CAMERA DEI DEPUTATI
Martedì 28 novembre 2017
918.
XVII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Affari costituzionali, della Presidenza del Consiglio e Interni (I)
COMUNICATO
Pag. 11

COMITATO DEI NOVE

  Martedì 28 novembre 2017.

Istituzione del Registro pubblico delle moschee e dell'Albo nazionale degli imam.
Esame emendamenti C. 2976-A Garnero Santanchè e abb.

  Il Comitato dei nove si è riunito dalle 12.25 alle 12.30.

ATTI DEL GOVERNO

  Martedì 28 novembre 2017. — Presidenza del presidente Andrea MAZZIOTTI DI CELSO. – Intervengono il sottosegretario di Stato per l'interno Gianpiero Bocci, e il sottosegretario di Stato per l'interno Domenico Manzione.

  La seduta comincia alle 12.35.

Pag. 12

Sulla pubblicità dei lavori.

  Andrea MAZZIOTTI DI CELSO, presidente, comunica che è stata avanzata la richiesta che la pubblicità dei lavori sia assicurata anche mediante l'impianto audiovisivo a circuito chiuso. Non essendovi obiezioni, ne dispone l'attivazione.

Schema di decreto legislativo recante determinazione dei collegi elettorali della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica.
Atto n. 480.
(Esame ai sensi dell'articolo 143, comma 4, del Regolamento e rinvio).

  La Commissione inizia l'esame del provvedimento.

  Andrea MAZZIOTTI DI CELSO, presidente, ricorda che la Commissione deve esprimere il proprio parere al Governo entro il 9 dicembre 2017.

  Emanuele FIANO (PD), relatore, ricorda che è stato assegnato alla I Commissione lo schema di decreto legislativo adottato in attuazione dell'articolo 3 della nuova legge elettorale (n. 165 del 2017). Come già ricordato dal presidente, la Commissione è chiamata ad esprimere il relativo parere entro il 9 dicembre 2017.
  Lo schema di decreto legislativo si compone di 5 articoli e reca la determinazione dei collegi uninominali e plurinominali per ogni circoscrizione elettorale della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica, circoscrizioni determinate dagli articoli 1 e 2 della legge n. 165 del 2017.
  Le Tabelle A.1 e A.2 e le Tabelle B.1 e B.2 allegate allo schema di decreto in esame recano l'elenco dei collegi uninominali e plurinominali con l'indicazione dei comuni ricompresi nel relativo territorio. Ciascun collegio è individuato da un codice alfanumerico e indica il nome del comune con la maggiore ampiezza demografica. I comuni il cui territorio è suddiviso in più collegi uninominali (per i collegi Camera si tratta delle città di Torino, Milano, Genova, Bologna, Firenze, Roma, Napoli, Bari e Palermo; per i collegi Senato sono le città di Torino, Milano, Genova, Roma, Napoli e Palermo), sono elencati a parte, in un'apposita sezione, con l'indicazione del territorio del relativo collegio.
  Ai fini della definizione dei collegi uninominali e plurinominali il Governo si è avvalso, come previsto dall'articolo 3, comma 3, della legge n. 165 del 2017, del supporto tecnico di una Commissione di esperti, presieduta dal Presidente dell'ISTAT, che – come riportato nella relazione illustrativa – ha formulato una proposta motivata di definizione di tutti i collegi elettorali trasmessa al Governo il 22 novembre 2017. Nella relazione si evidenzia che le soluzioni prescelte sono state valutate dal Governo «e, pur avendo individuato in alcune di esse alcuni elementi che si prestano a valutazione diversa da quella effettuata dalla Commissione, ha ritenuto comunque di sottoporre all'esame parlamentare la determinazione dei collegi elettorali che discende dalla proposta della Commissione e su questa base è stato predisposto il presente decreto legislativo». Nel dettaglio delle questioni poste in evidenza dal Governo si soffermerà in chiusura della sua relazione, dopo l'illustrazione del contenuto del provvedimento.
  Quanto alla procedura per l'espressione del parere parlamentare, ricorda altresì che la disposizione di delega prevede che, qualora il decreto legislativo non sia conforme al parere parlamentare, il Governo, contemporaneamente alla pubblicazione del decreto, deve inviare alle Camere una relazione contenente adeguata motivazione. È altresì specificato che in caso di mancata espressione del parere delle Commissioni parlamentari nel termine previsto di 15 giorni, il decreto legislativo può comunque essere emanato. Tornando al contenuto dello schema di decreto, ricorda che l'articolo 3 specifica che nel caso in cui vengano istituiti nuovi comuni mediante fusione o distacco territoriale di Pag. 13comuni preesistenti ed i comuni di origine facciano parte di più collegi uninominali o plurinominali il comune di nuova istituzione si intende assegnato al collegio uninominale o plurinominale nel cui ambito originario insisteva il maggior numero di popolazione residente ora confluita nel nuovo comune. La disposizione è dunque volta ad evitare incertezze applicative nel caso di mutamento delle circoscrizioni territoriali dei comuni stabilendo il criterio del collegio dove vi è il maggior numero della popolazione residente.
  Ricorda, in proposito, che la modifica delle circoscrizioni territoriali dei comuni, compresa la creazione di nuovi comuni, è prevista dall'articolo 133, primo comma, della Costituzione che ne attribuisce la competenza alle regioni, sentite le popolazioni interessate. L'istituzione di un nuovo comune avviene mediante: fusione tra due o più comuni; costituzione in un comune autonomo di due o più frazioni o borgate appartenenti allo stesso comune o a comuni diversi che si distaccano dal comune di origine; incorporazione di uno o più comuni in altro comune contiguo.
  Lo schema di decreto reca inoltre una disposizione – analoga a quanto previsto dal decreto legislativo n. 122 del 2015 e dal decreto legislativo n. 535 del 1993 – volta a precisare che le sezioni elettorali che interessano più collegi uninominali o plurinominali si intendono assegnate al collegio uninominale o plurinominale nella cui circoscrizione ha sede l'ufficio elettorale di sezione.
  Il provvedimento in esame dispone infine, all'articolo 4, l'abrogazione del decreto legislativo n. 122 del 2015 recante la determinazione dei collegi plurinominali della Camera dei deputati adottato in attuazione della legge n. 52 del 2015 (cosiddetto Italicum). È inoltre prevista la clausola di invarianza finanziaria degli oneri derivanti dal provvedimento (articolo 5).
  Riprendendo l'illustrazione del contenuto degli articoli 1 e 2, ricorda che lo schema di decreto legislativo reca la determinazione, per l'elezione alla Camera dei deputati, di 231 collegi uninominali, cui si aggiunge un collegio in Valle d'Aosta e di 63 collegi plurinominali; per l'elezione al Senato della Repubblica di 115 collegi uninominali, cui si aggiunge un collegio in Valle d'Aosta e di 34 collegi plurinominali al Senato della Repubblica.
  Com’è noto, la legge elettorale n. 165 del 2017 ha definito il numero dei collegi uninominali rimettendo al decreto delegato la determinazione e l'individuazione del numero dei collegi plurinominali sulla base dei criteri di delega.
  Per quanto riguarda la determinazione dei collegi uninominali della Camera, sulla base dei principi e criteri direttivi recati dalla disposizione di delega, nelle circoscrizioni dove il numero dei collegi uninominali da costituire è rimasto invariato rispetto a quello previsto dal decreto legislativo n. 535 del 1993 e i collegi uninominali ivi previsti rientrano nelle soglie di popolazione previste dalla disposizione di delega (più o meno 20 per cento), i collegi uninominali individuati dal provvedimento sono i medesimi del suddetto decreto legislativo n. 535 del 1993. Nel caso della circoscrizione Sicilia 2, rispetto ai collegi Senato del 1993, sono state apportate talune modifiche, riconducendo il territorio del comune di Catania entro un unico collegio e riunendo tutti i comuni della città metropolitana di Messina. Nelle circoscrizioni dove il numero dei collegi uninominali della Camera è differente rispetto al riparto del 1993 (ovvero Lombardia 2, Lombardia 3, Veneto 1, Veneto 2, Emilia-Romagna, che acquistano seggi; Umbria, Basilicata e Sicilia 1 che perdono seggi) è stato necessario, come evidenziato nella relazione illustrativa, procedere nel modo seguente: per Lombardia 2, Lombardia 3, Veneto 1, Veneto 2, procedere alla costituzione di un ulteriore collegio per ciascuna; per la circoscrizione Emilia Romagna procedere alla costituzione di ulteriori due collegi; per le circoscrizioni Umbria e Basilicata riassorbire, rispettivamente due e tre collegi e, per la circoscrizione Sicilia 1, un collegio uninominale. Nel caso, infine, in cui il numero dei collegi uninominali è rimasto il medesimo ma, sulla base dei dati della popolazione Pag. 14risultanti dal censimento 2011, la popolazione di uno o più collegi supera la soglia del 20 per cento, per eccesso o per difetto, sono state apportate modificazioni territoriali rispetto ai collegi del 1993.
  A sua volta, la determinazione dei collegi uninominali del Senato si fonda, in linea generale e ove possibile, sul criterio dell'accorpamento dei collegi uninominali già definiti sul territorio regionale per la Camera. Nella relazione illustrativa si evidenzia che tale metodo è stato ispirato dall'opportunità di assicurare la coerenza tra i bacini elettorali per l'elezione della Camera dei deputati e del Senato.
  In alcune circoscrizioni regionali, nell'accorpamento di più collegi Camera per la determinazione dei collegi del Senato, sono state apportate alcune variazioni territoriali.
  Come ricordato anche nella relazione illustrativa, ciò è avvenuto, in particolare, per la Toscana, dove per i collegi uninominali del Senato è stata aggiornata la geografia dei collegi del 1993 al fine di compattare alcune province con interventi modificativi che riguardano 14 comuni; per la Sicilia, dove i collegi uninominali del Senato accorpano collegi uninominali Camera salvo una modifica apportata nell'area tra il collegio di Catania e quello di Avola; per le Marche, dove nel processo di aggregazione dei collegi uninominali della Camera per la costituzione di quelli uninominali del Senato, sono state introdotte dalla Commissione tecnica modifiche «tenendo conto anche della struttura territoriale dei sistemi locali».
  Ciascun collegio plurinominale è stato determinato in modo che, sulla base della popolazione risultante dall'ultimo censimento (anno 2011) e detratto il numero di collegi uninominali definiti dallo schema di decreto legislativo per ogni circoscrizione elettorale, risulta attribuito un numero di seggi che rientra, in tutti i casi, nelle prescrizioni della legge (minimo di 3 e massimo 8 seggi per la Camera e minimo 2 e massimo 8 per il Senato). Resta fermo che la determinazione del numero definitivo dei seggi da attribuire a ciascuna circoscrizione e ad ogni collegio plurinominale spetta ad un decreto del Presidente della Repubblica, da adottare in concomitanza con la convocazione dei comizi elettorali.
  Poiché il numero dei collegi plurinominali non è definito ex lege, nella relazione illustrativa si richiama il procedimento seguito: è stato individuato preliminarmente il numero complessivo di seggi da attribuire ad ogni circoscrizione elettorale, ripercorrendo il procedimento seguito per i collegi uninominali. In questo ambito si è tenuto conto delle prescrizioni di delega relative all'esclusione della circoscrizione Valle d'Aosta/Vallée d'Aoste, all'attribuzione al Molise di un seggio con metodo proporzionale e della costituzione in unico collegio plurinominale delle circoscrizioni Trentino-Alto Adige/Südtirol, Umbria, Molise e Basilicata. La differenza tra i seggi totali e i seggi (dei collegi) uninominali ha portato all'individuazione del numero di seggi totali da attribuire nei collegi plurinominali di ogni circoscrizione elettorale. I collegi plurinominali sono stati definiti tenendo conto che, ai sensi della norma di delega: il numero di seggi proporzionali ad essi assegnato deve essere compreso tra 3 e 8, minimizzando il numero di collegi plurinominali nei quali è assegnato un numero di seggi proporzionali inferiore a 6; la popolazione di ciascun collegio deve essere coerente con il rispetto delle soglie superiori (+20 per cento) e inferiori di variazione rispetto alla media stabilite dalla norma di delega (-20 per cento).
  Nella relazione illustrativa si evidenzia in particolare che non risulta univocamente determinato il numero di collegi plurinominali per le restanti circoscrizioni: Piemonte 1, Piemonte 2, Lombardia 1, Lombardia 2, Lombardia 3, Lombardia 4, Liguria, Veneto 1, Veneto 2, Emilia-Romagna, Toscana, Marche, Lazio 1, Lazio 2, Abruzzo, Campania 1, Campania 2, Puglia, Calabria, Sicilia 1, Sicilia 2, Sardegna.
  Come già ricordato, nella relazione illustrativa si richiamano inoltre alcuni casi – su cui si soffermerà in seguito – in cui, rispetto alla proposta della Commissione Pag. 15di esperti ed al contenuto dello schema di decreto legislativo, è richiesta una rinnovata valutazione nella determinazione dei collegi plurinominali. In tale ambito, relativamente al richiamato criterio di delega che dispone che tendenzialmente deve risultare minimo il numero di collegi plurinominali nei quali è assegnato un numero di seggi inferiore al valore medio (inteso, tale valore, come corrispondente a 6 seggi alla Camera e a 5 seggi al Senato) dai collegi plurinominali definiti dal provvedimento in esame si determinano i seguenti risultati. Per la Camera è previsto un solo collegio plurinominale cui risulta attribuito un solo seggio (nella circoscrizione Molise dove sono determinati ex lege 2 collegi uninominali ed è costituito un collegio plurinominale per l'assegnazione del restante seggio attribuito alla circoscrizione); sono previsti 3 collegi plurinominali cui risultano attribuiti 4 seggi (nelle circoscrizioni Abruzzo, Sicilia 1 e in Basilicata dove è costituito un unico collegio plurinominale); sono previsti 13 collegi plurinominali cui risultano attribuiti 5 seggi (in 2 collegi nelle circoscrizioni Liguria, Toscana, Marche e Sicilia 2 e in 1 collegio in ciascuna delle seguenti circoscrizioni: Abruzzo, Campania 2, Sardegna, Lombardia 4 e Trentino-Alto Adige); tutti gli altri collegi plurinominali sono determinati in modo che a ciascuno spettino 6 seggi (23 collegi), 7 seggi (14 collegi), 8 seggi (9 collegi).
  Per il Senato sono previsti due collegi plurinominali cui risulta attribuito un solo seggio (nella circoscrizione Molise, dove è costituito un collegio uninominale e sono attribuiti in tutto 2 seggi e nella circoscrizione Trentino-Alto Adige dove sono costituiti 6 collegi uninominali ex lege e sono attribuiti in tutto 7 seggi); sono previsti 12 collegi plurinominali cui risultano attribuiti 5 seggi (nelle circoscrizioni Lombardia, Friuli-Venezia Giulia, Liguria, Toscana, Umbria, Marche, Lazio, Abruzzo, Campania, Sicilia e Sardegna); sono previsti 11 collegi plurinominali cui risultano attribuiti 6 seggi (nelle circoscrizioni Lombardia, 2 collegi, Emilia-Romagna, Toscana, Lazio, Campania, Puglia, 2 collegi, Basilicata, Calabria, Sicilia); sono previsti 7 collegi plurinominali cui risultano attribuiti 7 seggi (nelle circoscrizioni Piemonte (2 collegi), Lombardia (2 collegi), Veneto, Lazio, Campania); sono previsti 2 collegi plurinominali cui risultano attribuiti 8 seggi (nelle circoscrizioni Veneto e Emilia-Romagna).
  Tutti i collegi plurinominali della Camera e del Senato sono quindi determinati in modo che – come prescritto dal criterio di delega – in nessun caso sia superato il numero massimo di 8 seggi spettanti a ciascun collegio; in alcuni casi, in cui erano assegnati alla circoscrizione 9 seggi, come per l'Abruzzo, è stata adottata la soluzione che prevede una numerosità inferiore al valore medio.
  I collegi plurinominali – sia della Camera sia del Senato – derivano dall'accorpamento di uno o più collegi uninominali. La disposizione di delega prevede infatti che «con esclusione della circoscrizione Valle d'Aosta/Vallée d'Aoste, in ciascuna delle altre circoscrizioni del territorio nazionale sono costituiti collegi plurinominali formati dall'aggregazione di collegi uninominali contigui». La popolazione di ciascun collegio uninominale e di ciascun collegio plurinominale non si scosta dalla media della popolazione, rispettivamente, dei collegi uninominali e plurinominali della circoscrizione di più del 20 per cento in eccesso o in difetto in conformità con le prescrizioni della delega. Ai fini del calcolo dell'intervallo di popolazione residente nei collegi per ciascuna circoscrizione è stata utilizzata – secondo quanto evidenziato anche nella relazione illustrativa – la popolazione legale rilevata al 15o Censimento generale della popolazione e delle abitazioni del 9 ottobre 2011.
  Come previsto dalla disposizione di delega, i collegi uninominali e plurinominali – sia della Camera sia del Senato – sono inoltre il risultato di aggregazioni di territori con una parte di perimetro in comune, ai fini della continuità del territorio di ciascun collegio salvo il caso in cui il territorio stesso comprenda porzioni insulari. Sono altresì fatti salvi i casi di Pag. 16enclave o exclave attualmente già presenti nei territori comunali e provinciali. I casi in cui i collegi uninominali e i collegi plurinominali dividono il territorio comunale riguardano i soli comuni che, per le loro dimensioni demografiche, come previsto dalla legge di delega, comprendono al loro interno più collegi: per i collegi Camera si tratta delle città di Torino, Milano, Genova, Bologna, Firenze, Roma, Napoli, Bari e Palermo; per i collegi Senato sono le città di Torino, Milano, Genova, Roma, Napoli e Palermo.
  Relativamente agli altri criteri di delega (coerenza del bacino territoriale, tenendo conto delle unità amministrative, ove necessario, dei sistemi locali e, di norma, omogeneità sotto gli aspetti economico-sociale e delle caratteristiche storico-culturali) nella relazione illustrativa si evidenzia che, sulla base del quadro complessivo risultante dalle previsioni della disposizione di delega, la definizione dei collegi uninominali e plurinominali è stata effettuata, nell'ambito del lavoro della Commissione tecnica, – «anche negli interventi di riporto in soglia, di individuazione di nuovi collegi o di assorbimento di collegi in eccedenza – assicurando la coerenza del bacino territoriale di ciascun collegio, tenendo conto della geografia amministrativa su cui insistono i collegi, talora, ove necessario, anche dei sistemi locali. Si è tenuto conto dell'omogeneità economico sociale e delle caratteristiche storico-culturali».
  Relativamente ai criteri di delega riguardanti la definizione dei collegi nei territori in cui sono presenti minoranze linguistiche riconosciute, nella relazione illustrativa si fa presente, adottando il lavoro della Commissione tecnica, di aver «tenuto conto del criterio di delega che, per il Friuli-Venezia Giulia, prevede che uno dei collegi uninominali sia costituito in modo da favorire l'accesso alla rappresentanza dei candidati che siano espressione della minoranza linguistica slovena, ai sensi dell'articolo 26 della legge 23 febbraio 2001, n. 38».
  Infine, come già ricordato, nella relazione illustrativa si richiamano alcuni dei casi in cui gli interventi della Commissione di esperti hanno avuto, alla base, «uno spiccato carattere valutativo nel cui ambito sarebbe stata possibile una diversa considerazione, ad esempio, del criterio di delega che porta a tenere in conto le unità amministrative del territorio su cui disegnare i collegi». Nella relazione si richiama, a titolo esemplificativo, il caso in cui, per il riporto in soglia del collegio di Civitavecchia, la Commissione ha previsto lo spostamento di un comune della città metropolitana di Roma Capitale nella provincia di Viterbo, in quanto appartenente a un parco regionale. Per evitare la lesione dell'integrità di entrambe le unità amministrative richiamate, il riporto in soglia del collegio di Civitavecchia avrebbe potuto essere effettuato spostando invece – riportandoli così nella loro naturale sede amministrativa e organizzativa – alcuni comuni della provincia di Viterbo ricadenti nel collegio di Civitavecchia nel collegio della loro provincia. Quindi, in tale caso, avrebbe potuto essere realizzato un adattamento che avrebbe consentito un miglioramento del livello di integrità delle aree vaste. Si evidenzia poi che «considerazioni in parte analoghe, dal punto di vista dell'integrità delle aree vaste, possono essere svolte, per quanto riguarda la determinazione dei collegi plurinominali della Camera nella circoscrizione Toscana, in cui l'aggregazione dei collegi uninominali è stata effettuata accorpando collegi di province diverse, come Prato e Firenze, separando collegi appartenenti alla stessa città metropolitana come Empoli, pur in presenza della possibilità di realizzare aggregazioni più rispettose del criterio oggettivo delle unità amministrative. Inoltre, si constata che la Commissione, per la determinazione dei collegi uninominali del Senato, ha adottato il metodo di utilizzare i collegi uninominali della Camera come previamente determinati in base ai collegi uninominali del 1993. Tale metodo è stato ispirato dall'opportunità di assicurare la coerenza tra i bacini elettorali per l'elezione della Camera dei deputati e del Senato. In proposito, si nota che nella circoscrizione Toscana tale metodo è stato Pag. 17però derogato portando ad un risultato di non omogeneità dei due bacini elettorali. Infatti, per i collegi uninominali del Senato, sono stati utilizzati i collegi uninominali della Camera, nei quali sono state introdotte modifiche ritenute dalla Commissione necessarie per garantire la compattezza provinciale. Tuttavia, le stesse modifiche non sono state apportate ai collegi uninominali per l'elezione della Camera».
  Considerazioni più generali sono state poste nella relazione per le seguenti circoscrizioni elettorali: «La proposta della Commissione di esperti in merito ai collegi plurinominali del Senato della Sicilia richiede senz'altro una rinnovata valutazione: di fronte alla previsione di un collegio plurinominale di conformazione tale da toccare tutti i mari da cui l'isola è bagnata appare meritevole di attenzione, invece, una soluzione che diminuisca il numero dei collegi a vantaggio di una loro maggiore compattezza, ispirandosi alle due circoscrizioni elettorali della Camera dei deputati. Per quanto riguarda l'Umbria, regione che vede la necessità di ridurre il numero dei collegi uninominali da cinque a tre, e in tal senso il ridisegno dei nuovi collegi è risultato particolarmente complesso, non essendo possibile prendere come riferimento i collegi del Senato del 1993, si potrebbe ragionevolmente ponderare nuovamente la soluzione adottata dalla Commissione anche prendendo in considerazione ulteriori profili sociali e demografici. Per quanto riguarda le Marche, anche in questo caso potrebbe essere plausibile intervenire per trovare una formula univoca tra la soluzione adottata per la Camera dei deputati e il Senato della Repubblica nella determinazione dei collegi uninominali, sperimentando altre soluzioni ovvero procedendo con un'opera di armonizzazione. Per quanto concerne le altre regioni, infine, anche se risulta certamente condivisibile lo sforzo di rispettare la soluzione «di norma» di partire dai collegi uninominali 1993, potrebbe essere considerata la possibilità di valutare dei leggeri aggiustamenti in modo da far coincidere la determinazione dei nuovi collegi con le realtà amministrative attualmente vigenti».

  Pino PISICCHIO (Misto) ringrazia il relatore per il complesso lavoro svolto e per l'esaustiva relazione. Desidera ricordare che dal 1818 per riferirsi alla manipolazione del disegno dei collegi territoriali si usa il termine inglese gerrymandering che risale al senatore americano Gerry che ritagliò in modo a lui conveniente la mappa del suo collegio tanto da far esclamare a un giornalista che la medesima mappa assomigliava a una salamandra, in inglese salamander. Osserva con favore che il lavoro all'esame della Commissione non si presta a tale definizione, forse perché affidato a soggetti estranei al dibattito politico. È un disegno di collegi fatto con criteri oggettivi, anche se in alcuni casi, compresa la sua regione, la Puglia, alcuni comuni storicamente rientranti in un collegio sono stati inseriti in un altro. Si tratta quindi di un buon impianto che può essere migliorato dal lavoro della Commissione.

  Andrea CECCONI (M5S), nel far notare al deputato Pisicchio che i collegi della regione Puglia sono gli stessi del Mattarellum e non hanno richiesto particolari aggiustamenti, nel riservarsi di svolgere ulteriori osservazioni nel corso dell’iter del provvedimento, chiede chiarimenti in ordine al rapporto tra collegi uninominali e plurinominali individuato per il Senato in Basilicata. Fermo restando il limite di 7 seggi, costituzionalmente definito, ritiene che il rapporto di uno a 6 sia sproporzionato, facendo notare che sarebbe stato preferibile assegnare 2 seggi al collegio uninominale e 5 ai collegi plurinominali.

  Francesco Paolo SISTO (FI-PdL), anche alla luce della relazione svolta dal deputato Fiano, ritiene indispensabile che la Commissione svolga alcune audizioni. In particolare ritiene utile sentire non solamente il Presidente dell'ISTAT, in qualità di Presidente della Commissione tecnica che ha lavorato alla definizione dei collegi Pag. 18elettorali, ma l'intera Commissione. A tal fine comunica la disponibilità del suo gruppo, nell'eventualità che il Governo ponga la fiducia sul decreto fiscale, a una deroga che permetta alla Commissione di lavorare anche nella giornata di domani.

  Alfredo D'ATTORRE (MDP) chiede alla presidenza che sia messa a disposizione della Commissione la documentazione necessaria per approfondire i criteri seguiti per la definizione dei collegi.

  Andrea MAZZIOTTI DI CELSO, presidente, in risposta ai deputati Sisto e D'Attorre, osserva che le questioni da loro poste saranno esaminate nell'ambito dell'ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi, già convocato nella giornata odierna.
  Nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia quindi il seguito dell'esame ad altra seduta.

Schema di decreto del Presidente della Repubblica concernente modifiche al regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 1o agosto 2006, n. 256, recante riorganizzazione dell'Istituto superiore di polizia.
Atto n. 473.
(Seguito esame ai sensi dell'articolo 143, comma 4, del Regolamento e rinvio).

  La Commissione prosegue l'esame del provvedimento, rinviato, da ultimo, nella seduta del 21 novembre 2017.

   Andrea MAZZIOTTI DI CELSO, presidente, nessuno chiedendo di intervenire, rinvia quindi il seguito dell'esame ad altra seduta.

  La seduta termina alle 13.15.

SEDE REFERENTE

  Martedì 28 novembre 2017. — Presidenza del presidente Andrea MAZZIOTTI DI CELSO. – Interviene il sottosegretario di Stato per l'interno, Gianpiero Bocci.

  La seduta comincia alle 13.15.

Sulla pubblicità dei lavori.

  Andrea MAZZIOTTI DI CELSO, presidente, comunica che è stata avanzata la richiesta che la pubblicità dei lavori sia assicurata anche mediante l'impianto audiovisivo a circuito chiuso. Non essendovi obiezioni, ne dispone l'attivazione.

Modifiche al testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267.
Testo unificato C. 184 Pisicchio, C. 230 Peluffo, C. 666 Oliverio, C. 742 Francesco Sanna, C. 1029 Rigoni, C. 1200 Caon, C. 2289 Laffranco, C. 4002 Parisi e C. 4188 Menorello.

(Seguito dell'esame e rinvio).

  La Commissione prosegue l'esame del provvedimento, rinviato, da ultimo, nella seduta del 22 novembre 2017.

  Andrea MAZZIOTTI DI CELSO, presidente, ricorda che la Commissione ha iniziato l'esame degli emendamenti nel corso della scorsa seduta.

   Massimo PARISI (SC-ALA CLP-MAIE), relatore, desidera replicare ai contributi di rilevante interesse portati dai deputati che sono intervenuti nella scorsa seduta sugli emendamenti riferiti all'articolo 1 e, in generale, sul provvedimento. Concorda con il deputato D'Attorre sull'importanza della questione del calo della partecipazione al voto. A tal proposito sottolinea che la ratio della sua proposta e del testo unificato in esame non è una torsione del sistema elettorale in chiave maggioritaria, ma bensì una questione di legittimazione fondata proprio sul calo di partecipazione. Infatti nell'ultima tornata di elezioni amministrative, in ben otto casi al ballottaggio ha vinto un candidato con un numero Pag. 19di voti minore di quelli ottenuti dal suo antagonista al primo turno. Ricorda i casi di L'Aquila, Lecce, Arezzo e Perugia. La sua proposta di assegnare un premio con il 40 per cento dei voti validi e di eliminare il ballottaggio nasce dalla presa d'atto che il calo di partecipazione è un dato ormai consolidato. Obietta al deputato D'Attorre che il 20 per cento dell'elettorato con il quale potrebbe essere legittimato il vincitore con questo sistema elettorale non si discosta dal potenziale 25 per cento del sistema vigente. Inoltre il sistema proposto dal testo unificato potrebbe spingere le forze politiche a un comportamento virtuoso e a unirsi in coalizione. Fa infine presente al deputato Giorgis che se è vero che il testo unificato incide sul ballottaggio, è altrettanto vero che si occupa di altre questioni come la cosiddetta «anatra zoppa» o le firme per la presentazione delle liste.
  Conferma i pareri sulle proposte emendative riferite all'articolo 1 già resi nella seduta precedente.

  Ignazio LA RUSSA (FdI-AN) annuncia sin da ora il voto favorevole del suo gruppo sul provvedimento.

  Emanuele FIANO (PD) chiede al deputato Sisto di chiarire la posizione del suo gruppo rispetto all'impianto del provvedimento in esame, a fronte del contenuto dell'emendamento Sisto 1.3, identico agli emendamenti Roberta Agostini 1.1 e Marcon 1.2, che mira a sopprimere l'articolo 1, mettendo in discussione i presupposti essenziali della proposta.

  Francesco Paolo SISTO (FI-PdL) fa notare che il suo gruppo ha presentato proposte emendative volte a migliorare il testo, intendendo mantenere una posizione flessibile, anche in base alle modalità di articolazione del dibattito, senza manifestare alcuna preclusione di sorta.

  Andrea GIORGIS (PD) chiede al relatore di illustrare più dettagliatamente le sue considerazioni relative alle obiezioni da lui sollevate nella seduta precedente. Ribadisce che il sistema per l'elezione diretta dei sindaci e, di conseguenza, del Consiglio comunale, non può essere paragonato a quello per l'elezione delle Assemblee legislative. È diversa anche la valutazione sul ballottaggio, con il quale il sindaco è legittimato dalla maggioranza del corpo elettorale. Non comprende, quindi, a livello sistemico la ratio del testo in esame che, di fatto, impedisce agli elettori che hanno visto perdente il loro candidato al primo turno, di esprimere una seconda scelta al ballottaggio, contribuendo ad estendere la base sociale di legittimazione del candidato chiamato a ricoprire la carica di sindaco. Una carica istituzionale che altrimenti sarebbe fragile e poco autorevole. Per queste ragioni ribadisce le sue perplessità, anche in relazione alla posizione del suo gruppo e chiede un maggiore approfondimento delle questioni poste dal testo in esame, sul quale, al momento, la sua posizione è contraria. Non comprende, infatti, l'esigenza di portare all'esame dell'Assemblea in tempi stretti una questione così delicata come quella del sistema elettorale per i Comuni con una proposta che, a fine legislatura, non avrebbe alcuna possibilità di essere approvata. A tal proposito si domanda se non ci sia l'intento di approvare in tempi brevissimi il provvedimento, anche attraverso l'utilizzo dello strumento della questione di fiducia da parte del Governo, cosa ovviamente da lui non auspicata.

  Alfredo D'ATTORRE (MDP) fa notare che il dibattito odierno dimostra come sia necessaria una riflessione ulteriore tra i gruppi sul delicato tema in discussione. Entrando più nel merito delle questioni, ritiene che l'abbassamento della soglia prevista per favorire l'elezione del sindaco al primo turno sia sbagliata, incidendo negativamente sulla legittimazione del candidato, che sarebbe eletto da una minoranza. Ritiene che il ballottaggio – sul quale, a suo avviso, non possono valere le medesime considerazioni svolte in occasione della discussione sulla legge elettorale per le elezioni politiche – consenta Pag. 20invece nella tornata elettorale amministrativa a tutti gli elettori di esprimersi compiutamente. Facendo notare che non sarebbe giusto affrontare certe tematiche in prossimità della fine della legislatura, suggerisce, dunque, di espungere dal testo l'articolo 1, dichiarando la disponibilità del suo gruppo a confrontarsi sugli altri aspetti, riguardanti, in particolare, la questione della cosiddetta «anatra zoppa», delle soglie di sbarramento, delle firme, dell'abbassamento del limite minimo di abitanti per lo svolgimento del doppio turno.

  Giovanni CUPERLO (PD) concorda con le osservazioni fatte dai deputati Giorgis e D'Attorre. Ritine infatti che il sistema per le elezioni comunali vigente dal 1993 ha consentito in modo positivo una buona tenuta istituzionale. Desidera far presente al relatore che la questione da lui posta del numero di voti presi al ballottaggio dal candidato vincitore inferiore a quelli presi dal suo antagonista al primo turno, nasce con le elezioni comunali di Bologna del 1999. In quel caso risultò vincitore al ballottaggio il candidato del centrodestra, Giorgio Guzzaloca, con un numero di voti inferiore a quelli presi al primo turno dalla candidata del centrosinistra, Silvia Bartolini. In quell'occasione, anche se il centrosinistra aveva perso per la prima volta il governo di una città simbolo, considerata una sua roccaforte, non fu invocato il cambio del sistema elettorale e l'eliminazione del ballottaggio.

  Andrea MAZZIOTTI DI CELSO, presidente, constata l'assenza dei presentatori dell'emendamento Marcon 1.2; s'intende che vi abbiano rinunciato.

  La Commissione respinge gli identici emendamenti Roberta Agostini 1.1 e Sisto 1.3.

  Andrea CECCONI (M5S) illustrando il suo emendamento 1.4, fa notare che appare necessario rendere omogeneo il sistema di elezione per tutti i comuni, con popolazione superiore o inferiore ai 15 mila abitanti, per evitare che vi siano diverse forme diverse di democrazia, con cittadini di serie a e di serie b. Ritiene poi sterile discutere in questo contesto di legittimazione popolare, osservando che appare prioritario piuttosto agire sulle vere distorsioni delle elezioni amministrative, a fronte di un sistema di elezione diretto, nel quale il governo è sostanzialmente nella mani del sindaco e della Giunta e al Consiglio spettano meri poteri di controllo. Fa presente che, a garanzia di una maggiore autonomia del sindaco e della sua Giunta, le proposte di modifica del suo gruppo si concentrano, dunque, sulla eliminazione del voto disgiunto – che, a suo avviso, in ambito locale, assume una valenza diversa da quella rivestita nelle elezioni politiche – nonché sul contrasto alla frammentazione politica, che si sostanzia nella presentazione di un esagerato numero liste. Osserva che, con tali modifiche, il suo gruppo potrebbe anche condividere l'abbassamento della soglia previsto dal testo per l'elezione del sindaco al primo turno.

  Emanuele FIANO (PD) ritiene sorprendente la posizione espressa dal deputato Cecconi sul voto disgiunto, che non è coerente con quella tenuta dal gruppo del Movimento 5 Stelle in occasione dell'esame della legge elettorale. Ritiene inoltre sbagliata l'eliminazione del voto disgiunto medesima. In quanto alle osservazioni espresse in precedenza dai deputati Giorgis, Cuperlo e D'Attorre, ricorda la posizione favorevole sul provvedimento espressa in audizione dal rappresentante dall'ANCI, il sindaco di Pesaro, Matteo Ricci. Osserva inoltre che un'analisi dell'andamento della partecipazione al voto alle Comunali dal 1993, anno d'entrata in vigore dell'elezione diretta del Sindaco, fino al 2008 rileva un calo dell'8 per cento, più alto di quello della partecipazione alle elezioni politiche che è del 7 per cento.

  Alfredo D'ATTORRE (MDP), dichiarandosi sorpreso dalla posizione di contrarietà al voto disgiunto espressa dal gruppo del M5S, osserva che tale strumento si Pag. 21pone in realtà a garanzia della libertà di scelta dell'elettore. Richiamando alcune posizioni espresse dai gruppi del PD e del M5S, ritiene non sia corretto mutare orientamento a seconda delle proprie convenienze elettorali. Ritiene opportuno che la maggioranza chiarisca il proprio orientamento sul presente provvedimento, auspicando che non vi siano forzature parlamentari durante l’iter di esame in Assemblea.

  Andrea CECCONI (M5S) osserva che la differenza tra elezioni politiche e comunali è che, nel primo caso, i cittadini scelgono i loro rappresentati in Parlamento, nel secondo il loro amministratore. Da qui l'esigenza sottesa agli emendamenti presentati dal suo gruppo che prevedono una sola lista senza voto disgiunto, per mettere in condizione il sindaco di svolgere con una maggioranza adeguata il proprio compito di amministratore, ben diverso da quello dei parlamentari. È quindi la valutazione dei cittadini relativa alle due elezioni che è differente.

  Francesco Paolo SISTO (FI-PdL), alla luce delle diversità di vedute espresse nel presente dibattito, ritiene opportuna una pausa di riflessione, al fine di approfondire le questioni più problematiche. Non comprenderebbe forzature parlamentari tese all'approvazione di un provvedimento così delicato, in prossimità della scadenza della legislatura, senza che vi sia un più adeguato confronto tra i gruppi.

  Emanuele FIANO (PD) desidera ripercorrere la storia del provvedimento in esame che è iscritto nel calendario dei lavori in Assemblea in quota opposizione. È una questione sulla quale non incide la volontà della maggioranza o il ruolo del Presidente della Commissione. Fa presente fin d'ora che si opporrà ad una eventuale decisione di porre la fiducia sul testo in esame, ma ritiene che la contrarietà al provvedimento non debba significare contrarietà al diritto di una forza di opposizione a veder discusso un proprio provvedimento in Assemblea. Per quanto riguarda la tempistica dell'esame, ricorda al deputato Sisto che il provvedimento è all'attenzione della Commissione da molto tempo, come per molto tempo è stata all'esame della Commissione la proposta di legge a prima firma Garnero Santanchè di cui il gruppo di Forza Italia ha legittimamente sollecitato la conclusione dell'esame.

  Massimo PARISI (SC-ALA CLP-MAIE), relatore, fa notare che il presente provvedimento pende in Commissione da diverso tempo, osservando che i gruppi hanno avuto ampie possibilità per approfondire le questioni. Ricorda peraltro che il testo proposto è volto proprio a cercare un consenso più ampio, rendendo più efficace il sistema di elezione vigente, non sussistendo alcun malcelato obiettivo di perseguire tornaconti elettorali. Ritiene importante, dunque, che si giunga quantomeno all'esame di tale provvedimento, calendarizzato in quota opposizione, in Assemblea, dove potrà utilmente proseguire la discussione. Ricordato che il Governo si è rimesso alle valutazioni della Commissione, fa presente che su tale testo l'ANCI ha manifestato un orientamento favorevole e che taluni gruppi, come quello del M5S, hanno manifestato ampie disponibilità al confronto.

  Alfredo D'ATTORRE (MDP) ribadisce che sul provvedimento in esame o si vuole fare una forzatura circa i tempi di esame in Assemblea o, in alternativa, è in corso una discussione meramente accademica. Ribadisce altresì la richiesta di stralciare il punto più controverso e di trovare un'intesa sulle altre questioni oggetto del testo in esame. Sulla questione di fiducia, ricorda che, anche in occasione della legge elettorale recentemente approvata, la maggioranza si era impegnata a non porla.

  Francesco Paolo SISTO (FI-PdL), nel segno della chiarezza e della franchezza che hanno sempre caratterizzato il lavoro della Commissione, osserva che il gruppo di cui fa parte il relatore al Senato sostiene la maggioranza e, quindi, non si può Pag. 22parlare di gruppo di opposizione. Si dice preoccupato dall'atteggiamento del gruppo del Partito Democratico su una questione decisiva sul piano democratico e invita a trovare un'intesa prima dell'esame in Assemblea per non rischiare di trovarsi di fronte a sorprese non auspicabili.

  La Commissione, con distinte votazioni, respinge gli emendamenti Cecconi 1.4, 1.5 e 1.6. e passa ad esaminare le proposte emendative riferite all'articolo 2.

  Massimo PARISI (SC-ALA CLP-MAIE) relatore, esprime parere contrario sull'emendamento Marcon 2.2 e parere favorevole sull'emendamento Marcon 2.3. Invita al ritiro, altrimenti esprime parere contrario, sull'emendamento Fabbri 2.4, e sugli identici emendamenti Sisto 2.5 e Fabbri 2.6, in quanto risulterebbero assorbiti dall'eventuale approvazione dell'emendamento Marcon 2.3. Esprime parere contrario sugli emendamenti Marcon 2.7 e Russo 2.9.

  Il sottosegretario Gianpiero BOCCI si rimette alla Commissione.

  Lara RICCIATTI (MDP) sottoscrive gli emendamenti Marcon 2.2, 2.3 e 2.7.

  La Commissione, con distinte votazioni, respinge l'emendamento Marcon 2.2 e approva l'emendamento Marcon 2.3 (vedi allegato).

  Andrea MAZZIOTTI DI CELSO, presidente, avverte che, in seguito all'approvazione dell'emendamento Marcon 2.3, sono assorbiti l'emendamento Fabbri 2.4 e gli identici emendamenti Sisto 2.5 e Fabbri 2.6.

  La Commissione respinge l'emendamento Marcon 2.7.

  Francesco Paolo SISTO (FI-PdL) sottoscrive l'emendamento Russo 2.9, che illustra, raccomandandone l'approvazione.

  Emanuele FIANO (PD) si interroga sull'utilità dell'emendamento Russo 2.9, atteso che il meccanismo da esso previsto già è presente nell'ordinamento.

  Andrea CECCONI (M5S) preannuncia il voto contrario del suo gruppo sull'emendamento Russo 2.9, non comprendendone la ratio, alla luce della disciplina già vigente.

  Teresa PICCIONE (PD) rileva che il modello dell'emendamento è quello delle lezioni amministrative per il comune di Palermo, dove il candidato alla carica di sindaco arrivato secondo entra di diritto nel consiglio comunale in quota minoranza.

  La Commissione respinge l'emendamento Russo 2.9 e passa ad esaminare le proposte emendative riferite all'articolo 3.

  Massimo PARISI (SC-ALA CLP-MAIE), relatore, esprime parere contrario su tutte le proposte emendative riferite all'articolo 3.

  Il sottosegretario Gianpiero BOCCI si rimette alla Commissione.

  Lara RICCIATTI (MDP) sottoscrive l'emendamento Marcon 3.2.

  La Commissione respinge l'emendamento Marcon 3.2.

  Francesco Paolo SISTO (FI-PdL) sottoscrive l'emendamento Russo 3.3.

  Andrea CECCONI (M5S) preannuncia il voto favorevole sugli emendamenti Russo 3.3 e Menorello 3.4, non comprendendo le ragioni del parere contrario del relatore.

  Massimo PARISI (SC-ALA CLP-MAIE), relatore, fa notare che, tra le diverse soluzioni possibili per la questione relativa all'assunzione della carica di assessore da parte del consigliere comunale, si è preferito scegliere quella volta a garantire Pag. 23maggiore stabilità nel funzionamento del Consiglio.

  La Commissione respinge l'emendamento Russo 3.3.

  Andrea MAZZIOTTI DI CELSO, presidente, constata l'assenza del presentatore dell'emendamento Menorello 3.4; si intende che vi abbia rinunciato.

  La Commissione passa ad esaminare le proposte emendative riferite all'articolo 4.

  Massimo PARISI (SC-ALA CLP-MAIE) relatore, esprime parere favorevole sugli identici emendamenti Fabbri 4.1, Cecconi 4.2, Marcon 4.3 e Roberta Agostini 4.4, integralmente soppressivi dell'articolo 4. Esprime parere contrario sugli emendamenti Marcon 4.5 e Roberta Agostini 4.6, nonché sull'articolo aggiuntivo Quaranta 4.01..

  Il sottosegretario Gianpiero BOCCI si rimette alla Commissione.

  Lara RICCIATTI (MDP) sottoscrive gli emendamenti Marcon 4.3 e 4.5.

  La Commissione approva gli identici emendamenti Fabbri 4.1, Cecconi 4.2, Marcon 4.3 e Roberta Agostini 4.4. (vedi allegato)

  Andrea MAZZIOTTI DI CELSO, presidente, avverte che in seguito all'approvazione degli identici emendamenti Fabbri 4.1, Cecconi 4.2, Marcon 4.3 e Roberta Agostini 4.4, integralmente soppressivi dell'articolo 4, sono preclusi gli emendamenti Marcon 4.5 e Roberta Agostini 4.6.

  La Commissione respinge l'articolo aggiuntivo Quaranta 4.01.

  La Commissione passa ad esaminare le proposte emendative riferite all'articolo 5.

  Massimo PARISI (SC-ALA CLP-MAIE), relatore, esprime parere favorevole sugli identici emendamenti Fabbri 5.1, Mucci 5.2, Marcon 5.3, Roberta Agostini 5.4, invitando al ritiro delle altre proposte emendative, sulle quali altrimenti il parere sarebbe contrario.

  Il sottosegretario Gianpiero BOCCI si rimette alla Commissione.

  Andrea CECCONI (M5S) non comprende il motivo del parere favorevole del relatore su proposte di modifica volte a sopprimere parti del testo che avrebbero la finalità di contrastare la frammentazione politica. Fa notare che si sta elaborando un testo che appare limitato rispetto alle originarie intenzioni, non incidendo in maniera sostanziale sulle problematiche che affliggono le elezioni amministrative.

  Emanuele FIANO (PD) fa notare che la posizione espressa nel presente dibattito dal gruppo del M5S sul tema della partecipazione politica, delle sottoscrizioni e della presentazione delle liste, appare contraddittoria rispetto agli orientamenti assunti in passato, quando, ad esempio, veniva invocata da tale gruppo l'eliminazione del quorum per i referendum consultivi.

  Andrea MAZZIOTTI DI CELSO, presidente, constata l'assenza della presentatrice dell'emendamento Mucci 5.2; si intende che vi abbia rinunciato.

  Lara RICCIATTI (MDP) sottoscrive l'emendamento Marcon 5.3.

  La Commissione approva gli identici emendamenti Fabbri 5.1, Marcon 5.3 e Roberta Agostini 5.4 (vedi allegato).

  Andrea MAZZIOTTI DI CELSO, presidente, avverte che gli emendamenti Marcon 5.5 e Sisto 5.6, si intendono preclusi dall'approvazione degli identici emendamenti Fabbri 5.1, Marcon 5.3 e Roberta Agostini 5.4.

  La Commissione respinge l'articolo aggiuntivo Marcon 5.01 e passa ad esaminare le proposte emendative riferite all'articolo 6.

Pag. 24

  Massimo PARISI (SC-ALA CLP-MAIE), relatore, raccomanda l'approvazione del suo emendamento 6.50, esprimendo parere contrario sulle restanti proposte emendative.

  Il sottosegretario Gianpiero BOCCI si rimette alla Commissione.

  La Commissione approva l'emendamento 6.50 del relatore (vedi allegato),

  Andrea MAZZIOTTI DI CELSO, presidente, avverte che gli emendamenti Mucci 6.1, Fabbri 6.2, Marcon 6.3, si intendono preclusi dall'approvazione dell'emendamento 6.50 del relatore.
  Avverte che il testo risultante dall'esame delle proposte emendative sarà trasmesso alle competenti Commissioni in sede consultiva per l'espressione del prescritto parere.
  Nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

  La seduta termina alle 14.25.

UFFICIO DI PRESIDENZA INTEGRATO DAI RAPPRESENTANTI DEI GRUPPI

  Martedì 28 novembre 2017.

  L'Ufficio di Presidenza si è svolto dalle 14.25 alle 14.40.

COMITATO PERMANENTE PER I PARERI

  Martedì 28 novembre 2017. — Presidenza del presidente Alessandro NACCARATO.

  La seduta comincia alle 14.40.

Modifiche al codice di procedura penale, in materia di inapplicabilità e di svolgimento del giudizio abbreviato. Modifiche al codice penale in materia di concorso di circostanze aggravanti e attenuanti.
Emendamenti C. 4376-A Molteni.

(Parere all'Assemblea).
(Esame e conclusione – Parere).

  Il Comitato inizia l'esame degli emendamenti.

  Alessandro NACCARATO (PD), presidente, in sostituzione del relatore, impossibilitato a partecipare, rileva che gli emendamenti contenuti nel fascicolo n. 1 non presentano profili critici per quanto attiene al rispetto del riparto di competenze legislative di cui all'articolo 117 della Costituzione e propone pertanto di esprimere su di essi il parere di nulla osta.

  Nessuno chiedendo di intervenire, il Comitato approva la proposta di parere del relatore.

  La seduta termina alle 14.45.

Pag. 25