CAMERA DEI DEPUTATI
Giovedì 15 gennaio 2015
370.
XVII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Commissioni Riunite (VIII e X)
COMUNICATO
Pag. 15

SEDE REFERENTE

  Giovedì 15 gennaio 2015. — Presidenza del presidente della VIII Commissione, Ermete REALACCI.

  La seduta comincia alle 14.55.

Disposizioni concernenti la certificazione ecologica dei prodotti cosmetici.
C. 106 Realacci.
(Esame e rinvio).

  Le Commissioni iniziano l'esame del provvedimento.

  Mara MUCCI (M5S), relatore per la X Commissione, illustra il contenuto del provvedimento in titolo per le parti che rientrano più direttamente negli ambiti di competenza della X Commissione.
  Segnala che la nuova disciplina europea sui prodotti cosmetici – dettata dal regolamento (CE) n.1223/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio – si applica a partire dal mese di luglio 2013. Tale regolamento ha rifuso in un testo unico le norme della direttiva 76/768/CEE (recepita nell'ordinamento nazionale dalla legge n. 713/1986), concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative ai prodotti cosmetici, e tutte le successive modifiche apportate alla direttiva medesima.
  Le disposizioni del regolamento sono volte a garantire la tutela della salute e l'informazione dei consumatori, vigilando sulla composizione e sull'etichettatura dei prodotti. Il regolamento prevede inoltre il divieto degli esperimenti sugli animali e la valutazione della sicurezza dei prodotti sia dal punto di vista della tutela della salute umana che dell'ambiente.
  L'autorità nazionale competente per l'attuazione delle disposizioni relative alla sicurezza dei cosmetici (articolo 16 della L. 97/2013) e del regolamento REACH (Registration, Evaluation, Authorisation and restriction of CHemicals) è il Ministero della salute.
  A livello europeo esiste un sistema a partecipazione volontaria di etichettatura ecologica (c.d. Ecolabel, disciplinato dal Regolamento (CE) n. 66/2010), un marchio europeo di qualità ecologica per promuovere prodotti con minore impatto sull'ambiente Pag. 16durante l'intero ciclo di vita e per offrire ai consumatori informazioni accurate, non ingannevoli e scientificamente fondate sull'impatto ambientale dei prodotti. I criteri per il marchio Ecolabel sono determinati su base scientifica e considerando l'intero ciclo di vita dei prodotti, dalla loro elaborazione fino al loro smaltimento.
  Entrando nel merito delle disposizioni della proposta di legge, l'articolo 1 individua l'ambito di applicazione della proposta di legge nei prodotti cosmetici, rinviando al riguardo all'articolo 1 della legge 11 ottobre 1986, n. 713. La legge n. 713/1986, che aveva recepito la direttiva 76/768/CEE, definisce come prodotti cosmetici le sostanze e le preparazioni, diverse dai medicinali, destinate ad essere applicate sulle superfici esterne del corpo umano (epidermide, sistema pilifero e capelli, unghie, labbra, organi genitali esterni) oppure sui denti e sulle mucose della bocca allo scopo, esclusivo o prevalente, di pulirli, profumarli, modificarne l'aspetto, correggere gli odori corporei, proteggerli o mantenerli in buono stato.
  Tali prodotti vengono poi elencati, in accordo con la direttiva, nell'allegato I al citato articolo 1 della legge 11 ottobre 1986, n. 713:
   creme, emulsioni, lozioni, gel e oli per la pelle (mani, piedi, viso, ecc.);
   maschere di bellezza (ad esclusione dei prodotti per il peeling);
   fondotinta (liquidi, paste, ciprie);
   cipria per il trucco, talco per il dopobagno e per l'igiene corporale, ecc.;
   saponi da toletta, saponi deodoranti, ecc.;
   profumi, acque da toletta ed acqua di Colonia;
   preparazioni per bagni e docce (sali, schiume, oli, gel, ecc.);
   prodotti per la depilazione;
   deodoranti ed antisudoriferi;
   prodotti per il trattamento dei capelli;
   tinture per capelli e decoloranti;
   prodotti per l'ondulazione, la stiratura e il fissaggio;
   prodotti per la messa in piega;
   prodotti per pulire i capelli (lozioni, polveri, shampoo);
   prodotti per mantenere i capelli in forma (lozioni, creme, oli);
   prodotti per l'acconciatura dei capelli (lozioni, lacche, brillantine);
   prodotti per la rasatura (saponi, schiume, lozioni, ecc.);
   prodotti per il trucco e lo strucco del viso e degli occhi;
   prodotti destinati ad essere applicati sulle labbra;
   prodotti per l'igiene dei denti e della bocca;
   prodotti per l'igiene delle unghie e lacche per le stesse;
   prodotti per l'igiene intima esterna;
   prodotti solati;
   prodotti abbronzanti senza sole;
   prodotti per schiarire la pelle;
   prodotti antirughe.

  Ricorda peraltro, come già anticipato, che la direttiva 76/768/CEE, recepita con la citata legge, è stata abrogata a decorrere dall'11 luglio 2013, dall'articolo 38 del Regolamento (CE) 30 novembre 2009, n. 1223/2009, che attualmente costituisce il riferimento normativo principale in materia di cosmetici. La definizione contenuta nell'articolo 2 è la seguente:
   a) «prodotto cosmetico»: qualsiasi sostanza o miscela destinata ad essere applicata sulle superfici esterne del corpo umano (epidermide, sistema pilifero e capelli, unghie, labbra, organi genitali esterni) oppure sui denti e sulle mucose Pag. 17della bocca allo scopo esclusivamente o prevalentemente di pulirli, profumarli, modificarne l'aspetto, proteggerli, mantenerli in buono stato o correggere gli odori corporei;
   b) «sostanza»: un elemento chimico e i suoi composti, allo stato naturale od ottenuti per mezzo di un procedimento di fabbricazione, compresi gli additivi necessari a mantenerne la stabilità e le impurezze derivanti dal procedimento utilizzato, ma esclusi i solventi che possono essere separati senza compromettere la stabilità della sostanza o modificarne la composizione;
   c) «miscela»: una miscela o una soluzione composta di due o più sostanze.

  Al riguardo, segnala l'opportunità di riferire l'ambito di applicazione della proposta di legge in esame alla definizione di prodotto cosmetico recata dal Regolamento (CE) 30 novembre 2009, n. 1223/2009.
  L'articolo 2 individua come presupposti per l'assegnazione del marchio italiano di qualità ecologica:
   l'inclusione dei cosmetici nel gruppo di prodotti indicati dall'allegato I annesso alla legge 713/1986;
   il rispetto dei criteri ecologici stabiliti dalla proposta di legge in esame.

  Al riguardo, segnala che l'elenco contenuto nell'allegato I annesso alla legge n. 713/1986 riproduceva quello contenuto nell'abrogata direttiva 76/768/CEE. Tale elenco non è stato ripreso dal Regolamento (CE) 30 novembre 2009, n. 1223/2009. Ritiene si dovrebbe valutare l'opportunità di mantenere nel testo tale riferimento.
  Viene dunque istituito il «marchio italiano di qualità ecologica», su base volontaria (in base al successivo articolo 4, viene concesso su richiesta del produttore).
  Gli articoli 3, 4 e 5, che saranno trattati nella relazione della collega della Commissione Ambiente, definiscono, rispettivamente, i parametri e i criteri ecologici che devono essere valutati ai fini dell'attribuzione del marchio di qualità ecologica, i limiti, i metodi di prova ed i criteri di valutazione e gli strumenti di calcolo previsti dal precedente articolo 3 che saranno individuati tramite apposito regolamento, nonché le finalità dei controlli stabiliti dalla presente proposta di legge.
  L'articolo 6 istituisce un Comitato di certificazione costituito da cinque soggetti che, secondo quanto prevede la norma, sono nominati con il contributo del mondo scientifico, dei consumatori e dei produttori. Il Presidente, che ha potere di firma, è nominato nell'ambito dei componenti del Comitato. Il Comitato di certificazione può delegare l'analisi dei «dossier ecologici», della realizzazione degli strumenti di calcolo e di altre funzioni relative ai criteri ad un ente terzo in possesso delle necessarie esperienza e competenza.
  Per chiunque adotti il marchio di certificazione in maniera impropria o abusiva, l'articolo 7 prevede delle sanzioni, rinviando al libro secondo, titolo VII, capo II, del codice penale e al Codice della proprietà industriale (decreto legislativo n. 30/2005). L'infrazione è pubblicata in uno dei giornali nazionali oltre che sul sito internet dell'ente stesso.
  Il rinvio al Codice della proprietà industriale per la tutela del marchio sembrerebbe ricondurre il «marchio italiano di qualità ecologica» alla configurazione di marchio collettivo (articolo 11 del Codice della proprietà industriale) volontario, di proprietà pubblica, e dunque di un marchio registrato, e non di una mera certificazione volontaria di qualità. Tali caratteristiche, peraltro, non sono specificate esplicitamente nell'articolo 2 della presente proposta di legge. Ricorda che il marchio collettivo è un segno distintivo che svolge principalmente la funzione di garantire particolari caratteristiche qualitative di prodotti e servizi di più imprese e serve a contraddistinguerli per la loro specifica provenienza, natura o qualità. La definizione di marchio collettivo è quella riportata dall'articolo 2570 del cCo e dall'articolo 11 del CPI (Codice di Proprietà Industriale) quale marchio la cui registrazione Pag. 18viene richiesta non da un singolo imprenditore per contraddistinguere i prodotti provenienti dalla propria azienda, bensì «da soggetti che svolgono la funzione di garantire l'origine, la natura o la qualità di determinati prodotti o servizi». L'articolo 2570 c.c. e in modo analogo l'articolo 11 del CPI (Codice di Proprietà Industriale – D. Lgs. 10 febbraio 2005 n. 30 ) prevedono che i suddetti soggetti «possono ottenere la registrazione di marchi collettivi per concederne l'uso, secondo le norme dei rispettivi regolamenti, a produttori e commercianti».
  Di norma il «marchio collettivo» viene richiesto da enti e/o associazioni per dare certezza alla provenienza e/ o garanzia alla qualità. Il marchio viene considerato «collettivo» perché deve essere concesso a qualsiasi operatore economico lo richieda e sia in grado di rispettarne tutti i requisiti di applicazione così come definiti nel regolamento di utilizzo, allegato alla richiesta di protezione, prodotta dall'ente o associazione che gestisce il marchio collettivo nella fase della prima registrazione. A differenza del marchio «commerciale», quindi, l'uso non può essere limitato ad operatori scelti da parte del proprietario del marchio.
  Il marchio collettivo è definito pubblico se il titolare è un ente pubblico, privato quando il titolare è un soggetto privato, generalmente nella forma giuridica di consorzio o associazione.
  L'articolo 19 del CPI concede in generale anche alle amministrazioni dello Stato, alle regioni, province o comuni la facoltà di ottenere registrazioni di marchio.
  In particolare, il marchio di qualità ha la funzione di certificare che il prodotto sul quale è apposto abbia determinate caratteristiche qualitative e/o sia stato prodotto seguendo determinati procedimenti.
  La sua peculiarità, dunque, non è quella di indicare da quale impresa proviene il prodotto, bensì certificare ai potenziali clienti che il prodotto è conforme a determinati standard.
  Ricorda inoltre che in sede comunitaria, l'articolo 15 della direttiva 22 ottobre 2008, n. 2008/95/CE sul ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di marchi d'impresa, dispone che gli stati membri hanno la facoltà di stabilire che i segni o le indicazioni che, nel commercio, possono servire per designare la provenienza geografica dei prodotti o dei servizi costituiscano marchi collettivi, oppure marchi di garanzia o di certificazione. Un marchio siffatto non autorizza il titolare a vietare ai terzi l'uso commerciale di detti segni o indicazioni, purché l'utilizzazione sia conforme alle consuetudini di lealtà in campo industriale o commerciale; in particolare un siffatto marchio non può essere fatto valere nei confronti di un terzo abilitato a usare una denominazione geografica. In tale normativa si distingue tra marchio collettivo in senso stretto, (collective mark cioè marchio che identifica la provenienza di prodotti o servizi da certe imprese associate o consorziate) dal marchio di garanzia o di certificazione (certification mark), che ha invece la funzione esclusiva di garantire origine geografica, natura e qualità di certi prodotti.
  Concludendo, auspica la rapida istituzione di un comitato ristretto che possa approfondire le questioni legate al provvedimento in esame, anche procedendo ad un breve ciclo di audizioni.

  Martina NARDI (PD), relatore per la VIII Commissione, prima di soffermarsi sulle disposizioni di stretta competenza dell'VIII Commissione, richiamate dalla collega Mucci, ritiene opportuno evidenziare che in Italia non esiste alcuna forma di certificazione ecologica relativa ai cosmetici gestita e garantita dallo Stato e che ciò determina, come evidenziato anche dall'Associazione internazionale di dermatologia ecologica (Skineco), notevoli effetti sull'ambiente e sull'ecosistema, effetti non del tutto noti né quantificabili. Fa presente, quindi, tenuto conto che molti Paesi dell'Unione europea già dispongono di uno schema di certificazione ecologica nazionale, ad esempio la Francia, i Paesi scandinavi e la Germania, che la proposta di legge in titolo persegue, come evidenziato Pag. 19nella relazione illustrativa, l'obiettivo di fornire ai consumatori un efficace strumento per effettuare scelte super partes, ponendo l'Italia in una posizione di avanguardia temporale nei confronti degli altri Paesi dell'Unione europea, per andare verso un'Europa che punti all'eco design per tutti i suoi prodotti. Una normativa in tal senso potrebbe peraltro dare vita a filiera virtuosa, idonea a diventare uno dei campi di azione della green economy e della chimica verde.
  Nel passare quindi all'illustrazione più dettagliata delle disposizioni di competenza dell'VIII Commissione, segnala che l'articolo 3 definisce i parametri e i criteri ecologici che devono essere valutati ai fini dell'attribuzione del marchio di qualità ecologica. In particolare, ai sensi del comma 1 del suddetto articolo, per ogni tipologia di prodotto cosmetico sono stabiliti limiti relativi ai seguenti parametri: valore dell'impatto tossicologico sugli organismi acquatici (CDVTox); quantità di sostanze non biodegradabili aerobicamente; quantità di sostanze non biodegradabili anaerobicamente; sostanze bioaccumulabili disturbatori endocrini; presenza di sostanze espressamente vietate; incidenza ecologica dell'imballaggio. Al fine di consentire il controllo dei citati parametri da parte dei fabbricanti, il comma 2 dell'articolo 3 prevede la predisposizione di un apposito strumento di calcolo, precisando che l'insieme dei dati risultanti dal controllo costituisce il «dossier ecologico» del prodotto cosmetico. I criteri ecologici e i connessi criteri di valutazione e di verifica sono validi per 3 anni a decorrere dalla data della loro adozione. L’ articolo 4, comma 1, demanda ad un apposito regolamento, che dovrà essere adottato di concerto dai Ministri dell'ambiente e della salute, la determinazione, per ogni tipo di prodotto cosmetico, di limiti, metodi di prova, criteri di valutazione e strumenti di calcolo previsti dal precedente articolo 3. I commi 2 e 3 dell'articolo 4 elencano i criteri che dovranno informare l'emanazione del regolamento attuativo riguardo, rispettivamente, ai limiti relativi alla tossicità, alla nocività e alla biodegradabilità, ed alla qualità degli imballaggi, comprendenti gli involucri e i contenitori del prodotto. Ai sensi del comma 4, inoltre, il regolamento attuativo determina i metodi di prova ammessi per ciascuna componente e parametro, precisando altresì che possono essere utilizzati metodi di prova diversi da quelli indicati nel regolamento, purché riconosciuti equivalenti dal Comitato di certificazione sulla base di motivata richiesta presentata dal produttore. Il comma 5 disciplina la procedura per l'ottenimento del marchio, a partire dalla richiesta di concessione, e le informazioni che devono essere a tal fine fornite all'autorità competente. In base a tale comma, il produttore, all'atto della richiesta di concessione del marchio di qualità ecologica, dichiara la composizione esatta del prodotto (denominazione, elementi identificativi, quantità e concentrazione di ciascun componente, compresi gli additivi, e relativa funzione nel preparato, scheda informativa o di sicurezza relativa al prodotto medesimo). Per ciascun componente, il produttore fornisce la documentazione necessaria per la certificazione. Il produttore può anche valersi, a questo fine, di documentazione proveniente dai propri fornitori, diretti o indiretti. Il Comitato di certificazione può chiedere integrazioni della documentazione presentata e disporre l'esecuzione di verifiche da parte di laboratori indipendenti dal produttore. Alla richiesta di concessione del marchio è allegato un esemplare dell'imballaggio del prodotto. Infine, il comma 6 dell'articolo 4 stabilisce che l'imballaggio del prodotto che ha ottenuto il marchio di qualità ecologica riporta in modo ben visibile il marchio di certificazione ambientale e la seguente dicitura: «Questo prodotto ha ottenuto il marchio di qualità ecologica italiana perché riduce l'impatto sull'ecosistema, garantisce un livello ottimale di biodegradabilità e limita la produzione di rifiuti».
  L'articolo 5 della proposta di legge in esame disciplina le finalità dei controlli stabiliti dalle disposizioni in essa contenute, precisando che essi sono volti in particolare a promuovere: la riduzione Pag. 20dell'inquinamento idrico limitando il quantitativo di ingredienti potenzialmente dannosi e il carico tossico totale del prodotto cosmetico; la riduzione al minimo della produzione di rifiuti, diminuendo la quantità di imballaggi; la riduzione o la prevenzione dei potenziali rischi per l'ambiente connessi all'uso di sostanze pericolose. Il comma 2 del medesimo articolo, inoltre, prevede che i controlli contribuiscono ad accrescere la consapevolezza ambientale dei consumatori. Viene altresì stabilito che i criteri sono fissati a livelli tali da promuovere l'assegnazione del marchio di qualità ecologica ai prodotti cosmetici che presentano un carico ambientale inferiore alla media dei prodotti in commercio.
  Ciò premesso, data la particolare rilevanza della materia trattata, rileva infine l'opportunità che le Commissioni procedano allo svolgimento di uno specifico ciclo di audizioni sul tema.
  Concludendo, ritiene che sulla proposta di legge in esame, dopo la conclusione del dibattito preliminare che spera sia ampio e partecipato, sarà opportuno prevedere un'adeguata istruttoria legislativa con lo svolgimento di un breve ciclo di audizioni.

  Ermete REALACCI, presidente, sottolinea che sulla materia è senz'altro necessario un approfondimento, anche in relazione all'entrata in vigore del regolamento UE citato nelle relazioni. Informa inoltre che è stata assegnata nella giornata odierna anche un'altra proposta di legge del collega Abrignani che dovrà essere abbinata. Auspica infine che con un lavoro rapido ed efficace il nostro Paese possa essere il primo nell'Unione a dotarsi di una normativa innovativa in materia di cosmetici ecologici.

  Alberto ZOLEZZI (M5S), concorda con il Presidente sulla necessità di un adeguato lavoro istruttorio e con la proposta delle relatrici di procedere ad alcune audizioni.

  Ermete REALACCI, presidente, nessun altro chiedendo la parola, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

  La seduta termina alle 15.10.

ERRATA CORRIGE

  Nel Bollettino delle Giunte e delle Commissioni parlamentari n. 254 del 17 giugno 2014, a pagina 3, prima colonna, alla quindicesima riga, le parole: «, indi del presidente della X Commissione, Guglielmo EPIFANI» devono intendersi soppresse.