CAMERA DEI DEPUTATI
Martedì 21 luglio 2009
206.
XVI LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Difesa (IV)
COMUNICATO
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UFFICIO DI PRESIDENZA INTEGRATO DAI RAPPRESENTANTI DEI GRUPPI

Martedì 21 luglio 2009.

L'ufficio di presidenza si è riunito dalle 12.30 alle 12.35.

SEDE CONSULTIVA

Martedì 21 luglio 2009. - Presidenza del vicepresidente Francesco Saverio GAROFANI. - Interviene il Sottosegretario di Stato per la difesa, Giuseppe Cossiga.

La seduta comincia alle 12.40.

Sull'ordine dei lavori.

Francesco Saverio GAROFANI, presidente, propone di modificare l'ordine dei lavori nel senso di passare immediatamente all'esame del Documento di programmazione economico-finanziaria relativo alla manovra di finanza pubblica per

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gli anni 2010-2013, per poi procedere all'esame, in sede consultiva, dei disegni di legge di ratifica iscritti all'ordine del giorno.

La Commissione concorda.

Documento di programmazione economico-finanziaria relativo alla manovra di finanza pubblica per gli anni 2010-2013.
Doc. LVII, n. 2.

(Parere alla V Commissione).
(Esame e rinvio).

La Commissione inizia l'esame del provvedimento in oggetto.

Roberto SPECIALE (PdL), relatore, ricorda che il Documento di programmazione economico-finanziaria, ai sensi della legge n. 362 del 1988, ha la funzione di fissare i saldi di finanza pubblica e di definire i caratteri della manovra finanziaria volta a conseguirli, per un periodo non inferiore a tre anni.
Evidenzia, inoltre, come esso si articoli in due parti: una prima parte, di carattere descrittivo-previsionale, ove si esaminano e si valutano gli andamenti reali; una seconda invece, di natura prescrittivo-programmatica, in cui si fissano gli obiettivi macroeconomici e i saldi di finanza pubblica, individuando le linee guida volte a conseguirli.
Per quanto riguarda gli andamenti macroeconomici tendenziali, il DPEF 2010-2013 reca il nuovo quadro di finanza pubblica, aggiornato alla luce delle nuove previsioni di carattere macroeconomico, nelle quali, pur in un quadro di prospettive tuttora incerte, si evidenziano segnali di attenuazione delle spinte recessive. Tali previsioni si fondano, innanzitutto, sulla contrazione della crescita economica a livello mondiale, determinata dagli effetti della crisi economico-finanziaria iniziata negli Stati Uniti nel 2007 e riverberatasi rapidamente sulle altre economie avanzate nel 2008.
Per contrastare gli effetti della crisi, che nei paesi industrializzati condurrà nel 2009 ad una riduzione del PIL stimata nell'ordine del 4 per cento, sono state adottate misure antirecessive e misure straordinarie di iniezione della liquidità dirette a stabilizzare i sistemi bancari e finanziari. Tuttavia, nonostante le misure adottate dai rispettivi governi, persistono fattori di rischio nell'andamento congiunturale dei paesi industrializzati, anche se il DPEF evidenzia come la velocità di peggioramento della crescita possa aver raggiunto il picco nel primo trimestre dell'anno in corso.
Con riferimento all'economia nazionale, il DPEF presenta una revisione delle stime di crescita dell'economia italiana per l'anno in corso e per il 2010. In particolare, per il 2009 è stimata una riduzione del PIL del 5,2 per cento, rispetto alla riduzione del 4,2 per cento, indicata nella Relazione unificata sull'economia e la finanza pubblica presentata nell'aprile scorso. Un'inversione del ciclo è invece prevista a partire dal 2010, anno nel quale il prodotto interno lordo dovrebbe ricominciare a crescere ad un tasso pari allo 0,5 per cento. Nel triennio successivo la crescita media annua è prevista attestarsi al 2 per cento, con una ripresa abbastanza sostenuta per effetto dell'atteso recupero del commercio internazionale e degli effetti di rimbalzo dei livelli produttivi rimasti molto contenuti.
Il DPEF evidenzia anche come l'economia italiana si presenti meno esposta ai fattori specifici della crisi finanziaria, grazie ad alcune caratteristiche strutturali, quali il ridotto indebitamento delle famiglie rispetto alla media dell'area dell'euro, la minore vulnerabilità del settore immobiliare e una redditività del settore bancario superiore agli altri Paesi dell'area dell'euro. Il DPEF afferma quindi che in Italia, rispetto alle strategie di contrasto adottate negli altri Paesi industrializzati, vi è stata una minore necessità di intervenire a sostegno del sistema finanziario.
In ragione di ciò il piano in funzione anticrisi, è stato attivato dal Governo con una pluralità di strumenti, sviluppati in

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fasi successive, che hanno riguardato: la normalizzazione delle condizioni operative del sistema finanziario e del credito all'economia, l'allargamento della copertura degli ammortizzatori sociali per ridurre l'impatto negativo della crisi, nonché il rafforzamento degli investimenti pubblici e il sostegno al sistema sociale e produttivo. Secondo quanto riportato dal DPEF, in termini finanziari, escludendo gli interventi a favore del settore bancario e il più recente decreto-legge n. 78 del 2009, il piano anticrisi ha reperito un ammontare di risorse lorde pari a circa 27,3 miliardi per il quadriennio 2008-2011, corrispondenti all'1,8 per cento del PIL.
In conseguenza del protrarsi della situazione congiunturale negativa, il DPEF 2010-2013, oltre a stimare una ulteriore contrazione della crescita del PIL nel 2009 (-5,2 per cento), rivede al ribasso anche l'obiettivo di indebitamento netto, fissandolo al 5,3 per cento del PIL per il 2009, sia a causa dell'ulteriore ridimensionamento del gettito tributario, sia per l'impegno assunto dal Governo di accelerare i pagamenti dei debiti della Pubblica Amministrazione nei confronti delle imprese. Infine, per quanto attiene al rapporto debito pubblico/PIL, la previsione per il 2009 è fissata al 115,3 per cento, superiore di 9,6 punti percentuali rispetto al risultato raggiunto nel 2008.
Come detto in precedenza, il DPEF prevede una inversione di tendenza a partire dal 2010, in cui si prospetta un indebitamento netto pari al 5 per cento del PIL, in miglioramento dello 0,3 per cento rispetto al livello del deficit fissato per il 2009. Per gli anni successivi, il quadro tendenziale evidenzia una discesa progressiva dell'indebitamento netto che si mantiene peraltro ampiamente al di sopra del livello del 3 per cento per tutto il periodo, in quanto condizionato dal peso crescente della spesa per interessi.
Per quanto riguarda il quadro programmatico di finanza pubblica, il DPEF, tenuto conto dell'andamento tendenziale, traccia i nuovi obiettivi finanziari, da realizzare attraverso manovre correttive che dovranno privilegiare interventi non peggiorativi della pressione fiscale verso i settori economici operanti nel rispetto delle regole, nonché interventi che non siano non riduttivi del livello dei servizi alla collettività, bensì finalizzati all'efficienza e all'ottimizzazione dell'impiego delle risorse. Tali obiettivi confermano per il 2010 il livello di indebitamento tendenziale, mentre per gli anni successivi evidenziano una riduzione progressiva del deficit che, dal 5 per cento del 2010, scende al di sotto della soglia del 3 per cento nel 2012.
Per quanto riguarda il rapporto debito/PIL, il quadro tendenziale evidenzia, in relazione al ridimensionamento della crescita dell'economia, un incremento nel 2010, superiore di quasi 3 punti percentuali rispetto al 2009, attestandosi al 118,2 per cento. A partire dal 2011, il quadro programmatico prevede un inversione di tendenza, posto che il debito pubblico dovrebbe tornare a ridursi, attestandosi al 118 per cento del PIL, per poi continuare a scendere in modo più significativo nel biennio successivo, collocandosi al 114,1 per cento nel 2013.
Per quanto riguarda i profili di competenza della Commissione Difesa, segnala che il DPEF, nel delineare il quadro programmatico, menziona anche gli effetti del decreto-legge n. 78 del 2009, il cui esame è attualmente in corso presso le Commissioni bilancio e finanze della Camera. In questo quadro, il citato documento di programmazione sottolinea che «per l'anno 2009, vengono assicurate risorse necessarie per la prosecuzione degli interventi di cooperazione, allo sviluppo e di sostegno ai processi di pace e stabilizzazione in atto, nonché la partecipazione del personale delle Forze armate e di polizia alle missioni internazionali in corso». Ricorda, inoltre, che la Commissione già ha avuto modo di sottolineare favorevolmente la dimensione di tali risorse nel corso dell'esame in sede consultiva del citato decreto-legge, senza tuttavia tralasciare i numerosi profili procedurali problematici di quest'ultimo, come ampiamente emerso nel corso del dibattito.

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Sempre in relazione agli aspetti di competenza della Commissione Difesa, segnala altresì che il DPEF, con riferimento all'attuazione del programma di Governo, sottolinea come siano state avviate iniziative concrete a favore del comparto sicurezza e difesa e come, nel campo della politica estera comunitaria e di difesa, siano stati approvati provvedimenti per le missioni internazionali.
Per quanto riguarda le specifiche iniziative assunte dal Governo nel settore della Difesa, il DPEF, ne fornisce un quadro di sintesi in un apposito allegato, in cui sono raccolti i contributi dei singoli ministeri. In particolare, nella parte dedicata alla Difesa si fa presente, innanzitutto, che, nell'alveo dell'obiettivo strategico di conseguire la riduzione del costo complessivo dello Stato, rendendone nel contempo più efficace l'azione, è stata costituita presso il Ministero della difesa un'apposita Commissione di alta consulenza e studio ai fini della predisposizione di un disegno di legge delega volto a ridisegnare l'assetto organizzativo delle Forze armate e più in generale dell'intero dicastero, nell'ottica di disporre di uno strumento militare più ridotto quantitativamente, ma più efficiente, efficace e flessibile.
Secondo il predetto allegato, muovono dalle stesse finalità anche le iniziative legislative per la costituzione, con azioni interamente sottoscritte dal Ministero della difesa, della società «Difesa Servizi S.p.a.», quale strumento organizzativo attraverso il quale il citato Ministero potrà realizzare la gestione efficace, efficiente e produttiva di attività e risorse non direttamente connesse all'operatività delle Forze armate.
Riguardo all'obiettivo strategico di realizzare l'indispensabile cornice di sicurezza per il Paese per competere ed evolvere, si pongono invece, sempre secondo il predetto allegato, gli interventi legislativi che hanno consentito e consentiranno alla Difesa di fornire ogni possibile concorso per il sostegno delle esigenze di mantenimento della sicurezza, con operazioni di concorso nei servizi preventivi e di vigilanza svolti dalle Forze di polizia e in quelli di contenimento del fenomeno dell'immigrazione clandestina.
Sono altresì richiamate le iniziative assunte dal Ministero della difesa a favore della società civile per avvicinare i giovani ai valori delle Forze armate, come elemento determinante di coesione sociale, dopo la sospensione del servizio militare obbligatorio, anche prevedendo la frequenza, su base volontaria, di brevi corsi di formazione teorico-pratica presso reparti delle Forze armate.
Infine, nel richiamare l'impegno del Ministero della difesa per fornire, unitamente a tutti i Paesi alleati, il sostegno alla difesa e alla sicurezza internazionale, nel citato allegato si assicura, compatibilmente con l'attuale fase congiunturale, lo stanziamento delle risorse finanziarie occorrenti per le Forze armate per la partecipazione alle missioni internazionali secondo i medesimi criteri seguiti nel corso dell'anno 2009.
A questo proposito svolge alcune brevi considerazioni.
Per quanto riguarda il problema dell'attuale congiuntura economica e delle risorse da destinare alla Difesa, intende sottolineare come il Ministero della difesa, negli ultimi anni, abbia contribuito più di ogni altro dicastero alle misure di contenimento della spesa pubblica, sopportando notevoli sacrifici. Reputa, quindi, che sia venuto ora il momento di affrontare i problemi di bilancio, non attraverso tagli indiscriminati agli stanziamenti (i cosiddetti tagli lineari), ma attraverso un'opera di razionalizzazione della spesa, che metta comunque al primo posto le risorse destinate ai mezzi per la protezione del personale militare, con particolare riguardo a quello impiegato in missioni internazionali, come la Commissione Difesa ha avuto modo di segnalare in numerose occasioni.
Ben vengano, quindi, la revisione del modello di difesa e l'attività della Commissione di studio che sta operando in tal senso, se ciò consentirà di dar corso finalmente a quest'opera di razionalizzazione, fermo restando che, fin dalla fase di

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predisposizione di tale progetto, pur nel rispetto delle attribuzioni di ciascuna istituzione, dovrà esservi un adeguato livello di coinvolgimento del Parlamento, attraverso un'opportuna attività informativa da parte del Governo.
In conclusione, si riserva di formulare una proposta di parere sul documento in oggetto, anche alla luce di ulteriori elementi di valutazione che dovessero emergere nel corso del dibattito.

Il sottosegretario Giuseppe COSSIGA si riserva di intervenire nel corso del prosieguo dell'esame.

Francesco Saverio GAROFANI, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia quindi il seguito dell'esame ad altra seduta.

Ratifica ed esecuzione dei seguenti Accordi: a) Accordo tra gli Stati membri dell'Unione europea relativo allo statuto dei militari e del personale civile distaccati, fatto a Bruxelles il 17 novembre 2003; b) Accordo tra gli Stati membri della Unione europea relativo alle richieste di indennizzo nell'ambito di un'operazione dell'UE di gestione delle crisi, firmato a Bruxelles il 28 aprile 2004.
C. 2553 Governo, approvato dal Senato.

(Parere alla III Commissione).
(Esame e conclusione - Parere favorevole).

La Commissione inizia l'esame del provvedimento in oggetto.

Francesco BOSI (UdC), relatore, ricorda che i due Accordi in oggetto, stipulati tra gli Stati membri dell'Unione europea, sono intesi a facilitare alcuni aspetti giuridici, procedurali e logistici delle missioni umanitarie e di soccorso, di mantenimento o ristabilimento della pace, di gestione delle crisi, quali previste dall'articolo 17, paragrafo 2, del Trattato sull'Unione europea nell'ambito della PESD.
Il primo, e più rilevante, dei due Accordi concerne lo statuto dei militari e del personale civile che si trovino in posizione di distacco presso le istituzioni dell'Unione europea, lo statuto dei Quartieri generali e delle Forze eventualmente messe a disposizione dell'Unione europea per lo svolgimento dei compiti previsti in ambito PESD, nonché lo statuto dei militari e del personale civile di ciascuno Stato membro messi a disposizione dell'Unione europea per l'impiego nei suddetti ambiti. L'Accordo è composto da 19 articoli suddivisi in quattro parti.
La Parte I reca disposizioni comuni ai militari e al personale civile (articoli da 1-6). In particolare, le citate disposizioni prevedono, tra l'altro: l'obbligo degli Stati membri di facilitare l'ingresso, il soggiorno e la partenza a fini istituzionali del personale e delle relative persone a carico; il riconoscimento delle patenti di guida militari sul territorio dello Stato ospitante, sempre che si tratti di patenti concernenti veicoli comparabili, nonché la facoltà del personale di ciascuno degli Stati membri di fornire assistenza medica e dentistica al personale delle Forze o dei Quartieri generali proveniente da qualsiasi altro Stato membro. Il personale militare e civile è altresì tenuto ad indossare le rispettive uniformi in base ai regolamenti vigenti nello Stato di invio, ed è altresì contemplato che i veicoli di ciascuno degli Stati membri rechino una targa distintiva della loro nazionalità.
La Parte II detta le disposizioni che si applicano esclusivamente ai militari e ai civili distaccati presso le istituzioni dell'Unione europea (articoli 7 e 8). In particolare, è previsto che tali categorie possano - quando partecipano alle missioni PESD - detenere e portare armi nelle attività di preparazione delle suddette missioni. Inoltre, è previsto che i militari e i civili distaccati presso le istituzioni dell'Unione europea godano dell'immunità giurisdizionale in ordine a dichiarazioni, scritti o azioni ad essi riconducibili nell'esercizio delle loro funzioni istituzionali, e che le istituzioni dell'Unione vigilino per evitare un abuso di tali immunità.
La Parte III (articoli 9-18) è la più rilevante dell'accordo e detta norme applicabili

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esclusivamente ai Quartieri generali e alle Forze, inclusi i militari e i civili in essi impiegati.
È anzitutto prevista per i Quartieri generali e le Forze impegnate nella preparazione dei compiti PESD, e per il relativo personale, l'autorizzazione a transitare e installarsi temporaneamente nel territorio di uno Stato membro, naturalmente con il consenso di quest'ultimo. È fatta salva l'esclusiva responsabilità delle autorità dello Stato ospitante per le decisioni che riguardano la localizzazione e la logistica correlate all'installazione di Quartieri generali o di Forze di altri Stati membri.
Particolarmente rilevante è il diritto riconosciuto alle varie unità di personale militare o civile ospitate di esercitare funzioni di polizia negli ambienti e installazioni di pertinenza dei rispettivi contingenti - mentre, al di fuori di tali ambiti, le attività di polizia potranno essere esercitate solo previo accordo con le autorità ospitanti e solo qualora necessario per il mantenimento della disciplina tra i membri delle unità ospiti.
È prevista inoltre la possibilità, sia per i militari, sia per il personale civile, di detenzione e porto di armi di servizio, purché conformemente alla normativa dello Stato di invio e con il consenso dallo Stato ospitante.
I Quartieri generali e le Forze beneficiano inoltre in materia di imposte, telecomunicazioni, trasporti e tariffe, delle stesse agevolazioni accordate alle Forze dello Stato ospitante.
Per quanto concerne gli archivi i documenti ufficiali dei Quartieri generali essi sono inviolabili, salvo rinuncia dei Quartieri generali medesimi.
Sono poi previste disposizioni per evitare le doppie imposizioni sui redditi dei militari e del personale civile temporaneamente presenti dello Stato ospitante. Sono altresì disciplinati i poteri di giurisdizione penale e disciplinare delle autorità dello Stato di origine e di quelle dello Stato ospitante.
Sono inoltre previste disposizioni che disciplinano le richieste di indennizzo di uno Stato membro verso un altro Stato membro a seguito di danni a cose o persone conseguenti all'espletamento delle attività connesse alla preparazione e allo svolgimento delle missioni PESD.
Inoltre, sono disciplinate dettagliate procedure per il caso di atti o omissioni compiuti da un militare o civile nell'esecuzione delle funzioni ufficiali di cui al presente Accordo, e dai quali derivino danni a terzi.
Infine, la Parte IV contiene le disposizioni finali (articolo 19). In particolare, è previsto che l'ambito di applicazione dell'Accordo si riferisca al solo territorio metropolitano degli Stati membri, tuttavia ciascuno di essi può notificare al depositario l'applicazione anche ad altri territori delle cui relazioni internazionali ha la responsabilità. Inoltre, è previsto che le disposizioni contenute nella parte I e III si applichino solo qualora la medesima materia non sia già disciplinata da altro accordo. In caso affermativo, si possono tuttavia stabilire specifiche intese tra l'Unione europea, gli Stati o le Organizzazioni internazionali interessate, al fine di individuare quale accordo sia meglio applicabile per l'operazione in atto. Infine, l'Accordo in esame può essere modificato per intesa scritta e unanime dei rappresentanti dei Governi degli Stati membri, riuniti nel Consiglio dei ministri UE.
Il secondo Accordo, composto da un breve Preambolo e da 9 articoli, riguarda le richieste di indennizzo per danni ricevuti a cose o persone nell'ambito di un'operazione PESD quale contemplata dall'articolo 17, paragrafo 2, del Trattato sull'Unione europea.
Nel Preambolo si prende atto che il precedente Accordo si applica in linea generale solo al territorio metropolitano degli Stati membri e che, conseguentemente, le disposizioni che riguardano le richieste di indennizzo non possono applicarsi qualora i danni patiti o le perdite subite si siano verificati nel territorio di Paesi terzi in cui si conduce un'operazione PESD, ovvero in alto mare. Sulla base di ciò - e considerato che sarà necessario concludere anche specifici accordi con i

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Paesi terzi ospitanti le operazioni PESD - si è pertanto convenuto di stipulare tra gli Stati membri della UE l'Accordo in esame.
In particolare ricorda che: l'articolo 1 contiene le consuete definizioni; l'articolo 2 riguarda le condizioni necessarie per l'applicabilità dell'Accordo, ossia che i danni o le perdite si siano verificati nel quadro della preparazione e dell'esecuzione dei compiti PESD, e che essi si siano verificati al di fuori dei territori di applicazione del precedente Accordo; gli articoli 3 e 4, prevedono la rinuncia a qualsiasi richiesta di indennizzo nei confronti di un altro Stato membro per perdite o ferimento di appartenenti al proprio personale militare o civile nonché per danni a beni di sua proprietà, a meno che non vi sia stata grave negligenza o comportamento doloso; l'articolo 5 prevede il ricorso a trattative tra gli Stati membri interessati per le richieste di indennizzo (purché non inferiori a 10.000 euro) legate ad attività istituzionali in ambito PESD diverse da quelle oggetto di rinuncia ai sensi dei citati articoli 3 e 4; l'articolo 6 stabilisce che le disposizioni degli articoli 4 e 5 non autorizzano uno Stato membro a rifiutare il pagamento di un indennizzo per danni a beni forniti da una parte diversa dai contraenti dell'Accordo in esame; l'articolo 7, infine, regola l'eventuale contenzioso riguardante la liquidazione delle richieste di indennizzo che non possono risolversi mediante trattative tra gli Stati membri interessati.
Segnala, inoltre, che il disegno di legge di autorizzazione alla ratifica dei due Accordi, approvato dal Senato nella seduta del 24 giugno 2009, si compone di quattro articoli. I primi due riportano, rispettivamente, l'autorizzazione alla ratifica e l'ordine di esecuzione; l'articolo 3, invece, detta norme relative all'esercizio della giurisdizione in correlazione all'esecutività nell'ordinamento nazionale italiano dei due accordi in esame; l'articolo 4, da ultimo, prevede l'entrata in vigore della legge di autorizzazione alla ratifica il giorno successivo a quello della pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.
In conclusione, considerate le finalità dell'Accordo in esame, propone di esprimere parere favorevole sul provvedimento in oggetto.

Nessun altro chiedendo di intervenire, la Commissione approva all'unanimità la proposta di parere favorevole del relatore.

Ratifica ed esecuzione dell'Accordo di stabilizzazione e di associazione tra le Comunità europee e i loro Stati membri, da una parte, e la Repubblica di Montenegro, dall'altra, con Allegati, Protocolli e Atto finale con dichiarazioni allegate, fatto a Lussemburgo il 15 ottobre 2007.
C. 2539 Governo.

(Parere alla III Commissione).
(Esame e conclusione - Parere favorevole).

La Commissione inizia l'esame del provvedimento in oggetto.

Francesco Saverio GAROFANI, presidente, in sostituzione del relatore, impossibilitato a partecipare ai lavori della Commissione nella seduta odierna, osserva che l'Accordo di stabilizzazione e di associazione tra le Comunità europee e i loro Stati membri, da una parte, e il Montenegro, dall'altra, oggetto del disegno di legge di ratifica in esame, è finalizzato ad integrare il Montenegro nel contesto politico ed economico europeo, anche nella prospettiva di sua una futura candidatura all'ingresso nell'Unione europea.
L'Accordo rientra nella categoria degli accordi cosiddetti «misti», in quanto contiene disposizioni che interessano anche gli aspetti più propriamente politici, dei quali è necessaria la ratifica.
L'Accordo in esame comprende un Preambolo, 139 articoli raggruppati in dieci titoli, l'Atto finale, 7 Allegati e 8 Protocolli.
Il Titolo I (articoli da 1 a 9) delinea gli obiettivi dell'Accordo e detta i principi generali per l'attuazione dell'Accordo di stabilizzazione e di associazione, quali il rispetto dei principi democratici, il rispetto dei principi dello Stato di diritto e del diritto internazionale, con particolare

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riferimento alla piena collaborazione con il Tribunale delle Nazioni Unite per i crimini nella ex Jugoslavia.
Il Titolo II (articoli da 10 a 13) riguarda lo sviluppo del dialogo politico a livello bilaterale, multilaterale e regionale. Il dialogo politico bilaterale è mirato a facilitare la progressiva convergenza di posizioni sulle questioni internazionali, la cooperazione regionale e lo sviluppo di relazioni di buon vicinato, nonché a favorire la comunanza di vedute sulla sicurezza e la stabilità in Europa.
Il Titolo III (articoli da 14 a 17) impegna il Montenegro a promuovere attivamente la cooperazione regionale.
Il Titolo IV (articoli da 18 a 48) reca, invece, disposizioni commerciali - rispetto alle quali si assicura la piena compatibilità dell'Accordo di stabilizzazione e di associazione con il quadro normativo dell'Organizzazione mondiale del commercio (WTO), regolata dal precedente articolo 9.
Il Titolo V (articoli da 49 a 71) prevede disposizioni in materia di circolazione dei lavoratori, stabilimento, prestazione di servizi, pagamenti correnti e movimenti di capitale.
Il Titolo VI (articoli da 72 a 79) reca disposizioni finalizzate a un graduale ravvicinamento della legislazione montenegrina a quella comunitaria, prevedendo norme in materia di concorrenza e altre disposizioni di carattere economico.
Il Titolo VII (articoli da 80 a 87) disciplina la cooperazione nel settore della giustizia e degli affari interni prevedendo che essa si sviluppi relativamente alla protezione dei dati personali, ai visti, gestione delle frontiere, asilo e immigrazione, alla prevenzione e controllo dell'immigrazione clandestina e riammissione, al riciclaggio del denaro e finanziamento del terrorismo, alla cooperazione della lotta contro le droghe illecite, alla lotta alla criminalità organizzata e alle altre attività illecite, alle azioni di prevenzione e, infine, alla lotta al terrorismo.
Il Titolo VIII (articoli da 88 a 114), con riguardo alle politiche di cooperazione, prevede che le Parti si impegnino ad un rafforzamento dei legami economici esistenti per contribuire allo sviluppo e alla crescita economica del Montenegro, nel più ampio contesto regionale balcanico.
Il Titolo IX (articoli da 115 a 118), in materia di cooperazione finanziaria, stabilisce norme per consentire al Montenegro di beneficiare dell'assistenza finanziaria da parte della Comunità sottoforma di sovvenzioni e prestiti.
Il Titolo X (articoli da 119 a 133) contiene le disposizioni istituzionali, generali e finali. Per assicurare il corretto funzionamento dell'Accordo è istituito un Consiglio di stabilizzazione e di associazione che adotta decisioni vincolanti in merito all'attuazione dell'Accordo, ma può anche formulare raccomandazioni. La durata dell'Accordo è illimitata, salva la facoltà delle Parti di denunciarlo, con effetto sei mesi dopo la notifica, ovvero di sospenderne l'applicazione con effetto immediato, in caso di non applicazione di uno degli elementi essenziali di esso.
Il disegno di legge di autorizzazione alla ratifica si compone di tre articoli: i primi due recano, rispettivamente, l'autorizzazione alla ratifica e l'ordine di esecuzione dell'Accordo di stabilizzazione e associazione CE-Montenegro, mentre l'articolo 3 dispone l'entrata in vigore della legge di autorizzazione alla ratifica per il giorno successivo alla sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.
Per quanto riguarda le competenze della Commissione Difesa, segnala, nell'ambito del Titolo II dell'Accordo, l'articolo 10 che prevede la collaborazione delle Parti nella lotta contro la proliferazione di ADM (armi di distruzione di massa), nonché nel controllo efficace delle operazioni di import/export e di transito delle tecnologie suscettibili di utilizzazione a fini bellici o terroristici (dual use).
In conclusione, poiché l'Accordo in esame non appare presentare profili problematici dal punto di vista delle competenze della Commissione Difesa, propone di esprimere parere favorevole sul provvedimento in oggetto.

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Nessun altro chiedendo di intervenire, la Commissione approva all'unanimità la proposta di parere favorevole del relatore.

Ratifica ed esecuzione dell'Accordo di cooperazione relativo a un Sistema globale di navigazione satellitare (GNSS) ad uso civile tra la Comunità europea e i suoi Stati membri, e il Regno del Marocco, fatto a Bruxelles il 12 dicembre 2006.
C. 2541 Governo.

(Parere alla III Commissione).
(Esame e conclusione - Parere favorevole).

La Commissione inizia l'esame del provvedimento in oggetto.

Antonio RUGGHIA (PD), relatore, osserva che l'Accordo di cooperazione in esame si riferisce a un Sistema globale di navigazione satellitare (Global Navigation Satellite System-GNSS) ad uso civile ed è stato stipulato a Bruxelles il 12 dicembre 2006 tra la Comunità europea e i suoi Stati membri, da una parte, e il Regno del Marocco, dall'altra.
L'Accordo segue quelli già conclusi sulla stessa materia dall'Unione europea con Cina, Stati Uniti d'America, Ucraina Corea e Israele.
In proposito, ricorda che la politica europea di navigazione satellitare è finalizzata a mettere a disposizione dell'Unione europea due sistemi di navigazione satellitare (GNSS). Tali sistemi sono realizzati, rispettivamente, dai programmi EGNOS e GALILEO. Ciascuna delle due infrastrutture comprende satelliti e stazioni terrestri.
Il programma GALILEO mira a realizzare la prima infrastruttura mondiale di navigazione e posizionamento via satellite concepita espressamente per scopi civili ed è completamente indipendente dagli altri sistemi già realizzati o che potrebbero essere sviluppati nel resto del mondo. Il programma comprende una fase di definizione, una fase di sviluppo, una fase costitutiva e una fase operativa. La fase costitutiva si dovrebbe concludere nel 2013 di modo che il sistema possa essere operativo a metà di quello stesso anno. La fase costitutiva, così come le fasi precedenti, dovrà essere finanziata integralmente dalla Comunità europea in mancanza di un impegno concreto del settore privato. La fase operativa di sfruttamento del sistema potrà essere oggetto di contratti di concessione di servizi o di appalti pubblici di servizi con il settore privato.
Il programma EGNOS punta a migliorare la qualità dei segnali del sistema statunitense GPS e del sistema russo GLONASS al fine di garantirne l'affidabilità su una vasta area geografica.
Secondo quanto riportato nella relazione illustrativa, i costi stimati del Programma GALILEO si attestano sui 3,8 miliardi di euro; a seguito delle difficoltà subentrate nei negoziati per il contratto di concessione, la Commissione europea, che inizialmente contava di reperire i due terzi dell'onere dal settore privato, prevede ora l'integrale attribuzione delle spese a carico dell'Unione.
La relazione illustrativa sottolinea che GALILEO consentirà la collaborazione tra Ue e Marocco in molteplici ambiti quali scienza, tecnologia, ambiente, energia, industria, agricoltura e pesca, che sono gli stessi previsti nell'Accordo euro-mediterraneo di associazione (in vigore dal 1o marzo 2000) che rappresenta la principale cornice di riferimento delle relazioni bilaterali.
L'Accordo è composto da 18 articoli. La durata dell'Accordo è prevista in cinque anni, con possibilità di proroga automatica per ulteriori periodi di cinque anni.
Per quanto riguarda le competenze della Commissione difesa, segnala gli articoli 8, comma 3, e 12.
L'articolo 8, comma 3, stabilisce che le esportazioni di beni e tecnologie «sensibili» dal Marocco verso Paesi terzi siano sottoposte, ove previsto, all'autorizzazione preventiva dell'Autorità per la sicurezza del programma GALILEO, di cui si dirà in seguito.
L'articolo 12, in materia di sicurezza, prevede che le Parti si impegnino a proteggere i sistemi globali di navigazione satellitare contro ogni abuso, interferenza,

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interruzione ed atto ostile e prendono tutte le iniziative praticabili per garantire qualità, continuità e sicurezza dei servizi di navigazione satellitare e delle relative infrastrutture sul loro territorio. A tal fine, l'Unione europea e il Marocco designano un'autorità competente per le questioni connesse alla sicurezza GNSS, che sia in grado di salvaguardare la continuità dei servizi.
In conclusione, poiché l'Accordo non appare presentare profili problematici dal punto di vista delle competenze della Commissione Difesa, propone di esprimere parere favorevole sul provvedimento in oggetto.

Nessun altro chiedendo di intervenire, la Commissione approva all'unanimità la proposta di parere favorevole del relatore.

Ratifica ed esecuzione della Convenzione sulla protezione del patrimonio culturale subacqueo, con Allegato, adottata a Parigi il 2 novembre 2001, e norme di adeguamento dell'ordinamento interno.
C. 2411 Governo.

(Parere alle Commissioni riunite III e VII).
(Esame e conclusione - Parere favorevole).

La Commissione inizia l'esame del provvedimento in oggetto.

Giacomo CHIAPPORI (LNP), relatore, osserva che la Convenzione sulla protezione del patrimonio culturale subacqueo è stata adottata dalla Conferenza generale dell'UNESCO il 2 novembre 2001, ed è entrata in vigore il 2 gennaio 2009, tre mesi dopo il deposito presso l'UNESCO dello strumento di ratifica da parte del ventesimo Paese aderente alla Convenzione, conformemente a quanto previsto dalla Convenzione stessa.
Come risulta dalla relazione illustrativa che accompagna il provvedimento, l'Italia ha contribuito al lungo e complesso negoziato, che mirava a mettere a punto uno strumento internazionale in grado di garantire la tutela dei beni culturali sommersi al di fuori della possibile zona di giurisdizione archeologica degli Stati costieri (massimo 24 miglia), colmando le lacune della Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare (»United Nations Convention on the Law of the Sea, «UNCLOS»), fatta a Montego Bay il 10 dicembre 1982 e ratificata dall'Italia ai sensi della legge 2 dicembre 1994, n. 689.
La Convenzione UNCLOS stabilisce, infatti, norme specifiche per la zona archeologica marina, limitata alle 24 miglia misurate a partire dalla linea di base del mare territoriale, e per l'Area internazionale, che si estende oltre le 200 miglia. Tale Convenzione, tuttavia, non sottopone ad alcuna particolare disposizione la zona che si estende tra le 24 e le 200 miglia marine. Peraltro, la stessa Convenzione obbliga gli Stati a proteggere gli oggetti archeologici o storici scoperti in mare e a cooperare a tale fine, considerando la possibilità di integrare il regime di protezione esistente per i beni archeologici e storici con altri accordi internazionali e con le norme di diritto internazionale.
Come sottolineato dalla citata relazione illustrativa, la Convenzione in oggetto, che migliora il regime del diritto internazionale del mare con riferimento alla protezione dei beni culturali sommersi da almeno cento anni, rappresenta un ragionevole compromesso tra le posizioni degli Stati che, come l'Italia, avrebbero voluto un'incondizionata estensione dei diritti dello Stato costiero al patrimonio culturale situato sulla piattaforma continentale e nella zona economica esclusiva e quelle degli Stati che, invece, non erano disposti ad accettare questa innovazione.
La titolarità dei vari adempimenti nella gestione del patrimonio culturale che si trova sulla piattaforma continentale o nella zona economica esclusiva è descritta agli articoli 9 e 10. In particolare, l'articolo 9 attribuisce a ogni Stato la responsabilità della salvaguardia del patrimonio situato nella propria zona economica esclusiva e nella piattaforma continentale. Pertanto, qualunque ritrovamento in esse effettuato dovrà essere oggetto di notifica alle Autorità nazionali competenti. Nel caso, invece, di una scoperta effettuata in un'area posta sotto la giurisdizione di un altro Stato

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parte, la Convenzione esige che gli Stati che sottoscrivono la Convenzione, all'atto del deposito dello strumento di ratifica, dichiarino le modalità per trasmettere tali notifiche all'altro Stato. Nel caso esista un legame verificabile di natura culturale, storica o archeologica con un bene ritrovato sulla piattaforma continentale o nella zona economica esclusiva di un altro Paese, ciascuno Stato può dichiarare l'interesse a essere coinvolto nelle operazioni di salvaguardia dello stesso. L'articolo 10 prevede le modalità di intervento sul patrimonio culturale subacqueo rintracciato nella zona economica esclusiva e nella piattaforma continentale. Viene stabilito che lo Stato costiero ha diritto al pieno controllo sulle attività che, riguardando il patrimonio culturale sottomarino, interferiscano con i diritti di cui esso è già titolare sulla piattaforma continentale o nella zona economica esclusiva. Si conferisce, inoltre, allo Stato costiero la funzione di Stato coordinatore delle consultazioni tra gli Stati che hanno dichiarato un interesse sull'area.
Gli articoli 11 e 12 riguardano i ritrovamenti nell'Area internazionale: ogni Stato deve prevedere che eventuali scoperte e attività dirette al patrimonio subacqueo, effettuate da persone fisiche o da navi battenti bandiera nazionale, siano comunicate alle competenti Autorità che provvederanno, tra l'altro, a informare il Direttore generale dell'UNESCO che avvierà le consultazioni con tutti i Paesi interessati per stabilire le misure di protezione più appropriate e per individuare lo Stato coordinatore degli interventi.
Ciò posto, per quanto riguarda le competenze della Commissione Difesa, segnala che l'articolo 13, precisa che i mezzi delle Forze armate, impegnati in attività non commerciali e comunque in attività non dirette alla tutela del patrimonio culturale subacqueo, non sono obbligati ad applicare la procedura informativa contemplata negli articoli 9, 10, 11 e 12 della Convenzione, con riguardo a eventuali scoperte relative al patrimonio stesso.
Per quanto riguarda il disegno di legge di autorizzazione alla ratifica, esso reca 12 articoli che, oltre alle consuete norme relative all'autorizzazione alla ratifica (articolo 1), all'ordine di esecuzione (articolo 2), alla copertura finanziaria (articolo 11) e all'entrata in vigore (articolo 12), prevede alcune disposizioni - volte principalmente all'adeguamento del diritto interno alla disciplina di cui alla Convenzione in oggetto - tra le quali segnala il comma 6 dell'articolo 5, che, dando attuazione a quanto stabilito dall'articolo 13 della Convenzione, dispone che «quando il ritrovamento è effettuato da una nave militare italiana, le informazioni previste dal presente articolo sono fornite tenuto conto della necessità di non compromettere le capacità operative della nave ovvero lo svolgimento di operazioni che sono o che possono essere affidate alla nave stessa».
Infine sottolinea come l'esame del presente disegno di legge di ratifica possa rappresentare l'occasione per riuscire a comprendere se le Forze Armate non possano fare di più per il mare e l'ambiente marino, ad esempio considerando anche l'idea di produrre, con affondamenti di navi radiate dal registro militare ed opportunamente «ripulite», futuri beni culturali sommersi, che, tra l'altro, con il tempo si potrebbero trasformare in zone di interesse turistico subacqueo.
In questa prospettiva, ritiene pertanto auspicabile al riguardo un'apposita iniziativa legislativa.
In conclusione, nel valutare positivamente le citate disposizioni, e nel ritenere che il provvedimento non presenti profili problematici dal punto di vista delle competenze della Commissione Difesa, propone di esprimere parere favorevole sul provvedimento stesso.

Il sottosegretario Giuseppe COSSIGA, dichiara la piena disponibilità del Governo a favorire iniziative legislative che vadano nella direzione auspicata dal relatore.

Nessun altro chiedendo di intervenire, la Commissione approva all'unanimità la proposta di parere favorevole del relatore.

La seduta termina alle 13.25.