ATTO CAMERA

MOZIONE 1/00238

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Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 15
Seduta di annuncio: 228 del 22/10/2007
Abbinamenti
Atto 1/00173 abbinato in data 22/10/2007
Atto 1/00174 abbinato in data 22/10/2007
Atto 1/00235 abbinato in data 22/10/2007
Atto 1/00236 abbinato in data 22/10/2007
Firmatari
Primo firmatario:
Gruppo: L'ULIVO
Data firma: 22/10/2007
Elenco dei co-firmatari dell'atto
Nominativo co-firmatario Gruppo Data firma
SINISTRA DEMOCRATICA. PER IL SOCIALISMO EUROPEO 22/10/2007
RIFONDAZIONE COMUNISTA - SINISTRA EUROPEA 22/10/2007
L'ULIVO 22/10/2007
VERDI 22/10/2007
L'ULIVO 22/10/2007
ITALIA DEI VALORI 22/10/2007
LA ROSA NEL PUGNO 22/10/2007


Stato iter:
30/10/2007
Partecipanti allo svolgimento/discussione
ILLUSTRAZIONE 22/10/2007
Resoconto L'ULIVO
 
DICHIARAZIONE GOVERNO 22/10/2007
Resoconto SOTTOSEGRETARIO DI STATO - (AFFARI ESTERI)
 
PARERE GOVERNO 30/10/2007
Resoconto SOTTOSEGRETARIO DI STATO - (AFFARI ESTERI)
 
DICHIARAZIONE VOTO 30/10/2007
Resoconto RIFONDAZIONE COMUNISTA - SINISTRA EUROPEA
Resoconto POPOLARI-UDEUR
Resoconto FORZA ITALIA
Resoconto L'ULIVO
Fasi iter:

DISCUSSIONE CONGIUNTA IL 22/10/2007

DISCUSSIONE IL 22/10/2007

RINVIO AD ALTRA SEDUTA IL 22/10/2007

ACCOLTO IL 30/10/2007

PARERE GOVERNO IL 30/10/2007

DISCUSSIONE IL 30/10/2007

APPROVATO IL 30/10/2007

CONCLUSO IL 30/10/2007


Atto Camera

Mozione 1-00238
presentata da
MARINA SERENI
lunedì 22 ottobre 2007 nella seduta n.228

La Camera,

premesso che:

l'Unione europea e l'Italia considerano da sempre la promozione dei diritti sociali e il rispetto dei diritti dei lavoratori quali aspetti essenziali nelle relazioni commerciali e, più in generale, internazionali con gli altri Stati, valutandoli come elementi positivi per il rafforzamento della competitività di ciascun Paese e non come ostacolo o impedimento;

da tempo l'Unione europea ha inserito la discussione sul rispetto degli standard di lavoro dell'Organizzazione internazionale del lavoro e sulla promozione dei diritti sociali e sindacali all'interno delle negoziazioni relative ad alcuni accordi commerciali con Stati terzi, come nel caso dell'accordo di Cotonou, e ha previsto specifiche valutazioni sull'impatto sociale degli accordi commerciali bilaterali (SIAs), anche nelle fasi negoziali del nuovo accordo quadro di partnership con la Cina, accogliendo con grande favore la decisione di istituire una «Commissione mondiale sulla dimensione sociale della globalizzazione», sotto l'egida dell'Organizzazione internazionale del lavoro, che iniziasse a introdurre tali temi nei forum dedicati al commercio internazionale, in cui sono finora rimasti troppo marginali;

in molti Paesi il tema del rispetto dei diritti dell'uomo e, in particolare, della tutela dei lavoratori, delle condizioni di lavoro e della salubrità dei luoghi di lavoro, nonché la promozione dei diritti sindacali, rimangono questioni irrisolte rispetto alle quali, all'elevata sensibilità politica della materia, si somma l'obiettiva difficoltà di controllo, l'impatto economicamente pesante sulle popolazioni di restrizioni generalizzate alle importazioni e non ultimo, in alcuni casi, un atteggiamento surrettiziamente protezionistico da parte dei Paesi occidentali;

tuttavia, in alcuni casi la comunità internazionale deve con determinazione e coraggio avanzare proposte decise per superare violazioni scandalose e patenti dei diritti umani, elaborando forme di pressione congiunta ed efficace, che costringano Paesi oramai pienamente inseriti ed accettati nel contesto delle organizzazioni internazionali del commercio non solo a condividere i vantaggi, ma anche ad assumere responsabilità e impegni comuni;

in particolare, i rapporti commerciali con la Repubblica popolare cinese, complicati da una serie di questioni di vario genere, devono essere più attenti alla dimensione del rispetto dei diritti dei lavoratori e dei diritti dell'uomo e condurre a più visibili passi in avanti rispetto alle questioni gravi segnalate da osservatori occidentali, organizzazioni indipendenti, associazioni a difesa dei diritti dell'uomo;

tra le violazioni più gravi rientra sicuramente la questione dei cosiddetti laogai, campi di lavoro forzato in cui sono reclusi, secondo alcune stime, cinque o sei milioni di detenuti, tra cui moltissimi accusati di reati di opinione, dissidenti politici, leader religiosi, spirituali o di minoranze etniche, che in condizioni di lavoro proibitive, per oltre 18 ore al giorno, senza le necessarie precauzioni nella lavorazione di sostanze pericolose e con il verosimile utilizzo di pratiche di tortura, vengono forzati al lavoro con conseguenze drammatiche sulla loro salute psicofisica;

le merci prodotte in questi vergognosi campi di lavoro forzato vengono poi commercializzate ovvero utilizzate quali componenti di prodotti finiti, per poi circolare liberamente sul mercato internazionale, pur provenendo da forme di lavoro illegale e lesivo dei diritti dell'uomo;

non esiste attualmente alcun valido strumento di verifica del numero di tali campi di lavoro, del numero dei detenuti imprigionati o delle condizioni interne di detenzione;

in questi anni la denuncia dell'istituzione dei laogai è stata fatta non solo da associazioni di tutela dei diritti dell'uomo e da alcuni testimoni diretti, ma anche da numerosi Governi e Parlamenti, tra i quali il Congresso americano (mozione n. 294 del 2005), il Parlamento europeo (risoluzione n. 2161 del 7 settembre 2006) e ultimamente il Bundestag tedesco (16/5146 del 10 maggio 2007);

tra l'altro, anche la Camera dei deputati nel dispositivo della mozione n. 1-00063 del 27 novembre 2006 ha impegnato il Governo «ad intraprendere ogni sforzo presso le autorità cinesi affinché la legislazione del lavoro e i diritti dei lavoratori si adeguino più rapidamente possibile agli standard internazionali, ivi inclusi i 10 principi del global compact delle Nazioni Unite, garantendo condizioni di lavoro dignitose e i diritti sindacali, unica garanzia di difesa del mondo del lavoro»;

la risoluzione del Parlamento europeo, oltre a condannare esplicitamente l'esistenza dei laogai, sollecita la Cina a ratificare le convenzioni nn. 29 e 105 dell'Organizzazione internazionale del lavoro sull'abolizione del lavoro forzato e coatto e invita la Cina a dare certificazione scritta della non provenienza delle merci esportate da laogai, invitando la Commissione europea, in caso contrario, a vietare l'importazione dei prodotti in questione;

la risoluzione del Parlamento tedesco, sulla stessa falsariga, chiede la chiusura dei laogai, il rilascio di informazioni da parte delle autorità cinesi sulla situazione dei campi di lavoro e sulle merci in essi prodotte, nonché un maggior coinvolgimento e informazioni alle imprese tedesche circa la situazione di violazione dei diritti umani in queste strutture,
impegna il Governo:

ad esercitare in sede europea un'azione efficace e coordinata con gli altri Paesi perché la questione dei campi laogai sia valutata adeguatamente e affrontata esplicitamente nelle occasioni di dialogo strutturato Unione europea-Cina, in particolare del periodico dialogo dedicato alla situazione dei diritti umani;

a vigilare affinché tale questione sia altresì tenuta nel debito conto nel contesto del dialogo commerciale Unione europea-Cina, nell'ambito degli attuali negoziati sul nuovo accordo di partnership e cooperazione, per valutare la possibilità di inserimento di forme particolari di cosiddette «clausole sociali», sul modello di altri accordi commerciali europei con Stati terzi, anche al fine di escludere del tutto la possibilità che merci prodotte nel cosiddetto sistema del laogai possano entrare nel mercato europeo fra le importazioni cinesi;

ad attivarsi nelle sedi internazionali per rendere possibili le visite dell'Alto commissario per i diritti umani dell'Onu, degli inviati speciali dell'Onu e dei rappresentanti del Comitato internazionale della Croce rossa ai campi laogai ancora esistenti;

a sollevare, di concerto con l'Unione europea, anche in seno al Consiglio dei diritti umani dell'Onu, di cui l'Italia è membro, la questione dei campi laogai;

ad utilizzare anche le occasioni di dialogo e di incontro bilaterale con la Cina per deprecare la pratica dei campi laogai e chiederne la chiusura;

a rendere le nostre imprese operanti in Cina sempre più consapevoli del problema dei campi laogai, evitando i rischi che partner commerciali cinesi possano utilizzare prodotti provenienti da questi «campi di lavoro», a tal fine promuovendo forme di cooperazione istituzionale ed imprenditoriale volte ad assicurare modalità di accertamento e verifica delle diverse fasi della filiera produttiva.

(1-00238)
«Sereni, Pettinari, Siniscalchi, Mattarella, De Zulueta, Marcenaro, Leoluca Orlando, D'Elia».
Classificazione EUROVOC:
CONCETTUALE:
CAMPI DI CONCENTRAMENTO E DI STERMINIO, DEMOCRAZIA, DIRITTI DELL'UOMO, IMPORTAZIONI, RELAZIONI INTERNAZIONALI, STATI ESTERI, UNIONE EUROPEA
SIGLA O DENOMINAZIONE:

CINA POPOLARE