CAMERA DEI DEPUTATI
Giovedì 24 settembre 2009
222.
XVI LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Giustizia (II)
COMUNICATO
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SEDE CONSULTIVA

Giovedì 24 settembre 2009. - Presidenza del vicepresidente Carolina LUSSANA. - Interviene il sottosegretario di Stato per la giustizia Giacomo Caliendo.

La seduta comincia alle 10.35.

DL 103/09: Disposizioni correttive del decreto-legge anticrisi n. 78 del 2009.
C. 2714 Governo, approvato dal Senato.

(Parere alle Commissioni riunite V e VI).
(Esame e conclusione - Parere favorevole).

La Commissione inizia l'esame del provvedimento.

Manlio CONTENTO (PdL), relatore, prima di esaminare nel merito il testo del provvedimento trasmesso dal Senato, ritiene opportuno fare una precisazione di metodo in ordine all'ambito dell'esame in sede consultiva della Commissione Giustizia.
Come è stato ribadito nella seduta di martedì scorso in occasione dell'espressione del parere sul provvedimento volto ad istituire il Garante dei minori, sottolinea che l'esame in sede consultiva ha dei contorni ben precisi che non possono essere superati se non invadendo l'ambito di competenza della Commissione di merito alla quale il provvedimento è stato assegnato in sede referente. In particolare, ogni qualvolta la Commissione Giustizia esamina un testo, il nostro compito è quello di verificare se sotto il profilo tecnico-giuridico le disposizioni che attengono a materie di competenza della Commissione siano corrette, prospettando attraverso le osservazioni o condizioni delle soluzioni, che sarà poi la Commissione di merito a valutare. Per quanto non sia sempre espressamente ribadito nei pareri espressi, il giudizio favorevole su testo è limitato alle sole parti di competenza della Commissione che esprime il parere. L'ambito dell'esame in sede consultiva è poi ancora di più circoscritto quando oggetto dell'esame è un disegno di legge di conversione

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di un decreto-legge, essendo più rigido anche l'ambito dell'esame in sede referente.
Nel caso in esame ciò significa che non stiamo valutando la fondatezza della scelta che ha portato ad prevedere lo scudo fiscale nell'articolo 13-bis del decreto-legge 1o luglio 2009, n. 78, recante provvedimenti anticrisi, così come convertito dalle Camere, bensì la fondatezza giuridica dei profili di competenza della Commissione Giustizia inerenti alle modifiche al predetto articolo che sono contenute nel decreto-legge n. 103 del 2009, recante disposizioni correttive del decreto-legge anticrisi n. 78 del 2009, così come modificato dal Senato.
Rileva che le precisazioni di metodo appena svolte sono necessarie per evitare che il nostro dibattito prenda una direzione che esuli dalle competenze della Commissione in sede consultiva e che, nel caso di esame di un decreto-legge, potrebbe esulare anche dall'ambito dell'esame in sede referente.
Passa quindi all'illustrazione delle disposizioni di competenza della Commissione Giustizia ed, in particolare, i numeri 1 e 2 della lettera b) del comma 1 dell'articolo 1, i quali sono diretti a modificare i commi 3 e 4 del richiamato articolo 13-bis del decreto-legge n. 78 del luglio scorso.
Ritiene che la ratio delle modifiche sia chiara. Si tratta di aggiustamenti alla disciplina dello scudo fiscale finalizzati a renderla coerente alla scelta politica di prevedere il rientro di capitali all'estero. Scelta - è bene ribadirlo - che il Parlamento ha effettuato il luglio scorso. Vorrei precisare anche che su questa scelta, che l'opposizione legittimamente (secondo le proprie convinzioni) non condivide e critica aspramente, ma che per la maggioranza, sempre legittimamente, è del tutto corretta per una serie di ragioni di natura economica che non si possono affrontare in questa sede non possono tornare neanche le Commissioni V e VI, alle quali il provvedimento è stato assegnato in sede referente, esulando dall'oggetto del decreto-legge n. 103.
Il decreto n. 103, infatti, contiene - per quanto interessa alla Commissione giustizia - delle disposizioni relative al principio secondo cui il rientro di capitali e la relativa regolarizzazione non possono costituire elemento utilizzabile a sfavore del contribuente in sede giudiziaria o amministrativa e che alcuni reati connessi all'espatrio irregolare dei capitali non sono punibili. Si tratta di un principio che è un corollario ed una scelta conseguente a quella di prevedere la possibilità del rimpatrio di capitali che si trovano illegalmente all'estero. Una volta che viene fatta questa scelta di fondo, sarebbe veramente singolare non prevedere delle forme di non punibilità per le condotte che hanno portato all'espatrio illegale del capitale. Si tratta di forme di incentivazione necessarie ogni qual volta il legislatore si pone l'obiettivo di far emergere una situazione irregolare. Tale emersione non è possibile se non si accompagna anche a forme di garanzia circa la punibilità. La questione è vedere se tale impunibilità sia strettamente funzionale alla operazione di emersione delle irregolarità.
Ricorda che la Commissione giustizia non è chiamata a valutare la fondatezza della scelta politica di consentire il rientro di capitali espatriati illegalmente, bensì la coerenza giuridica delle disposizioni volte ad attuare il principio secondo cui questo rientro non possa essere utilizzato a sfavore di chi tali capitali riporta in Italia.
Il testo originario del decreto-legge si limita a prevedere che la inutilizzabilità non opera per i procedimenti in corso alla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto legge n. 78 (5 agosto 2009). Il Senato ha apportato ulteriori modifiche.
In merito ai dati e alle informazioni fornite ai fini dell'adesione alle operazioni di emersione dei capitali, è stato specificato che la sede giudiziaria nella quale tali dati non possono essere utilizzati a sfavore del contribuente è quella civile, amministrativa e tributaria. Si tratta, quindi, di una limitazione del principio previsto in via generale dal comma 3 dell'articolo

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13-bis, in quanto si prevede una deroga ad esso, il quale non potrà operare per i procedimenti in corso alla data del 5 agosto 2009. Inoltre si prevede, sempre nell'ottica di favorire il rientro di capitali, che le operazioni di regolarizzazione e di rimpatrio non comportano l'obbligo di segnalazione di operazioni sospette in materia di antiriciclaggio disciplinate dall'articolo 41 del decreto legislativo n. 231 del 2007.
Per quanto attiene agli effetti estintivi di punibilità dell'operazione di emersione, il testo originario dell'articolo 13-bis prevede che l'operazione comporta effetti estintivi delle violazioni di natura tributaria e previdenziale ed estingue le relative sanzioni amministrative relativamente agli importi dichiarati, con riferimento ai periodi d'imposta per i quali non sono ancora scaduti i termini per l'accertamento. Per quanto attiene agli effetti penali del rimpatrio nel testo approvato a luglio si prevede la non punibilità di alcuni specifici reati quali quelli legati all'infedele o all'omessa dichiarazione dei redditi disciplinati, rispettivamente, dagli articoli 4 e 5 del decreto legislativo n. 74 del 2000. La ratio incentivante della norma è chiara: se si vogliono far rientrare dei capitali usciti illegalmente non si può, salvo rendere di fatto impraticabile il rientro, anche non incentivare tale operazione attraverso forme di non punibilità. Le modifiche che il Senato ha apportato a questa disciplina sono dettate dalla constatazione che questo incentivo non è sufficiente in quanto rimarrebbe comunque la punibilità per altri reati connessi alla vicenda che ha portato all'espatrio di capitali. Il Senato ha ritenuto di estendere la punibilità anche a questi reati rinviando alle disposizioni contenute nell'articolo 8 della legge n. 289 del 2002, recante «Integrazione degli imponibili per gli anni pregressi» (cosiddetto «condono tombale»).
In virtù di tale rinvio, oltre ai reati di infedele e omessa dichiarazione disciplinati dagli articoli 4 e 5 del richiamato decreto legislativo n. 74 del 2000, l'emersione comporta effetti estintivi anche relativamente ad alcune fattispecie di reato di falsità in atti contemplate dal codice penale nonché per i reati di dichiarazione fraudolenta, ai fini delle imposte sui redditi e dell'IVA, mediante utilizzo di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, di dichiarazione fraudolenta, ai fini delle imposte sui redditi e dell'IVA, mediante l'utilizzo di artifici contabili diversi da quelli previsti nell'articolo 2 del decreto legislativo n. 74 del 2000 quali, ad esempio, la falsa rappresentazione delle scritture contabili obbligatorie, di occultazione o distruzione di documenti finalizzata all'evasione delle imposte sui redditi o dell'IVA, e di false comunicazioni sociali.
Ritiene che sia di fondamentale importanza ricordare che ai sensi della lettera c) del comma 6 dell'articolo 8, cui l'emendamento approvato al Senato rinvia, l'esclusione della punibilità opera nel caso in cui tali reati siano stati commessi per eseguire od occultare i predetti reati tributari, ovvero per conseguirne il profitto e siano riferiti alla stessa pendenza o situazione tributaria; in base alla medesima disposizione, e che gli indicati effetti penali non si applicano «in caso di esercizio dell'azione penale della quale il contribuente ha avuto formale conoscenza entro la data di presentazione della dichiarazione integrativa». Si tratta di una importante limitazione sotto il profilo funzionale (vi deve essere un nesso con il reato tributario) e temporale (non deve essere stata esercitata l'azione penale).
Ritiene che la Commissione Giustizia debba esprimere il proprio parere favorevole sul testo trasmesso dal Senato, il quale sicuramente non rappresenta un condono generalizzato per reati gravi, né una sorta di amnistia, essendo diretto a conferire maggiore coerenza al principio secondo il quale alla emersione di situazioni irregolari possono accompagnarsi situazioni di non punibilità per alcuni reati connessi a tali situazioni. Il parere non può che essere favorevole in quanto tale impunibilità si riferisce unicamente a reati strettamente connessi alla condotta

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di espatrio irregolare e per i quali ancora non sia stata esercitata l'azione penale.

Donatella FERRANTI (PD) preliminarmente dichiara di non condividere l'intervento del relatore esprimendo la contrarietà del suo gruppo al contenuto specifico delle modifiche apportate dal Senato al decreto-legge in esame e quindi alla disciplina dello scudo fiscale di cui al decreto-legge n. 78 del 2009. Si tratta di una contrarietà non preconcetta e derivante dalla contrarietà allo strumento dello scudo fiscale, quanto piuttosto una contrarietà ad una amnistia mascherata che servirà ad evitare condanne penale nei confronti di persone che hanno commesso gravi reati finanziari. Ritiene che sarebbe stato sufficiente, come previsto nel testo approvato nel luglio scorso, prevedere la non punibilità dei soli reati necessariamente connessi alla condotta di espatrio illegale di capitali, quali i reati di falsa od omessa dichiarazione fiscale. Invece si è voluto estendere, senza che ce ne fosse la necessità, la non punibilità a reati estremamente gravi. Tra questi evidenzia in particolare il reato di false comunicazioni sociali, il cosiddetto falso in bilancio, previsto dagli articoli 2621 e 2622 del codice civile, che consiste in una rappresentazione non veritiera dei fatti aziendali espressi nel bilancio e nella nota integrativa allegata tale da alterare in modo sensibile la rappresentazione della situazione economica, patrimoniale e finanziaria della società o incidere sul risultato economico di esercizio o comportare una variazione del patrimonio netto recando danno ai soci e ai creditori sociali o grave nocumento ai risparmiatori. Sottolinea come l'adozione dello scudo fiscale, volto a favorire il rientro di capitali, non possa essere di fatto utilizzata strumentalmente per realizzare un vero e proprio condono tributario e un'amnistia mascherata.
Ritiene inoltre che attraverso lo scudo fiscale si attui una grave iniquità fiscale che si traduce anche in una iniquità sociale e che rappresenta la negazione dei principi che regolano la materia tributaria e il diritto penale dell'economia. Tutto ciò, a suo parere, avrà l'effetto perverso di premiare non solo chi non ha rispettato le regole omettendo di dichiarare patrimoni e attività finanziarie detenute all'estero, ma anche chi ha fraudolentemente posto in essere attività di elusione del principio contributivo, evitando non solo le sanzioni relative alle violazioni tributarie ma anche quelle penali.
Sottolinea come il provvedimento in esame sia espressione di grave incoerenza del Governo, che da un lato proclama la lotta contro la criminalità organizzata e adotta norme, come quelle contenute nel recente pacchetto sicurezza, volte ad agevolare la confisca anche per equivalente dei patrimoni di mafia, dall'altro limita l'applicazione delle disposizioni volte a prevedere l'obbligo di segnalazione di situazioni di riciclaggio. Il provvedimento finirà per creare una corsia preferenziale e agevolata ai proventi di delitti gravi che finiranno per mimetizzarsi nella massa dei capitali che rientrano, magari intestati a società di comodo e coperti da fatturazioni false.
Alla luce delle considerazioni svolte, presenta, a nome del suo gruppo, una proposta alternativa di parere nella quale si esprime la totale contrarietà al testo trasmesso dal Senato (vedi allegato 2).

Michele Giuseppe VIETTI (UdC) dopo avere ricordato come il suo gruppo non avesse espresso un'opposizione pregiudiziale nei confronti dello «scudo fiscale», così come strutturato nella versione originaria del decreto legge n. 78, come modificato dalle Camere, esprime tuttavia due riserve nei confronti della attuale formulazione della norma, come risultante dalle modifiche apportate dal Senato. Sotto il profilo del metodo, ritiene che se l'intenzione era quella di estendere la copertura ad ulteriori fattispecie di reato, sarebbe stato corretto, nell'ambito di un equilibrato rapporto fra Governo e Parlamento, farlo subito. Si è invece passati da una versione «minimalista» ad una versione molto più ampia, assolutamente non condivisibile, che comprende anche i reati societari. Sotto il profilo del merito, rileva

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come oggi la stampa, anche internazionale, riporti commenti esclusivamente negativi, definendo l'istituto in questione una «amnistia mascherata» o un «condono boomerang».
Rileva come il relatore abbia ritenuto di precisare che l'esame della Commissione, svolgendosi in sede consultiva, debba limitarsi esclusivamente agli aspetti di competenza della Commissione giustizia, senza estendersi all'argomento, di portata più ampia e comunque eventualmente di competenza delle Commissioni di merito, relativo alla opportunità o meno di prevedere lo «scudo fiscale» ovvero di prevederlo con certe modalità anziché con altre. Rileva, tuttavia, che il gruppo dell'UdC, che non era pregiudizialmente contrario allo «scudo fiscale» nella sua versione originaria, esprime oggi contrarietà nei confronti di tale istituto, proprio in ragione delle modifiche apportate al Senato, sottolineando come tali modifiche costituiscono appunto le disposizioni di competenza della Commissione Giustizia e, quindi, oggetto di discussione in questa Commissione.
Conclusivamente, a nome del suo gruppo, con rammarico e senza alcuna ostilità preconcetta, esprime contrarietà nei confronti delle disposizioni del provvedimento introduttive del cosiddetto «scudo fiscale», nella sua versione attuale, che estende la non punibilità ai reati societari.

Manlio CONTENTO (PdL), ritenendo di non condividere i rilievi espressi dagli onorevoli Ferranti e Vietti, presenta una proposta di parere favorevole nella cui premessa sono evidenziate le ragioni per le quali il testo trasmesso dal Senato appare condivisibile per le parti di competenza della Commissione giustizia (vedi allegato). Senza alcun intento polemico ritiene tuttavia di ribadire che i nuovi reati per i quali si prevede la non punibilità devono essere stati posti in essere proprio in relazione all'attività illegale che ha condotto all'espatrio di capitali all'estero e che attraverso lo scudo fiscale si vuole far emergere. Nessuno di questi nuovi reati potrà essere considerato non punibile qualora non sia legato in via teleologica all'espatrio dei capitali. Non prevedere la loro impunibilità sarebbe un errore. Rileva inoltre che attraverso il rinvio all'articolo 17 del decreto-legge 25 settembre 2001, n. 350, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 novembre 2001, n. 409, e successive modificazioni, appare evidente che dalla regolarizzazione di attività detenute all'estero oltre a non poter derivare la non punibilità di reati diversi da quelli per i quali è espressamente esclusa la punibilità potrebbe derivare l'applicazione di una sanzione amministrativa pecuniaria pari al cento per cento del valore delle attività qualora queste derivino dalla commissione di reati.
Rileva di aver inserito nella proposta di parere anche una considerazione negativa in ordine alla scelta di non richiamare espressamente i reati per i quali si prevede la non punibilità, avendo fatto invece ricorso allo strumento del rinvio ad una norma di legge vigente ed, in particolare, all'articolo 8, comma 6, lettera c), della legge 27 dicembre 2002, n. 289, e successive modificazioni. Le proprie perplessità su questa scelta si basano su due considerazioni, l'una politica, l'altra giuridica. La prima attiene alla scarsa trasparenza dello strumento del rinvio, in quanto non consente immediatamente di comprendere la reale portata della norma, richiedendo una operazione ricostruttiva che non sempre è agevole. La seconda riguarda i rischi che possono determinarsi in relazione ad una normativa richiamata che potrebbe essere stata oggetto anche di rivisitazioni legislative delle quali si potrebbe non aver contezza nel momento in cui si rinvia a quella norma.

Carolina LUSSANA, presidente, nessuno chiedendo di intervenire, avverte che sarà posta in votazione la proposta di parere del relatore e che qualora questa venisse respinta sarà posta in votazione la proposta alternativa di parere presentata dall'onorevole Ferranti.

La Commissione approva la proposta di parere del relatore.

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Sui lavori della Commissione.

Michele Giuseppe VIETTI (UdC) ricorda che si trova oramai da tempo all'ordine del giorno della Commissione, in quota opposizione, la proposta di legge da lui presentata n. 1090, recante la riforma della disciplina delle persone giuridiche e delle associazioni non riconosciute, e che si era convenuto prima della pausa estiva sull'opportunità di procedere a delle audizioni. Ha appreso peraltro che queste non sarebbero state ancora convocate in attesa di una preannunciata presentazione di un disegno di legge del Governo sulla medesima materia. Se ciò fosse vero sarebbe estremamente grave in quanto significherebbe condizionare l'attività del Parlamento ed i diritti dell'opposizione alla discrezionalità del Governo nello scegliere il tempo e le modalità di presentazione di un disegno di legge. Chiede pertanto alla Presidenza se ciò sia vero e in caso affermativo di procedere quanto prima alla convocazione delle audizioni, ricordando che il Governo ha comunque anche lo strumento degli emendamenti per esercitare la sua iniziativa legislativa.

Carolina LUSSANA, presidente, ricorda che in effetti in occasione della riunione di un ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi, il rappresentante del Governo ha preannunciato l'intenzione dell'Esecutivo di presentare un disegno di legge volto a riordinare la disciplina civilistica in materia di enti. A fronte di ciò, è sembrato opportuno di sospendere brevemente l'esame del provvedimento presentato dall'onorevole Vietti per consentire l'abbinamento di un disegno di legge del Governo che sembrava di imminente presentazione. Naturalmente qualora la presentazione dovesse ulteriormente tardare la Commissione procederà alle audizioni programmate.

La seduta termina alle 11.20.

AVVERTENZA

I seguenti punti all'ordine del giorno non sono stati trattati:

SEDE REFERENTE

Disposizioni sulla Corte penale internazionale.
C. 1439 Melchiorre, C. 1782 Di Pietro, C. 2445 Bernardini e C. 1695 Gozi.

Disposizioni in materia di reati commessi per finalità di discriminazione o di odio fondati sull'orientamento sessuale o sull'identità di genere.
C. 1658 Concia e C. 1882 Di Pietro.

Modifiche al codice penale in materia di prescrizione del reato.
C. 1235 Ferranti.

Inapplicabilità e cessazione degli effetti di misure di prevenzione a seguito di sentenza irrevocabile di proscioglimento.
C. 1505 Belcastro.