CAMERA DEI DEPUTATI
Mercoledì 20 settembre 2017
879.
XVII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Finanze (VI)
COMUNICATO
Pag. 100

SEDE CONSULTIVA

  Mercoledì 20 settembre 2017. — Presidenza del vicepresidente Paolo PETRINI.

  La seduta comincia alle 13.40.

Rendiconto generale dell'Amministrazione dello Stato per l'esercizio finanziario 2016.
C. 4638 Governo, approvato dal Senato.

Disposizioni per l'assestamento del bilancio dello Stato e dei bilanci delle Amministrazioni autonome per l'anno finanziario 2017.
C. 4639 Governo, approvato dal Senato.

Tabella n. 1: Stato di previsione dell'entrata per l'anno finanziario 2017.
Tabella n. 2: Stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno finanziario 2017.
(Relazioni alla V Commissione).
(Esame congiunto e rinvio).

  La Commissione inizia l'esame congiunto dei provvedimenti.

  Marco DI MAIO (PD), relatore, rileva come la Commissione sia chiamata a esaminare Pag. 101congiuntamente, ai sensi dell'articolo 119, comma 8, del regolamento, ai fini della formulazione di relazioni alla Commissione Bilancio, il disegno di legge C. 4638, approvato dal Senato, recante il Rendiconto generale dell'Amministrazione dello Stato per l'esercizio finanziario 2016, e il disegno di legge C. 4639, anch'esso approvato dal Senato, recante disposizioni per l'assestamento del bilancio dello Stato e dei bilanci delle Amministrazioni autonome per l'anno finanziario 2017, relativamente alla Tabella n. 1 (stato di previsione dell'entrata per l'anno finanziario 2017) ed alla Tabella n. 2 (stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2017), limitatamente alle parti di competenza.
  Ricorda preliminarmente che il Rendiconto generale dello Stato è lo strumento attraverso il quale il Governo, alla chiusura del ciclo di gestione della finanza pubblica (costituito dall'anno finanziario) adempie all'obbligo costituzionale di rendere conto al Parlamento dei risultati della gestione finanziaria.
  Il rendiconto generale dello Stato è costituito:
   a) dal conto del bilancio, articolato nel conto consuntivo dell'entrata e, per la parte di spesa, nel conto consuntivo relativo a ciascun Ministero, con l'esposizione dell'entità effettiva delle entrate e delle uscite del bilancio dello Stato rispetto alle previsioni approvate dal Parlamento;
   b) dal conto del patrimonio, con le variazioni intervenute nella consistenza delle attività e passività che costituiscono il patrimonio dello Stato.

  In linea con la struttura del bilancio, il conto consuntivo finanziario della spesa espone i dati di bilancio secondo l'articolazione per missioni e programmi di spesa, che privilegia una esposizione di tipo funzionale. Per ciascun programma vengono esposti i risultati relativi alla gestione dei residui, alla gestione di competenza e alla gestione di cassa.
  Ricorda che, a seguito delle modifiche apportate dal decreto legislativo n. 90 del 2016, attuativo della delega contenuta nell'articolo 40, comma 2, lettera o), della legge n. 196 del 2009, finalizzata al completamento della riforma della struttura del bilancio dello Stato in senso funzionale, i capitoli verranno sostituiti, in prospettiva, dalle azioni, quali unità elementari di bilancio, anche ai fini gestionali e di rendicontazione (articolo 25-bis della legge di contabilità, introdotto dall'articolo 2, comma 2, del decreto legislativo n. 90 del 2016). Le azioni del bilancio dello Stato – che costituiscono un livello di dettaglio dei programmi di spesa, che specifica ulteriormente la finalità della spesa rispetto a quella individuata in ciascun programma e raggruppa le risorse finanziarie dedicate al raggiungimento di una stessa finalità – sono state individuate tramite Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 14 ottobre 2016.
  Esse si applicano, in via sperimentale, dall'esercizio 2017 fino alla conclusione dell'esercizio precedente a quello individuato con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze, a seguito degli esiti della sperimentazione, a decorrere dal quale le azioni costituiranno le unità elementari di bilancio ai fini della gestione e della rendicontazione.
  Il disegno di legge di assestamento costituisce invece il mezzo attraverso il quale è possibile aggiornare, a metà esercizio, gli stanziamenti del bilancio dello Stato, anche sulla scorta della consistenza dei residui attivi e passivi accertata in sede di rendiconto dell'esercizio scaduto al 31 dicembre precedente.
  Il disegno di legge di assestamento si connette funzionalmente con il disegno di legge di rendiconto relativo all'esercizio precedente: l'entità dei residui, sia attivi sia passivi, sussistenti all'inizio dell'esercizio finanziario, che al momento dell'elaborazione e approvazione del bilancio di previsione è stimabile solo in misura approssimativa, viene, infatti, definita in assestamento sulla base delle risultanze del rendiconto.Pag. 102
  Più in particolare, con il disegno di legge di assestamento le previsioni di bilancio sono adeguate in relazione:
   a) per quanto riguarda le entrate, all'eventuale revisione delle stime del gettito;
   b) per quanto riguarda le spese aventi carattere discrezionale, ad esigenze sopravvenute;
   c) per quanto riguarda la determinazione delle autorizzazioni di pagamento (in termini di cassa), alla consistenza dei residui accertati in sede di rendiconto dell'esercizio precedente.

  Per quel che concerne le previsioni di entrata, poiché esse sono il frutto di una valutazione di carattere tecnico, eventuali modifiche possono essere determinate dall'evoluzione della base imponibile e dagli effetti derivanti dall'applicazione della normativa vigente.
  In riferimento alle variazioni di spesa, la legge di assestamento presenta il medesimo vincolo che sussiste per il bilancio di previsione, cioè il rispetto della legislazione sostanziale vigente: non possono pertanto essere modificati, in sede di assestamento, gli stanziamenti di spesa direttamente determinati da norme vigenti.
  Passando a sintetizzare brevemente il contenuto del disegno di legge C. 4638, recante il Rendiconto 2016, segnala in primo luogo come, nel 2016 il PIL nominale è stato pari a 1.672,44 miliardi di euro, con una crescita dell'1,6 per cento rispetto all'anno precedente: crescita che in termini reali si posiziona allo 0,9 per cento, confermando l'inversione di tendenza avviata nel 2014, con una crescita di 0,1 punti percentuali, poi proseguita nel 2015, con un incremento dello 0,8 per cento, e che sulla base delle previsioni del DEF 2017 dovrebbe ulteriormente consolidarsi nell'anno in corso.
  Nel suo insieme, la gestione di competenza ha fatto conseguire nel 2016 un miglioramento dei saldi sia rispetto alle previsioni definitive sia rispetto al precedente esercizio 2015.
  In relazione alle entrate finali rileva come gli accertamenti siano ammontati nel 2016 a 581.315 milioni di euro, evidenziando un aumento rispetto allo scorso anno (lo stesso dato era stato di 569.566 milioni nel 2015 e di 544.641 milioni di euro nel 2014).
  Per quanto riguarda le spese finali, esse si sono attestate a 592.441 milioni di euro, con una riduzione di 18,7 miliardi (lo stesso dato si era attestato a 611.111 milioni nel 2015 e a 603.025 milioni nel 2014).
  La relazione illustrativa al disegno di legge di rendiconto sottolinea che tale diminuzione delle spese finali, in termini di impegni, si registra dopo un triennio di crescita: tale risultato è frutto di una marcata contrazione delle spese correnti, che diminuiscono di 20,2 miliardi, e di una lieve ripresa della spesa in conto capitale (+1,5 miliardi) dopo il forte calo registrato tra il 2014 e il 2015.
  Ne deriva dunque un saldo netto da finanziare nel 2016 di valore negativo per 11,1 miliardi di euro, con un miglioramento di 30,4 miliardi rispetto al saldo registrato nel 2015 (-41,5 miliardi), dovuto al buon andamento delle entrate accertate (11,7 miliardi di euro) e, al tempo stesso, a una sensibile contrazione delle spese correnti (oltre 20 miliardi di euro). Tale saldo è risultato inoltre migliore anche rispetto alle previsioni definitive per oltre 27,8 miliardi, posto che era previsto attestarsi, nel 2016, ad un valore negativo di -38,9 miliardi.
  Il saldo delle operazioni correnti (risparmio pubblico) passa dal valore negativo di 9 miliardi di euro registrato nel 2015 (unico dato negativo dell'ultimo decennio) ad un valore positivo di 27,8 miliardi, con un miglioramento di oltre 37 miliardi rispetto al 2015. Tale situazione si è determinata a causa della citata diminuzione delle spese correnti (-20,2 miliardi) rispetto al complesso delle entrate tributarie ed extra-tributarie (+16,7 miliardi).
  Il miglioramento è marcato anche con riferimento alle previsioni definitive, in Pag. 103base alle quali il risparmio pubblico avrebbe dovuto attestarsi su valori ancora negativi (-563 milioni).
  Il ricorso al mercato (costituito dalla differenza tra le entrate finali e il totale delle spese, incluse quelle relative al rimborso di prestiti) si attesta nel 2016 a 207,1 miliardi, evidenziando una riduzione rispetto al 2015 (257,1 miliardi di euro), seguendo un trend in leggera discesa negli ultimi tre anni (era 260,4 miliardi nel 2014).
  Ad ogni modo, sia il saldo netto da finanziare sia il ricorso al mercato registrati nel 2016 sono rimasti nettamente al di sotto del tetto massimo stabilito dalla legge di stabilità per il 2016 (tetto che risultava fissato in –35.400 milioni per il saldo netto da finanziare ed in –278.400 milioni per il ricorso al mercato, al lordo delle regolazioni contabili e debitorie pregresse).
  In merito rileva come il sensibile miglioramento del saldo netto da finanziare, sopra illustrato, discenda da una gestione di competenza 2016 che evidenzia un andamento positivo degli accertamenti di entrate finali rispetto all'anno precedente, per la maggior parte ascrivibile alle maggiori entrate tributarie e, in misura minore, extra-tributarie, nonché una sensibile contrazione degli impegni di spesa, in particolare delle spese correnti.
  In particolare, l'andamento crescente delle entrate finali accertate sarebbe riconducibile alla dinamica molto positiva degli accertamenti sia delle entrate finali (581,3 miliardi), che hanno registrato un aumento complessivo di 11,7 miliardi (+3 per cento), sia delle entrate complessive (+16,8 miliardi). Tra le variazioni più rilevanti rispetto al 2015 (apportate principalmente da atti successivi alla legge di assestamento per il 2016) emerge, in particolare, l'aumento delle entrate extratributarie per 5,1 miliardi di euro, in netta controtendenza rispetto ai tre anni precedenti.
  Netto anche l'incremento delle entrate tributarie, nell'ordine di 11,6 miliardi rispetto all'anno precedente. A tale andamento si contrappone una flessione di quasi 5 miliardi rispetto al 2015 delle entrate relative al Titolo III, relativo ad «Alienazione ed ammortamento di beni patrimoniali e riscossione di crediti».
  Dal lato della spesa, viene evidenziato che gli impegni complessivi di spesa ammontano nel 2016 (incluse le spese per rimborso prestiti) a 788.423 milioni. Rispetto ai risultati dell'anno precedente, la gestione presenta una flessione complessiva degli impegni di spesa di –38,2 miliardi di euro (-4,6 per cento), determinata, in particolare, dalle spese correnti (Titolo I) e dal rimborso delle passività finanziarie (Titolo III), a fronte di un aumento per le spese in conto capitale. Il peso della spesa complessiva, in rapporto al PIL, è sceso dal 50,5 per cento del 2014 (era al 50,2 per cento nel 2014) al 47,1 per cento del PIL nel 2016.
  L'analisi dell'andamento della spesa conferma la tendenza a concentrare gli interventi su poche missioni (alle prime 10 missioni è riferibile oltre il 90 per cento della spesa), nonché la capacità di orientare la spesa sulle emergenze, in quanto, pur a fronte di spazi di manovra limitati, sono state affrontate situazioni di particolare criticità (Soccorso civile, Immigrazione) e, infine, la volontà di imprimere una accelerazione alle realizzazioni effettive, resa possibile da una più efficace selezione degli interventi su cui puntare.
  Sulla base di una sintetica analisi del confronto 2015-2016 relativo all'andamento delle entrate finali accertate – che hanno raggiunto, come detto, un valore pari a 581,3 miliardi- rileva innanzitutto il loro aumento per oltre 11,7 miliardi, che conferma la tendenza all'aumento delle somme accertate rispetto all'esercizio precedente già evidenziata lo scorso anno (nel 2015, infatti, l'incremento delle entrate finali era stato di oltre 19 miliardi rispetto al 2014, a fronte di un decremento di 3,8 miliardi registrato invece nel 2014).
  L'aumento delle entrate finali trova giustificazione nella crescita del PIL, che ha determinato un aumento, principalmente, del titolo I delle entrate.
  Inoltre, come segnalato anche dalla Corte dei conti, la dinamica delle entrate Pag. 104ha beneficiato di interventi legislativi che hanno comportato un'accelerazione del naturale profilo del gettito. Le entrate da accertamento e controllo sono risultate di poco inferiori a 65 miliardi, con una flessione del -2,5 per cento rispetto al 2015, ma confermando una linea di tendenza in cui l'attività di controllo svolge un ruolo non secondario nella dinamica complessiva del gettito.
  Rispetto al 2015, infatti, viene registrato un incremento delle entrate tributarie (+2,4 per cento), che si attestano intorno a 488,8 miliardi di euro (erano 477,2 miliardi nel 2015 e 460,3 miliardi nel 2014). Particolarmente rilevante è inoltre l'aumento delle entrate extratributarie, per 5,1 miliardi di euro rispetto al 2015, che raggiungono l'ammontare di 88,7 miliardi nel 2016 (erano 83,6 miliardi nel 2015, 84,4 miliardi nel 2014) (+6,1 per cento).
  Le entrate relative al Titolo III «Alienazione ed ammortamento di beni patrimoniali e riscossione di crediti» registrano, invece, una flessione, di 5 miliardi rispetto al 2015.
  Rispetto alle previsioni definitive, gli accertamenti relativi alle entrate finali sono risultati in aumento per 9,7 miliardi, mentre per le entrate complessive la corrispondente variazione è risultata in aumento per 16,2 miliardi.
  L'incremento del dato degli accertamenti tributari è dovuto principalmente ai maggiori accertamenti relativi alle tasse ed imposte sugli affari, per 5,2 miliardi (+3,2 per cento), alle imposte sul patrimonio e sui redditi, per 2,9 miliardi (+1,1 per cento), e agli introiti per lotto, lotterie ed altre attività di giuoco, per 2,4 miliardi (+20,6 per cento). In aumento risultano anche i dati relativi alle restanti poste.
  Per le entrate extratributarie, gli incrementi riguardano principalmente i proventi di servizi pubblici minori (+5,4 miliardi, 20,2 per cento) e i proventi speciali (+285 milioni, +43 per cento). In riduzione, invece, i recuperi, rimborsi e contributi (-399 milioni rispetto al 2015, -0,9 per cento) e gli interessi su anticipazioni e crediti vari del Tesoro (-224 milioni, -4,3 per cento).
  Notevole, infine, la riduzione delle entrate registrate in relazione all'alienazione ed ammortamento di beni patrimoniali e riscossione di crediti, che sono passate dagli 8,8 miliardi di euro del 2015 ai 3,8 miliardi del 2016 (erano 5,5 miliardi nel 2014). Tale riduzione è interamente ascrivibile alla vendita di beni e affrancazione di canoni, che ha registrato una diminuzione dell'85,6 per cento degli introiti.
  Per quel che concerne in dettaglio l'analisi delle entrate tributarie, evidenzia che per le entrate tributarie ricorrenti, l'aumento degli accertamenti è di circa 7 miliardi, di cui 4,7 relativi all'IVA (+3,4 per cento), 1 miliardo relativo al lotto (+14,7 per cento) e ulteriori 1,4 miliardi relativi alle imposte gravanti sui giochi (33 per cento circa). Tra queste, da evidenziare la diminuzione di 5 miliardi delle imposte sostitutive.
  Tra le entrate non ricorrenti, i cui accertamenti presentano un incremento di 4,5 miliardi, un significativo aumento viene riscontrato per l'aggregato «Altre imposte dirette» i cui accertamenti passano da 0,5 del 2015 a 4,4 miliardi dell'esercizio 2016, in connessione, in particolare, alle entrate derivanti dalla cosiddetta voluntary disclosure.
  Anche nel 2016 le entrate da giochi hanno fatto registrare un incremento considerevole (+24 per cento), superando i 10 miliardi e confermando l'andamento positivo dell'anno precedente. La «raccolta lorda» si è attestata intorno ai 95,9 miliardi, in crescita (+9 per cento) rispetto al 2015.
  L'incremento delle entrate registrato nel 2016 in tale comparto è spiegato in particolare dall'accresciuta rilevanza della tassazione sul gioco degli apparecchi da divertimento (AWP e VLT, comunemente indicati come slot machine), alla quale si deve più della metà del gettito complessivo (5,8 miliardi); oltre 3,5 miliardi derivano dai giochi numerici e dalle lotterie.
  Nel 2016 il gettito delle accise sui prodotti petroliferi, che rappresenta circa Pag. 105il 12 per cento del totale delle imposte indirette e il 6 per cento del totale delle imposte, è stato di poco superiore ai 25 miliardi, mantenendosi pressoché stabile rispetto all'anno precedente (-7 milioni). I consumi totali, che nell'ultimo biennio, dopo una costante e significativa riduzione, avevano manifestato una leggera crescita, si sono assestati sui livelli del 2014, con una lieve diminuzione rispetto all'anno precedente (-1 per cento), in seguito a una flessione, seppur contenuta, nel consumo sia di benzina sia di gasolio. Nel confronto europeo, l'Italia si conferma come uno dei Paesi con la più elevata incidenza della componente fiscale sul prezzo dei prodotti petroliferi a fronte di un prezzo industriale della benzina senza piombo e del gasolio auto sostanzialmente in linea con la media europea.
  Con riferimento alla gestione dei residui, ricorda preliminarmente che la disciplina in tema di formazione e di mantenimento in bilancio dei residui passivi è stata integralmente rivista con il decreto legislativo n. 93 del 2016 – emanato in attuazione della delega contenuta nell'articolo 42 della legge n. 196 del 2009, volta al riordino della disciplina per la gestione del bilancio dello Stato e al potenziamento della funzione del bilancio di cassa – modificando i termini di conservazione in bilancio dei residui passivi e le modalità di eliminazione dei residui stessi dal conto del bilancio. La nuova normativa ha acquisito efficacia dal 1o gennaio 2017, come previsto dall'articolo 9 del medesimo decreto legislativo n. 93, incidendo, dunque, sul Rendiconto 2016.
  In estrema sintesi, il nuovo articolo 34-bis conferma la norma generale previgente per cui, al termine dell'esercizio, gli stanziamenti di spesa di parte corrente sprovvisti di formale impegno contabile, costituiscono «economie» di bilancio, a meno che non sia disposto diversamente da specifiche disposizioni normative. Per il loro mantenimento nel conto del patrimonio in qualità di residui passivi perenti, tuttavia, rispetto alla previgente disciplina, occorre che l'amministrazione competente dimostri il permanere delle ragioni del debito. Per specifiche tipologie di residui, inoltre, i termini di conservazione in bilancio sono aumentati a tre anni. La nuova disciplina contabile consente, inoltre, una maggiore flessibilità per la rimodulazione delle somme non impegnate a chiusura dell'esercizio sulle autorizzazioni di spesa pluriennali e per le altre spese di conto capitale nell'ambito delle previsioni effettuate nel piano finanziario dei pagamenti.
  Al 1o gennaio 2016 il conto dei residui indicava residui attivi iniziali, provenienti dagli esercizi 2015 e precedenti, per un valore complessivo di 208.260 milioni di euro e residui passivi delle spese complessive per 113.031 milioni di euro, al lordo dei residui relativi al rimborso di prestiti, con una eccedenza attiva pari a 95.229 milioni di euro (nel 2015 l'eccedenza attiva era di valore analogo, pari a 95.872 milioni di euro).
  Nel corso dell'esercizio 2016, l'entità dei residui si è andata modificando a seguito dell'attività di accertamento e gestione in conto residui; inoltre, la gestione di competenza dell'esercizio 2016 ha dato luogo alla formazione di nuovi residui. Infatti, rispetto allo stock di 208.260 milioni di residui attivi provenienti dagli esercizi precedenti, al 31 dicembre 2016 ne sono stati accertati 153.097 milioni, di cui 31.493 milioni incassati e 121.604 milioni ancora da versare o riscuotere. A tale importo di residui pregressi si sono aggiunti 90.634 milioni di residui di nuova formazione, per un totale di residui attivi, al 31 dicembre 2016, di 212.238 milioni.
  Analogamente, per quanto riguarda i residui passivi delle spese complessive, dei 113.031 milioni di residui indicati al 1o gennaio 2016, provenienti dagli esercizi precedenti, ne risultano accertati 108.612 milioni, di cui 40.616 milioni pagati e 67.996 milioni ancora da pagare, che unitamente ai residui di nuova formazione derivanti dalla gestione di competenza dell'esercizio finanziario 2016, pari a 66.427 milioni, determinano residui passivi totali al 31 dicembre 2016 per 134.423 milioni.
  Complessivamente, come segnalato nella Relazione della Corte dei conti sul Rendiconto 2016, emerge una sostanziale Pag. 106tenuta dei conti entro un quadro d'insieme che vede progressivamente ricondotti all'equilibrio di bilancio alcuni principali comparti quali quelli riguardanti le Amministrazioni locali, assegnandosi allo Stato centrale un ruolo strategico nel perseguimento degli obiettivi programmatici. Il 2016, infatti, pur nel generale contesto di conti pubblici sotto controllo, pone in luce come i flussi di spesa dell'intera Amministrazione pubblica abbiano segnato, sia nella parte corrente sia in quella in conto capitale, un andamento anche più ridotto rispetto alla dinamica della sola spesa statale.
  In tale contesto la Corte segnala come gli strumenti di regolazione attivati abbiano consentito, in ogni caso, di raggiungere gli obiettivi di saldo concordati in sede europea. Anche il livello raggiunto dall'avanzo primario, in una condizione di crescita economica ancora alquanto lenta, costituisce un parametro decisivo per avviare a riduzione il debito pubblico secondo il profilo programmatico tracciato. Vengono poi sottolineati i progressi nell'azione di riduzione (non più affidata a tagli lineari) e di razionalizzazione della spesa statale, oltre allo sforzo di riqualificazione inteso a sostenere la ripresa dell'attività di accumulazione.
  In merito all'attività di controllo e di contrasto dell'evasione fiscale, la Relazione sul rendiconto evidenzia come essa sia stata prevalentemente proiettata sulla gestione delle istanze di adesione volontaria (cosiddetta voluntary disclosure) presentate nel 2015. L'impegno richiesto all'Agenzia delle entrate si è tradotto nell'istruttoria di quasi 130 mila istanze e nel perfezionamento di oltre 320 mila atti di adesione. Il gettito di carattere straordinario è risultato leggermente superiore ai 4 miliardi.
  Anche sul versante della riscossione il risultato del 2016 (poco meno di 563 miliardi) mette in luce una crescita rispetto al 2015 (+2,5 per cento), a conferma di una tendenza che dal 2012 ha visto incrementare il gettito del 10,8 per cento. Si tratta di un risultato riconducibile all'aumento delle riscossioni in conto competenza (+3,3 per cento), in parte frenato dalla sostanziale diminuzione delle riscossioni in conto residui (-6,7 per cento).
  Ai positivi risultati registrati in termini di riscossioni si contrappone, nel 2016, una rilevante flessione sul versante dei carichi lordi conferiti all'agente della riscossione (diminuiti di oltre 11,8 miliardi, corrispondenti a una riduzione di tredici punti percentuali) determinata dalla riduzione dei ruoli emessi dall'Agenzia delle entrate nell'anno (-17,4 per cento), ruoli che costituiscono il 75 per cento circa del totale dei carichi lordi emessi nell'esercizio.
  Quanto alle rateazioni in essere presso Equitalia, esse a fine 2016 ammontavano a 42,3 miliardi, con un incremento di 3,8 miliardi rispetto alla situazione a fine 2015 (+10 per cento), mentre le rateazioni revocate alla stessa data ammontano a 69,4 miliardi, con un incremento di 15 miliardi (+27,6 per cento).
  L'attività svolta dall'Agenzia delle dogane si è caratterizzata nel 2016 per una contenuta diminuzione del numero complessivo dei controlli, che passano da 1,44 milioni nel 2015 a 1,41 milioni circa, (-1,4 per cento) alla quale si correla un sensibile decremento dei risultati finanziari (-23 per cento).
  In merito all'attività di controllo fiscale svolta dalla Guardia di Finanza, emerge nel 2016 un aumento delle attività di verifica e controllo, che passano da 85.373 del 2015 a 94.016 (+10 per cento), e dei controlli strumentali, che passano da 514.308 nel 2015 a 525.567 (+2 per cento). In termini quantitativi ne deriva complessivamente una relativa stabilità, nel corso dell'ultimo quinquennio, del volume di produzione realizzato dal Corpo per il contrasto dell'evasione fiscale. Dai dati emerge, tuttavia, nel 2016 una diminuzione, rispetto all'anno precedente, della proficuità potenziale delle verifiche nel settore dell'imposizione diretta, che costituiscono l'attività finanziariamente più rilevante. Dai maggiori componenti rilevati nel 2015, pari a 61,1 miliardi, si è scesi a 55,7 miliardi (-8,9 per cento). La flessione nel settore dell'imposizione diretta risulta Pag. 107parzialmente compensata dall'incremento degli esiti finanziari in materia di IVA (+531,2 milioni) e dal sensibile incremento dei rilievi in materia di ritenute (+104,4 per cento rispetto al 2015), per un importo di oltre 1,3 miliardi.
  Oggetto di una specifica analisi della Corte sono state le diverse iniziative adottate per la promozione della tax compliance e il miglioramento dei servizi ai contribuenti, tra le quali l'invio di comunicazioni ai contribuenti, realizzata grazie ad un più tempestivo incrocio dei dati che confluiscono in Anagrafe tributaria e l'adozione della fatturazione elettronica e della comunicazione telematica dei dati delle fatture IVA, in attuazione delle disposizioni contenute nell'articolo 1, commi 634 e 635, della legge n. 190 del 2014, nonché di quelle recate dal decreto legislativo n. 127 del 2015 e dal decreto-legge n. 193 del 2016.
  Le analisi svolte dalla Corte sull'andamento del contenzioso tributario confermano la diminuzione dei nuovi ricorsi, sia per gli effetti deflattivi prodotti dalla mediazione-reclamo, sia per i più ridotti volumi di produzione di atti realizzati negli ultimi anni.
  Passando ad altre tematiche, in materia di locazione passiva di immobili adibiti a uso istituzionale, la Corte dei conti segnala una diffusa difficoltà nel reperire immobili idonei a soddisfare le esigenze pubbliche, con la conseguenza che anche nell'esercizio 2016 è stato constatato il fenomeno della permanenza di amministrazioni pubbliche in immobili di terzi sine titulo, con contratti di locazione scaduti.
  Ciò premesso, la Corte evidenzia come la riduzione delle locazioni passive, che si accompagna necessariamente a una riorganizzazione degli spazi, comporti benefici tangibili che si estendono anche alle altre spese di funzionamento, generando una stabile riduzione del fabbisogno finanziario. Secondo i dati forniti dall'Agenzia del demanio, nel corso del 2015 sono stati realizzati risparmi pari a 17,7 milioni, mentre nel 2016 i risparmi ammontano a 11,8 milioni. Sulla base dei dati trasmessi direttamente dalle singole Amministrazioni, risulta che la spesa totale per locazioni passive in termini di costo (dato dall'ammontare dei fitti, degli oneri condominiali, delle indennità di occupazione e dei canoni ed oneri FIP) ammonta nel 2016 a circa 670 milioni, contro gli oltre 711 milioni del 2014 e gli oltre 682 milioni del 2015, con una riduzione del 4 per cento rispetto al 2014 e dell'1,9 per cento rispetto al 2015.
  In conclusione, la Corte rileva come nonostante lo sforzo compiuto per ridurre le locazioni passive sia stato rilevante, l'obiettivo imposto dalla legge di riduzione del 50 per cento, calcolato in termini di costi complessivamente sostenuti per locazioni passive nel 2014, sia difficilmente raggiungibile. Dai dati esaminati risulta evidente che la riduzione delle spese di funzionamento dei Ministeri e di quella per locazioni in particolare, non può più rappresentare la quota più significativa dei risparmi che le Amministrazioni debbono conseguire e che le riduzioni di spesa devono, ormai, puntare anche (e forse soprattutto) su altri settori.
  Per quanto riguarda la valorizzazione del patrimonio immobiliare – per il quale il Conto del patrimonio evidenzia una consistenza al 31 dicembre 2016 dei beni immobili demaniali e patrimoniali pari a 62,5 miliardi, a fronte dei 61,7 miliardi del 2015, con un incremento di circa 806 milioni – gli interventi nel 2016 hanno riguardato sostanzialmente tre aspetti: la riduzione della spesa per gli usi governativi e la razionalizzazione degli spazi in uso alle Amministrazioni pubbliche; l'incremento delle entrate con il rafforzamento dell'attività di gestione ordinaria; l'introduzione di nuovi strumenti per la valorizzazione degli immobili come la concessione di lungo periodo e i programmi unitari di valorizzazione.
  Al riguardo la Corte – pur consapevole della complessità normativa relativa alla valorizzazione degli immobili pubblici – segnala l'esigenza di un recupero di efficienza nella fruizione dei beni pubblici, da rendere maggiormente funzionali alle strategie di riqualificazione urbana, con interventi diretti alla loro valorizzazione. Pag. 108Un ulteriore aspetto evidenziato dalla Corte riguarda la capacità di rendere effettivi gli strumenti di collaborazione istituzionale per la valorizzazione degli immobili pubblici, che in un quadro profondamente mutato negli anni, devono trovare una coerenza con gli istituti «tipici» di decisione consensuale tra le Amministrazioni, come gli accordi di programma e le altre forme previste dalla legislazione in materia.
  Passando quindi a sintetizzare il contenuto del disegno di legge C. 4639, recante l'assestamento del bilancio dello Stato e dei bilanci delle Amministrazioni autonome per l'anno finanziario 2017, esso evidenzia, in termini di competenza, un peggioramento del saldo netto da finanziare rispetto alle previsioni iniziali di bilancio. Nel complesso, il saldo nelle previsioni assestate si attesta a un valore di –56 miliardi, rispetto ad una previsione iniziale di –38,6 miliardi.
  Tale peggioramento, pari a circa 17,4 miliardi di euro, è dovuto per –21,9 miliardi alle variazioni per atto amministrativo e per +4,5 miliardi di euro alle variazioni di valore positivo proposte dal disegno di legge di assestamento in esame. Ad ogni modo, il valore del saldo netto da finanziare (-56 miliardi) che si determina sulla base delle previsioni di assestamento rientra nel limite massimo, stabilito dalla legge di bilancio per il 2017 in –38,6 miliardi di euro, e successivamente aumentato di 20 miliardi, a –58,6 miliardi, dall'articolo 27, comma 1, del decreto-legge n. 237 del 2016 (per gli interventi di sostegno del sistema bancario).
  Tale valore massimo è stato successivamente ridotto a –56,2 miliardi dall'articolo 66, comma 5, del decreto-legge n. 50 del 2017 in relazione agli effetti migliorativi, per l'anno 2017, determinati dal decreto – legge medesimo, pari a 2.415 milioni di euro in termini di saldo netto da finanziare (3.100 milioni in termini di indebitamento netto), che sono stati destinati al raggiungimento degli obiettivi programmatici di finanza pubblica. Tali effetti, tuttavia, come esplicitato nella Relazione illustrativa, non sono inclusi nel disegno di legge di assestamento in esame, ma sono esposte in una apposita tabella riportata nella relazione tecnica.
  Per quanto concerne gli altri saldi, il risparmio pubblico (dato dalla differenza tra entrate correnti e spese correnti al lordo degli interessi) registra un miglioramento rispetto alla previsione iniziale, attestandosi a 2,9 miliardi. I dati relativi al ricorso al mercato (pari alla differenza tra le entrate finali e il totale delle spese, queste ultime date dalla somma delle spese finali e del rimborso prestiti) evidenziano un impatto negativo sul saldo, pari a –12,4 miliardi, passando da circa 293,1 miliardi di euro a circa 305,5 miliardi.
  Per quanto attiene specificamente ai profili di competenza della Commissione Finanze, segnala come l'importo complessivo delle entrate finali e delle spese finali sia stato aumentato di 200 milioni di euro a seguito dell'approvazione al Senato dell'emendamento 1.Tab.1.100 del Governo, che ha registrato un aumento di 200 milioni per l'anno 2017 delle entrate extra-tributarie, per tenere conto delle maggiori entrate, non previste nelle stime del DEF 2017, per i dividendi che saranno versati dalle società pubbliche, ulteriori a quelle già considerate in sede di presentazione del disegno di legge di assestamento. Tali maggiori entrate sono state utilizzate per far fronte a maggiori esigenze di spesa relative ai Ministeri dell'interno e della difesa.
  Le entrate finali, per competenza, passano dunque nel disegno di legge di assestamento da 573.297 a 573.497 milioni di euro e le spese finali passano da 629.294 a 629.494 milioni di euro.
  Con riferimento al peggioramento del saldo netto da finanziare che si determina nelle previsioni assestate, rileva complessivamente che l'aumento delle entrate, che interessa sia le entrate tributarie sia le entrate extra-tributarie, è dovuto per 2,5 miliardi alle variazioni per atto amministrativo e per 2,8 miliardi alle variazioni proposte dal disegno di legge di assestamento, nel testo presentato dal Governo, in ragione dell'adeguamento al quadro Pag. 109macroeconomico per l'anno corrente, assunto a base per l'elaborazione delle stime per il 2017 contenute nel DEF di aprile scorso, nonché dell'andamento del gettito registrato nei primi mesi dell'anno in corso. Nel corso dell'esame del disegno di legge al Senato, la proposta di aumento delle entrate finali è stata portata – come ricordato – a circa 3 miliardi. L'incremento delle spese finali rispetto alle previsioni di bilancio, di oltre 22,7 miliardi complessivi, è invece interamente dovuto a variazioni per atto amministrativo (+24,4 miliardi). Per contro, la proposta di assestamento, nel testo del disegno di legge presentato dal Governo, prevede una riduzione delle spese finali (-1,6 miliardi), su cui influisce in maniera preponderante la riduzione della spesa per interessi (circa –2 miliardi), che sconta l'aggiornamento del profilo dei tassi di interesse sui titoli pubblici. La proposta di riduzione delle spese finali è stata rideterminata in circa –1,4 miliardi a seguito delle modifiche approvate al Senato.
  Come indicate in precedenza, le variazioni per atto amministrativo hanno comportato un incrementato delle entrate di 2,5 miliardi: tale aumento è riferibile principalmente alle entrate extra-tributarie, di cui 2 miliardi imputabili all'attuazione dell'articolo 1, comma 433, della legge di bilancio 2017, che ha previsto il versamento all'entrata – per alimentare il Fondo per il finanziamento di interventi a favore degli enti territoriali – dei residui relativi alle anticipazioni alle Regioni per il pagamento dei debiti certi, liquidi ed esigibili e delle somme disponibili sulla contabilità speciale istituita per la ristrutturazione del debito regionale.
  Dal lato delle entrate tributarie si registrano variazioni in aumento per circa 370 milioni di euro, quali risultanti dagli effetti connessi sia all'adozione del decreto-legge n. 189 del 2016 (recante interventi urgenti in favore delle popolazioni colpite dagli eventi sismici del 2016) che ha previsto, da un lato, minori entrate derivanti dall'esenzione dei redditi da fabbricati ai fini Irpef/Ires ed Imu (all'articolo 48, comma 16) e, dall'altro, maggiori entrate a seguito del versamento del mancato gettito conseguente alla sospensione nel 2016 dei versamenti tributari per i residenti dei comuni colpiti (commi 10 e 11), sia alla conversione in legge del decreto-legge n. 193 del 2016 (recante disposizioni urgenti in materia fiscale e per il finanziamento di esigenze indifferibili) che ha determinato una previsione di maggiori entrate, estendendo (all'articolo 6) la possibilità di estinguere i debiti relativi ai carichi affidati agli agenti della riscossione di un ulteriore anno fino al 2016, sia all'adozione del decreto-legge n. 8 del 2017 (recante nuovi interventi urgenti in favore delle popolazioni colpite dagli eventi sismici del 2016 e del 2017), che, stabilendo (all'articolo 11) la proroga di un anno dei termini di pagamento per l'estinzione dei debiti relativi ai carichi affidati agli agenti di riscossione concessa ai residenti dei comuni colpiti, ha dato luogo a una riduzione di gettito.
  Quanto alle proposte di variazioni formulate con il disegno di legge di assestamento in esame, per quanto concerne le entrate finali, il disegno di legge reca una proposta di aumento per oltre 2,8 miliardi di euro (3 miliardi nel testo approvato dal Senato). Tale variazione è determinata dall'incremento sia delle entrate tributarie sia di quelle extra-tributarie.
  Al riguardo la Relazione illustrativa al disegno di legge di assestamento evidenzia che le variazioni proposte per le entrate tributarie scontano l'adeguamento al quadro macro-economico per l'anno corrente, assunto a base nell'elaborazione delle stime contenute nel Documento di Economia e Finanza 2017, nonché l'andamento del gettito registrato nei primi mesi (fino a tutto maggio) dell'anno in corso. Inoltre, la Relazione segnala che l'aumento delle entrate finali comprende gli effetti dell'attuazione dell'articolo 3, commi 3-sexies e 3-septies, del decreto-legge n. 244 del 2016 (per 148 milioni), per il differimento al 2018 del recupero a carico dei pensionati delle somme percepite nel corso del 2015.
  Con riferimento alle entrate extra-tributarie, la Relazione sottolinea che l'aumento di 1.354 milioni nelle entrate extra-Pag. 110tributarie è dovuto principalmente ai maggiori utili di gestione della Banca d'Italia per circa 656 milioni nel 2017, di cui 256 milioni quali maggiori entrate rispetto al DEF. Altri 565 milioni riguardano le maggiori entrate, non previste nelle stime del DEF, per i dividendi che saranno versati dalle società pubbliche. Tali entrate, come già ricordato, sono state registrate in ulteriore aumento di 200 milioni con l'emendamento 1.Tab.1.100 del Governo, approvato al Senato.
  Nell'ambito delle entrate tributarie, la proposta di aumento per 1.461 milioni riguarda principalmente le imposte indirette, che aumentano di 1.428 milioni. Per quelle dirette, la proposta di aumento ammonta a 33,5 milioni.
  In particolare, rileva come assumano rilievo le variazioni in aumento relative al gettito IRPEF (+1.929 milioni) e all'imposta sul valore aggiunto (+2.026 milioni).
  Per quanto riguarda le variazioni in diminuzione, segnala soprattutto quelle relative alle imposte sostitutive per le società previste dall'articolo 3 della legge n. 662 del 1996 (-1.579 milioni), ai versamenti derivanti dall'adesione alla procedura di collaborazione volontaria (voluntary disclosure) (-400 milioni) e all'imposta sul consumo di tabacchi (-1.000 milioni).
  Infine, le entrate da alienazione, ammortamento e riscossione di crediti registrano un aumento di 26 milioni, interamente imputabile ad un allineamento alle previsioni del DEF, in particolare con riferimento al versamento da parte delle regioni della quota capitale dei mutui concessi dal MEF ai sensi dell'articolo 45 del decreto-legge n. 66 del 2014.
  Per quanto riguarda le variazioni apportate dal disegno di legge di assestamento allo stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze (Tabella n. 2 allegata al disegno di legge), relativamente agli aspetti di competenza della Commissione Finanze, rileva come assumano principale rilievo i dati relativi ai programmi «Regolazione, giurisdizione e coordinamento del sistema della fiscalità» (29.1), «Prevenzione e repressione delle frodi e delle violazioni agli obblighi fiscali» (29.3), «Regolamentazione e vigilanza sul settore finanziario» (29.4), «Regolazioni contabili, restituzioni e rimborsi di imposta» (29.5) e «Interventi di sostegno tramite il sistema della fiscalità» (11.9).
  Al riguardo segnala un incremento di 63,2 milioni in termini di sola cassa degli stanziamenti relativi al programma «Interventi di sostegno tramite il sistema della fiscalità».
  Segnala inoltre un incremento di 5,6 milioni in termini di competenza e di 26 milioni in termini di cassa degli stanziamenti relativi al programma «Regolazione, giurisdizione e coordinamento del sistema della fiscalità».
  Il programma «Regolazioni contabili, restituzioni e rimborsi di imposta» reca un incremento di 10 milioni in termini di competenza e di 208 milioni in termini di cassa.
  Per quanto riguarda il programma «Regolamentazione e vigilanza sul settore finanziario» viene registrato un aumento degli stanziamenti di 9,3 milioni sia in termini di competenza sia in termini di cassa.
  Per quel che attiene invece al programma «Prevenzione e repressione delle frodi e delle violazioni agli obblighi fiscali» viene registrato un aumento degli stanziamenti di 4,8 milioni in termini di competenza e di 30 milioni in termini di cassa.
  Per quanto concerne il programma «Concorso della Guardia di finanza alla sicurezza pubblica» (7.5) nell'ambito della missione «Ordine pubblico e sicurezza», segnala un incremento di 17,8 milioni in termini di cassa.

  Paolo PETRINI, presidente, avverte che la Commissione dovrà concludere l'esame in sede consultiva dei provvedimenti al più tardi entro la prima mattinata di mercoledì 27 settembre prossimo, in quanto la discussione in Assemblea sugli stessi inizierà nel pomeriggio dello stesso 27 settembre.Pag. 111
  Nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia quindi il seguito dell'esame congiunto dei provvedimenti alla seduta già prevista per la giornata di domani.

Modifiche alla legge 24 ottobre 2000, n. 323, concernente la disciplina del settore termale, e istituzione della Giornata nazionale delle terme d'Italia.
Nuovo testo C. 4407.

(Parere alla X Commissione).
(Rinvio del seguito dell'esame, ai sensi dell'articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento, per gli aspetti attinenti alla materia tributaria).

  La Commissione prosegue l'esame del provvedimento, rinviato nella seduta del 19 settembre scorso.

  Paolo PETRINI, presidente, ritiene opportuno rinviare il seguito dell'esame del provvedimento, al fine di consentire alla relatrice, Moretto, di raccogliere gli elementi necessari per predisporre la propria proposta di parere.
  Nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia quindi il seguito dell'esame ad altra seduta.

Delega al Governo per il recepimento delle direttive europee e l'attuazione di altri atti dell'Unione europea – Legge di delegazione europea 2016-2017.
C. 4620 Governo, approvato dal Senato.

(Relazione alla XIV Commissione).
Relazione consuntiva sulla partecipazione dell'Italia all'Unione europea, riferita all'anno 2016.
Doc. LXXXVII, n. 5.

(Parere alla XIV Commissione).
(Esame congiunto e rinvio).

  La Commissione inizia l'esame congiunto dei provvedimenti.

  Paolo PETRINI, presidente e relatore, rileva come la Commissione sia chiamata a esaminare congiuntamente, in sede consultiva, il disegno di legge C. 3540, recante delega al Governo per il recepimento delle direttive europee e l'attuazione di altri atti dell'Unione europea – Legge di delegazione europea 2016-2017 e la Relazione consuntiva sulla partecipazione dell'Italia all'Unione europea, riferita all'anno 2016 (Doc. LXXXVII, n. 5).
  Segnala preliminarmente che l'esame del disegno di legge di delegazione europea si svolge secondo le procedure dettate dall'articolo 126-ter del Regolamento (per il «disegno di legge comunitaria»), in base alle quali le Commissioni in sede consultiva esaminano le parti di competenza e deliberano una relazione sul disegno di legge, nominando altresì un relatore, che può partecipare alle sedute della XIV Commissione. La Commissione dovrà esprimere sul disegno di legge una relazione, accompagnata dagli eventuali emendamenti approvati.
  La relazione approvata è trasmessa alla XIV Commissione; le eventuali relazioni di minoranza sono altresì trasmesse alla XIV Commissione, dove possono essere illustrate da uno dei proponenti.
  L'articolo 126-ter, comma 5, del Regolamento prevede che le Commissioni di settore possano esaminare ed approvare emendamenti al disegno di legge di delegazione europea, per le parti di competenza. Gli emendamenti approvati dalle Commissioni di settore sono trasmessi alla XIV Commissione, che, peraltro, potrà respingerli solo per motivi di compatibilità con la normativa europea o per esigenze di coordinamento generale.
  La facoltà per le Commissioni di settore di esaminare e votare emendamenti è sottoposta alla disciplina di seguito indicata.
  In primo luogo, infatti, possono ritenersi ricevibili solo gli emendamenti il cui contenuto è riconducibile alle materie di competenza specifica di ciascuna Commissione di settore. Nel caso in cui membri della Commissione intendano proporre emendamenti che interessano gli ambiti di competenza di altre Commissioni, tali emendamenti dovranno essere presentati presso la Commissione specificamente competente.Pag. 112
  In secondo luogo, per quanto riguarda l'ammissibilità, l'articolo 126-ter, comma 4, del Regolamento stabilisce che, fermi i criteri generali di ammissibilità previsti dall'articolo 89, i Presidenti delle Commissioni competenti per materia e il Presidente della Commissione Politiche dell'Unione europea dichiarano inammissibili gli emendamenti e gli articoli aggiuntivi che riguardino materie estranee all'oggetto proprio del disegno di legge, come definito dalla legislazione vigente (articolo 30 della legge n. 234 del 2012). Al riguardo rammenta che, ai sensi del predetto articolo 30, la legge di delegazione europea contiene:
   disposizioni per il conferimento al Governo di deleghe legislative volte esclusivamente all'attuazione delle direttive europee e delle decisioni quadro da recepire nell'ordinamento nazionale, esclusa ogni altra disposizione di delegazione legislativa non direttamente riconducibile al recepimento degli atti legislativi europei;
   disposizioni per il conferimento al Governo di delega legislativa, diretta a modificare o abrogare disposizioni statali vigenti, limitatamente a quanto indispensabile per garantire la conformità dell'ordinamento nazionale ai pareri motivati indirizzati all'Italia dalla Commissione europea o al dispositivo di sentenze di condanna per inadempimento emesse della Corte di giustizia dell'Unione europea;
   disposizioni che autorizzano il Governo a recepire le direttive in via regolamentare;
   deleghe legislative al Governo per la disciplina sanzionatoria di violazioni di atti normativi dell'Unione europea;
   deleghe legislative al Governo limitate a quanto necessario per dare attuazione a eventuali disposizioni non direttamente applicabili contenute in regolamenti europei;
   disposizioni che, nelle materie di competenza legislativa delle regioni e delle province autonome, conferiscono deleghe al Governo per l'emanazione di decreti legislativi recanti sanzioni penali per la violazione delle disposizioni dell'Unione europea recepite dalle regioni e dalle province autonome;
   disposizioni che individuano i principi fondamentali nel rispetto dei quali le regioni e le province autonome esercitano la propria competenza normativa per recepire o per assicurare l'applicazione di atti dell'Unione europea nelle materie di cui all'articolo 117, terzo comma, della Costituzione;
   disposizioni che, nell'ambito del conferimento della delega legislativa per il recepimento o l'attuazione degli atti normativi comunitari, autorizzano il Governo a emanare testi unici per il riordino e per l'armonizzazione di normative di settore, nel rispetto delle competenze delle regioni e delle province autonome;
   deleghe legislative al Governo per l'adozione di disposizioni integrative e correttive dei decreti legislativi emanati.

  In particolare, segnala che, secondo la prassi seguita per il disegno di legge comunitaria, sono considerati inammissibili per estraneità al contenuto proprio gli emendamenti recanti modifiche di discipline vigenti, anche attuative di norme europee o previste da leggi comunitarie, per le quali non si presentino profili di incompatibilità con la normativa europea.
  In ogni caso, i deputati hanno facoltà di presentare emendamenti direttamente presso la XIV Commissione, entro i termini dalla stessa stabiliti.
  Gli emendamenti respinti dalle Commissioni di settore non potranno essere presentati presso la XIV Commissione, che li considererà irricevibili. Gli emendamenti respinti dalle Commissioni potranno, peraltro, essere ripresentati in Assemblea.
  Per prassi consolidata, gli emendamenti presentati direttamente alla XIV Commissione sono trasmessi alle Commissioni di settore competenti per materia, ai fini dell'espressione del parere, che assume una peculiare valenza procedurale.Pag. 113
  A tale parere, infatti, si riconosce efficacia vincolante per la XIV Commissione. L'espressione di un parere favorevole, ancorché con condizioni o osservazioni, equivarrà pertanto a un'assunzione dell'emendamento da parte della Commissione, assimilabile alla diretta approvazione di cui all'articolo 126-ter, comma 5, del Regolamento. Tali emendamenti potranno essere respinti dalla XIV Commissione solo qualora siano considerati contrastanti con la normativa europea o per esigenze di coordinamento generale. Viceversa, un parere contrario della Commissione in sede consultiva su tali emendamenti avrà l'effetto di precludere l'ulteriore esame degli stessi presso la XIV Commissione.
  Passando quindi a illustrare il contenuto disegno di legge C. 4620, rileva come esso consti di 15 articoli e sia corredato dell'allegato A, contenente l'elenco delle direttive da recepire con decreto legislativo: in tale contesto le parti dell'articolato riguardanti i profili di competenza della Commissione Finanze sono costituite dagli articoli 5, 8, 9, 10.
  L'articolo 5, come modificato nel corso dell'esame al Senato, reca i principi e criteri direttivi specifici relativi alla delega per l'attuazione della direttiva 2016/97, sulla distribuzione assicurativa, che abroga la direttiva 2002/92/CE (direttiva sulla intermediazione assicurativa), la quale deve essere recepita negli ordinamenti nazionali entro il 23 febbraio 2018. L'individuazione di specifici criteri di delega è dovuta alle diverse opzioni che la direttiva consente di esercitare o meno da parte del legislatore nazionale, nonché alla necessità di coordinare e armonizzazione la disciplina vigente con le nuove norme.
  Con le modifiche apportate durante l'esame parlamentare, tra l'altro:
   viene specificato il riparto di competenze tra IVASS e CONSOB in relazione alla distribuzione di prodotti di investimento assicurativo;
   si dispone che le norme delegate evitino duplicazioni di costi e di adempimenti per gli intermediari;
   si prevede che il documento informativo contenga anche informazioni dettagliate riguardo il livello di rischio del prodotto assicurativo;
   si allinea la disciplina sulla percezione di onorari, commissioni o altri benefici ai distributori a quella prevista dalla direttiva 2014/65/UE (cosiddetta direttiva MiFID 2);
   si consente di sanzionare ulteriori violazioni rispetto a quelle indicate dalla direttiva (UE) 2016/97, nonché di prevedere livelli di sanzioni pecuniarie amministrative più elevati di quelli minimi previsti dalle norme UE, anche al fine del coordinamento con l'apparato sanzionatorio introdotto nell'ordinamento nazionale in attuazione della citata direttiva MiFID 2.

  In particolare, le lettere a) e b) del comma 1 dell'articolo 5 stabiliscono criteri di delega volti al coordinamento con la normativa europea della disciplina vigente in ambito assicurativo e finanziario, con espressa abrogazione delle disposizioni incompatibili. Tra la normativa vigente da modificare sono individuati in particolare il decreto legislativo n. 209 del 2005 (Codice delle assicurazioni private – CAP), il decreto legislativo n. 58 del 1998 (Testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria – TUF) e il decreto-legge n. 95 del 2012, che ha istituito e regolamentato l'IVASS (sopprimendo l'ISVAP).
  Nel corso dell'esame parlamentare al Senato è stata soppressa la disposizione che manteneva ferma la normativa vigente per quanto riguarda la potestà regolamentare degli organismi di vigilanza previsti (IVASS, CONSOB, Banca d'Italia) con riferimento ai rispettivi aspetti organizzativi, funzionali e di vigilanza.
  In particolare nel corso dell'esame al Senato sono state apportate modifiche al criterio di delega concernente il riparto di competenza sulla vigilanza da parte delle Autorità di settore sui prodotti di investimento assicurativo (come indicati dall'articolo 1, comma 1, lettera w-bis.3) del TUF). Pag. 114
  Al riguardo segnala come la necessità di introdurre la categoria dei prodotti di investimento assicurativo sia stata anticipata dalla direttiva MiFID 2: ai sensi del considerando n. 87 della direttiva, gli investimenti che riguardano contratti assicurativi sono spesso messi a disposizione dei consumatori come potenziali alternative agli strumenti finanziari regolamentati dalla presente direttiva o in sostituzione degli stessi. Al fine di fornire una protezione coerente ai clienti al dettaglio e garantire condizioni di parità per prodotti simili, è importante che i prodotti di investimento assicurativo siano sottoposti a opportuni requisiti. La MiFID 2 pertanto ha previsto una disciplina in tema di prodotti d'investimento assicurativo all'interno della direttiva sulla intermediazione assicurativa (Capo III-bis della direttiva 2002/92/CE). Successivamente il Regolamento (CE) n. 1286/2014, relativo ai documenti contenenti le informazioni chiave per i prodotti d'investimento al dettaglio e assicurativi preassemblati (cosiddetto Regolamento PRIIPs), ha fornito una definizione dei prodotti di investimento assicurativo che è stata recepita nel TUF (all'articolo 1, comma 1, lettera w-bis.3 del TUF). La categoria dei prodotti di investimento assicurativo è stata nuovamente disciplinata a livello europeo dalla direttiva sulla distribuzione assicurativa (direttiva (UE) 2016/97) la quale ne ha ampliato il quadro regolamentare con riferimento ai conflitti d'interesse, alla informativa precontrattuale e agli incentivi e alla valutazione dell'idoneità e dell'adeguatezza del prodotto. Il Capo VI (articoli 26 e seguenti) prevede, infatti, alcuni requisiti supplementari in relazione ai prodotti di investimento assicurativi.
  I prodotti di investimento assicurativo, secondo la norma comunitaria, sono quelli che presentano una scadenza o un valore di riscatto esposti in tutto o in parte, in modo diretto o indiretto, alle fluttuazioni del mercato. Tale definizione sembra più ampia di quella contenuta nell'articolo 83 del Regolamento della CONSOB attuativo del TUF in materia di intermediari (delibera n. 16190 del 29 ottobre 2007), il quale include tra i prodotti finanziari assicurativi le polizze e le operazioni di cui ai rami vita III e V del Codice della assicurazioni – CAP (articolo 2, comma 1 del decreto legislativo n. 209 del 2005), con esclusione delle forme pensionistiche individuali (articolo 13, comma 1, lettera b), del decreto legislativo n. 252 del 2005). Le assicurazioni di ramo III sono le polizze unit linked e le polizze index linked. Le operazioni di ramo V sono quelle di capitalizzazione.
  La norma dell'articolo 5 prevede, con riferimento a tali prodotti di investimento assicurativi, di attribuire i poteri di vigilanza di indagine e sanzionatori previsti dalla direttiva (UE) 2016/97 e dal regolamento (UE) n. 1286/2014:
   a) all'IVASS in relazione alle attività di ideazione e di distribuzione del prodotto direttamente da parte delle imprese di assicurazione o per il tramite di agenti e broker assicurativi;
   b) alla CONSOB in relazione ai prodotti distribuiti da banche, intermediari finanziari ai sensi dell'articolo 107 del TUB, Sim e Poste italiane – Divisione servizi di bancoposta (soggetti inclusi nella sezione D del Registro Unico degli Intermediari assicurativi e riassicurativi – RUI).

  È confermata inoltre l'attribuzione alla CONSOB dei poteri relativi ai documenti contenenti le informazioni chiave per i prodotti assicurativi preassemblati.
  Nel corso dell'esame parlamentare è stato inoltre previsto che debbano istituirsi forme di coordinamento tra la CONSOB e l'IVASS al fine di assicurare la coerenza e l'efficacia complessiva del sistema di vigilanza sui prodotti di investimento assicurativi e ridurre gli oneri per i soggetti vigilati.
  Nella formulazione originaria della norma si disponeva che spettassero all'IVASS e alla CONSOB, nell'ambito delle rispettive competenze, i necessari poteri di vigilanza, di indagine e sanzionatori conseguenti all'adozione della direttiva 2016/97, avuto riguardo all'esigenza di semplificare Pag. 115gli oneri per i soggetti vigilati e che fossero stabilite forme di collaborazione e poteri regolamentari, da esercitarsi entro dodici mesi dall'entrata in vigore del decreto legislativo di recepimento.
  Le lettere c) e d) dell'articolo 5 del disegno di legge hanno ad oggetto i criteri direttivi in materia di obblighi e requisiti di registrazione per gli intermediari. In particolare, a fronte delle opzioni previste dalla direttiva (articolo 3, paragrafo 1, commi 3, 4 e 5) si prevede che gli intermediari assicurativi e riassicurativi e gli intermediari assicurativi a titolo accessorio siano registrati direttamente da apposito organismo posto sotto il controllo dell'IVASS, secondo le modalità da quest'ultima stabilite con regolamento. Ricorda che la direttiva dispone che le imprese di assicurazione e riassicurazione e i loro dipendenti non sono, invece, tenuti a registrarsi. Le imprese di assicurazione e riassicurazione e gli intermediari assicurativi e riassicurativi devono collaborare – come specificato in sede referente, sotto il monitoraggio dell'IVASS e nell'ambito delle proprie competenze – nella registrazione degli intermediari assicurativi e riassicurativi e degli intermediari assicurativi a titolo accessorio che agiscono sotto la loro responsabilità, che per effetto delle modifiche apportate in Commissione deve essere piena e diretta, verificandone contestualmente il rispetto delle condizioni di registrazione.
  Esercitando le opzioni previste nella direttiva (articolo 10, paragrafo 2, comma 4, e paragrafo 3, comma 2), si prevede che le imprese di assicurazione e riassicurazione e gli intermediari assicurativi e riassicurativi provvedano direttamente – come specificato in sede referente, sotto il monitoraggio dell'IVASS e nell'ambito delle proprie competenze – alla verifica del possesso dei requisiti professionali e di onorabilità dei propri dipendenti nonché degli intermediari assicurativi e riassicurativi e degli intermediari assicurativi a titolo accessorio che agiscono sotto la loro responsabilità, che deve essere piena e diretta, eventualmente impartendo essi stessi la formazione o fornendo essi stessi appositi strumenti di aggiornamento professionale corrispondenti ai requisiti relativi ai prodotti proposti.
  Durante l'esame parlamentare è stata introdotta la lettera e), la quale dispone che le norme delegate devono prevedere che non vi siano duplicazioni di costi e di adempimenti per gli intermediari assicurativi e riassicurativi e gli intermediari assicurativi a titolo accessorio già iscritti in altri albi o registri e soggetti alla vigilanza di altre autorità o organismi di vigilanza.
  Le lettere f), g) e h) riguardano le informative contrattuali e le vendite contestuali di prodotti di tipo diverso (cross selling).
  Al riguardo viene in primo luogo disposto, alla lettera f), la quale esercita l'opzione prevista dall'articolo 20, paragrafo 7, della direttiva, che il documento informativo standardizzato sia fornito dal distributore contestualmente alle altre informazioni richieste dalla normativa vigente, secondo le modalità stabilite da IVASS. Il medesimo documento informativo deve contenere anche informazioni dettagliate riguardo il livello di rischio del prodotto assicurativo contrassegnato, almeno, da un indice di rischio secondo un ordine crescente di rischiosità da 0 a 10, in cui 0 corrisponde ad assenza di rischio e 10 corrisponde a massimo rischio.
  In coerenza alle modifiche apportate alla lettera a) durante l'esame in sede referente, si dispone che siano attribuiti, secondo le rispettive competenze, poteri cautelari e interdittivi all'IVASS e alla CONSOB, prevedendo nello specifico il potere delle medesime autorità di vietare la vendita di un'assicurazione assieme a un servizio o prodotto accessorio diverso da un'assicurazione, come parte di un pacchetto o dello stesso accordo, quando tale pratica sia dannosa per i consumatori (lettera g), che esercita l'opzione prevista dall'articolo 24, paragrafo 7, della direttiva).
  Le autorità competenti devono poter adottare provvedimenti secondari al fine di introdurre, in tema di obblighi di informazione a tutela degli assicurati, disposizioni Pag. 116uniformi (come specificato durante l'esame in parlamentare) più rigorose di quelle previste dal Capo V della direttiva, tenuto conto del carattere di armonizzazione minima della stessa direttiva (lettera h), che esercita l'opzione prevista dall'articolo 22, paragrafo 2, della direttiva).
  La lettera i) prevede che le informazioni obbligatorie da fornire al cliente e quelle riguardanti la valutazione dell'idoneità e dell'adeguatezza dei prodotti (articoli 29 e 30 della direttiva) siano fornite anche ai clienti professionali (come individuati dall'allegato II della direttiva MiFID 2). Anche in questo caso è esercitata un'opzione, in senso più gravoso, prevista dalla direttiva (all'articolo 22, paragrafo 1).
  La lettera l) prevede che sia disciplinata la prestazione di consulenza da parte dell'intermediario assicurativo o dell'impresa di assicurazione nel caso di vendita di un prodotto d'investimento assicurativo, escludendo oneri a carico dei consumatori. Tale disposizione non si pronuncia in merito all'opzione prevista dall'articolo 29, paragrafo 3, comma 3, della direttiva che consente agli Stati di rendere obbligatoria la consulenza per la vendita di un prodotto d'investimento assicurativo.
  La lettera m), introdotta in sede referente, dispone che sia prevista, per la percezione di onorari, commissioni o altri benefici monetari o non monetari pagati o forniti ai distributori nel caso di vendita di un prodotto di investimento assicurativo, la medesima disciplina prevista dalla direttiva 2014/65/UE (cosidetta MiFID 2) e dalle relative disposizioni di attuazione.
  La lettera n), al fine di omologare la disciplina in materia di risoluzione delle controversie sorte tra consumatori e imprese di assicurazioni con quella innovata dalla direttiva 2016/97 riguardante il segmento della distribuzione assicurativa, è volta a dare attuazione all'articolo 15 della direttiva introducendo procedure di reclamo e di risoluzione stragiudiziale delle controversie, anche fra i clienti e le imprese di assicurazione e riassicurazione, aventi ad oggetto i diritti e gli obblighi derivanti dalla direttiva 2016/97, nonché dalle altre disposizioni applicabili ai soggetti vigilati, nel rispetto dei principi, delle procedure e dei requisiti previsti dal Codice del consumo (decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206, il quale disciplina una procedura di risoluzione extragiudiziale delle controversie eseguita da un organismo ADR-Alternative Dispute Resolution). Per effetto delle modifiche in sede referente, devono essere seguiti anche i principi, le procedure e i requisiti disposti:
   dalle disposizioni di cui al decreto legislativo n. 179 del 2007, concernente l'istituzione di procedure di conciliazione e di arbitrato, del sistema di indennizzo e del Fondo per la tutela stragiudiziale dei risparmiatori e degli investitori;
   dalla direttiva 2013/11/UE sulla risoluzione alternativa delle controversie dei consumatori;
   dalle disposizioni sulla risoluzione stragiudiziale delle controversie operanti in ambito bancario e finanziario.

  La lettera o) prevede di modificare, con riguardo alle imprese di assicurazione e ai distributori assicurativi e riassicurativi, l'impianto relativo alle sanzioni amministrative pecuniarie contenuto nel CAP, anche prevedendo misure alternative e misure accessorie alle sanzioni amministrative pecuniarie, al fine di armonizzare la predetta disciplina con il sistema sanzionatorio previsto per le violazioni di obblighi contenuti nella direttiva. Con le modifiche apportate durante l'esame parlamentare è stato specificato che restano ferme le competenze delle singole autorità di vigilanza.
  Non viene invece esercitata l'opzione (prevista dall'articolo 33, paragrafo 4, della direttiva) con la quale possono essere previste nuove ipotesi sanzionatorie.
  Viene inoltre previsto di realizzare, nel rispetto della specificità del settore assicurativo, una armonizzazione con l'analoga disciplina stabilita dal TUB e dal TUF. A tal fine si prevede di:
   1) attribuire all'IVASS il potere di applicare, nell'ambito della propria competenza Pag. 117le sanzioni amministrative pecuniarie alle imprese di assicurazione o di riassicurazione, o alle imprese di partecipazione assicurativa, o alle imprese di partecipazione finanziaria mista, nei cui confronti siano accertate le violazioni della normativa primaria e secondaria di riferimento;
   2) introdurre una più estesa responsabilizzazione delle persone fisiche rispetto all'attuale disciplina prevista dal CAP, con la possibilità – fermi i casi di inosservanza dei doveri nei confronti dell'autorità di vigilanza (previsti nel Titolo XVIII, Capo V, del CAP) – che la sanzione sia irrogata anche nei confronti dei soggetti che svolgono le funzioni di amministrazione, direzione, controllo nonché dei dipendenti o di coloro che operano sulla base di rapporti che ne determinano l'inserimento nell'organizzazione del soggetto vigilato anche in forma diversa dal rapporto di lavoro subordinato, individuando le tipologie di violazione, i presupposti che determinano la responsabilità delle persone fisiche, le condizioni in relazione alle funzioni ricoperte nella struttura dell'impresa che ne determinano la sanzionabilità;
   3) nel rispetto del riparto di competenze attribuite alle altre autorità nei settori bancario, creditizio e finanziario:
    3.1) prevedere in capo all'IVASS il potere di irrogare sanzioni amministrative pecuniarie secondo importi edittali minimi e massimi in coerenza con i limiti indicati dalla direttiva e, per le violazioni diverse da quelle concernenti l'attività di distribuzione assicurativa, con i limiti minimi e massimi previsti per le persone fisiche e le persone giuridiche dal TUB, assicurando il rispetto dei principi di proporzionalità, dissuasività, adeguatezza e coerenza con la capacità finanziaria del soggetto responsabile della violazione, ovvero, in base ai criteri e nei limiti massimi previsti dal regolamento n. 1286/2014, relativo ai documenti contenenti le informazioni chiave per i prodotti d'investimento al dettaglio e assicurativi preassemblati (PRIIPs);
    3.2) prevedere l'introduzione di specifiche misure per la deflazione dei procedimenti sanzionatori, stabilendo che più violazioni commesse in un determinato arco temporale costituiscono oggetto di accertamento unitario da parte dell'IVASS e che le violazioni della stessa indole sono contestate con un unico atto;
   4) l'entità delle sanzioni amministrative, applicabili alle violazioni diverse da quelle concernenti l'attività di distribuzione assicurativa, è determinata nel seguente modo:
    4.1) la sanzione applicabile alle società sarà compresa tra un minimo di euro trentamila ed un massimo pari al dieci per cento del fatturato;
    4.2) la sanzione applicabile alle persone fisiche sarà compresa tra un minimo di euro cinquemila ed un massimo di euro cinque milioni;
    4.3) qualora il vantaggio ottenuto dall'autore della violazione sia superiore ai limiti indicati ai punti 4.1) e 4.2), le sanzioni sono elevate fino al doppio dell'ammontare del vantaggio ottenuto, purché tale vantaggio sia determinabile;
   5) per le violazioni concernenti l'attività di distribuzione assicurativa, l'entità delle sanzioni amministrative è determinata nel seguente modo:
    5.1) la sanzione applicabile alle società sarà compresa tra un minimo di cinquemila euro ed un massimo di cinque milioni di euro, oppure, se superiore, corrispondente al 5 per cento del fatturato complessivo annuo risultante dall'ultimo bilancio disponibile approvato;
    5.2) la sanzione applicabile alle persone fisiche sarà compresa tra un minimo di euro mille ed un massimo di euro settecentomila;
   6) per le violazioni connesse alla distribuzione dei prodotti d'investimento assicurativi le sanzioni amministrative pecuniarie a carico dei distributori sono Pag. 118definite in base ai criteri e nei limiti massimi di cui all'articolo 33, paragrafo 2, della direttiva n. 2016/97:
    nel caso persona giuridica, le seguenti sanzioni amministrative pecuniarie massime:
     i) almeno 5.000.000 di euro o fino al 5 per cento del fatturato totale annuo in base all'ultimo bilancio disponibile approvato dall'organo di amministrazione o, negli Stati membri la cui moneta ufficiale non è l'euro, il valore corrispondente nella valuta nazionale alla data di entrata in vigore della presente direttiva. Se la persona giuridica è un'impresa madre o una filiazione dell'impresa madre che deve redigere bilanci consolidati ai sensi della direttiva 2013/34/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, il fatturato complessivo da considerare è il fatturato complessivo annuo risultante dagli ultimi conti consolidati disponibili approvati dall'organo di amministrazione dell'impresa madre capogruppo; oppure
     ii) fino al doppio dell'ammontare dei profitti ricavati o delle perdite evitate grazie alla violazione, se possono essere determinati;
    nel caso di una persona fisica, le seguenti sanzioni amministrative pecuniarie massime:
     i) almeno 700.000 euro o, negli Stati membri la cui moneta non è l'euro, il valore corrispondente nella valuta nazionale alla data di entrata in vigore della presente direttiva; oppure
     ii) fino al doppio dell'ammontare dei profitti ricavati o delle perdite evitate grazie alla violazione, se possono essere determinati.

  La lettera p), introdotta in sede referente, delega il Governo a valutare, in linea con l'articolo 33, paragrafo 1, della direttiva 2016/97/UE, la possibilità di sanzionare ulteriori violazioni rispetto a quelle indicate dalle lettere da a) a f) del citato articolo 33, paragrafo 1, nonché la possibilità di prevedere livelli di sanzioni pecuniarie amministrative più elevati di quelli minimi previsti dall'articolo 33, paragrafo 2, lettere e) ed f), al fine del coordinamento con l'apparato sanzionatorio introdotto nell'ordinamento nazionale in attuazione della già menzionata direttiva MiFID 2 (direttiva 2014/65/UE).
  L'articolo 8, modificato nel corso dell'esame in sede referente, delega il Governo ad adottare uno o più decreti legislativi per adeguare la normativa nazionale al regolamento (UE) n. 596/2014, relativo agli abusi di mercato.
  Tra i principi e criteri direttivi specifici per l'esercizio della delega indicati dal comma 3 segnala la necessità di garantire un appropriato grado di protezione dell'investitore, di tutela della stabilità finanziaria e dell'integrità dei mercati finanziari. La CONSOB viene designata quale autorità competente.
  Nel corso dell'esame parlamentare sono stati specificati o modificati alcuni principi e criteri direttivi. Tra l'altro, il Governo è stato delegato a:
   ridisciplinare gli obblighi di comunicazione delle operazioni effettuate su azioni dell'emittente quotato in capo agli azionisti rilevanti e di controllo, nel rispetto dei principi indicati dalle disposizioni che vietano il cosiddetto gold plating;
   rivedere la disciplina in materia di ritardo della comunicazione al pubblico di informazioni privilegiate, prevedendo la trasmissione, su richiesta della CONSOB, della documentazione comprovante il rispetto della normativa UE;
   rivedere la disciplina in materia di confisca di cui all'articolo 187-sexies del TUF, in modo tale da assicurare l'adeguatezza della confisca prevedendo che essa abbia ad oggetto, anche per equivalente, il profitto derivato dalle violazioni delle previsioni del regolamento (UE) n. 596/2014, in luogo di prevedere – come previsto in origine dal disegno di legge – la mera estensione della disciplina in materia di confisca ai casi di violazione delle disposizioni del predetto regolamento UE.

  Più in dettaglio, il comma 1 dell'articolo 8 delega il Governo ad adottare, entro Pag. 119sei mesi dalla data di entrata in vigore del provvedimento in esame e secondo le ordinarie procedure di recepimento degli atti normativi UE (di cui all'articolo 31 della legge n. 234 del 2012), previo parere delle competenti Commissioni parlamentari, uno o più decreti legislativi per adeguare la normativa nazionale al regolamento (UE) n. 596/2014 (cosiddetto regolamento MAR), relativo agli abusi di mercato, che abroga la direttiva 2003/6/CE del Parlamento europeo e del Consiglio e le direttive 2003/124/CE, 2003/125/ CE e 2004/72/CE della Commissione.
  Trattandosi di un regolamento, le norme ivi contenute sono direttamente applicabili nell'ordinamento nazionale a partire dalla sua entrata in vigore (3 luglio 2016). Le norme in esame intendono quindi delegare il Governo all'adeguamento della disciplina nazionale alle prescrizioni già in forza.
  Ai sensi del comma 2, i predetti decreti legislativi sono adottati su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri e del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con i Ministri della giustizia, degli affari esteri e della cooperazione internazionale e dello sviluppo economico.
  Il comma 3 reca gli specifici principi e criteri direttivi per l'esercizio della delega. Più in dettaglio, ai sensi della lettera a), il Governo deve modificare la normativa vigente in conformità alle definizioni e alla disciplina del regolamento MAR, al fine di coordinarla con le altre disposizioni vigenti, assicurando un appropriato grado di protezione dell'investitore, di tutela della stabilità finanziaria e dell'integrità dei mercati finanziari. Per effetto delle modifiche apportate in sede referente, si chiarisce che le norme delegate devono in particolare:
   1) rivedere la disciplina degli strumenti finanziari diffusi presso il pubblico (di cui all'articolo 116 del TUF), in modo da garantire la tutela degli investitori, attribuendo alla CONSOB il potere di stabilire con regolamento gli obblighi di comunicazione delle informazioni necessarie per la valutazione degli strumenti finanziari da parte del pubblico, nei confronti degli emittenti strumenti finanziari diffusi in misura rilevante;
   2) rivedere la disciplina dell'articolo 114, comma 7, TUF, nella parte in cui prescrive gli obblighi di comunicazione delle operazioni effettuate su azioni dell'emittente quotato in capo agli azionisti rilevanti e di controllo, nel rispetto dei principi indicati dalle disposizioni che vietano il cosiddetto gold plating, contenute nell'articolo 14, commi 24-bis e seguenti, della legge n. 246 del 2005.

  Ai sensi della lettera b) viene previsto di apportare al TUF le modifiche e le integrazioni necessarie per dare attuazione alle disposizioni del regolamento MAR e provvedere ad abrogare espressamente le norme dell'ordinamento nazionale riguardanti gli istituti disciplinati dal regolamento anzidetto. Con le modifiche apportate in sede parlamentare, le norme delegate devono in particolare rivedere la disciplina in materia di ritardo della comunicazione al pubblico di informazioni privilegiate (articolo 114 TUF), prevedendo la trasmissione, su richiesta della CONSOB della documentazione comprovante il rispetto delle condizioni a tal fine richieste dall'articolo 17 del regolamento (UE) n. 596/2014.
  In estrema sintesi, rammenta che l'articolo 17 dispone che l'emittente comunichi al pubblico, quanto prima possibile, le informazioni privilegiate che lo riguardano direttamente; esse sono rese pubbliche secondo modalità che consentano un accesso rapido e una valutazione completa, corretta e tempestiva delle informazioni da parte del pubblico. Analoghe regole valgono per i partecipanti al mercato delle quote di emissioni.
  Sono chiarite le ipotesi in cui l'emittente o il partecipante al mercato delle quote di emissioni possono, sotto la propria responsabilità, ritardare la comunicazione al pubblico di informazioni privilegiate. Sono inoltre previste condizioni specifiche perché un emittente che sia un ente creditizio o un istituto finanziario Pag. 120possa ritardare, sotto la sua responsabilità, la comunicazione al pubblico di dette informazioni.
  Viene previsto che, se un emittente o un partecipante al mercato delle quote di emissioni, o un soggetto che agisca in suo nome o per suo conto, comunica informazioni privilegiate a terzi, nel normale esercizio di un'occupazione, una professione o una funzione, ha l'obbligo di dare integrale ed effettiva comunicazione al pubblico di tale informazione, contemporaneamente in caso di comunicazione intenzionale e tempestivamente in caso di comunicazione non intenzionale.
  Ai sensi della lettera c) si prevede di individuare la CONSOB quale autorità competente ai fini del regolamento, assicurando che la stessa autorità possa esercitare i poteri di vigilanza e di indagine di cui agli articoli 22 e 23 e i poteri sanzionatori di cui all'articolo 30 del regolamento.
  In merito ricorda che il richiamato articolo 23 del regolamento prevede le modalità con cui le autorità competenti esercitano le loro funzioni e i loro poteri: direttamente, in collaborazione con altre autorità o con imprese che gestiscono il mercato, sotto la loro responsabilità mediante delega a tali autorità o a imprese che gestiscono il mercato, ovvero rivolgendosi alle competenti autorità giudiziarie.
  Tra i poteri di controllo e di indagine a disposizione delle autorità vi sono: il potere di accedere a documenti e di richiedere informazioni a chiunque; il potere di eseguire ispezioni o indagini in siti diversi dalle residenze private di persone fisiche; di entrare nei locali di persone fisiche o giuridiche a specifiche condizioni, per sequestrare documenti e dati sotto qualsiasi forma, quando esista un ragionevole sospetto che documenti o dati connessi all'oggetto dell'ispezione o dell'indagine possano avere rilevanza per provare un caso di abuso di informazioni privilegiate o di manipolazione del mercato in violazione del regolamento; di chiedere le registrazioni esistenti relative a conversazioni telefoniche, comunicazioni elettroniche e allo scambio di dati conservate da società di investimento, istituti di credito o istituti finanziari; di chiedere il congelamento o il sequestro di beni, o entrambi; di sospendere la negoziazione dello strumento finanziario interessato; di richiedere la cessazione temporanea di qualsiasi pratica che l'autorità competente reputi contraria al regolamento e di imporre un'interdizione temporanea dall'esercizio dell'attività professionale.
  Le autorità designate possono inoltre adottare tutte le misure necessarie a garantire che il pubblico sia correttamente informato, anche imponendo all'emittente o ad altri che abbiano pubblicato o diffuso informazioni false o fuorvianti di pubblicare una dichiarazione di rettifica.
  Ai sensi dell'articolo 30 del regolamento è compito degli Stati membri provvedere affinché le autorità competenti abbiano il potere di adottare le sanzioni amministrative e altre misure amministrative adeguate in relazione alle violazioni del regolamento.
  Tra i poteri sanzionatori che gli Stati membri devono conferire alle Autorità competenti, in specifici casi individuati dal regolamento, vi sono poteri di tipo interdittivo e inibitorio (revoca o sospensione dell'autorizzazione di una società di investimento; interdizione temporanea o permanente, nei confronti di chiunque eserciti responsabilità di direzione in una società di investimento o di qualsiasi altra persona fisica ritenuta responsabile della violazione, dall'esercizio di funzioni dirigenziali in società di investimento) nonché il potere di comminare le anticipate sanzioni amministrative pecuniarie.
  Ai sensi della lettera d) del comma 3 dell'articolo 8 viene previsto, in linea con quanto già stabilito dal TUF, il ricorso alla disciplina secondaria adottata dalla CONSOB nell'ambito e per le finalità specificamente previste dal regolamento MAR e dalla legislazione dell'Unione europea attuativa del medesimo regolamento.
  Ai sensi della lettera e) si prevede di coordinare le vigenti disposizioni del TUF con quelle degli articoli 24, 25 e 26 del regolamento (UE) n. 596/2014 in materia di cooperazione e scambio di informazioni Pag. 121con l'Autorità europea degli strumenti finanziari e dei mercati (ESMA), con le autorità competenti degli Stati membri, nonché con le autorità di vigilanza di Paesi terzi.
  Ai sensi della lettera f) viene previsto di attribuire alla CONSOB il potere di imporre le sanzioni e le altre misure amministrative per le violazioni espressamente elencate dal già illustrato articolo 30 del regolamento MAR, nel rispetto dei criteri, dei limiti e delle procedure stabilite dal regolamento medesimo, nonché e della Parte V del TUF, che reca l'impianto sanzionatorio applicabile in Italia. Con le modifiche apportate durante l'esame in sede referente è stato previsto in particolare che le norme delegate rivedano l'articolo 187-terdecies del TUF: la richiamata norma prevede che, ove per lo stesso fatto è stata applicata a carico del reo o dell'ente una sanzione amministrativa pecuniaria, l'esazione della pena pecuniaria e della sanzione pecuniaria dipendente da reato è limitata alla parte eccedente quella riscossa dall'Autorità amministrativa. Le norme in esame delegano il Governo a introdurre norme che prevedano che l'Autorità giudiziaria o la CONSOB tengano conto, al momento dell'irrogazione delle sanzioni di propria competenza, delle misure punitive già irrogate; le norme delegate devono altresì disporre che l'esecuzione delle sanzioni, penali o amministrative, aventi la medesima natura, sia limitata alla parte eccedente a quella già eseguita o scontata.
  Ai sensi della lettera g), modificata nel corso dell'esame al Senato, si prevede di rivedere la disciplina in materia di confisca, di cui all'articolo 187-sexies del TUF, in modo tale da assicurare l'adeguatezza della confisca, prevedendo che essa abbia ad oggetto, anche per equivalente, il profitto derivato dalle violazioni delle previsioni del regolamento (UE) n. 596/2014.
  Nella formulazione originaria delle norma, le norme delegate avrebbero dovuto prevedere che la disciplina in materia di confisca, di cui all'articolo 187-sexies del TUF, trovasse applicazione anche nei casi di violazione delle disposizioni del regolamento UE.
  Ricorda che il predetto articolo 187-sexies del TUF chiarisce che l'applicazione delle sanzioni amministrative pecuniarie previste dal capo V del medesimo Testo Unico comporta sempre la confisca del prodotto o del profitto dell'illecito e dei beni utilizzati per commetterlo. Qualora non sia possibile eseguire la confisca, la stessa può avere ad oggetto somme di denaro, beni o altre utilità di valore equivalente. In nessun caso può essere disposta la confisca di beni che non appartengono ad una delle persone cui è applicata la sanzione amministrativa pecuniaria;
  In merito segnala come né la direttiva né il regolamento prevedono la confisca dei beni; tuttavia, l'articolo 30, comma 2, lettera b), prevede la restituzione dei guadagni realizzati o delle perdite evitate grazie alla violazione, per quanto possano essere determinati.
  Ai sensi della lettera h) si prevede che, per stabilire il tipo ed il livello di sanzione amministrativa per le violazioni delle previsioni stabilite dal regolamento MAR, si tenga conto delle circostanze pertinenti, elencate dall'articolo 31 del medesimo regolamento.
  In merito rammenta che in base al richiamato articolo 31, paragrafo 1, del regolamento, gli Stati membri devono garantire che, nello stabilire il tipo e il livello di sanzioni amministrative, le autorità competenti tengano conto di tutte le circostanze pertinenti, tra cui:
   a) la gravità e la durata della violazione;
   b) il grado di responsabilità dell'autore della violazione;
   c) la capacità finanziaria dell'autore della violazione, quale risulta, per esempio, dal fatturato complessivo della persona giuridica o dal reddito annuo della persona fisica;
   d) l'ammontare dei profitti realizzati e delle perdite evitate da parte dell'autore della violazione, nella misura in cui possano essere determinati;Pag. 122
   e) il livello di cooperazione che l'autore della violazione ha dimostrato con l'autorità competente, ferma restando la necessità di garantire la restituzione dei guadagni realizzati o delle perdite evitate;
   f) precedenti violazioni da parte dell'autore della violazione;
   g) misure adottate dall'autore della violazione al fine di evitarne il ripetersi.

  Ai sensi della lettera i) si prevede di adottare le opportune misure per dare attuazione alle disposizioni di cui all'articolo 32 del regolamento MAR, che disciplina la segnalazione all'autorità di vigilanza competente di violazioni effettive o potenziali del medesimo regolamento, tenendo anche conto dei profili di riservatezza e di protezione dei soggetti coinvolti.
  Al riguardo rammenta che il citato articolo 32 del regolamento MAR impone agli Stati membri di provvedere affinché le autorità competenti mettano in atto dispositivi efficaci per consentire la segnalazione, alle stesse autorità competenti, di violazioni effettive o potenziali del regolamento MAR. Essi includono almeno:
   a) procedure specifiche per il ricevimento di segnalazioni di violazioni e per le relative verifiche, compresa l'instaurazione di canali di comunicazione sicuri per tali segnalazioni;
   b) in ambito lavorativo, un'adeguata protezione delle persone che, impiegate in base a un contratto di lavoro, segnalano violazioni o sono a loro volta accusate di violazioni, contro ritorsioni, discriminazioni o altri tipi di trattamento iniquo;
   c) la protezione dei dati personali sia della persona che segnala la violazione, sia della persona fisica presunta responsabile della violazione, comprese misure di protezione atte a preservare la riservatezza della loro identità durante tutte le fasi della procedura, fatte salve le disposizioni nazionali che impongano la comunicazione di informazioni nel contesto di indagini o di successivi procedimenti giudiziari.

  Inoltre gli Stati membri devono prescrivere ai datori di lavoro che svolgono attività regolamentate dalla normativa in materia di servizi finanziari di mettere in atto procedure interne adeguate affinché i propri dipendenti possano segnalare violazioni del presente regolamento (cd. whistleblowing).
  È possibile disciplinare incentivi finanziari, conformemente al diritto nazionale, a quanti offrono informazioni pertinenti in merito a potenziali violazioni del regolamento MAR, se tali persone non sono tenute da altri doveri preesistenti di natura legale o contrattuale a comunicare tali informazioni e purché si tratti di informazioni prima ignorate e che portano all'imposizione di sanzioni amministrative o penali o all'adozione di altre misure amministrative, per una violazione del regolamento.
  Ai sensi della lettera l) si prevede, nei termini di cui all'articolo 34 del regolamento, la pubblicazione da parte della CONSOB nel proprio sito internet delle decisioni relative all'imposizione di misure e sanzioni amministrative per le violazioni del regolamento medesimo.
  Al riguardo ricorda che, salvi casi specifici disciplinati dal regolamento, il regolamento MAR prevede (all'articolo 34) che le autorità competenti pubblichino le decisioni relative all'imposizione di una sanzione amministrativa o altra misura amministrativa in caso di violazione del presente regolamento, sui propri siti internet, immediatamente dopo che la persona destinataria di tale decisione sia stata informata di tale decisione. Tale norma non si applica alle decisioni che impongono misure di natura investigativa.
  La pubblicazione può essere rinviata, pubblicata in forma anonima o evitata in specifiche ipotesi valutate dall'autorità competente in relazione agli interessi in campo (ove l'autorità ritenga che la pubblicazione dell'identità della persona giuridica destinataria della decisione, o dei dati personali di una persona fisica sia sproporzionata a seguito di una valutazione condotta caso per caso sulla proporzionalità della pubblicazione di tali Pag. 123dati o qualora tale pubblicazione comprometterebbe un'indagine in corso o la stabilità dei mercati finanziari). Le autorità competenti provvedono a che ogni decisione pubblicata ai sensi del presente articolo rimanga accessibile sul loro sito internet per almeno cinque anni dopo la pubblicazione.
  Il comma 4 dell'articolo 8 reca la clausola di invarianza finanziaria.
  L'articolo 9, ai commi 1 e 2 conferisce delega al Governo per la predisposizione, entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della legge, previo parere delle Commissioni parlamentari competenti, di uno più decreti legislativi per la completa attuazione del regolamento (UE) n. 2016/1011, sugli indici usati come indici di riferimento negli strumenti finanziari e nei contratti finanziari o per misurare la performance di fondi di investimento e recante modifica delle direttive 2008/48/CE e 2014/17/UE e del regolamento (UE) n. 596/2014.
  Al riguardo rammenta che il regolamento (UE) n. 2016/1011, entrato in vigore il 30 giugno 2016 (cosiddetto «Regolamento benchmarks») si applica a decorrere dal 1o gennaio 2018, con l'eccezione di alcune disposizioni applicabili dal 30 giugno 2016 e della disposizione di cui all'articolo 56, che si applica a decorrere dal 3 luglio 2016. Per l'adeguamento dell'ordinamento interno alle disposizioni del predetto Regolamento occorre pertanto inserire parti della nuova disciplina in materia nel testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria TUF. Alcune misure di adeguamento e conformità da parte degli Stati membri sono espressamente indicate dallo stesso regolamento. Sebbene le norme regolamentari europee rappresentino fonti del diritto immediatamente applicabili nell'ordinamento italiano, viene ritenuto che la delega al Governo debba almeno consentire di poter operare gli interventi espressamente richiesti agli Stati membri dal regolamento.
  Il «Regolamento benchmarks» introduce pertanto un quadro normativo comune, teso ad assicurare accuratezza e integrità degli indici di riferimento, detti appunto benchmarks. L'ambito oggettivo di applicazione del Regolamento è in ogni caso circoscritto alla fornitura dei predetti indici di riferimento, alla contribuzione di dati per tali benchmarks e al loro uso nell'Unione europea. Vengono dettate norme più stringenti per i parametri di riferimento utilizzati nell'UE per gli strumenti e i contratti finanziari, nonché per misurare la performance di fondi di investimento.
  I parametri di riferimento, i benchmarks, sono indici che vengono utilizzati per confrontare il prezzo di strumenti finanziari o pagamenti nell'ambito di contratti finanziari. Tra gli esempi vengono riportati il LIBOR (London Interbank Offered Rate) e l'EURIBOR (Euro Interbank Offered Rate) – entrambi indici dei tassi d'interesse interbancari, le valutazioni del prezzo del petrolio e gli indici del mercato azionario. I benchmarks costituiscono un elemento importante del sistema finanziario, nel senso che esercitano un'influenza sugli investitori e sui consumatori in quanto determinano il valore degli strumenti finanziari e dei pagamenti nell'ambito di contratti finanziari, come ad esempio i mutui.
  La nuova disciplina legislativa europea prevede la necessità di regolamentare gli amministratori dei parametri. Questi ora vengono sottoposti alla supervisione delle autorità nazionali competenti, in coordinamento con l'Autorità europea degli strumenti finanziari e dei mercati. Per i parametri più critici è prevista la costituzione di collegi di supervisori nazionali.
  La normativa prevede anche il rafforzamento delle procedure di governance e sorveglianza su tutti coloro che calcolano i parametri o forniscono informazioni utilizzate per il calcolo, specie per evitare conflitti d'interesse, oltre alla messa a disposizione del pubblico dei dati utilizzati per il calcolo dei parametri, nonché delle informazioni riguardanti l'oggetto e le finalità di ogni parametro.
  Le norme prevedono infine l'obbligo per le banche di valutare l'adeguatezza dei parametri utilizzati prima di concludere Pag. 124qualsiasi contratto finanziario (ad esempio mutui) con un cliente e di avvisare la clientela in caso di inadeguatezza.
  In tale contesto normativo il comma 3 dell'articolo 9 elenca i princìpi e criteri direttivi specifici alla base dell'esercizio della delega governativa.
  Sulla base dei criteri di cui alle lettere a) e b) dovranno essere adottate le occorrenti modificazioni alla normativa vigente, anche di derivazione europea, per i settori interessati dalla normativa da attuare, al fine di realizzare il migliore coordinamento con le altre disposizioni vigenti, con l'obiettivo di assicurare l'integrità dei mercati finanziari e la stabilità finanziaria e un appropriato grado di tutela degli investitori. Dovranno quindi essere apportate al predetto testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, le modifiche e le integrazioni necessarie per dare attuazione alle disposizioni del citato Regolamento (UE) n. 2016/1011 e alle inerenti norme tecniche di regolamentazione e di attuazione che lo richiedono, nonché provvedere ad abrogare espressamente le eventuali norme dell'ordinamento nazionale riguardanti gli istituti disciplinati dal regolamento anzidetto.
  I criteri di cui alle lettere c) e d) prevedono la designazione della CONSOB e delle altre autorità nazionali competenti, ai sensi dell'articolo 40, comma 1, del Regolamento benchmarks, per quanto attiene alla vigilanza sia degli amministratori di indici che degli altri soggetti elencati dal Regolamento (articolo 3, paragrafo 1, punto 17, lettere da a) a k), nonché per l'attribuzione dei poteri previsti dallo stesso regolamento.
  Ai sensi della lettera e), la CONSOB viene designata quale autorità responsabile del coordinamento e dello scambio di informazioni con la Commissione europea, l'AESFEM e le altre autorità competenti degli Stati membri.
  Sulla base della lettera f), occorre attribuire alla CONSOB e alle altre autorità nazionali competenti i poteri di imporre sanzioni per le violazioni previste dall'articolo 42 del Regolamento, prevedendo peraltro che, nello stabilire il tipo e il livello di sanzione, occorre tener conto delle circostanze pertinenti elencate dall'articolo 43 del Regolamento medesimo.
  Il criterio di cui alla lettera g) prevede che, per stabilire il tipo e il livello di sanzione amministrativa per le violazioni delle previsioni stabilite dal Regolamento, si tenga conto delle circostanze pertinenti, elencate dall'articolo 43 del medesimo Regolamento.
  Il comma 4 dell'articolo 9 reca la clausola di invarianza finanziaria.
  L'articolo 10, al comma 1, lettera a), conferisce una delega al Governo per la predisposizione, entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della legge, previo parere delle competenti Commissioni parlamentari, di uno più decreti legislativi per la completa attuazione del Regolamento (UE) n. 2015/2365 sulla trasparenza delle operazioni di finanziamento tramite titoli, il quale completa le disposizioni della direttiva 2009/65/CE riguardante gli OICVM e della direttiva 2011/61/UE sui GEFIA.
  In merito ricorda che il Regolamento (UE) n. 2015/2365 (Regolamento SFTs o SFT-R) fissa le norme in materia di trasparenza delle operazioni di finanziamento tramite titoli e di riutilizzo, istituendo un quadro normativo armonizzato in materia di trasparenza delle operazioni di finanziamento tramite titoli (SFTs) e di riutilizzo. La nuova disciplina legislativa europea affianca la riforma strutturale delle banche e tende ad introdurre più trasparenza nel sistema bancario ombra (cosiddetto shadow banking) allo scopo di evitare che parte della regolamentazione del settore bancario venga aggirata. La genesi dell'intervento comunitario è da rinvenirsi nella consapevolezza, emersa nel corso delle crisi finanziarie recenti, della necessità di migliorare la trasparenza e il controllo non solo nel settore bancario tradizionale, ma anche in settori in cui soggetti non bancari svolgono attività creditizie (il cosiddetto «sistema bancario ombra»). Le operazioni di finanziamento tramite titoli (STFs) possono infatti determinare Pag. 125l'accumulo di leva finanziaria, prociclicità e interconnessione dei mercati finanziari. In particolare, la mancanza di trasparenza nell'uso delle SFTs e di altre strutture di finanziamento assimilabili ha talvolta reso più complessa sia l'azione delle autorità di regolamentazione e di vigilanza che la possibilità in concreto per gli investitori, di valutare e monitorare correttamente i rischi analoghi ai rischi bancari e il livello di interconnessione nel sistema finanziario. Nello specifico, l'obiettivo della regolamentazione dell'Unione è quello di incrementare la trasparenza delle cosiddette securities financing transactions (SFTs), negoziazioni sinteticamente definibili come quelle che usano valori mobiliari dati in garanzia (cioè come collaterale) e quindi titoli di proprietà della controparte. Per questo genere di operazioni, il Regolamento SFTs prevede degli obblighi informativi (cosidetti di reporting) a carico delle controparti contraenti, sia finanziarie che non finanziarie, verso i repertori di dati (trade repositories, TRs), al fine di permettere alle autorità di vigilanza europee di monitorare complessivamente i rischi derivanti da tali tipologie di transazioni. Fra i soggetti sottoposti a tali obblighi vi sono i gestori di fondi di investimento che saranno obbligati a rendere trasparente agli investitori 1'uso di tali operazioni. Infine, la normativa impone taluni requisiti anche informativi sul reimpiego di collaterale. Il regolamento si applica alle controparti in dette operazioni, o che svolgono attività di riutilizzo, oltreché alle società di gestione o di investimento OICVM e ai gestori di fondi alternativi (cosiddetti GEFIA).
  Il Regolamento SFT crea un quadro dell'Unione in materia di segnalazione ai repertori di dati sulle negoziazioni delle informazioni relative alle SFTs da parte delle controparti finanziarie e non finanziarie di tali operazioni. Dette informazioni saranno conservate a livello centralizzato e facilmente e direttamente accessibili alle competenti autorità, quali l'AESFEM (ESMA), il CERS e il SEBC, ai fini dell'individuazione e del monitoraggio dei rischi per la stabilità finanziaria derivanti da attività di shadow banking effettuate da entità regolamentate e non regolamentate. La segnalazione dovrebbe comportare costi operativi minimi per i partecipanti al mercato poiché basata su infrastrutture e procedure già esistenti.
  Ulteriori requisiti minimi in materia di informativa ai fini dell'accrescimento della trasparenza contrattuale e operativa sono previsti a carico delle controparti che effettuano operazioni di cosiddetto riutilizzo. Il riutilizzo dovrebbe avvenire solo in caso di conoscenza esplicita dei rischi intrinseci e con il previo consenso della controparte fornitrice, espresso in un accordo contrattuale, e dovrebbe trovare adeguata conferma nel conto titoli. La controparte che riceve gli strumenti finanziari a titolo di garanzia reale sarà autorizzata ad effettuare operazioni di riutilizzo sugli stessi strumenti solo con il consenso espresso della controparte fornitrice e solo dopo averli trasferiti sul proprio conto. L'ambito oggettivo di applicazione del regolamento è circoscritto alla trasparenza di alcune attività di mercato, quali le SFTs, le altre strutture di finanziamento aventi effetto economico equivalente e il riutilizzo. Il Regolamento si applica a tutte le controparti nei mercati delle operazioni di finanziamento tramite titoli, ai fondi di investimento (quali definiti dalle direttive 2009/65/CE e 2011/61/UE) e a tutte le controparti che effettuano il riutilizzo, e copre tutti gli strumenti finanziari di cui all'articolo 4, paragrafo 1, punto 15, della direttiva 2014/65/UE (c.d. MiFID 2) forniti come garanzia reale. Ai sensi dell'articolo 33 del Regolamento (UE) n. 2015/2365, lo stesso si applica dal 12 gennaio 2016, con l'eccezione di alcune disposizioni applicabili dal 13 luglio 2016 (articolo 15), altre applicabili dal 13 gennaio e dal 13 luglio 2017 (rispettivamente articolo 13 e articolo 14), nonché, riguardo all'articolo 4, paragrafo 1, per il quale sono previste scadenze differenziate di 12, 15, 18 e 21 mesi susseguenti alla pubblicazione dei relativi atti delegati adottati dalla Commissione europea a seconda della rispettiva tipologia di controparte interessata.Pag. 126
  Con una modifica approvata dalla Commissione in sede referente, la lettera b) del comma 1 conferisce inoltre al Governo la delega anche ad emanare disposizioni integrative e correttive del decreto legislativo n. 176 del 2016 (emanato in attuazione della delega prevista dalla legge n. 114 del 2015), il quale adegua la normativa nazionale alle disposizioni del regolamento (UE) n. 909/2014 sui depositari centrali di titoli (cosiddetto regolamento CSD – Central Securities Depositories Regulation); completa l'adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni del regolamento (UE) n. 648/2012, sugli strumenti derivati OTC (over the counter, ossia fuori dai mercati regolamentati), cosiddetto regolamento EMIR (European Market Infrastructure Regulation); traspone nell'ordinamento interno le modifiche apportate alla direttiva 98/26/UE dai citati regolamenti (UE) n. 909/2014 e n. 648/2012.
  In termini generali le norme comunitarie appena richiamate perseguono i seguenti obiettivi:
   armonizzare le attività di regolamento dei titoli all'interno dell'Unione europea e introdurre requisiti specifici per gli operatori che intendono effettuare le attività di regolamento titoli nell'ambito del mercato UE, creando così un mercato unico dei servizi di gestione accentrata e di regolamento dei titoli e al contempo favorendo l'attenuazione dei rischi di regolamento delle transazioni in strumenti finanziari (Regolamento UE n. 909/2014);
   determinare le condizioni per mitigare i rischi sistemici per la stabilità finanziaria connessi alle negoziazioni in contratti derivati over-the-counter (OTC) e di migliorare la trasparenza degli stessi contratti (Regolamento UE n. 648/2012);
   attenuare il rischio sistemico connesso ai sistemi di pagamento e di regolamento titoli e ridurre le turbative al sistema derivanti dalla procedura d'insolvenza nei confronti di uno dei partecipanti a tale sistema (direttiva 98/26/CE e successive modificazioni).

  Più in dettaglio, il regolamento (UE) n. 648/2012 sugli strumenti derivati OTC (over the counter, ossia fuori dai mercati regolamentati), le controparti centrali e i repertori di dati sulle negoziazioni (trade repository), cosiddetto regolamento EMIR, identifica le seguenti categorie di soggetti:
   controparti finanziarie, la cui tassonomia viene indicata dal regolamento stesso;
   controparti non finanziarie, definite come tutte le imprese stabilite nell'Unione, diverse dalle controparti finanziarie e dalle controparti centrali;
   controparti non finanziarie qualificate, che corrispondono al genere più esteso delle controparti non finanziarie, ma se ne differenziano poiché il valore nozionale lordo del portafoglio di strumenti derivati per i quali non sia oggettivamente misurabile la capacità di ridurre i rischi direttamente legati all'attività commerciale o di finanziamento di tesoreria dalle stesse detenuto supera determinate soglie, distinte per categoria di strumento derivato.

  Gli obblighi che discendono dal regolamento EMIR si applicano in funzione dell'appartenenza del soggetto ad una delle categorie sopra indicate.
  In particolare, le controparti finanziarie sono sottoposte:
   all'obbligo di clearing, che consiste nel sottoporre a compensazione mediante controparte centrale i contratti derivati negoziati OTC che appartengano ad una classe di derivati che sia stata dichiarata soggetta all'obbligo;
   all'obbligo di applicare tutte le tecniche di mitigazione del rischio previste dal regolamento EMIR con riferimento ai contratti non sottoposti a compensazione mediante controparte centrale.

  Le controparti non finanziarie sono sottoposte:
   all'obbligo di verifica che il valore del portafoglio di strumenti derivati OTC non superi la soglia di compensazione;Pag. 127
   all'obbligo di applicare talune tecniche di mitigazione del rischio con riferimento ai contratti non sottoposti a compensazione mediante controparte centrale.

  Le controparti non finanziarie qualificate sono sottoposte:
   all'obbligo di notificare alla CONSOB e all'ESMA l'avvenuto superamento e l'eventuale ritorno nei limiti delle soglie;
   all'obbligo di clearing, per i contratti interessati dall'obbligo e conclusi successivamente al superamento delle soglie;
   all'obbligo di applicare tutte le tecniche di mitigazione del rischio previste da EMIR con riferimento ai contratti non sottoposti a compensazione mediante controparte centrale.

  Il regolamento EMIR introduce inoltre l'obbligo di reporting dei contratti derivati ad una trade repository autorizzata o riconosciuta dall'ESMA, che si applica alle controparti centrali ed ai soggetti appartenenti ad ognuna delle suddette categorie.
  Il regolamento 909/2014 (cosiddetto regolamento CSD), si inserisce nel quadro delle iniziative UE in materia di infrastrutture di mercato, introducendo requisiti uniformi in materia di autorizzazione ed organizzazione, gestione dei rischi e vigilanza dei depositari centrali di titoli. Per depositario centrale di titoli si intende la persona giuridica che opera un sistema di regolamento titoli (cosiddetto servizio di regolamento) e fornisce almeno un altro servizio di base quale la registrazione iniziale dei titoli in un sistema di scritture contabili (cosiddetto servizio di notariato) o la fornitura e mantenimento dei conti titoli al livello più elevato (servizio di gestione accentrata).
  Esso prevede che i soggetti già operanti ai sensi degli ordinamenti nazionali quali depositari centrali di titoli presentino istanza di autorizzazione entro 6 mesi dall'entrata in vigore di alcuni standard tecnici. Il regolamento prevede che, fatte salve le funzioni di «oversight» dei membri del Sistema europeo delle banche centrali, un CSD sia autorizzato e vigilato dall'autorità competente del proprio Stato membro d'origine, che ciascuno Stato membro è tenuto a designare, informandone l'ESMA.
  Sulla falsariga di quanto stabilito dal regolamento EMIR, viene richiesto che, ove uno Stato membro designi più di un'autorità competente, siano specificati chiaramente i rispettivi ruoli e una sola autorità sia designata come responsabile della cooperazione con le autorità competenti degli altri Stati membri e le altre autorità di cui il regolamento prevede il coinvolgimento a diverso titolo (all'articolo 11). L'ESMA pubblica sul suo sito Internet l'elenco delle autorità competenti designate; alle autorità competenti sono conferiti i poteri di vigilanza e di indagine necessari per l'esercizio delle loro funzioni.
  La direttiva 98/26/CE, sul carattere definitivo del regolamento nei sistemi di pagamento e di regolamento titoli, più volte modificata nel tempo, contiene disposizioni volte a ridurre il rischio sistemico associato alla partecipazione ai sistemi di regolamento di pagamenti e di titoli, con particolare riferimento al rischio di insolvenza dei partecipanti a tale sistema. Le norme trovano applicazione al regolamento di pagamenti e di titoli, a ciascun partecipante in tali sistemi, nonché alle garanzie collaterali fornite per la partecipazione ai sistemi di regolamento, ovvero alle operazioni delle banche centrali degli Stati membri nell'esercizio delle proprie funzioni.
  Il comma 3 dell'articolo 9 elenca i principi e criteri direttivi della delega. In dettaglio, sulla base dei criteri di cui alle lettere a) e b) dovranno essere adottate le occorrenti modificazioni alla normativa vigente, anche di derivazione europea, per i settori interessati dalla normativa da attuare, al fine di realizzare il migliore coordinamento con le altre disposizioni vigenti, assicurando un appropriato grado di protezione dell'investitore, di tutela Pag. 128della stabilità finanziaria e dell'integrità dei mercati finanziari. Dovranno inoltre essere apportate al TUF le modifiche e le integrazioni necessarie per dare attuazione alle disposizioni del regolamento (UE) n. 2015/2365 che richiedono l'abrogazione esplicita di norme dell'ordinamento nazionale riguardanti gli istituti disciplinati dal regolamento anzidetto.
  Ai sensi della lettera c) dovranno essere apportate le opportune modifiche e integrazioni alle disposizioni in materia di sanzioni contenute nel TUF sulla base di quanto previsto nel Capo VIII del Regolamento, affinché le autorità di vigilanza di settore, secondo le rispettive competenze, possano imporre le sanzioni e le altre misure amministrative previste dagli articoli 22 e 28 del Regolamento in caso di violazione delle disposizioni indicate dai medesimi articoli, garantendo che, nello stabilire il tipo e il livello delle sanzioni e delle altre misure amministrative, si tenga conto di tutte le circostanze pertinenti, secondo quanto previsto dall'articolo 23 del medesimo Regolamento, attenendosi, con riferimento alle sanzioni pecuniarie, ai pertinenti limiti edittali indicati nel citato articolo 22.
  La lettera d) prevede la pubblicazione delle decisioni che impongono sanzioni o altre misure amministrative, nei limiti e secondo le previsioni dell'articolo 26 del Regolamento, nonché di assicurare che le decisioni e le misure adottate a norma del regolamento siano adeguatamente motivate e soggette al diritto di ricorso giurisdizionale, secondo quanto previsto dall'articolo 27 del Regolamento.
  La lettera e) provvede affinché siano messi in atto i dispositivi e le procedure per la segnalazione di violazioni di cui all'articolo 24 del medesimo Regolamento.
  Nel definire i criteri e i principi direttivi della delega di cui alla lettera b) del comma 1, per la disciplina integrativa e correttiva del decreto legislativo n. 176 del 2016, il comma 4 richiama inoltre i criteri e principi stabiliti dall'articolo 12 della legge n. 114 del 2015, integrandoli con quanto stabilito dalle lettere a) e b) del medesimo comma 4, le quali prevedono che il legislatore delegato dovrà:
   modificare il sistema sanzionatorio (previsto dal decreto legislativo n. 58 del 1998, come modificato dal decreto legislativo n. 176 del 2016) al fine di coordinare la disciplina in esame con le disposizioni sanzionatorie vigenti, nonché integrare il quadro sanzionatorio alle disposizioni in materia di gestione accentrata di strumenti finanziari, in relazione ai nuovi rilevanti obblighi previsti, in tale ambito, in capo agli intermediari e agli emittenti;
   realizzare il miglior coordinamento tra le norme di adeguamento al regolamento (UE) n. 909/2014 e quelle di adeguamento al citato regolamento (UE) 648/2012, anche prevedendo modifiche alla disciplina fallimentare.

  In sostanza, richiamando i principi e criteri specifici contenuti nella legge di delegazione europea del 2014 (legge n. 114 del 2015), nell'esercizio della delega il Governo è tenuto a seguire quanto previsto dall'articolo 12, comma 1, lettere da a) a g) della richiamata legge n. 114.
  In particolare, con la lettera a) del citato comma 1 dell'articolo 12 si prevede di apportare al TUF le integrazioni necessarie per dare attuazione alle disposizioni del regolamento n. 909/2014 che richiedono un intervento normativo da parte degli Stati membri e a provvedere, ove necessario, ad abrogare le norme dell'ordinamento nazionale riguardanti gli istituti disciplinati dal regolamento citato.
  La lettera b) del medesimo comma 1 prevede la designazione della CONSOB e della Banca d'Italia quali autorità competenti, ai sensi dell'articolo 11 del regolamento (il quale stabilisce che, se uno Stato membro designa più di un'autorità competente, ne deve specificare chiaramente i rispettivi ruoli e designare una sola di esse come responsabile della cooperazione con le autorità competenti degli altri Stati membri e le altre autorità rilevanti a diverso titolo). Alla CONSOB e alla Banca d'Italia sono attribuiti i poteri di vigilanza Pag. 129e d'indagine necessari per l'esercizio delle loro funzioni. In particolare, la norma di delega individua la CONSOB quale autorità responsabile della cooperazione, nonché quale autorità competente a ricevere la domanda di autorizzazione da parte del depositario centrale di titoli e a comunicare al soggetto richiedente, a seguito degli opportuni coordinamenti con la Banca d'Italia, il relativo esito.
  La lettera c) prescrive che, sulla base di quanto previsto nel titolo V (regime sanzionatorio) del predetto regolamento, il TUF venga modificato e integrato affinché la Banca d'Italia e la CONSOB, secondo le rispettive competenze, possano imporre le sanzioni e le altre misure amministrative previste dal regolamento, in misura efficace, proporzionata e dissuasiva. La norma chiarisce che occorre garantire, nello stabilire il tipo e il livello delle sanzioni e delle altre misure amministrative, che si tenga conto di tutte le circostanze pertinenti, nel rispetto dei limiti edittali indicati dalle norme europee (articoli 63 e 64 del regolamento n. 909/2014).
  La lettera d) statuisce che, nell'esercizio della delega, il Governo deve consentire la pubblicazione delle decisioni che impongono sanzioni o altre misure amministrative, nei limiti e secondo le previsioni del regolamento (in particolare dell'articolo 62 del regolamento (UE) n. 909/2014); esso deve assicurare che le decisioni e le misure adottate a norma del regolamento siano adeguatamente motivate e soggette al diritto di ricorso giurisdizionale, secondo quanto previsto dal medesimo regolamento (articolo 66 sul diritto al ricorso).
  Con la lettera e) viene previsto che la disciplina dei meccanismi di segnalazione delle violazioni sia definita secondo quanto previsto dall'articolo 65 del regolamento CSD, ai sensi del quale gli Stati membri assicurano che le autorità competenti istituiscano meccanismi efficaci per incoraggiare la segnalazione di reali o possibili violazioni del regolamento ed enumerano il contenuto minimo di tali meccanismi (tra i quali il whistleblowing, cioè la segnalazione da parte dei dipendenti).
  Le indicazioni della lettera f) intendono assicurare un intervento sulle altre disposizioni vigenti interessate dalle previsioni del regolamento, con particolare riferimento alle infrastrutture di post trading, al fine di realizzare il migliore coordinamento con le altre disposizioni vigenti, assicurando un appropriato grado di protezione dell'investitore, di tutela della stabilità finanziaria e dell'integrità dei mercati finanziari.
  Rileva come si tratti delle infrastrutture di post-negoziazione che, ai sensi del considerando 1 del regolamento, tutelano i mercati finanziari e garantiscono ai partecipanti al mercato che le operazioni su titoli siano eseguite correttamente e tempestivamente anche in periodi di forte stress.
  La lettera g) fissa i principi e criteri specifici di delega per la trasposizione nell'ordinamento interno delle modifiche apportate alla direttiva 98/26/CE dall'articolo 87 del regolamento (UE) n. 648/2012 e dall'articolo 70 del regolamento (UE) n. 909/2014. In merito viene chiarito che il recepimento di tale modifica avviene anche, se opportuno, attraverso l'introduzione di deroghe alla disciplina fallimentare.
  Più in generale, la lettera g) contiene una delega a rivalutare la complessiva attuazione della direttiva 98/26/CE, in particolare con riferimento alle previsioni relative all'irrevocabilità ed opponibilità degli ordini di trasferimento immessi in un sistema e dell'eventuale compensazione e regolamento degli stessi, apportando le modifiche necessarie, anche alla luce della disciplina di attuazione adottata dagli altri Stati membri e in considerazione delle caratteristiche del mutato panorama europeo dei servizi di post trading. Il Governo ove necessario, è altresì delegato a coordinare la disciplina di attuazione della direttiva 98/26/CE con le norme previste dall'ordinamento interno, incluse quelle Pag. 130adottate in applicazione del regolamento (UE) n. 909/2014 e del regolamento (UE) n. 648/2012.
  Il comma 5 dell'articolo 10 reca la clausola di invarianza finanziaria.
  Passando all'esame delle direttive contenute nell'Allegato A (le quali sono recepite dal Governo previo parere parlamentare sui relativi schemi di decreto legislativo) attinenti agli ambiti di competenza della Commissione Finanze, segnala, oltre alla direttiva (UE) 2016/97, già illustrata, oggetto della specifica norma di delega di cui all'articolo 5, le direttive di seguito elencate.
  La direttiva (UE) 2016/881, recante modifica della direttiva 2011/16/UE per quanto riguarda lo scambio automatico obbligatorio di informazioni nel settore fiscale.
  La direttiva risponde all'esigenza di fare fronte a pratiche di pianificazione fiscale aggressiva da parte, soprattutto, delle società multinazionali, le quali possono strutturare le proprie dichiarazioni fiscali in diversi Stati in modo tale da minimizzare l'impatto del fisco sulle proprie attività.
  In particolare, la direttiva prevede, all'articolo 1, paragrafo 2, l'obbligo, per le imprese controllanti capogruppo di un gruppo di imprese multinazionali fiscalmente residenti in uno Stato membro, di presentare una rendicontazione Paese per Paese relativamente al periodo d'imposta di rendicontazione. La presentazione deve avere luogo entro 12 mesi dall'ultimo giorno del periodo d'imposta di rendicontazione del gruppo di imprese multinazionali, come specificato nell'Allegato III («Regole di compilazione per i gruppi di imprese multinazionali»).
  Ai sensi dell'articolo 1, paragrafo 3, la rendicontazione Paese per Paese è oggetto di scambio obbligatorio delle informazioni, al fine di valutare il comportamento fiscale delle imprese, ma anche «a fini di analisi economiche e statistiche».
  Il paragrafo n. 6 delle premesse alla direttiva specifica che nella rendicontazione per Paese «i gruppi di imprese multinazionali dovrebbero fornire ogni anno e per ogni giurisdizione fiscale in cui operano l'importo dei ricavi, gli utili al lordo delle imposte sul reddito e le imposte sul reddito pagate e maturate» assieme al «numero di addetti, il capitale dichiarato, gli utili non distribuiti e le immobilizzazioni materiali per ciascuna giurisdizione fiscale». Dovrebbero infine essere individuate tutte le imprese del gruppo che operano in una determinata giurisdizione fiscale, fornendo un'indicazione dell'attività che ciascuna di esse svolge.
  La direttiva inoltre apporta le seguenti principali modifiche alla direttiva 2011/16/UE:
   1) all'articolo 1, paragrafo 1, viene introdotta una complessa definizione di «scambio automatico», che assume connotazioni diverse a seconda che lo scambio sia relativo a:
    informazioni disponibili su periodi d'imposta riguardanti le persone fisiche residenti in altro Stato membro (articolo 8, paragrafo 1), informazioni su un ruling preventivo transfrontaliero o un accordo preventivo sui prezzi di trasferimento (articolo 8-bis) o rendicontazione Paese per Paese (articolo 8-bis. bis): in questo caso ha luogo una comunicazione sistematica, senza richiesta preventiva a intervalli regolari prestabiliti;
    informazioni finalizzate all'applicazione, da parte delle istituzioni finanziarie, delle norme di comunicazione e di adeguata verifica in materia fiscale (due diligence, articolo 8, paragrafo 3-bis); tali informazioni sono oggetto di «scambio automatico»; in tutti gli altri casi ha luogo la «comunicazione sistematica di informazioni predeterminate»;
   2) l'articolo 1, paragrafo 4, specifica le modalità dello scambio automatico di informazioni in materia di rendicontazione Paese per Paese, rinviando ad atti di esecuzione della Commissione europea per il relativo regime linguistico;
   3) all'articolo 1, paragrafo 7, si fa rinvio alla legislazione nazionale per l'introduzione Pag. 131di sanzioni «effettive, proporzionate e dissuasive» in caso di violazione delle norme poste dalla direttiva.

  Il termine di recepimento della direttiva (UE) 2016/881 è stabilito dall'articolo 2 della direttiva stessa al 4 giugno 2017 ai fini dell'applicazione delle misure medesime a partire dal giorno successivo.
  In tale contesto segnala inoltre che il 21 giugno 2017 la Commissione europea ha presentato una proposta di direttiva del Consiglio intesa a modificare ulteriormente la direttiva 2011/16/UE per quanto riguarda lo scambio automatico obbligatorio di informazioni nel settore fiscale relativamente ai meccanismi transfrontalieri soggetti all'obbligo di notifica (COM(2017) 335).
  La direttiva (UE) 2016/1034, allo scopo di garantire la certezza del diritto ed evitare potenziali perturbazioni del mercato, ha prorogato la data di applicazione del nuovo quadro normativo relativo alla disciplina dei mercati finanziari, posticipando dunque la data di applicazione della direttiva 2014/65/UE (MiFID II) al 3 gennaio 2018.
  La direttiva ha inoltre prorogato dal 3 luglio 2016 al 3 luglio 2017 il termine entro cui gli Stati membri adottano e pubblicano le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla direttiva.
  Al riguardo segnala che il 28 aprile 2017 il Consiglio dei ministri ha approvato, in esame preliminare, un decreto legislativo di attuazione della direttiva 2014/65/UE relativa ai mercati degli strumenti finanziari (cosiddetta MiFID II) e di adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni del regolamento n. 600/2014 sulla stessa materia (cosiddetto MiFIR) (Atto del Governo n. 413, sul quale la Commissione Finanze ha espresso il parere il 5 luglio 2017.
  Ricorda inoltre che la direttiva 2004/39/CE, in materia di mercati degli strumenti finanziari, alla quale ci si riferisce comunemente con l'acronimo MiFID (Market in Financial Instruments Directive), è stata in parte rifusa nella direttiva 2014/65/UE e in parte sostituita dal Regolamento (UE) n. 600/2014. La direttiva 2014/65/UE, denominata MiFID II, e il Regolamento n. 600/2014, noto come MiFIR, sono stati redatti con lo scopo di normare un mercato sempre più complesso, caratterizzato da un notevole incremento degli strumenti finanziari e dei sistemi di trading ad alta frequenza, attraverso i quali ha luogo una quota rilevante delle transazioni sui mercati telematici più evoluti.
  La direttiva (UE) 2016/1065, che modifica la direttiva sul sistema comune dell'IVA (direttiva 2006/112/CE) con riferimento alle operazioni che comportano l'utilizzo di buoni, introducendo allo scopo una specifica normativa.
  Tra gli scopi della disciplina speciale vi è quello di evitare l'elusione fiscale, nonché, alla luce delle nuove norme sul luogo delle prestazioni di servizi di telecomunicazione, servizi di teleradiodiffusione e servizi forniti per via elettronica, garantire che non si verifichino disallineamenti in materia di buoni forniti tra Stati membri.
  Oggetto delle nuove disposizioni sono i buoni che possono essere utilizzati per il riscatto contro beni o servizi, escludendo dunque gli strumenti che conferiscono al titolare il diritto a uno sconto all'atto dell'acquisto di beni o servizi, ma che non danno diritto a ricevere tali beni o servizi.
  L'articolo 1, numero 1, della direttiva 2016/1065 anzitutto introduce l'articolo 30-bis nella direttiva 112/2006/CE, che reca alcune definizioni: viene definito buono lo strumento che contiene l'obbligo di essere accettato come corrispettivo o parziale corrispettivo, a fronte di una cessione di beni o una prestazione di servizi, e nel quale i beni o i servizi da cedere o prestare o le identità dei potenziali cedenti o prestatori sono indicati sullo strumento medesimo o nella relativa documentazione, ivi incluse le condizioni generali di utilizzo ad esso relative. All'interno di tale categoria, i cosiddetti buoni monouso sono quelli in relazione ai quali sono noti, al momento dell'emissione, sia il luogo della cessione dei beni o della prestazione Pag. 132dei servizi cui il buono si riferisce, sia l'IVA dovuta su tali beni o servizi.
  Con riferimento alla disciplina dei buoni, essa è contenuta nell'introdotto articolo 30-ter della direttiva 2006/112/CE. In particolare l'IVA è esigibile per ogni trasferimento, compresa l'emissione, del buono monouso. La consegna fisica dei beni o la concreta prestazione dei servizi dietro presentazione di un buono monouso non sono considerate operazioni indipendenti.
  Con riferimento ai buoni multiuso, il paragrafo 2 dell'articolo 30-ter dispone che la consegna fisica dei beni o la concreta prestazione dei servizi effettuate dietro presentazione di tali buoni sono soggette all'IVA ai sensi delle regole ordinarie.
  L'articolo 1, numero 2, della direttiva 2016/1065, introducendo l'articolo 73-bis nella direttiva 2006/112/CE, fissa la base imponibile della cessione di beni o della prestazione di servizi effettuate a fronte di un buono multiuso nella misura del corrispettivo versato per il buono o, in assenza di informazioni su tale corrispettivo, al valore monetario indicato sul buono multiuso stesso o nella relativa documentazione diminuito dell'importo dell'IVA relativo ai beni ceduti o ai servizi prestati.
  Il numero 3 dell'articolo 1 inserisce gli articoli 410-bis e 410-ter nella direttiva 112/2006/CE, che recano le misure transitorie per l'applicazione delle norme sui buoni. In particolare, esse trovano applicazione ai buoni emessi successivamente al 31 dicembre 2018. Sono inoltre disciplinate le procedure con le quali la Commissione deve presentare al Parlamento e al Consiglio, entro il 31 dicembre 2022, la relazione di valutazione sulle nuove norme.
  L'articolo 2 della direttiva fissa il termine di recepimento per gli Stati membri al 31 dicembre 2018; l'applicazione delle nuove disposizioni da parte degli Stati membri è fissata a decorrere dal 1o gennaio 2019.
  La direttiva 2016/1164/UE (cosiddetta Anti Tax Avoidance Directive – ATAD 3), la quale fa parte del pacchetto antielusione (Anti Tax Avoidance Package) varato dalla Commissione Europea per introdurre negli Stati membri un insieme di misure di contrasto alle pratiche di elusione fiscale.
  Essa si basa sulle raccomandazioni dell'OCSE del 2015 volte ad affrontare l'erosione della base imponibile e il trasferimento degli utili (progetto BEPS).
  In particolare, la direttiva n. 2016/1164/UE intende contrastare quelle pratiche di elusione fiscale che incidono direttamente sul funzionamento del mercato interno.
  Essa concretamente stabilisce una serie di limiti alla pianificazione fiscale aggressiva, con particolare riferimento alle situazioni in cui i gruppi societari sfruttano le disparità esistenti fra i sistemi fiscali nazionali.
  Le aree tematiche che sono affrontate dalla Direttiva sono le seguenti:
   i limiti alla deducibilità degli interessi passivi: per contrastare lo spostamento dei profitti attraverso operazioni di indebitamento all'interno delle società del gruppo, l'articolo 4 della direttiva introduce la cosiddetta earning-stripping rule, che impone agli Stati membri di dotarsi di una normativa che limiti la deducibilità degli interessi passivi ad un importo non superiore al 30 per cento degli utili imponibili del contribuente al lordo di interessi, imposte, deprezzamento e ammortamento (cd. EBITDA);
   con riferimento alla tassazione in uscita (cosiddetta exit tax), per evitare che i gruppi spostino i propri assets (specialmente quelli immateriali, quali brevetti e proprietà intellettuali) verso Stati con tassazione più favorevole, l'articolo 5 stabilisce che gli Stati membri devono dotarsi di una disciplina specifica della tassazione in uscita, che deve essere computata come la differenza tra valore di mercato degli assets al momento dell'uscita dallo Stato e il loro valore fiscale;
   con l'articolo 6 viene introdotta la General Anti-Abuse Rule (clausola generale antiabuso) secondo cui, per l'imposizione delle società, gli Stati membri sono tenuti a ignorare le costruzioni (giuridiche o Pag. 133fiscali) che, poste in essere allo scopo principale di ottenere un vantaggio fiscale in contrasto con l'oggetto o la finalità del diritto applicabile, non sono genuine avendo riguardo a tutti i fatti e le circostanze pertinenti;
   con riferimento alle società controllate estere (controlled foreign companies – CFC), la direttiva, all'articolo 7, persegue lo scopo di evitare che i gruppi societari trasferiscano i propri utili verso società del gruppo aventi sede in Stati con un'imposizione più favorevole allo scopo di ridurre gli oneri fiscali complessivi;
   la direttiva si occupa anche di disciplinare, all'articolo 9, il fenomeno dei cosiddetti disallineamenti da ibridi: si tratta della situazione che insorge tra un contribuente in uno Stato membro e un'impresa associata in un altro Stato membro, ovvero di una modalità strutturata tra parti negli Stati membri, in cui, a causa della differente caratterizzazione giuridica di uno strumento finanziario o di un'entità, lo stesso pagamento, le stesse spese o le stesse perdite sono dedotti sia nello Stato membro in cui hanno origine, sia in un altro Stato membro (doppia deduzione); ovvero a un pagamento è applicata una deduzione nello Stato membro in cui il pagamento ha origine senza una corrispondente inclusione, a fini fiscali, dello stesso nell'altro Stato membro (deduzione senza inclusione).

  Il termine di recepimento della direttiva antielusione è fissato al 31 dicembre 2018 (ad eccezione delle norme sull’exit tax, per le quali il termine è fissato al 31 dicembre 2019). Viene inoltre specificato che gli Stati membri nei quali sono vigenti norme equivalenti a quelle sui limiti alla deducibilità degli interessi passivi possono applicarle fino a quando l'OCSE non avrà raggiunto un accordo su una norma minima o al più tardi fino all'1 gennaio 2024.
  In tale contesto evidenzia che è stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale dell'UE la modifica della direttiva (UE) 2016/1164, che mira a contrastare i cd. «disallineamenti da ibridi» che coinvolgono i Paesi terzi, ovvero le differenze di trattamento fiscale a norma delle leggi di due o più giurisdizioni fiscali per ottenere una doppia non imposizione.
  La nuova direttiva prevede inoltre: l'esclusione, facoltativa per uno Stato membro, dal campo di applicazione della direttiva di talune operazioni finanziarie; l'entrata in vigore delle disposizioni il 1o gennaio 2020 (un anno in più rispetto alla direttiva 2016/1164).
  La direttiva (UE) 2016/2258 rientra nell'ambito dell'ambizioso programma della Commissione europea contro l'evasione e l'elusione fiscali, di cui il miglioramento della trasparenza fiscale costituisce un elemento fondamentale. Tale programma ha portato negli anni all'adozione di una serie di misure, tra cui la direttiva 2011/16/UE, relativa alla cooperazione amministrativa, che stabilisce norme e procedure per lo scambio automatico di informazioni fiscali all'interno dell'Unione europea.
  La direttiva prevede – tra l'altro – che, qualora il titolare di un conto sia una struttura intermediaria, le istituzioni finanziarie debbano tenere conto di tale struttura e individuare e segnalare i beneficiari effettivi. Questo elemento si basa sulle informazioni in materia di antiriciclaggio ottenute a norma della direttiva (UE) 2015/849 relativa alla prevenzione dell'uso del sistema finanziario a fini di riciclaggio o finanziamento del terrorismo.
  La direttiva (UE) 2016/2258 modifica inoltre l'articolo 22 della direttiva 2011/16/UE, al fine di consentire alle autorità fiscali l'accesso sistematico alle informazioni in materia di antiriciclaggio, con l'intento di monitorare la corretta applicazione della direttiva 2011/16/UE da parte delle istituzioni finanziarie. Viene pertanto inserito il paragrafo 1-bis, il quale prevede che gli Stati membri dispongano per legge l'accesso, da parte delle autorità fiscali, ai meccanismi, alle procedure, ai documenti e alle informazioni previste dalla direttiva (UE) 2015/849 agli articoli 13, 30, 31 e 40, riguardanti rispettivamente l'adeguata verifica della Pag. 134clientela, la verifica della titolarità effettiva di società e di trust, e gli obblighi di conservazione dei dati.
  Il termine fissato per il recepimento della direttiva è il 31 dicembre 2017.
  La direttiva (UE) 2017/828, che modifica la direttiva 2007/36/CE per quanto riguarda l'incoraggiamento dell'impegno a lungo termine degli azionisti, fa parte della serie di iniziative in materia di governo societario che la Commissione europea aveva annunciato nella sua comunicazione del 12 dicembre 2012, dal titolo «Piano d'azione su diritto europeo delle società e governo societario – una disciplina giuridica moderna a favore di azionisti più impegnati e società sostenibili», con l'obiettivo in particolare di incoraggiare l'impegno a lungo termine degli azionisti e aumentare la trasparenza tra società e investitori.
  La direttiva prevede un ampio ventaglio di modifiche alla direttiva 2007/36, relativa all'esercizio di alcuni diritti degli azionisti di società quotate. Più nel dettaglio essa:
   all'articolo 3-bis introduce l'obbligo, per gli intermediari, di comunicare alla società, qualora essa ne faccia richiesta, le informazioni riguardanti l'identità degli azionisti, i cui dati personali, onde permettere alla società di comunicare direttamente con loro, andrebbero conservati fino a cessate condizioni (cessione delle azioni);
   all'articolo 3-quater prevede che gli intermediari agevolino l'esercizio dei diritti da parte degli azionisti, sia in caso di esercizio diretto che tramite la delega a un terzo;
   all'articolo 3-quinquies stabilisce un più elevato livello di trasparenza per quanto concerne gli oneri, compresi prezzi e commissioni, per i servizi offerti dagli intermediari, inclusi gli intermediari di paesi terzi che offrano servizi legati alle azioni di società che hanno sede legale nell'Unione;
   all'articolo 3-decies impone agli investitori istituzionali e ai gestori di attivi l'obbligo di elaborare e comunicare al pubblico una politica di impegno degli azionisti, o spiegare per quali motivi hanno deciso di non procedere in tal senso; le informazioni sull'attuazione della loro politica d'impegno, e soprattutto in che modo hanno esercitato i loro diritti di voto; le informazioni che illustrino in che modo gli elementi principali della loro strategia di investimento azionario sono coerenti con il profilo, e la durata delle loro passività, e in che modo tali elementi contribuiscono al rendimento a medio e lungo termine dei loro attivi; la composizione, la rotazione e i costi di rotazione del loro portafoglio, nonché la loro politica in materia di concessione in prestito di titoli;
   all'articolo 3-undecies rende i consulenti in materia di voto soggetti ai requisiti di trasparenza e li vincola a comunicare determinate informazioni essenziali relative all'elaborazione delle loro ricerche, consulenze e raccomandazioni di voto, nonché a informare su eventuali conflitti di interesse reali o potenziali o relazioni commerciali che possono influenzare tale elaborazione;
   all'articolo 9-bis prevede che gli azionisti, onde potersi esprimere realmente sulla politica di remunerazione della società, dispongano di un voto vincolante o consultivo su di essa, sulla base di un quadro chiaro, comprensibile ed esauriente, garantito in primo luogo dalla relazione sulla remunerazione, che dovrebbe essere pubblicata sul sito internet della società stessa.

  Passando quindi a sintetizzare i contenuti della Relazione consuntiva sulla partecipazione dell'Italia all'Unione europea, riferita all'anno 2016 (Doc. LXXXVII, n. 5), trasmessa alle Camere il 5 aprile 2017, in adempimento degli obblighi fissati dalla legge n. 234 del 2012.
  Al riguardo segnala innanzitutto come la Relazione consuntiva costituisca il principale strumento per l'esercizio della funzione di controllo ex post del Parlamento sulla condotta del Governo nelle sedi decisionali Pag. 135dell'Unione europea. A differenza della Relazione programmatica – che indica le grandi priorità e linee di azione che il Governo intende perseguire a livello europeo nell'anno di riferimento – la Relazione consuntiva reca un rendiconto dettagliato delle attività svolte e delle posizioni assunte dall'Italia nell'anno precedente, al fine di fornire alle Camere un quadro approfondito della partecipazione dell'Italia alla formazione e all'attuazione delle politiche dell'Unione europea e consentire, in tal modo, alle Camere di verificare l'adeguatezza e l'efficacia dell'azione negoziale italiana e la sua rispondenza rispetto agli indirizzi parlamentari. In particolare, la Relazione dovrebbe consentire al Parlamento di verificare se ed in quale misura il Governo si è attenuto all'obbligo, previsto dall'articolo 7 della citata legge n. 234 del 2012, di rappresentare a livello europeo una posizione coerente con gli indirizzi espressi dalle Camere in merito a specifici atti o progetti di atti.
  La Relazione è articolata in quattro parti. La parte prima è dedicata agli sviluppi del processo di integrazione europea e al nuovo quadro istituzionale.
  Nella parte seconda la Relazione illustra l'azione svolta dal Governo nell'ambito delle principali politiche orizzontali e settoriali dell'Unione. Si tratta della parte più rilevante del documento, contenente indicazioni dettagliate relative a questioni specialistiche e tecnicamente complesse, per ciascuna politica o settore di attività dell'Unione.
  La parte terza è rivolta al tema delle politiche di coesione economica, sociale e territoriale, con particolare riguardo al valore europeo della politica di coesione.
  Infine, la parte quarta concerne il coordinamento nazionale delle politiche europee, con particolare riguardo al ruolo e alle attività del Comitato interministeriale per gli affari dell'UE (CIAE), alle misure poste in essere dal Parlamento e dal Governo per dare attuazione al diritto dell'UE nell'ordinamento italiano e per risolvere il contenzioso dinanzi alla Corte di Giustizia dell'Unione europea. Di particolare interesse sono i dati relativi ai flussi di atti e documenti trasmessi dal Governo alle Camere, ai sensi dell'articolo 6 della legge n. 234 del 2012, nell'ambito del c.d. meccanismo di informazione qualificata.
  La Relazione è corredata inoltre da cinque allegati, che presentano, oltre all'elenco degli acronimi (allegato V), dettagliate informazioni riguardanti:
   i Consigli dell'Unione europea e i Consigli europei svolti nel corso del 2016, con indicazione dei temi trattati e delle deliberazioni assunte (allegato I);
   i flussi finanziari dall'Unione europea all'Italia nel 2016, con relative tabelle riepilogative (allegato II);
   le direttive recepite dall'Italia nel medesimo anno (allegato III);
   i seguiti dati agli atti di indirizzo (o documenti conclusivi) approvati dalla Camera e dal Senato (allegato IV).

  Per quanto riguarda gli aspetti di interesse della Commissione Finanze, la Relazione segnala in primo luogo, in relazione al processo di completamento dell'Unione bancaria, oltre ai contenuti della comunicazione «Verso il completamento dell'Unione bancaria» (COM(2015)587), il difficile iter della proposta di regolamento volta a istituire uno schema europeo di assicurazione dei depositi (COM(2015)586), i cui negoziati sono sostanzialmente bloccati per la ferma opposizione della Germania. Il Governo sottolinea di aver comunque più volte ribadito, in linea con gli indirizzi indicati dal Parlamento, la necessità che l'EDIS (schema di garanzia) sia utilizzato «non solo per i rimborsi dei depositanti protetti, ma anche per l'attuazione delle cosiddette misure alternative in liquidazione, intervenendo a coprire lo sbilancio della cessione di attività e passività della banca avviata alla liquidazione a una banca diversa. La relazione ricorda altresì come:
   a fine 2016 si sia concluso l’iter della proposta di regolamento sui Fondi comuni monetari (Money Market Fund, MMF), Pag. 136sulla quale molto si era spesa l'Italia nel corso del suo Semestre di Presidenza;
   sempre a fine 2016, la Commissione europea abbia presentato una proposta di regolamento che istituisce un quadro di risanamento e risoluzione per le controparti centrali (CCP), che «si interpongono tra le due parti di un'operazione avente ad oggetto strumenti finanziari e hanno un ruolo precipuo nella riduzione dei rischi e nelle interconnessioni interne al sistema finanziario»;
   nel mese di aprile del 2016 sia stata altresì presentata una proposta di modifica alla direttiva 2013/34/UE in materia di comunicazione di informazioni sulle imposte dei redditi da parte di talune società, con la finalità specifica di aumentare la trasparenza fiscale dei gruppi multinazionali che operano nell'UE e contrastare l'elusione fiscale e la pianificazione fiscale aggressiva.

  Il Governo sottolinea inoltre il proprio impegno nei negoziati relativi alla proposta di regolamento del 15 giugno 2016, volta a istituire un programma dell'Unione a sostegno di attività specifiche per rafforzare il coinvolgimento dei consumatori e degli altri utenti finali dei servizi finanziari nella definizione delle politiche dell'Unione nel campo dei servizi finanziari per il periodo 2017-2020 (COM(2016)388).
  In tale contesto la Relazione dedica particolare attenzione al regolamento UE 1286/2014, relativo ai documenti contenenti le informazioni chiave per i prodotti d'investimento al dettaglio e assicurativi preassemblati. I termini di applicazione delle norme in esso contenute è stato posposto al 1o gennaio 2018 con proposta di regolamento (COM(2016)709), del 9 novembre 2016, il cui iter si è concluso con l'adozione del regolamento 2016/2340. Al riguardo la Relazione segnala come la normativa nazionale sia comunque già conforme alle previsioni europee grazie a quanto riportato all'articolo 3 del decreto legislativo n. 224/2016.
  In relazione al Piano d'azione per l'Unione dei mercati dei capitali, la Relazione richiama che il 14 settembre 2016 la Commissione europea ha diffuso una comunicazione al Parlamento europeo, al Consiglio ed alla Banca Centrale Europea, sollecitando i legislatori al completamento entro la fine del 2016 di un primo insieme di misure previste dal piano d'azione. Tali misure riguardano la proposta di Regolamento per l'introduzione di un sistema europeo più semplice, standardizzato e trasparente per le cartolarizzazioni, l'aggiornamento della direttiva europea 2003/71/CE afferente ai prospetti informativi per l'emissione di valori mobiliari e la revisione della regolamentazione dei fondi di venture capital. Ulteriori iniziative intraprese dalla Commissione riguardano, nell'ambito della riduzione delle barriere nazionali ai flussi di capitali, la semplificazione dell'imposizione e recupero delle ritenute alla fonte applicate da ciascuno Stato membro ai proventi derivanti da investimenti finanziari. In tale ambito l'Italia partecipa all’ «Expert Group on national barriers to free movement of capital», che nel corso del 2016 ha lavorato intensamente ad una ricognizione delle barriere e dovrebbe produrre a breve un rapporto con i primi risultati dell'analisi svolta circa le misure da intraprendere.
  In tema di diritto societario, nel corso del 2016, la Relazione evidenzia come il Governo sia stato impegnato nei negoziati sulla proposta di direttiva che modifica la direttiva 2007/36 /CE per quanto riguarda la promozione del coinvolgimento (engagement) degli azionisti e la direttiva 2013/34/EU per quanto attiene ad alcuni elementi di corporate governance. Tale proposta di revisione dell'attuale direttiva sui diritti degli azionisti, pubblicata il 9 aprile 2014, ha l'obiettivo di porre rimedio ad alcune lacune in materia di governo societario delle società quotate al fine di:
   aumentare l'impegno e la partecipazione attiva degli investitori istituzionali e degli asset managers;
   migliorare la correlazione tra remunerazione degli amministratori e performance delle società; Pag. 137
   rafforzare la trasparenza delle operazioni con le parti correlate;
   migliorare l'affidabilità e la qualità delle consulenze in materia di voto dei proxy advisors;
   agevolare la trasmissione transfrontaliera delle informazioni, in particolare mediante l'identificazione degli azionisti.

  Nella riunione del Coreper del 7 dicembre 2016 il mandato chiesto dalla Presidenza in vista del raggiungimento dell'accordo politico col Parlamento è stato sostenuto da tutte le delegazioni; nella riunione del 9 dicembre 2016, la Presidenza ha comunicato di aver raggiunto l'accordo col Parlamento sulla Direttiva, senza modifiche del testo.
  Nel settore delle PMI, start up innovative e reti d'impresa, la Relazione riferisce che nel corso del 2016 è stato predisposto il Rapporto Annuale di monitoraggio delle principali misure a sostegno delle piccole e medie imprese, in attuazione della Comunicazione della Commissione europea del 25 giugno 2008 (COM 394 def/2) «Pensare anzitutto in piccolo. Uno Small Business Act per l'Europa» e della Direttiva di recepimento del Presidente del Consiglio dei Ministri del 4 maggio 2010. Il Rapporto italiano di monitoraggio, indicato come esempio di «buona pratica» dalla Commissione europea, rappresenta un punto di riferimento per tutti coloro, soggetti pubblici e privati, che si occupano di politiche a favore delle micro, piccole e medie imprese (MicroPMI).
  In merito ricorda che nel recente passato il Legislatore italiano ha manifestato una crescente attenzione verso il fenomeno dell'imprenditoria innovativa. Da ultimo, con la Delibera del 24 febbraio 2016, la CONSOB ha aggiornato il regolamento del luglio del 2013 sull’equity crowdfunding, oggetto di un'importanza semplificazione procedurale nonché di un ampliamento dell'ambito applicativo. Con il regolamento sull’equity crowdfunding, emanato su impulso del MISE, l'Italia è stato il primo Paese al mondo ad approvare una legislazione dedicata alla pratica raccolta di capitale di rischio su piattaforme online autorizzate.
  Con il Decreto del Ministero dell'Economia e delle Finanze, di concerto con il Ministero dello Sviluppo Economico, del 25 febbraio 2016, gli incentivi fiscali all'investimento in startup innovative sono stati oggetto di un'estensione all'esercizio fiscale 2016 e di una forte semplificazione regolamentare. La relazione segnala come la normativa italiana sia oggi annoverata tra le politiche pubbliche di sostegno all'imprenditoria innovativa più avanzate a livello internazionale: stando ai risultati dello Startup Manifesto Policy Tracker, pubblicato nel marzo 2016, l'Italia si posiziona al secondo posto tra i 28 Paesi membri dell'Unione europea per tasso di adozione delle raccomandazioni dello Startup Manifesto, policy roadmap promossa dalla stessa Commissione europea.
  Relativamente ai servizi assicurativi, la Relazione ricorda che è stata approvata la direttiva UE 2016/97 del Parlamento europeo e del Consiglio sulla distribuzione assicurativa (rifusione), che modifica la direttiva 2002/92/CE. È previsto che gli Stati Membri ne recepiscano il contenuto entro il 23 febbraio 2018. Al riguardo, sono stati proposti specifici criteri di delega nell'ambito del disegno di legge di delegazione europea 2016, nonché avviati tavoli tecnici di confronto con l'Istituto di vigilanza IVASS, a cui seguiranno le valutazioni dell'impatto sulle categorie destinatarie dell'intervento.
  Per quanto attiene alla fiscalità, nell'ambito in particolare della fiscalità diretta, la Relazione ricorda in primo luogo la presentazione da parte della Commissione europea di un pacchetto di misure contro la pianificazione fiscale aggressiva e l'elusione fiscale, con la finalità di assicurare l'attuazione coordinata dei risultati del progetto OCSE/G20 Base Erosion and Profit Shifting (BEPS) in ambito UE. Il pacchetto è mirato all'azione di contrasto all'elusione fiscale internazionale e comprende, fra l'altro, una proposta di direttiva anti-elusione che riprende i temi del progetto BEPS e una Comunicazione sulla Pag. 138strategia esterna per la tassazione effettiva per l'estensione dei criteri di good governance fiscale ai Paesi terzi (in particolare trasparenza e concorrenza fiscale non dannosa).
  La Relazione dà conto dell'approvazione della direttiva 2016/1164 UE (ATAD), recante norme contro le pratiche di elusione fiscale che incidono direttamente sul funzionamento del mercato interno, con l'obiettivo di introdurre un «livello minimo» di protezione per gli ordinamenti degli Stati membri, senza pregiudicare l'applicazione delle disposizioni nazionali o convenzionali che garantiscono un livello di protezione più elevato. Segnala che il recepimento della direttiva è previsto nel disegno di legge di delegazione europea 2016, all'esame del Parlamento. Nel secondo semestre del 2016 è stata discussa la proposta di direttiva «ATAD 2», che estende le previsioni della citata direttiva ATAD n. 2016/1164 UE ai disallineamenti nel trattamento fiscale per pagamenti intercorrenti con entità di Paesi terzi.
  Riferisce altresì che è stata approvata la direttiva (UE) 2016/881 (cosiddetta «DAC4») in materia di comunicazione e scambio automatico dei dati del Country by Country Reporting, facente sempre parte del pacchetto di misure antielusione varato dalla Commissione europea il 28 gennaio 2016. Anche il recepimento di tale direttiva è previsto nel disegno di legge di delegazione europea 2016.
  Nel secondo semestre del 2016 la Commissione europea ha presentato un nuovo pacchetto sulla fiscalità societaria, con il quale è stata rilanciata, tra l'altro, la proposta di direttiva per una base imponibile comune consolidata per l'imposta sulle società (CCCTB – Common Consolidated Corporate Tax Base).
  È proseguito l'esame delle misure fiscali introdotte per l'incentivazione dei redditi da bene immateriali al fine di verificarne l'adeguamento allo standard nexus approach concordato all'OCSE e recepito in ambito UE dall'Ecofin di dicembre 2014. Sono stati avviati anche i lavori relativi all'interpretazione e al chiarimento dei criteri 3 e 4 del Codice di Condotta per la tassazione di impresa.
  In merito alla fiscalità indiretta, il 7 aprile 2016, la Relazione dà conto del fatto che Commissione europea ha presentato il Piano d'azione di riforma dell'attuale sistema dell'IVA comunitaria, che si articola in diversi interventi: la riforma dei principi fondamentali di applicazione dell'IVA agli scambi intracomunitari; la previsione di misure a breve termine per combattere le frodi IVA; la revisione delle aliquote IVA ridotte; la semplificazione in materia di commercio elettronico. Anche il recepimento di tale direttiva è previsto nel disegno di legge di delegazione europea 2016.
  Nell'ambito dell'EU VAT Forum, si è conclusa la prima fase di sperimentazione di un ruling IVA transnazionale, cui ha dato adesione anche l'Italia, ed è stato aperto il dibattito sull'istituto della mediazione fiscale nonché su un modello di memorandum d'intesa tra amministrazioni e operatori, oltre che sugli strumenti cooperativi di lotta alla frode.
  In materia di accise, la Relazione riferisce che si è conclusa la consultazione pubblica avviata dalla Commissione Europea sulle bevande alcoliche, cui hanno partecipato 42 operatori o stakeholders italiani. Nelle conclusioni (deliberate dall'Ecofin nella sessione del 6 dicembre 2016) la rappresentanza italiana ha evidenziato la delicatezza del settore merceologico in esame. Ferma la posizione italiana, è comunque emerso nel corso dell'Ecofin un generalizzato consenso di tutti gli altri Stati membri per un possibile aggiornamento della direttiva 92/83/CEE (inerente la sola «struttura» della tassazione sugli alcolici), senza però coinvolgimento della direttiva 92/84/CEE (relativa alle aliquote).
  Viene altresì dato conto del fatto che, nel corso del 2016, sono continuati i lavori finalizzati all'attuazione, all'interno dell'UE, del Protocollo per eliminare il commercio illecito dei prodotti del tabacco.
  Nel corso dell'anno sono proseguite le discussioni inerenti la proposta di direttiva COM(2013)71 che attua una cooperazione Pag. 139rafforzata tra dieci Stati membri UE (Austria, Belgio, Francia, Germania, Grecia, Italia, Portogallo, Slovacchia, Slovenia e Spagna), in seguito all'uscita dell'Estonia, nel settore dell'imposta sulle transazioni finanziarie. I Paesi cooperanti hanno raggiunto un accordo di massima sui principi generali che regolano la futura imposta, il cosiddetto core engine, presentato all'Ecofin dell'11 ottobre 2016.
  In tema di cooperazione amministrativa, la Relazione segnala l'attività di collaborazione e impulso alla prevenzione, all'accertamento e alla repressione delle violazioni doganali comunitarie e nazionali, attraverso gli strumenti previsti dalla Convenzione «Napoli II».
  La Relazione evidenzia inoltre che il Governo ha partecipato alla redazione della normativa di esecuzione e delegata finalizzata a rendere operativo il Regolamento (UE) 2015/1525 sulla mutua assistenza tra le autorità amministrative per assicurare la corretta applicazione delle normative doganale e agricola.
  Per quanto concerne l'Unione doganale, la Relazione ricorda le linee guida per l'attuazione degli atti di delega ed applicazione del Codice doganale dell'Unione europea (regolamento UE 952/2013 – CDU), entrato in vigore il 1o maggio 2016.
  Nel mese di giugno 2016 la Commissione Europea ha costituito un proprio gruppo di esperti doganali finalizzato alla corretta messa in opera degli atti di delega ed applicazione del CDU. Tale gruppo risulta distribuito in 16 sezioni che si occupano dei differenti aspetti della materia.
  La Relazione riferisce inoltre le attività messe in campo dal Governo per promuovere l'approvazione della Proposta di direttiva (COM(2013) 884 final del 13/12/2013) recante il quadro giuridico dell'Unione relativo alle infrazioni e alle sanzioni doganali.
  Nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia quindi il seguito dell'esame congiunto alla seduta già prevista per la giornata di domani.

Sull'ordine dei lavori.

  Paolo PETRINI, presidente, propone, concorde la Commissione, di procedere a un'inversione nell'ordine del giorno della seduta odierna, nel senso di procedere dapprima allo svolgimento dell'Ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi, per poi svolgere l'audizione informale della professoressa Agime Gerbeti, prevista nell'ambito della discussione della risoluzione 7-01191 Fregolent, relativa a interventi in materia fiscale, assicurativa e finanziaria sulle tematiche ambientali.

  La seduta termina alle 13.55.

UFFICIO DI PRESIDENZA INTEGRATO DAI RAPPRESENTANTI DEI GRUPPI

  L'ufficio di presidenza si è riunito dalle 13.55 alle 14.

AUDIZIONI INFORMALI

  Mercoledì 20 settembre 2017.

Audizione della professoressa Agime Gerbeti, nell'ambito della discussione della risoluzione 7-01191 Fregolent, relativa a interventi in materia fiscale, assicurativa e finanziaria sulle tematiche ambientali.

  L'audizione informale è stata svolta dalle 14 alle 14.25.