CAMERA DEI DEPUTATI
Giovedì 6 ottobre 2011
543.
XVI LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Finanze (VI)
COMUNICATO
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SEDE CONSULTIVA

Giovedì 6 ottobre 2011. - Presidenza del presidente Gianfranco CONTE.

La seduta comincia alle 13.30.

Sull'ordine dei lavori.

Gianfranco CONTE, presidente, propone, concorde la Commissione, di procedere ad un'inversione nell'ordine dei lavori della seduta odierna, nel senso di passare, prima, all'esame in sede consultiva del disegno di legge comunitaria e della Relazione consuntiva sulla partecipazione dell'Italia all'UE nel 2010, e, quindi, allo svolgimento, in congiunta con la XII Commissione, delle audizioni dei rappresentanti di Confindustria e di R.ETE. Imprese Italia, nell'ambito dell'esame del disegno di legge C. 4566, recante delega al Governo per la riforma fiscale ed assistenziale.

Variazione nella composizione della Commissione.

Gianfranco CONTE, presidente, comunica che la deputata Deborah Bergamini, la quale sostituisce la deputata Anna Maria Bernini Bovicelli, in quanto membro del Governo, entra a far parte della Commissione.

Legge comunitaria 2011.
C. 4623 Governo.

(Relazione alla XIV Commissione).
Relazione consuntiva sulla partecipazione dell'Italia all'Unione europea nel 2010.
Doc. LXXXVII, n. 4.

(Parere alla XIV Commissione).
(Esame congiunto e rinvio).

La Commissione inizia l'esame congiunto dei provvedimenti.

Gianfranco CONTE, presidente, avverte che la Commissione procederà, a partire dalla seduta odierna, all'esame congiunto, in sede consultiva, ai sensi dell'articolo 126-ter del Regolamento, del disegno di legge C. 4623, recante disposizioni per l'adempimento di obblighi derivanti dall'appartenenza alle Comunità europee - Legge comunitaria 2011, e della Relazione consuntiva sulla partecipazione dell'Italia all'Unione europea nel 2010 (Doc.

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LXXXXVII, n. 4). In particolare, l'esame dei provvedimenti sarà congiunto fino alla fine dell'esame preliminare.
Ricorda che la Commissione è chiamata a formulare, entro il termine di giovedì 13 ottobre prossimo, una relazione sul disegno di legge, nominando altresì un relatore, che può partecipare alle sedute della Commissione Politiche dell'Unione europea, nonché ad esprimere un parere sulla Relazione consuntiva. La relazione ed il parere approvati sono trasmessi alla XIV Commissione; le relazioni di minoranza sono anch'esse trasmesse alla Commissione, dove possono essere illustrate da uno dei proponenti.
Rammenta inoltre che nel corso dell'esame in sede consultiva presso le Commissioni di settore possono essere presentati gli emendamenti al disegno di legge afferenti alle parti del provvedimento rientranti negli ambiti di competenza delle singole Commissioni; tali emendamenti, se approvati, saranno trasmessi in allegato alla relazione approvata sul provvedimento stesso alla XIV Commissione.

Gerardo SOGLIA (PT), relatore, rileva innanzitutto come il disegno di legge C. 4623, recante la Legge comunitaria 2011, sia stato presentato dal Governo in adempimento dell'obbligo previsto dall'articolo 8 della legge n. 11 del 2005, che demanda ad un disegno di legge da presentare con cadenza annuale l'adeguamento periodico dell'ordinamento nazionale a quello comunitario.
Esso si compone di 5 articoli e due allegati.
Preliminarmente rileva come l'esame del disegno di legge comunitaria 2011 si avvii quando non è ancora concluso l'esame del disegno di legge comunitaria 2010, il quale è attualmente all'esame del Senato (Atto Senato n. 2322-B), dopo essere già stato approvato in prima lettura dal Senato ed in seconda lettura dalla Camera.
Passando a sintetizzare il contenuto del provvedimento, rileva come l'articolo 1, comma 1, conferisca una delega al Governo per adottare i decreti legislativi recanti le norme occorrenti per dare attuazione alle direttive comprese negli allegati A e B entro i termini indicati negli allegati medesimi, salvo che, alla data di entrata in vigore della legge comunitaria, essi siano già scaduti o scadano nei tre mesi successivi, nel qual caso il Governo dovrà esercitare la delega entro 3 mesi. Per le direttive che non prevedono un termine di recepimento, i decreti legislativi dovranno essere adottati, invece, entro 12 mesi dall'entrata in vigore della legge comunitaria.
Ai sensi del comma 3, per gli schemi di decreto legislativo attuativi delle direttive incluse nell'allegato B è prevista la trasmissione ai fini dell'espressione del parere da parte delle competenti Commissioni parlamentari; la previsione si estende agli schemi di decreto legislativo attuativi delle direttive elencate nell'allegato A nel solo caso in cui gli stessi contemplino il ricorso a sanzioni penali. In base al comma 9, qualora il Governo non intenda conformarsi ai pareri parlamentari relativi a sanzioni penali, è tenuto a trasmettere nuovamente alle Camere i testi degli schemi di decreto, che sono sottoposti nuovamente al parere. Analogo meccanismo di doppio parere è previsto, ai sensi del comma 4, per quanto riguarda il mancato recepimento delle condizioni, formulate ai fini del rispetto dell'articolo 81, quarto comma, della Costituzione, contenute nei pareri espressi dalle Commissioni competenti per i profili finanziari.
Di particolare rilievo risultano i commi 6 e 7, i quali, attraverso il rinvio a disposizioni della legge n. 11 del 2005, prevede un intervento suppletivo, anticipato e cedevole da parte dello Stato in caso di inadempienza delle regioni e delle province autonome nell'attuazione delle direttive.
Il comma 8 prevede inoltre che il Ministro per le politiche europee informi con propria relazione il Parlamento dei ritardi nell'esercizio delle deleghe legislative conferite ai sensi del comma 1.
Il comma 5 autorizza inoltre il Governo a emanare disposizioni integrative e correttive

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dei decreti legislativi emanati, entro 24 mesi dalla data di entrata in vigore di ciascuno di essi.
L'articolo 2 detta, in aggiunta a quelli contenuti nelle direttive da attuare, i seguenti princìpi e criteri direttivi di carattere generale per l'esercizio delle deleghe, in gran parte conformi a quelli previsti dalle precedenti leggi comunitarie:
le amministrazioni interessate provvedono all'attuazione dei decreti legislativi con le ordinarie strutture amministrative, secondo il principio della massima semplificazione dei procedimenti e delle modalità di organizzazione e di esercizio delle funzioni e dei servizi (lettera a);
debbono essere introdotte le modifiche alla disciplina occorrenti per un migliore coordinamento normativo, fatti salvi i procedimenti oggetto di semplificazione o le materie oggetto di delegificazione (lettera b);
ove ciò sia necessario per assicurare l'osservanza delle disposizioni contenute nei decreti legislativi di recepimento delle direttive, possono essere previste, entro certi limiti, sanzioni amministrative e penali, al di fuori dei casi previsti dalle norme penali vigenti; nelle materie che l'articolo 117, comma 4, della Costituzione attribuisce alla potestà legislativa delle regioni, le sanzioni amministrative sono determinate dalle regioni stesse (lettera c);
eventuali spese, non contemplate da leggi vigenti e non riguardanti l'attività ordinaria delle amministrazioni statali o regionali, possono essere previste nei decreti legislativi entro i limiti strettamente necessari per l'adempimento degli obblighi di attuazione delle direttive; alla relativa copertura si provvede, in quanto non sia possibile fare fronte con i fondi già assegnati alle competenti amministrazioni, a carico del Fondo di rotazione di cui all'articolo 5 della legge n. 183 del 1987 (lettera d);
all'attuazione di direttive che modificano precedenti direttive già attuate con legge o con decreto legislativo si procede, salvo che la modificazione comporti ampliamento della materia regolata, apportando le corrispondenti modificazioni alla legge o al decreto legislativo di attuazione della direttiva modificata (lettera e);
nella predisposizione dei decreti legislativi si tiene conto delle eventuali modificazioni delle direttive comunitarie comunque intervenute fino al momento dell'esercizio della delega (lettera f);
in presenza di sovrapposizioni di competenze tra amministrazioni diverse, o di coinvolgimento di più amministrazioni statali, i decreti legislativi individuano, attraverso forme di coordinamento e rispettando i princìpi di sussidiarietà, differenziazione, adeguatezza e leale collaborazione, nonché le competenze delle regioni e degli altri enti territoriali, le procedure per salvaguardare l'unitarietà dei processi decisionali, la trasparenza, la celerità, l'efficacia e l'economicità nell'azione amministrativa e la chiara individuazione dei soggetti responsabili (lettera g);
le direttive che riguardano le stesse materie o che comportino modifiche degli stessi atti normativi sono possibilmente attuate con un unico decreto legislativo (lettera h).

L'articolo 3 contiene, in analogia con quanto disposto dalle ultime leggi comunitarie, una delega al Governo per l'introduzione di sanzioni per le violazioni di obblighi discendenti da direttive attuate, ai sensi delle leggi comunitarie vigenti, in via regolamentare o amministrativa (ossia per via non legislativa) e per le violazioni di regolamenti comunitari già pubblicati alla data di entrata in vigore della legge comunitaria, per i quali non sono già previste sanzioni penali o amministrative.
I decreti legislativi, da adottare entro due anni dalla data di entrata in vigore della legge comunitaria, si informano ai principi e criteri direttivi di cui all'articolo 2, comma 1, lettera c) del disegno di legge.
L'articolo 4 prevede che agli oneri derivanti dalle prestazioni e dai controlli che gli uffici pubblici sono chiamati a sostenere in applicazione della normativa comunitaria

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si applicano le disposizioni recate dall'articolo 9, commi 2 e 2-bis, della legge n. 11 del 2005, ai sensi dei quali gli oneri medesimi sono posti a carico dei soggetti interessati, secondo tariffe predeterminate, pubbliche e definite sulla base del costo effettivo del servizio, ove ciò non risulti in contrasto con la disciplina comunitaria, e le entrate derivanti dalle predette tariffe sono attribuite, nei limiti previsti dalla legislazione vigente, alle amministrazioni che effettuano le prestazioni e i controlli.
L'articolo 5 conferisce una delega al Governo, da esercitare entro 24 mesi dalla data di entrata in vigore della legge, per l'adozione di testi unici o codici di settore delle disposizioni dettate in attuazione delle deleghe conferite dalla legge stessa per il recepimento di direttive comunitarie, con lo scopo di coordinare tali disposizioni con quelle vigenti nelle stesse materie.
Qualora i testi unici o i codici di settore riguardino princìpi fondamentali nelle materie di cui all'articolo 117, terzo comma, della Costituzione, o in altre materie di interesse delle regioni, i relativi schemi di decreto legislativo siano sottoposti al parere della Conferenza permanete per i rapporti Stato-regioni.
Ai sensi del comma 2 i testi unici e i codici di settore debbono riguardare materie o settori omogenei. Inoltre, viene precisato che le disposizioni contenute nei predetti provvedimenti di riordino possono essere oggetto di interventi di abrogazione, deroga, sospensione o modificazione solo in via esplicita e con indicazione puntuale della disposizione su cui si interviene.
Per quanto attiene agli aspetti del provvedimento rientranti negli ambiti di competenza della Commissione Finanze, segnala alcune direttive contemplate nell'Allegato B (i cui schemi di decreto legislativo di recepimento sono sottoposti al parere delle competenti Commissioni parlamentari), di seguito sintetizzate.
In primo luogo, segnala la rettifica apportata alla direttiva 2006/112/CE, in materia di IVA, consistente in un intervento di natura lessicale volto a sostituire nel testo della direttiva, ovunque essa ricorra, la nozione di «domicilio» ai fini IVA con quello di «indirizzo permanente», adeguando così il testo delle disposizioni della direttiva 2006/112/CE a quelle del Regolamento UE n. 282/2011 (in vigore dal 1o luglio 2011).
In merito ricorda come l'articolo 12 del Regolamento n. 282/2011 (Regolamento di esecuzione del Consiglio recante disposizioni di applicazione della direttiva 2006/112/CE relativa al sistema comune di imposta sul valore aggiunto) preveda, ai fini dell'applicazione della direttiva 2006/112/CE, che per «indirizzo permanente» di una persona fisica, sia essa soggetto passivo o meno, si intende l'indirizzo figurante nel registro della popolazione o in un registro analogo, oppure, l'indirizzo indicato da tale persona alle autorità fiscali competenti, tranne qualora esistano prove che tale indirizzo non corrisponde alla realtà.
La direttiva 2009/101/CE abroga la direttiva 68/151/CEE, codificando la materia da quest'ultima trattata in ordine alle garanzie richieste negli Stati membri alle società di capitali (società per azioni, società a responsabilità limitata, società in accomandita per azioni) per proteggere gli interessi dei soci e dei terzi.
La direttiva, in particolare, è volta al coordinamento delle disposizioni nazionali concernenti le società in merito a:
la pubblicità degli atti e dei dati più rilevanti;
la validità degli obblighi della società;
le ipotesi di nullità della società.

Per quanto concerne il profilo della pubblicità, la direttiva prescrive che le società debbano rendere pubblici determinati atti e indicazioni, vertenti in particolare su: l'atto costitutivo e lo statuto e le loro modifiche; la nomina, la cessazione dalle funzioni nonché le generalità delle persone che hanno il potere di rappresentare la società in giudizio e che partecipano all'amministrazione, alla vigilanza o al controllo della società; l'importo del

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capitale sottoscritto; il trasferimento della sede sociale; lo scioglimento della società; la liquidazione della società. Tali elementi sono registrati in un fascicolo costituito presso un registro centrale o presso un registro di commercio o un registro delle imprese. Tale dossier può essere disponibile in formato elettronico o su supporto cartaceo.
Sotto il profilo della validità degli obblighi della società, si prevede che qualora una società in formazione compia degli atti prima di acquistare la personalità giuridica, la responsabilità di tali atti grava sulle persone che li hanno compiuti e non sulla società stessa. Quando la società acquisisce la personalità giuridica gli atti compiuti dai suoi organi, ciò costituisce obbligo nei confronti dei terzi, anche qualora i predetti atti oltrepassino i limiti dell'oggetto sociale, a meno che essi eccedano i poteri conferiti ai predetti organi. Anche in caso di adempimento delle formalità di pubblicità relative ai soggetti dotati del potere di obbligare la società, le irregolarità riguardanti la nomina di tali persone non sono opponibili ai terzi. La società potrà far valere tale pubblicità esclusivamente fornendo la prova che i terzi erano a conoscenza di tali irregolarità.
La nullità di una società può essere dichiarata unicamente nei casi di:
mancanza dell'atto costitutivo;
carattere illecito o contrario all'ordine pubblico dell'oggetto della società;
mancanza di ogni indicazione riguardante la denominazione della società, i conferimenti, l'ammontare del capitale sottoscritto o l'oggetto sociale;
inosservanza delle disposizioni della legislazione nazionale relative al versamento minimo del capitale sociale;
incapacità di tutti i soci fondatori;
numero dei soci fondatori inferiore a due.

Dopo il riconoscimento ufficiale della nullità, la società è liquidata. Tuttavia, i possessori di quote o di azioni devono versare il capitale sottoscritto o non versato nei confronti dei creditori.
La direttiva non prevede un termine di recepimento: pertanto ad essa si applica il termine di recepimento entro dodici mesi dall'entrata in vigore della legge comunitaria previsto dall'articolo 1, comma 1, ultimo periodo, del disegno di legge.
La direttiva 2009/102/CE abroga la direttiva 89/667/CEE, codificando, in materia di diritto delle società, le disposizioni relative alle società a responsabilità limitata con un unico socio.
L'obiettivo della direttiva è di coordinare, al fine di rendere equivalenti in tutta la Comunità, alcune garanzie che sono richieste negli Stati membri, al fine di proteggere gli interessi tanto dei soci quanto dei terzi.
In particolare, si prevede che una società a responsabilità limitata può avere un socio unico all'atto della sua costituzione o in seguito alla riunione di tutte le sue quote in capo a un unico socio (società unipersonale). In attesa del coordinamento delle disposizioni nazionali in materia di diritto dei gruppi, agli Stati membri è attribuita la facoltà di prevedere disposizioni speciali o sanzioni qualora:
a) una persona fisica sia il socio unico di più società;
b) il socio unico di una società sia una società unipersonale o qualsivoglia altra persona giuridica.

L'obiettivo di tale facoltà è di tener conto delle particolarità esistenti in talune legislazioni nazionali.
Si stabilisce inoltre che gli Stati membri possono, per casi specifici, prevedere limitazioni all'accesso alla società unipersonale oppure una responsabilità illimitata per il socio unico. Gli Stati membri sono liberi di elaborare norme per far fronte ai rischi che una società unipersonale può presentare data l'esistenza di un unico socio, in particolare per assicurare la liberazione del capitale sottoscritto.
Si prevede altresì che la riunione di tutte le quote in capo a un unico socio e

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l'identità del socio unico debbano essere oggetto di pubblicità in un registro accessibile al pubblico. È necessario che tutte le decisioni prese dal socio unico in qualità di assemblea dei soci rivestano la forma scritta. Anche i contratti tra il socio unico e la società da lui rappresentata devono essere redatti per iscritto, sempreché non riguardino operazioni correnti concluse a condizioni normali.
La direttiva non prevede un termine di recepimento; pertanto, per essa vale il termine di recepimento entro dodici mesi dall'entrata in vigore della legge comunitaria previsto dall'articolo 1, comma 1, ultimo periodo, del disegno di legge.
La direttiva 2010/23/UE introduce un nuovo articolo 199-bis nella direttiva 2006/112/CE, in materia di imposta sul valore aggiunto, al fine di consentire agli Stati membri di prevedere, per un periodo limitato di tempo, l'applicazione del meccanismo di inversione contabile (cosiddetto reverse charge) alle operazioni che comportano cessioni di beni o prestazioni di servizi imponibili effettuate nell'ambito del sistema per lo scambio di quote ed emissioni di gas a effetto serra (come disciplinato dalla Direttiva 2003/87/CE). In sostanza, l'obbligo di versare l'IVA spetta al soggetto al quale sono trasferite le quote di emissioni e non, come di norma previsto, al soggetto passivo che effettua l'operazione.
La previsione ha l'obiettivo di combattere le frodi ai danni dell'IVA tramite una misura temporanea, che deroga alle norme vigenti nell'Unione.
Il nuovo articolo 199-bis della direttiva 2006/112/CE stabilisce che fino al 30 giugno 2015 e per un periodo minimo di due anni, gli Stati membri possono stabilire che il soggetto tenuto al pagamento dell'IVA sia il soggetto passivo nei cui confronti sono effettuate le seguenti operazioni:
a) trasferimenti di quote di emissioni di gas a effetto serra, come definiti all'articolo 3 della direttiva 2003/87/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 13 ottobre 2003;
b) trasferimenti di altre unità che possono essere utilizzate dai gestori per conformarsi alla stessa direttiva.

Una volta introdotto il meccanismo del reverse charge, gli Stati membri informano la Commissione in merito alla sua applicazione, presentando inoltre una relazione con una valutazione dettagliata dell'efficacia e dell'efficienza globali della misura. Ogni Stato membro che, a decorrere dal 9 aprile 2010, ha individuato un trasferimento di attività fraudolente nel proprio territorio, presenta alla Commissione una relazione al riguardo entro il 30 giugno 2014.
Gli Stati membri che sceglieranno di applicare il meccanismo di cui al nuovo articolo 199-bis della direttiva 2006/112/CE comunicheranno alla Commissione le disposizioni della misura di applicazione del meccanismo al momento dell'avvio di quest'ultimo.
La direttiva, dal momento che autorizza (senza obbligarli) gli Stati membri a prevedere il meccanismo dell'inversione contabile limitatamente ad alcune operazioni, non prevede un termine di recepimento: ad essa si applica pertanto il termine di recepimento entro dodici mesi dall'entrata in vigore della legge comunitaria previsto dall'articolo 1, comma 1, ultimo periodo, del disegno di legge.
La direttiva 2010/45/CE modifica la direttiva 2006/112/CE, relativa al sistema comune d'imposta sul valore aggiunto, per quanto riguarda le norme in materia di fatturazione, in particolare in tema di esigibilità dell'IVA e di semplificazione della fatturazione stessa.
Sotto il primo profilo, gli Stati membri, entro il 31 dicembre 2012, potranno introdurre un regime di contabilità di cassa che consente di pagare l'IVA solo quando il pagamento ad essa relativo viene effettivamente incassato. Tale regime ha lo scopo di aiutare le piccole e medie imprese che hanno difficoltà a versare l'IVA prima di aver ricevuto i pagamenti dai loro acquirenti, consentendo in tal modo agli Stati membri di introdurre un regime

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facoltativo di contabilità di cassa che non andrà ad incidere negativamente sui flussi di cassa legati alle loro entrate IVA.
Sarà inoltre possibile emettere «fatture semplificate» per importi inferiori ai 100 euro. Dal 1o gennaio 2013 sono introdotte disposizioni di omologazione a livello europeo del contenuto della fattura, sia cartacea sia in forma elettronica, con l'obiettivo di renderne uniforme l'utilizzo e la comprensione da parte dell'emittente e del destinatario, ancorché identificati ai fini IVA in Stati membri diversi dell'Unione.
La direttiva prende spunto da una relazione della Commissione Europea, che ha evidenziato alcune difficoltà inerenti alla fatturazione elettronica e ha richiamato l'attenzione su altri settori in cui occorre semplificare le norme IVA al fine di migliorare il funzionamento del mercato interno. Al fine di armonizzare e garantire la certezza del diritto, sono stabilite regole più precise per individuare gli obblighi che le imprese devono seguire in tema di fatturazione, prevedendosi al riguardo l'applicazione, in linea generale, delle disposizioni vigenti nello Stato membro in cui si considera effettuata la cessione di un bene o la prestazione di un servizio.
Le previsioni della direttiva incoraggiano, inoltre, il ricorso alla fatturazione elettronica, mediante la soppressione degli ostacoli giuridici alla trasmissione e all'archiviazione dei documenti dematerializzati.
In particolare, la direttiva introduce un principio in base al quale ogni soggetto passivo stabilisce il modo in cui assicurare l'autenticità dell'origine, l'integrità del contenuto e la leggibilità della fattura: i soggetti passivi, pertanto, non saranno obbligati a ricorrere ad una particolare tecnologia di fatturazione elettronica. Per motivi di certezza, è riconosciuta agli Stati membri la possibilità di richiedere che la conservazione elettronica delle fatture sia obbligatoriamente accompagnata dalla conservazione di quei dati che garantiscono l'autenticità dell'origine e l'integrità del contenuto di ciascuna fattura.
Viene introdotta una diversa definizione di fattura elettronica, sostituendo quella attuale (»trasmissione o messa a disposizione per via elettronica dei dati di fatturazione») con quella di «fattura emessa e ricevuta in formato elettronico», così da realizzare la piena parificazione tra le fatture cartacee e quelle elettroniche.
Sono altresì stabilite regole più precise per determinare gli obblighi per le imprese in tema di fatturazione, stabilendosi che normalmente si applicheranno le norme dello Stato membro in cui si considera effettuata la cessione di un bene o la prestazione di un servizio.
Sono modificati gli obblighi relativi alle informazioni che devono figurare sulle fatture, per permettere un miglior controllo dell'imposta, garantire un trattamento più uniforme alle cessioni di beni/prestazioni di servizi e contribuire a promuovere la fatturazione elettronica.
Le norme della direttiva dovranno essere recepite dagli Stati membri entro il 31 dicembre 2012 per rendere applicabili le nuove disposizioni dal 1o gennaio 2013.
La direttiva 2010/73/UE detta misure di maggiore trasparenza delle negoziazioni di strumenti finanziari, puntando, attraverso la modifica di norme comunitarie previgenti, a ridurre gli oneri amministrativi a carico delle imprese senza compromettere la tutela degli investitori ed il corretto funzionamento dei mercati degli strumenti finanziari dell'Unione europea.
In particolare, gli articoli 1 e 2 modificano estesamente la direttiva 2003/71/CE, relativa al prospetto da pubblicare per l'offerta pubblica o l'ammissione alla negoziazione di strumenti finanziari, nonché la direttiva 2004/109/CE, sull'armonizzazione degli obblighi di trasparenza riguardanti le informazioni sugli emittenti i cui valori mobiliari sono ammessi alla negoziazione in un mercato regolamentato.
Le principali novità introdotte dalla direttiva 2010/73/UE riguardano:
la ridefinizione degli «investitori qualificati», per un riallineamento con le definizioni di clienti professionali e delle controparti qualificate contenute nella direttiva 2004/39/CE, e delle «informazioni chiave» («nota di sintesi del prospetto»)

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che devono essere rese all'investitore in sede di investimento a garanzia della trasparenza dell'operazione e che includono una descrizione dei rischi connessi all'emittente e agli eventuali garanti, delle caratteristiche essenziali dell'investimento, delle condizioni generali, dei dettagli dell'ammissione alla negoziazione e delle ragioni dell'offerta;
l'innalzamento della soglia di cui all'articolo 3, paragrafo 2, lettere c) e d), della direttiva 2003/71/CE, che si fondava su una distinzione tra investitori al dettaglio e investitori professionali in termini di capacità di investimento, da 50.000 a 100.000 euro;
l'esenzione dagli obblighi della direttiva per gli strumenti finanziari inclusi in un'offerta qualora il corrispettivo totale dell'offerta nell'Unione, calcolato su un periodo di dodici mesi, sia inferiore a 5 milioni di euro e non più a soli 2,5 milioni di euro;
l'esenzione dagli obblighi della direttiva per gli strumenti finanziari diversi dai titoli di capitale emessi in modo continuo o ripetuto da enti creditizi qualora il corrispettivo totale dell'offerta nell'Unione, calcolato su un periodo di dodici mesi, sia inferiore a 75 milioni di euro, e non più a 50 milioni, a condizione che tali strumenti finanziari non siano subordinati, convertibili o scambiabili e che non conferiscano il diritto di sottoscrivere o acquisire altri tipi di strumenti finanziari e non siano collegati ad uno strumento derivato;
la validità annuale del prospetto informativo a partire dalla sua approvazione e non dalla sua pubblicazione;
l'abolizione dell'obbligo annuale di aggiornamento del prospetto informativo contenente tutte le informazioni utili sull'investimento;
l'innalzamento della soglia (da 100 a 150 persone fisiche o giuridiche per Stato membro, diverse dagli investitori qualificati), per l'offerta di strumenti finanziari senza obbligo di pubblicazione del prospetto;
la riduzione dei requisiti di validità della pubblicità del prospetto al solo strumento di internet.

La direttiva prevede infine un meccanismo di valutazione degli effetti introdotti dalle modifiche alle normative comunitarie, da effettuarsi entro il 1o gennaio 2016.
Il termine per il recepimento della direttiva in oggetto è fissato al 1o luglio 2012.
Ricorda che nel corso dell'esame alla Camera del disegno di legge comunitaria 2010 (C. 4059-A/R), ora all'esame del Senato, l'Assemblea ha approvato un articolo aggiuntivo (ora indicato come articolo 7 nel testo all'esame del Senato S. 2322-B) che conferisce una delega al Governo ad attuare l'appena descritta direttiva 2010/73/UE.
La norma in oggetto prevede che il recepimento della direttiva avvenga, oltre che nel rispetto dei princìpi e criteri direttivi generali recati dall'articolo 2 della legge n. 96 del 2010 (legge comunitaria 2009), secondo ulteriori specifici criteri direttivi. In particolare:
la lettera a) prevede che il decreto attuativo intervenga con modifiche e integrazioni al decreto legislativo n. 58 del 1998 (testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria - TUF), con particolare riferimento alla disciplina degli emittenti, del prospetto e dell'ammissione a negoziazione nei mercati regolamentati, nonché confermando il ricorso alla disciplina secondaria: in tale ambito si prevede peraltro che debbano restare invariate le competenze in materia attribuite alla CONSOB dal TUF;
ai sensi della lettera b) il decreto di attuazione dovrà intervenire sulla normativa vigente nei vari settori interessati in un'ottica di coordinamento con le altre disposizioni, al fine di contribuire alla riduzione degli oneri gravanti sugli emittenti. Tale semplificazione non deve tuttavia

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compromettere né la tutela degli investitori né il corretto funzionamento dei mercati degli strumenti finanziari; è altresì prevista l'armonizzazione della disciplina delle responsabilità sull'informativa da prospetto con quanto previsto dagli altri Stati membri dell'UE ai sensi della direttiva;
la lettera c) stabilisce invece di modificare la disciplina vigente al fine di semplificare le procedure e ridurre i tempi di approvazione dei prospetti, differenziando l'applicazione degli obblighi informativi in base ai mercati e agli strumenti finanziari, e prevedendo altresì di escludere la pubblicazione del prospetto (o limitare gli obblighi di informativa) nei casi meno rilevanti.

La normativa delegata dovrà altresì intervenire sulla disciplina delle procedure decisionali delle istituzioni competenti, nonché adeguare la disciplina dei controlli, della vigilanza e della responsabilità dei soggetti preposti, nel rispetto comunque del principio di proporzionalità e con riferimento a modelli normativi nazionali o comunitari analoghi.
Le modifiche dovranno coordinare la disciplina vigente con quella dei titoli diffusi, affinché gli emittenti esteri non siano disincentivati né penalizzati nel richiedere l'ammissione sui mercati nazionali; si dovrà, infine, tenere conto dell'impatto della disciplina sui piccoli intermediari che negoziano le proprie obbligazioni sui tali mercati.
La direttiva 2011/7/CE è finalizzata a contrastare i ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali, abrogando, con decorrenza dal 16 marzo 2013, la precedente normativa contenuta nella direttiva 2000/35/CE.
Ai sensi degli articoli 1 e 2 l'ambito di applicazione della direttiva 2011/7/CE è «ogni pagamento effettuato a titolo di corrispettivo in una transazione commerciale», per essa intendendosi una «transazione tra imprese, ovvero tra imprese e pubbliche amministrazioni che comportano la fornitura di merci o la prestazione di servizi dietro pagamento di un corrispettivo».
L'articolo 1 consente comunque agli Stati membri di escludere i debiti che formano oggetto di procedure concorsuali aperte, comprese le procedure per la ristrutturazione del debito.
L'articolo 2 qualifica come ritardo di pagamento il pagamento non effettuato durante periodo contrattuale o legale.
Relativamente alle transazioni commerciali tra imprese, la direttiva prevede che gli Stati membri sono tenuti ad assicurare che il creditore abbia diritto agli interessi di mora, senza che sia necessario un sollecito, laddove:
il creditore abbia adempiuto agli obblighi contrattuali e di legge,
l'importo non sia stato da esso ricevuto nei termini e il ritardo è imputabile al debitore.

Ai sensi dell'articolo 3, in presenza di tali condizioni, gli Stati membri sono tenuti ad assicurare che il creditore abbia diritto agli interessi di mora a decorrere dal giorno successivo alla scadenza o alla fine del periodo di pagamento stabiliti nel contratto. L disposizione precisa che il periodo di pagamento nelle transazioni commerciali tra imprese non deve superare sessanta giorni, se non è espressamente diversamente concordato nel contratto e se ciò non è gravemente iniquo per il creditore.
Per quanto riguarda le transazioni fra imprese e pubbliche amministrazioni, in cui parte debitrice è una pubblica amministrazione, il medesimo articolo 3 specifica le imprese creditrici hanno diritto agli interessi legali di mora, senza che sia necessario un sollecito, laddove:
il creditore ha adempiuto agli obblighi contrattuali e di legge;
l'importo non è stato ricevuto nei termini e il ritardo è imputabile al debitore.

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Ai sensi dell'articolo 4 i termini per il pagamento previsti per tali transazioni commerciali, in cui la parte debitrice è una pubblica amministrazione, sono di trenta giorni.
In particolare, i termini sono di:
trenta giorni dal ricevimento da parte del debitore della fattura o di una richiesta equivalente di pagamento;
se non vi è certezza sulla data di ricevimento della fattura o della richiesta equivalente di pagamento, ovvero, se la data in cui il debitore riceve la fattura o la richiesta è anteriore a quella del ricevimento delle merci o della prestazione dei servizi, trenta giorni dal ricevimento delle merci o dalla prestazione dei servizi;
nel caso in cui sia prevista una procedura di accettazione o di verifica di conformità delle merci o dei servizi, trenta giorni dalla data di accettazione o verifica; la durata massima della procedura di accettazione o di verifica non deve superare trenta giorni dalla data di ricevimento delle merci o della prestazione dei servizi, a meno che non sia diversamente concordato dalle parti e nella documentazione di gara, e purché ciò non sia gravemente iniquo per il creditore.
la data di ricevimento della fattura non soggetta a un accordo contrattuale tra debitore e creditore.

Lo stesso articolo 4 specifica che i suddetti termini possono essere prorogati fino ad un massimo di sessanta giorni per:
a) qualsiasi amministrazione pubblica che svolga attività economiche di natura industriale o commerciale offrendo merci o servizi sul mercato e che sia soggetta, come impresa pubblica, ai requisiti di trasparenza previsti dalla direttiva 2006/111/CE sulla trasparenza delle relazioni finanziarie tra gli Stati membri e le loro imprese pubbliche;
b) enti pubblici che forniscono assistenza sanitaria e che siano stati debitamente riconosciuti a tal fine.

Se uno Stato membro decide la proroga dei termini dei pagamenti, esso deve trasmettere alla Commissione una relazione su tale proroga entro il 16 marzo 2018.
Su tale base, la Commissione presenta, in base all'articolo 4, paragrafo 4, al Parlamento europeo e al Consiglio una relazione, cui sono accluse eventuali proposte, che indica gli Stati membri che hanno prorogato i termini e che tiene conto dell'impatto di tale proroga sul funzionamento del mercato interno, in particolare sulle piccole e medie imprese.
Gli Stati membri devono assicurare che il termine per il pagamento stabilito nel contratto non superi i trenta giorni, a meno che un diverso termine sia espressamente concordato tra le parti e giustificato dalla particolare natura del contratto. Il termine non potrà comunque superare i sessanta giorni secondo quanto indicato dall'articolo 4, paragrafo 6.
La direttiva reca poi norme valevoli sia per le transazioni commerciali tra imprese, sia per le transazioni tra imprese e pubblica amministrazione, prevedendo:
la facoltà delle parti di concordare, fatta salva la pertinente normativa interna, forme di pagamento a rate (articolo 5);
che il creditore abbia diritto, nell'ipotesi di interessi di mora esigibili, ad un importo forfetario minimo di 40 euro nonché ad un risarcimento ragionevole per ogni costo - eccedente l'importo forfetario - sostenuto a causa del ritardo (articolo 6);
l'obbligo per gli Stati membri di prevedere l'impossibilità per il debitore di far valere clausole contrattuali o prassi - sul periodo di pagamento, sul tasso di interesse di mora o sul risarcimento per i costi di recupero - che risultino gravemente inique per il creditore (articolo 7).

La direttiva indica esplicitamente come gravemente iniqua una clausola contrattuale o una prassi che escluda l'applicazione degli interessi di mora o il risarcimento per i costi di recupero.

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Essa inoltre elenca specifiche circostanze (violazione del principio della buona fede e della correttezza; natura del prodotto o del servizio e motivi oggettivi) da valutare ai fini dell'esistenza di clausole gravemente inique.
In particolare, nel caso di clausole contrattuali o prassi gravemente inique, la normativa nazionale deve approntare strumenti che attribuiscano la legittimazione ad agire dinnanzi agli organi giurisdizionali alle organizzazioni ufficialmente riconosciute per la rappresentanza delle imprese o titolari di un legittimo interesse a rappresentarle;
l'obbligo per gli Stati membri di rendere trasparenti i diritti e gli obblighi derivanti dalla direttiva, anche rendendo pubblico il tasso d'interesse legale di mora, utilizzando pubblicazioni specialistiche e campagne promozionali, o incoraggiando la creazione di codici di pagamento rapido (articolo 8);
l'obbligo per gli Stati membri di prevedere che il venditore conservi il diritto di proprietà sulle merci fintanto che non siano state totalmente pagate, qualora sia stata esplicitamente concordata una clausola di riserva di proprietà, e la possibilità di adottare o mantenere disposizioni relative ad anticipi già versati dal debitore (articolo 9);
l'obbligo per gli Stati membri, relativamente alle procedure di recupero di crediti non contestati, di assicurare che un titolo esecutivo possa essere ottenuto, anche mediante procedure accelerate e indipendentemente dall'importo del debito, di norma entro novanta giorni dalla data in cui il creditore ha presentato un ricorso o ha proposto una domanda dinanzi all'autorità giurisdizionale o un'altra autorità competente (articolo 10).

Ai sensi dell'articolo 11 la Commissione europea presenta al Parlamento europeo e al Consiglio, entro il 16 marzo 2016, una relazione sull'attuazione della presente direttiva, corredata di eventuali proposte.
La direttiva, entrata in vigore il 15 marzo 2011, stabilisce come termine per il suo recepimento nel diritto interno degli Stati membri il 16 marzo 2013.
La direttiva 2011/16/CE reca alcune nuove disposizioni in merito alla cooperazione tra le amministrazioni fiscali dei diversi Stati membri, al fine di contrastare maggiormente l'evasione e l'elusione fiscale.
In particolare, la nuova direttiva mira a rendere possibile la copertura di tutte le persone fisiche e giuridiche nell'Unione, tenendo conto della gamma sempre crescente di istituti giuridici, inclusi non soltanto gli istituti tradizionali come trust, fondazioni e fondi di investimento ma anche eventuali nuovi strumenti che possano essere creati dai contribuenti negli Stati membri.
In merito ricorda che l'assistenza reciproca tra amministrazioni tributarie degli Stati membri comunitari è attualmente regolata dalla direttiva 77/799/CEE, la quale tuttavia non è più in grado di rispondere alle nuove esigenze in materia di cooperazione amministrativa e, pertanto, viene abrogata a decorrere dal 1o gennaio 2013.
La direttiva, che si compone di 29 articoli, stabilisce norme e procedure per consentire la cooperazione reciproca tra Stati comunitari in relazione alle imposte dirette e indirette.
Ai sensi dell'articolo 2, essa si applica alle imposte di qualsiasi tipo riscosse da, o per conto di, uno Stato membro o di un ente locale, ad eccezione dell'IVA e dei dazi doganali, nonché dei contributi previdenziali obbligatori dovuti allo Stato membro o agli organismi di previdenza sociale.
In base all'articolo 4 l'Italia ha comunicato alla Commissione che l'autorità competente ai fini della presente direttiva è individuata nella persona del Direttore generale delle finanze (vedi Gazzetta Ufficiale C. 177 del 17 giugno 2011).
Gli articoli da 5 a 7 disciplinano lo scambio di informazioni su richiesta, l'articolo 8 regola lo scambio di informazioni

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automatico, mentre gli articoli 9 e 10 normano lo scambio di informazioni spontaneo.
Nel caso di scambio su richiesta, l'autorità interpellata trasmette all'autorità richiedente le informazioni pertinenti richieste in materia di imposte di cui sia in possesso o che ottenga a seguito di un'indagine amministrativa, al più tardi entro sei mesi dalla data di ricevimento della richiesta.
Nell'ipotesi di scambio automatico obbligatorio di informazioni, l'autorità competente di ciascuno Stato membro comunica all'autorità competente di qualsiasi altro Strato membro le informazioni disponibili sui periodi d'imposta dal 1o gennaio 2014 riguardanti i residenti in tale altro Stato membro su determinate categorie di reddito e di capitale:
a) redditi da lavoro;
b) compensi per dirigenti;
c) prodotti di assicurazione sulla vita non contemplati in altri strumenti giuridici dell'Unione sullo scambio di informazioni e misure analoghe;
d) pensioni;
e) proprietà e redditi immobiliari.

L'autorità competente di uno Stato membro può, tuttavia, indicare all'autorità competente di qualsiasi altro Stato membro che non desidera ricevere informazioni su tali categorie di reddito e di capitale o che non desidera ricevere informazioni su redditi o capitali che non superano un importo minimo.
Da ultimo, lo scambio spontaneo di informazioni ha luogo quando, ad esempio, l'autorità di uno Stato membro ha fondati motivi di presumere che esista una perdita di gettito fiscale nell'altro Stato membro, oppure quando un contribuente ottiene in uno Stato membro una riduzione o un esonero d'imposta che dovrebbe comportare per esso un aumento d'imposta o un assoggettamento ad imposta nell'altro Stato membro. Stessa possibilità è prevista, inoltre, qualora l'autorità competente di uno Stato membro abbia fondati motivi di presumere che esista una riduzione d'imposta, che risulta da trasferimenti fittizi di utili all'interno di gruppi d'imprese, ovvero nel caso che in uno Stato membro, a seguito delle informazioni comunicate dall'autorità competente di altro Stato membro, siano raccolte informazioni che possano essere utili per l'accertamento dell'imposta in altro Stato membro.
L'articolo 24 prevede altresì la possibilità di scambio di informazioni con i Paesi terzi, disponendo al riguardo che l'autorità competente di uno Stato membro che riceve da un Paese terzo informazioni, prevedibilmente pertinenti per l'amministrazione e relative alle imposte oggetto della direttiva, possa, a condizione che ciò sia consentito ai sensi di un accordo con tale Paese terzo, trasmettere tali informazioni alle autorità competenti degli Stati membri, per le quali tali informazioni possano essere utili e ad ogni autorità richiedente. A loro volta, le autorità competenti potranno trasmettere a un Paese terzo, in conformità alle disposizioni di diritto interno applicabili alla comunicazione di dati personali a Paesi terzi, informazioni ottenute in virtù della direttiva, purché sia soddisfatta una duplice condizione: l'autorità competente dello Stato membro da cui proviene l'informazione abbia consentito tale comunicazione e il Paese terzo interessato si sia impegnato a fornire la cooperazione necessaria per raccogliere gli elementi che comprovano l'irregolarità o l'illegalità di operazioni che sembrino essere contrarie.
Tra le principali novità contemplate nella direttiva segnala le altre forme di cooperazione amministrativa.
In particolare, l'articolo 11 disciplina la presenza negli uffici amministrativi dell'autorità interpellata e la partecipazione alle sue indagini amministrative di funzionari designati dall'autorità richiedente, mentre l'articolo 12 regola i controlli simultanei, nonché la condivisione delle migliori pratiche e delle esperienze al fine di migliorare la cooperazione.

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Ai sensi dell'articolo 16 le informazioni scambiate sono coperte dal segreto sono soggette, in base all'articolo 25, alle norme in materia di protezione dei dati. Possono essere utilizzate anche per l'accertamento e l'applicazione di altre imposte e dazi, per l'accertamento e l'applicazione dei contributi previdenziali obbligatori, oltre che in occasione di procedimenti giudiziari o amministrativi in ambito tributario che implicano l'eventuale irrogazione di sanzioni.
Ai sensi dell'articolo 20 la trasmissione delle informazioni avverrà mediante dei formulari predisposti dalla Commissione e sarà possibile allegare relazioni, attestati o altri documenti. L'articolo 21 prevede che la comunicazione avverrà in via elettronica per il tramite della «rete CCN», ossia una piattaforma comune basata sulla rete comune di comunicazione (CCN) e sull'interfaccia comune di sistema (CSI), sviluppata dall'Unione europea per la trasmissione elettronica delle informazioni tra le autorità competenti nel settore delle dogane e della fiscalità.
L'articolo 29 fissa al 1o gennaio 2013 il termine per gli Stati membri per recepire la direttiva, stabilendo tuttavia che per il solo scambio automatico obbligatorio di informazioni il termine di attuazione è fissato al 1o gennaio 2015.
Nell'Allegato A (i cui schemi di decreto legislativo di recepimento non sono sottoposti al parere delle competenti Commissioni parlamentari, salvo che prevedano sanzioni penali), non sono invece contemplati atti normativi afferenti agli ambiti di competenza della Commissione Finanze.
Per quanto riguarda invece le direttive da adottare in via amministrativa, la relazione illustrativa allegata al disegno di legge elenca, tre le direttive non ancora attuate, le direttive 2010/43/UE e 2010/44/UE, che dispongono in merito alle modalità di esecuzione della direttiva 2009/65/CE, per quanto riguarda, rispettivamente, i requisiti organizzativi, i conflitti di interesse, le regole di condotta, la gestione del rischio e il contenuto dell'accordo tra il depositario e la società di gestione (2010/43/UE) e talune disposizioni inerenti alle fusioni di fondi, alle strutture master-feeder e alla procedura di notifica (2010/44/UE).
Ricorda che la direttiva 2009/65/CE concerne il coordinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative in materia di taluni organismi d'investimento collettivo in valori mobiliari (OICVM).
La direttiva, che si compone di 119 articoli ed è entrata in vigore il 7 dicembre 2009, qualifica, all'articolo 1, n. 2, come OICVM gli organismi il cui oggetto esclusivo è l'investimento collettivo dei capitali raccolti presso il pubblico in valori mobiliari o in altre attività finanziarie liquide e il cui funzionamento è soggetto al principio della ripartizione dei rischi, e le cui quote sono, su richiesta dei detentori, riacquistate o rimborsate, direttamente o indirettamente, a valere sul patrimonio dei suddetti organismi. È assimilato a tali riacquisti o rimborsi il fatto che un OICVM agisca per impedire che il valore delle sue quote sul mercato si allontani sensibilmente dal valore patrimoniale netto.
Gli articoli da 58 a 67 della direttiva recano disposizioni relative alle strutture master-feeder. In particolare, ai sensi dell'articolo 58, n. 1, un OICVM feeder è un OICVM o un suo comparto di investimento che ha ricevuto l'approvazione per investire almeno l'85 per cento del proprio patrimonio in quote di un altro OICVM o in comparti di investimento di quest'ultimo (detto OICVM master).
Un OICVM feeder può detenere fino al 15 per cento del suo patrimonio in liquidità detenute a titolo accessorio, strumenti finanziari derivati (utilizzabili solo a fini di copertura) e beni mobili e immobili indispensabili all'esercizio diretto delle attività (se l'OICVM feeder è una società di investimento).
In base all'articolo 58, n. 3, un OICVM master è invece un OICVM o un suo comparto di investimento che:
a) ha fra i suoi detentori di quote almeno un OICVM feeder;

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b) non è esso stesso un OICVM feeder e non detiene quote di un OICVM feeder.

Per quanto riguarda la direttiva 2010/43/UE, essa fissa una serie di norme di esecuzione della predetta direttiva 2009/65/CE.
In primo luogo si specificano le procedure e i meccanismi, nonché le strutture e i requisiti organizzativi per ridurre al minimo i conflitti di interesse conformemente all'articolo 12, della direttiva 2009/65/CE.
Inoltre si fissano i criteri per agire con correttezza ed equità e con la competenza, la cura e la diligenza necessarie, nel migliore interesse degli OICVM, e i criteri per determinare le tipologie di conflitti di interesse, specificando i principi richiesti per assicurare che le risorse siano utilizzate in modo efficace e definendo le misure da adottare per individuare, prevenire, gestire o rendere noti conflitti di interesse.
Si specificano altresì i dettagli da includere nell'accordo tra il depositario e la società di gestione, di cui all'articolo 23, paragrafo 5, e all'articolo 33, paragrafo 5 della direttiva 2009/65/CE.
Si regola infine la procedura di gestione dei rischi di cui all'articolo 51, paragrafo 1, in particolare con riferimento ai criteri per valutare l'adeguatezza della procedura di gestione dei rischi utilizzata dalla società di gestione, alla politica e alle procedure di gestione dei rischi e i meccanismi, nonché le procedure e le tecniche di misurazione e di gestione dei rischi connesse a detti criteri.
L'articolo 46 della direttiva 2010/43/UE stabilisce che gli Stati membri mettano in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla direttiva entro il 30 giugno 2011.
La direttiva 2010/44/UE stabilisce invece norme dettagliate per l'esecuzione di specifiche disposizioni della direttiva 2009/65/CE, relative, in particolare:
alle informazioni da fornire ai detentori di quote (articolo 43);
all'accordo tra l'OICVM master e l'OICVM feeder (articoli 60, 61, 62 e 64);
alla possibilità per gli OICVM di commercializzare le proprie quote nel loro territorio previa notifica (articolo 95).

L'articolo 34 della direttiva 2010/44/UE stabilisce che gli Stati membri mettano in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla direttiva entro il 30 giugno 2011, salvo che quelle necessarie per conformarsi agli articoli 7 (Metodo per fornire le informazioni ai detentori di quote) e 29 (Metodo per fornire le informazioni ai detentori di quote) entro il 31 dicembre 2013.
Segnala come le direttive appena descritte intendano dare esecuzione ad una direttiva (2009/65) non ancora recepita nell'ordinamento nazionale, in quanto contenuta nel disegno di legge comunitaria 2010, attualmente all'esame del Senato (A.S. 2322-B).
Al riguardo ricorda che tale ultimo provvedimento conferisce, all'articolo 6, una delega al Governo, corredata di specifici principi e criteri direttivi, per attuare la predetta direttiva 2009/65/CE.
Rammenta inoltre che l'articolo 2, commi da 62 a 84, del decreto - legge n. 225 del 2010, è intervenuto sul regime fiscale dei fondi comuni di investimento, prevedendo, ai commi da 73 a 77, specifiche disposizioni per gli organismi d'investimento collettivo in valori mobiliari (OICVM).
Per quanto riguarda la Relazione consuntiva sulla partecipazione dell'Italia all'Unione europea nel 2010, segnala innanzitutto come essa costituisca un'innovazione rispetto alle precedenti relazioni sulla partecipazione dell'Italia all'UE, in quanto, a seguito delle modifiche apportare dalla legge n. 96 del 2010 (Legge Comunitaria 2009), sono stati separati nettamente, nell'informativa annuale che il Governo deve fornire al Parlamento su tali tematiche, gli orientamenti che il Governo intende perseguire rispetto ai risultati conseguiti nell'anno precedente. Pertanto, si

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prevede la presentazione alle Camera di due distinte relazioni, ciascuna relativa a tali diversi aspetti.
Rileva quindi come, grazie a tali innovazioni, l'efficacia informativa e la chiarezza della Relazione risultino nettamente migliorati rispetto alle precedenti versioni. Infatti, il Documento, oltre a fornire dati più analitici ed esaustivi sui diversi profili delle attività europee, riferisce in merito alle posizioni politiche assunte dal Governo italiano nelle sedi istituzionali e dei contributi forniti in tali ambiti.
Passando ad illustrare il contenuto della Relazione, essa si articola in quattro parti ed un'appendice, contenente numerosi allegati.
La Parte Prima riferisce in merito agli sviluppi del processo di integrazione europea nel corso del 2010, affrontando separatamente i temi istituzionali, quelli della politica estera e di sicurezza comune, quelli relativi alla cooperazione nei settori della giustizia e degli affari interni, nonché, infine, tratteggiando i diversi aspetti delle politiche dell'Unione europea.
In tale contesto segnala, per quanto riguarda gli aspetti rilevanti per le competenze della Commissione Finanze, il paragrafo 2 della Sezione Quarta, il quale fornisce un quadro circa le iniziative assunte in sede europea sulle questioni economiche e finanziarie.
In primo luogo si evidenzia l'approvazione, da parte del Consiglio europeo, della proposta di modifica dei trattati UE, al fine di costituire un meccanismo permanente di gestione delle crisi economico-finanziarie, denominato European stability mechanism (ESM), il quale consentirà, come strumento di ultima istanza, di salvaguardare la stabilità della Zona Euro nel suo insieme. Tale proposta di modifica dei trattati dovrà essere approvata dai Paesi membri entro il 2012, per consentirne l'entrata in vigore nel 2013.
Inoltre viene segnalato il raggiungimento dell'accordo tra Parlamento europeo e Consiglio, che ha consentito di rendere operativo dal 1o gennaio 2011 il nuovo sistema europeo di controllo del sistema finanziario, articolato nella European banking Authority (EBA), la European securities and market Authority (ESMA) e la European insurance and occupational pensions Authority (EIOPA).
Da ultimo, vengono evidenziate le modifiche al Codice di condotta sull'attuazione del Patto di stabilità approvate dal Consiglio ECOFIN, che consentiranno di definire una nuova architettura istituzionale volta a valutare ed armonizzare le politiche fiscali ed economiche degli Stati membri. In tale contesto sono state presentate, da parte della Commissione europea, una serie di proposte legislative volte a rafforzare la governance economica, per quanto riguarda le politiche di bilancio, la sorveglianza sugli squilibri macroeconomici e le relative sanzioni.
La Parte Seconda riferisce in merito alla partecipazione italiana al processo normativo dell'UE nel 2010, con particolare riferimento alle linee principali della politica italiana nelle fasi preparatorie e negoziali degli atti legislativi dell'Unione.
In tale contesto rileva i dati forniti circa il tasso di trasposizione nell'ordinamento italiano delle direttive europee riguardanti il mercato interno, i quali mostrano il netto miglioramento della posizione dell'Italia rispetto agli altri Stati membri, dovuto al forte decremento del ritardo nella trasposizione delle direttive.
Parimenti positivi risultano i dati concernenti le procedure di infrazione avviate contro l'Italia dalla Commissione europea. Infatti, a fronte di un numero di infrazioni totali pari a 150 alla data del 24 gennaio 2010, le infrazioni sono calate a 131 alla data del 31 dicembre 2010, con una riduzione di circa il 15 per cento, che ha consentito all'Italia, per la prima volta in assoluto, di lasciare l'ultimo posto della classifica tra gli Stati membri per numero di infrazioni.
A questo proposito segnala come 17 di tali infrazioni si riferiscono a tematiche afferenti alla fiscalità ed alle dogane.
La Parte Terza illustra la partecipazione dell'Italia alla realizzazione delle principali politiche.

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In tale ambito assume particolare importanza il Capitolo 8, che riferisce in merito alle iniziative nel settore della politiche fiscali.
A questo riguardo il documento segnala in primo luogo le iniziative in materia di riforma della disciplina IVA, che hanno interessato sia la revisione delle regole in materia di fatturazione, sia la revisione del Regolamento sulla cooperazione amministrativa in materia di IVA, per rafforzare gli strumenti di lotta all'evasione di tale imposta.
Inoltre si sottolinea il raggiungimento dell'accordo politico, in sede ECOFIN, sulla cooperazione amministrativa nel settore fiscale, la quale, nell'impostazione seguita dal Governo italiano, dovrà connettersi con la Direttiva sulla tassazione del risparmio.
Il Capitolo 8 fornisce quindi dettagliate informazioni sulla partecipazione del Governo italiano ai lavori comunitari per quanto riguarda la fiscalità diretta e la fiscalità indiretta, la cooperazione amministrativa in materia fiscale e la cooperazione doganale.
Quanto al primo profilo, viene richiamato il dibattito sulla proposta di direttiva in materia di tassazione dei redditi da risparmio sotto forma di interessi, presentata nel 2008, volta in particolare a limitare i fenomeni di evasione ed elusione in materia. Al riguardo il documento segnala come i lavori svolti su tale tematica siano stati sospesi nel corso del 2010.
Inoltre è stata avviata una discussione in sede europea sull'introduzione di un prelievo sulle banche, volto a costituire un fondo di copertura rischi per istituti di credito, nonché sull'istituzione di un'imposta sulle transazioni finanziarie.
Il Consiglio ECOFIN ha altresì adottato una Risoluzione che raccomanda il coordinamento dei sistemi di fiscalità diretta degli Stati membri, al fine di eliminare le asimmetrie dannose e gli abusi.
Infine sono proseguiti i lavori del Gruppo di alto livello per la creazione di una base imponibile comune consolidata ed è stato approvato, da parte dell'ECOFIN, il rapporto del Gruppo di lavoro chiamato a definire un Codice di condotta sulla tassazione delle imprese, nell'ambito dell'azione di contrasto alla concorrenza fiscale dannosa.
Per quanto riguarda invece i temi della fiscalità indiretta, i lavori comunitari si sono in particolare concentrati sull'importante problematica del contrasto all'evasione in materia di IVA.
In primo luogo è stata emanata la Direttiva 2010/23/UE, la quale consente la possibilità, per gli Stati membri, di introdurre temporaneamente il meccanismo dell'inversione contabile (reverse charge) sui trasferimenti di quote di emissione di gas a effetto serra, la quale è finalizzata a contrastare le frodi intracomunitarie su tali tipologie di operazioni.
Inoltre si segnala come l'Italia abbia ottenuto l'autorizzazione del Consiglio ad applicare una misura di deroga per contrastare le cosiddette «frodi carosello» nel settore della telefonia mobile e dell'elettronica di consumo, consentendo in tal modo l'applicazione di una modifica al regime IVA italiano che estende alle cessioni di apparecchiature radiomobili e di personal computer il citato meccanismo del reverse charge.
Più in generale, è emerso come l'attuale sistema dell'IVA ed il meccanismo di deroghe attualmente previsto in materia siano inadeguati a contrastare efficacemente le frodi in ambito IVA, che rappresentano un grave pericolo per gli interessi delle finanze pubbliche nazionali e dello stesso bilancio dell'UE. A tale riguardo si è prospettata l'ipotesi di generalizzare il meccanismo del reverse charge come strumento di lotta alle frodi.
In parallelo, l'adozione della Direttiva 2010/45/UE intende semplificare l'utilizzo della fatturazione elettronica, sia per ridurre gli oneri amministrativi a carico delle imprese, sia per contrastare l'evasione fiscale. La Direttiva armonizza inoltre la tempistica circa il momento di effettuazione delle operazioni intracomunitarie, consentendo di aggiornare più tempestivamente i relativi dati. In tale contesto la Commissione, in una sua comunicazione, ha evidenziato come il passaggio

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generalizzato alla fatturazione IVA elettronica consentirà di realizzare un risparmio per l'UE pari a 240 miliardi di euro in sei anni.
Inoltre l'ECOFIN ha discusso, nel corso del 2010, circa lo stato di avanzamento di due proposte di direttiva in materia di trattamento IVA dei servizi finanziari e assicurativi, in particolare al fine di risolvere i problemi relativi alla determinazione della base imponibile dei servizi finanziari, nonché per giungere ad una compiuta definizione dei servizi finanziari ed assicurativi esenti.
Non è stato invece possibile proseguire i lavori circa la futura applicazione dell'IVA ai servizi postali, in quanto su tale tema si è evidenziato un sostanziale stallo politico.
Più in generale, si evidenzia la predisposizione, da parte della Commissione europea, del Libro verde sul futuro del'IVA, attualmente all'esame della Commissione Finanze, il quale individua una serie di obiettivi primari nella revisione del sistema IVA, costituiti: dalla semplificazione ed armonizzazione della disciplina e degli adempimenti; dall'ampliamento della base imponibile, mediante il ridimensionamento delle aliquote ridotte e dei regimi di esenzione; dal potenziamento degli strumenti informatici per la gestione delle operazioni transfrontaliere nonché in materia di versamento dell'imposta.
Con riferimento alla cooperazione amministrativa in materia fiscale, anche in questo caso il Documento si interessa prioritariamente delle questioni in materia di IVA, richiamando la presentazione, da parte della Commissione europea, di una proposta di rifusione del Regolamento in materia di cooperazione amministrativa su tale imposta. Sul testo è stato raggiunto un accordo politico in sede di Consiglio ECOFIN, che ha consentito la definitiva emanazione del Regolamento (UE) n. 204/2010, recante alcuni strumenti di contrasto alle frodi IVA sugli scambi transfrontalieri, in particolare attraverso la creazione di una rete di cooperazione multilaterale denominata EUROFISC, la quale consentirà di accelerare gli scambi di informazioni tra le amministrazioni fiscali competenti. In tale contesto il Regolamento prevede la possibilità di accesso ad informazioni contenute nelle banche dati di altri Stati membri, la definizione di norme comuni per la registrazione delle partite IVA e per la cancellazione delle partite IVA non attive, nonché l'ampliamento della responsabilità degli Stati membri in materia di cooperazione amministrativa.
Il tema della cooperazione amministrativa in materia fiscale è inoltre affrontato da una proposta di direttiva presentata nel 2009, concernente la reciproca assistenza tra gli Stati membri in materia di imposte dirette, di accise e di imposte sulle assicurazioni. Su tale testo è stato raggiunto un accordo politico in sede ECOFIN nel corso del 2010. La nuova direttiva regolamenta e rafforza lo scambio di informazioni tra gli Stati, prevedendo inoltre l'istituzione di una rete di uffici centrali competenti in materia.
Per quanto attiene più specificamente la cooperazione amministrativa per il recupero dei crediti fiscali, nel corso del 2010 il Consiglio ECOFIN ha raggiunto un accordo politico su una proposta di direttiva, successivamente emanata come direttiva 2010/24/UE, la quale intende migliorare l'assistenza amministrativa nel settore della riscossione, incrementando il tasso di recupero dei crediti tributari, che risulta attualmente piuttosto basso. Rispetto alla precedente direttiva, che viene abrogata, l'ambito dell'assistenza riguarderà la totalità delle imposte e dazi, comprese quelle riscosse dalle autorità locali, i contributi erogati dai fondi europei, nonché le relative penali, sanzioni, soprattasse, interessi e spese.
In merito alla cooperazione doganale, la Relazione riferisce sulle attività svolte dal Gruppo di Cooperazione Doganale, nonché sulle iniziative adottate dall'Agenzia delle dogane con riferimento ad alcuni istituti doganali. In dettaglio, l'azione dell'Agenzia si è concentrata sulla partecipazione ai lavori preparatori relativi alla proposta di Decisione sul mutuo riconoscimento dei sistemi di certificazione doganale

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tra l'Unione europea e gli Stati Uniti, nonché nell'azione di semplificazione e contrasto alle frodi doganali svolta nel quadro del Programma europeo dogana 2013.
Con riferimento all'attività della Guardia di finanza nel settore della lotta alle frodi fiscali ed alla criminalità economica e finanziaria, il Documento sottolinea l'azione del Corpo a tutela degli interessi finanziari dell'Unione europea, anche in cooperazione con le Regioni, in particolare per quanto riguarda l'utilizzo dei finanziamenti dei fondi strutturali europei.
Inoltre, si evidenzia, per quanto attiene ai profili di competenza della Commissione Finanze, la cooperazione fornita dal Corpo all'Ufficio europeo per la lotta antifrode (OLAF) in materia di contrasto al contrabbando di tabacchi lavorati esteri, nonché la partecipazione ai tavoli di lavoro sui temi del riciclaggio dei capitali di provenienza illecita e del finanziamento del terrorismo.
Passando quindi alle tematiche concernenti i mercati finanziari, la Relazione fornisce dati in merito al contributo fornito dall'Italia ai lavori del Comitato per i servizi finanziari, del Comitato di regolamentazione sulla materia contabile, nonché del Comitato bancario europeo, il quale ha discusso, nel corso del 2010, le linee della nuova regolamentazione concernente il capitale delle banche e la gestione delle crisi nel settore finanziario.
Inoltre, si dà conto dei lavori del Comitato finanziario europeo, che ha discusso le iniziative regolamentari proposte dalla Commissione europea nel settore dei mercati e degli intermediari finanziari, dell'attività del Comitato europeo per i conglomerati finanziari, che ha soprattutto affrontato il tema della riforma della disciplina dei gruppi finanziari cross border e cross sector nonché quelli del Comitato europeo dei pagamenti in cui sono stati delineati gli indirizzi normativi in tema di Area dei pagamenti unica europea (SEPA).
Per quanto riguarda la riforma del sistema europeo di regolamentazione e supervisione sul settore, nel corso del 2010 sono state approvate una serie di misure che istituiscono l'European systemic risk board (ESRB), le tre nuove Autorità europee di vigilanza microprudenziale sul settore bancario (EBA), sul settore assicurativo (EIOPA), e sul settore dei mercati finanziari (ESMA). Inoltre è stata adottata una direttiva che assegna alle tre predette autorità (EBA, EIOPA e ESMA) il potere di emanare standard tecnici vincolanti, nonché il potere di adottare decisioni vincolanti per le Autorità di vigilanza nazionale.
Per quanto riguarda le agenzie di credito, nel corso del 2010 è stata approvata la proposta di revisione del Regolamento CE n. 1060/2009, al fine di assegnare all'ESMA le funzioni di vigilanza sulle predette agenzie.
Un ulteriore passo avanti è stato compiuto con l'approvazione della Direttiva sui gestori dei fondi di investimento alternativi, estendendo a questi ultimi i meccanismi di regolamentazione e supervisione giù previsti per i cosiddetti «Fondi armonizzati». In particolare, si prevede un regime di autorizzazione per svolgere nell'Unione europea attività di gestione e commercializzazione di tali fondi, introducendo inoltre in materia il principio del cosiddetto «Passaporto europeo».
Nel corso del 2010 sono stati altresì portati avanti una serie di negoziati relativi: alla revisione della direttiva sui sistemi di indennizzo degli investitori; alla proposta normativa concernente il mercato dei derivati negoziati «fuori borsa»; al regolamento comunitario relativo alle vendite allo scoperto ed ai credit default swap (CDS); alla revisione della direttiva sui sistemi di garanzia dei depositi; all'elaborazione di un quadro normativo europeo in materia di detenzione e disposizione di titoli finanziari.
Per quanto riguarda il settore del diritto societario, la Relazione evidenzia l'arresto dei negoziati sul progetto di regolamento concernente la Società privata europea (SPE), soprattutto a causa dell'atteggiamento di chiusura assunto in materia dalla Germania e da altri Paesi nordici, in particolare per quanto riguarda il tema della partecipazione dei dipendenti alla gestione. Nonostante tale difficoltà, è

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stato avviato un processo di consultazione sull'opportunità di adottare un regolamento europeo di disciplina della Fondazione europea.
In tale contesto si evidenzia il sostegno fornito dall'Italia al progetto per l'interconnessione del registro delle imprese, che consentirà di offrire alle imprese stesse informazioni fondamentali per le loro attività transfrontaliere.
In tale contesto segnalata altresì la tematica concernente i ritardi dei pagamenti nelle transazioni commerciali, in merito alla quale la Relazione segnala il raggiungimento di una accordo politico, che ha portato all'adozione della direttiva 2011/7/CE, la quale è stata inserita nello small business act tra le misure a sostegno delle piccole e medie imprese ed è ora inserita tra le direttive da recepire di cui all'allegato B del disegno di legge comunitaria 2011. Tale problematica risulta, come è noto, particolarmente spinosa nel nostro Paese, in cui si registra una media di 180 giorni di ritardo nei pagamenti delle transazioni commerciali. La questione investe anche i rapporti tra imprese e Pubblica Amministrazione, atteso che, nel quadriennio 2007-2010, l'esposizione debitoria delle sole ASL e delle aziende ospedaliere nei confronti dei fornitori privati supererebbe i 50 miliardi di euro.
In tale contesto la direttiva delinea una differente disciplina, a seconda che i ritardi riguardino transazioni tra imprese o tra imprese e Pubblica Amministrazione. In considerazione della forte incidenza che la proposta normativa potrebbe avere sulle finanze pubbliche, il Governo italiano ha contribuito attivamente ai lavori sulla definizione del testo della direttiva, in particolare per quanto riguarda la fissazione del tasso di mora e l'individuazione del termine di recepimento da parte degli Stati membri, stabilita in 24 mesi.
La Relazione è infine corredata da un'Appendice, a sua volta articolata in 13 allegati, tra i quali si segnala, per quanto attiene alle competenze della Commissione Finanze, l'Allegato XIII, che fornisce dettagliate informazioni in merito alle procedure di infrazione ed alle richieste d'informazione avanzate dalla Commissione europea nei confronti dell'Italia, nonché alle questioni pregiudiziali sollevate dinanzi alla Corte di giustizia UE, per quanto riguarda i settori della fiscalità diretta e della fiscalità indiretta.
Si riserva, quindi, di formulare, all'esito del dibattito, una proposta di relazione sul disegno di legge comunitaria ed una proposta di parere sulla Relazione consuntiva.

Gianfranco CONTE, presidente, sulla scorta di quanto convenuto in seno all'ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi, nella riunione di ieri, propone di fissare fin d'ora il termine per la presentazione degli emendamenti al disegno di legge C. 4623, afferenti agli ambiti di competenza della Commissione, alle ore 16 di lunedì 10 ottobre prossimo.

La Commissione concorda.

Gianfranco CONTE, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame congiunto ad altra seduta.

La seduta termina alle 13.40.