CAMERA DEI DEPUTATI
Mercoledì 22 marzo 2017
788.
XVII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Affari costituzionali, della Presidenza del Consiglio e Interni (I)
COMUNICATO
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INTERROGAZIONI A RISPOSTA IMMEDIATA

  Mercoledì 22 marzo 2017. — Presidenza del presidente Andrea MAZZIOTTI DI CELSO. – Interviene il sottosegretario di Stato per la semplificazione e la pubblica amministrazione, Angelo Rughetti.

  La seduta comincia alle 14.

Sulla pubblicità dei lavori.

  Andrea MAZZIOTTI DI CELSO, presidente, ricorda che, ai sensi dell'articolo 135-ter, comma 5, del regolamento, la pubblicità delle sedute per lo svolgimento delle interrogazioni a risposta immediata è assicurata anche tramite la trasmissione attraverso l'impianto televisivo a circuito chiuso. Dispone, pertanto, l'attivazione del circuito.

5-10892 Sisto e Laffranco: Sullo sblocco della contrattazione nel pubblico impiego.

  Pietro LAFFRANCO (FI-PdL) illustra l'interrogazione in titolo.

  Il sottosegretario Angelo RUGHETTI risponde all'interrogazione in titolo nei termini riportati in allegato (vedi allegato 1).

  Pietro LAFFRANCO (FI-PdL), cofirmatario dell'interrogazione, replicando, si dichiara assolutamente insoddisfatto, sottolineando che l'incremento degli stipendi dei dipendenti pubblici promesso dal Governo appare irrisorio – soprattutto se lo si raffronta all'andamento della contrattazione nell'ambito del settore privato – nonché assolutamente insufficiente a far recuperare potere d'acquisto di tali lavoratori. Ritiene che l'accordo siglato di recente dal Governo con i sindacati, raggiunto a pochi giorni dallo svolgimento del referendum costituzionale, abbia rivestito esclusivamente una valenza elettorale.

5-10893 Menorello: Sul rispetto della normativa in materia di ricollocazione del personale in disponibilità presso le pubbliche amministrazioni.

  Domenico MENORELLO (CI) illustra l'interrogazione in titolo.

  Il sottosegretario Angelo RUGHETTI risponde all'interrogazione in titolo nei termini riportati in allegato (vedi allegato 2).

  Domenico MENORELLO (CI) replicando, si dichiara insoddisfatto della risposta del rappresentante del Governo, che ritiene imprecisa e poco esauriente in merito al rispetto della normativa richiamata nell'interrogazione in titolo.

5-10894 Dieni e altri: Sul rispetto della tempistica prevista dall'articolo 14 del decreto-legislativo n. 165 del 2001 in materia di esercizio della funzione di indirizzo politico dei ministri.

  Danilo TONINELLI (M5S), in qualità di cofirmatario, illustra l'interrogazione in titolo, chiedendo quanti e quali Ministeri abbiano rispettato per il 2017 la tempistica prevista dall'articolo 14, comma 1, del decreto legislativo n. 165 del 2001 per l'adozione della direttiva annuale ivi prevista.

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  Il sottosegretario Angelo RUGHETTI risponde all'interrogazione in titolo nei termini riportati in allegato (vedi allegato 3).

  Danilo TONINELLI (M5S), replicando, osserva che, dai dati in suo possesso, diversi Ministeri non hanno ancora emanato le direttive generali, atti fondamentali di indirizzo politico, che sviluppano la pianificazione strategica di ciascun Ministero e appaiono necessari per l'attività dell'amministrazione. Fa notare che, in assenza di tali importanti atti d'indirizzo, appare impossibile per i dirigenti apicali della pubblica amministrazione operare in modo corretto ed essere valutati per l'attività svolta, sottolineando il rischio che, in assenza di tali parametri certi, si attribuiscano premi a pioggia, slegati dal merito.

  Andrea MAZZIOTTI DI CELSO, presidente, dichiara concluso lo svolgimento delle interrogazioni all'ordine del giorno.

  La seduta termina alle 14.20.

SEDE REFERENTE

  Mercoledì 22 marzo 2017. — Presidenza del presidente Andrea MAZZIOTTI DI CELSO. – Interviene il sottosegretario di Stato per l'interno, Gianpiero Bocci.

Sulla pubblicità dei lavori.

  Andrea MAZZIOTTI DI CELSO, presidente, comunica che è stata avanzata la richiesta che la pubblicità dei lavori sia assicurata anche mediante l'impianto audiovisivo a circuito chiuso. Non essendovi obiezioni, ne dispone l'attivazione.

  La seduta comincia alle 14.20.

Modifiche alla legge elettorale.
C. 2352 Toninelli, C. 2690 Giachetti, C. 3223 Pisicchio, C. 3385 Lauricella, C. 3986 Locatelli, C. 4068 Orfini, C. 4088 Speranza, C. 4092 Menorello, C. 4128 Lupi, C. 4142 Vargiu, C. 4166 Nicoletti, C. 4177 Parisi, C. 4182 Dellai, C. 4183 Lauricella, C. 4240 Cuperlo, C. 4262 Toninelli, C. 4265 Rigoni, C. 4272 Martella, C. 4273 Invernizzi, C. 4281 Valiante, C. 4284 Turco, C. 4309 La Russa, C. 4318 D'Attorre, C. 4323 Quaranta, C. 4326 Menorello, C. 4327 Brunetta, C. 4330 Lupi, C. 4331 Costantino e C. 4333 Pisicchio.

Sentenza della Corte Costituzionale n. 35 del 2017.
(Doc. VII n. 767).

(Seguito dell'esame congiunto e rinvio).

  La Commissione prosegue l'esame congiunto delle proposte di legge e della sentenza della Corte costituzionale, rinviato, da ultimo, nella seduta del 21 marzo 2017.

  Andrea MAZZIOTTI DI CELSO, presidente e relatore, ricorda che le proposte di legge in materia elettorale sono iscritte nel calendario dei lavori dell'Assemblea a partire da lunedì 27 marzo prossimo, con la formula «ove concluso dalla Commissione». A tal proposito, comunica che, a seguito delle determinazioni assunte nella seduta di ieri dall'Ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi, con la posizione contraria del gruppo del Movimento 5 Stelle, ha provveduto a scrivere alla Presidente della Camera per rappresentarle l'esigenza che la Commissione disponga di maggior tempo per proseguire e concludere l'esame in sede referente delle proposte di legge in titolo.

  Giovanni CUPERLO (PD) si dichiara, innanzitutto, in accordo con molte cose che sono state dette nella seduta di ieri, in particolare dal collega Giorgis. Concorda in primo luogo sulla ricerca di uno sbocco condiviso partendo da alcuni nodi, come i collegi uninominali, il premio di maggioranza e le soglie di sbarramento. Ritiene che è il buon senso che deve suggerire ai gruppi come priorità l'impegno a confrontarsi su questi temi.
  Desidera aggiungere a quanto detto che, dopo la parabola disastrosa dell’Italicum che ha segnato la legislatura in corso, la questione del metodo diventa di Pag. 25sostanza e non solo procedurale. Bisogna quindi evitare il ripetersi di percorsi extraparlamentari che portano il Parlamento a ratificare decisioni prese fuori dalle sue Aule. Va restituita alla Camera la potestà che le è propria. In questo senso trova giustificazione il rinvio dell'esame, se però coincide con tempi certi ed è un errore l'inerzia funzionale a una o a un'altra forza politica.
  Osserva che dalle audizioni svolte si può trarre una griglia di opzioni utili per lavorare alla costruzione di un testo base. Condivide la preoccupazione del collega Sisto per lo scivolamento del tema della legge elettorale nelle retrovie dell'agenda politica, anche se dovuto a fasi congressuali di una forza politica. È infatti in gioco la tenuta democratica del nostro sistema politico e non saranno sufficienti microinterventi sulla legge elettorale, consequenziali alle sentenze della Corte costituzionale. Va infatti trovato un equilibrio tra la domanda di rappresentatività, dimostrata con forza dal referendum di dicembre e interventi finalizzati alla ricerca di una governabilità, in armonia con il sistema costituzionale. Nella costruzione di un testo base si deve tenere presente il quadro d'insieme di tutte le proposte di legge, non solo di una. Ad esempio, la proposta di cui è primo firmatario prevede un premio fisso, ma su questo ritiene si possa ragionare, come anche sul premio a una coalizione. Ma una soluzione condivisa va prima di tutto trovata sul piano politico e si rende conto che il passaggio è stretto, anche per una questione temporale. Non deve, però prevalere quel ragionamento tattico e corporativo che ha contraddistinto gli ultimi venti anni, portando a leggi elettorali costruite su misura e che ha portato, con un sistema in partenza maggioritario, a un proliferare di sigle politiche. Sottolinea come sia in capo al Presidente e a ogni singolo componente della Commissione la necessità di trovare, senza alcun alibi, uno sbocco diverso.

  Giuseppe LAURICELLA (PD) osserva, anzitutto, che la questione politica fondamentale, ancor prima di stabilire quale sistema elettorale prediligere, sta proprio nel far convergere il consenso sulla necessità di approvarla, facendo notare che sarebbe irresponsabile sottrarsi al compito di consegnare una legge elettorale al Paese. Ritiene che insistere con il proporre modelli elettorali inadeguati all'attuale contesto politico vorrebbe dire precludere tale obiettivo, lasciando inalterato il sistema vigente, che appare disomogeneo tra le Camere e non in grado di garantire stabilità.
  Fa notare che, con la sentenza n.35 del 2017, relativa al giudizio sulla legge n. 52 del 2015, la Corte costituzionale circoscrive il suo ragionamento alla verifica della ragionevolezza oltre che della proporzionalità del premio di maggioranza. In tal senso, dunque, essa argomenta sia in ordine al premio previsto al primo turno, sia al premio assegnato al secondo turno di ballottaggio.
  Nel primo caso – ovvero del premio al primo turno – la Corte ritiene che la legge elettorale in questione, con l'aver previsto una soglia minima del 40 per cento dei voti validi ottenuti da una lista, non solo risponde ad una misura «accettabile», o – meglio – «non manifestamente irragionevole» sul piano della proporzionalità tra voti ottenuti e seggi assegnati (340, pari al 54 per cento), ma anche che tale parametro era già stato assunto nella sentenza n. 1 del 2014, che aveva dichiarato la illegittimità costituzionale del premio a causa della mancata previsione di una soglia minima della percentuale di voti ottenuti dalla lista o, nella fattispecie, dalla coalizione, che avrebbe prodotto una sproporzione costituzionalmente illegittima tra voti ottenuti e seggi assegnati con il premio. Dunque, la Corte, con la sentenza n. 35 del 2017, quando riconosce quale «ragionevole» la soglia del 40 per cento con il conseguente premio del 54 per cento dei seggi, sembra indicare, nel rapporto 40-54, una misura minima, quale parametro inderogabile, proprio in quanto ritenuto «accettabile», ovvero appena sufficiente. Ciò induce a ritenere che fuori da tale misura il sistema si espone alla illegittimità. Questo non vuol dire, per esempio, Pag. 26che un sistema non possa prevedere soglie-premio più basse. Ma ciò implicherebbe – rimanendo alla misura della ragionevolezza – l'abbassamento conseguenziale del numero dei seggi attribuiti in premio. Sarebbe come dire che, qualora la soglia fosse fissata al 35 per cento dei voti validi ottenuti da una lista (o da una coalizione), il premio di maggioranza non potrebbe superare il 50 per cento dei seggi. Ma tale risultato renderebbe sostanzialmente sterile il premio ai fini della governabilità.
  Non va, a tal riguardo, sottovalutato, a suo avviso, il monito con cui la Corte costituzionale avverte il legislatore quanto alla valutazione della soglia minima per l'attribuzione del «premio di maggioranza».
  Infatti, se, da una parte, la Corte costituzionale tiene ad affermare che la valutazione «sfugge, in linea di principio, al sindacato di legittimità costituzionale», dall'altra, avverte che «resta salvo il controllo di proporzionalità riferito alle ipotesi in cui la previsione di una soglia irragionevolmente bassa di voti per l'attribuzione di un premio di maggioranza determini una tale distorsione della rappresentatività da comportarne un sacrificio sproporzionato, rispetto al legittimo obiettivo di garantire la stabilità di governo e di favorire il processo decisionale».
  Altro aspetto che la Corte definitivamente chiarisce, sgombrando il campo dagli equivoci, è la differenza tra «premio di maggioranza» e «premio di governabilità». Chiarimento fondamentale e decisivo, oltre che necessario, per evitare l'adozione di sistemi che potrebbero non condurre alla governabilità pur prevedendo meccanismi premiali. La Corte ha, infatti, inequivocabilmente affermato che, quando siamo in presenza di una soglia minima da raggiungere (come, per esempio, è quella del 40 per cento), il premio attribuito a seguito del suo raggiungimento è «di maggioranza», proprio perché, assunta la legittimazione con il 40 per cento dei voti validi, il sistema assegna una percentuale di seggi idonea a porre la lista (nel nostro caso) nelle condizioni di avere una maggioranza alla Camera dei deputati (con il 54 per cento dei seggi o, più precisamente, con 340 seggi).
  Altro è, invece, il «premio di governabilità», che si caratterizza nell'attribuire alla lista (o, se prevista, alla coalizione), a condizione che abbia già «autonomamente raggiunto» il 50 per cento dei voti e/o dei seggi, un certo premio in seggi – dice la Corte – «destinato ad aumentare, al fine di assicurare la formazione di un esecutivo stabile». Ciò si traduce in una evidente illegittimità di ogni sistema che dovesse prevedere un premio di «governabilità» in favore di una lista (o coalizione) che non dovesse raggiungere «autonomamente» il 50p per cento dei voti e/o dei seggi. Anche perché, contrariamente, si rischierebbe di attribuire un premio ad una lista (o coalizione) che, seppur più votata di altre, non avrebbe comunque la possibilità di ottenere una maggioranza parlamentare o, peggio, potrebbe rimanere in minoranza con il premio. Sul secondo punto, ovvero in ordine al premio al secondo turno di ballottaggio, non ci sarebbe molto da aggiungere o da rilevare, attesa la tranciante motivazione della Corte. In definitiva, la Corte costituzionale – in relazione alla legge n. 52 del 2015 oggetto del suo sindacato – ribadisce quanto già sostenuto nella sentenza n. 1 del 2014 in ordine all'assunta divaricazione tra peso del voto effettivo (ottenuto al primo turno) e premio previsto a seguito del ballottaggio. «Rappresentatività reale», che la Corte riferisce al primo turno, che può rilevarsi esigua, tanto da rendere distorsivo l'esito del secondo turno di ballottaggio, atteso che condurrebbe, inevitabilmente, ad un risultato maggioritario a favore di una delle due liste, per di più, con l'attribuzione di un premio di maggioranza.
  Proprio in tal senso, sul ballottaggio disciplinato dalla legge n. 52 del 2015, la Corte costituzionale sottolinea che «prevedendo una competizione risolutiva tra due sole liste, prefigura stringenti condizioni che rendono inevitabile la conquista della maggioranza assoluta dei voti validamente espressi da parte della lista vincente». Pag. 27Dunque – continua la Corte –, «tali disposizioni incontrano a loro volta il limite costituito dall'esigenza costituzionale di non comprimere eccessivamente il carattere rappresentativo dell'Assemblea elettiva e l'eguaglianza del voto».
  D'altro canto, fa notare che la Corte costituzionale, già nella sentenza n. 1 del 2014 aveva affermato che «ben può il legislatore innestare un premio di maggioranza in un sistema elettorale ispirato al criterio del riparto proporzionale di seggi, purché tale meccanismo premiale non sia foriero di un'eccessiva sovrarappresentazione della lista di maggioranza relativa». In sostanza, la Corte costituzionale non esclude la possibilità di prevedere un sistema a doppio turno, ma tiene a specificare che «nella forma di governo parlamentare disegnata dalla Costituzione (...), ogni sistema elettorale, se pure deve favorire la formazione di un governo stabile, non può che essere primariamente destinato ad assicurare il valore costituzionale della rappresentatività».
  Dunque, alla luce della decisione della Corte, resta – per la Camera dei deputati – un sistema che, in mancanza del raggiungimento della soglia del 40 per cento, prevede la distribuzione proporzionale dei seggi tra tutte le liste che abbiano ottenuto almeno il 3 per cento dei voti validi.
  Altro aspetto riguarda i capilista «bloccati». La Corte si limita a ricordare quanto già sostenuto nella sentenza n. 1 del 2014, con la quale dichiarava l'illegittimità costituzionale delle «liste bloccate», in quanto disciplina «non comparabile né con altri sistemi caratterizzati da liste bloccate solo per una parte di seggi, né con altri caratterizzati da circoscrizioni elettorali di dimensioni territorialmente ridotte, nelle quali il numero dei candidati da eleggere sia talmente esiguo da garantire l'effettiva conoscibilità degli stessi e con essa l'effettività della scelta e la libertà del voto (al pari di quanto accade nel caso dei collegi uninominali)». La Corte tiene, nel contempo, a ribadire che «appartiene al legislatore la discrezionalità nella scelta della più opportuna disciplina per la composizione delle liste e per l'indicazione delle modalità attraverso le quali prevedere che gli elettori esprimano il proprio sostegno ai candidati».
  Di particolare significato è, in ogni caso, quanto la Corte sottolinea in ordine alla indicazione dei candidati capilista da parte dei partiti politici, che è – dice la Corte – «anche espressione della posizione assegnata ai partiti politici dall'articolo 49 della Costituzione». Tale argomento sembra sostenere – se non suggerire –, a suo avviso, due aspetti di rilievo.
  Il primo, è che appartiene ai partiti il diritto-potere di indicare all'elettore i candidati che, ovviamente, vorrebbero fossero eletti. Il secondo, è che il sistema delle candidature «bloccate», qualora fosse utilizzato per selezionare la migliore e più qualificata classe dirigente politica, sarebbe non un limite ma una vera opportunità per la politica nazionale nel suo insieme.
  In ogni caso, secondo la Corte, i capilista bloccati come disciplinati dal sistema in questione sono costituzionalmente legittimi, come legittime sarebbero le liste bloccate, in quanto corte. D'altro canto, al di là delle ragioni di opportunità, il capolista bloccato non è più garantito di un capolista della cosiddetta «prima Repubblica», blindato dai partiti stessi, cui rispondeva l'obbedienza dell'elettorato di riferimento, né di un candidato di un collegio uninominale – come si diceva – «sicuro». Anzi, di più, oggi, alla luce di quanto si assiste e si è assistito nonché a tutte le normative introdotte sul voto di scambio nelle sue varie qualificazioni, ritiene salutare eliminare il voto di preferenza a tutti i livelli, attenendosi ai criteri di conoscibilità dei candidati fissati dalla giurisprudenza costituzionale, partendo, magari, dalla stessa modifica dell'attuale sistema elettorale di Camera e Senato.
  In ogni caso, ritiene necessario un diverso approccio al modello di relazione tra elettore e rappresentanza, attraverso l'assunzione del principio secondo il quale il valore essenziale da garantire e su cui l'elettore deve essere chiamato ad esprimersi sia l'offerta politica. Offerta che si caratterizza nella proposta politica del Pag. 28partito o della coalizione, accompagnata dalla proposta dei soggetti indicati nelle liste a rappresentare quella proposta politica.
  L'elettore sarà, dunque, chiamato a valutare la qualità sia della proposta politico-programmatica, sia la qualità del personale politico indicato a dar attuazione alla proposta, sostenendo o rifiutando l'offerta politica nel suo complesso. In altre parole, se è vero che tale sistema si possa esporre al rischio di affidare alle segreterie di partito la composizione delle liste (cosa, peraltro, sempre avvenuta), è altrettanto vero che, in tal modo, viene a definirsi una piena assunzione di responsabilità in ordine all'offerta politica. In tal senso, le cosiddette «parlamentarie» come la selezione per via web dei candidati rappresentano, a suo avviso, strumenti pilateschi che impediscono l'assunzione di responsabilità di chi dovrebbe, invece, assumersela, dirigenti di partito o di movimenti che siano.
  D'altro canto, sotto tale profilo, la recente consultazione referendaria, a suo avviso, ha dimostrato che gli elettori sono indotti alla partecipazione al voto quando l'offerta politica suscita interesse e viene ritenuta rilevante per gli effetti che può produrre sul piano politico oltre che istituzionale.
  Comunque, rimanendo coerenti con la dimensione e la natura nazionale della rappresentatività di ciascun parlamentare, sarebbe preferibile un sistema in cui per la formazione delle liste prevalesse la qualità dell'offerta politica ad un sistema che privilegiasse la quantità dei pacchetti di voti spesso di incerta composizione e origine, con tutte gli aspetti degenerativi che ne possono derivare.
  Quanto ai pluricandidati capilista, la Corte ne conferma la legittimità, a condizione che, qualora eletti, la scelta del collegio non sia lasciata alla arbitrarietà dello stesso plurieletto. Arbitrarietà che consegna al pluricandidato eletto non solo il potere di scegliere il collegio di elezione, ma anche, indirettamente, il potere di «designazione del rappresentante di un dato collegio elettorale», condizionando, per un verso, l'effetto dei voti di preferenza espressi dagli elettori e, per l'altro verso, determinando una selezione sulla base di un proprio interesse politico o di partito, fino a poter giungere a sacrificare un candidato ritenuto troppo forte e, dunque, scomodo nelle dinamiche parlamentari o politiche in generale. Conseguentemente, la Corte, solo per evitare un vuoto normativo ma chiedendo una soluzione più consona, indica lo strumento del sorteggio. Una soluzione, a tal riguardo, peraltro suggerita dalla stessa Corte, potrebbe essere quella di assegnare al pluricandidato eletto in più collegi, quello in cui il primo non eletto con le preferenze abbia ottenuto la minor cifra elettorale, ovvero la percentuale più bassa rispetto agli altri primi non eletti dei collegi interessati. In tal modo, verrebbe rispettato l'automatismo dell'assegnazione e, nel contempo, sarebbero garantiti i candidati percentualmente più votati. Ma non si può prescindere, a suo avviso, da alcune perplessità che scaturiscono dalle motivazioni che la Corte pone a sostegno delle candidature bloccate e, soprattutto, sulle pluricandidature bloccate. La tesi della «conoscibilità» del candidato richiamata nella sentenza n. 1 del 2014 non è tra le più convincenti se ridotta al capolista bloccato, mentre potrebbe avere una sua logica nell'adozione di liste corte. Ciò che, invece, appare incomprensibile è la ratio giustificativa delle pluricandidature bloccate, peraltro, capilista, quale strumento di «compensazione» o, peggio, di «correzione» del sistema con i capilista bloccati. Nella motivazione della stessa Corte si rileva la contraddizione: le pluricandidature bloccate quale correzione dei capilista bloccati, soprattutto in relazione alle liste dei partiti più piccoli, o, in generale, per non scoraggiare i candidati che dovranno concorrere per ottenere le preferenze, in modo che il pluricandidato serva a sterilizzare la posizione di capolista, lasciando spazio e reale competitività al resto delle candidature – potremmo dire – «preferenziali».
  Non si capisce davvero il senso. Tanto varrebbe eliminare le pluricandidature Pag. 29bloccate, le quali, se non limitate, rischiano di esporsi in tal senso alla illegittimità, oggi non rilevata dalla Corte. Allora, meglio ridurle nel numero e consentirle ad un solo candidato per ciascuna lista. Ciò, a maggior ragione, quando la Corte richiama le pluricandidature presenti in elezioni fino al 1993 o in quelle europee, dove non vi sono candidature bloccate e tutti, compresi i capilista, devono ottenere i voti di preferenza.
  Al punto 15.2, la Corte costituzionale afferma che «non può esimersi dal sottolineare che l'esito del referendum ex articolo 138 della Costituzione del 4 dicembre 2016 ha confermato un assetto costituzionale basato sulla parità di posizione e funzioni delle due Camere elettive. In tale contesto, la Costituzione, se non impone al legislatore di introdurre, per i due rami del Parlamento, sistemi elettorali identici, tuttavia esige che, al fine di non compromettere il corretto funzionamento della forma di governo parlamentare, i sistemi adottati, pur se differenti, non devono ostacolare, all'esito delle elezioni, la formazione di maggioranze parlamentari omogenee». La prima domanda da porsi, a tal riguardo, è perché – senza che sia stata sollecitata sul punto, dunque, ultra petita – la Corte costituzionale abbia avvertito l'urgenza di ribadire la parità delle due Camere elettive e, soprattutto, di affermare quale esigenza – costituzionalmente vincolate – la formazione di maggioranze omogenee fra i due rami del Parlamento. Evidentemente, la precisazione che la stessa Corte aveva voluto manifestare nel comunicato ufficiale del 24 gennaio (relativa alla decisione del collegio), circa la immediatezza dell'applicazione del sistema elettorale, riguardava la sola Camera dei deputati, ovvero il solo sistema elettorale oggetto del suo sindacato. Altro è, invece, il sistema di elezione delle due Camere nel suo complesso, che risulta non omogeneo sul piano della garanzia della governabilità e, dunque, non immediatamente applicabile, perché, in quanto foriero di maggioranze disomogenee, costituzionalmente illegittimo. Infatti, la Corte, da un lato, dice che i sistemi elettorali delle due Camere possono anche non essere identici ma, dall'altro, afferma che la Costituzione «esige» – ovvero, impone – sistemi elettorali che non ostacolino, «all'esito delle elezioni, la formazione di maggioranze parlamentari omogenee». Appare evidente che l'aver voluto porre tale questione non può essere derubricato ad un mero esercizio di filosofia del diritto, ma, piuttosto, si rivela come un'esigenza che pone un preciso e ineludibile indirizzo al legislatore, chiamato al compito di modificare il sistema elettorale delle due Camere, al fine di garantire (rectius, non ostacolare) l'omogeneità delle maggioranze parlamentari. Il sistema vigente non la favorisce, certamente. Infatti, se già i sistemi elettorali residuati dalle pronunce della Corte costituzionale (1/2014 e 35/2017) avessero garantito l'omogeneità richiesta, i giudici costituzionali non avrebbero avvertito l'urgenza di una siffatta puntualizzazione, peraltro avulsa dal thema decidendum. Accogliendo tale sollecitazione – se non la si vuole qualificare come un monito –, la Corte, finisce con il tracciare un modello possibile di sistema elettorale coerente con il nostro sistema parlamentare che, dopo il referendum, viene confermato se non – addirittura – rafforzato.
  La Corte giudica illegittimo il ballottaggio, legittima la soglia del 40 per cento e il relativo premio di maggioranza, che distingue nettamente dal premio di governabilità, condizionato dall'aver raggiunto autonomamente la soglia del 50 per cento di voti e/o seggi; ritiene legittimi i capilista bloccati in quanto coerenti costituzionalmente con il potere che viene riconosciuto ai partiti politici, confermando perfino le liste bloccate di ridotte dimensioni; pur nella discutibile argomentazione sulla funzione correttiva, legittima le pluricandidature, sempre che venga previsto un automatismo nell'assegnazione del collegio. In ragione della confermata struttura bicamerale e della forma di governo parlamentare, la Corte ribadisce che «la Camera è una delle due sedi della rappresentanza Pag. 30politica nazionale (articolo 67 della Costituzione), accanto al Senato della Repubblica».
  In tal senso, sembra voler sottolineare la rappresentatività nazionale del Senato, a prescindere dalla elettività su base regionale, che è altra cosa. Conseguentemente, come d'altra parte già espressamente affermato nella sentenza n. 1 del 2014, qualora un sistema elettorale stabilisse anche per il Senato una soglia per l'attribuzione del premio di maggioranza, il relativo computo ai fini della verifica del raggiungimento della soglia non potrebbe che essere su base nazionale, atteso che, diversamente, si produrrebbe una distorsione tra le due Camere e non si potrebbe mai realizzare l'omogeneità della maggioranza parlamentare richiesta espressamente dalla Corte, quale esigenza ineludibile.
  Nella sentenza n. 1 del 2014, la Corte, in ordine al calcolo su base regionale del premio di maggioranza al Senato previsto nella legge n. 52 del 2015, aveva già affermato che «stabilendo che l'attribuzione del premio di maggioranza è su scala regionale, produce l'effetto che la maggioranza in seno all'assemblea del Senato sia il risultato casuale di una somma di premi regionali, che può finire per rovesciare il risultato ottenuto dalle liste o coalizioni di liste su base nazionale, favorendo la formazione di maggioranze parlamentari non coincidenti nei due rami del Parlamento, pur in presenza di una distribuzione del voto nell'insieme sostanzialmente omogenea. Ciò rischia di compromettere sia il funzionamento della forma di governo parlamentare delineata dalla Costituzione repubblicana, nella quale il Governo deve avere la fiducia delle due Camere (articolo 94, primo comma, della Costituzione), sia l'esercizio della funzione legislativa, che l'articolo 70 della Costituzione attribuisce collettivamente alla Camera ed al Senato. In definitiva, rischia di vanificare il risultato che si intende conseguire con un'adeguata stabilità della maggioranza parlamentare e del governo». Pertanto, anche per il Senato è legittimo soltanto il calcolo per l'attribuzione del premio di maggioranza effettuato su scala nazionale. Quindi, in tali circostanze, l'omogeneità sarebbe garantita dalla «simmetria» del premio, condizionandone l'attribuzione al contestuale raggiungimento delle soglie-premio da parte della stessa lista (o coalizione), sia nell'elezione della Camera, sia nell'elezione del Senato. Non prevedere tale meccanismo significherebbe lasciare la possibilità di maggioranze disomogenee. Resta evidente che in un sistema di tal genere, in caso di mancato raggiungimento della soglia per l'attribuzione del premio di maggioranza, la distribuzione dei seggi avverrebbe proporzionalmente tra tutte le liste che dovessero superare le soglie di sbarramento stabilite, per la Camera su base nazionale e per il Senato – qui sì – su base regionale.
  Infine, ritiene opportuno chiarire in ordine all'obiezione secondo la quale – in considerazione della contestualità del premio nei due rami del Parlamento – gli elettorati differenti potrebbero condizionare l'elezione dell'altra Camera. Al netto di un possibile futuro intervento legislativo che conduca ad uniformare le due basi elettorali, innanzitutto, va detto che – a suo parere – la differenza tra elettorati attivi rafforza la legittimazione al premio, proprio perché diventa frutto di una diversa base elettorale e, dunque, la «convergenza» dimostra maggiormente la condivisione dell'elettorato nella sua interezza. Così come si potrebbe sostenere che uniformando le due basi elettorali, verrebbe meno il senso delle due Camere, che proprio nella loro diversa composizione dei corpi elettorali trova la ragion d'essere. D'altra parte, si potrebbe, allora, affermare che, a prescindere dai sistemi elettorali che nel tempo sono stati adottati e applicati, il condizionamento sia sempre avvenuto. Come è stato sottolineato nel corso delle audizioni (M. Luciani), la Corte ha affermato che «il premio di maggioranza è legittimo solo a condizione che non sia sine ratione. Cioè, deve servire per dare stabilità al sistema e in particolare al Governo. Quindi, occorre un premio che scatti solo nell'ipotesi in cui il vincitore sia identico in entrambe le Camere.». Peraltro, Pag. 31il premio di maggioranza è, per definizione, una quota di seggi, un surplus premiale, che viene attribuito in aggiunta, in quanto sia stata raggiunta una certa soglia-premio. Mentre, la rappresentanza è già garantita con i voti effettivamente ottenuti, anche quando non venga raggiunta la soglia che assegna il premio.
  Atteso che il premio non deve essere attribuito sine ratione, se non scatta in una Camera non v’è ragione che venga attribuito all'altra, in quanto non servirebbe alla stabilità e non potrebbe essere attribuito come «premio di governabilità» per le ragioni già ricordate sopra. Inoltre, se si ragionasse in termini di base elettorale diversa e della sua proiezione rappresentativa in Parlamento, le stesse obiezioni sul condizionamento potrebbero sorgere sia in ordine al rapporto di fiducia, sia alla formazione delle leggi. Mentre, anche in tali casi, è costituzionalmente pacifico che Camera e Senato – nonostante la diversa base elettorale e, dunque, rappresentanza – svolgano funzioni identiche.
  Altrimenti, si dovrebbero mettere in discussione la fiducia/sfiducia e l'approvazione delle leggi, quando la maggioranza del Senato – per esempio – si comporti diversamente dalla maggioranza della Camera dei deputati, condizionandone l'esito, sia in termini di fiducia, sia di approvazione delle leggi.
  Sostenere, poi, che sia irragionevole non assegnare, comunque, il premio (ovvero anche nel caso in cui una lista o coalizione raggiunga la soglia del 40 per cento in una sola Camera), significa non risolvere l'omogeneità delle maggioranze parlamentari e, dunque, il problema della stabilità di governo, eludendo il principio rilevato dalla Corte in ordine al premio di governabilità.
  Infatti, rimanendo sulla linea della Corte costituzionale, secondo la quale il premio di maggioranza è legittimo a condizione che non sia sine ratione, e che il premio di governabilità può essere attribuito a condizione che si raggiunga autonomamente il 50 per cento dei voti validi, assegnare il premio in una sola Camera varrebbe a non osservare la condizione, appunto, perché non servirebbe alla stabilità di governo e, dunque, non risponderebbe all'esigenza di omogeneità richiesta. Tanto varrebbe lasciare il sistema scaturito dalle sentenze della Corte, che già assicura la disomogeneità. Pertanto, essendo il premio un surplus, è attribuibile a condizione che il meccanismo premiale coincida in entrambe le Camere. Nel caso in cui la coincidenza non si verifichi, comunque, non viene scalfita la rappresentanza, atteso che gli eletti saranno quelli corrispondenti ai voti ottenuti.
  In definitiva – come è stato, in tale sede, più volte ricordato –, il premio non può essere sine ratione. In tal senso, va considerato il premio, nella sua interezza, in modo bicamerale, quale condizione senza la quale non sussiste, restando salva la rappresentanza sulla base dei voti ottenuti senza la quota-premio.

  Domenico MENORELLO (CI) prende in esame sette questioni sottese all'esame delle proposte di legge in discussione. Prima di tutto, il ripristino del cosiddetto Mattarellum, alla base di alcune proposte di legge, ancorato però, a suo avviso, a un sistema bipolare che non è quello attuale. Sul premio di maggioranza, a una singola lista o a una coalizione, previsto da alcune proposte di legge con una quota quasi sempre del 40 per cento, osserva che è difficile prevedere il raggiungimento di maggioranze omogenee alla Camera e al Senato. Bisognerebbe che il risultato di un ramo del Parlamento abbia un effetto trascinante sull'altro, ma questo comporta una piccola modifica costituzionale per uniformare l'elettorato attivo. Un altro punto riguarda l'assegnazione di premi più piccoli, cosa che comporta, a suo avviso, dei rischi. Altre proposte di legge adottano un sistema proporzionale, alcune con la previsione di un premio di maggioranza. In questo caso, ritiene vada precisato che, se nessuna lista o coalizione accede all'assegnazione del premio, cadono le condizioni maggioritarie subordinate a tale assegnazione. Sulla questione delle soglie di sbarramento, osserva che ci sono molte differenze di percentuale tra le varie proposte. Pag. 32In ogni caso si ottiene un quadro politico molto variegato e potrebbe essere utile, ai fini della governabilità, l'introduzione, anche qui con una piccola modifica costituzionale, della sfiducia costruttiva Sulla scelta delle candidature, poche proposte di legge prevedono liste bloccate, altre introducono le preferenze, altre si basano su microcollegi dove scegliere il miglior quoziente elettorale. Scelta, quest'ultima, che ritiene interessante. Infine due sole proposte di legge prevedono per legge le primarie, una in modo facoltativo.
  In conclusione, condivide l'auspicio del collega Cuperlo di trovare un minimo comun denominatore tra le varie proposte, con l'obiettivo di un equilibrio tra rappresentatività e governabilità.

  Maurizio LUPI (AP-NCD-CpE), svolgendo talune considerazioni preliminari in ordine all’iter finora svolto sul provvedimento, osserva che la scelta di attendere la sentenza della Corte costituzionale prima di entrare nel merito del dibattito abbia rappresentato una sconfitta istituzionale per il Parlamento, che ha preferito delegare ad un organo terzo il compito di tracciare la linea su tale delicato tema. Ritiene che, con questo episodio, la credibilità del Parlamento abbia raggiunto il punto più basso, sottolineando come non ci si possa poi lamentare se i giudici elaborino sentenze sempre più creative. Ritiene sia necessario che il Parlamento recuperi il proprio ruolo, definendo un percorso serio che conduca con chiarezza, entro tempi certi, all'approvazione di una legge elettorale. In tale prospettiva, appare necessario, a suo avviso, iniziare a ragionare su questioni specifiche, sulle quali si possa ragionevolmente raggiungere un punto d'incontro. Ritiene quindi inutile incentrare la discussione su modelli elettorali, come quello basato sul cosiddetto Mattarellum, che appaiono slegati dall'attuale contesto politico e inadeguati a fornire una rappresentazione reale del consenso elettorale, che appare fortemente parcellizzato. Proprio a voler ragionare astrattamente su sistemi elettorali, rileva che il quadro politico fortemente frammentato di oggi richiederebbe piuttosto soluzioni di tipo proporzionale, con adeguati correttivi, prevedendo, nel caso, soglie di sbarramento che diano adeguata rappresentatività agli schieramenti. Si tratterebbe, a suo avviso, di evitare che gli schieramenti siano costretti ad aderire, per ragioni di mera convenienza elettorale, alle più svariate forme di aggregazioni politiche, che dovrebbero piuttosto costituirsi per libera scelta. In ogni caso, piuttosto che proporre soluzioni normative basate su complessi marchingegni elettorali, appare necessario, a suo avviso, investire sulla qualità della proposta politica, sulla base della quale confrontarsi per ottenere il consenso dei cittadini.

  Francesco Paolo SISTO (FI-PdL) esprime soddisfazione in quanto l'invito rivolto ai colleghi nella seduta di ieri, prima dal Presidente e poi anche da lui, ad un'assunzione di responsabilità per arrivare alla stesura e all'approvazione di una legge elettorale, è stato raccolto. Ribadisce che, in caso contrario, la classe dirigente attuale sarebbe ricordata come una delle peggiori della storia italiana.
  Sul piano metodologico osserva che è sua intenzione intervenire spesso, anche se brevemente, perché ritiene che si debba fare un lavoro progressivo dove ognuno deve trarre stimolo dagli interventi dei colleghi, anche modificando la propria posizione. Ha trovato interessante l'approccio alla sentenza della Corte costituzionale fatto dal collega Lauricella. Al proposito rileva che la sentenza ha un doppio valore, precettivo ma anche di grande utilità, se ci si pone il fine di conseguire risultati diversi da quelli prospettati dalla sentenza medesima. Inoltre, in disaccordo con il collega Lupi, ritiene che l'articolo 101 della Costituzione non possa essere applicato alla Corte costituzionale, le cui sentenze non possono essere invasive del potere legislativo, come invece lo sono molte sentenze della magistratura di merito.
  Riguardo ai lavori della Commissione, concorda con il Presidente che è necessario stabilire un metodo per trovare punti Pag. 33comuni tra le varie proposte in esame. A suo avviso è utile partire dai punti di dissenso per togliere il superfluo, compiendo un'operazione analoga a quella richiamata dall'estetica platonica a proposito delle opere d'arte e dell'intervento dell'artista. Partendo da questo presupposto, concorda con il collega Lupi sulla non proponibilità del cosiddetto Mattarellum nel quadro politico attuale, che è perlomeno tripolare. Osserva, inoltre, che un testo base va costruito trovando una convergenza e, di conseguenza, una maggioranza, sia alla Camera che in prospettiva al Senato. Anche questa valutazione politica rende quindi improponibile l'adozione come testo base del modello del Mattarellum, vista l'opposizione di due gruppi, come Alternativa popolare e Forza Italia.
  Concorda con il collega Lupi anche sul fatto che si dovrà chiedere alla Conferenza dei Presidenti di gruppo la calendarizzazione in Assemblea solo quando la Commissione sarà pronta a finire in tempi certi l'esame in sede referente.
  Entrando nel merito, riguardo all'assegnazione di un premio di maggioranza a una lista o a una coalizione, ritiene che ci sia un'ipocrisia normativa in chi propugna il premio alla lista, quando è chiaro che nessuna lista riuscirà a raggiungere il 40 per cento. Allora la richiesta nasce, a suo avviso, solo dall'obiettivo di conseguire un punto di percentuale più di altre liste per un mero tornaconto politico.

  Andrea MAZZIOTTI DI CELSO, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

  La seduta termina alle 15.45.

COMITATO PERMANENTE PER I PARERI

  Mercoledì 22 marzo 2017. — Presidenza del presidente Alessandro NACCARATO.

  La seduta comincia alle 15.45.

DL 8/2017: Nuovi interventi urgenti in favore delle popolazioni colpite dagli eventi sismici del 2016 e del 2017 (esame emendamenti C. 4286-A Governo – Rel. Lattuca).
Emendamenti C. 4268-A Governo.
(Parere all'Assemblea).
(Esame e conclusione – Parere).

  Il Comitato inizia l'esame degli emendamenti.

  Alessandro NACCARATO, presidente, in sostituzione del relatore, impossibilitato a partecipare alla seduta, comunica che l'Assemblea ha trasmesso gli emendamenti 11.700 e 15.700 della Commissione.
  Tali emendamenti non presentano profili critici per quanto attiene al rispetto del riparto di competenze legislative di cui all'articolo 117 della Costituzione e propone pertanto di esprimere il parere di nulla osta.

  Nessuno chiedendo di intervenire, il Comitato approva la proposta di parere del presidente.

Ratifica ed esecuzione della Convenzione del Consiglio d'Europa contro il traffico di organi umani, fatta a Santiago de Compostela il 25 marzo 2015, nonché norme di adeguamento dell'ordinamento interno.
Nuovo testo C. 3918 Governo.
(Parere alle Commissioni II e III).
(Esame e conclusione – Parere favorevole).

  Il Comitato inizia l'esame del provvedimento.

  Emanuele COZZOLINO (M5S), relatore, rileva che il disegno di legge esaminato dalle Commissioni autorizza la ratifica della Convenzione del Consiglio d'Europa contro il traffico di organi e detta disposizioni di adeguamento dell'ordinamento interno. In particolare, il provvedimento inserisce nel codice penale nuovi delitti. Ricorda, in via preliminare, che è nel frattempo stata approvata ed entrata in vigore la legge 11 dicembre 2016, n. 236, che – tra l'altro – introduce nel codice penale il delitto di traffico di organi prelevati Pag. 34da persona vivente e prevede una aggravante quando la commissione di tale delitto sia l'obiettivo di un'associazione a delinquere. Rispetto a tale legge, il disegno di legge all'esame delle Commissioni riunite presenta un più ampio contenuto. Le Commissioni hanno espunto dal disegno di legge le disposizioni già introdotte dalla legge n. 236 e hanno disposto il necessario coordinamento.
  La Convenzione del Consiglio d'Europa contro il traffico di organi umani del 25 marzo 2015 si propone di contribuire all'abolizione di tale traffico mediante l'introduzione di una serie di fattispecie penali nell'ordinamento giuridico delle Parti contraenti. La medesima relazione evidenzia altresì come la complessa trama pattizia internazionale richiamata nel preambolo della Convenzione in esame abbia già assicurato una efficace lotta ai traffici di organi umani nel contesto del contrasto alla tratta di persone: tuttavia, restava al di fuori l'eventualità nella quale il donatore non sia stato coercitivamente indotto a privarsi di una parte del proprio corpo o non sia considerato vittima di traffico di esseri umani, fermo restando che il consenso all'espianto di organi può essere ottenuto illegalmente anche mediante corresponsione di somme di denaro o di altri benefici. Proprio a tale fattispecie la Convenzione in esame intende applicare specifiche disposizioni.
  La Convenzione del Consiglio d'Europa contro il traffico di organi umani si compone di 33 articoli raggruppati in nove capitoli.
  Il capitolo I (articoli 1-3) è dedicato alle finalità della Convenzione, rinvenute nella prevenzione e nel contrasto al traffico di organi umani tramite la previsione dell'incriminazione di determinate condotte, proteggendo contestualmente i diritti delle vittime dei reati individuati; la Convenzione si propone altresì di facilitare la cooperazione internazionale su azioni volte al contrasto dei traffici di organi umani. L'ambito di applicazione della Convenzione è quello del traffico di organi umani a scopo di trapianto, come anche di altre forme di rimozione o di innesto illegale di organi umani. Le misure di tutela dei diritti delle vittime di traffico di organi umani ai sensi della Convenzione in esame dovranno essere assicurate senza alcun tipo di discriminazione in base al sesso, alla razza, alla lingua, alla religione, all'opinione politica, alla condizione sociale o nazionale, all'orientamento sessuale, alla disabilità.
  Il capitolo II (articoli 4-14) concerne il diritto penale sostanziale, con l'indicazione delle figure di reato che le Parti sono tenute a introdurre nei rispettivi ordinamenti in relazione all'oggetto della Convenzione in esame. È previsto anzitutto che ciascuna delle Parti introdurrà nel proprio ordinamento il reato di rimozione di organi umani da donatori in vita o deceduti, intenzionalmente commesso, se la rimozione è effettuata senza il consenso libero e informato del donatore, ovvero, se questi sia già deceduto, senza un'autorizzazione alla rimozione conforme alla legislazione nazionale. Verrà altresì considerata condotta criminale la corresponsione o anche la semplice offerta al donatore in vita o ad una parte terza di un compenso finanziario o di analogo beneficio in cambio della rimozione di organi. Infine, sarà parimenti criminalizzata la condotta consistente nell'offerta o nella corresponsione a una parte terza di un compenso finanziario o di analogo beneficio in cambio della rimozione di organi da un donatore deceduto. Le Parti sono altresì impegnate a prevedere il reato di adescamento e reclutamento di donatori o riceventi di organi, qualora effettuato per compenso finanziario o analogo beneficio, ed anche da terze parti rispetto al ricevente degli organi. Verranno altresì criminalizzate l'offerta o la richiesta di indebiti benefici nei confronti di professionisti medico-sanitari, di funzionari pubblici o di persone operanti per conto di enti del settore privato, volte a facilitare la rimozione o l'innesto illegali di un organo umano. Alla stessa stregua, verranno criminalizzate le condotte collegate alla preparazione e conservazione di organi umani illegalmente rimossi, come anche al loro trasporto, ricezione, importazione ed Pag. 35esportazione. Le Parti adotteranno inoltre misure opportune per la criminalizzazione del favoreggiamento e della complicità nel perpetrare reati connessi al traffico illegale di organi, come anche del mero tentativo della commissione di detti reati. Rilevante la previsione per cui le misure legislative di diritto penale sostanziale introdotte da ciascuna delle Parti della Convenzione in esame non dovranno essere subordinate necessariamente alla denuncia da parte della vittima o al trasferimento di informazioni da parte di uno Stato nel cui territorio sia stato commesso un reato (articolo 10). È altresì contemplata la responsabilità degli enti per i reati introdotti ai sensi della Convenzione in esame, se commessi a loro vantaggio da una persona fisica dotata di un potere di rappresentanza o di decisione per conto dell'ente stesso, come anche di un potere di controllo al suo interno. Gli enti verranno altresì ritenuti responsabili per omesso controllo da parte di una persona fisica ad essi riconducibili, dal quale sia derivato un beneficio per l'ente medesimo. La responsabilità degli enti, a seconda dei principi giuridici della Parte interessata, potrà essere penale, civile o amministrativa, senza peraltro pregiudicare la dimensione penale della responsabilità delle persone fisiche che hanno commesso il reato. Ciascuna delle Parti adotterà poi le misure legislative o di altra natura che consentano il sequestro e la confisca dei proventi dei reati definiti dalla Convenzione in esame, o di beni il cui valore corrisponda a tali proventi, nonché le misure legislative o di altra natura che rendano possibile la chiusura temporanea o permanente di qualsiasi impresa impiegata nella commissione di uno dei reati introdotti ai sensi della Convenzione in esame. È previsto che una serie di circostanze elencate all'articolo 13 costituiscano aggravanti nella definizione delle sanzioni per i reati introdotti in base alla Convenzione in esame: tra queste il contesto di una organizzazione criminale che abbia perpetrato i reati, o la recidiva nella commissione di essi – anche qualora (articolo 14) risultante da condanne pronunciate dalla giustizia di un'altra Parte contraente della Convenzione.
  Il capitolo III (articoli 15-17) riguarda il diritto penale processuale: rileva in particolare la previsione per la quale, in riferimento agli specifici reati introdotti dalla Convenzione in esame e nell'eventuale carenza di un trattato bilaterale tra due delle Parti contraenti in materia di assistenza giudiziaria penale o di estradizione, la Convenzione in esame possa costituire la base legale sostitutiva.
  Il capitolo IV (articoli 18-20) concerne le misure di protezione delle vittime di reati individuati nella Convenzione in esame, ovvero dei testimoni nell'ambito dei relativi procedimenti penali: tali misure di protezione riguardano sia la condizione di sicurezza e il benessere psico-fisico delle vittime dei reati, che la posizione di esse nell'ambito del procedimento penale, con estensione di tali misure per analogia anche ai testimoni.
  Non meno rilevante quanto stabilito, in ordine alle misure di prevenzione, dal capitolo V (articoli 21-22). In particolare, ciascuna delle Parti è impegnata ad adottare misure legislative o di altra natura volte ad assicurare l'esistenza di un sistema nazionale trasparente per il trapianto di organi umani e di un equo accesso a tale sistema per i pazienti. Ciascuna delle Parti inoltre assicurerà raccolta e scambio di informazioni sui reati contemplati dalla Convenzione in esame con tutte le autorità interessate, e anche con le altre Parti contraenti nell'ambito del Comitato delle Parti previsto dal successivo articolo 23 e tramite il punto di contatto nazionale opportunamente designato. Le Parti cureranno altresì il rafforzamento della formazione per i professionisti competenti nella prevenzione e nella lotta al traffico di organi umani, soprattutto nel settore sanitario, oltre a campagne per aumentare la consapevolezza pubblica nei confronti dei rischi collegati al traffico di organi umani. Verranno altresì scoraggiate forme di pubblicità collegate Pag. 36alla richiesta o alla disponibilità di organi umani in vista di un compenso di carattere finanziario.
  Il capitolo VI (articoli 23-25) è dedicato ai meccanismi di controllo della Convenzione: in questo ambito particolare importanza riveste la funzione del Comitato delle Parti, composto da rappresentanti dei vari Stati contraenti della Convenzione, nonché, ma senza diritto di voto, da altri rappresentanti dell'Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa, del Comitato europeo sui problemi penali e di altri comitati intergovernativi e scientifici del Consiglio d'Europa competenti per materia. Sarà anche facoltà ammettere al Comitato delle Parti, senza diritto di voto, rappresentanti di altri organi del Consiglio d'Europa, come – in qualità di osservatori – di organi internazionali competenti, di organi nazionali delle Parti ugualmente interessati, di rappresentanti della società civile. Il Comitato delle Parti è competente a monitorare l'attuazione della Convenzione in esame utilizzando un approccio multisettoriale e multidisciplinare, facilitando tra l'altro la raccolta e lo scambio di informazioni, di esperienze e di buone prassi tra gli Stati partecipanti. Laddove opportuno il Comitato esprime opinioni e formula specifiche raccomandazioni, identifica eventuali problemi che possano insorgere dall'applicazione della Convenzione o dagli effetti di dichiarazioni o riserve ad essa.
  Il capitolo VII, costituito dal solo articolo 26, disciplina le relazioni della Convenzione in esame con altri strumenti internazionali, salvaguardando i diritti e doveri derivanti per le Parti della Convenzione in esame nei confronti di altri strumenti internazionali di cui sono o diverranno parti, e che contengano disposizioni su materie oggetto anche della Convenzione in esame. Le Parti della Convenzione potranno inoltre concludere tra loro ulteriori accordi bilaterali o multilaterali nelle materie di essa, per arricchire le sue disposizioni o facilitare l'applicazione dei principi in essa contenuti.
  Infine, i capitoli VIII (articolo 27) e IX (articoli 28-33) disciplinano gli emendamenti alla Convenzione e le clausole finali di essa: in particolare, la Convenzione è aperta alla firma degli Stati membri del Consiglio d'Europa, degli Stati non membri con status di osservatore presso il Consiglio d'Europa e dell'Unione europea. Su invito del Comitato dei ministri anche un altro Stato non membro del Consiglio d'Europa potrà firmare la Convenzione. Una qualsiasi delle Parti o l'Unione europea potranno, al momento della firma o al deposito dello strumento di ratifica, accettazione o approvazione della Convenzione, dichiarare di avvalersi di una o più delle riserve la cui possibilità è stata esplicitata ai precedenti articoli 4, 5, 7, 9, 10. Nessun'altra riserva può essere espressa. La risoluzione di eventuali controversie nell'applicazione o interpretazione della Convenzione è demandata al Comitato delle Parti, che ne facilita eventualmente la risoluzione amichevole. È prevista la possibilità di denuncia della Convenzione, che ciascuna delle Parti può effettuare tramite notifica indirizzata al Segretario generale del Consiglio d'Europa, che ne è il depositario: la denuncia diviene efficace il primo giorno del mese successivo alla conclusione un periodo di tre mesi dalla ricezione di tale notifica.
  Quanto al contenuto del nuovo testo del disegno di legge, gli articoli 1 e 2 contengono, rispettivamente, l'autorizzazione alla ratifica e l'ordine di esecuzione della Convenzione in oggetto. L'articolo 3 del disegno di legge modifica il codice penale. In primo luogo, alla lettera a), viene modificata la fattispecie di associazione a delinquere di cui all'articolo 416 del codice penale: il delitto è aggravato quando l'associazione è finalizzata – oltre che a commettere il reato di traffico di organi prelevati da persona vivente (articolo 601-bis del codice penale, introdotto dalla legge n. 236) – a commettere il reato di prelievo di organi da persona vivente (articolo 601-ter), uso di organi prelevati illecitamente da persona vivente (articolo 601-quater). Il reato aggravato comporta l'applicazione della pena della reclusione da 5 a 15 anni o da 4 a 9 anni, a seconda che si tratti dell'attività di promozione, Pag. 37costituzione od organizzazione dell'associazione criminosa, oppure che vi si prenda semplicemente parte. Alla lettera b) dell'articolo 3 è poi introdotto l'articolo 601-ter del codice penale, sul prelievo di organi da persona vivente (articolo 601-bis del codice penale). La disposizione punisce con la reclusione da 6 a 12 anni chiunque illecitamente preleva un organo, parte di un organo o un tessuto da persona vivente. La fattispecie è costruita come reato comune (chiunque) e la pena individuata è analoga a quella prevista per le lesioni personali gravissime. Il presupposto per l'applicazione della fattispecie penale è che gli organi siano prelevati illecitamente; la disposizione è dunque destinata a trovare applicazione in caso di violazione della disciplina sul trapianto di organi e tessuti prelevati da vivente. Le Commissioni hanno soppresso dal testo del disegno di legge l'introduzione nel codice penale della fattispecie relativa al traffico di organi prelevati da persona vivente, in quanto già introdotta dalla legge n. 236 del 2016. Hanno peraltro previsto (lettera b-bis) una modifica dell'articolo 601-bis, primo comma, estendendo così al tessuto prelevato da persona vivente la disciplina sanzionatoria relativa al traffico di organi prelevati da persona vivente. Analoga, espressa modifica non riguarda il secondo comma dell'articolo 601-bis del codice penale, relativo ai viaggi e alla diffusione di annunci finalizzati al traffico di organi o loro parti da persona vivente. Sono poi introdotti dal disegno di legge i seguenti ulteriori articoli nel codice penale. L'articolo 601-quater del codice penale (Uso di organi prelevati illecitamente da persona vivente) prevede l'applicazione della pena prevista dall'articolo 601-bis (reclusione da 6 a 12 anni), ridotta di un terzo (e dunque l'applicazione della pena della reclusione da 4 a 8 anni) a carico di chiunque, non concorrendo nel reato di prelievo illecito di organi da persona vivente, faccia uso dell'organo o del tessuto. La disposizione, che si applica quando la condotta non integra un più grave reato, pare destinata a punire tanto colui che «beneficia» del trapianto dell'organo o del tessuto quanto il medico che realizza l'intervento di trapianto, utilizzando l'organo o il tessuto illecitamente prelevati. L'articolo 601-quinquies del codice penale (Violazione degli obblighi dell'esercente la professione sanitaria) punisce con la reclusione da 4 a 10 anni l'esercente una professione sanitaria che si presta al traffico illecito di organi, rendendosi disponibile ad effettuare un prelievo o ad utilizzare un organo prelevato illecitamente, dietro promessa o corresponsione di un'utilità per se stesso o per altri. Alla condanna consegue, in base all'articolo 601-septies, l'interdizione perpetua dall'esercizio della professione. La stessa pena si applica a chi dà, offre o promette il denaro o altra utilità. L'articolo 601-sexies del codice penale prevede che i quattro nuovi delitti sono aggravati, e si applica la pena della reclusione da 7 a 15 anni, quando i fatti sono commessi in danno di un minorenne o di una persona in stato di inferiorità psichica o fisica; se la persona sottoposta a prelievo o a trapianto muore, si applica la pena della reclusione da 12 a 24 anni. L'articolo 601-septies del codice penale introduce la pena accessoria dell'interdizione perpetua dall'esercizio della professione sanitaria a carico del medico che sia condannato per uno dei nuovi delitti previsti dagli articoli 601-ter, 601-quarter e 601-quinquies. Le Commissioni hanno soppresso l'articolo 4 del disegno di legge che, modificando la legge n. 91 del 1999: abrogava per coordinamento il comma 6 dell'articolo 4, sul delitto di illecito prelievo di organi e tessuti; inseriva all'articolo 22 un comma 2-bis, relativo alla riduzione della metà delle pene previste per I nuovi delitti, qualora riferiti a organo o tessuto prelevato da soggetti di cui sia stata accertata la morte; abrogava i commi 3 e 4 dell'articolo 22 (procacciamento con o senza scopo di lucro di un organo o di un tessuto prelevato da soggetto di cui sia stata accertata la morte); abrogava i commi 1 e 2 dell'articolo 22-bis (il comma 1 è stato modificato dalla legge n. 236; il comma 2 è stato già abrogato dalla medesima legge). Pag. 38
  Con l'articolo 5 vengono aggiunti i delitti in materia di traffico di organi da persona vivente introdotti nel codice penale (articoli da 601-bis a 601-quinquies del codice penale) tra quelli per i quali è prevista la responsabilità amministrativa degli enti, di cui al decreto legislativo n. 231 del 2001. Come è noto, la disciplina di cui al decreto legislativo n.  231 concerne gli enti, società ed associazioni (anche prive di personalità giuridica) privati, nonché gli enti pubblici economici, i quali sono responsabili (sulla base della specifica normativa) sotto il profilo amministrativo, per i reati commessi da determinati soggetti nell'interesse o a vantaggio dell'ente (o società o associazione) stesso. La sanzione pecuniaria a carico dell'ente «responsabile» di uno dei delitti è stabilita tra 400 quote e 1.000 quote (articolo 25-quinquies.1); si ricorda che l'importo di una quota va da un minimo di 258 a un massimo di 1.549 euro. Se i reati sono relativi a organi e tessuti prelevati da cadavere, anche la sanzione pecuniaria per l'ente – al pari della pena per l'autore del reato – è dimezzata (da 200 a 500 quote).
  Ai sensi dell'articolo 6 il Governo italiano, al momento del deposito dello strumento di ratifica, si riserverà il diritto di non applicare le disposizioni dell'articolo 10, par. 1, lettera e), che impongono a ciascuna Parte di adottare le misure necessarie per definire la giurisdizione su qualsiasi reato che sia commesso «da una persona che ha la sua residenza abituale sul proprio territorio». La riserva si fonda sulla circostanza che, nell'ordinamento penale italiano, non ha rilevanza il criterio della residenza abituale.
  L'articolo 7 individua nel Ministero della Giustizia-Dipartimento per gli affari di giustizia, il punto di contatto responsabile per lo scambio di informazioni relative al traffico di organi umani (comma 1). Il punto di contatto di cui al comma 1 è l'autorità nazionale competente a ricevere le denunce presentate da chi sia vittima di un reato introdotto ai sensi della Convenzione commesso nel territorio di una Parte diversa da quella di residenza (ipotesi prevista dall'articolo 19, par. 4 della Convenzione) (comma 2).
  L'articolo 8 del disegno di legge prevede la consueta clausola di invarianza finanziaria, demandando alle pubbliche amministrazioni l'attuazione della riforma con le risorse disponibili a legislazione vigente. L'articolo 9 prevede l'entrata in vigore del provvedimento senza vacatio legis, ovvero il giorno successivo a quello della pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.
  Quanto al rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite, il contenuto del provvedimento è riconducibile alle materie politica estera e rapporti internazionali dello Stato e ordinamento penale, attribuite alla competenza esclusiva dello Stato, ai sensi dell'articolo 117, secondo comma, lettere a) e l), della Costituzione. Formula, quindi, una proposta di parere favorevole (vedi allegato 4).

  Nessuno chiedendo di intervenire, il Comitato approva la proposta di parere del relatore.

Agevolazioni in favore delle start-up culturali nonché modifiche al testo unico di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, in materia di raccolta di capitali tra il pubblico per la valorizzazione e la tutela dei beni culturali.
Nuovo testo C. 2950 Ascani.
(Parere alla VII Commissione).
(Esame e rinvio).

  Il Comitato inizia l'esame del provvedimento.

  Marilena FABBRI (PD), relatrice, rileva che il nuovo testo della proposta di legge C. 2950 – modificato in sede referente rispetto al testo iniziale, anche nel titolo – è finalizzato a rafforzare e qualificare l'offerta culturale nazionale e a promuovere e sostenere l'imprenditorialità e l'occupazione, in particolare giovanile, mediante il sostegno delle imprese culturali e creative.
  Il testo si compone di sei articoli.
  L'articolo 1 stabilisce innanzitutto i requisiti che devono essere posseduti da Pag. 39un'impresa, pubblica o privata, per essere qualificata culturale e creativa. Si tratta dei seguenti requisiti: avere per oggetto sociale esclusivo o prevalente l'ideazione, la creazione, la produzione, lo sviluppo, la diffusione, la conservazione, la ricerca e la valorizzazione o la gestione di prodotti culturali, intesi quali beni, servizi e opere dell'ingegno inerenti alla letteratura, alla musica, alle arti figurative, allo spettacolo dal vivo, alla cinematografia e all'audiovisivo, agli archivi, alle biblioteche e ai musei, nonché al patrimonio culturale e ai processi di innovazione ad esso collegati; avere sede in Italia, ovvero in uno degli Stati membri dell'Unione europea o in Stati aderenti all'Accordo sullo spazio economico europeo, purché si abbia una sede produttiva, una unità locale o una filiale in Italia; svolgere un'attività stabile e continuativa. La definizione della procedura per l'acquisizione della qualifica di impresa culturale e creativa, della disciplina per la verifica della sussistenza dei requisiti richiesti, nonché per la costituzione di uno specifico elenco, tenuto dal Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, finalizzato a garantire adeguata pubblicità, è demandata ad un decreto interministeriale, emanato dal Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore della legge. Il medesimo decreto può disciplinare il riconoscimento della qualifica di impresa culturale e creativa, purché in possesso dei requisiti richiesti, anche a persone giuridiche pubbliche e private.
  L'articolo 2 prevede alcuni benefici e agevolazioni di cui possono beneficiare le imprese culturali e creative che risultano in possesso di requisiti ulteriori rispetto a quelli recati dall'articolo 1. Si tratta di benefici in parte simili a quelli previsti per le start-up innovative. Nello specifico, si tratta dei benefici di cui: all'articolo 26, commi 1-3 e 5-7, del decreto-legge n. 179 del 2012, che estendono di dodici mesi il periodo di cosiddetto «rinvio a nuovo» delle perdite, per consentire all'impresa start-up innovativa di completare l'avvio e di rientrare dalle perdite, estendono anche alle imprese start-up innovative costituite in forma di S.r.l. la libera determinazione dei diritti attribuiti ai soci, derogano al regime ordinario che vieta l'offerta al pubblico, operano una deroga al divieto assoluto di operazioni sulle proprie partecipazioni, estendono all'impresa start-up innovativa e agli incubatori certificati anche l'istituto dell'emissione di strumenti finanziari forniti di diritti patrimoniali o anche di diritti amministrativi; all'articolo 27 del medesimo decreto-legge n. 179 del 2012 che introduce agevolazioni fiscali in favore di alcuni soggetti che intrattengono rapporti, a diverso titolo, con start-up innovative e incubatori certificati; all'articolo 28, commi 1 e da 7 a 9, sempre del decreto-legge n. 179 del 2012 che reca disposizioni in materia di rapporto di lavoro subordinato per le società start-up innovative; all'articolo 29 del decreto-legge n. 179 del 2012, che disciplina gli incentivi all'investimento in start-up innovative e introduce incentivi fiscali in favore di persone fisiche e persone giuridiche che intendono investire nel capitale sociale di imprese «start-up innovative; all'articolo 30 del decreto-legge n.179 del 2012, che detta norme in materia di raccolta di capitali di rischio tramite portali on line e altri interventi di sostegno per le start-up innovative; all'articolo 31, commi 1-3, del decreto-legge n.179 del 2012; agli articoli 7-bis e 8-bis del decreto-legge n. 3 del 2015, relativi alla garanzia dello Stato per le imprese in amministrazione straordinaria, e alla disciplina del Fondo centrale di garanzia per le piccole e medie imprese. Inoltre, le stesse imprese possono essere destinatarie degli interventi di cui all'articolo 30, comma 2, lettera i), del decreto-legge n. 133 del 2014. Possono beneficiare delle agevolazioni prima di tutto le imprese culturali e creative: che sono considerate micro, piccole o medie imprese in base all'articolo 2 della raccomandazione 2003/361/UE della Commissione europea; le cui azioni o quote rappresentative del capitale sociale non sono quotate su un mercato regolamentato; il cui valore annuo della produzione – come risultante Pag. 40dall'ultimo bilancio approvato entro sei mesi dalla chiusura dell'esercizio –, a partire dal secondo anno di attività, non è superiore a 5 milioni di euro; che abbiano almeno un quarto degli impiegati, inclusi i soci impiegati in azienda, costituita da persone in possesso di titolo di laurea magistrale o equiparata; che non risultano costituite a seguito di scissione societaria o a seguito di cessione di azienda o di ramo di azienda nei 3 anni precedenti la data di iscrizione alla sezione speciale del Registro delle imprese.
  L'ultimo requisito è ripreso nell'articolo 3, comma 2, primo periodo e prevede quindi l'iscrizione nella sezione speciale per le imprese culturali e creative del Registro delle imprese, di cui l'articolo 3, comma 1, prevede l'istituzione da parte delle Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura. Il medesimo articolo 3 stabilisce, altresì, che l'iscrizione nella sezione speciale – che consente, nel rispetto della normativa sui dati personali, la condivisione, attraverso una piattaforma Internet dedicata e accessibile pubblicamente in formato aperto, delle informazioni relative, tra l'altro, a forma giuridica, attività svolta, soci fondatori e altri collaboratori, bilancio – avviene sulla base di un'autocertificazione attestante il possesso dei requisiti richiesti, prodotta dal legale rappresentante dell'impresa e depositata presso l'ufficio del Registro delle imprese. Entro trenta giorni dall'approvazione del bilancio e comunque entro sei mesi dalla chiusura di ciascun esercizio, il rappresentante legale attesta il mantenimento dei requisiti previsti dagli articoli 1 e 2, e aggiorna, in caso di variazioni, le informazioni di cui al comma 2. L'attestazione del mantenimento dei requisiti e l'aggiornamento delle informazioni sono trasmessi all'ufficio del Registro delle imprese mediante la citata piattaforma Internet dedicata. Le modalità e i criteri di attuazione di tali previsioni devono essere fissati con un decreto interministeriale, emanato dal Ministro per lo sviluppo economico, d'intesa con il Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge.
  L'articolo 4 concerne buoni per l'acquisto di servizi culturali e creativi offerti dalle imprese culturali e creative in possesso dei requisiti di cui agli articoli 1 e 2, di cui possono avvalersi le imprese, i professionisti iscritti nei relativi albi, o le pubbliche amministrazioni. Si stabilisce, innanzitutto, che i buoni non possono equivalere al costo complessivo della prestazione acquistata, ma si demanda a un decreto interministeriale, emanato dal Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, d'intesa con il Ministro dell'economia e delle finanze, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge, la definizione del valore nominale dei buoni, dei relativi criteri e modalità di emissione, nonché dei criteri di utilizzo. I buoni sono emessi ogni anno per un importo massimo di 50 milioni di euro. Alla copertura dei relativi oneri si provvede mediante corrispondente riduzione del Fondo per interventi strutturali di politica economica.
  L'articolo 5 dispone che, per l'acquisizione della sede e per lo svolgimento delle attività di perseguimento dell'oggetto sociale, le imprese culturali e creative possono chiedere la concessione di beni demaniali dismessi, con particolare riferimento a caserme e scuole militari inutilizzate, non utilizzabili per altre finalità istituzionali e non trasferibili agli enti territoriali ai sensi del decreto legislativo n. 85 del 2010 (il cosiddetto federalismo demaniale). I beni sono concessi per un periodo non inferiore a dieci anni, a un canone mensile non superiore a 150 euro, con oneri di manutenzione ordinaria a carico del concessionario. A tali fini, l'ente gestore predispone un bando pubblico per la concessione dei beni alle imprese maggiormente meritevoli per adeguatezza del progetto artistico-culturale. L'eventuale sub-concessione deve essere preventivamente autorizzata dall'ente gestore. Si segnala al proposito che, in analogia a quanto previsto dal decreto-legge n. 91 del Pag. 412013, occorrerebbe valutare l'opportunità di prevedere uno strumento ricognitivo dei beni immobili da concedere alle imprese culturali e creative, nonché di stabilire la destinazione delle somme derivanti dai proventi dei canoni mensili di locazione. Per le medesime finalità, l'articolo 5 dispone, inoltre, che il documento di strategia nazionale per la valorizzazione dei beni e delle aziende confiscate alla criminalità organizzata, contenga specifiche indicazioni per la destinazione alle imprese culturali e creative iscritte nell'elenco, tenuto dal Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, dei beni confiscati definitivamente. A tal fine, è novellato l'articolo 1, comma 611, della legge n. 232 del 2016, la legge di bilancio 2017.
  In base all'articolo 6, in caso di perdita di uno dei requisiti previsti dall'articolo 2, cessa – con effetto dalla fine del semestre in cui le relative cause si sono verificate – l'applicazione dei benefici e delle agevolazioni di cui all'articolo 2. Per le imprese culturali e creative costituite in forma di società a responsabilità limitata, le clausole eventualmente inserite nell'atto costitutivo mantengono efficacia limitatamente alle quote di partecipazione già sottoscritte e agli strumenti finanziari partecipativi già emessi. Si stabilisce, infine, che il Ministero dello sviluppo economico vigila sul corretto utilizzo delle agevolazioni, secondo le modalità previste dall'articolo 25 del decreto-legge n. 83 del 2012.
  Con riguardo al rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite, rilevano, anzitutto, le materie della tutela e della valorizzazione dei beni culturali. La tutela rientra tra le materie di competenza esclusiva dello Stato ai sensi dell'articolo 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione, mentre la valorizzazione rientra tra le materie di legislazione concorrente di cui all'articolo 117, terzo comma, della Costituzione. Inoltre, l'articolo 118, terzo comma, della Costituzione ha devoluto alla legge statale il compito di disciplinare «forme di intesa e coordinamento nella materia della tutela dei beni culturali» tra Stato e regioni.
  Con riferimento al riparto di competenze sopra delineato, si osserva che con sentenza n. 9 del 2004 la Corte Costituzionale ha individuato una definizione delle funzioni di tutela e di valorizzazione: la tutela «è diretta principalmente ad impedire che il bene possa degradarsi nella sua struttura fisica e quindi nel suo contenuto culturale»; la valorizzazione «è diretta, soprattutto, alla fruizione del bene culturale, sicché anche il miglioramento dello stato di conservazione attiene a quest'ultima nei luoghi in cui avviene la fruizione ed ai modi di questa». Successivamente all'adozione del Codice dei beni culturali e del paesaggio, la Corte, nella sentenza n. 232 del 2005, ha richiamato, ai fini del riparto di competenze, le disposizioni in esso contenute: tale testo legislativo, secondo la Corte, ribadisce l'esigenza dell'esercizio unitario delle funzioni di tutela dei beni culturali e, nel contempo, stabilisce, però, che siano non soltanto lo Stato, ma anche le regioni, le città metropolitane, le province e i comuni ad assicurare e sostenere la conservazione del patrimonio culturale e a favorirne la pubblica fruizione e la valorizzazione. Nelle materie in questione, quindi, la Corte ribadisce la coesistenza di competenze normative, confermata, peraltro, dall'articolo 118, terzo comma, della Costituzione.
  In relazione all'estensione dei benefici previsti per la costituzione di start-up, rileva, altresì, la materia ordinamento civile, di competenza esclusiva dello Stato ai sensi dell'articolo 117, secondo comma, lettera l), della Costituzione. Inoltre, con riferimento alle agevolazioni fiscali, rileva la materia sistema tributario e contabile dello Stato, anch'essa rimessa alla competenza esclusiva dello Stato ai sensi dell'articolo 117, secondo comma, lettera e), della Costituzione.

  Alessandro NACCARATO, presidente, nessuno chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

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Modifiche alla legge 6 dicembre 1991, n. 394 e ulteriori disposizioni in materia di aree protette.
Testo unificato C. 4144, approvata in testo unificato dal Senato, e abb.
(Parere alla VIII Commissione).
(Esame e rinvio).

  Il Comitato inizia l'esame del provvedimento.

  Alessandro NACCARATO, presidente, in sostituzione del relatore impossibilitato a partecipare alla seduta, ricorda che la Commissione è chiamata a esprimere il parere, per gli aspetti di competenza, alla VIII Commissione Ambiente della Camera, sul nuovo testo della proposta di legge C. 4144 recante «Modifiche alla legge 6 dicembre 1991, n. 394 e ulteriori disposizioni in materia di aree protette», approvata, in un testo unificato, dal Senato. Ricorda che la Commissione ha già espresso il proprio parere in data 26 marzo 2014, nel corso dell'esame del provvedimento al Senato.
  La proposta di legge, già approvata dal Senato, interviene sulla disciplina vigente in materia di aree protette, per lo più modificando la legge quadro n. 394 del 1991 (d'ora in avanti «legge quadro»). Il testo approvato dal Senato è stato modificato nel corso dell'esame in sede referente.
  L'articolo 1, modificando in più punti l'articolo 2 della legge quadro, interviene sulla classificazione delle aree naturali protette, inserendo la classificazione delle aree protette marine. L'articolo disciplina, inoltre, l'istituzione di aree protette transfrontaliere e la definizione di parchi nazionali con estensione a mare e reca misure per le aree protette inserite nella rete «Natura 2000» e per l'attribuzione di funzioni all'ISPRA. Nel corso dell'esame in sede referente, è stato previsto che, nel caso in cui l'area interessata sia un parco naturale o una riserva naturale regionale, l'accordo che disciplina il regime di area protetta transfrontaliera sia stipulato d'intesa con la regione interessata, anziché sentita la regione come prevedeva il testo approvato dal Senato.
  L'articolo 1-bis, inserito nel corso dell'esame in Commissione, oltre a sopprimere l'articolo 3 della legge quadro che disciplina la costituzione del Comitato per le aree naturali protette e della Consulta tecnica per le aree naturali protette, sostituisce l'articolo 4 della legge quadro, al fine di inserire la disciplina del Piano nazionale triennale per le aree naturali protette, nell'ambito del quale si prevede il cofinanziamento regionale attraverso accordi ed intese con il Ministero dell'ambiente.
  L'articolo 2 consente ai comuni ubicati nelle isole minori (ovvero quelli nel cui territorio insistono isole minori), in cui sono presenti aree protette di destinare il gettito del contributo di sbarco per finanziare interventi complessivamente finalizzati alla tutela ed alla valorizzazione dell'ambiente e del patrimonio archeologico e culturale (comma 1). Il contributo di sbarco può essere maggiorato di due euro esclusivamente per le predette finalità (comma 2). Si estende la possibilità di istituire il contributo di sbarco anche ai comuni che fanno parte di un'area protetta marina, ancorché non ubicati in isole minori.
  L'articolo 2-bis consente di definire, nell'ambito delle aree protette, misure di incentivazione fiscale per sostenere iniziative compatibili con le finalità del parco e dirette a favorire lo sviluppo economico e sociale demandando tale disciplina a un decreto del Ministro dello sviluppo economico, d'intesa con il Ministro dell'economia e delle finanze e con il Ministro dell'ambente e della tutela del territorio e del mare.
  L'articolo 3 prevede il coinvolgimento del Ministero della difesa nella procedura per l'istituzione del parco nazionale o della riserva naturale statale in cui siano ricompresi siti militari.
  L'articolo 4 interviene sulla disciplina dell'Ente Parco, di cui all'articolo 9 della legge quadro, apportando una serie di modificazioni riguardanti la procedura di nomina del Presidente e del Consiglio direttivo, la composizione e le funzioni del Consiglio direttivo, lo statuto, le funzioni Pag. 43del Direttore del Parco e del Collegio dei revisori dei conti e la pianta organica. La nuova procedura per la nomina del Presidente prevede che il Presidente è nominato con decreto del Ministro dell'ambiente, d'intesa con i presidenti delle Regioni nel cui territorio ricade in tutto o in parte il parco. Nell'ambito di una terna proposta dal Ministro e composta da soggetti in possesso di comprovata esperienza nelle istituzioni, nelle professioni, ovvero di indirizzo o di gestione in strutture pubbliche o private. Entro quindici giorni dalla ricezione della suddetta proposta del Ministro, i presidenti delle Regioni interessate esprimono l'intesa su uno dei candidati proposti ovvero il proprio dissenso, con esplicito e motivato riferimento a ciascuno dei nomi indicati nella terna proposta. Decorso il suddetto termine senza il raggiungimento dell'intesa, il Ministro dell'ambiente è autorizzato a procedere alla nomina motivata del Presidente, scegliendo, prioritariamente, tra i nomi compresi nella suddetta terna, sentite le Commissioni parlamentari competenti in materia, che si pronunciano entro trenta giorni dalla richiesta di parere.
  L'articolo 5, modificando diversi articoli della legge-quadro, interviene sulla disciplina riguardante il regolamento del parco, anche allo scopo di integrarne i contenuti, esplicitando in particolare l'estensione della sua competenza alle aree contigue al parco. Sulla base del nuovo comma 6, il regolamento del parco è approvato dal Ministro dell'ambiente, d'intesa con le regioni interessate; rispetto alla norma vigente, non si prevede più il parere degli enti locali interessati e l'intesa con le province autonome. La nuova procedura si articola nelle seguenti fasi: 1) l'Ente parco, previo parere della Comunità del parco e – sulla base di una modifica approvata in Commissione – e dei comuni territorialmente interessati alle aree contigue non facenti parte della Comunità del parco, adotta il regolamento e lo trasmette alle Regioni interessate e al Ministero; 2) il Ministero dell'ambiente può apportare integrazioni e modifiche, che devono essere trasmesse all'ente parco, il quale, entro due mesi dalla trasmissione, adotta il nuovo testo; 3) ove il Ministero non ritenga di apportare ulteriori integrazioni e modifiche allo scadere del suddetto termine, entro i successivi trenta giorni, la proposta definitiva di regolamento è sottoposta all'intesa della regione interessata che si esprime entro tre mesi, trascorsi i quali l'intesa si intende acquisita; in ogni caso, decorsi dodici mesi dall'invio, da parte dell'ente parco, del regolamento adottato senza che né il Ministero abbia recato modifiche o integrazioni né la Regione abbia manifestato dissenso, il regolamento è approvato nel testo adottato dall'ente parco. I comuni adeguano non solo i propri regolamenti, come già prevede la norma vigente, ma anche gli strumenti urbanistici al regolamento del parco. Come già prevede la norma vigente, il regolamento diventa efficace entro novanta giorni dalla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale e, decorso inutilmente termine, in assenza dei predetti adeguamenti, le disposizioni del regolamento del parco entrano in vigore e prevalgono su quelle del comune, che è tenuto ad applicarle.
  L'articolo 5 interviene inoltre sulla disciplina del piano per il parco, che deve indicare anche le aree contigue ed esterne rispetto al territorio del parco. In tali aree, in ragione della peculiare valenza e destinazione funzionale, l'attività venatoria, regolamentata dall'Ente parco, sentiti la regione e l'ambito territoriale di caccia competenti, acquisito il parere dell'ISPRA, può essere esercitata solo, sulla base di una modifica approvata dalla Commissione, dai soggetti residenti nel parco o nelle aree contigue. Nella procedura di approvazione del Piano per il parco, che coinvolge in primis Ente parco e Regione, vengono altresì coinvolti i Comuni delle aree contigue al parco e, nel caso in cui il piano non sia definitivamente approvato dalla Regione, entro dodici mesi dall'adozione da parte dell'Ente parco, in via sostitutiva e previa diffida ad adempiere, viene approvato entro centoventi giorni con decreto del Ministro dell'ambiente.
  L'articolo 6, che modifica l'articolo 13 della legge quadro recante la disciplina Pag. 44sulla procedura di rilascio del nulla osta dell'Ente parco necessario per le concessioni o le autorizzazioni relative alla realizzazione di interventi, impianti ed opere all'interno del parco, prevede che il rilascio di concessioni o autorizzazioni relative ad interventi, impianti ed opere all'interno del parco è sottoposto al preventivo nulla osta dell'Ente parco, che è rilasciato previa verifica della conformità tra le disposizioni del piano e del regolamento e l'intervento ed è reso entro sessanta giorni dalla richiesta (comma 1). Il direttore del parco, entro sessanta giorni dalla richiesta, con comunicazione scritta al richiedente, può prorogare, per una sola volta, di ulteriori trenta giorni il termine di sessanta giorni dalla richiesta (comma 3). Durante l'esame in sede referente è stato introdotto il nuovo comma 3-bis) che introduce una disciplina speciale per gli interventi di natura edilizia da realizzare nelle zone D.
  In particolare, il nuovo comma 3-bis) prevede – ove le previsioni del piano del parco e del regolamento siano state recepite dai comuni nei rispettivi strumenti urbanistici – che gli enti locali competenti provvedano ad autorizzare i predetti interventi e che, in caso di non conformità, la direzione del parco esprime motivato diniego entro trenta giorni dal ricevimento.
  L'articolo 7 modifica l'articolo 15 della legge n. 394 del 1991, in materia di indennizzi, delimitandone l'ambito ai danni provocati dalla fauna selvatica «nel parco», quindi soltanto nei confini del parco stesso; inoltre, istituisce nel bilancio dell'Ente parco un apposito capitolo per il pagamento di indennizzi ed espungendo la previsione di risarcimenti.
  L'articolo 8 apporta numerose modificazioni all'articolo 16 della legge quadro sulle aree protette, relativo alle entrate dell'Ente parco e vi inserisce i commi da 1-bis a 1-septiesdecies. In particolare, i commi da 1-bis a 1-septies individuano in capo ai titolari di determinate concessioni, autorizzazioni e attività specifici obblighi di versamento di somme in favore dell'Ente gestore dell'area protetta. Rispetto al testo approvato dal Senato, è stato previsto che il versamento di tali canoni opera una tantum e sono state soppresse le disposizioni che demandavano a decreti ministeriali la determinazione dell'ammontare definitivo dei contributi. Il nuovo comma 1-octies.1, inserito dalla Commissione, prevede infatti che, nelle annualità successive alla prima applicazione, per i soggetti titolari di cui ai commi 1-bis, 1-ter, 1-quater, 1-quinquies, 1-sexies, 1-septies e 1-octies è attivato il sistema di pagamento dei servizi ecosistemici previsto all'articolo 28. Si segnala, al riguardo, che l'articolo 28, che disciplina la delega al Governo per l'introduzione di un sistema di remunerazione di tali servizi, è stato integrato nel corso dell'esame in sede referente, allo scopo di prevedere che il sistema di PSE sia attivato anche per le fattispecie di cui all'articolo 16, commi 1-bis, 1-ter, 1-quater, 1-quinquies, 1-sexies, 1-septies e 1-octies della legge quadro. Ulteriori disposizioni riguardano: l'affidamento in concessione dei beni demaniali presenti nel territorio dell'area protetta all'ente gestore dell'area protetta medesima; la concessione dell'uso del marchio del parco; la stipula di contratti di sponsorizzazione e accordi di collaborazione, nonché l'inclusione degli enti gestori delle aree protette nell'elenco dei soggetti beneficiari designabili dai contribuenti per l'accesso al riparto della quota del 5 per mille dell'imposta sul reddito delle persone fisiche, a decorrere dall'anno 2017. Il comma 2 dell'articolo 8 modifica il Codice antimafia inserendo l'ente parco tra i soggetti cui possono essere dati in uso pubblico i beni immobili confiscati alla criminalità organizzata.
  L'articolo 9, comma 1, introduce nel testo della legge quadro sulle aree protette (legge n. 394 del 1991) un nuovo articolo 11.1, contenente disposizioni finalizzate alla redazione, da parte dell'ente gestore dell'area protetta, di appositi piani di gestione della fauna selvatica finalizzati al contenimento della fauna selvatica che può determinare un impatto negativo sulle specie e sugli habitat protetti della rete «Natura 2000» o ritenuti vulnerabili. Ulteriori Pag. 45norme disciplinano le sanzioni nei confronti dei soggetti responsabili di interventi di gestione della fauna selvatica non conformi alle modalità previste dai piani. Viene altresì previsto che una quota pari al 30 per cento di ogni introito ricavato dalla vendita degli animali abbattuti o catturati in operazioni di gestione deve essere versata dall'ente gestore ad apposito capitolo di entrata del bilancio dell'ISPRA per essere destinata al finanziamento di ricerche su metodi di gestione non cruenti della fauna selvatica e, in base ad un'integrazione approvata in sede referente, anche a consentire l'esercizio delle attività previste dalla legge.
  Il comma 2 aggiunge alla legge n. 394/91 un nuovo allegato I in cui sono contenute le specie alloctone per le quali non sono previsti, nei citati piani, l'eradicazione o il contenimento delle stesse.
  L'articolo 9-bis, introdotto durante l'esame in sede referente, integra la normativa sugli Enti parco e delle aree marine protette prevista dalla legge n. 394/1991, alla quale viene aggiunto l'articolo 16-bis. Vengono innanzitutto disapplicati, al comma 1, alcuni limiti di spesa previsti per le amministrazioni inserite nel conto economico consolidato della PA (tra le quali cui anche i parchi nazionali, consorzi ed enti gestori di parchi e aree naturali protette, come da elenco Istat) per gli enti di gestione dei parchi nazionali e le aree marine protette, a partire dalla gestione del bilancio dell'anno successivo a quello di entrata in vigore della norma in esame. Ai sensi del comma 2 – che si applica in deroga ad ogni altra disposizione – le risorse utilizzabili per le finalità citate dal comma 1 sono allocate in specifici capitoli del bilancio degli enti parco e delle aree marine protette. Il comma 3 disciplina la procedura di presentazione del bilancio di previsione dell'Ente parco.
  L'articolo 9-ter, introdotto nel corso dell'esame presso la Commissione di merito, prevede un rinvio ad un regolamento del Ministero delle politiche agricole e forestali per l'applicazione del divieto di immissione di cinghiali su tutto il territorio nazionale previsto dal collegato ambientale (articolo 7, co.1, della legge n. 221/2015). Il provvedimento è chiamato a definire i criteri e le modalità con le quali vengono allevati i cinghiali, in modo da evitare fuoriuscite accidentali e garantire una tracciabilità dei capi nel processo di trasformazione alimentare. Il regolamento è emanato entro 12 mesi dalla data di entrata in vigore della legge.
  L'articolo 10 modifica la disciplina relativa all'istituzione di aree marine protette (AMP), attraverso una riscrittura integrale dell'articolo 18 della legge n. 394 del 1991, al fine di introdurre una procedura più articolata per l'istituzione delle AMP, nonché la verifica, almeno triennale, dell'adeguatezza della disciplina istitutiva. Vengono altresì individuate le zone in cui è possibile istituire AMP e dettata una disciplina dell'uso del demanio marittimo nelle AMP differenziata in base alla zonazione dell'area. Sulla base della nuova disciplina, si prevede, tra l'altro, che Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e, per le aree di interesse militare, con il Ministro della difesa, sentiti le regioni, le province, i comuni territorialmente interessati e la Conferenza unificata, istituisce con proprio decreto le aree protette marine autorizzando il finanziamento definito dal programma di cui all'articolo 19-bis della presente legge.
  L'articolo 11, comma 1, interviene sulla disciplina riguardante la gestione delle aree marine protette (AMP), di cui all'articolo 19 della legge quadro, relativamente all'individuazione dell'ente gestore, al regolamento di organizzazione (di cui vengono disciplinati la procedura per l'emanazione nonché i relativi contenuti), al piano di gestione, alla zonazione delle aree (in quattro zone, A, B, C, D, in base alle quali stabilire le misure di protezione), alle attività vietate, nonché alle attività di sorveglianza. Con riferimento all'individuazione dell'ente gestore, nel corso dell'esame in sede referente è stato aggiunto un periodo al nuovo testo del comma 2 dell'articolo 19, al fine di precisare che qualora un'AMP sia istituita in acque Pag. 46confinanti con un'area protetta terrestre, la gestione è attribuita al soggetto competente per quest'ultima.
  L'articolo 12, comma 1, aggiunge l'articolo 19-bis alla legge quadro, al fine di disciplinare il programma triennale per le aree marine protette (AMP). In realtà tale nuovo articolo non disciplina solo tale programma ma, più in generale, i vari aspetti gestionali dell'AMP: i contributi statali destinati all'AMP e il relativo piano economico-finanziario; la revoca dell'affidamento della gestione dell'area; la nomina di una consulta dell'AMP; l'organico e il direttore dell'area; le entrate, le agevolazioni fiscali e le misure di incentivazione in favore dell'AMP; la riscossione dei proventi delle sanzioni; il silenzio-assenso, nelle procedure autorizzatorie, in favore dell'ente gestore dell'AMP; nonché disposizioni finalizzate a garantire l'attuazione del Protocollo tecnico per la nautica sostenibile.
  L'articolo 13 modifica le modalità e i soggetti competenti (anche eliminando il riferimento al soppresso Ministero della marina mercantile) all'esercizio della vigilanza sulle aree naturali protette di rilievo internazionale e nazionale (nuovo comma 1 dell'articolo 21 della legge quadro).
  L'articolo 14 interviene sulla disciplina riguardante le aree naturali protette regionali di cui all'articolo 22 della legge quadro, allo scopo di confermare il divieto di attività venatoria nei parchi naturali regionali e nelle riserve naturali regionali, che è già previsto dalla normativa vigente, e di sottoporre i prelievi faunistici e gli abbattimenti selettivi alla nuova disciplina prevista dall'articolo 11.1 (introdotto dall'articolo 9 della proposta di legge).
  L'articolo 15 interviene sulla disciplina relativa all'organizzazione amministrativa del parco naturale regionale, di cui all'articolo 24 della legge quadro, da un lato prevedendo che la revisione dei conti sia affidata ad un unico revisore, dall'altro disciplinando i permessi e le licenze di assentarsi dal servizio del Presidente del parco regionale che sia lavoratore dipendente, pubblico o privato.
  L'articolo 16 attribuisce al direttore dell'organismo di gestione dell'area naturale protetta i poteri che l'articolo 29 della legge quadro (legge n. 394 del 1991) attualmente affida al rappresentante legale del medesimo organismo. Nel corso dell'esame in sede referente, è stata inserita una modifica volta a sostituire, nell'ambito delle norme che prevedono sanzioni in caso di inottemperanza all'ordine di riduzione in pristino o di ricostituzione delle specie vegetali o animali entro un congruo termine, il riferimento alla procedura di demolizione delle opere dettata dai commi secondo, terzo e quarto dell'articolo 27 della legge 47/1985 (legge sul condono edilizio) con quello alla disciplina sulla demolizione delle opere abusive prevista dall'articolo 41 del testo unico in materia edilizia di cui al decreto del Presidente della Repubblica 380/2001.
  L'articolo 17, sostituendo i commi da 1 a 4 dell'articolo 30 della Legge quadro sulle aree protette, modifica il quadro sanzionatorio delle violazioni della legge, caratterizzato tanto da illeciti penali quanto da illeciti amministrativi, aumentando l'entità delle pene pecuniarie e delle sanzioni amministrative pecuniarie e introduce obblighi di confisca in caso di prelievo o cattura di animali nelle aree protette. Rispetto al testo approvato dal Senato, l'aggiornamento delle sanzioni con decreto del Ministro è stata circoscritta all'importo delle sole sanzioni amministrative pecuniarie ed è stata ancorata a taluni parametri.
  L'articolo 17-bis, inserito nel corso dell'esame in sede referente, sostituisce l'articolo 31 della legge quadro, al fine di prevedere che, a decorrere dal 1o gennaio 2018, le riserve statali, che già ricadano o che vengano a ricadere all'interno di un parco nazionale o di un parco regionale, sono affidate all'ente gestore del medesimo parco. Si dispone, inoltre, che il Ministro dell'ambiente approvi le direttive opportune per il raggiungimento degli obiettivi scientifici, educativi e di protezione naturalistica, ai sensi del comma 3 dell'articolo 5 della L. 349/1986, confermando per lo più quanto previsto dal testo vigente.Pag. 47
  L'articolo 18, attraverso la sostituzione dell'articolo 33 della legge quadro, prevede l'istituzione di un Comitato nazionale per le aree protette presso il Ministero dell'ambiente, disciplinandone funzioni e composizione, e la trasmissione di relazioni annuali sulle attività svolte dagli Enti parco e dagli altri enti istituiti per la gestione delle aree naturali protette di rilievo nazionale e internazionale.
  L'articolo 19 istituisce (mediante l'aggiunta delle lettere f-bis) e f-ter) all'articolo 34, comma 1, della legge 394/91) i Parchi nazionali del Matese e di Portofino (comprendente la già istituita area protetta marina di Portofino) e, a tal fine, destina risorse finanziarie.
  L'articolo 19-bis, inserito nel corso dell'esame in sede referente, affida al Ministero dell'ambiente, d'intesa con la Conferenza delle regioni, il compito di provvedere alla promozione della Convenzione degli Appennini per la tutela e la valorizzazione della catena appenninica, nonché all'individuazione delle modalità operative per le attività e gli interventi previsti dal progetto APE (Appennino parco d'Europa), nonché per la sua valorizzazione in sede europea.
  L'articolo 20, che modifica l'articolo 35, comma 1, della legge quadro, nell'ambito delle norme transitorie fissate ai fini dell'adeguamento ai principi della medesima legge, precisa che per il Parco nazionale dello Stelvio si provvede in conformità a quanto prevede l'intesa dell'11 febbraio 2015 sull'attribuzione di funzioni statali e relativi oneri finanziari del Parco nazionale dello Stelvio.
  L'articolo 21 reca alcune modifiche all'articolo 36 della legge quadro (L. 394/91), al fine di prevedere che l'istituzione di parchi e riserve marine nelle aree marine di reperimento debba avvenire sulla base delle indicazioni del programma triennale per le aree marine protette (AMP), nonché al fine di ridenominare alcune aree marine di reperimento.
  L'articolo 22 modifica una serie di articoli della legge quadro, allo scopo di sostituire i riferimenti a disposizioni abrogate ovvero a operare interventi di coordinamento tra le innovazioni introdotte dal provvedimento in esame e le norme vigenti. In particolare, il comma 1, che modifica il comma 6 dell'articolo 6 della legge quadro, è volto a sostituire, nell'ambito delle norme che prevedono sanzioni per l'inosservanza delle misure di salvaguardia disposte per la protezione di aree naturali, il riferimento alla procedura di demolizione delle opere dettata dai commi secondo, terzo e quarto dell'articolo 27 della legge 47/1985 (legge sul condono edilizio) con quello alla disciplina sulla demolizione delle opere abusive prevista dall'articolo 41 del testo unico in materia edilizia di cui al decreto del Presidente della Repubblica 380/2001. Con riferimento a tale sostituzione, si rinvia a quanto rilevato a proposito dell'articolo 16.
  L'articolo 23 modifica la collocazione delle sedi legale e amministrativa del Parco nazionale Gran Paradiso, attualmente situate, rispettivamente, a Torino ed Aosta, prevedendone il trasferimento in due distinti comuni del Parco: uno del versante piemontese (per la sede legale) ed uno del versante valdostano (ove sarà invece collocata la sede amministrativa). Nel corso dell'esame in sede referente è stato aggiunto un comma che, per quanto riguarda la riassegnazione del personale in servizio presso le sedi di Torino ed Aosta, rinvia a criteri da stabilire in sede di contrattazione integrativa con le organizzazioni sindacali.
  L'articolo 24 modifica la disciplina riguardante le funzioni autorizzatorie in materia di paesaggio (dettata dall'articolo 146 del Codice dei beni culturali e del paesaggio di cui al D.Lgs. 42/2004), attribuendo all'ente parco nazionale la competenza a svolgere tali funzioni per gli interventi da realizzare nei parchi nazionali. Per gli interventi che invece risultano inclusi nel territorio delle aree naturali protette regionali, viene concessa alla Regione la facoltà di delegare la funzione autorizzatoria agli enti gestori di tali aree.
  L'articolo 25 attribuisce nuove funzioni al Comitato paritetico per la biodiversità (istituito con decreto del Ministro dell'ambiente Pag. 48del 6 giugno 2011, nell'ambito della Strategia nazionale per la biodiversità).
  L'articolo 25-bis, introdotto nel corso dell'esame in sede referente, affida al Ministro dell'ambiente il compito di promuovere la collaborazione tra le attività svolte dal Comitato nazionale della aree protette, dal Comitato paritetico per la biodiversità e dal Comitato per il Capitale naturale (comma 1), e a tal fine, nonché per divulgare le attività svolte e i risultati conseguiti, prevede (al comma 2) la convocazione della Conferenza nazionale «La Natura dell'Italia» entro il 31 gennaio 2019 e, successivamente, ogni tre anni.
  L'articolo 26 modifica la disciplina riguardante l'individuazione delle associazioni di protezione ambientale a carattere nazionale, intervenendo sui relativi criteri e disponendo nel contempo la verifica della sussistenza delle condizioni in base alle quali le medesime associazioni sono state individuate.
  L'articolo 27 delega il Governo ad adottare, entro sei mesi dall'entrata in vigore della legge, un decreto legislativo per l'istituzione di un unico Parco del Delta del Po, in sostituzione dei due parchi regionali emiliano-romagnolo e veneto attualmente esistenti. Lo stesso articolo detta i princìpi e i criteri direttivi da seguire per l'esercizio della delega, nonché le modalità di adozione del decreto delegato. Tali criteri e modalità devono essere rispettati anche in caso di emanazione di eventuali decreti correttivi del decreto delegato, che potranno essere adottati entro due anni dalla sua entrata in vigore. Si prevede che il decreto legislativo è adottato su proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e del Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, previa intesa con le regioni Emilia-Romagna e Veneto. Il mancato raggiungimento dell'intesa preclude l'adozione del decreto.
  L'articolo 28 disciplina la delega al Governo per l'introduzione di un sistema volontario di remunerazione dei servizi ecosistemici, riprendendo il contenuto della delega scaduta disciplinata dall'articolo 70 della legge n. 221 del 2015. L'articolo 28, commi 1 e 2, delega il Governo, entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della legge, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, ad adottare uno o più decreti legislativi, finalizzati all'introduzione di un sistema volontario di pagamento dei servizi ecosistemici (PSE), su proposta del Ministro dell'ambiente, sentita la Conferenza unificata.
  L'articolo 28-bis detta una disciplina transitoria, per allineare le scadenze degli incarichi dei Presidenti e dei membri del Consiglio direttivo degli Enti parco nazionali, in deroga all'articolo 9, comma 3, della legge n. 394/1991, prorogandoli fino alla scadenza dell'incarico conferito in data più recente.
  L'articolo 29 introduce, con riferimento a tutte le disposizioni, nonché con riferimento alla legge 394/1991, la clausola di salvaguardia per le Regioni a statuto speciale e le Province autonome di Trento e di Bolzano, prevedendo che le disposizioni si applicano alle regioni a statuto speciale e alle province autonome compatibilmente con i rispettivi statuti e le relative norme di attuazione.

  Alessandro NACCARATO, presidente, nessuno chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

Delega al Governo in materia di amministrazione straordinaria delle grandi imprese in stato di insolvenza.
Nuovo testo C. 3671-ter Governo.
(Parere alla X Commissione).
(Esame e conclusione – Parere favorevole con osservazione).

  Il Comitato inizia l'esame del provvedimento.

  Marilena FABBRI (PD), relatrice, rileva che il disegno di legge A.C. 3671, contenente una ampia delega per la riforma delle disciplina della crisi di impresa e dell'insolvenza, è stato presentato dal Governo alla Camera l'11 marzo 2016 ed è Pag. 49stato assegnato in sede referente alla Commissione Giustizia. Trattando in realtà non solo del fallimento ma, più in generale, di tutte le procedure di insolvenza, il disegno di legge è stato stralciato (18 maggio 2016) così da poter assegnare alla Commissione Attività produttive la disposizione (articolo 15) relativa all'amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi (A.C. 3671-ter) e da lasciare alla Commissione Giustizia il restante contenuto della riforma (A.C. 3671-bis).
  Il disegno di legge A.C. 3671-ter, a seguito dello stralcio, riguardava il solo articolo 15 dell'originario disegno di legge, relativo alla riforma dell'amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi. La X Commissione ha abbinato l'esame del disegno di legge alla proposta di legge Abrignani A.C. 865 (Disciplina delle procedure di amministrazione straordinaria delle grandi imprese e dei complessi di imprese in crisi), della quale aveva già iniziato l'esame. Il 17 gennaio 2017 la Commissione ha adottato come testo base per il prosieguo dell'esame il disegno di legge del Governo n. 3671-ter. Nel corso dell'esame in sede referente la Commissione ha modificato il testo in diversi punti.
  In primo luogo – in conseguenza dello stralcio – è stato inserito un nuovo articolo (articolo 1) con il quale si specifica che l'oggetto della delega è la riforma organica della disciplina della amministrazione straordinaria di cui al decreto legislativo 8 luglio 1999 n. 270 e al decreto-legge 23 dicembre 2003, n. 347, convertito dalla legge 18 febbraio 2004, n. 39 e successive modificazioni. A tal fine il Governo è delegato ad adottare, entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della proposta di legge in esame, un decreto legislativo su proposta del Ministro dello sviluppo economico di concerto con il Ministro della giustizia, sentito il Ministro del lavoro e delle politiche sociali. Lo schema è sottoposto al parere delle Commissioni parlamentari competenti per materia e per gli aspetti finanziari.
  L'articolo 2 contiene i principi e i criteri direttivi di delega per la riforma dell'istituto dell'amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi, al fine di ricondurlo ad un quadro di regole generali comuni, come derivazione particolare della procedura generale concorsuale. Lo sforzo maggiore della riforma è dunque quello di coerenza sistematica, per unificare una disciplina, che fin dalla legge Prodi n. 95 del 1979, si è stratificata su leggi diverse, con l'obiettivo di contemperare le esigenze dei creditori e l'interesse pubblico alla conservazione del patrimonio e alla tutela dell'occupazione di imprese in stato di insolvenza che, per dimensione, appaiono di particolare rilievo economico sociale.
  I numerosi criteri direttivi contenuti nel disegno di legge di delega (comma 1, lettere da a) a t)) riguardano dunque, in primo luogo, una procedura unica di amministrazione straordinaria, con finalità conservative, finalizzata alla regolazione dell'insolvenza di singole imprese, ovvero di gruppi di imprese laddove queste si trovino nelle condizioni già indicate dalla legislazione vigente (articolo 81 del decreto legislativo n. 270 del 1999), che, sotto questo profilo, viene pertanto conservata (comma 1, lettera a)).
  I principali profili innovativi contenuti nel disegno di legge riguardano: i presupposti di accesso alla procedura, con riferimento ai profili dimensionali dell'impresa o dei gruppi di imprese; l'attribuzione della competenza sulla procedura di amministrazione straordinaria alle sezioni specializzate in materia d'impresa presso i tribunali sedi di Corti d'appello, all'esito di un'istruttoria incentrata alla massima celerità (comma 1, lettera c)); la necessità di disciplinare l'operatività di misure protettive analoghe a quelle previste per il concordato preventivo, a decorrere dalla pubblicazione nel registro delle imprese della domanda di accertamento dei presupposti per l'ammissione alla procedura (comma 1, lettera d)); l'avvio dell’iter procedurale con il decreto con cui il tribunale, accertati i tre requisiti dell'insolvenza, delle dimensioni dell'impresa e del connesso numero dei suoi occupati, dichiara aperta la procedura per l'ammissione Pag. 50all'amministrazione straordinaria e nomina il giudice delegato (comma 1, lettera e)); la nomina del commissario straordinario (ovvero di tre commissari straordinari nei casi di eccezionale complessità) ai quali sono attribuite l'amministrazione e la rappresentanza dell'impresa insolvente, individuato tra gli iscritti nell'istituendo albo dei commissari straordinari, da regolamentare con la predeterminazione dei requisiti di indipendenza, professionalità, onorabilità, trasparenza; la specificazione – inserita nel corso dell'esame in sede referente – che l'utilizzo degli ammortizzatori sociali per i lavoratori delle imprese in amministrazione straordinaria decorra dalla data di apertura della procedura per l'ammissione e continui fino all'esecuzione del programma predisposto dal commissario straordinario nonché all'adempimento degli obblighi di salvaguardia dell'occupazione correlati alla vendita dei complessi aziendali (comma 1, nuova lettera h); la procedura di ammissione all'amministrazione straordinaria (nuova lettera l)), con riferimento alla quale sono state apportate significative modifiche in sede referente.
  Gli ulteriori principi e criteri direttivi riguardano: la possibilità che specifiche imprese – quelle quotate sui mercati regolamentati, quelle di maggiore dimensione (imprese con almeno 1.000 dipendenti e con un fatturato pari a un multiplo significativo di quello individuato per tutte le altre) e quelle che svolgano servizi pubblici essenziali – possano essere ammesse alla procedura, in via provvisoria, dall'autorità amministrativa (il Ministero dello sviluppo economico), con contestuale nomina del Commissario straordinario (cosiddetto accesso diretto). La conferma della misura, verificati i requisiti, spetta al Tribunale che provvede entro breve termine (comma 1, lettera m)). La previsione – inserita nel corso dell'esame in sede referente – che le imprese oggetto di confisca ai sensi del codice di cui al decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159 (Codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione), siano ammesse all'amministrazione straordinaria anche in mancanza dei requisiti previsti dal disegno di legge in esame (comma 1, lettera n)); in stretta relazione con le indicate esigenze di tutela dei creditori, rimane la previsione di un comitato di sorveglianza (nominato dal Ministro, di cui fanno parte anche i creditori nominati invece dal Tribunale) la cui funzione è quella di vigilanza sull'attuazione del programma e sull'effettività delle prospettive di recupero economico dell'impresa (comma 1, lettera o)); le modalità con cui il tribunale, su ricorso del commissario straordinario, sentito il comitato di sorveglianza, può autorizzare (comma 1, lettera p)): n. 1) la sospensione o lo scioglimento dei contratti pendenti; n. 2) il pagamento di crediti pregressi strategici al di fuori delle regole del riparto n. 3) l'esonero dalle azioni revocatorie per i pagamenti effettuati dall'imprenditore. Si segnala poi la previsione che, per quanto non altrimenti disciplinato e in particolare per quanto attiene alla disciplina dei gruppi di impresa (in base alla modifica inserita in sede referente) e all'esecuzione del programma, trovino applicazione i criteri ispiratori della disciplina di cui al decreto legislativo n. 270 del 1999, sostituendo il fallimento con la liquidazione giudiziale (comma 1, lettera t)). Per i debiti contratti dalle imprese in amministrazione straordinaria il disegno di legge dispone che venga tenuta ferma la possibilità per lo Stato di garantirli, secondo quanto previsto dalla disciplina vigente ed entro i limiti consentiti dalla normativa dell'Unione europea (comma 1, lettera t)).
  Quanto al riparto delle competenze legislative costituzionalmente definite, il disegno di legge costituisce esercizio della competenza legislativa esclusiva statale in materia di ordinamento civile, ai sensi dell'articolo 117, secondo comma, lettera l), della Costituzione.
  Formula, quindi, una proposta di parere favorevole con osservazione (vedi allegato 5).

  Nessuno chiedendo di intervenire, il Comitato approva la proposta di parere della relatrice.

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Disposizioni in materia di modalità di pagamento delle retribuzioni ai lavoratori.
Nuovo testo C. 1041 Di Salvo.
(Parere alla XI Commissione).
(Esame e conclusione – Parere favorevole).

  Il Comitato inizia l'esame del provvedimento.

  Daniela Matilde Maria GASPARINI (PD), relatrice, rileva che la proposta di legge C. 1041 (Di Salvo) introduce l'obbligo per i datori di lavoro titolari di partita IVA di effettuare il pagamento delle retribuzioni attraverso gli istituti bancari o gli uffici postali, con specifici mezzi. Obiettivo della proposta di legge, come specificato nella relazione illustrativa, è quello di contrastare la pratica diffusa tra alcuni datori di lavoro di corrispondere ai lavoratori, «sotto il ricatto del licenziamento o della non assunzione [...], una retribuzione inferiore ai minimi fissati dalla contrattazione collettiva, pur facendo firmare [...] una busta paga dalla quale risulta una retribuzione regolare».
  La proposta di legge in esame si compone di 5 articoli. L'articolo 1 disciplina le modalità di pagamento della retribuzione ai lavoratori, nonché l'ambito soggettivo di applicazione del suddetto obbligo. La retribuzione ai lavoratori (e ogni anticipo di essa) può essere corrisposta dal datore di lavoro solo attraverso un istituto bancario o un ufficio postale con uno dei seguenti mezzi (comma 1): bonifico in favore del conto identificato dal codice IBAN indicato dal lavoratore (lettera a)); pagamento in contanti presso lo sportello bancario o postale indicato dal datore di lavoro (lettera b)); emissione di un assegno consegnato direttamente al lavoratore o ad un suo delegato in caso di comprovato impedimento, che si intende verificato quando il delegato è il coniuge, il convivente o un familiare, in linea retta o collaterale, del lavoratore, purché di età non inferiore a sedici anni (lettera c)). La retribuzione non può essere corrisposta dai datori di lavoro o committenti per mezzo di somme contanti di denaro direttamente al lavoratore, qualunque sia la tipologia del rapporto di lavoro instaurato (comma 2). In base al comma 3, ai fini dell'applicabilità dell'obbligo di cui ai commi 1 e 2, per rapporto di lavoro si intendono: tutti i rapporti di lavoro subordinato svolti alle dipendenze e sotto la direzione dell'imprenditore (articolo 2094 del codice civile), indipendentemente dalle modalità di svolgimento della prestazione e dalla durata del rapporto; I contratti di lavoro instaurati, in qualsiasi forma, dalle cooperative con i propri soci (ai sensi della legge n. 142 del 2001). La firma della busta paga da parte del lavoratore non costituisce prova dell'avvenuto pagamento della retribuzione (comma 4).
  L'articolo 2 definisce gli obblighi del datore di lavoro o committente, il quale deve inserire nella comunicazione obbligatoria fatta al centro per l'impiego competente indicazioni sulla modalità di pagamento della retribuzione concordata con il lavoratore nonché gli estremi dell'istituto bancario o dell'ufficio postale al quale è conferito l'incarico di pagamento della retribuzione (comma 1). Le indicazioni di cui al comma 1 possono essere cancellate al venir meno dell'obbligo previsto dall'articolo 1, comma 1, in conseguenza di licenziamento o dimissioni del lavoratore (rese ai sensi della normativa vigente) e del prestatore d'opera, fermo restando l'obbligo di effettuare tutti i pagamenti dovuti dopo la risoluzione del rapporto di lavoro (comma 2). Ai sensi del comma 3, il datore di lavoro o committente che modifica le modalità di pagamento o gli estremi dell'istituto bancario o dell'ufficio postale al quale è conferito l'incarico di pagamento della retribuzione è tenuto a darne comunicazione scritta, tempestiva e obbligatoria, al centro per l'impiego competente per territorio affinché sia sempre possibile disporre di dati aggiornati utili a svolgere eventuali verifiche sul rispetto dell'obbligo previsto dall'articolo 1, comma 1, da parte del datore di lavoro. Ai fini dell'inserimento della comunicazione obbligatoria (di cui al comma 1), i centri per l'impiego modificano la modulistica di loro competenza Pag. 52entro tre mesi dalla data di entrata in vigore del provvedimento in esame (comma 4).
  L'articolo 3 prevede la stipula di una convenzione – con la quale sono individuati gli strumenti di comunicazione idonei a promuovere la conoscenza e la corretta attuazione della medesima legge – tra il Governo, le confederazioni dei lavoratori e dei datori di lavoro maggiormente rappresentative a livello nazionale, l'Associazione bancaria italiana (ABI) e la società Poste italiane Spa. Il provvedimento in esame diventa efficace decorsi centottanta giorni dalla data della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale, anche in assenza della stipula della suddetta convenzione.
  L'articolo 4 dispone che il presente provvedimento non si applica, ai rapporti di lavoro domestico (di cui alla legge n. 339 del 1958) e a quelli comunque rientranti nella sfera applicativa dei contratti collettivi nazionali per gli addetti a servizi familiari e domestici, stipulati dalle associazioni sindacali comparativamente più rappresentative a livello nazionale.
  L'articolo 5 disciplina le sanzioni previste a seguito di inosservanza degli obblighi previsti dal provvedimento da parte del datore di lavoro o committente, ai quali si applica una sanzione amministrativa pecuniaria consistente nel pagamento di una somma: da 5.000 euro a 50.000 euro, in caso di violazione dell'obbligo di provvedere al pagamento della retribuzione attraverso un istituto bancario o un ufficio postale attraverso uno dei mezzi previsti dall'articolo 1, comma 1 (comma 1); 3 pari a 500 euro, in caso di violazione dell'obbligo di comunicazione al centro per l'impiego competente per territorio delle informazioni indicate dall'articolo 2, comma 1 (comma 2); in questo caso il centro per l'impiego provvede immediatamente a dare comunicazione della violazione alla sede dell'Ispettorato nazionale del lavoro competente per territorio (comma 3).
  Quanto al rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite, le disposizioni contenute nella proposta di legge, in quanto intervengono su uno specifico profilo del rapporto di lavoro, sono riconducibili alla materia di potestà esclusiva statale «ordinamento civile», di cui all'articolo 117, secondo comma, lettera l), della Costituzione.
  Con riferimento a specifiche disposizioni rileva altresì la materia «tutela e sicurezza del lavoro», di competenza concorrente tra Stato e Regioni, ai sensi dell'articolo 117, terzo comma, della Costituzione.
  Formula, quindi, una proposta di parere favorevole (vedi allegato 6).

  Nessuno chiedendo di intervenire, il Comitato approva la proposta di parere della relatrice.

  La seduta termina alle 15.55.

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