CAMERA DEI DEPUTATI
Mercoledì 21 luglio 2010
356.
XVI LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Politiche dell'Unione europea (XIV)
COMUNICATO
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SEDE CONSULTIVA

Mercoledì 21 luglio 2010. - Presidenza del presidente Mario PESCANTE. - Interviene il Ministro per le politiche agricole alimentari e forestali Giancarlo Galan.

La seduta comincia alle 14.

DL 78/10: Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica.
C. 3638 Governo, approvato dal Senato.
(Parere alla V Commissione).
(Seguito dell'esame e conclusione - Parere favorevole con condizioni).

La Commissione prosegue l'esame del provvedimento in oggetto, rinviato nella seduta del 20 luglio 2010.

Nicola FORMICHELLA (PdL), relatore, formula una proposta di parere favorevole con condizioni (vedi allegato 1), che illustra nel dettaglio.

Sandro GOZI (PD), intervenendo sulla proposta di parere del relatore, osserva come entrambe le condizioni formulate invitino correttamente la Commissione di merito a sopprimere rispettivamente il comma 6-ter, lettera b), dell'articolo 15, in

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materia di proroga di concessioni idroelettriche, e l'articolo 40-bis, relativo alle quote latte. Ciò che invece appare inaccettabile è la previsione, contenuta in entrambe le condizioni, che la Commissione di merito provveda, in alternativa, a subordinare l'effettiva attuazione delle citate disposizioni alla verifica positiva da parte dei competenti organi dell'Unione europea. Osserva, con specifico riferimento alla questione delle quote latte, che tale verifica è già stata effettuata e i competenti organi europei hanno già manifestato - prima nella persona dell'ex Commissario europeo all'agricoltura Mariann Fischer Boel all'ex Ministro Zaia, poi dall'attuale Commissario europeo Dacian Ciolos al Ministro Galan - la loro netta contrarietà alla disposizione di cui all'articolo 40-bis. Si tratta di una posizione contraria condivisa dallo stesso Ministro Galan, come risulta dalle sue dichiarazioni pubbliche e anche dalla lettera a questi inviata dal Commissario Ciolos, dalla quale emerge una piena concordanza di valutazioni sulla incompatibilità con la normativa comunitaria della disposizione in oggetto. La proroga del pagamento di rate dovute da alcuni produttori di latte appare, inoltre, iniqua e svantaggiosa per la grande maggioranza degli agricoltori che correttamente hanno pagato le multe loro comminate e mette l'Italia in pessima luce proprio nel momento in cui si svolge a livello europeo la verifica a medio termine della politica agricola comune.

Isidoro GOTTARDO (PdL), rilevato innanzitutto come la crisi economica in atto renda difficile, per molti produttori agricoli, mettersi in regola e come, tuttavia, la legislazione nazionale debba in ogni caso conformarsi alle decisioni della Commissione europea, richiama l'attenzione dei colleghi sul fatto che se si accettasse il principio che si assume come criterio di riferimento ai fini della compatibilità comunitaria ciò che viene informalmente valutato tra chi propone una misura a livello nazionale e chi la deve esaminare a livello europeo, avremmo finito per limitare la capacità propositiva del Parlamento. Sarebbe allora conseguenza logica prevedere che il Parlamento, prima di legiferare, debba sempre acquisire il parere preventivo della Commissione europea. Poiché così non è e non deve essere, ritiene che subordinare l'effettiva attuazione di disposizioni alla verifica positiva da parte dei competenti organi dell'Unione europea sia sempre una procedura valida.

Antonio RAZZI (IdV) chiede al Ministro, tenuto conto dei tagli operati dal Ministro Tremonti e considerato che è certa la condanna dell'Italia a sanzioni pecuniarie nel caso di approvazione dell'articolo 40-bis, se al Ministero dell'agricoltura siano già destinati fondi per pagare tali sanzioni.

Angelo ZUCCHI (PD) rileva che la disposizione recata dall'articolo 40-bis reca come motivazioni le note difficoltà che attraversa il settore lattiero-caseario a seguito della negativa congiuntura internazionale e degli accertamenti in corso. Quanto al primo aspetto, rileva che la proroga del pagamento delle rate disposta dal provvedimento riguarderebbe circa cento allevatori, ovvero solo coloro che ricadono nell'ambito di applicazione della legge n. 33 del 2009, con rate in scadenza al 30 giugno di ogni anno e non chi, in base alla legge n. 119 del 2003 paga rate con scadenza al 31 dicembre. È dunque evidente che le disposizioni in esame rispondono a limitate esigenze e non intervengono certo sulla situazione di crisi dell'intero settore.
Circa il secondo aspetto, riguardante gli accertamenti in corso, a seguito della relazione dei carabinieri del Nac che evidenziava contraddizioni fra i dati considerati per l'assegnazione delle quote in Italia e la produzione reale, il Ministro ha già fugato ogni dubbio in proposito e lo invita pertanto ad intervenire sul punto, evidenziando come, benché cambino i titolari dei dicasteri, le politiche sembrino non mutare e il Ministro Zaia continui a incidere significativamente sulle scelte di politica agricola del Paese.

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Sandra ZAMPA (PD) con riferimento all'intervento svolto dall'onorevole Gottardo osserva in primo luogo che la crisi economica da questi evocata non colpisce solo il settore agricolo ma molti altri comparti produttivi, che tuttavia non ricevono alcun aiuto. Rivolgendosi quindi al Ministro ricorda che questi ha reso in televisione dichiarazioni molto impegnative e di un'apprezzabile chiarezza, che auspica non siano smentite. Sottolinea come l'Italia non possa rimanere in Europa senza rispettarne le regole e rileva che, nel caso in esame, la posizione della Commissione europea è già nota e non vi è dunque alcun margine di ambiguità in ordine alla posizione che si dovrà assumere.

Giancarlo GALAN, Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, conferma la posizione già assunta pubblicamente, che si basa su dati di fatto incontrovertibili e desidera in primo luogo precisare che il provvedimento in esame non ha nulla a che vedere con la crisi del settore lattiero-caseario.
In ordine al rapporto dei carabinieri del Nac richiamato dall'onorevole Zucchi, conferma che i dubbi interpretativi sollevati sono stati risolti, anche sulla base delle verifiche richieste all'AGEA, al Commissario straordinario per le quote latte e al Dipartimento per le politiche comunitarie, che hanno consentito di fugare qualsiasi perplessità e di concludere con assoluta tranquillità che nessun elemento oggettivo induce a mettere in discussione la validità delle procedure svolte negli scorsi anni per l'accertamento del prelievo.
Con riferimento poi alla domanda formulata dall'onorevole Razzi, precisa che il Ministro Tremonti non ha destinato alcun fondo al Ministero delle politiche agricole, ricordando che l'Europa ha un sistema assai più efficace di riscossione delle sanzioni, trattenendo direttamente le somme dovute, che, nel caso delle quote latte, sono state sinora pari a 1,708 miliardi di euro.
Conferma quindi che la norma recata dall'articolo 40-bis si applica ad un'esigua minoranza di produttori di latte. Dei 1.008 produttori che hanno richiesto entro il mese di febbraio 2010 la rateizzazione per un importo pari a 418 milioni di euro, per i quali la scadenza della prima rata era fissata al 30 giugno 2010, ad oggi soltanto 109 hanno accettato la proposta di rateizzazione, per un debito pari a 20,2 milioni di euro, ed è su questi ultimi che ha effetto l'articolo 40-bis.
Si tratta di una disposizione che si pone in chiaro contrasto con l'ordinamento dell'Unione europea e che determinerà senza dubbio una sanzione per l'Italia; per tale motivo l'8 luglio 2010 ha scritto al Commissario Ciolos ritenendo necessario fare tutto il possibile per evitare una condanna del Paese. Il giorno dopo, con la lettera citata dal collega Gozi, il Commissario europeo ha confermato che la norma di proroga si pone in contrasto con la normativa europea ed anche con gli impegni assunti dall'Italia in materia. Ricorda peraltro che una richiesta di dilazione del pagamento delle multe era già stata respinta dalla Commissione europea nel dicembre 2009. Nel Consiglio dei ministri svoltosi lo stesso 9 luglio si era stabilito di modificare l'articolo 40-bis prevedendo la subordinazione dell'effettiva attuazione della disposizione alla verifica positiva da parte dei competenti organi dell'Unione europea, ma tale modifica non è stata poi introdotta nel corso dell'esame da parte del Senato.
Si tratta comunque, in conclusione, di un evidente caso di incompatibilità comunitaria non soggetto a possibili interpretazioni o contestazioni.

Pierluigi CASTAGNETTI (PD) dà atto al Ministro della serietà e coerenza dimostrata e della chiara assunzione di responsabilità all'interno del Governo. Deve tuttavia osservare che il parere che la XIV Commissione si appresta a votare appare una acrobazia priva di significato, tenuto conto del fatto che la manovra sarà approvata in Assemblea con un voto di fiducia, ciò che rende una mera finzione ed una commedia penosa il lavoro sin qui svolto. Per tale motivo non può che esprimere

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il più totale dissenso sul provvedimento in esame.

Nunziante CONSIGLIO (LNP), sebbene la Commissione svolga una riflessione puramente teorica, poiché il provvedimento è destinato ad essere approvato con voto di fiducia, osserva come la disposizione recata dall'articolo 40-bis non sia certamente volta ad esonerare qualche produttore dal pagamento delle multe dovute, ma solo a prorogare tale esborso di sei mesi; occorrerà peraltro valutare l'eventualità di una procedura di infrazione, a fronte di un così limitato slittamento di tempi.
Nel ritenere non esaurienti i chiarimenti forniti dal Ministro in ordine alla situazione evidenziata dai Carabinieri del Nac in ordine alla sovrapproduzione di latte, avverte che il gruppo della Lega non prenderà parte alla votazione sulla proposta di parere formulata dal relatore.

Sandro GOZI (PD) evidenzia come quella odierna sia una situazione senza precedenti: il rappresentante del Governo ha confermato la certezza di sanzioni ove venisse approvata la disposizione di cui all'articolo 40-bis, ha evidenziato il danno che tale norma recherebbe a tutti i produttori agricoli che rispettano le regole, ha sottolineato come si creerebbe in tal modo un danno anche all'immagine e all'influsso del nostro Paese in Europa. E tutto ciò avviene in XIV Commissione, il cui ruolo primario dovrebbe proprio essere quello di garantire il rispetto della legalità comunitaria delle disposizioni. Per tale motivo annuncia che i deputati del gruppo del PD non prenderanno parte alla votazione e abbandonano pertanto l'aula della Commissione.

Giuseppina CASTIELLO (PdL) richiama, con riferimento all'intervento svolto dall'onorevole Castagnetti, i numerosi voti di fiducia richiesti dal Governo Prodi. Preannuncia quindi il voto favorevole del suo gruppo sulla proposta di parere formulata dal relatore.

Nessun altro chiedendo di intervenire, la Commissione approva la proposta di parere favorevole con condizioni formulata dal relatore.

La seduta termina alle 14.45.

ATTI DEL GOVERNO

Mercoledì 21 luglio 2010. - Presidenza del presidente Mario PESCANTE.

La seduta comincia alle 14.45.

Schema di decreto legislativo recante attuazione della direttiva 2008/50/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 maggio 2008, relativa alla qualità dell'aria ambiente e per un'aria più pulita in Europa.
Atto n. 224.
(Seguito dell'esame, ai sensi dell'articolo 126, comma 2, del regolamento, e conclusione - Parere favorevole).

La Commissione prosegue l'esame dello schema di decreto legislativo all'ordine del giorno, rinviato nella seduta del 21 luglio 2010.

Giuseppina CASTIELLO (PdL), relatore, ricorda che nella seduta svoltasi ieri ha formulato una proposta di parere favorevole, che conferma.

Enrico FARINONE (PD), nel preannunciare il voto favorevole del suo gruppo sulla proposta di parere del relatore, invita il Governo a vigilare affinché gli adempimenti previsti a carico delle regioni - si riferisce in particolare modo alle aree della pianura padana - non rimangano meri annunci ma siano effettivamente garantiti.

Antonio RAZZI (IdV) preannuncia il voto favorevole del suo gruppo sulla proposta di parere formulata dal relatore.

Elena CENTEMERO (PdL) preannuncia il voto favorevole del suo gruppo sulla proposta di parere formulata dal relatore.

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Nunziante CONSIGLIO (LNP) preannuncia il voto favorevole del suo gruppo sulla proposta di parere formulata dal relatore, che si pone nel solco della strategia 20-20-20.

Nessun altro chiedendo di intervenire, la Commissione approva la proposta di parere favorevole con condizioni formulata dal relatore.

La seduta termina alle 14.50.

ATTI DELL'UNIONE EUROPEA

Mercoledì 21 luglio 2010. - Presidenza del presidente Mario PESCANTE.

La seduta comincia alle 14.50.

Proposta di regolamento (UE) del Consiglio relativo all'attuazione di una cooperazione rafforzata nel settore della legge applicabile al divorzio e alla separazione personale.
COM(2010)105 def.

(Parere alla II Commissione).
(Esame, ai sensi dell'articolo 127, comma 1, del regolamento, e rinvio).

La Commissione inizia l'esame del provvedimento in oggetto.

Elena CENTEMERO (PdL), relatore, evidenzia come la proposta di regolamento in esame presenti un significativo interesse sia sotto il profilo sostanziale, in ragione della delicatezza della materia trattata, sia sotto quello procedurale e istituzionale, costituendo il primo caso di concreta applicazione di una cooperazione rafforzata tra Stati membri dell'UE, autorizzata dal Consiglio.
La proposta, infatti, è stata adottata dopo che, il 24 marzo 2010, la Commissione europea aveva presentato una proposta di decisione volta ad autorizzare, per la prima volta nell'UE, una cooperazione rafforzata tra nove Stati membri (Bulgaria, Spagna, Francia, Italia, Lussemburgo, Ungheria, Austria, Romana e Slovenia) in materia di divorzio e separazione, a norma dell'articolo 20 del Trattato sull'Unione europea (TUE) e degli articoli da 326 a 334 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE). Altri cinque Stati membri si sono successivamente associati all'iniziativa (Germania, Belgio, Lettonia, Malta e Portogallo).
Tale cooperazione rafforzata è stata poi autorizzata dal Consiglio con decisione del 12 luglio 2010, previo parere favorevole del Parlamento europeo, espresso il 16 giugno, secondo la procedura di approvazione.
La proposta di regolamento in esame fissa, pertanto, le norme che gli Stati partecipanti alla cooperazione rafforzata seguiranno in materia di legge applicabile al divorzio e alla separazione personale tra coniugi di nazionalità differente o che vivano in Stati membri diversi o in uno Stato membro di cui almeno uno dei due coniugi non sia cittadino.
La richiesta di ricorrere ad una cooperazione rafforzata era stata trasmessa alla Commissione europea tra l'estate 2008 e l'inizio del 2009 da Bulgaria, Grecia (poi ritiratasi nel marzo 2010), Spagna, Italia, Lussemburgo, Ungheria, Austria, Romania, Slovenia e Francia, in seguito al mancato raggiungimento in seno al Consiglio dell'unanimità necessaria all'adozione di una proposta di regolamento relativa alla competenza giurisdizionale e alla legge applicabile in materia matrimoniale (cosiddetta proposta di regolamento «Roma III»), presentata dalla Commissione il 17 luglio 2006.
Peraltro, la proposta di regolamento in esame riprende il contenuto di quella del 2006 solo per quanto riguarda la legge applicabile in materia di divorzi e separazioni, tralasciando la parte relativa alla competenza giurisdizionale. Gli interventi in materia di competenza giurisdizionale richiederebbero, infatti, una modifica della vigente normativa UE (regolamento (CE) n. 2201/2003) che, in quanto vincolante per la totalità degli Stati membri, non può essere attuata nell'ambito di una cooperazione rafforzata.

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Analogamente alla proposta del 2006, il documento oggi in esame persegue l'obiettivo di: istituire un quadro chiaro e completo in materia di legge applicabile al divorzio e alla separazione personale, superando l'attuale divergenza tra gli ordinamenti nazionali in termini di norme di conflitto, in modo da garantire la certezza giuridica nel caso di procedimenti in materia matrimoniale aventi carattere internazionale; aumentare la flessibilità del meccanismo di individuazione della legge applicabile, riconoscendo ai coniugi, rispetto alla normativa vigente nella maggior parte degli Stati membri, una più ampia possibilità di scegliere la legge che regolerà il loro divorzio o la loro separazione; incentivare le coppie a organizzare in anticipo le conseguenze di una eventuale rottura del rapporto coniugale, incoraggiando soluzioni amichevoli.
La necessità dell'intervento normativo in materia appare evidente ove si considerino i dati riportati nella relazione che accompagna la proposta in merito alle coppie «internazionali» che divorziano ogni anno nell'UE. Nel 2007, nei 27 Stati membri dell'UE si sarebbero registrati 1 040 000 divorzi, di cui 140 000 caratterizzati da un elemento «internazionale». I dati sono impressionanti anche considerando i soli nove paesi richiedenti la cooperazione rafforzata (Bulgaria, Spagna, Francia, Italia, Lussemburgo, Ungheria, Austria, Romania e Slovenia), la cui popolazione complessiva è pari a 216,3 milioni di persone - circa la metà (44 per cento) della popolazione dell'Unione. In questi paesi il numero stimato di divorzi sarebbe di circa 440 000 all'anno, di cui 53 000, cioè circa il 13 per cento, con implicazioni transnazionali.
La Commissione rileva che attualmente, in assenza di norme europee, esistono 26 diversi complessi di norme di conflitto in materia di divorzio nei 24 Stati membri che partecipano alla cooperazione giudiziaria in materia civile nell'UE e nei due Stati membri che possono decidere di parteciparvi (Regno Unito e Irlanda. Alcuni Stati membri determinerebbero la legge applicabile attraverso una serie di criteri di collegamento (ad esempio, la cittadinanza dei coniugi), diretti a garantire che il procedimento sia disciplinato dall'ordinamento giuridico del Paese con cui i coniugi hanno il legame più stretto. Altri Stati membri applicherebbero alle procedure di divorzio la legislazione nazionale in modo sistematico, indipendentemente dalla cittadinanza dei coniugi.
A causa di tali differenze, secondo la Commissione: può risultare difficile per la coppia prevedere in base a quale legge verrà disciplinato il divorzio; i coniugi hanno un margine di scelta limitato o nullo per quanto riguarda la determinazione della legge applicabile al divorzio; le norme attuali possono indurre ciascun coniuge alla cosiddetta «corsa al tribunale», a rivolgersi cioè al giudice prima dell'altro coniuge, per assicurarsi che il procedimento sia regolato da una legge che tuteli meglio i propri interessi. La Commissione rileva inoltre che risulta estremamente difficile stimare gli svantaggi economici provocati dalla mancata armonizzazione delle norme di conflitto in materia di divorzio. Nel contesto della valutazione d'impatto realizzata per fornire alla Commissione informazioni sul regime patrimoniale tra coniugi sarebbe emerso che nell'UE i costi teorici dei problemi relativi ai matrimoni internazionali in caso di divorzio potrebbero raggiungere un totale di 205 milioni di euro.
A fronte di questo quadro, la proposta in esame detta norme relative al divorzio e alla separazione personale, in tutte le situazioni comportanti un conflitto di leggi.
In base all'articolo 2 della proposta, il regolamento ha carattere «universale» in quanto le sue norme «di conflitto» possono designare indifferentemente la legge di uno Stato membro partecipante, la legge di uno Stato membro non partecipante o la legge di uno Stato non membro dell'Unione europea. I criteri per l'individuazione della legge applicabile vengono stabiliti agli articoli 3 e 4 della proposta, sulla base del principio secondo cui, in ogni caso, il procedimento di divorzio o separazione personale deve essere disciplinato

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da un ordinamento giuridico con cui il matrimonio presenta un legame stretto.
In particolare, in base all'articolo 3 (Scelta della legge applicabile ad opera delle parti) i coniugi possono designare di comune accordo la legge applicabile al divorzio e alla separazione personale purché tale legge sia conforme ai diritti fondamentali definiti dai trattati e dalla Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea e al principio dell'ordine pubblico, scegliendo una delle seguenti leggi: a) la legge dello Stato della residenza abituale dei coniugi al momento della conclusione dell'accordo; b) la legge dello Stato dell'ultima residenza abituale dei coniugi se uno di essi vi risiede ancora al momento della conclusione dell'accordo; c) la legge dello Stato di cui uno dei coniugi ha la cittadinanza al momento della conclusione dell'accordo; d) la legge del foro.
L'articolo 3 specifica inoltre che:
l'accordo che designa la legge applicabile può essere concluso e modificato in qualsiasi momento, ma al più tardi nel momento in cui è adita l'autorità giurisdizionale;
ove consentito dalla legge del foro, i coniugi possono del pari designare la legge applicabile nel corso del procedimento dinanzi all'autorità giurisdizionale;
l'accordo deve essere redatto per iscritto, datato e firmato da entrambi i coniugi. Se la residenza abituale dei coniugi si trova in Stati membri partecipanti diversi e la legge di tali Stati membri prevede requisiti di forma differenti, l'accordo è valido, quanto alla forma, se soddisfa i requisiti della legge di uno dei due Stati. Segnala in proposito che il considerando n. 14 pone l'accento sul fatto che la possibilità di scegliere la legge applicabile al divorzio e alla separazione personale non dovrebbe ledere l'interesse superiore del minore.

L'articolo 9 della proposta impone agli Stati membri di comunicare alla Commissione europea le eventuali disposizioni nazionali riguardanti i requisiti di forma per gli accordi relativi alla scelta della legge applicabile, nonché la possibilità di designare la legge applicabile nel corso del procedimento dinanzi all'autorità giurisdizionale. La Commissione europea sarà tenuta a rendere accessibili a tutti tali informazioni, in particolare tramite il medesimo sito web della Rete giudiziaria europea in materia civile e commerciale.
Per quanto riguarda l'individuazione della legge applicabile in mancanza di scelta ad opera delle parti, l'articolo 4, riprendendo simmetricamente i criteri già richiamati all'articolo 3, stabilisce che, in tale caso, il divorzio e la separazione personale saranno disciplinati dalla legge dello Stato: a) della residenza abituale dei coniugi nel momento in cui è adita l'autorità giurisdizionale o, in mancanza, b) dell'ultima residenza abituale dei coniugi sempre che tale periodo non si sia concluso più di un anno prima che fosse adita l'autorità giurisdizionale, se uno di essi vi risiede ancora nel momento in cui è adita l'autorità giurisdizionale o, in mancanza, c) di cui i due coniugi sono cittadini nel momento in cui è adita l'autorità giurisdizionale o, in mancanza, d) in cui è adita l'autorità giurisdizionale.
L'articolo 5 della proposta di regolamento introduce una norma di garanzia, in base alla quale, nel caso in cui la legge applicabile non preveda il divorzio o non conceda a uno dei coniugi, in relazione al sesso, pari condizioni di accesso al divorzio o alla separazione personale, dovrà applicarsi la legge dell'autorità giurisdizionale adita.
L'articolo 7 stabilisce che l'applicazione di una norma della legge designa possa essere esclusa solo qualora tale applicazione risulti manifestamente incompatibile con l'ordine pubblico del foro. La Commissione sottolinea in proposito che con l'espressione «manifestamente incompatibile» si intende che il ricorso a tale motivo di esclusione deve essere eccezionale.
In base all'articolo 8, quando uno Stato comprende più unità territoriali aventi ciascuna un proprio diritto sostanziale in materia di divorzio e separazione personale, il regolamento deve applicarsi anche

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ai conflitti di leggi tra tali unità territoriali, in modo da garantire la certezza del diritto, la prevedibilità e l'applicazione uniforme delle norme dell'Unione europea ad ogni situazione che implichi un conflitto di leggi.
Come specificato all'articolo 11, il regolamento proposto non osta all'applicazione delle convenzioni bilaterali o multilaterali di cui gli Stati membri partecipanti sono parti contraenti al momento dell'adozione del regolamento. Tuttavia, tra gli Stati membri partecipanti alla cooperazione rafforzata, il regolamento prevale sulle convenzioni riguardanti le stesse materie.
Sulla proposta è già stato avviato l'esame delle istituzioni UE, secondo la procedura legislativa speciale prevista dall'articolo 81, par. 3 TFUE. In particolare, si richiede la deliberazione in Consiglio all'unanimità degli Stati membri partecipanti alla cooperazione rafforzata, previa consultazione del Parlamento europeo. Nella riunione del Consiglio giustizia e affari interni del 3-4 giugno 2010, i ministri degli Stati partecipanti alla cooperazione rafforzata hanno concordato un orientamento generale su elementi chiave della proposta di regolamento, in vista di un ulteriore approfondimento delle singole disposizioni. Si prevedono, in particolare, alcune integrazioni rispetto alla formulazione proposta dalla Commissione europea. Anzitutto sono stati inseriti due nuovi punti nel preambolo volti a specificare che:
quando, ai fini dell'applicazione della legge di uno Stato, il regolamento proposto si riferisce alla cittadinanza quale fattore di collegamento, la questione del modo in cui trattare i casi di cittadinanza plurima è disciplinata dalla legislazione nazionale, nel pieno rispetto dei principi generali UE;
nei casi in cui il regolamento proposto si riferisce al fatto che la legge applicabile non prevede il divorzio, ciò deve essere interpretato nel senso che essa non contempla affatto il concetto di divorzio.

Inoltre, all'articolo 1 è inserito un nuovo paragrafo secondo il quale per «autorità giurisdizionale» si intendono tutte le autorità degli Stati membri, competenti per le materie rientranti nel campo di applicazione del regolamento.
I ministri ritengono inoltre necessario introdurre un nuovo articolo (articolo 7-bis) relativo alla «divergenza fra le legislazioni nazionali», in base al quale nessuna disposizione del regolamento proposto obbliga le autorità giurisdizionali di uno Stato membro, la cui legge non prevede il divorzio o non riconosce il matrimonio in questione ai fini della procedura di divorzio, ad emettere una decisione di divorzio in virtù dell'applicazione del regolamento stesso. Tale disposizione risulterebbe necessaria dalla sopraggiunta richiesta di Malta di aderire alla cooperazione rafforzata. L'ordinamento maltese, infatti, non prevede il divorzio, pur consentendo alla parte interessata di registrare un divorzio straniero alla sezione annotazioni del pubblico registro, purché tale decisione sia stata emessa dal giudice competente del paese in cui entrambe le parti siano residenti o in cui entrambe le parti possiedano la cittadinanza. Proprio in relazione all'introduzione del nuovo articolo 7-bis, la Finlandia ha chiesto di allegare alla decisione che autorizza la cooperazione rafforzata una sua dichiarazione nella quale esprime rammarico per la mancanza di apertura nei confronti delle peculiarità delle legislazioni nazionali che si verificò nel 2006, all'epoca della discussione relativa alla proposta di regolamento ROMA III. Per quanto riguarda il Parlamento europeo, la proposta è stata assegnata alla Commissione Affari giuridici per l'esame di merito (relatore Tadeusz Zwiefkla - gruppo PPE), con il parere della Commissione libertà civili, giustizia e affari interni (relatrice Evelyne Gebhardt gruppo S&D, Germania) e della Commissione per i diritti delle donne e la parità di genere (relatrice Angelika Niebler, gruppo PPE).
Segnala, in conclusione, che la proposta di regolamento produrrebbe un rilevante impatto sull'ordinamento civilistico italiano. In particolare, l'articolo 3 della proposta di regolamento - che prevede

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che siano i coniugi a scegliere, secondo una delle diverse opzioni, individuate dallo stesso articolo, la legge applicabile al divorzio e alla separazione personale - incide sulla disciplina di cui alla legge 218 del 1995 (Riforma del sistema italiano di diritto internazionale privato). L'articolo 31 della legge 218 prevede, infatti, che la separazione personale e lo scioglimento del matrimonio siano regolati dalla legge nazionale comune dei coniugi al momento della domanda di separazione o di scioglimento del matrimonio (anche in questa materia il criterio della cittadinanza mantiene la sua centralità e si conferma come criterio di collegamento per eccellenza); in mancanza si applica la legge dello Stato nel quale la vita matrimoniale risulta «prevalentemente localizzata» (criterio di collegamento che lascia al giudice ampia discrezionalità). Risultando quest'ultimo il criterio prevalente utilizzato in caso di conflitto di leggi per le cd. coppie internazionali, le leggi invocabili sono normalmente quelle dello Stato ove i coniugi hanno la residenza abituale. Nella prassi, la norma è risultata di controversa applicazione in quanto, soprattutto dopo la separazione, i coniugi (ad esempio le straniere mogli di italiani) tendono a fissare la propria residenza nei Paesi di origine, risultando così difficile sciogliere il conflitto di leggi sulla base del luogo di prevalente localizzazione della vita matrimoniale.
Tale criterio della residenza è utilizzato, in via prioritaria, dall'articolo 4 del regolamento per la determinazione della legge applicabile in assenza di scelta ad opera dei coniugi. Come già ricordato, la legge in cui è adita l'autorità giurisdizionale. Poiché quest'ultimo criterio assume carattere residuale, la nuova disciplina, come già ricordato, intende rispondere al fenomeno della cd. corsa in tribunale da parte dei coniugi. Attualmente, in caso di litispendenza, l'articolo 19 del Reg CE n. 2201 del 2003 prevede sostanzialmente che il coniuge che per primo avvia il procedimento viene «premiato» con il radicamento della competenza del giudice adito. Peraltro, relativamente agli articoli 3 e 4, considerata la diretta applicazione dei regolamenti UE negli ordinamenti nazionali, potrebbe risultare utile una definizione inequivoca della nozione di residenza abituale. In proposito segnala l'opportunità di richiedere l'avviso del Governo.
L'articolo 5 prevede l'applicazione della legge del foro quando la legge applicabile ai sensi del regolamento non preveda il divorzio o stabilisca condizioni discriminatorie per l'accesso al divorzio o alla separazione personale. Norma parzialmente analoga è già prevista dal citato articolo 31 della legge 218/1995 che al comma 2 prevede, in via sussidiaria, che si applica la legge italiana quando la separazione personale e lo scioglimento del matrimonio non siano previsti dalla legge straniera applicabile.
L'articolo 7 della proposta di regolamento concerne l'eccezione di ordine pubblico prevedendo l'esclusione dell'applicazione della nuova disciplina quando questa risulti «manifestamente incompatibile con l'ordine pubblico del foro». Un previsione simile ma non identica è dettata dall'articolo 16 della citata legge 218/1995 che prevede che la legge straniera non è applicata se i suoi effetti «sono contrari all'ordine pubblico». In tal caso si applica la legge richiamata mediante altri criteri di collegamento eventualmente previsti per la medesima ipotesi normativa. In mancanza si applica la legge italiana.
Segnala, infine, che nel corso della XV legislatura la proposta di regolamento ROMA III era stata esaminata dalla Camera dei deputati. In particolare, sia il parere espresso dalla XIV Commissione Politiche dell'Unione europea il 24 ottobre 2006, che il documento finale approvato dalla II Commissione Giustizia il 16 novembre 2006, valutando positivamente l'iniziativa, avevano auspicato che nel testo venissero rafforzate le condizioni volte a garantire il principio di effettiva uguaglianza tra i coniugi e quello di tutela dei figli minori. Il documento finale impegnava inoltre il Governo italiano a sostenere il principio per cui l'ordine pubblico del foro non può essere invocato contro la legge

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applicabile degli altri Stati membri dell'Unione europea, ove non si richiami ai principi inviolabili dei rispettivi ordinamenti costituzionali.
Tenuto conto delle complesse valutazioni tecnico giuridiche oltre che politiche inerenti alla proposta ritiene opportuno procedere nel corso dell'esame ad alcune audizioni, eventualmente in congiunta con la Commissione Giustizia. In particolare, potrebbero essere auditi rappresentanti del Ministero della giustizia nonché esperti della materia.

Mario PESCANTE, presidente, nessuno chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

Proposta di regolamento (UE) del Consiglio sul regime di traduzione del brevetto dell'Unione europea.
COM(2010)350 def.

(Parere alla X Commissione).
(Esame, ai sensi dell'articolo 127, comma 1, del regolamento, e rinvio).

La Commissione inizia l'esame del provvedimento in oggetto.

Elena CENTEMERO (PdL), relatore, ricorda che la proposta di regolamento in esame - che intende stabilire il regime di traduzione del futuro brevetto dell'Unione europea (cosiddetto brevetto unico) - presenta una particolare rilevanza sotto almeno due profili.
In primo luogo, essa è decisiva per la definitiva adozione del brevetto unico dell'UE, la quale si iscrive nell'ambito delle priorità della Strategia UE 2020, con particolare riferimento all'iniziativa Faro «Un'Unione per l'innovazione»: la tutela uniforme dei diritti conferiti dal brevetto in seno al mercato unico dovrebbe infatti favorire la creazione di un ambiente più favorevole per gli investimenti in ricerca e sviluppo, contribuendo al perseguimento dell'obiettivo del 3 per cento del PIL investito in ricerca e sviluppo. I vantaggi che potrebbero derivare dal futuro brevetto unico - che continuerebbe a coesistere con i brevetti nazionali e il brevetto europeo - sono ben evidenziati nella relazione illustrativa della Commissione: la protezione uniforme in tutta l'UE dei diritti conferiti dal brevetto che sarebbe rilasciato dall'UEB sotto forma di un brevetto europeo che designa il territorio dell'UE anziché i singoli Stati membri; la protezione delle invenzioni per tutto il territorio dell'UE grazie ad un sistema centralizzato di autorizzazione, coordinamento, supervisione e risoluzione delle controversie a livello UE; una riduzione significativa dei costi fino a 6.200 euro per brevetto, di cui circa 600 per le traduzioni, grazie alla soluzione prospettata dalla Commissione che si basa sul regime attualmente in vigore in seno all'UEB; nuovi stimoli per l'innovazione e la competitività grazie alla migliore accessibilità alla tutela brevettuale, in particolare per le PMI. Esso consentirebbe quindi all'UE di trasformare in successi industriali e commerciali i risultati della ricerca e delle nuove conoscenze scientifiche e tecniche e di recuperare il ritardo rispetto agli Stati Uniti ed al Giappone per quanto riguarda gli investimenti in ricerca e sviluppo.
È dunque necessario trovare in tempi rapidi un accordo definitivo per l'effettiva istituzione del brevetto dell'UE.
Al tempo stesso - è questo è il secondo elemento di importanza della proposta - la questione del regime di traduzione dei brevetti trascende il caso specifico e si inserisce nel più ampio contesto del dibattito sul regime giuridico delle Istituzioni dell'UE. Non a caso le divergenze sul regime delle traduzioni, che costituiscono una parte consistente dei costi connessi al rilascio del brevetto stesso, hanno bloccato per quasi dieci anni l'esame della proposta di regolamento (COM(2000)412) relativa alla creazione di un brevetto unico giuridicamente valido in tutta l'UE e di un sistema giurisdizionale unico in materia di brevetti per garantire la protezione dei titolari di brevetto in tutta l'UE.
La proposta in questione prevede, in particolare, che il brevetto unico, rilasciato dall'Ufficio europeo dei brevetti (UEB) in

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una delle sue lingue di lavoro (inglese, francese o tedesco) e pubblicato nella medesima lingua unitamente a una traduzione delle rivendicazioni nelle altre due lingue, abbia efficacia nell'ambito dell'UE. A causa delle divergenze sul punto il Consiglio non è riuscito a raggiungere l'unanimità richiesta per l'adozione dell'atto. In varie riunioni del Consiglio si è tentato di favorire un compromesso tra le diverse posizioni al fine di pervenire all'adozione del regolamento. In occasione del Consiglio competitività del 3 marzo 2003 si era prospettata una soluzione in base alla quale, ai fini del rilascio del brevetto unico, il richiedente avrebbe dovuto presentare un documento completo in una delle tre lingue di lavoro dell'Ufficio europeo dei brevetti (inglese, francese o tedesco) e una traduzione delle rivendicazioni di brevetto in tutte le lingue ufficiali dell'UE, a meno che uno Stato membro non avesse deciso di rinunciare alla traduzione nella propria lingua. Su tale soluzione non è stato tuttavia possibile raggiungere un accordo. In particolare, Germania, Francia, Spagna e Portogallo hanno espresso voto contrario, mentre l'Italia si è astenuta. Data l'impossibilità di raggiungere un accordo, il Consiglio europeo di giugno 2004 ha sottolineato la necessità di una pausa di riflessione.
Il Trattato di Lisbona ha prospettato la soluzione per uscire da questa situazione di stallo; l'articolo 118 del Trattato sul funzionamento dell'UE, infatti, fornisce una base giuridica specifica per la creazione di titoli di proprietà intellettuale nell'UE che prevede il voto all'unanimità per l'adozione delle decisioni sul regime linguistico dei titoli, mentre tutti gli altri aspetti vengono decisi a maggioranza qualificata, secondo la procedura legislativa ordinaria. Sulla base di questi sviluppi, il 4 dicembre 2009 il Consiglio competitività ha raggiunto un accordo sulla proposta nel suo complesso, decidendo di stralciare e di affrontare separatamente la questione del regime linguistico, oggetto specifico della proposta di regolamento in esame.
Mutuando la prassi attualmente vigente in seno all'UEB, l'articolo 3 della proposta di regolamento in esame stabilisce che il brevetto UE sia trattato, rilasciato e pubblicato in una delle lingue di lavoro dell'UEB (francese, inglese o tedesco), mentre le rivendicazioni di brevetto siano tradotte nelle altre due. Farà fede il testo del brevetto UE nella lingua di lavoro dell'UEB definita come lingua della procedura.
Nella relazione illustrativa della proposta si sostiene che la scelta di tale regime di traduzione è giustificata dalla considerazione che poiché l'UEB sarà competente per il rilascio del brevetto unico, il relativo regime di traduzione dovrà basarsi sulla procedura in vigore presso lo stesso UEB (considerando 3). Inoltre, l'opzione prescelta tiene anche conto dell'uso delle lingue da parte della maggior parte dei richiedenti, considerato che, secondo i dati citati dalla Commissione, allo stato attuale l'88,9 per cento delle domande di brevetto europeo vengono presentate in inglese, francese o tedesco.
Peraltro, al considerando 9 della proposta in esame si precisa che il regime di traduzione proposto non pregiudica le disposizioni del regime linguistico delle istituzioni dell'UE in base al quale si considerano loro lingue ufficiali e di lavoro tutte le lingue ufficiali degli Stati membri (articolo 342 del Trattato sul funzionamento dell'UE e regolamento n. 1/1958 e successive modifiche). In sostanza si tratterebbe di un regime speciale che non pregiudica quello applicato in via ordinaria nell'ambito dell'UE.
Come sottolineato nella valutazione di impatto e nel considerando 2 della proposta in esame, per consentire alle imprese dell'UE un accesso più facile, meno oneroso e rischioso alla tutela brevettuale è necessario che il regime di traduzione sia economicamente efficiente e quindi concorrenziale rispetto ai sistemi brevettuali di altre grandi economie mondiali, semplice ed infine sicuro sul piano giuridico.
All'articolo 4 si precisa che in caso di controversia connessa al brevetto unico, il titolare è tenuto a fornire, a sue spese, su richiesta e a scelta del presunto contraffattore, una traduzione completa del brevetto nella lingua ufficiale dello Stato

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membro nel quale il presunto contraffattore è domiciliato o ha avuto luogo la contraffazione nonché, su richiesta del tribunale competente dell'UE di fronte al quale si svolge il procedimento giudiziario, una traduzione completa del brevetto nella lingua del procedimento.
L'articolo 5 prevede che entro 5 anni dalla data di entrata in vigore del regolamento proposto, la Commissione presenti una relazione al Consiglio volta a valutare il funzionamento del regime di traduzione del brevetto UE, proponendo, se necessario, eventuali modifiche. Considerato che l'adozione del regolamento proposto sul regime di traduzione costituisce una condizione imprescindibile per favorire la nascita del futuro brevetto UE, l'articolo 6 stabilisce che tale regolamento e il regolamento generale sul futuro brevetto UE (COM(2000)412) entrino in vigore simultaneamente.
Nella relazione illustrativa della proposta vengono individuate alcune misure di accompagnamento da adottare congiuntamente alla creazione del brevetto unico da parte del comitato ristretto del Consiglio di amministrazione dell'UEB, composto di rappresentanti dell'UE e di tutti gli Stati membri:
traduzioni a scopo informativo (considerando 6): l'UE e l'UEB dovranno accordarsi per rendere disponibili su richiesta on-line e gratuitamente al momento della pubblicazione della domanda di brevetto le traduzioni automatiche della stessa domanda e del fascicolo di brevetto in tutte le lingue ufficiali dell'UE, senza costi aggiuntivi a carico dei richiedenti. Le traduzioni, prive di efficacia giuridica, serviranno semplicemente a fornire informazioni sul brevetto; inoltre, la loro disponibilità fin dall'inizio favorirà la divulgazione di conoscenze tecnologiche a vantaggio di singoli inventori, ricercatori e PMI innovative;
rimborso delle spese di traduzione (considerando 5): al fine di agevolare l'accesso al brevetto unico, in particolare per le PMI, il richiedente la cui lingua non è una delle lingue ufficiali dell'UEB dovrà poter depositare la domanda di brevetto unico in qualsiasi lingua ufficiale dell'UE, provvedendo, entro un certo termine, alla traduzione in una delle lingue di lavoro dell'UEB. La proposta in esame prospetta la possibilità per i richiedenti di brevetto unico che hanno la residenza o la sede principale della propria attività in uno Stato membro dell'UE, di ottenere, entro un massimale fisso, il rimborso integrale delle spese di traduzione, che verrebbe finanziato con le tasse riscosse dall'UEB sui brevetti UE.

La proposta ha subito suscitato un aspro dibattito. La soluzione proposta dalla Commissione in relazione al regime linguistico del futuro brevetto unico è stata considerata discriminatoria e inaccettabile da parte dei governi di Italia, Spagna, Cipro e Grecia. Il Governo italiano ha minacciato di porre il veto in sede di Consiglio e quindi di bloccare l'adozione del regolamento per il quale è necessaria l'unanimità. Intervenendo alla Camera il 13 luglio 2010 in occasione della discussione sul programma di lavoro della Commissione europea per il 2010 e il programma di 18 mesi del Consiglio dell'UE presentato dalle Presidenze spagnola, belga e ungherese, il Ministro Ronchi ha dichiarato che la questione del brevetto unico non riveste soltanto aspetti importanti per il sistema economico produttivo italiano, costituito prevalentemente da PMI, ma si inserisce nel più ampio contesto della difesa della lingua italiana. Il regime di traduzione proposto dalla Commissione, che si basa sull'uso di tre lingue (francese, inglese e tedesco), non sarebbe fondato su alcun criterio oggettivo e sarebbe contrario alle disposizione del Trattato che stabilisce il principio della parità fra tutte le lingue ufficiali dell'UE. Ha altresì reso nota l'intenzione del Governo italiano di valutare ipotesi alternative, e in particolare quella basata sull'uso di un'unica lingua, l'inglese, quale semplificazione più comprensibile ed accettabile per le imprese. Alla luce di tali elementi ritiene opportuno acquisire la posizione del Governo sull'evoluzione dei negoziati e sulle possibili soluzioni ai contrasti emersi,

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tenuto conto che altri Stati membri (Paesi Bassi, Germania, Svezia, Portogallo, Romania, Estonia, Danimarca, Lussemburgo e Regno Unito) si sarebbero pronunciati a favore della soluzione prospettata dalla Commissione, mentre la Francia, pur essendo in linea di massima favorevole, ha auspicato l'individuazione di ipotesi alternative che posano essere condivise da tutti gli Stati membri.
A questo ultimo proposito segnala che la Confindustria italiana e la sua omologa spagnola, con un'iniziativa adottata l'8 luglio 2010, hanno sottolineato che a loro avviso il regime linguistico proposto basato sul trilinguismo francese, inglese e tedesco, nonché le misure di accompagnamento relative alla traduzione automatica, non costituiscono una soluzione adeguata in quanto suscettibile di creare squilibri e possibili discriminazioni a scapito della competitività delle imprese, in particolare delle PMI. Pertanto, pur essendo a favore di un regime linguistico che garantisca la traduzione completa, e con effetti giuridici, del brevetto unico nelle rispettive lingue nazionali, i firmatari della lettera si dichiarano disponibili ad accettare una soluzione basata sull'uso della sola lingua inglese al fine di contenere i costi.
La Camera ha già espresso un pieno e fermo sostegno alla posizione del Governo. La risoluzione, a prima firma del Presidente Pescante, approvata lo scorso 13 luglio in esito all'esame del programma di lavoro per il 2010 della Commissione e del programma del trio di Presidenze del Consiglio, ha enunciato tre principi molto netti che dovranno guidare l'azione italiana in relazione non solo al brevetto ma ad ogni altra questione incidente sul regime linguistico dell'UE: contrastare con intransigenza ogni tentativo di violazione del regime linguistico delle istituzioni dell'UE e di marginalizzazione della lingua italiana, ricorrendo ove necessario anche agli strumenti giurisdizionali disponibili; opporsi, in particolare, al tentativo di affermare il ricorso alle sole lingue inglese, francese e tedesco nel funzionamento, anche a livello amministrativo, di ogni istituzione ed organo dell'UE, nonché con riferimento istituti, quali il brevetto europeo; sostenere, nei soli casi in cui le esigenze di riduzione dei costi e di miglior funzionamento delle strutture amministrative delle Istituzioni ed organi dell'Unione lo giustifichino, il ricorso alla sola lingua inglese, in quanto lingua veicolare di gran lunga più diffusa a livello europeo e globale.
Ai fini di verificare le prospettive del negoziato e di approfondire le questioni relative alla materia, auspica che nel corso dell'esame possa essere audito il Ministro Ronchi.

Mario PESCANTE, presidente, nessuno chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

La seduta termina alle 15.

COMUNICAZIONI DEL PRESIDENTE

Mercoledì 21 luglio 2010. - Presidenza del presidente Mario PESCANTE.

La seduta comincia alle 15.

Sugli esiti della riunione dei Presidenti COSAC svolta a Bruxelles il 4 e 5 luglio 2010.

Mario PESCANTE, presidente, ricorda che lo scorso 4 e 5 luglio si è svolta a Bruxelles la riunione dei Presidenti COSAC ed invita l'onorevole Farinone a svolgere una relazione sull'incontro.

Enrico FARINONE (PD) rende una relazione sull'incontro in oggetto (vedi allegato 2).

La Commissione prende atto.

La seduta termina alle 15.10.

UFFICIO DI PRESIDENZA INTEGRATO DAI RAPPRESENTANTI DEI GRUPPI

L'ufficio di presidenza si è riunito dalle 15.10 alle 15.20.

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AVVERTENZA

Il seguente punto all'ordine del giorno non è stato trattato:

ATTI DEL GOVERNO

Schema di decreto legislativo recante disposizioni per conformare il diritto interno alla decisione quadro 2008/909/GAI del Consiglio, del 27 novembre 2008, relativa all'applicazione del principio del reciproco riconoscimento alle sentenze penali che irrogano pene detentive o misure privative della libertà personale, ai fini della loro esecuzione nell'Unione europea.
Atto n. 230.