essere donato alle popolazioni svantaggiate, ma questa distribuzione appare ostacolata dall'interpretazione della suddetta nota ministeriale (prot. 609/SEGR/47 del 2 marzo 2003). A giudizio dei proponenti, bisognerebbe rendere possibile che le reti di distribuzione e le reti italiane Caritas o laiche prelevino il pane dai distributori, prima che esso sia reso, evitando che le stesse siano costrette ad acquistare il pane per il proprio fabbisogno;
    l'impegno di «promuovere il potenziamento delle reti caritative nazionali, al fine di poter recuperare il pane ogni giorno invenduto dalla grande distribuzione, per destinarlo alle popolazioni svantaggiate accolte nei centri caritativi distribuiti nella penisola» era stato proposto nella mozione n. 1-00088, a prima firma Chiara Gagnarli, abbinata alla mozione n. 1-00482 a prima firma Massimo Fiorio, sul tema degli sprechi alimentari in genere; Tuttavia, nella versione finale della mozione congiunta, votata in data 3 giugno 2014, l'impegno è stato soppresso;
    facendo seguito a quanto finora premesso, il gruppo M5S in Commissione agricoltura ha richiesto all'avvocato Daniele Pisanello, esperto in legislazione alimentare, un parere giuridico circa l'interpretazione della nota del Ministero della salute, ed in generale sulla questione della commercializzazione/redistribuzione del pane invenduto da le industrie di panificazione o dalle semplici attività commerciali, verso le associazioni caritatevoli attive sul territorio. Il parere giuridico, acquisito in data 3 dicembre 2014, da interpretazione sul contenuto della nota Prot. 609/SEGR/47 del 2 marzo 2003 del Ministero della salute, chiarisce quali norme attualmente regolano la gestione dei resi dell'industria di panificazione, compresi gli ultimi aggiornamenti contenuti nella legge di stabilità 2014, ed infine affronta l'aspetto fiscale legato alle cessioni gratuite di beni effettuate dalle imprese, in alternativa alla distruzione o all'eliminazione dal mercato, nei confronti degli enti non profit ed in particolare delle ONLUS;
    è opportuno premettere che il pane, ove preconfezionato, non rientra nella categoria degli alimenti altamente deperibili, quindi è soggetto, ove offerto in vendita al consumatore finale sotto forma di preimballo, all'obbligo di indicazione del tempo minimo di conservazione (TMC), ben diverso dalla data di scadenza, obbligatoria invece per i prodotti altamente deperibili. La giurisprudenza italiana, in questo senso, ha avuto modo di precisare che nel caso di «prodotti con TMC scaduto, caratterizzato dalla dicitura “da consumarsi preferibilmente entro il ...”, [...] secondo la quasi unanime dottrina e giurisprudenza, non configura alcun vizio di commestibilità o di commercialità, ma solo garantisce da parte del produttore la conservazione delle qualità nutrizionali dell'alimento, che potrebbe non solo essere consumato oltre tale data, ma non aver perduto alcuna sua qualità» (cfr. Corte di cassazione, sez. III, 23 marzo 1998, n. 5372). Anche il pane fresco, si legge nel parere dell'avvocato, Daniele Pisanello, rimasto invenduto nelle 24 ore successive alla fabbricazione, non costituisce alimento non più destinabile al consumo umano, per le stesse ragioni addotte per il pane preconfezionato, tenendo in debito conto dei parametri di sicurezza scolpiti all'articolo 14 Reg. (CE) n. 178/2002;
    per quanto concerne la nota del Ministero della salute, il parere giuridico osserva che la stessa si riferisce espressamente e chiaramente al pane ed altri prodotti da forno che, per motivi commerciali, non sono più destinati alla commercializzazione come alimenti (cfr. primo capoverso della nota). Ma visto che, il superamento del termine minimo di conservazione (TMC) per il pane preconfezionato, e delle 24 ore successive alla fabbricazione per il pane fresco invenduto, come innanzi anticipato, non concretizzano una situazione di non commerciabilità, evidentemente, la nota ministeriale si riferisce ai casi di prodotti della panetteria invenduti perché ad esempio invasi da parassiti, muffe, corpi estranei o oggetto di ritiro per motivi sanitari dal produttore;
    la tesi sostenuta dal parere giuridico è confermata dalla legge 27 dicembre 2013 n. 147 (legge di stabilità 2014) comma 236, che recita: «Le organizzazioni riconosciute non lucrative di utilità sociale ai sensi dell'articolo 10 del decreto legislativo 4 dicembre 1997, n. 460, e successive modificazioni, che effettuano a fini di beneficenza distribuzione gratuita agli indigenti di prodotti alimentari, ceduti dagli operatori del settore alimentare, inclusi quelli della ristorazione ospedaliera, assistenziale e scolastica, nonché i citati operatori del settore alimentare che cedono gratuitamente prodotti alimentari, devono garantire un corretto stato di conservazione, trasporto, deposito e utilizzo degli alimenti, ciascuno per la parte di competenza. Tale obiettivo è raggiunto anche mediante la predisposizione di specifici manuali nazionali di corretta prassi operativa in conformità alle garanzie speciali previste dall'articolo 8 del regolamento (CE) n. 852 del 2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, e successive modificazioni, validati dal Ministero della salute». Tale periodo, sottintende che i prodotti alimentari, compreso il pane, possano essere ceduti a fini di beneficenza, purché ogni soggetto rispetti il corretto stato di conservazione, trasporto, deposito e utilizzo, escludendo in maniera intrinseca che il pane possa essere considerato alla stregua di un rifiuto solo perché si siano superate le 24 ore dalla produzione per il pane fresco o il TMC per il pane preconfezionato. Per rendere fattibile la redistribuzione, la legge di stabilità 2014 ha previsto la predisposizione di appositi manuali nazionali di corretta prassi operativa, che ad oggi ci risultano non ancora predisposti, salvo pochi casi;
    per quanto riguarda l'aspetto fiscale, il parere asserisce che la distribuzione del pane invenduto dalle imprese alle associazioni caritatevoli non lucrative, non rappresenterebbe un problema o un deterrente, in quanto i prodotti alimentari non più commercializzati o non idonei alla commercializzazione per carenza o errori di confezionamento, di etichettatura, di peso o per altri motivi similari, nonché per prossimità della data di scadenza, ceduti gratuitamente ai soggetti di cui all'articolo 10, n. 12 del decreto del Presidente della Repubblica 633 del 1972 (enti pubblici, associazioni riconosciute, fondazioni o Onlus) si considerano distrutti ai fini IVA, dunque, fuori campo IVA, a prescindere dal ritiro presso i luoghi di esercizio dell'impresa. Questa disposizione è finalizzata proprio a sostenere gli enti di beneficenza, il cui regime è, pertanto, particolarmente favorevole e non frena, a parere dei proponenti, l'impulso della distribuzione caritatevole;
    si sottolinea infine che il cosiddetto decreto Bersani (decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 248 del d'agosto 2006), aveva previsto, in aggiunta alle definizioni dei vari prodotti della panetteria già presenti in norme precedenti, la denominazione di «pane fresco» riservandola «al pane prodotto secondo un processo di produzione continuo, privo di interruzioni finalizzate al congelamento, alla surgelazione o alla conservazione prolungata delle materie prime, dei prodotti intermedi della panificazione e degli impasti, fatto salvo l'impiego di tecniche di lavorazione finalizzate al solo rallentamento del processo di lievitazione, da porre in vendita entro un termine che tenga conto delle tipologie panarie esistenti a livello territoriale» (articolo 4, comma 2-ter, (b), decreto Bersani). Tale decreto demandava le disposizioni attuative ad un decreto del Ministro dello sviluppo economico, da adottarsi di concerto con il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali e con il Ministro della salute, previa intesa con la Conferenza permanente per i rapporti fra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto. A tutt'oggi tale decreto non risulta adottato, sebbene risulti essere stata predisposta una bozza,

impegna il Governo:

   a rivedere la sua posizione in merito all'interpretazione della normativa relativa alla redistribuzione del pane fresco invenduto oltre le 24 ore dalla produzione e del pane preconfezionato con termine minimo di conservazione (TMC) scaduto, alla luce delle considerazioni espresse nel parere giuridico citato in premessa, valutando l'opportunità di interventi normativi correttivi;
   a emanare, in tempi rapidi, i manuali di corretta prassi operativa, previsti dalla legge 27 dicembre 2013 n. 147 (legge di stabilità 2014), comma 236, ad oggi mancanti, al fine di chiarire il quadro normativo attuale e ridurre i costi ed i rischi per gli operatori alimentari, legati al conferimento ed alla gestione dei prodotti da forno, favorendo pertanto le lodevoli iniziative caritatevoli;
   a emanare, in tempi rapidi, il decreto attuativo previsto ormai da anni dal cosiddetto decreto Bersani, che completi la disciplina e dia la giusta tutela alla panificazione artigiana.
(1-00696) «Gagnarli, Gallinella, Lupo, Parentela, Massimiliano Bernini, Benedetti, L'Abbate, Busto, Daga, Baldassarre».

Classificazione EUROVOC:
EUROVOC (Classificazione automatica provvisoria, in attesa di revisione):

alimentazione umana

consumo alimentare

commercializzazione