CAMERA DEI DEPUTATI
Martedì 23 ottobre 2018
79.
XVIII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Affari costituzionali, della Presidenza del Consiglio e Interni (I)
COMUNICATO

TESTO AGGIORNATO AL 24 OTTOBRE 2018

Pag. 19

COMITATO PERMANENTE PER I PARERI

  Martedì 23 ottobre 2018. – Presidenza del presidente Alberto STEFANI.

  La seduta comincia alle 12.45.

D.L. 109/2018: Disposizioni urgenti per la città di Genova, la sicurezza della rete nazionale delle infrastrutture e dei trasporti, gli eventi sismici del 2016 e 2017, il lavoro e le altre emergenze.
C. 1209 Governo.
(Parere alle Commissioni riunite VIII e IX).
(Seguito dell'esame e conclusione – Parere favorevole con una condizione e osservazioni).

  Il Comitato prosegue l'esame del provvedimento, rinviato, da ultimo, nella seduta del 18 ottobre 2018.

  Alberto STEFANI, presidente, segnala che le Commissioni riunite VIII e IX hanno concluso questa mattina l'esame, in sede referente, degli emendamenti riferiti al disegno di legge C. 1209, di conversione in legge del decreto-legge del 28 settembre 2018, n. 109, recante disposizioni urgenti per la città di Genova, la sicurezza della rete nazionale delle infrastrutture e dei trasporti, gli eventi sismici del 2016 e 2017, il lavoro e le altre emergenze. Il testo, come risultante dagli emendamenti approvati, è stato trasmesso nella mattinata odierna. In tale contesto ricorda che il Comitato dovrà esprimere il parere sul provvedimento nella seduta odierna, entro le ore 13.30, atteso che le Commissioni concluderanno l'esame in sede referente entro le ore 14 di oggi, dato che l'avvio della discussione in Assemblea su di esso è previsto per la mattina di domani.

  Cristian INVERNIZZI (Lega), relatore, illustrando in estrema sintesi le modifiche apportate al provvedimento nel corso dell'esame in sede referente presso le Commissioni riunite VIII e IX, segnala in primo luogo come nel corso dell'esame in sede referente siano stati modificati gli Pag. 20articoli 1, 2, 3, 4, 5, 7, 8, 9, 11, 12, 13, 14, 16, 17, 18, 21, 24, 25, 29, 30, 32, 37, 40, 41 e 42 e siano stati inseriti gli articoli 1-bis, 1-ter, 4-bis, 4-ter, 6-bis, 9-bis, 9-ter, 15-bis, 16-bis, 39-bis, 39-ter, 40-bis, 42-bis, 44-bis e 45-bis. Per quanto concerne in particolare i profili di interesse della Commissione Affari costituzionali, richiama innanzitutto il comma 2 dell'articolo 1-bis, il quale determina ex lege in 2.025,50 euro per metro quadrato l'importo dell'indennità di cessione del bene oggetto di esproprio dei proprietari di immobili situati nella zona interessata dalla ricostruzione del ponte Morandi; in maniera analoga il comma 2 dell'articolo 4-bis determina i valori delle indennità di espropriazione per gli immobili che ospitano imprese; in proposito ricorda che, in via generale, il Testo unico in materia di espropriazione (di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 327 del 2001) prevede, all'articolo 20, che l'indennità di espropriazione sia stabilita dall'autorità pubblica espropriante al termine di un procedimento che contempla più fasi di interlocuzione tra autorità pubblica espropriante e proprietario.
  Al riguardo, segnala l'opportunità di chiarire se la predeterminazione ex lege dell'indennità possa soddisfare i requisiti richiesti per l'indennizzo da corrispondere, ai sensi dell'articolo 42 della Costituzione, ai soggetti espropriati, come definiti dalla giurisprudenza della Corte costituzionale; in particolare rammenta che la Corte ha affermato, da una parte, che l'indennizzo deve essere congruo, serio ed adeguato e, dall'altra, che è legittima la combinazione di più criteri per la sua determinazione (quali l'utilità pubblica a fianco della valutazione del valore venale del bene), con una necessaria valutazione che deve essere compiuta dal legislatore; inoltre, la Corte ha specificato la necessità che la misura dell'indennità sia riferita al valore del bene qual è determinato dalle sue caratteristiche essenziali e dalla destinazione economica.
  L'articolo 39-ter amplia l'ambito di applicazione della procedura di sanatoria per gli interventi edilizi in difformità realizzati nelle zone dell'Italia centrale interessate dai sismi del 2009, 2012, 2016 e 2017 già prevista dall'articolo 1-sexies del decreto-legge n. 55 del 2018. In proposito assumono rilievo, alla luce della giurisprudenza della Corte costituzionale su analoghi interventi di sanatoria (sentenze n. 196 del 2004, n. 70 del 2005 e n. 49 del 2006), le materie governo del territorio, di competenza concorrente, e ordinamento penale, di esclusiva competenza statale. In particolare, la sentenza n. 196 del 2004 ha affermato che «alcuni limitati contenuti di principio di questa legislazione possono ritenersi sottratti alla disponibilità dei legislatori regionali [...] certamente la previsione del titolo abilitativo edilizio in sanatoria [...] il limite temporale massimo delle opere condonabili, la determinazione delle volumetrie massime condonabili [...] Per tutti i restanti profili è invece necessario riconoscere al legislatore regionale un ruolo rilevante [...] di articolazione e specificazione delle disposizioni dettate dal legislatore statale». Al riguardo, segnala l'opportunità di valutare se le modalità di coinvolgimento delle regioni previste dalla norma risultino adeguate rispetto alla giurisprudenza costituzionale richiamata.
  L'articolo 42-bis prevede, a seguito delle eccezioni sollevate dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 71 del 2018, l'intesa (ex post) in Conferenza Stato-regioni per la realizzazione di nuove strutture scolastiche. In particolare, il comma 1 dispone – novellando l'articolo 1, comma 85, della legge n. 232 del 2016 – che l'intesa in Conferenza Stato-regioni per la realizzazione delle nuove strutture scolastiche, per le quali lo stesso comma 85 ha previsto la destinazione, da parte dell'INAIL, di 100 milioni di euro, può essere raggiunta ex post rispetto al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri attuativo (già adottato il 27 ottobre 2017), purché anteriormente all'avvio delle procedure di affidamento degli interventi.
  A tale riguardo, ricorda che nella citata sentenza n. 71 del 2018 la Corte ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'articolo 1, comma 85, della legge n. 232 del 2016 (legge di bilancio 2017) nella Pag. 21parte in cui non prevede che il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri sia adottato d'intesa con la Conferenza Stato-regioni. La norma sembra quindi volta a consentire un adeguamento alla sentenza della Corte senza dover adottare un nuovo decreto del Presidente del Consiglio dei ministri; si segnala pertanto l'opportunità di chiarire le modalità con cui si intendano recepire i contenuti dell'intesa intervenuta successivamente al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri.
  Segnala inoltre, con riferimento al coordinamento con la normativa vigente, l'opportunità di inserire i valori massimi di concentrazione previsti nell'articolo 41, come modificato dagli emendamenti approvati, nell'allegato I B al decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 99, del quale costituiscono implicita modificazione.
  Richiama infine le osservazioni già da lui espresse nella seduta del 16 ottobre scorso, riferite al testo iniziale del provvedimento.
  Formula quindi una proposta di parere favorevole con una condizione e alcune osservazioni (vedi allegato).

  Emanuele FIANO (PD) esprime talune perplessità sulla proposta di parere formulata dal relatore, riferendosi in particolare alle osservazioni recate alle lettere e) ed h). In relazione alla lettera e), riguardante l'articolo 39-ter del decreto – legge, il quale amplia l'ambito di applicazione della procedura di sanatoria per gli interventi edilizi in difformità realizzati nelle zone dell'Italia centrale interessate dai sismi del 2009, 2012, 2016 e 2017, già prevista dall'articolo 1-sexies del decreto-legge n. 55 del 2018 – fa notare come l'osservazione elaborata dal relatore non consideri adeguatamente la gravità delle disposizioni recate dal predetto articolo 39-ter, che, a suo avviso, sono suscettibili di intaccare l'equilibrio di poteri tra Stato e regioni previsto dalla Costituzione.
  Rileva poi come l'osservazione di cui alla lettera h) della proposta di parere, relativa all'articolo 42-bis del decreto – legge, il quale, al comma 1, al fine di adeguare la normativa alle eccezioni sollevate dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 71 del 2018, prevede che l'intesa in Conferenza Stato-regioni per la realizzazione delle nuove strutture scolastiche può essere raggiunta ex post rispetto al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri attuativo (già adottato il 27 ottobre 2017), non appaia incisiva, limitandosi a chiedere un coinvolgimento delle regioni posteriore e non precedente all'adozione di tale atto normativo. Dopo aver rilevato, peraltro, che su tale tema si sarebbe aspettato la formulazione di una condizione piuttosto che di una osservazione, ritiene che la disposizione dell'articolo 42-bis incida negativamente sulle prerogative delle regioni.

  Stefano CECCANTI (PD) esprime preliminarmente apprezzamento per la condizione, recata dalla proposta di parere formulata dal relatore, relativa all'inderogabilità delle disposizioni previste dal codice delle leggi antimafia di cui al decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159.
  Ciò premesso, quanto all'osservazione di cui alla lettera h) della predetta proposta di parere, rileva come l'intesa ex post con le regioni rispetto all'adozione del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri si traduca in una limitazione del ruolo delle regioni stesse, che avranno solo la possibilità di esprimersi in senso favorevole o contrario sul decreto ma non quella di incidere sul suo contenuto.
  Sottolinea, inoltre, l'opportunità di trasformare in condizione l'osservazione di cui alla lettera e), dal momento che la norma recata dall'articolo 39-ter, relativa alle zone dell'Italia centrale colpite dagli eventi sismici del 2009, 2012, 2016 e 2017, presenta fondati dubbi di legittimità costituzionale, non prevedendo l'adeguato coinvolgimento dei presidenti delle regioni interessate.

  Cristian INVERNIZZI (Lega), relatore, non ritiene di modificare la sua proposta di parere.

  Nessun altro chiedendo di intervenire, il Comitato approva la proposta di parere formulata dal relatore.

Pag. 22

Inapplicabilità del giudizio abbreviato ai delitti puniti con la pena dell'ergastolo.
C. 392-A Molteni.
(Parere all'Assemblea).
(Esame e conclusione – Parere).

  Il Comitato inizia l'esame degli emendamenti.

  Valentina CORNELI (M5S), relatrice, rileva come gli emendamenti contenuti nel fascicolo n. 1 non presentino profili critici per quanto attiene al rispetto del riparto di competenze legislative di cui all'articolo 117 della Costituzione e propone pertanto di esprimere su di essi nulla osta.

  Nessuno chiedendo di intervenire, il Comitato approva la proposta di parere della relatrice.

  La seduta termina alle 13.05.

SEDE REFERENTE

  Martedì 23 ottobre 2018. – Presidenza del vicepresidente Gianluca VINCI – Interviene il sottosegretario di Stato per i rapporti con il Parlamento e per la democrazia diretta Vincenzo Santangelo.

  La seduta comincia alle 13.05.

Modifica all'articolo 71 della Costituzione in materia di iniziativa legislativa popolare.
C.726 cost. Ceccanti e C. 1173 cost. D'Uva.
(Seguito dell'esame e rinvio).

  La Commissione prosegue l'esame del provvedimento, rinviato, da ultimo, nella seduta del 18 ottobre 2018.

  Emanuele FIANO (PD) ritiene che la proposta di legge C. 1173 alteri l'equilibrio tra poteri del sistema democratico delineato dalla Costituzione, ritenendo non positivo affidare ad una dittatura della maggioranza, seppur espressa dal popolo, il compito di decidere su temi che richiederebbero ponderate attività di intermediazione. Cita, al riguardo, un recente articolo del professor Sabino Cassese, che delinea, a suo avviso, efficacemente la questione da lui testé posta. Pur nella consapevolezza che tale posizione sarà strumentalmente additata come ostile alla volontà popolare, si dichiara convinto assertore di una democrazia di stampo liberale declinata nel pluralismo e articolata in un sistema di pesi e contrappesi, in cui la rappresentanza è affiancata da adeguati poteri di controllo e indirizzo.
  Nel rilevare quindi come la proposta di legge C. 1173 sia coerente con la storia del M5S e con la sua vocazione populista, reputa che gli strumenti di partecipazione popolare vadano certamente potenziati, ma non nel modo prospettato da tale proposta, la quale tende sostanzialmente ad annullare il ruolo del Parlamento, soprattutto nella parte in cui non prevede alcun quorum per la validità del referendum né limiti in relazione alle materie su cui possono intervenire le proposte di iniziativa popolare. Ritiene dunque si sia in presenza di un grave vulnus nei confronti del Parlamento, che sarebbe privato sostanzialmente della sua facoltà di approfondire i temi e di individuare soluzioni ai problemi.

  Stefano CECCANTI (PD), con riferimento all'articolo del professor Sabino Cassese, citato dal deputato Fiano, pubblicato su Il Sole 24 ore di domenica 21 ottobre, rileva come esso prenda spunto dalla pubblicazione di un libro, Gli istituti della democrazia diretta, che, a suo avviso, sarebbe opportuno acquisire da parte della biblioteca della Camera. Ritiene, inoltre, opportuno ascoltare in sede di audizione la professoressa Elisabetta Palici di Suni, che figura fra i curatori del volume.

  Marco DI MAIO (PD), intervenendo in particolare sulla proposta di legge C. 1173, esprime un giudizio negativo sul fatto che essa non preveda limiti puntuali di materia per lo svolgimento del referendum Pag. 23propositivo, il che si traduce sostanzialmente in un aggiramento dei limiti previsti per il referendum abrogativo dall'articolo 75 della Costituzione. Ricorda peraltro come, in sede di Assemblea costituente, l'originaria stesura dell'articolo 75 prevedesse limiti ancora più stringenti rispetto al testo poi approvato, ricomprendendo tra le materie sottratte a referendum anche le leggi elettorali, e come tale ulteriore restrizione sia venuta meno, probabilmente per un mero errore, a seguito del coordinamento formale.
  Ritiene inoltre che per il referendum propositivo debbano essere previsti quanto meno gli stessi limiti attualmente vigenti per il referendum abrogativo e che la mancata introduzione di tali limiti, unitamente alla semplificazione delle modalità di autentica delle firme, rischi di snaturare le caratteristiche essenziali della democrazia rappresentativa, alimentando peraltro l'illusione di una partecipazione popolare alla vita dello Stato. Confida quindi nella sensibilità della maggioranza affinché tali suggerimenti siano presi in considerazione.

  Riccardo MAGI (Misto-+E-CD) dichiara il proprio stupore di fronte al contenuto della proposta di legge C. 1173, che estromette, a suo avviso, il Parlamento dal suo ruolo di centralità. Ritiene che ciò si ponga in contrasto con le dichiarazioni rese presso le Commissioni di Camera e Senato dal Ministro Fraccaro, che ha prospettato, a suo avviso, progetti di riforma più rispettosi della centralità del Parlamento. Ritiene poi paradossale che la maggioranza proponga una simile riforma e, al tempo stesso, non preveda, tra le priorità da esaminare anche con urgenza, la calendarizzazione di proposte di legge di inziativa popolare. Ricorda quindi di aver sempre sostenuto la causa della partecipazione popolare, sia nella sua veste di militante politico, sia da parlamentare, avendo peraltro di recente condiviso la scelta della maggioranza, assunta in un altro provvedimento di recente esaminato alla Camera, di facilitare le raccolte delle sottoscrizioni per la presentazione delle liste elettorali. Ritiene, tuttavia, che la proposta C. 1173 vada troppo oltre, non contemplando adeguati limiti di materia, come quelli previsti dal vigente articolo 75 della Costituzione, rispetto al quale ritiene si pongano peraltro evidenti problemi di coordinamento.
  Giudicando altresì incomprensibile la scelta di rimettere alla Corte costituzionale il compito di valutare l'ammissibilità del referendum anche sotto il profilo finanziario, invita quindi la relatrice a rivalutare l'impianto della proposta in senso più rispettoso della Costituzione.

  Andrea CECCONI (Misto-MAIE) comprende alcune perplessità che sono state manifestate, in particolare sulla proposta di legge C. 1173, attesa la delicatezza della materia, trattandosi di una proposta di revisione costituzionale, ma osserva come tale proposta non giunga inaspettata, riguardando un punto qualificante del programma politico del Movimento 5 Stelle.
  Ritiene, tuttavia, errato dare per scontato, sulla scorta di quanto accaduto in analoghe occasioni nella scorsa legislatura, che non vi sia, nel prosieguo dell’iter, spazio per un confronto costruttivo che porti a modifiche dell'impianto originario della proposta, in particolare per quanto concerne i limiti di materia e il numero delle firme.
  Ribadisce le perplessità già avanzate nella seduta del 18 ottobre, ritenendo che strumenti di democrazia diretta che prevedano il coinvolgimento dei cittadini anche su materie particolarmente complesse, come ad esempio la legge elettorale, debbano costituire un punto di arrivo e non di partenza, e che si tratti di un processo che deve essere costruito dal basso e non dall'alto. Ritiene altresì che occorra cautela nel fare riferimento a esperienze maturate in altri Paesi, ad esempio in Svizzera, attesa la notevole diversità dei rispettivi ordinamenti costituzionali, e atteso altresì che in taluni Pag. 24casi, come quello della California, il ricorso massiccio a strumenti di democrazia diretta ha dato luogo a distorsioni, in quanto sono stati utilizzati strumentalmente dalle lobby. Richiama comunque l'attenzione sull'esigenza che l'introduzione di istituti di democrazia diretta avvenga con gradualità, partendo dalle positive esperienze che sono state realizzate a livello locale, sia nel nostro Paese, citando al riguardo il caso di Reggio Emilia, sia all'estero, ad esempio in Germania.
  Ritiene inoltre opportuno aumentare il numero delle firme, in quanto la soglia di 500 mila attualmente prevista può essere raggiunta con troppa facilità.
  Osserva quindi come la proposta di legge Ceccanti C. 726, rimettendo al Parlamento la definizione dell'articolato del testo legislativo nel rispetto dei princìpi fondamentali approvati con referendum, possa risultare ancora più lesiva delle prerogative parlamentari rispetto alla proposta di legge C. 1173, vincolando l'esercizio della funzione legislativa del Parlamento all'indicazione emersa dal referendum.
  Ribadisce conclusivamente l'opportunità che sulla materia oggetto delle proposte di legge in esame, dato il suo carattere fortemente innovativo, si proceda con la dovuta cautela.

  Francesco FORCINITI (M5S), in risposta a talune considerazioni svolte nel corso dell'odierno dibattito, rivendica il diritto della maggioranza di compiere una scelta politica, anche laddove essa intervenga a modificare gli equilibri in campo, in nome di una differente visione della democrazia. Dopo aver fatto notare che nella passata legislatura il gruppo del PD si assunse la responsabilità di un progetto politico di riforma costituzionale di stampo accentratore, fondato sull'idea di semplificazione dei processi decisionali, tendente a penalizzare le minoranze, rileva come oggi il suo gruppo proponga un'altra idea di democrazia, ritenuta più vicina ai bisogni del popolo e mirata piuttosto a sanare certi squilibri istituzionali.
  Ritiene quindi infondata la tesi secondo la quale la proposta C. 1173 favorisca una dittatura della maggioranza, dal momento che essa prevede che le proposte di legge di iniziativa popolare siano sottoscritte da 500 mila elettori, i quali non possono certo rappresentare la maggioranza dei cittadini, e che richiede in ogni caso l'elaborazione di un progetto di legge articolato, rendendo ingiustificati i timori di chi ritiene che si rischi in tal modo di non approfondire i temi. Peraltro, a chi paventa il rischio di sottoporre a decisioni nette, a favore o contro, questioni di una certa complessità, fa notare che i parlamentari sono spesso chiamati a votare «sì» o «no», ma non per questo si sottraggono ai necessari approfondimenti di merito.
  Evidenzia quindi come la proposta C. 1173 favorisca un lavoro di mediazione sia da parte dei soggetti operanti sul territorio, sia da parte del Parlamento, prevedendo la possibilità del referendum nel caso in cui le scelte politiche dovessero rivelarsi non conformi alla volontà popolare. Si tratta, a suo avviso, di istituzionalizzare un meccanismo concretamente già esistente, che vede oggi partecipare alle decisioni politiche soggetti diversi dai partiti, come, avvenuto, ad esempio, in occasione del referendum abrogativo in materia di voucher, che fu sostenuto da un'organizzazione di rappresentanza sindacale. Fa notare che si tratta, dunque, di un progetto di legge che rispetta il ruolo centrale del Parlamento, rilevando piuttosto come non appaia degna di una democrazia compiuta la scelta di lasciare che il compito del cittadino si limiti all'espressione del voto, inteso come conferimento di una delega in bianco ai partiti, i quali sarebbero poi liberi di allontanarsi dalle istanze del popolo.
  Dopo aver rilevato come sulla proposta di legge spetterà ai cittadini esprimersi, in caso non si raggiunga in Parlamento, nella seconda deliberazione, la maggioranza qualificata dei due terzi dei componenti delle due Camere, osserva Pag. 25come tale provvedimento, responsabilizzando i soggetti promotori, preveda il rispetto di limiti ammissibilità stringenti, anche in materia di copertura finanziaria, a salvaguardia dei principi fondamentali della Costituzione e dei vincoli europei e internazionali. Ritiene, dunque, che la proposta di legge C. 1173 rappresenti una buona base di partenza per la discussione, indicando soluzioni normative che non sembrano prestarsi ad eccessi o abusi.
  In risposta al deputato Magi, che ha richiamato la mancata calendarizzazione da parte della maggioranza di proposte di legge di iniziativa popolare, fa notare come proprio una simile constatazione deve rafforzare la convinzione che sia necessario modificare la Costituzione al fine di agevolare tale processi decisionali, avvicinando i rappresentanti politici alle istanze della collettività. Invita, in conclusione, a guardare con ottimismo al futuro, non rifiutando a priori scelte coraggiose che vanno nella direzione di garantire maggiore partecipazione dei cittadini.

  Fabiana DADONE (M5S), relatrice, rileva preliminarmente come l'oggetto della discussione sia costituito da entrambe le proposte di legge all'ordine del giorno e non soltanto da quella presentata dalla maggioranza.
  Replicando alle osservazioni formulate nel corso della discussione, ritiene anzitutto infondato il paventato rischio di dittatura della maggioranza, dal momento che la procedura referendaria può essere attivata da 500 mila elettori, e dunque da una frazione minoritaria del corpo elettorale.
  Quanto al rischio, anch'esso paventato, di uno svuotamento del Parlamento, ritiene che tale rischio si corra in realtà con la proposta di legge Ceccanti C. 726, la quale prevede che il Parlamento sia chiamato a esercitare la funzione legislativa sulla base dei princìpi dettati dal corpo elettorale con il referendum. Viceversa, la proposta di legge C. 1173 prevede che, qualora il Parlamento recepisca la proposta di iniziativa popolare, non si faccia luogo a referendum e che, qualora il Parlamento approvi un testo difforme da quello di iniziativa popolare, siano sottoposti alla consultazione entrambi i testi.
  Per quanto concerne l'asserita violazione del principio di rappresentanza, ricorda come, ai sensi dell'articolo 1 della Costituzione, la sovranità appartiene al popolo, seppure esercitata nelle forme e nei limiti stabiliti dalla Costituzione stessa, e come dunque i membri del Parlamento, essendo chiamati a rappresentare i cittadini, non dovrebbero frapporre ostacoli al recepimento delle istanze provenienti dai medesimi. Rileva al riguardo come su 27 proposte di legge di iniziativa popolare presentate nella XVI legislatura, 21 alla Camera e 6 al Senato, una soltanto sia confluita, insieme con altre, in un testo legislativo; e come nella XVII legislatura, su 46 proposte di iniziativa popolare, 36 presentate alla Camera e 10 al Senato, tre soltanto abbiano concluso il loro iter. Osserva quindi come la previsione della possibilità di ricorrere al referendum nel caso di mancato recepimento delle proposte di iniziativa popolare entro il termine di diciotto mesi sia volta a colmare lo scollamento tra rappresentanti e rappresentati che i predetti dati evidenziano.
  Dichiara inoltre di non condividere le preoccupazioni espresse in relazione all'abolizione del quorum per la validità del referendum propositivo, e anzi ritiene che l'assenza di quorum possa costituire un incentivo alla partecipazione al voto, che, al contrario, è disincentivata dal quorum attualmente vigente, dato che è invalso l'uso, da parte degli oppositori dei referendum, di boicottare le consultazioni invitando all'astensione.
  Contesta l'affermazione di chi ritiene che la previsione del referendum propositivo costituisca un tentativo di aggirare il Parlamento, ritenendo al contrario che tale istituto possa costituire uno stimolo nei confronti del Parlamento stesso.
  Ritiene inoltre adeguati i limiti di materia previsti dalla proposta di legge C. 1173, e, con particolare riferimento al Pag. 26l'indicazione delle coperture finanziarie rileva come siano posti a carico dei promotori gli stessi obblighi previsti per il Parlamento. Ritiene, inoltre, coerente con l'impianto complessivo della proposta e comunque non problematico rimettere il relativo giudizio alla Corte costituzionale, ed evidenzia come tale valutazione da parte della Corte sia prevista anche dalla proposta di legge C. 726, anzi in tal caso in termini più problematici, dovendosi valutare se gli oneri finanziari siano o meno significativi.
  Per quanto riguarda la richiamata posizione, manifestata a suo tempo dalla propria parte politica sul referendum relativo alla proposta di revisione costituzionale presentata nella scorsa legislatura, ricorda come con tale posizione non si contestava l'uso dello strumento referendario, bensì l'ampiezza e l'eterogeneità del quesito sottoposto alla consultazione popolare, in contrasto con lo spirito dell'articolo 138 della Costituzione.

  Emanuele PRISCO (FdI) ritiene che l'esame dei provvedimenti in oggetto possa rappresentare una occasione per riavvicinare i cittadini alle istituzioni, adeguando certe procedure ai tempi, purché vi sia la disponibilità della maggioranza ad approfondire i temi e a confrontarsi sulle questioni in gioco. Preannuncia pertanto l'intenzione del suo gruppo di presentare alcune proposte di modifica, al fine di affrontare alcuni temi che ritiene importanti, come quello relativo all'opportunità di sottoporre a referendum le decisioni riguardanti le cessioni di sovranità verso ordinamenti europei o internazionali, avvenute in passato, a suo avviso, in modo frettoloso e non partecipato.
  Si augura, dunque, che la maggioranza non chiuda le porte del dialogo – come avvenne, a suo avviso, nella precedente legislatura, in occasione dell'esame delle riforme costituzionali – e acconsenta allo svolgimento di una discussione articolata, anche attraverso l'attivazione degli opportuni strumenti conoscitivi parlamentari.

  Stefano CECCANTI (PD) precisa che la sua parte politica non è pregiudizialmente contraria all'introduzione del referendum propositivo, come testimoniato del resto dalla presentazione della proposta di legge C. 726 sua prima firma.
  Per quanto concerne il riferimento a esperienze straniere, rileva come in Svizzera e negli Stati Uniti gli istituti di democrazia diretta si inseriscono in un ordinamento costituzionale in cui gli organi elettivi hanno un mandato fisso e non possono essere sciolti anticipatamente, osservando invece come nel nostro ordinamento costituzionale, qualora in sede di referendum propositivo su un argomento rilevante venisse respinto il testo proposto dal Parlamento, tale da determinare così un contrasto tra la posizione del Parlamento e la volontà popolare, le Camere dovrebbero essere sciolte. Ritiene che, qualora si addivenisse alla soluzione prospettata dalla proposta di legge C. 1173, tale evenienza potrebbe verificarsi frequentemente, dal momento che difficilmente il comitato promotore della proposta di legge popolare e del referendum propositivo, riterrebbe soddisfacente il testo adottato dal Parlamento, come del resto già accade oggi per il referendum abrogativo.
  Ribadisce conclusivamente che il suo gruppo ritiene imprescindibili modifiche al testo della maggioranza che prevedano un quorum di validità e introducano specifici limiti di materia, in assenza delle quali preannuncia una posizione di ferma contrarietà.

  Emanuele FIANO (PD), in risposta a talune considerazioni svolte dalla relatrice e dal deputato Forciniti, fa notare che i rischi di una dittatura della maggioranza non derivano certo dalla previsione che richiede un numero minimo di cinquecento mila elettori per la presentazione del progetto di iniziativa popolare, quanto dall'assenza del quorum per la validità del referendum e dalla mancanza di limiti in relazione alle materie che possono costituire oggetto di tali iniziative.
  Richiama quindi il caso della California per testimoniare come l'utilizzo di un Pag. 27simile strumento di partecipazione popolare, in assenza di criteri restrittivi, possa esporre il processo decisionale alle influenze di interessi particolari di sapore lobbistico. Non comprende inoltre la forte esigenza, avvertita dagli esponenti della maggioranza, di precisare che non si è ancora giunti in Commissione all'adozione di un testo base e che sarebbero premature certe considerazioni, facendo notare che lo svolgimento del dibattito dovrebbe proprio mirare, in questa fase dell’iter, a favorire un confronto tra i gruppi, in vista dell'adozione di un testo base che sia ben ponderato. Anche a costo di apparire impopolare, ribadisce la sua fiducia in un modello di democrazia pluralista, fondato sulla rappresentanza, che si oppone a quello proposto della maggioranza, centrato invece su un protagonismo del popolo privo di limiti.

  Giorgio SILLI (FI) osserva preliminarmente come nell'esperienza storica il ricorso a istituti di partecipazione popolare è spesso servito per deresponsabilizzare i governanti a fronte di decisioni impopolari e rileva come il ricorso a tali strumenti di partecipazione possa far sorgere il dubbio che chi è stato eletto non sia in grado di svolgere il proprio compito.
  Raccomanda quindi cautela nell'introdurre modifiche alla Costituzione di tale rilevanza, ritenendo che l'assetto costituzionale vigente, il quale è assolutamente positivo per molti aspetti, debba essere mantenuto e che semmai eventuali modifiche costituzionali debbano andare nella direzione di una semplificazione e velocizzazione del processo decisionale.
  Ritiene inoltre inopportuno ispirarsi aprioristicamente a esperienze straniere maturate in contesti istituzionali diversi rispetto a quello del nostro Paese. Osserva altresì come i tentativi di ampliare a dismisura la partecipazione dei cittadini al potere politico ed economico siano storicamente spesso falliti ed esprime, anche sulla base della propria esperienza di amministratore locale, perplessità sul ricorso eccessivo a strumenti di partecipazione e democrazia diretta, auspicando comunque un proficuo confronto tra maggioranza e opposizione su questi temi.

  Valentina CORNELI (M5S) dichiara l'ampia disponibilità della maggioranza a confrontarsi, con serenità e rispetto reciproco, sulle questioni poste nel dibattito, al fine di giungere all'elaborazione di un testo adeguato. Non condivide le preoccupazioni espresse nella discussione in relazione al rischio di derive maggioritarie o di eccessi derivanti dall'utilizzo ipertrofico dello strumento legislativo in questione, ritenendo piuttosto che l'esame dei provvedimenti in oggetto rappresenti l'occasione per riavvicinare lo Stato comunità allo Stato apparato.
  Fa quindi notare come la proposta di legge C. 1173 appaia pienamente rispettosa del ruolo del Parlamento, il quale, stimolato e sollecitato da tale procedura, può individuare soluzioni alternative a quelle proposte con l'iniziativa popolare. Fa presente, dunque, che vi sono margini per un confronto costruttivo su taluni importanti questioni, come ad esempio sul tema dei limiti riguardanti le materie oggetto dell'iniziativa popolare. Nutre, tuttavia, perplessità su talune norme recate dalla proposta di legge C. 726, in tema di abbassamento del quorum per la validità del referendum, soluzione che giudica suscettibile di generare conseguenze negative, rendendo la decisione finale poco razionale e chiara. Giudica, dunque, preferibile ragionare in termini di completa eliminazione di tale quorum.

  Andrea CECCONI (Misto-MAIE) sottolinea come al momento siano state presentate sedici proposte di legge di iniziativa popolare alla Camera e otto al Senato e come esse non siano state ancora esaminate, rilevando, dunque, come anche le modifiche introdotte, sul finire della scorsa legislatura, nel Regolamento del Senato non abbiano sortito gli effetti sperati. Osserva al riguardo, del resto, come il Ministro Fraccaro abbia rilevato che la Pag. 28calendarizzazione di tutte le proposte di legge di iniziativa popolare rischierebbe di assorbire eccessivamente l'attività parlamentare, in considerazione del fatto che spesso vengono promosse simultaneamente raccolte di firme relativamente a una pluralità di proposte di legge d'iniziativa popolare.
  Quanto al limite costituito dal carattere necessariamente binario della scelta che si è chiamati a compiere con il referendum, rileva come tale carattere binario sia proprio anche delle votazioni che si svolgono in Parlamento, facendo altresì notare come spesso anche i deputati che esprimono il loro voto in Assemblea non conoscano nel dettaglio l'oggetto delle deliberazioni ma si rimettano alle indicazioni dei gruppi di appartenenza.
  Auspica conclusivamente che si proceda con cautela, anche in considerazione delle distorsioni, testimoniate dall'esperienza della California, che un ricorso non ponderato agli istituti di democrazia diretta può comportare.

  Pierantonio ZANETTIN (FI), nel condividere i rilievi critici mossi nei confronti della proposta di legge C. 1173, intende sottoporre all'attenzione della Commissione il tema dell'autonomia dei territori. Rinviene, in particolare, nella proposta di legge C. 1173 un disegno accentratore potenzialmente suscettibile di mettere a rischio il percorso – già avviato – di riconoscimento, in determinate materie, di forme particolari di autonomia alle regioni, ai sensi dell'articolo 116, comma terzo, della Costituzione.
  Dopo aver richiamato il ruolo importante svolto a suo tempo dall'ex Presidente della Giunta regionale veneta Galan, richiama, rivolgendosi in particolare al gruppo della Lega, le istanze d'autonomia rivendicate dalla regione Veneto, espresse con una consultazione referendaria consultiva, svoltasi lo scorso anno, nella quale si è registrata un'ampia partecipazione popolare. Ricorda quindi che la Ministra Erika Stefani aveva preannunciato in materia di riconoscimento di tali forme di autonomia una iniziativa legislativa, che, tuttavia, ancora non è stata presentata e che inoltre, a suo avviso, rischia di risultare inconciliabile con il modello di Stato centralista proposto dalle presente riforma dell'articolo 71 della Costituzione. Invita, dunque, la Lega e la maggioranza nel suo complesso a compiere una scelta tra i due modelli di riforma proposti, auspicando che la scelta ricada sul disegno riformatore volto al riconoscimento di condizioni particolari autonomia dei territori.

  Fabiana DADONE (M5S), relatrice, replicando alle osservazioni del deputato Fiano, sottolinea come in questa fase sia necessario il più ampio confronto possibile su entrambe le proposte di legge all'ordine del giorno, ai fini delle successive decisioni circa l'adozione del testo base.
  Per quanto concerne l'opportunità, rilevata dal deputato Ceccanti, di sciogliere le Camere nel caso di contrasto tra volontà popolare e volontà parlamentare, rileva che all'indomani del referendum costituzionale del 4 dicembre 2016 non si procedette allo scioglimento delle Camere.

  Stefano CECCANTI (PD) ritiene che si sarebbe dovuto procedere allo scioglimento delle Camere a seguito del referendum del 4 dicembre 2016, ma ricorda che lo scioglimento non fu possibile, in quell'occasione, in quanto era necessario approvare prima la nuova legge elettorale.

  Emanuele FIANO (PD), ricollegandosi a talune considerazioni svolte dal deputato Zanettin, chiede alla relatrice quali sarebbero i rapporti tra la legge statale di attribuzione alle regioni di ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia, prevista dall'articolo 116 della Costituzione, e il referendum propositivo Pag. 29previsto dalla proposta di legge C. 1173, interrogandosi sulle possibili ricadute che l'eventuale applicazione delle disposizioni recate proposta di legge in esame potrebbe avere, ad esempio, rispetto al tema del riconoscimento di tali forme particolari di autonomia ai territori.

  Fabiana DADONE (M5S), relatrice, fa notare che le considerazioni del deputato Fiano fanno riferimento a un'eventualità non configurabile in concreto, sussistendo in Costituzione limiti impliciti che non sono superabili; ritiene quindi che la procedura referendaria prevista dalla proposta di legge C. 1173 non sia applicabile alle leggi ex articolo 116, terzo comma, della Costituzione.

  Gianluca VINCI, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame alla seduta già convocata per domani.

  La seduta termina alle 14.25.

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