CAMERA DEI DEPUTATI
Martedì 25 settembre 2018
62.
XVIII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Lavoro pubblico e privato (XI)
COMUNICATO
Pag. 57

SEDE REFERENTE

  Martedì 25 settembre 2018. — Presidenza del presidente Andrea GIACCONE. — Interviene il sottosegretario di Stato per il lavoro e le politiche sociali, Claudio Durigon.

  La seduta comincia alle 16.45.

Disposizioni per favorire l'equità del sistema previdenziale attraverso il ricalcolo, secondo il metodo contributivo, dei trattamenti pensionistici superiori a 4.500 euro mensili.
C. 1071 D'Uva ed altri.

(Esame e rinvio – Abbinamento delle proposte di legge C. 294 Meloni e C. 310 Meloni).

  Andrea GIACCONE, presidente, avverte che la Commissione inizia l'esame in sede referente della proposta di legge n. 1071, a prima firma D'Uva, recante disposizioni per favorire l'equità del sistema previdenziale attraverso il ricalcolo, secondo il metodo contributivo, dei trattamenti pensionistici superiori a 4.500 euro mensili.
  Invita quindi la relatrice, deputata De Lorenzo, ad illustrare il contenuto della proposta di legge.

  Rina DE LORENZO (M5S), relatrice, rileva che la proposta di legge n. 1071, che consta di sette articoli, prevede, all'articolo 1, il ricalcolo secondo il metodo contributivo dei trattamenti pensionistici superiori a 4.500 euro mensili, pari a un complessivo trattamento pensionistico lordo di 90.000 euro. In particolare, il comma 1 prevede, a decorrere dal 1o gennaio 2019, il ricalcolo dei trattamenti pensionistici di importo pari o superiore a tale limite, liquidati a carico del Fondo pensioni lavoratori dipendenti, delle gestioni speciali dei lavoratori autonomi, delle forme sostitutive, esclusive ed esonerative dell'assicurazione generale obbligatoria, mediante la riduzione delle quote retributive alla risultante del rapporto tra il coefficiente di trasformazione relativo all'età dell'assicurato al momento del pensionamento e il coefficiente di trasformazione corrispondente Pag. 58all'età prevista per il pensionamento di vecchiaia. In altre parole, più l'accesso al pensionamento è precoce, maggiore sarà la penalizzazione da applicare.
  La disciplina del ricalcolo è applicata, ai sensi dei commi 2 e 3, anche alle pensioni in essere. In particolare, sulla base del comma 2, con riferimento ai trattamenti diretti decorrenti dal 1o gennaio 1996 al 1o gennaio 2019, le quote retributive sono ridotte alla risultante del rapporto tra il coefficiente di trasformazione vigente al momento del pensionamento relativo all'età dell'assicurato e il coefficiente di trasformazione corrispondente all'età riportata nella Tabella A allegata alla proposta di legge, che, a sua volta, ripropone la Tabella A allegata alla legge n. 335 del 1995 in vigore fino al 31 dicembre 2009. La norma prevede l'utilizzo del coefficiente di trasformazione relativo ai 65 anni di età anche nel caso di accesso al pensionamento ad un'età superiore.
  Il comma 3 dispone l'applicazione ai trattamenti pensionistici liquidati prima del 1o gennaio 1996, pertanto i trattamenti calcolati interamente con il sistema retributivo, dei coefficienti di trasformazione in vigore fino alla data del 31 dicembre 2009, come riportato nella Tabella B allegata alla proposta di legge e disposto nella Tabella A della legge n. 335 del 1995.
  La norma prevede, inoltre, al comma 4, l'applicazione del coefficiente di trasformazione relativo all'età di 57 anni nel caso di accesso al pensionamento ad età inferiori e, al comma 5, l'applicazione del ricalcolo alle quote retributive del reddito pensionistico complessivo, in caso di titolarità di più pensioni.
  Rileva che, sulla base dell'articolo 2, la disciplina del ricalcolo è estesa agli organi costituzionali e di rilevanza costituzionale, che si adeguano nell'ambito della loro autonomia.
  L'articolo 3 prevede l'istituzione, presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, del Fondo risparmio, in cui confluiscono i risparmi ottenuti dal ricalcolo dei trattamenti pensionistici, destinati ad aumentare gli importi delle pensioni minime e delle pensioni sociali, secondo modalità stabilite da un successivo decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze.
  Segnala, quindi, che, come disposto dall'articolo 4, l'applicazione del meccanismo di ricalcolo non può in ogni caso dare luogo ad un trattamento pensionistico o degli assegni vitalizi inferiore a 4.500 euro netti mensili, nonché perequazioni.
  Osserva che l'articolo 5, fornendo l'interpretazione autentica dei commi 5 e 6 dell'articolo 3 del decreto legislativo 16 settembre 1996, n. 564, dispone, con decorrenza ex tunc, che gli accrediti contributivi corrisposti dai lavoratori che svolgono attività sindacale concorrono alla formazione della quota di pensione il cui ammontare è calcolato sulla base della disciplina introdotta dal decreto legislativo n. 503 del 1992 (cosiddetta quota b).
  L'articolo 6, quindi, esclude dal ricalcolo introdotto dall'articolo 1 le pensioni di invalidità, i trattamenti pensionistici riconosciuti ai superstiti e quelli riconosciuti alle vittime del dovere o di azioni terroristiche.
  L'articolo 7, infine, dispone in ordine all'entrata in vigore del provvedimento.
  Il sistema di ricalcolo previsto dalla proposta di legge n. 1071 deroga sì al principio di affidamento, ma lo fa nel pieno rispetto del principio di ragionevolezza, considerato il fatto che si tratta di un provvedimento legislativo imposto da una situazione di grave crisi economica in cui ciascun contribuente – per beneficiare del trattamento pensionistico – deve versare i contributi previsti al riguardo dalla legge nel rispetto del principio contributivo che governa il sistema previdenziale e che si è reso ineludibile al fine di assicurare il rispetto del principio di equilibrio del bilancio dello Stato, principio tutelato a livello costituzionale dall'articolo 81 della Costituzione. Il ricalcolo con il metodo contributivo delle pensioni d'oro avente ad oggetto i soli trattamenti pensionistici superiori a 4.500 euro mensili non potrebbe essere ritenuto incostituzionale, considerata la ratio che è posta alla Pag. 59base di tale intervento normativo. Questo intervento mira infatti a far fronte ad una situazione di grave crisi economica introducendo un vero e proprio correttivo ad alcune diseguaglianze esistenti tra i cittadini in materia previdenziale e facendo sì che il sistema previdenziale risponda al principio di equità. Con tale proposta di legge si intende eliminare il divario esistente tra la categoria di cittadini colpiti duramente dalla crisi economica (il riferimento è ai fruitori di assegni sociali o di pensioni minime) e la categoria dei cittadini privilegiati beneficiari delle pensioni d'oro. In tal modo verrebbe eliminato lo stato di iniquità sociale e verrebbe restituita l'equità al sistema previdenziale. Questo ricalcolo con il metodo contributivo delle pensioni d'oro si rende necessario al fine di assicurare il rispetto del principio di equilibrio di bilancio di cui all'articolo 81 della Costituzione, rispondendo dunque ad un fondamentale principio di rilievo costituzionale. Il primo comma dell'articolo 81 della Costituzione afferma infatti che: «lo Stato assicura l'equilibrio tra le entrate e le spese del proprio bilancio, tenendo conto delle fasi avverse e delle fasi favorevoli del ciclo economico». Con tale proposta di legge si intende proprio tenere in adeguata considerazione l'attuale fase avversa del ciclo economico al fine di assicurare il rispetto del principio del pareggio in bilancio. Queste misure di ricalcolo rappresentano un vero e proprio sostegno previdenziale per i cittadini più deboli, nel pieno rispetto del principio di solidarietà sociale di cui all'articolo 2 della Costituzione. Il ricalcolo dei trattamenti pensionistici rispetta i principi di proporzionalità e adeguatezza, considerata la clausola di salvaguardia di cui all'articolo 4 della proposta di legge. Tale clausola fissa infatti un limite all'applicazione del meccanismo di ricalcolo, considerato il fatto che tale meccanismo non può in alcun caso comportare un ammontare del trattamento pensionistico o degli assegni vitalizi inferiore a 4.500 euro netti mensili, nonché perequazioni. Il limite all'applicazione del meccanismo di ricalcolo in 4.500 euro è stato individuato discrezionalmente e nel pieno rispetto del principio di ragionevolezza al fine di fornire in ogni caso ai beneficiari delle pensioni d'oro un trattamento pensionistico che risulti pienamente ed effettivamente adeguato a salvaguardare il loro tenore di vita. Con tale proposta di legge, nell'effettuare un bilanciamento tra diversi interessi di rilievo costituzionale, si è voluto tutelare anche il tenore di vita dei beneficiari delle pensioni d'oro, in considerazione del fatto che nello specifico si tratta di persone che sono state titolari di incarichi lavorativi altamente qualificati e in virtù dei quali percepiscono una retribuzione adeguata alla qualità e alla quantità del lavoro svolto nel pieno rispetto dell'articolo 36 della Costituzione («il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un'esistenza libera e dignitosa»). Tale proposta di legge mira ad attribuire a questa categoria di lavoratori anche un trattamento pensionistico adeguato all'attività lavorativa da essi espletata, garantendo comunque il loro tenore di vita.
  Il ricalcolo previsto dalla proposta di legge mira inoltre a ripristinare l'equilibrio intergenerazionale che è stato fortemente compromesso dal precedente sistema retributivo che governava il nostro sistema previdenziale. In base al sistema retributivo i lavoratori percepivano e percepiscono ancora oggi trattamenti pensionistici che risultano totalmente sganciati da quelli che sono i contributi da loro versati. Da tale sistema deriva il fatto che l'indicizzazione delle pensioni all'aumento del costo della vita rilevato dall'ISTAT viene, illegittimamente e irragionevolmente, ad essere posto a carico delle generazioni più giovani. Il legislatore intende tutelare anche il fondamentale diritto alla pensione delle nuove generazioni, già posto in serio pericolo dai precedenti governi, salvaguardandolo – in considerazione della grave crisi economica – proprio con il ricalcolo delle pensioni d'oro in base al metodo contributivo. Tale ricalcolo, oltre a favorire le fasce più deboli della popolazione Pag. 60che sono beneficiarie delle pensioni minime e delle pensioni sociali, è anche in grado di tutelare per la prima volta il diritto fondamentale alla pensione delle nuove generazioni.
  Le pensioni d'oro possono essere oggetto di un ricalcolo con il metodo contributivo in relazione a quella parte del trattamento pensionistico non finanziata dalla contribuzione versata, considerato il fatto che soltanto questa parte del trattamento pensionistico può essere ridotta ad equità in presenza di un'insostenibilità finanziaria del sistema previdenziale. Soltanto le prestazioni pensionistiche che sono state effettivamente finanziate dal sistema contributivo versato sono le uniche effettivamente intangibili.
  Il contributo di solidarietà sulle prestazioni pensionistiche – che qui giova richiamare – è una prestazione patrimoniale assoggettata a riserva di legge ex articolo 23 della Costituzione. La natura di prestazione patrimoniale di tale contributo è stata ribadita dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 173 del 2016, in cui la stessa Corte afferma al riguardo che: «Si è dunque, nella specie, in presenza di un prelievo inquadrabile nel genus delle prestazioni patrimoniali imposte per legge, di cui all'articolo 23 della Costituzione, avente la finalità di contribuire agli oneri finanziari del sistema previdenziale (sentenza n. 178 del 2000; ordinanza n. 22 del 2003)». È la legge che impone la costituzione di un rapporto obbligatorio tra pubblica amministrazione e privato, indipendentemente dal volere di quest'ultimo: si coglie in tal modo il significato di prestazione imposta. La riserva di legge prevista dall'articolo 23 della Costituzione in materia di prestazioni patrimoniali è posta a presidio dell'interesse generale a una più equa ripartizione degli oneri economici tra i consociati. La prestazione patrimoniale si traduce sempre in un depauperamento economico per il debitore, incidendo la stessa negativamente sulla sfera patrimoniale del privato. Con il contributo di solidarietà in materia di pensioni siamo dunque in presenza di un provvedimento ablatorio obbligatorio. I provvedimenti ablatori obbligatori, pur avendo in comune con i provvedimenti ablatori reali (come l'espropriazione) un momento privativo ed un momento acquisitivo di un vantaggio a favore della pubblica amministrazione, se ne differenziano per l'assenza di un corrispettivo. Mentre nei provvedimenti ablatori reali è sempre prevista la corresponsione di un indennizzo da parte della pubblica amministrazione nei confronti del privato che subisce un sacrificio nell'interesse della collettività, nei provvedimenti ablatori obbligatori manca un corrispettivo.
  La Corte Costituzionale nella sentenza sopra citata afferma che: «In tale prospettiva, è indispensabile che la legge assicuri il rispetto di alcune condizioni, atte a configurare l'intervento ablativo come sicuramente ragionevole, non imprevedibile e sostenibile. Il contributo, dunque, deve operare all'interno dell'ordinamento previdenziale come misura di solidarietà forte, mirata a puntellare il sistema pensionistico e di sostegno previdenziale ai più deboli, anche in un'ottica di mutualità intergenerazionale, siccome imposta da una situazione di grave crisi del sistema stesso, indotta da vari fattori – endogeni ed esogeni (il più delle volte tra loro intrecciati: crisi economica internazionale, impatto sulla economia nazionale, disoccupazione, mancata alimentazione della previdenza, riforme strutturali del sistema pensionistico) – che devono essere oggetto di attenta ponderazione da parte del legislatore, in modo da conferire all'intervento quella incontestabile ragionevolezza, a fronte della quale soltanto può consentirsi di derogare (in termini accettabili) al principio di affidamento in ordine al mantenimento del trattamento pensionistico già maturato.
  In merito al principio di irretroattività delle leggi occorre sottolineare il fatto che tale principio, pur costituendo un principio fondamentale dell'ordinamento, non ha un fondamento costituzionale (ad eccezione della previsione dell'articolo 25 della Costituzione limitatamente all'irretroattività della legge penale incriminatrice) e può in teoria essere derogato. Il Pag. 61legislatore, infatti, fermo restando il predetto limite dell'irretroattività della legge penale, può emanare norme con efficacia retroattiva a condizione che la retroattività trovi adeguata giustificazione sul piano della ragionevolezza e non si ponga in contrasto con altri valori e interessi costituzionalmente protetti. La retroattività che caratterizza tale proposta di legge è pienamente giustificata dalla ragionevolezza che è posta alla base di tale intervento normativo.

  Andrea GIACCONE, presidente, avverte che risultano assegnate alla Commissione le proposte di legge n. 294 e n. 310, ambedue a prima firma Meloni, recanti, la prima, l'abrogazione dei commi 5 e 6 dell'articolo 3 del decreto legislativo 16 settembre 1996, n. 564, in materia di contribuzione previdenziale per i lavoratori che svolgono attività sindacale e, la seconda, disposizioni in materia di pensioni superiori a dieci volte l'integrazione al trattamento minimo INPS. Trattandosi di proposte di legge vertenti su materia identica a quella della proposta n. 1071, ne dispone l'abbinamento ai sensi dell'articolo 77, comma 1, del Regolamento.
  La relatrice si riserva di illustrare le proposte di legge testé abbinate nella seduta già convocata per giovedì 27 settembre.

  Paolo ZANGRILLO (FI), premettendo di comprendere e condividere la finalità, alla base della proposta di legge, di tendere verso un sistema pensionistico più equo, ritiene non chiare le modalità attraverso le quali i presentatori intendano conseguire tale risultato. Tenendo conto che dai dati disponibili risulta che sono circa 50.000 i pensionati che percepiscono un trattamento pensionistico superiore ai 4.500 euro netti mensili, pari allo 0,3 per cento del totale dei pensionati, a loro volta pari a 15,5 milioni circa, nella più ottimistica delle ipotesi dall'applicazione della proposta di legge in esame deriverebbero circa 10.000 euro annui pro capite di risparmi che, al netto delle ritenute fiscali, porterebbero a circa 300 milioni di euro complessivi, sufficienti ad incrementare di circa 6 euro al mese le pensioni più basse. Da ciò risulta chiaro che la finalità ultima della proposta di legge è la propaganda politica. Si vogliono colpire coloro che impropriamente sono definiti privilegiati, essendo invece persone che, investendo su loro stessi e sulle proprie capacità, hanno dedicato la vita al lavoro, contribuendo anche alla crescita del Paese. Il messaggio lanciato alle giovani generazioni dalla maggioranza è, a suo avviso, devastante. Si dimostra che non serve puntare sulle proprie capacità perché la riuscita personale è interpretata come espressione di appartenenza alla «casta». Ed è strano che questa lotta al merito venga da una parte politica che, in campagna elettorale, aveva sbandierato persino l'intenzione di istituire un Ministero del merito. Al contrario, con questa proposta di legge, la maggioranza dimostra di voler punire il merito. Passando poi al contenuto del provvedimento, ritiene necessario ricevere chiarimenti sul fatto che, invece di ridurre i trattamenti pensionistici riportandone l'ammontare percepito in linea con i contributi effettivamente versati, come più volte affermato dal ministro Di Maio, la proposta di legge, in realtà, si concentra esclusivamente sul coefficiente di trasformazione e non anche, come dovrebbe, sul montante contributivo. Si realizzerebbe, dunque, un taglio netto dell'importo percepito parametrato esclusivamente sulla distanza tra l'età dell'effettivo accesso al pensionamento e l'età, stabilita per legge, per il pensionamento di vecchiaia. Si tratta, pertanto, di un inganno che è necessario smascherare. Da ultimo, osserva che, contrariamente a quanto prefigurato nella relazione illustrativa del provvedimento, l'articolo 3 dispone l'istituzione di un Fondo presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, in cui sono fatti confluire i risparmi di spesa, sottratti, pertanto, alla disponibilità dell'INPS.

  Carlo FATUZZO (FI) ricorda ai colleghi che fino al 1969 il sistema di calcolo dei trattamenti pensionistici era contributivo. Pag. 62Il passaggio al sistema retributivo è stato giudicato dal legislatore necessario per evitare la liquidazione di trattamenti pensionistici eccessivamente bassi, essendo calcolati con le marche assicurative, a loro volta parametrate sulla retribuzione, settimanale o mensile. Rileva, inoltre, che ulteriori interventi correttivi sono stati necessari per evitare che, negli ultimi anni di lavoro, sulla base di accordi tra datore di lavoro e lavoratore, la retribuzione di fine carriera, sulla quale parametrare il trattamento pensionistico, venisse artificialmente elevata, a spese del lavoratore medesimo che, in tal modo, avrebbe potuto godere di una pensione migliore. Ma non è giusto colpire la generalità dei lavoratori per stroncare la truffa di pochi. Osserva, poi, che la Corte costituzionale ha stabilito il principio in base al quale il trattamento pensionistico non può essere ridotto, anche se alla fine della carriera il lavoratore ha percepito stipendi significativamente più bassi. Ecco perché si è stabilito il principio della sterilizzazione dei contributi versati alla fine della carriera sulla base di retribuzioni ridotte. Intende, quindi, ricordare ai colleghi della maggioranza che, come sancito ancora dalla Corte costituzionale, la pensione è una retribuzione differita. Pertanto, la pensione goduta è il frutto del «sudore della fronte» del lavoratore e ridurla in modo arbitrario non è giusto, perché taglia ogni legame tra la pensione e il lavoro svolto. Accenna poi al problema, di cui i presentatori della proposta di legge non si sono preoccupati, del destino dei contributi versati da lavoratori deceduti prima di accedere al pensionamento o poco dopo. Ricorda che la relatrice ha citato una serie di sentenza della Corte costituzionale, ma intende sottolineare come la Corte abbia costantemente dichiarato la costituzionalità di blocchi temporanei, totali o parziali, di incrementi dei trattamenti pensionistici e non di decurtazioni dei trattamenti in godimento. Al contrario, la Corte ha ritenuto fondata la questione di legittimità costituzionale nel caso in cui i tagli al trattamento pensionistico non siano basati sul principio di ragionevolezza e di razionalità, incidendo sul legittimo affidamento dei singoli. Pertanto, non è costituzionale una riduzione dei trattamenti pensionistici in godimento e maturati in base alla legge in vigore. Ravvisa, inoltre, una contraddizione nella proposta di legge che intende colpire le pensioni che non sarebbero coperte da contributi. Ma, al contrario, la proposta incide esclusivamente sui trattamenti pensionistici liquidati sulla base di una contribuzione, come stabilito dal nostro ordinamento imperniato, come è noto, sulla funzione di assicurazione svolta dagli istituti previdenziali. La contraddizione è ancora più stridente se si pensa che i risparmi derivanti dai tagli andrebbero a incrementare i trattamenti liquidati non sulla base di una contribuzione versata, ma sulla base di uno stato di bisogno. Le distorsioni sono evidenti: se, non lavorando, si arriverà a percepire trattamenti pari a 780 euro mensili, nessuno troverà più conveniente lavorare regolarmente, rischiando di percepire trattamenti inferiori, aumentando il lavoro nero e, conseguentemente, le difficoltà dell'intera economia del Paese.

  Ettore Guglielmo EPIFANI (LeU) dichiara di non condividere nessun aspetto della proposta di legge in esame. Le finalità ad essa sottese potrebbero, a suo giudizio, essere perseguite introducendo piuttosto un contributo di solidarietà a carico delle pensioni più alte. Ricorda la sua partecipazione, da sindacalista, a tutte le riforme pensionistiche che si sono susseguite dal 1992, rivendicando, in particolare, l'avere perorato il passaggio al sistema contributivo, considerato l'unico strumento in grado di assicurare una maggiore equità intergenerazionale. Anzi, è stato tra coloro che, già tra il 1995 e il 1997, hanno proposto l'estensione del contributivo pro rata a tutti, realizzata soltanto con la riforma Fornero, con un ritardo che non è riuscito a colmare l'attuale grave gap generazionale. Considera la proposta in esame, senza mezzi termini, una vera schifezza, per giunta completamente sbagliata. Sono diversi, infatti, i punti che appaiono, a suo giudizio, Pag. 63privi di senso. In primo luogo, chiede per quale motivo si sia individuata la soglia dei 90.000 euro lordi annui. In secondo luogo, osserva che la tassazione locale incide in maniera diversa su tale lordo, in modo tale che l'importo netto risulta differente a seconda di dove il pensionato risiede. Basti pensare al fatto che nel Lazio le aliquote sono più alte che altrove. Contesta anche il fatto che la proposta di legge introduca un nuovo sistema di calcolo del trattamento pensionistico. Infatti, il taglio è determinato sulla base dell'età di accesso al pensionamento e non sui contributi versati. Spingendo al limite il ragionamento, osserva che se tale metodologia fosse applicata indistintamente a tutte le pensioni totalmente o parzialmente calcolate con il sistema retributivo, sarebbero colpiti soprattutto coloro che percepiscono le pensioni più basse, ad esempio coloro che sono andati in pensione relativamente presto avendo svolto attività pesanti. Lo stesso si potrebbe dire se si applicasse il taglio ai vitalizi derivanti da attività sindacali o da attività politica. Sarebbero colpiti coloro che hanno svolto la loro attività rinunciando ad una carriera lavorativa che avrebbe potuto dare luogo ad un trattamento pensionistico autonomo. Infine, la proposta darebbe risparmi piuttosto contenuti e, pertanto, teme che essa, in realtà, preluda all'estensione di tale taglio a tutte le pensioni in godimento. Il rischio di incostituzionalità è quindi elevato, come dimostra la stessa relazione illustrativa del provvedimento che si preoccupa, per pagine e pagine, di dimostrare il contrario. Alla luce di tali considerazioni, esorta i colleghi della maggioranza a procedere con maggiore cautela.

  Debora SERRACCHIANI (PD), pur ritenendo condivisibile in linea di principio la finalità della proposta di legge, osserva che, come detto dal collega che l'ha preceduta, lo scopo sarebbe raggiunto con l'introduzione di un contributo di solidarietà con le stesse caratteristiche di quello introdotto dal Governo Letta, la cui legittimità fu riconosciuta anche dalla Corte costituzionale. Dopo aver rilevato le contraddizioni della stessa relazione illustrativa del provvedimento, preannuncia la richiesta di un ciclo approfondito di audizioni che aiutino i deputati a capire i meccanismi che governano il sistema pensionistico e le possibili conseguenze derivanti dall'attuazione delle misure in discussione. Non mette, infatti, in dubbio la buona fede dei colleghi della maggioranza, ma non è possibile parlare di montante contributivo se poi questo non ha riscontro nel testo della proposta, imperniata invece sull'età dell'accesso al pensionamento. Anche lei pensa, inoltre, che sia necessario prendere in considerazione soglie di trattamento univoche, in considerazione della diversità dell'incidenza delle tassazioni locali. L'attuale testo si presta alla presentazione di una valanga di ricorsi e rende plausibile il pericolo di incidere in futuro anche su altre categorie di pensionati. Al di là dei singoli aspetti del provvedimento, sollecita i colleghi ad una riflessione politica che non si fossilizzi sulla contrapposizione tra maggioranza e opposizione, ma che si concentri piuttosto sulla necessità di adottare provvedimenti che non siano dannosi per i cittadini e che non scarichino sulle generazioni future le conseguenze degli errori commessi.

  Andrea GIACCONE, presidente, dopo aver fatto presente che nell'Ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi, convocato per il prossimo giovedì 27 settembre, potrà essere affrontato il tema dell'organizzazione del seguito dell'esame delle proposte di legge, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

  La seduta termina alle 17.50.

INTERROGAZIONI

  Martedì 25 settembre 2018. — Presidenza del presidente Andrea GIACCONE. — Interviene il sottosegretario di Stato per il lavoro e le politiche sociali, Claudio Durigon.

  La seduta comincia alle 17.50.

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5-00476 Ribolla e Grimoldi: Iniziative per il commissariamento dell'Ente nazionale di previdenza e assistenza della professione infermieristica (ENPAPI).

  Il sottosegretario Claudio DURIGON risponde all'interrogazione in titolo nei termini riportati in allegato (vedi allegato).

  Eva LORENZONI (Lega), in qualità di sottoscrittrice dell'atto di sindacato ispettivo, ringrazia il sottosegretario e apprezza l'impegno del Governo a perseverare nell'attività di vigilanza.

  La seduta termina alle 17.55.

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