CAMERA DEI DEPUTATI
Mercoledì 25 luglio 2018
42.
XVIII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Giustizia (II)
COMUNICATO
Pag. 85

ATTI DEL GOVERNO

  Mercoledì 25 luglio 2018. — Presidenza della presidente Giulia SARTI. – Interviene il sottosegretario di Stato alla giustizia, Vittorio Ferraresi.

  La seduta comincia alle 14.40.

Schema di decreto legislativo recante riforma dell'ordinamento penitenziario in materia di vita detentiva e lavoro penitenziario.
Atto n. 16.

(Seguito dell'esame, ai sensi dell'articolo 143, comma 4, del regolamento e rinvio).

  La Commissione prosegue l'esame dello schema di decreto legislativo in oggetto, rinviato nella seduta del 18 luglio 2018.

  Giulia SARTI, presidente, nessuno chiedendo di intervenire, preannuncia che nel corso della prossima settimana la relatrice presenterà la proposta di parere sul provvedimento in discussione, da sottoporre alle valutazioni dei colleghi. Rinvia pertanto il seguito dell'esame ad altra seduta.

Schema di decreto legislativo recante disciplina dell'esecuzione delle pene nei confronti dei condannati minorenni.
Atto n. 20.

(Seguito dell'esame, ai sensi dell'articolo 143, comma 4, del regolamento e rinvio).

  La Commissione prosegue l'esame dello schema di decreto legislativo in oggetto, rinviato nella seduta del 17 luglio 2018.

  Devis DORI (M5S), relatore, ricorda ai colleghi che non è ancora pervenuto il Pag. 86previsto parere della Conferenza Unificata, che si riunirà nella giornata di domani. Nel ricordare che il termine per l'espressione del parere da parte della Commissione scadrà il prossimo 5 agosto, preannuncia che nel corso della prossima settimana presenterà una proposta di parere sullo schema di decreto legislativo in esame, da sottoporre alla valutazione dei colleghi.

  Giusi BARTOLOZZI (FI), in attesa che venga predisposta la proposta di parere, sottopone alle valutazioni del relatore alcune perplessità sul testo in esame. In primo luogo, evidenzia che lo schema in oggetto non chiarisce adeguatamente l'impatto delle misure alternative sul sistema socio-sanitario regionale, presupponendo che tale questione sarà anche oggetto del parere della Conferenza Unificata. In secondo luogo, ritiene opportuno che nell'applicazione delle misure alternative, che lo schema in esame demanda alla decisione del magistrato, si tenga conto anche delle valutazioni dei servizi socio-sanitari.

  Giulia SARTI, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

Schema di decreto legislativo recante disposizioni in materia di giustizia riparativa e mediazione reo-vittima.
Atto n. 29.

(Seguito dell'esame, ai sensi dell'articolo 143, comma 4, del regolamento e rinvio).

  La Commissione prosegue l'esame dello schema di decreto legislativo in oggetto, rinviato nella seduta del 18 luglio 2018.

  Giulia SARTI (M5S), presidente, ricorda che, anche per lo schema in titolo, non è ancora pervenuto il prescritto parere della Conferenza Unificata. Nessuno chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

  La seduta termina alle 14.45.

SEDE REFERENTE

  Mercoledì 25 luglio 2018. — Presidenza della presidente Giulia SARTI. – Interviene il sottosegretario di Stato alla giustizia, Vittorio Ferraresi.

  La seduta comincia alle 14.45.

Disposizioni in materia di azioni di classe.
C. 791 Salafia.

(Esame e rinvio).

  La Commissione inizia l'esame della proposta di legge in titolo.

  Angela SALAFIA (M5S), relatrice, ricorda ai colleghi che la Commissione avvia oggi l'esame della proposta di legge a sua prima firma che reca disposizioni in materia di azione di classe con l'obiettivo di potenziare lo strumento (attualmente disciplinato dall'articolo 140-bis del codice del consumo di cui al decreto legislativo n. 206 del 2005), allargandone il campo d'applicazione sia dal punto di vista soggettivo – attualmente circoscritto alla tutela dei diritti di consumatori e utenti – sia dal punto di vista oggettivo, cioè delle situazioni giuridiche che possono essere fatte valere in giudizio, sia del tipo di tutela che si può ottenere. Ricorda altresì che il contenuto del provvedimento all'esame della Commissione Giustizia ripropone integralmente quello della proposta di legge approvata dalla Camera dei deputati nella scorsa legislatura (A.C. 1335 Bonafede), il cui iter si è interrotto al Senato.
  Al fine di realizzare l'obiettivo indicato, la proposta di legge in esame, composta da sei articoli, sposta la disciplina dell'azione di classe dal codice del consumo al codice di procedura civile. In particolare, l'articolo 1 – che costituisce l'elemento centrale della proposta di legge – introduce nel codice di procedura civile un nuovo titolo VIII-bis «Dell'azione di classe», composto da 15 articoli (dall'articolo 840-bis all'articolo Pag. 87840-sexiesdecies). Il nuovo titolo è inserito alla fine del libro IV dedicato ai procedimenti speciali e, dunque, in coda al codice di procedura civile.
  L'articolo 840-bis c.p.c. amplia l'ambito d'applicazione soggettivo e oggettivo dell'azione di classe. Eliminando anzitutto – data la nuova collocazione della disciplina, sottratta al codice del consumo – ogni riferimento a consumatori e utenti, l'azione sarà sempre esperibile da tutti coloro che avanzino pretese risarcitorie in relazione a lesione di «diritti individuali omogenei» (ma non ad «interessi collettivi», come previsto nel vigente articolo 140-bis del codice del consumo); l'azione sarà quindi nella titolarità di ciascun componente della «classe», nonché delle associazioni o comitati che hanno come scopo la tutela dei suddetti diritti. Viene, poi, ampliato l'ambito di applicazione oggettivo dell'azione, superando la stretta indicazione delle fattispecie tutelate contenuta nel comma 2 dell'articolo 140-bis del codice del consumo (che consente oggi l'azione in caso di danni derivanti dalla violazione di diritti contrattuali o di diritti comunque spettanti al consumatore finale del prodotto o all'utente del servizio, da comportamenti anticoncorrenziali o da pratiche commerciali scorrette). L'azione è, infatti, più genericamente esperibile a tutela delle situazioni soggettive maturate a fronte di condotte lesive, per l'accertamento della responsabilità e la condanna al risarcimento del danno e alle restituzioni. Il testo individua come destinatari dell'azione di classe imprese ed enti gestori di servizi pubblici o di pubblica utilità, facendo salve le procedure di ricorso per l'efficienza delle amministrazioni e dei concessionari di servizi pubblici. La condotta lesiva è individuata relativamente a fatti cagionati nello svolgimento delle attività. Se viene presentata un'azione di classe:
   il diritto all'azione individuale presenta i limiti indicati dal successivo articolo 840-undecies, ottavo comma, c.p.c. (deve, cioè, essere stata revocata la domanda di adesione prima che sia divenuto definitivo il decreto del giudice delegato che accoglie la domanda stessa);
   non è ammesso l'intervento di terzo;
   sono sempre possibili, anche durante lo svolgimento della procedura, transazioni tra le parti e gli aderenti all'azione. L'articolo 840-bis, in merito, stabilisce che la rinuncia al diritto fatto valere in giudizio o la transazione conclusa tra le parti non pregiudica i diritti di quanti abbiano aderito all'azione nella fase iniziale; questi ultimi, anche se le parti venissero meno, hanno infatti la possibilità di riassumere la causa entro un termine assegnato dal tribunale. Se il termine decorre inutilmente, il tribunale dichiara l'estinzione del procedimento e i soggetti aderenti potranno eventualmente agire individualmente ovvero avviare una nuova azione di classe.

  L'articolo 840-ter c.p.c. disciplina la proposizione della domanda e il giudizio di ammissibilità. In primo luogo, il giudice competente a conoscere l'azione di classe è individuato nella sezione specializzata in materia di impresa del tribunale (cosiddetto tribunale delle imprese). Attualmente la competenza è del tribunale ordinario (in composizione collegiale) con sede nel capoluogo di regione sede dell'impresa convenuta. Analogamente a quanto oggi previsto dal codice del consumo, l'atto di citazione deve essere notificato anche al pubblico ministero, che deciderà se intervenire (nel solo giudizio di ammissibilità). Per garantire idonea pubblicità alla procedura, l'atto di citazione dovrà inoltre essere pubblicato su un apposito portale del Ministero della giustizia. La riforma fissa in 30 giorni il termine entro il quale il tribunale deve decidere sull'ammissibilità dell'azione mentre attualmente la decisione deve intervenire «all'esito della prima udienza», senza previsione di un termine. La decisione assume la forma dell'ordinanza; anch'essa va pubblicata entro 15 giorni sul citato portale. I motivi di inammissibilità dell'azione di classe sono sostanzialmente gli stessi previsti Pag. 88dal codice del consumo, ovvero un'azione: manifestamente infondata; in questo caso, l'attore può riproporre l'azione di classe in presenza di circostanze diverse o nuove ragioni di fatto o di diritto; proposta da associazioni o comitati non adeguatamente rappresentativi degli interessi fatti valere; in cui l'attore versa in conflitto di interessi nei confronti del convenuto; carente del requisito dell'omogeneità dei diritti oggetto di tutela.
  L'ordinanza che decide sull'ammissibilità è reclamabile entro 30 giorni in Corte d'appello, che decide entro 40 giorni; è previsto inoltre, diversamente dalla vigente normativa, che la decisione della Corte d'appello sia ricorribile in Cassazione. Se in sede di impugnazione l'azione di classe viene ammessa, il procedimento prosegue dinanzi alla sezione del tribunale originariamente adita. Sia il reclamo alla corte d'appello che il ricorso in cassazione avverso le ordinanze che ammettono l'azione non producono effetti sospensivi del procedimento davanti al tribunale delle imprese.
  L'articolo 840-quater prevede che la decisione nel merito sull'azione di classe preclude la possibilità di proporre, in relazione ai medesimi fatti, altre azioni di classe, a meno che non si intenda far valere diritti che non potevano essere fatti valere in precedenza.
  Gli articoli 840-quinquies e 840-sexies c.p.c. disciplinano il procedimento e la sentenza che accoglie l'azione di classe. In tale ambito, assumono fondamentale rilievo le nuove modalità di adesione all'azione di classe: a differenza di quanto attualmente previsto dal codice del consumo, l'adesione può avvenire, oltre che dopo l'ordinanza che ammette l'azione, anche a seguito della sentenza di merito. Nel primo caso, è lo stesso tribunale, nell'ordinanza di ammissibilità, a fissare un termine per l'adesione ed a definire i caratteri dei diritti individuali omogenei che consentono l'inserimento nella classe. Coloro che aderiscono in questa fase, pur non assumendo la qualità di parte, possono ricevere tutte le informazioni dalla cancelleria e possono, al venir meno delle parti, riassumere il procedimento; l'effettivo diritto ad aderire all'azione di classe è verificato solo dopo la sentenza di merito. Nel secondo caso, il tribunale con la sentenza che accoglie l'azione, provvede in ordine alle domande risarcitorie e restitutorie proposte dall'attore ed accerta la responsabilità del convenuto; al tempo stesso, però, definisce i caratteri dei diritti individuali omogenei che consentono l'inserimento nella classe, individua la documentazione che dovrà essere prodotta dagli aderenti (anche da coloro che hanno aderito in precedenza) e assegna un termine non superiore a 180 giorni per l'adesione. Con la sentenza vengono inoltre nominati un giudice delegato, per gestire la procedura di adesione, e un rappresentante comune degli aderenti (che deve avere i requisiti per la nomina a curatore e può essere anche l'avvocato dell'attore). Viene inoltre fissato un importo che dovrà essere versato da ciascun aderente a titolo di fondo spese.
  Le modalità di adesione sono indicate dal successivo articolo 840-septies c.p.c. che delinea una procedura informatizzata nell'ambito del portale dei servizi telematici gestito dal Ministero della giustizia. La domanda di adesione non richiede l'assistenza del difensore e prevede tra gli specifici contenuti obbligatori il conferimento del potere di rappresentanza al rappresentante comune degli aderenti.
  La fase successiva dell'azione di classe – nella quale il giudice delegato accoglie le domande di adesione e condanna con decreto il convenuto al pagamento delle somme dovute agli aderenti – è disciplinata dall'articolo 840-octies c.p.c. La disposizione prevede che, a seguito della presentazione delle domande di adesione, il convenuto abbia la possibilità di prendere posizione su ciascuna domanda (i fatti dedotti dall'aderente e non specificatamente contestati dal convenuto nei termini si danno per ammessi); successivamente, il rappresentante comune degli aderenti predispone un programma nel quale indica, per ciascun aderente, l'importo che il convenuto dovrà liquidare, chiedendo eventualmente al tribunale la Pag. 89nomina di esperti. Il giudice delegato decide quindi con decreto succintamente motivato sull'accoglimento, anche parziale, delle domande di adesione e condanna il convenuto al pagamento. Il provvedimento del giudice è titolo esecutivo. Se il convenuto provvede spontaneamente al pagamento versa le somme dovute in un conto corrente intestato alla procedura; spetterà al giudice ordinare il pagamento delle somme sulla base del piano di riparto predisposto dal rappresentante comune (articolo 840-duodecies c.p.c.). Se, al contrario, il convenuto non adempie, anche la procedura di esecuzione forzata può essere esercitata in forma collettiva attraverso il rappresentante comune (ai sensi dell'articolo 840-terdecies c.p.c.).
  La chiusura della procedura di adesione all'azione avviene (con decreto motivato del giudice delegato, reclamabile) quando tutte le pretese sono soddisfatte, ovvero quando non è più possibile conseguire un ragionevole soddisfacimento, anche tenuto conto dei costi della procedura (articolo 840-quinquiesdecies c.p.c.). In tal caso, gli aderenti riacquistano il libero esercizio delle azioni verso il debitore per la parte dei loro crediti non soddisfatta.
  L'articolo 840-novies disciplina il compenso che, a seguito del decreto del giudice delegato, il convenuto deve corrispondere al rappresentante comune degli aderenti e ai difensori dell'attore. È una sorta di « quota lite «, in quanto il compenso è una percentuale dell'importo complessivo calcolata in base al numero dei componenti la classe in misura progressiva (la percentuale scende all'aumentare del numero dei componenti), sulla base di sette scaglioni.
  Gli articoli 840-decies e 840-undecies c.p.c. riguardano le impugnazioni, rispettivamente, della sentenza che decide sull'azione di classe e del decreto che liquida le somme dovute agli aderenti all'azione. Nel primo caso, la presente proposta di legge consente agli aderenti all'azione di promuovere impugnazione della sentenza nell'inerzia delle parti; nel secondo caso, l'impugnazione assume le forme dell'opposizione, che non sospende però l'esecuzione del decreto. L'aderente può proporre l'azione individuale a condizione che la domanda di adesione sia stata revocata prima che il decreto diventi definitivo.
  L'articolo 840-quaterdecies interviene su un altro aspetto non trattato dal codice del consumo, disciplinando gli accordi transattivi tra le parti. Viene stabilito:
   che fino alla precisazione delle conclusioni, il tribunale può formulare una proposta transattiva o conciliativa alle parti. Sia la proposta che l'eventuale accordo concluso sono comunicati tramite posta elettronica certificata a ciascun aderente e pubblicati nell'area pubblica del portale telematico; l'adesione all'accordo è data accedendo al fascicolo informatico;
   che dopo la sentenza che accoglie l'azione, il rappresentante comune degli aderenti possa stipulare analogo accordo transattivo, comunicato agli aderenti. In questo caso spetta al giudice delegato valutare gli interessi degli aderenti ed eventualmente autorizzare il rappresentante comune a procedere alla transazione. Ogni aderente può contestare l'accordo in sede di fascicolo informatico ed eventualmente revocare al rappresentante la facoltà di stipulare l'accordo transattivo (la mancata contestazione equivale ad acquiescenza all'accordo). L'accordo transattivo stipulato dal rappresentante comune sulla base dell'autorizzazione giudiziale costituisce titolo esecutivo e per l'iscrizione di ipoteca giudiziale. Analogo valore esecutivo ha l'accordo transattivo cui aderisca l'attore.

  Infine, in chiusura del nuovo titolo del codice di procedura civile dedicato all'azione di classe, l'articolo 840-sexiesdecies c.p.c. disciplina l'azione inibitoria collettiva, con la quale «chiunque abbia interesse» può chiedere al giudice di ordinare a imprese o enti gestori di servizi di pubblica utilità la cessazione di un comportamento lesivo di un interesse giuridicamente rilevante imputabile a una pluralità di individui o enti o il divieto di reiterare una condotta commissiva o omissiva. La disposizione, che supera l'azione inibitoria attualmente prevista dal codice Pag. 90del consumo (i cui articoli 139 e 140 vengono conseguentemente abrogati dall'articolo 6 della proposta di legge), incardina la competenza presso le sezioni specializzate per l'impresa e consente l'adesione all'azione collettiva nelle forme del precedente articolo 840-quinquies. Il procedimento civile seguirà poi le forme ordinarie. Il giudice, che può avvalersi di dati statistici e presunzioni semplici, può ordinare alla parte soccombente con la cessazione della condotta: l'adozione delle misure più opportune per eliminarne gli effetti; previa istanza di parte, il pagamento di una penale in caso di ritardo nell'adempimento della sentenza (in base all'articolo 614-bis c.p.c.); di dare diffusione al provvedimento, mediante utilizzo dei mezzi di comunicazione ritenuti più appropriati.
  Se l'azione inibitoria è proposta congiuntamente all'azione di classe si prevede che il giudice disponga la separazione delle cause.
  L'articolo 2 interviene invece sulle disposizioni di attuazione del codice di procedura civile introducendovi un apposito titolo V-bis – peraltro formato dal solo articolo 196-bis – dedicato all'azione di classe. La disposizione disciplina le comunicazioni che devono essere effettuate dalla cancelleria della sezione specializzata e le attività che devono essere svolte dal portale dei servizi telematici del Ministero della giustizia. In particolare, si applicano le disposizioni in materia di comunicazioni telematiche. Il portale dei servizi telematici gestito dal Ministero della giustizia invierà all'indirizzo di posta elettronica, ordinaria o certificata, di ogni interessato che ne ha fatto richiesta e si è registrato mediante un'apposita procedura, un avviso contenente le informazioni relative agli atti per i quali le disposizioni dell'articolo 1 prevedono la pubblicazione. La richiesta può essere limitata alle azioni di classe relative a specifiche imprese o enti gestori di servizi pubblici o di pubblica utilità, anche prima della loro proposizione.
  L'articolo 3 modifica il testo unico in materia di documentazione amministrativa, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, per applicare le norme penali ivi previste anche alle attestazioni false rese nell'ambito della procedura di adesione all'azione di classe.
  L'articolo 4 concerne la clausola di invarianza finanziaria, stabilendo che all'attuazione delle disposizioni della legge si provvede nell'ambito delle risorse umane, finanziarie e strumentali previste a legislazione vigente e comunque senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
  L'articolo 5 dispone in ordine all'entrata in vigore della legge, che viene posticipata di 6 mesi rispetto alla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale per consentire al Ministero della giustizia di adeguare i sistemi informativi al compimento delle attività processuali richieste dalla proposta di legge. Una specifica norma transitoria è dettata per i procedimenti che saranno in corso al momento dell'entrata in vigore, ai quali continueranno ad applicarsi le previsioni degli articoli da 139 a 140-bis del codice del consumo.
  Infine, l'articolo 6 del provvedimento provvede, per coordinamento, all'abrogazione della disciplina dell'azione di classe attualmente contenuta nell'articolo 140-bis del codice del consumo, unitamente alle procedure per la tutela inibitoria collettiva previste dagli articoli 139 e 140 dello stesso codice.

  Giulia SARTI, presidente, nessuno chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

Disposizioni in materia di legittima difesa.
C. 274 Molteni, C. 308 Meloni e C. 580 Gelmini.

(Esame e rinvio).

  La Commissione inizia l'esame delle proposte di legge in titolo.

  Giulia SARTI, presidente, ricorda che la Commissione avvia, nella seduta odierna, l'esame della proposta di legge C. 580 Pag. 91Gelmini ed altri, recante «Modifica dell'articolo 52 del codice penale, in materia di diritto di difesa». Ricorda altresì che si tratta di una proposta di legge iscritta all'ordine del giorno della Commissione nell'ambito degli spazi garantiti alle forze di opposizione. Avverte, inoltre, che al provvedimento in questione sono state abbinate, ai sensi dell'articolo 77, comma 1, del Regolamento, le proposte di legge C 274 Molteni e C. 308, vertenti su identica materia.

  Pierantonio ZANETTIN (FI), relatore, anticipa che, dopo aver dato conto del quadro normativo di riferimento in tema di legittima difesa, passerà a illustrare le proposte di legge d'iniziativa dell'onorevole Gelmini ed altri (C. 580) e dell'onorevole Meloni ed altri (C. 308), mentre il collega Turri provvederà a illustrare la proposta di legge C. 274 presentata dall'onorevole Molteni.
  Con riguardo al quadro normativo di riferimento e alla giurisprudenza relativa all'articolo 52 del codice penale, rammenta che l'istituto della legittima difesa si colloca tra le cause di giustificazione del reato e trova il suo fondamento nella necessità di autotutela della persona che si manifesta nel momento in cui, in assenza dell'ordinaria tutela apprestata dall'ordinamento, viene riconosciuta, entro determinati limiti, una deroga al monopolio dello Stato dell'uso della forza. La relativa disciplina è contenuta nell'articolo 52 del codice penale. I requisiti della legittima difesa nell'articolo 52 – in presenza dei quali è esclusa la punibilità – risultano (primo comma): l'esistenza di un diritto da tutelare (proprio o altrui); la necessità della difesa; l'attualità del pericolo; l'ingiustizia dell'offesa; il rapporto di proporzione tra difesa e offesa.
  Il secondo e terzo comma dell'articolo 52 sono stati aggiunti dalla legge n. 59 del 2006 che ha introdotto la cd. legittima difesa domiciliare (o legittima difesa allargata). Mediante il riferimento all'articolo 614 del codice penale (violazione di domicilio) è stabilito il diritto all'autotutela in un domicilio privato (secondo comma), che la giurisprudenza ha riconosciuto anche negli spazi condominiali, oltre che in un negozio o un ufficio (terzo comma).
  In tali ipotesi, è autorizzato il ricorso a «un'arma legittimamente detenuta o altro mezzo idoneo» per la difesa legittima della «propria o altrui incolumità» o dei «beni propri o altrui»; in relazione alla difesa dei beni patrimoniali, ai fini della sussistenza della scriminante: il reo non deve avere desistito (dall'azione illecita) e deve sussistere il pericolo di aggressione. L'articolo 52 non chiarisce a quali beni si riferisca il pericolo di aggressione e dunque se si tratti del bene della vita e dell'incolumità personale o di beni patrimoniali. Tuttavia, che tale pericolo debba intendersi riferito alla vita e alla incolumità delle persone presenti nel domicilio, oltre che da motivi sistematici, si ricava dai lavori preparatori della legge n. 59 del 2006.
  Ricorda poi che l'articolo 2, comma 2, della Convenzione europea dei diritti dell'uomo, ammette la liceità dell'uccisione di una persona da parte del soggetto aggredito soltanto ove tale comportamento risulti «assolutamente necessario» per respingere una violenza illegittima in atto contro una persona e non una mera aggressione al patrimonio.
  In presenza delle indicate condizioni, è stata introdotta una sorta di presunzione legale del requisito di proporzionalità tra difesa e offesa.
  Complementare alla legittima difesa appare il tema dell'abuso della scriminante di cui all'articolo 52 del codice penale. Si parla di eccesso colposo di legittima difesa, a fronte di una reazione di difesa eccessiva: non c’è volontà di commettere un reato, ma viene meno il requisito della proporzionalità tra difesa ed offesa configurandosi un'errata valutazione colposa della reazione difensiva.
  L'articolo 55 del codice penale prevede che «quando, nel commettere alcuno dei fatti preveduti dagli articoli 51, 52, 53 e 54, si eccedono colposamente i limiti stabiliti dalla legge o dall'ordine dell'autorità ovvero imposti dalla necessità, si applicano Pag. 92le disposizioni concernenti i delitti colposi, se il fatto è preveduto dalla legge come delitto colposo».
  È quindi interesse del soggetto che ha difeso il diritto proprio o altrui indicare i fatti e le circostanze dai quali si evince l'esistenza della scriminante. La valutazione è rimessa al libero convincimento del giudice, che terrà conto di un complesso di circostanze oggettive: anche in tal caso, si tratta dell'esistenza di un pericolo attuale o di un'offesa ingiusta; dei mezzi di reazione a disposizione dell'aggredito e del modo in cui ne ha fatto uso; del bilanciamento tra l'importanza del bene minacciato dall'aggressore e del bene leso da chi reagisce.
  Segnala che la giurisprudenza successiva alla riforma del 2006 ha dimostrato come la presunzione legale introdotta per la violazione di domicilio non sia stata in grado di superare i rigorosi limiti di liceità della legittima difesa previsti dall'articolo 52, primo comma, del codice penale. Tale presunzione – secondo giurisprudenza consolidata – incidendo solo sul requisito della proporzione, non fa venir meno la necessità da parte del giudice di accertare la sussistenza degli altri requisiti, il pericolo attuale, l'offesa ingiusta e la necessità-inevitabilità della reazione difensiva a mezzo delle armi (in tal senso, tra le altre, Cassazione, sentenze n. 691 del 2014, n. 23221 del 2010, n. 25653 del 2008).
  Secondo un'ulteriore pronuncia (Cassazione, sentenza n. 50909 del 2014), la legge n. 59 del 2006, introducendo il comma secondo dell'articolo 52 del codice penale, ha stabilito la presunzione della sussistenza del requisito della proporzione tra offesa e difesa, quando sia configurabile la violazione del domicilio dell'aggressore, ossia l'effettiva introduzione del soggetto nel domicilio altrui, contro la volontà di colui che è legittimato ad escluderne la presenza, ferma restando la necessità del concorso dei presupposti dell'attualità dell'offesa e della inevitabilità dell'uso delle armi come mezzo di difesa della propria o altrui incolumità. La Cassazione ha ritenuto che lo stesso ingresso fraudolento o clandestino nella dimora dell'aggredito, in carenza sempre della aggressione o della esposizione della controparte ad un pericolo alla propria vita o incolumità, non acquisisca rilievo per invocare la scriminante della legittima difesa; la Suprema Corte ha negato l'esimente in presenza di «un'indiscriminata reazione nei confronti del soggetto che si introduca fraudolentemente nella propria dimora» (sentenza n. 12466 del 2007). Con tale locuzione, quindi, il Collegio ha lasciato intendere l'impossibilità di derogare al principio di proporzionalità fra aggressione e difesa (di cui il legislatore del 2006 ha imposto la presunzione).
  Come previsto dall'articolo 52, secondo comma, del codice penale, nell'ipotesi in cui l'aggredito agisca per difendere beni patrimoniali necessita il duplice requisito della non desistenza e del pericolo di aggressione. Proprio la legittimità della difesa dei beni patrimoniali è stata oggetto di pronunce che – ferma restando la necessità del doppio citato requisito (non desistenza e pericolo di aggressione) – hanno sempre valutato rigorosamente anche la presunzione del rapporto di proporzionalità tra difesa e offesa.
  Ricorda che nella sentenza n. 32282 del 29 settembre 2006 la Cassazione affrontò un caso in cui all'imputato era contestato l'eccesso di legittima difesa per avere esploso un colpo di pistola dalla finestra dell'abitazione contro la vittima in fuga, che in seguito era deceduta per le lesioni riportate (quest'ultimo si era introdotto nella sua abitazione per un tentativo di furto, previa effrazione di una finestra). Dopo che in primo grado l'imputato era stato assolto (perché il fatto non sussiste), la Corte di appello di Napoli, in riforma della sentenza impugnata, riconosceva la responsabilità penale dell'imputato. Secondo i giudici di legittimità, anche dopo la novella legislativa del 2006, non viene meno il rapporto di proporzionalità di cui al primo comma dell'articolo 52 c.p. e si concretizza l'esimente quando l'uso di un'arma ha come fine ultimo quello di «difendere la propria o altrui incolumità» ovvero «i beni propri o altrui, quando non vi è desistenza e vi è pericolo di aggressione». Pag. 93La Corte ha ritenuto, pertanto, l'imputato colpevole dell'eccesso di legittima difesa, in quanto dalle risultanze processuali si evinceva che non sussisteva un «pericolo di aggressione» e la vittima, dandosi alla fuga, aveva in sostanza desistito dal suo iniziale intento aggressivo. Per la Cassazione, l'uso di un'arma, legittimamente detenuta, per integrare la scriminante della legittima difesa, deve essere vagliato secondo il criterio della proporzione di cui al primo comma dell'articolo 52 del codice penale e tale valutazione deve pur sempre operare in relazione alla situazione concreta sussistente nel momento in cui si faccia uso dell'arma.
  Analoghe posizioni sono state confermate dalla giurisprudenza successiva; nella sentenza n. 28802 del 2014, la Cassazione ha ritenuto che, anche la presunzione legale di proporzionalità nella legittima difesa domiciliare non può giustificare l'uccisione con uso legittimo delle armi di un ladro introdottosi in casa quando sia messo in pericolo soltanto un bene patrimoniale dell'aggredito (anche nel caso in oggetto, il proprietario, dopo aver sorpreso il ladro in casa, gli aveva sparato dalla finestra della propria abitazione per impedire il furto della propria autovettura).
  Ricorda, inoltre, che nel corso della XVII legislatura, la Camera dei deputati ha approvato in prima lettura, il 4 maggio 2017, una proposta di legge diretta a regolamentare le ipotesi in cui è riconosciuta la legittima difesa domiciliare. Il provvedimento, passato all'esame del Senato (A.S. 2816), non ha concluso l’iter legislativo. La proposta approvata dalla Camera interveniva sulle disposizioni del codice penale relative alla legittima difesa domiciliare e sulle spese di giustizia a carico di chi è dichiarato non punibile per avere commesso il fatto per legittima difesa o stato di necessità.
  Nel passare all'illustrazione delle proposte di legge d'iniziativa dell'onorevole Gelmini ed altri (C. 580) e dell'onorevole Meloni ed altri (C. 308), segnala che le stesse modificano l'articolo 52 del codice penale, entrambe con l'intento di rafforzare le tutele per colui che reagisce ad una violazione del domicilio.
  Per quanto concerne il contenuto della proposta di legge C. 580, Gelmini e altri, recante «Modifica all'articolo 52 del codice penale, in materia di diritto di difesa», rammenta che la stessa si compone di due articoli con i quali modifica il codice penale e il Testo Unico spese di giustizia.
  In particolare, l'articolo 1 dell'A.C. 580 non si limita a novellare l'articolo 52 del codice penale, ma lo sostituisce integralmente, ribaltando la logica dell'attuale scriminante – costruita in termini di esclusione della punibilità – per affermare invece che colui che commette il fatto per difendere un diritto proprio o altrui, contro un pericolo attuale, esercita un diritto, il proprio diritto di difesa (primo comma). Nell'esercizio di tale diritto, peraltro, la difesa deve essere non manifestamente sproporzionata all'offesa (terzo comma).
  La difesa del domicilio è disciplinata dal secondo, quarto e quinto comma del nuovo articolo 52 del codice penale, che introducono quella che pare una presunzione assoluta ed escludono ogni riferimento alla proporzione tra difesa e offesa. La disposizione riconosce «sempre» il diritto di difesa a chi reagisce ad una violazione di domicilio, o al tentativo di violazione del domicilio, realizzati, alternativamente (secondo comma): con violenza alle persone o sulle cose; con minaccia o con inganno. Il quarto comma dispone che in tali casi il diritto di difesa si presume ed è esclusa la sussistenza del reato, anche colposo. Il quinto comma estende – come nella formulazione attuale – il concetto di domicilio anche all'ufficio, al negozio e all'impresa.
  La nuova formulazione riduce i margini di apprezzamento del giudice, che dovrà limitarsi a verificare la sussistenza dei requisiti del secondo comma: se il luogo ove si sono svolti i fatti presenta le caratteristiche del domicilio, se l'accesso o il tentativo di accesso si è svolto contro la volontà altrui, se vi è stata violenza a cose o persone, oppure se vi sono state Pag. 94minacce o inganni. In presenza di tali presupposti, la reazione sarà da ritenersi legittima, senza valutare se sia stata messa in pericolo la vita o l'incolumità di chicchessia ovvero un mero bene patrimoniale, o se vi sia stata proporzione tra offesa e difesa.
  L'articolo 2 della proposta di legge, in fine, inserendo l'articolo 5-bis nel decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002 (TU spese di giustizia), pone a carico dello Stato tutte le spese di giustizia e gli oneri connessi al procedimento penale aperto nei confronti di colui che, come riconosciuto dal procedimento stesso, abbia esercitato il diritto di difesa ai sensi dell'articolo 52 del codice penale.
  Quanto alla proposta di legge C. 308, Meloni e altri, recante «Modifiche all'articolo 52 del codice penale in materia di legittima difesa», rileva che la stessa consta di un solo articolo che introduce due modifiche all'articolo 52 del codice penale.
  Con la prima (comma 1, lettera a)) si interviene sul terzo comma della disposizione, relativo al luogo ove è commesso il fatto. L'attuale previsione, che estende il diritto all'autotutela dall'interno del domicilio all'interno del negozio, dell'ufficio e dell'impresa, viene ulteriormente ampliata ricomprendendo anche le immediate adiacenze dei citati luoghi, purché ricorra una delle seguenti condizioni: se risulta chiara e in atto l'intenzione di introdursi negli stessi luoghi con violenza o risulta chiara e in atto l'intenzione di volersi allontanare da tali luoghi senza desistere dall'offesa. La relazione illustrativa chiarisce che si intende fare riferimento a un tentativo violento di intrusione con chiaro pericolo di aggressione, ovvero «a un tentativo di proseguire nell'offesa all'incolumità o ai beni specificati nel secondo comma dello stesso articolo 52, pur uscendo dai luoghi indicati».
  Le lettera b) del comma 1 del medesimo articolo unico aggiunge un comma all'articolo 52, ai sensi del quale è presunta la sussistenza tanto del pericolo di aggressione quanto dell'assenza di desistenza in presenza delle seguenti condizioni:
   l'offesa ingiusta avviene all'interno dei luoghi indicati dalla disposizione e dunque all'interno del domicilio o di un altro luogo nel quale viene esercitata un'attività commerciale, professionale o imprenditoriale. Sul punto, dunque, la proposta di legge non fa più riferimento alle immediate adiacenze, che dunque non sono coperte dalla presunzione di pericolo;
   l'offesa ingiusta avviene nelle ore notturne oppure con modalità tali da generare nella persona offesa uno stato di paura e agitazione particolari.

  Roberto TURRI (Lega), relatore, nel soffermarsi esclusivamente, come anticipato dal collega Zanettin, sul contenuto della proposta di legge C. 274, Molteni e altri, recante «Modifiche al codice penale, al codice di procedura penale e altre disposizioni in materia di legittima difesa e di aggravamento delle pene per i reati di furto in abitazione e furto con strappo», sostanzialmente identica alla proposta di legge C. 3777 della scorsa legislatura, sempre a firma Molteni, evidenzia che la stessa, come le due proposte di legge precedentemente illustrate dal collega Zanettin, modifica l'articolo 52 del codice penale, con l'intento di rafforzare le tutele per colui che reagisce ad una violazione del domicilio.
  Più precisamente, la proposta di legge C. 274 persegue due obiettivi: modificare l'articolo 52 del codice penale, intervenendo sul principio di proporzionalità tra difesa e offesa ed inasprire la repressione penale del delitto di furto in abitazione.
  In particolare, l'articolo 1 della proposta modifica l'articolo 52 del codice penale, aggiungendovi in fine un comma, attraverso il quale si stabilisce la presunzione di legittima difesa nella ipotesi in cui: sia stato compiuto un atto per respingere l'ingresso o l'intrusione in un immobile mediante violenza o minaccia di uso di armi da parte di una o più persone; tale ingresso o intrusione abbiano avuto luogo mediante effrazione o contro la volontà del proprietario o di chi ha la legittima Pag. 95disponibilità dell'immobile; l'ingresso o l'intrusione abbiano avuto luogo con violazione del domicilio di cui all'articolo 614, primo e secondo comma, del codice penale, ovvero in ogni altro luogo ove sia esercitata un'attività commerciale, professionale o imprenditoriale.
  La modifica proposta non richiama dunque la proporzione tra difesa e offesa. La proporzione è presente invece: nel primo comma dell'articolo 52 del codice penale in via generale; nonché nel secondo comma del medesimo articolo in cui è stabilita una presunzione di sussistenza del rapporto di proporzionalità con specifico riguardo alla violazione di domicilio.
  L'articolo 2 della medesima proposta di legge C. 274 modifica l'articolo 624-bis del codice penale per inasprire le pene per il delitto di furto in abitazione. Ricordo che analoga finalità è stata perseguita anche dalla recente legge n. 103 del 2017, che ha modificato il quadro sanzionatorio del delitto.
  In particolare, per quanto riguarda il furto in abitazione, la pena della reclusione – attualmente stabilita in 3 anni nel minimo e 6 anni nel massimo – viene portata (primo comma) a 5 anni nel minimo e 8 anni nel massimo; la congiunta pena pecuniaria (attualmente da 927 a 1.500 euro) viene portata a 10.000 euro (minimo) e 20.000 euro (massimo).
  Senza modificare le pene per il delitto con strappo (secondo comma), la proposta di legge interviene sulle ipotesi aggravate dei delitti per innalzare l'attuale pena (reclusione da 4 a 10 anni e multa da 927 a 2.000 euro) nei seguenti termini: reclusione da 6 a 10 anni e multa da 20.000 a 30.000 euro (terzo comma).
  In fine, per quanto riguarda il bilanciamento delle circostanze (quarto comma), la proposta di legge consente di ritenere equivalente o prevalente alle aggravanti la sola circostanza attenuante della minore età (articolo 98 c.p.), e non anche – come previsto dalla normativa vigente – l'attenuante della collaborazione di cui all'articolo 625-bis del codice penale.
  A inasprire il quadro sanzionatorio del delitto di furto in abitazione e di furto con strappo concorrono anche gli articoli 3 e 4 della proposta di legge.
  L'articolo 3, infatti, interviene sull'articolo 165 del codice penale, per consentire l'applicazione della sospensione condizionale della pena solo quando il condannato ai sensi dell'articolo 624-bis del codice penale abbia pagato integralmente l'importo dovuto per il risarcimento del danno patito dalla persona offesa.
  L'articolo 4 interviene, in fine, sull'ordinamento penitenziario (legge n. 354 del 1975) per escludere i condannati per furto in abitazione e furto con strappo dall'applicazione dei c.d. benefici penitenziari (articolo 4-bis). In particolare, l'inserimento dell'articolo 624-bis nel catalogo di delitti dell'articolo 4-bis, comma 1, comporta che i condannati per tale delitto non potranno essere ammessi al lavoro all'esterno, non potranno beneficiare di permessi premio e in generale delle misure alternative alla detenzione, esclusa la liberazione anticipata, a meno che non collaborino con la giustizia.

  Giulia SARTI, presidente, avverte che presso la Commissione Giustizia del Senato, il 18 luglio scorso, è stato avviato l'esame dei disegni di legge S.5, di iniziativa popolare, S. 199 La Russa, S. 253 Caliendo, S. 392 Mallegni, S. 652 Romeo e S. 563 Gasparri, anch'essi vertenti sulla legittima difesa. Preannuncia che informerà quindi il Presidente della Camera dell'avvio dell'esame presso la Commissione Giustizia della Camera di proposte di legge aventi contenuto identico rispetto a quello dei disegni di legge all'esame del Senato, al fine di attivare le possibili intese con il Presidente del Senato, ai sensi dell'articolo 78 del Regolamento della Camera, e dell'articolo 51, comma 3, del Regolamento del Senato.

  Roberto CATALDI (M5S) esprime a titolo personale alcune perplessità di carattere generale con riguardo alle proposte di legge in esame, esprimendo la convinzione che il legislatore si debba limitare a Pag. 96disciplinare in linea di principio l'istituto della legittima difesa, evitando di introdurre disposizioni troppo di dettaglio. A tale proposito rammenta che la Corte costituzionale, in una recente pronuncia, in riferimento al decreto legge n. 132 del 2014, che in tema di compensazione delle spese legali aveva introdotto due ipotesi tassative, ha ritenuto tale tassatività lesiva del principio di ragionevolezza e di uguaglianza, in quanto esclude dal perimetro di applicazione del provvedimento analoghe fattispecie riconducibili alla stessa ratio giustificativa. Su tali basi, ritiene che l'assimilazione al domicilio dei soli luoghi dove si svolge un'attività commerciale, professionale o imprenditoriale prevista da una delle proposte di legge in esame, rischi di non essere esaustiva, escludendo, a titolo esemplificativo, i luoghi dove si svolge un'attività ludica dall'ambito di applicazione della norma. Sottopone pertanto tali considerazioni all'attenzione dei colleghi, ritenendo preferibile intervenire sul solo principio di proporzionalità.

  Giulia SARTI, presidente, ricorda che, nella seduta odierna, si è proceduto, come concordato, ad avviare l'esame delle proposte di legge in oggetto e che informerà il Presidente della Camera dell'avvio dell'esame presso la Commissione Giustizia della Camera di proposte di legge aventi contenuto identico rispetto a quello dei disegni di legge all'esame del Senato, al fine di attivare le possibili intese con il Presidente del Senato. Assicura che, dopo che i Presidenti delle due Camere avranno raggiunto le intese su quale ramo del Parlamento dovrà proseguire nell'esame della legittima difesa, sarà dedicato un tempo adeguato alla discussione generale.

  Ciro MASCHIO (FdI), pur consapevole del fatto che la scelta dei relatori rientra fra le prerogative del presidente della Commissione e che il gruppo di Forza Italia aveva avanzato per primo la richiesta di inserire all'ordine del giorno della Commissione la proposta di legge Gelmini C. 580 in tema di legittima difesa nell'ambito degli spazi garantiti alle forze di opposizione, auspica che, per il futuro, vengano adottate modalità diverse per la designazione dei relatori, che tengano conto anche dell'orientamento dei diversi gruppi di minoranza che abbiano presentato proposte di legge su un medesimo tema.

  Giulia SARTI, presidente, nel ribadire che la scelta dell'onorevole Zanettin quale relatore è stata determinata dal fatto che il gruppo di Forza Italia è stato il primo ad avanzare la richiesta di calendarizzare, « in quota opposizione», la proposta di legge di iniziativa della deputata Gelmini in tema di legittima difesa, ricorda che i gruppi di opposizione possono sempre provvedere all'indicazione di un relatore di minoranza ai fini dell'esame dei provvedimenti in Assemblea.

  Franco VAZIO (PD), nel sottolineare le differenti impostazioni delle proposte di legge all'esame della Commissione, auspica che si addivenga alla predisposizione di un testo unificato, al fine di garantire un'attività emendativa efficace e coerente.

  Giulia SARTI, presidente, fa presente che, solo dopo che i Presidenti delle due Camere avranno raggiunto le intese su quale ramo del Parlamento dovrà proseguire nell'esame della legittima difesa, sarà possibile definire le modalità più opportune per il prosieguo dell’iter, anche ai fini dalla predisposizione di un testo unificato. Nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

  La seduta termina alle 15.20.

UFFICIO DI PRESIDENZA INTEGRATO DAI RAPPRESENTANTI DEI GRUPPI

  L'ufficio di presidenza si è riunito dalle 15.30 alle 15.50.