CAMERA DEI DEPUTATI
Mercoledì 28 giugno 2017
846.
XVII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Affari costituzionali, della Presidenza del Consiglio e Interni (I)
COMUNICATO
Pag. 9

COMITATO PERMANENTE PER I PARERI

  Mercoledì 28 giugno 2017. — Presidenza del presidente Alessandro NACCARATO.

  La seduta comincia alle 13.45.

Introduzione dell'articolo 293-bis del codice penale, concernente il reato di propaganda del regime fascista e nazifascista.
Nuovo testo C. 3343 Fiano.

(Parere alla II Commissione).
(Esame e rinvio).

  Il Comitato inizia l'esame del provvedimento.

  Enzo LATTUCA (PD), relatore, osserva che l'articolo unico del nuovo testo della proposta di legge C. 3343 introduce nel codice penale una nuova disposizione che punisce la propaganda del regime fascista e nazifascista.
  Ricorda che i reati sintomo dell'adesione alle idee proprie del fascismo sono, in particolare, puniti ai sensi della cosiddetta legge Scelba (legge n. 645 del 1952) di attuazione della XII disposizione transitoria e finale della Costituzione, che vieta (articolo 1) la «riorganizzazione del disciolto partito fascista». In base all'articolo 1 di tale legge, si ha riorganizzazione del disciolto partito fascista quando «una associazione, un movimento o comunque un gruppo di persone non inferiore a cinque persegue finalità antidemocratiche proprie del partito fascista, esaltando, minacciando o usando la violenza quale metodo di lotta politica o propugnando la soppressione delle libertà garantite dalla Costituzione o denigrando la democrazia, le sue istituzioni e i valori della Resistenza, o svolgendo propaganda razzista, ovvero rivolge la sua attività alla esaltazione di esponenti, principi, fatti e metodi propri del predetto partito o compie manifestazioni esteriori di carattere fascista». La legge Scelba, che punisce tale riorganizzazione con la reclusione da cinque a dodici anni e la multa da 1.032 a 10.329 euro (per i promotori e organizzatori), detta poi la disciplina dei reati di apologia e manifestazioni fasciste. Costituisce in particolare apologia del fascismo (articolo 4) la propaganda per la costituzione di una associazione, di un movimento o di un gruppo avente le caratteristiche e perseguente le finalità proprie del partito fascista; la pena prevista è la reclusione da sei mesi a due anni e la multa da euro 206 a euro 516. La stessa pena è inflitta a chi pubblicamente esalta esponenti, princìpi, fatti o metodi del fascismo, oppure le sue finalità antidemocratiche (comma 1). Aggravanti sono previste: dal comma 2, se l'apologia riguarda idee o metodi razzisti (reclusione da uno a tre anni e multa da euro 516 a euro 1.032) e dal comma 3, se alcuno dei fatti che costituiscono apologia sono commessi col mezzo della stampa Pag. 10(reclusione da due a cinque anni e multa da euro 516 a euro 2.065). Analogamente, la legge n. 645 punisce le manifestazioni fasciste (articolo 5) cioè il reato di chi, partecipando a pubbliche riunioni, compie manifestazioni usuali del disciolto partito fascista ovvero di organizzazioni naziste; la pena è quella della reclusione fino a tre anni e la multa da euro 206 a euro 516. Sia per l'apologia che per le manifestazioni fasciste è prevista, in sede di condanna, la pena accessoria dell'interdizione per 5 anni dai pubblici uffici, dall'elettorato attivo e passivo e da ogni altro diritto politico; tuttavia, mentre per l'apologia l'interdizione è obbligatoria, per le manifestazioni fasciste è rimessa alla discrezionalità del giudice.
  Successivamente, la legge n. 205 del 1993, di conversione del decreto-legge n. 122 del 1993 (nota come legge Mancino) – sostituendo l'articolo 3 della legge n. 654 del 1975, di ratifica ed esecuzione della convenzione internazionale di New York del 1966 sull'eliminazione di tutte le forme di discriminazione razziale – punisce chiunque (articolo 1): propaganda idee fondate sulla superiorità o sull'odio razziale o etnico, ovvero istiga a commettere o commette atti di discriminazione per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi (reclusione fino ad un anno e sei mesi o multa fino a 6.000 euro); istiga, con qualunque modalità, a commettere o commette atti di violenza o di provocazione alla violenza per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi (reclusione da sei mesi a quattro anni). È vietata, poi, ogni organizzazione, associazione, movimento o gruppo avente tra i propri scopi l'incitamento alla discriminazione o alla violenza per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi; la semplice partecipazione o assistenza a dette organizzazioni, associazioni, movimenti o gruppi è punita, con la reclusione da sei mesi a quattro anni (pene maggiori colpiscono i promotori e gli organizzatori: reclusione da uno a sei anni).
  L'articolo 2 della legge Mancino punisce con la pena della reclusione fino a tre anni e con la multa da 103 a 258 euro chiunque, in pubbliche riunioni, compia manifestazioni esteriori od ostenti emblemi o simboli propri o usuali delle organizzazioni, associazioni, movimenti o gruppi di cui all'articolo 3 della legge n. 654 del 1975 (gruppi aventi tra i propri scopi l'incitamento alla discriminazione o alla violenza per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi).
  Rileva che in relazione al rapporto tra le disposizioni della legge Scelba e quelle della legge Mancino e, quindi, all'applicazione dell'una o dell'altra disciplina sanzionatoria a fattispecie analoghe, la Cassazione (sentenza n. 1475 del 1999) ha ritenuto le disposizioni della legge Mancino aventi carattere di sussidiarietà rispetto a quelle della precedente legge Scelba.
  Passando ad esaminare il contenuto del provvedimento in esame, il nuovo articolo 293-bis del codice penale, aggiunto dall'articolo unico della proposta di legge ai delitti contro la personalità interna dello Stato, punisce – salvo che il fatto costituisca più grave reato – la propaganda del regime fascista e nazifascista.
  La clausola di riserva «Salvo che il fatto costituisca più grave reato» costituisce l'unico emendamento approvato dalla Commissione Giustizia nel corso dell'esame in quanto la fattispecie descritta dal nuovo articolo 293-bis del codice penale appare parzialmente coincidente con quella di cui al citato articolo 4 della legge Scelba (che punisce l'apologia del fascismo). Il Sottosegretario alla Giustizia Ferri (nella seduta del 21 giugno 2017 presso la Commissione di merito) ha rilevato che – poiché «il reato introdotto dalla proposta di legge contempla tra le condotte punibili la propaganda dei contenuti propri del partito fascista o del partito nazionalsocialista tedesco, ovvero delle relative ideologie – in questa prospettiva, ove i fatti riguardino contenuti razzisti dell'ideologia fascista, deve trovare applicazione il più grave reato di cui all'articolo 4 della legge Scelba».
  La motivazione alla base dell'intervento, secondo i promotori del provvedimento, consiste nella insufficienza degli Pag. 11strumenti apprestati dal legislatore per la repressione di tali comportamenti individuali di propaganda. La proposta di legge – si legge, infatti, nella relazione illustrativa – ha l'obiettivo «di delineare una nuova fattispecie che consenta di colpire solo alcune condotte che individualmente considerate sfuggono alle normative vigenti».
  Nell'articolo 293-bis, la fattispecie penale – punita con la reclusione da sei mesi a due anni – è individuata: a) nella propaganda di immagini o contenuti propri del partito fascista o del partito nazionalsocialista tedesco ovvero delle relative ideologie, anche solo mediante la produzione, distribuzione, diffusione o vendita di beni che raffigurino persone, immagini o simboli chiaramente riferiti a tali partiti o ideologie; b) nel richiamare pubblicamente la simbologia o la gestualità del partito fascista o del partito nazionalsocialista tedesco ovvero delle relative ideologie.
  In particolare, appare essenziale per la realizzazione della fattispecie di cui alla lettera a), l'inequivocabilità («chiaramente riferiti») del nesso tra i beni e i partiti o le ideologie fascisti o nazionalsocialisti. L'articolo 293-bis del codice penale punisce, dunque, come delitto perseguibile d'ufficio: da un lato, la propaganda attiva e quella che si manifesta anche solo nei diversi passaggi della filiera produttiva (dalla produzione, alla distribuzione, alla diffusione, alla vendita) di immagini, oggettistica, gadgets di ogni tipo che comunque siano chiaramente riferiti all'ideologia fascista o nazifascista o ai relativi partiti (lettera a); dall'altro – mediante il richiamo alla gestualità, oltre che alla ideologia – comportamenti quali il saluto romano (o nazifascista) fatto in pubblico e l'ostentazione pubblica di simboli (come fasci littori, svastiche ecc.) che a tali partiti o ideologie si riferiscano. In ragione dell'entità della pena prevista, per il reato di cui all'articolo 293-bis non è possibile procedere all'arresto in flagranza. Costituisce aggravante del delitto di cui all'articolo 293-bis (aumento di un terzo della pena) la propaganda del regime fascista e nazifascista commessa attraverso strumenti telematici o informatici. L'aggravante riguarda quindi sia i siti Internet con contenuti di propaganda delle ideologie fasciste e nazifasciste sia il merchandising online dei gadgets e degli altri beni chiaramente riferiti al partito e all'ideologia fascista o nazifascista.
  Quanto al rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite, il provvedimento introduce un nuovo delitto, modificando il codice penale. L'intervento legislativo è dunque ascrivibile alla materia «ordinamento penale», di competenza legislativa statale esclusiva in base all'articolo 117, secondo comma, lettera l), della Costituzione.
  La Corte costituzionale si è pronunciata in merito alla costituzionalità della legge n. 645 del 1952 (legge Scelba) che, in attuazione della XII disposizione transitoria della Costituzione, prevede come reato sia l'apologia del fascismo (articolo 4) che le manifestazioni fasciste (articolo 5). In particolare, la sanzionabilità dell'apologia del fascismo (articolo 4 della legge Scelba) ha da tempo sollevato discussioni in relazione ai limiti posti alla libertà di manifestazione del pensiero tutelata dall'articolo 21 della Costituzione. La Corte costituzionale si espresse sulla questione con la nota sentenza n. 1 del 1957, originata da più di un ricorso in cui si sollevava il dubbio di legittimità costituzionale dell'apologia proprio con riferimento alla asserita violazione dell'articolo 21 della Costituzione. La sentenza – dichiarando la manifesta infondatezza e non ravvisando alcuna violazione delle disposizioni contenute nell'articolo 21 della Costituzione – ha, tuttavia, precisato che l'apologia del fascismo, per assumere carattere di reato, deve consistere non in una semplice difesa elogiativa, ma in una esaltazione tale da potere condurre alla riorganizzazione del partito fascista cioè in una «istigazione indiretta a commettere un fatto rivolto alla detta riorganizzazione e a tal fine idoneo ed efficiente». Dunque, soltanto il collegamento con il tentativo di riorganizzare l'abolito partito fascista può realizzare il reato di «apologia del fascismo». Pag. 12Secondo la Corte: «Ciò significa che l'apologia deve essere considerata non già in sé e per sé, ma in rapporto a quella riorganizzazione, che è vietata dalla XII disposizione. Trattasi non di una istigazione diretta, perché questa è configurata nell'articolo 2 della legge 1952, bensì di una istigazione indiretta a commettere un fatto rivolto alla detta riorganizzazione e a tal fine idoneo ed efficiente». Successivamente, la Corte costituzionale, sentenza n. 74 del 1958, confermando la legittimità dell'articolo 5 della legge Scelba che vieta le manifestazioni fasciste (nel caso specifico, si valutava la legittimità del saluto romano), ha chiarito i presupposti per la sanzionabilità dell'illecito, chiarendone il perimetro di applicazione. In particolare, ha affermato che «la denominazione di «manifestazioni fasciste» adottata dalla legge del 1952 e l'uso dell'avverbio «pubblicamente» fanno chiaramente intendere che, seppure il fatto può essere commesso da una sola persona, esso deve trovare nel momento e nell'ambiente in cui è compiuto circostanze tali, da renderlo idoneo a provocare adesioni e consensi ed a concorrere alla diffusione di concezioni favorevoli alla ricostituzione di organizzazioni fasciste. La ratio della norma non è concepibile altrimenti, nel sistema di una legge dichiaratamente diretta ad attuare la disposizione XII della Costituzione. Il legislatore ha compreso che la riorganizzazione del partito fascista può anche essere stimolata da manifestazioni pubbliche capaci di impressionare le folle; ed ha voluto colpire le manifestazioni stesse, precisamente in quanto idonee a costituire il pericolo di tale ricostituzione. Con questa interpretazione la norma denunziata si inquadra perfettamente nel sistema delle sanzioni dirette a garantire il divieto posto dalla XII disposizione transitoria, né contravviene al principio dell'articolo 21, primo comma, della Costituzione. In tal senso la norma dell'articolo 5 è stata interpretata anche dalla Corte di cassazione, che in una recente decisione (Sez. III, sentenza 16 gennaio 1958), in applicazione del principio fissato dalla Corte costituzionale, ha testualmente detto: «... Non crede questo Supremo Collegio che il criterio interpretativo di così ampia portata adottato dalla Corte costituzionale sia suscettibile di modificazioni e che esso non conservi la sua validità anche quando non trattasi di atti che integrino vera e propria apologia del fascismo ma si esauriscono in manifestazioni come il canto degli inni fascisti, poiché si ha ragione di ritenere anche che queste manifestazioni di carattere apologetico debbano essere sostenute, per ciò che concerne il rapporto di causalità fisica e psichica, dai due elementi della idoneità ed efficacia dei mezzi rispetto al pericolo della ricostituzione del partito fascista e che, quando questi requisiti sussistono, l'ipotesi di cui all'articolo 5 della legge citata è costituzionalmente legittima. Questo principio è fondato sulla stessa ratio legis, che è quella di evitare, attraverso l'apologia e le manifestazioni proprie del disciolto partito, il ritorno a qualsiasi forma di regime in contrasto con i principi e l'assetto dello Stato: esso non può non investire ogni singola disposizione di cui si compone la legge 20 giugno 1952». Mentre la legge Scelba concerne la disciplina sanzionatoria per la ricostituzione del partito fascista, per l'apologia del fascismo e per le manifestazioni esteriori di tale ideologia, la legge 654 del 1975, (ratifica della convenzione di New York del 7 marzo 1966 contro la discriminazione razziale) e la legge 205 del 1993, cosiddetta legge «Mancino» che ha convertito il decreto-legge n. 122 del 1993) punisce chi propaganda idee fondate sulla superiorità o sull'odio razziale ed etnico, istiga a commettere discriminazioni ovvero organizza movimenti che hanno tra i loro scopi quelli indicati o partecipa ad essi. Mentre ha avuto modo di pronunciarsi sulla legittimità costituzionale della legge Scelba, la Consulta non si è mai espressa sulla costituzionalità della legge Mancino perché le relative questioni sono state sempre ritenute manifestamente infondate dai giudici di merito e di legittimità che le hanno esaminate. La giurisprudenza di legittimità si è più volte pronunciata sulle leggi Scelba e Mancino. In relazione al rapporto tra le Pag. 13disposizioni della legge Scelba (legge n. 645 del 1952) e quelle della legge Mancino (legge n. 205 del 1993) – che sanzionano fattispecie sostanzialmente sovrapponibili – la Cassazione (sentenza n. 1475 del 1999) ha affermato che la norma di cui all'articolo 1 della legge Mancino ha carattere di sussidiarietà rispetto a quella dell'articolo 1 della legge Scelba (che punisce la ricostituzione del partito fascista), per cui la prima trova applicazione solo ove la legge Scelba non sia applicabile per insussistenza nella fattispecie concreta di elementi specializzanti rispetto a quelli contemplati nella norma sussidiaria. Ne deriva – prosegue la Cassazione – che «se si ritiene di non poter riconoscere, attraverso la propaganda razzista, la ricostituzione del disciolto partito fascista, la propaganda può acquistare rilevanza, sul piano penale, solo come forma di incitamento punibile ai sensi della legge n. 205 del 1993». Il tema della manifestazione di adesione alle ideologie fasciste è stata oggetto di diverse sentenza di legittimità. Precisando i confini del reato di apologia del fascismo, in linea con la giurisprudenza costituzionale, la Cassazione, sentenza 6 giugno 1977, ha precisato che la libertà di manifestare il proprio pensiero non trova limiti «ideologici» nella Costituzione, neppure quando la manifestazione abbia per oggetto il fascismo: ne consegue la conferma che, per configurare il reato di apologia del fascismo previsto dalla legge Scelba bisogna essere in presenza di in un'esaltazione tale da poter portare alla riorganizzazione del partito fascista. Anche dopo la legge di riforma dei reati d'opinione (legge n. 85 del 2006), la Cassazione (sentenze nn. 31655 del 2001 e 37581 del 32008) ha ritenuto manifestamente infondata la questione di costituzionalità della disciplina della legge n. 654 del 1975 (articolo 3) – come modificata dalla legge Mancino e dalla citata legge 85/2006 – laddove vieta la diffusione in qualsiasi modo di idee fondate sulla superiorità o sull'odio razziale, per asserito contrasto con l'articolo 21 della Costituzione, in quanto la libertà di manifestazione del pensiero e quella di ricerca storica cessano quando travalicano in istigazione alla discriminazione ed alla violenza di tipo razzista, opportunamente rimarcando, tra l'altro, come l'incitamento alla discriminazione o alla violenza per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi, ha un contenuto fattivo di istigazione ad una condotta che realizza un «quid pluris» rispetto alla mera manifestazione di opinioni personali. Per quanto concerne, in particolare, il saluto romano – detto della posizione della Consulta nella sentenza del 1958 – la giurisprudenza di legittimità lo ha prevalentemente considerato come reato (vedi, tra le altre, Cass. sentenze n. 11943 del 1982, n. 24184 del 2009, n. 35549 del 2012 e n. 37577 del 2014), sanzionato a volte ai sensi della legge Scelba, a volte della legge Mancino. Solo più recente giurisprudenza della Cassazione, in presenza di specifiche situazioni, non lo ha riconosciuto come reato. Nella sentenza n. 37577 del 2014, la Cassazione ha ritenuto che il saluto romano è, come manifestazione fascista, punibile ai sensi dell'articolo 5 della legge Scelba in quanto «reato di pericolo correlato al fatto che le manifestazioni usuali, evocative del disciolto partito fascista, vengono in rilievo in quanto realizzate durante pubbliche riunioni e pertanto possiedono idoneità lesiva per la tenuta dell'ordinamento democratico e dei valori allo stesso sottesi». Nella fattispecie – secondo la Corte – deve ritenersi pienamente configurato il fatto tipico e punibile da parte dei ricorrenti, posto che il «saluto romano» di certo rientra in tali manifestazioni esteriori considerate idonee a determinare il pericolo di riorganizzazione del partito fascista ed è stato posto in essere durante una pubblica manifestazione. La Cassazione penale, sentenza n. 20450 del 2016, pur annullando senza rinvio la sentenza impugnata per prescrizione del reato, ha avallato le motivazioni dei giudici di appello che avevano condannato sette persone che, durante una partita della nazionale di calcio, avevano fatto il «saluto fascista», anche noto come «saluto romano», per tutta la durata dell'inno nazionale italiano. I giudici di seconda Pag. 14istanza hanno ritenuto che esso costituisca una manifestazione che rimanda all'ideologia fascista e a valori politici di discriminazione razziale e di intolleranza, senza che sia necessario che tale manifestazione sia caratterizzata da elementi di violenza, svolgendo la fattispecie una funzione di tutela preventiva, secondo quanto previsto dalla legge Mancino. In precedenza anche Cassazione, sentenza n. 25184 del 2009, aveva ritenuto che il saluto romano (fatto all'esterno di uno stadio) costituisse violazione della legge Mancino; la Suprema Corte aveva affermato che tale nota espressione gestuale non è espressione della possibilità di manifestare liberamente il proprio pensiero, ma un'istigazione all'odio razziale... in quanto costituisce una manifestazione esteriore, che rimanda, per comune nozione storica, all'ideologia fascista, e quindi ad una ideologia politica «sicuramente non portatrice dei valori paritari e di non violenza, ma, al contrario, fortemente discriminante ed intollerante», ad un regime totalitario che ha emanato, tra l'altro, leggi di discriminazione dei cittadini per motivi razziali. Altre sentenze della Cassazione si sono occupate dell'inquadramento giuridico delle manifestazioni di natura fascista confermando le sentenze di condanna intervenute. Si ricordano, tra le altre, la sentenza n. 37390 del 2007 (relativa al caso di una bandiera raffigurante un fascio littorio esposta durante una partita di calcio) che ha ritenuto integrato il reato previsto dall'articolo 2, comma 1, della legge Mancino; la sentenza n. 37577 del 2014, (relativa al saluto romano e all'uso della parola «presente» urlata in coro nel corso di una manifestazione di CasaPound). In questo caso era stata contestata l'ipotesi prevista dall'articolo 5 della legge Scelba (manifestazioni fasciste) e la Corte ha confermato la condanna degli imputati precisando che «non è la manifestazione esteriore in quanto tale ad essere oggetto di incriminazione, bensì il suo venire in essere in condizioni di «pubblicità» tali da rappresentare un concreto tentativo di raccogliere adesioni ad un progetto di ricostituzione, il che esclude ogni contrasto con gli invocati parametri costituzionali». Il tema della manifestazione di adesione alle ideologie fasciste è stata oggetto della sentenza n. 39860 del 2013, con cui la Cassazione ha confermato la decisione della Corte d'appello di Trento, sezione distaccata di Bolzano, che aveva condannato a 2.280 euro di ammenda un tifoso di hockey per avere fatto uso di simboli delle organizzazioni nazionaliste; il tifoso aveva indossato in occasione di una partita una maglietta con l'immagine di Benito Mussolini, riproducente scritte proprie dell'ideologia fascista. La Cassazione, rigettando il ricorso, affermava che l'essersi presentato esibendo la maglietta con le scritte ed i simboli inneggianti al regime fascista ed ai valori dell'ideologia fascista integra la condotta di uso di simboli propri delle organizzazioni nazionaliste ed i comportamenti vietati e sanzionati dall'articolo 1 della legge Mancino. Come accennato, vanno ricordate anche recenti decisioni giurisprudenziali, sia di legittimità che di merito, che non hanno ritenuto reato il saluto romano. In particolare si tratta di casi in cui tale manifestazione esteriore del fascismo è avvenuta in occasione di commemorazioni di vittime della violenza politica. La Cassazione, sentenza 3 marzo 2016, ha confermato la sentenza assolutoria di primo grado emessa dal G.U.P. di Milano nel giugno 2015, dichiarando inammissibile il ricorso del Procuratore Generale, ritenendo che condotte come «la chiamata del presente» e il cosiddetto «saluto romano», costituissero reato ai sensi della Legge Scelba. Si legge, invece, in sentenza che «le manifestazioni, certamente di carattere fascista e con una indubbia simbologia fascista, erano rivolte ai defunti in segno di omaggio e di umana pietà e non avevano alcuna finalità di restaurazione»; mancava, in definitiva, la finalità diffusiva e di propaganda nonché la finalità di ricostituzione del partito fascista. Nello stesso senso, più recentemente, va segnalata la sentenza della Corte d'Appello di Milano 21 settembre 2016, che ha assolto dall'accusa di apologia del fascismo alcuni esponenti di Casapound che, durante analoga Pag. 15manifestazione commemorativa, avevano richiamato l'ideologia nazifascista con uso di bandiere con croci celtiche e saluti romani. La Corte, osservando che «appaiono dubbie la volontà e la capacità diffusiva della manifestazione stessa», ha ricordato la giurisprudenza costituzionale secondo la quale penalmente rilevanti sono quelle manifestazioni in cui i «gesti di richiamo all'ideologia fascista siano svolti in occasione di una riunione pubblica» e che siano connotate dal «dolo, anche generico, di volere diffondere ideologia», con atteggiamenti «tali da porre in pericolo l'ordine democratico». Inoltre la loro condotta, che «non implica di per sé l'intenzione di sollecitare l'adesione all'ideologia da parte di un numero indeterminato di persone estranee alla manifestazione», secondo la Corte d'Appello, va valutata anche in relazione «all'evoluzione storico sociale che impone di valutare in maniera più rigorosa la sussistenza o meno del pericolo di diffusione dell'ideologia». La stessa relazione alla proposta di legge ricorda, in senso analogo, una sentenza del tribunale di Livorno del marzo 2015 che ha assolto quattro tifosi veronesi ripresi dalle telecamere nell'atto di compiere il saluto romano durante la partita di calcio Livorno-Hellas Verona del 3 dicembre 2011. Il tribunale «ha ritenuto che il fatto non costituisca reato in quanto ai fini della sussistenza dello stesso è imprescindibile che il comportamento censurato determini un pericolo concreto e attuale di riproposizione di quei movimenti in tutte le sue forme e che il saluto romano non costituisce reato poiché non è punibile il gesto in sé»; la non illiceità del comportamento in questione deriva poi dal fatto, secondo i giudici livornesi, di essere «collocato all'interno di una manifestazione sportiva che non è il luogo deputato a fare opera di proselitismo e propaganda politica». La sentenza non è stata impugnata dalla procura della Repubblica di Livorno ed è passata in giudicato.
  Si riserva di presentare una proposta di parere alla luce del dibattito che si svolgerà in seno al Comitato.

  Alessandro NACCARATO, presidente, nessuno chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

Ratifica ed esecuzione dell'Accordo tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo della Repubblica dell'Ecuador in materia di cooperazione nel campo della difesa, fatto a Roma il 18 novembre 2009 e a Quito il 20 novembre 2009.
C. 4465 Governo, approvato dal Senato.

(Parere alla III Commissione).
(Esame e conclusione – Parere favorevole).

  Il Comitato inizia l'esame del provvedimento.

  Daniela Matilde Maria GASPARINI (PD), relatrice, osserva che l'Accordo di cooperazione tra Italia ed Ecuador nel campo della difesa, fatto a Roma e Quito rispettivamente il 18 e il 20 novembre 2009 è inteso a favorire lo svolgimento di un processo di stabilizzazione in una particolare regione, quella andina settentrionale, di valore strategico e di valenza politica, considerati gli interessi nazionali, gli impegni già assunti e le prospettive in ambito internazionale.
  L'Accordo è composto da un preambolo e 15 articoli.
  L'articolo 1 inquadra la cooperazione nel campo della difesa tra le due Parti in base ai principi di uguaglianza e interesse reciproco. In base all'articolo 2 la gestione dell'Accordo è demandata ai rispettivi Ministeri della Difesa, i cui rappresentanti si riuniranno periodicamente e alternativamente nelle rispettive capitali. L'articolo 3 contempla i settori della cooperazione, riportando un elenco non tassativo, nel quale si individuano in particolare gli scambi di informazioni militari e sulle esperienze acquisite nelle operazioni di mantenimento della pace; la ricerca, sviluppo e acquisizione di prodotti e servizi nel campo della difesa; gli aspetti ambientali delle attività militari; la formazione e addestramento militari e i relativi aspetti sanitari. Le forme attraverso le quali strutturare la cooperazione prevista dall'Accordo Pag. 16sono elencate nell'articolo 4: oltre a riunioni dei vertici politici e militari del settore, si prevede lo scambio di know how tra le Parti, come anche la partecipazione reciproca ad attività di formazione e di esercitazione. È prevista altresì la visita a navi da guerra, aerei ed altre installazioni militari. Anche in questo caso le Parti potranno d'intesa individuare ulteriori attività mediante le quali espletare la cooperazione nel settore della difesa. L'articolo 5 concerne lo scambio di armamenti, in base al quale si potrà procedere allo scambio di materiali bellici, armi e munizioni, che potrà essere attuato sia con modalità diretta, sia previa autorizzazione rilasciata ad aziende private dai rispettivi Governi. L'articolo 6 prevede tra l'altro l'impegno delle Parti alla garanzia della protezione della proprietà intellettuale derivante da iniziative condotte in conformità con l'Accordo, con il diritto interno di ciascuna delle Parti e con gli accordi internazionali cui esse risultano vincolate. L'articolo 7 prevede impegni di reciproca assistenza e collaborazione nel settore dei materiali di difesa. L'articolo 8 riguarda la ripartizione tra le due Parti contraenti delle spese derivanti dall'esecuzione dell'Accordo. L'articolo 9 fissa il quadro di responsabilità per il risarcimento di eventuali danni provocati nell'esecuzione delle attività previste dall'Accordo medesimo. L'articolo 10 prevede il diritto delle Autorità della Parte ospitante all'esercizio della giurisdizione sul personale militare e civile ospite nel quadro dell'Accordo, in riferimento a reati commessi sul proprio territorio, ma viene esplicitamente esclusa la possibilità di applicare la pena capitale, qualora prevista nell'ordinamento della Parte ospitante per quei reati. Le Autorità del paese inviante avranno il diritto di esercitare in via prioritaria giurisdizione sui membri delle proprie forze armate in alcuni casi determinati. L'articolo 11 è inerente alla sicurezza delle informazioni classificate, alle quali dovrà essere garantita una protezione adeguata agli standard nazionali. Il testo riporta le rispettive classificazioni di sicurezza, prevedendo altresì che qualsiasi informazione scambiata in base all'Accordo in esame venga utilizzata nei termini specificamente previsti dalle Parti nell'ambito delle finalità dell'Accordo stesso. È inoltre previsto che il trasferimento di informazioni classificate a Parti terze dovrà essere subordinato all'autorizzazione scritta della Parte che ha dato origine alle informazioni. Ulteriori profili sulla sicurezza delle informazioni classificate potranno essere regolati da un accordo specifico da stipulare successivamente. L'articolo 12 prevede che eventuali controversie sull'interpretazione o applicazione dell'Accordo saranno risolte mediante consultazioni dirette tra le Parti. L'articolo 13 stabilisce la possibilità di stipulare protocolli aggiuntivi all'Accordo in ambiti specifici di cooperazione nel settore della difesa. Per quanto concerne tali protocolli aggiuntivi, nonché i programmi di sviluppo ed esecuzione dell'accordo, questi verranno messi a punto e sviluppati da personale dei rispettivi Ministeri della difesa, in stretto coordinamento con le due Amministrazioni degli affari esteri. L'Accordo potrà inoltre essere emendato mediante Scambio di note tra le Parti. In base infine all'articolo 14 l'Accordo ha durata illimitata: è prevista la possibilità che una delle Parti denunci l'Accordo, con effetto 90 giorni dopo il ricevimento della notifica all'altra Parte.
  Il disegno di legge di autorizzazione alla ratifica dell'Accordo di cooperazione tra Italia ed Ecuador nel settore della difesa, già approvato dal Senato il 4 maggio 2017, si compone di cinque articoli: i primi due contengono rispettivamente l'autorizzazione alla ratifica medesima e il relativo ordine di esecuzione, mentre l'articolo 5, come di consueto, prevede l'entrata in vigore della legge di autorizzazione alla ratifica il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta ufficiale. L'articolo 3, comma 1 è dedicato alla copertura finanziaria degli oneri previsti dall'attuazione dell'Accordo, per i quali si autorizza ad anni alterni e con decorrenza dal 2017, la spesa di 5.012 euro. Nel corso dell'esame al Senato sono stati soppressi i commi da 2 a 4 dell'articolo 3, riguardanti le clausole di copertura Pag. 17a fronte di scostamenti finanziari nell'applicazione dell'Accordo in esame. L'articolo 4, comma 1, riporta una clausola di invarianza finanziaria nei confronti delle disposizioni dell'Accordo – eccezion fatta per l'articolo 2 –, dalle quali non devono derivare maggiori oneri per la finanza pubblica. Il comma 2 stabilisce che agli oneri eventuali derivanti dai risarcimenti di cui all'articolo 9 dell'Accordo si farà fronte con apposito provvedimento di legge.
  Con riguardo al rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite, il provvedimento si inquadra – nell'ambito della materia «politica estera e rapporti internazionali dello Stato», riservata alla competenza legislativa esclusiva dello Stato, ai sensi dell'articolo 117, secondo comma, lettera a), della Costituzione.
  Formula, quindi, una proposta di parere favorevole (vedi allegato 1).

  Nessuno chiedendo di intervenire, il Comitato approva la proposta di parere della relatrice.

Ratifica ed esecuzione del Memorandum d'intesa tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo della Repubblica del Perù per la cooperazione nel campo della sicurezza e difesa e dei materiali per la difesa, fatto a Roma il 17 marzo 2010.
C. 4466 Governo, approvato dal Senato.

(Parere alla III Commissione).
(Esame e conclusione – Parere favorevole).

  Il Comitato inizia l'esame del provvedimento.

  Daniela Matilde Maria GASPARINI (PD), relatrice, osserva che il Memorandum di intesa in titolo rinnova un precedente documento bilaterale risalente al 2002 e ha lo scopo di fissare la cornice giuridica entro cui sviluppare la cooperazione fra i due Paesi – Italia e Perù – nel settore della difesa, con l'intento di consolidare le rispettive capacità difensive e di indurre positivi effetti indiretti in alcuni settori produttivi e commerciali delle rispettive economie.
  Il Memorandum, composto da un preambolo e da 6 articoli, prevede innanzitutto, all'articolo 1, che la cooperazione si basi sul principio della reciprocità e si svolga in conformità con gli ordinamenti giuridici dei due Paesi. Lo stesso articolo definisce, inoltre, gli obblighi di assistenza e supporto tecnico-logistico che l'Italia è tenuta ad assicurare in relazione a sistemi, materiali e mezzi di provenienza italiana.
  L'articolo 2 demanda ad appositi protocolli aggiuntivi l'indicazione delle concrete modalità attuative dell'intesa e l'articolo 3 istituisce una Commissione mista, composta da rappresentanti dei due Ministeri della difesa, la quale, essendo chiamata a riunirsi almeno una volta l'anno, alternativamente in Italia e in Perù, sarà preposta all'esecuzione e supervisione del Memorandum. L'articolo 4 definisce gli aspetti finanziari della cooperazione e le modalità per la composizione delle controversie interpretative e attuative dell'Accordo. Da ultimo, gli articoli 5 e 6 disciplinano gli aspetti relativi alla sicurezza delle informazioni classificate, la data di entrata in vigore e le modalità per una sua eventuale denuncia o revisione.
  Nel segnalare che gli oneri economici sono quantificati in circa 22.000 euro ad anni alterni, per le spese di missione dei membri della Commissione mista di difesa e sicurezza, ricordo che il Memorandum non presenta profili d'incompatibilità con la normativa nazionale, né con l'ordinamento comunitario e con gli altri obblighi internazionali sottoscritti dal nostro Paese.
  Con riguardo al rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite, il provvedimento si inquadra – nell'ambito della materia «politica estera e rapporti internazionali dello Stato», riservata alla competenza legislativa esclusiva dello Stato, ai sensi dell'articolo 117, secondo comma, lettera a), della Costituzione.
  Formula, quindi, una proposta di parere favorevole (vedi allegato 2).

Pag. 18

  Nessuno chiedendo di intervenire, il Comitato approva la proposta di parere della relatrice.

Ratifica ed esecuzione dell'Accordo tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo della Repubblica di Macedonia in materia di cooperazione di polizia, fatto a Roma il 1o dicembre 2014.
C. 4467 Governo, approvato dal Senato.

(Parere alla III Commissione).
(Esame e conclusione – Parere favorevole).

  Il Comitato inizia l'esame del provvedimento.

  Federica DIENI (M5S), relatrice, osserva che l'Accordo tra Italia e Repubblica macedone in materia di cooperazione di polizia, fatto a Roma il 1o dicembre 2014, intende creare uno strumento giuridico di regolamentazione della collaborazione bilaterale di polizia sotto il profilo sia strategico sia operativo.
  Con riferimento al contenuto, l'Accordo si compone di un preambolo e 12 articoli. Nel preambolo viene richiamata la risoluzione Onu 45/123 del 1990 in tema di Cooperazione internazionale nella lotta contro il crimine organizzato, le convenzioni dell'ONU contro le sostanze stupefacenti e psicotrope, la Convenzione contro la criminalità transnazionale firmata a Palermo nel dicembre 2000 sia dall'Italia, sia dalla Colombia, e i relativi Protocolli, nonché le pertinenti risoluzioni del Consiglio di Sicurezza e le Convenzioni contro il terrorismo adottate in sede ONU. L'articolo 1 individua le Autorità competenti per l'applicazione dell'Accordo, che sono per l'Italia il Dipartimento della pubblica sicurezza del Ministero dell'interno e per la Repubblica di Macedonia il Ministero dell'interno. Vengono inoltre salvaguardati i principi delle rispettive legislazioni nazionali e gli obblighi internazionali assunti dalle due Parti contraenti. L'articolo 2 individua i settori di cooperazione da effettuare, nell'ambito dei propri mezzi ed in conformità alle legislazioni nazionali delle Parti, per prevenire, contrastare ed indagare su crimini nei seguenti ambiti, peraltro non esclusivi: crimine organizzato transnazionale; produzione, traffico e contrabbando di sostanze stupefacenti e psicotrope e dei loro precursori; tratta di persone e traffico di migranti; traffici illeciti di armi, munizioni, esplosivi, nonché di materiali radioattivi e tossici; – veicoli rubati; criminalità informatica. Le Parti, inoltre, collaborano nelle prevenzione e repressione degli atti terroristici in base alle legislazioni nazionali e agli obblighi internazionali assunti. Le modalità della cooperazione bilaterale vengono individuate dall'articolo 3, che ne prevede l'attuazione attraverso lo scambio di informazioni riguardanti: reati, criminali, organizzazioni e loro modalità operative, strutture e contatti; stupefacenti, metodi di produzione, canali e mezzi del relativo traffico e modalità di occultamento; reati di terrorismo, terroristi e loro organizzazioni, loro modalità operative, strutture e contatti; strumenti legislativi, scientifici e d'analisi per combattere il crimine; formazione del personale di polizia; adozione di speciali tecniche investigative quali operazioni sotto copertura e consegne controllate; metodi per il contrasto alla tratta di esseri umani e al traffico di migranti; passaporti e altri documenti di viaggio. Le procedure per l'esecuzione delle richieste di assistenza, ed i relativi requisiti formali e sostanziali, sono contenute nelle disposizioni dell'articolo 4. L'articolo 5 individua le ipotesi di rifiuto di assistenza, che riguardano il caso in cui potrebbero essere compromessi sovranità, sicurezza interna, ordine pubblico o altri interessi fondamentali dello Stato richiesto, oppure vi sia contrasto con la sua legislazione nazionale o con gli obblighi internazionali da esso assunti. L'assistenza può essere rifiutata se l'esecuzione della richiesta presenta un onere eccessivo per le risorse della Parte richiesta. All'esecuzione delle richieste è dedicato l'articolo 6. L'articolo 7 riguarda la protezione dei dati personali, dei documenti e delle informazioni classificate scambiati durante la collaborazione bilaterale: ad essi ciascuna delle Parti garantisce un livello di protezione equivalente a Pag. 19quello in vigore nell'ordinamento della Parte che ha originato i documenti o le informazioni medesimi, che non potranno essere divulgati a Parti terze senza il consenso scritto della autorità competente che li ha forniti. Per quanto concerne i dati personali, questi verranno utilizzati, registrati e trasferiti esclusivamente per le finalità previste dall'Accordo. L'articolo 8 prevede che rappresentanti delle Autorità competenti possano riunirsi, alternativamente in Italia e nella repubblica di Macedonia, per valutare i progressi effettuati nonché per discutere e migliorare la cooperazione. L'articolo 9 stabilisce che le spese connesse alla trattazione di una richiesta avanzata ai sensi dell'Accordo vengono di norma sostenute dalla Parte richiesta; a fronte di spese notevoli e straordinarie le Parti si consulteranno per stabilire sia le modalità di trattazione della richiesta, sia il modo in cui saranno sostenute le spese. I costi delle riunioni sono sostenuti dalla Parte ricevente, laddove le spese di viaggio ed alloggio dei delegati sono sostenute dalla Parte inviante. Ai sensi dell'articolo 10, la lingua inglese è riconosciuta dalle Parti italiana e macedone quale lingua di lavoro da utilizzare nell'ambito della cooperazione prevista dall'intesa. L'articolo 11 stabilisce che controversie eventualmente derivanti dall'interpretazione o dall'attuazione dell'Accordo saranno composte amichevolmente mediante consultazioni e trattative tra le Parti. L'articolo 12, infine, dispone che l'Accordo, che ha durata illimitata, potrà tuttavia essere denunciato con effetto a sei mesi dalla notifica all'altra Parte; l'Accordo potrà altresì essere emendato con il reciproco consenso scritto delle Parti.
  Il disegno di legge di autorizzazione alla ratifica dell'Accordo in oggetto si compone di quattro articoli. L'articolo 1 e l'articolo 2 contengono, rispettivamente, la clausola di autorizzazione alla ratifica e l'ordine di esecuzione dell'Accordo in esame. L'articolo 4 prevede l'entrata in vigore della legge di autorizzazione alla ratifica il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta ufficiale. L'articolo 3, comma 1, reca la clausola di copertura finanziaria degli oneri previsti per l'attuazione dell'Accordo, valutati complessivamente, a decorrere dal 2017, in 152.148 euro annui. Un apposito emendamento del Senato ha provveduto all'aggiornamento della copertura. Nell'esame al Senato sono stati inoltre soppressi i commi da 2 a 4 dell'articolo 3, riguardanti le clausole di copertura a fronte di scostamenti finanziari nell'applicazione dell'Accordo in esame.
  Con riguardo al rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite, il provvedimento si inquadra – nell'ambito della materia «politica estera e rapporti internazionali dello Stato», riservata alla competenza legislativa esclusiva dello Stato, ai sensi dell'articolo 117, secondo comma, lettera a), della Costituzione.
  Formula, quindi, una proposta di parere favorevole (vedi allegato 3).

  Nessuno chiedendo di intervenire, il Comitato approva la proposta di parere della relatrice.

Ratifica ed esecuzione dell'Accordo tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo della Repubblica del Mozambico sulla cooperazione nel settore della difesa, fatto a Maputo il 19 marzo 2014.
C. 4468 Governo, approvato dal Senato.

(Parere alla III Commissione).
(Esame e conclusione – Parere favorevole).

  Il Comitato inizia l'esame del provvedimento.

  Federica DIENI (M5S), relatrice, osserva che l'Accordo di cooperazione tra Italia e Mozambico nel campo della difesa, fatto a Maputo il 19 marzo 2014, già approvato dal Senato il 4 maggio scorso, è composto da un preambolo e 12 articoli. L'articolo 1 inquadra la cooperazione nel campo della difesa tra le due Parti in base ai principi di uguaglianza e interesse reciproco. Si salvaguardano altresì gli obblighi dell'Italia in ragione della sua appartenenza all'Unione europea. L'articolo 2 Pag. 20determina le linee-guida, i settori e le modalità di cooperazione tra i Ministeri della Difesa dei due Paesi: le due Parti contraenti potranno elaborare piani annuali e pluriennali di cooperazione nel campo della difesa. I settori della cooperazione sono elencati non tassativamente: si individuano in particolare gli scambi di informazioni militari e sulle esperienze acquisite nelle operazioni di mantenimento della pace; la ricerca, sviluppo e acquisizione di prodotti e servizi nel campo della difesa; gli aspetti ambientali delle attività militari; le attività di contrasto alla pirateria; la formazione e addestramento militari e i relativi aspetti sanitari. Le forme attraverso le quali strutturare la cooperazione prevista dall'Accordo, oltre a riunioni dei vertici politici e militari del settore, prevedono lo scambio di know how tra le Parti, come anche la partecipazione reciproca ad attività di formazione e di esercitazione. È prevista altresì la visita a navi da guerra, aerei ed altre installazioni militari. Anche in questo caso le Parti potranno d'intesa individuare ulteriori attività mediante le quali espletare la cooperazione nel settore della difesa. L'articolo 3 regola gli aspetti finanziari derivanti dall'Accordo, secondo il principio che ciascuna delle due Parti sosterrà le spese di sua competenza relative all'esecuzione dell'Accordo, fermo restando che lo svolgimento di tutte le attività da esso previste sarà subordinato alla disponibilità dei relativi fondi. L'articolo 4 tratta le questioni attinenti alla giurisdizione sul personale militare e civile impegnato nelle attività di cooperazione militare: lo Stato ospitante avrà il diritto di esercitarla nei confronti dei reati commessi sul proprio territorio e puniti in base al proprio ordinamento, anche se commessi da personale dell'altra Parte contraente, salvo alcune specifiche fattispecie, nelle quali la giurisdizione è comunque riservata alle autorità dello Stato d'origine. Vi sono altresì clausole di salvaguardia del personale nel caso in cui questo sia stato coinvolto in eventi per i quali la legislazione dello Stato ospitante preveda l'applicazione di sanzioni, quali la pena capitale, in contrasto con i principi fondamentali dell'ordinamento dello Stato inviante. L'articolo 5 disciplina il risarcimento degli eventuali danni provocati dal personale della Parte ospitante o di entrambe le Parti in relazione al servizio reso. L'articolo 6 regola la cooperazione nello scambio di attrezzature e di mezzi. Peraltro, i Governi si impegnano a non riesportare a Paesi terzi il materiale acquisito, senza il preventivo benestare della Parte cedente. La fornitura di materiali di interesse delle rispettive Forze Armate sarà attuata con operazioni dirette da Stato a Stato, oppure tramite società private autorizzate dai Governi. Ai sensi dell'articolo 7, le Parti si impegnano a garantire la protezione della proprietà intellettuale derivante da iniziative condotte conformemente all'Accordo in esame, alle rispettive normative nazionali e agli impegni internazionali da esse sottoscritti. L'articolo 8 concerne la sicurezza delle informazioni classificate, alle quali dovrà essere garantita una protezione adeguata agli standard nazionali. Il testo riporta le rispettive classificazioni di sicurezza, prevedendo altresì che qualsiasi informazione scambiata in base all'Accordo in esame venga utilizzata nei termini specificamente previsti dalle Parti nell'ambito delle finalità dell'Accordo stesso. È inoltre previsto che il trasferimento di informazioni classificate a Parti terze dovrà essere subordinato all'autorizzazione scritta della Parte che ha dato origine alle informazioni. Ulteriori profili sulla sicurezza delle informazioni classificate potranno essere regolati da un accordo specifico da stipulare successivamente. L'articolo 9 è dedicato alla risoluzione di eventuali controversie in merito all'interpretazione o applicazione dell'Accordo, che verranno risolte esclusivamente mediante negoziati tra le Parti. Gli articoli da 10 a 12, infine, riportano le consuete clausole finali dell'Accordo, che ha durata illimitata, salva la facoltà di ciascuna delle Parti di denunciarlo in qualunque momento, con effetto 90 giorni dopo il ricevimento della notifica all'altra Parte contraente. Le Parti potranno altresì stipulare Pag. 21protocolli aggiuntivi in specifici ambiti di cooperazione militare, rispettando i rispettivi ordinamenti nazionali. Per quanto concerne tali protocolli aggiuntivi, nonché i programmi di sviluppo ed esecuzione dell'accordo, questi verranno messi a punto e sviluppati da personale dei rispettivi Ministeri della difesa, in stretto coordinamento con le due Amministrazioni degli affari esteri. L'Accordo potrà inoltre essere emendato mediante Scambio di note tra le Parti. L'Accordo potrà essere modificato con il reciproco consenso delle Parti tramite Scambio di note.
  Il disegno di legge di autorizzazione alla ratifica dell'Accordo si compone di cinque articoli. I primi due contengono rispettivamente l'autorizzazione alla ratifica medesima e il relativo ordine di esecuzione, mentre l'articolo 5, come di consueto, prevede l'entrata in vigore della legge di autorizzazione alla ratifica il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta ufficiale. L'articolo 3, comma 1, è dedicato alla copertura finanziaria degli oneri previsti dall'attuazione dell'Accordo, per i quali si autorizza ad anni alterni e con decorrenza dal 2017, la spesa di 4.318 euro. Un emendamento del Senato ha opportunamente aggiornato il periodo di riferimento per la copertura finanziaria. Nel corso dell'esame al Senato sono stati inoltre soppressi i commi da 2 a 4 dell'articolo 3, riguardanti le clausole di copertura a fronte di scostamenti finanziari nell'applicazione dell'Accordo in esame. L'articolo 4, comma 1 riporta una clausola di invarianza finanziaria nei confronti delle disposizioni dell'Accordo – eccezion fatta per l'articolo 2 –, dalle quali non devono derivare maggiori oneri per la finanza pubblica. Il comma 2, sostituito durante l'esame al Senato, stabilisce che gli oneri eventuali derivanti dai risarcimenti di cui all'articolo 5 dell'Accordo verranno sostenuti solo dopo l'entrata in vigore dei provvedimenti legislativi che reperiscano le risorse occorrenti.
  Con riguardo al rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite, il provvedimento si inquadra – nell'ambito della materia «politica estera e rapporti internazionali dello Stato», riservata alla competenza legislativa esclusiva dello Stato, ai sensi dell'articolo 117, secondo comma, lettera a), della Costituzione.
  Formula, quindi, una proposta di parere favorevole (vedi allegato 4).

  Nessuno chiedendo di intervenire, il Comitato approva la proposta di parere della relatrice.

Ratifica ed esecuzione del Protocollo sui privilegi e le immunità del tribunale unificato dei brevetti, fatto a Bruxelles il 29 giugno 2016.
C. 4469 Governo, approvato dal Senato.

(Parere alla III Commissione).
(Esame e conclusione – Parere favorevole).

  Il Comitato inizia l'esame del provvedimento.

  Alessandro NACCARATO, presidente, in sostituzione della relatrice impossibilitata a partecipare, osserva che il Protocollo sui privilegi e le immunità del tribunale unificato dei brevetti – TUB –, fatto a Bruxelles il 29 giugno 2016 è destinato a completare le previsioni dell'Accordo istitutivo del TUB, disciplinando gli aspetti relativi ai privilegi fiscali e alle immunità dalla giurisdizionale per le diverse sedi del tribunale – attualmente previste in Francia, Germania, Regno Unito e Lussemburgo, nonché per le eventuali divisioni locali e regionali attraverso cui il tribunale possa trovarsi ad operare. Si rammenta che l'Accordo istitutivo del Tribunale unificato dei brevetti – TUB è stato firmato il 19 febbraio 2013 da 25 Stati membri dell'Unione europea, parte di una cooperazione rafforzata formalizzata nel marzo 2011. I 25 paesi (tutti tranne Polonia e Spagna, mentre la Croazia non faceva all'epoca ancora parte dell'UE) avevano convenuto di istituire il tribunale unificato dei brevetti quale organo giurisdizionale con competenza sulle controversie in materia di brevetto europeo con effetto unitario, la cui creazione era finalizzata a Pag. 22completare il quadro normativo formato dai regolamenti (UE) n. 1257/2012 e 1260/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 dicembre 2012, relativi, appunto, alla istituzione di una tutela brevettuale unitaria europea ed al suo regime linguistico. La posizione dell'Italia, inizialmente indisponibile ad accettare il trilinguismo (inglese, francese, tedesco) previsto dai regolamenti e dall'Accordo istitutivo del TUB, è successivamente mutata conducendo, il 2 luglio 2015, all'adesione alla cooperazione rafforzata ed all'avvio del processo di ratifica dell'Accordo stesso, alla luce degli interessi nazionali; si è infatti ritenuto che l'adesione alla cooperazione rafforzata consenta agli operatori innovativi italiani che puntano all'internazionalizzazione di avvalersi dei brevetti europei con effetto unitario. Con la ratifica dell'Accordo, infatti, l'effetto unitario – grazie al quale i brevetti avranno efficacia e protezione in tutti gli Stati parte della cooperazione rafforzata – e la competenza del TUB si estendono anche all'Italia, con ricadute positive sulla sua attrattività verso investimenti esteri ad elevato contenuto d'innovazione. La ratifica dell'Accordo su un tribunale unificato dei brevetti, con Allegati, fatto a Bruxelles il 19 febbraio 2013 è dunque intervenuta ai sensi della legge n. 214 del 2016. Poiché è previsto che il TUB abbia sedi in diversi Stati membri (Francia, Germania, Regno Unito, Lussemburgo) e che possano esserne istituite divisioni locali o regionali in altre località, il Protocollo sui privilegi e le immunità del TUB e del suo personale, in esame, è stato negoziato nel contesto dell'apposito Comitato preparatorio intergovernativo – con la collaborazione dei rappresentanti della Amministrazioni ivi rappresentate (per l'Italia Ministero della giustizia, Ministero dell'economia e delle finanze, Ministero dello sviluppo economico, assieme al Dipartimento per le politiche europee della Presidenza del Consiglio dei ministri) – per fornire un'impostazione unitaria alla materia, utile tanto agli Stati parte quanto al personale, di diverse nazionalità, che sarà impiegato dall'organizzazione. L'Accordo istitutivo prevede, infatti, la creazione di un Tribunale di primo grado – avente una divisione centrale a Parigi, con sezioni a Londra e Monaco di Baviera –, una Corte d'appello (Lussemburgo), Centro di mediazione e arbitrato per i brevetti (Lubiana e Lisbona), Training Centre (Budapest), lasciando agli Stati parte la possibilità di chiedere l'apertura di una divisione, locale o regionale, del Tribunale di primo grado sul proprio territorio. Il Protocollo in esame è dunque finalizzato ad integrare l'Accordo istitutivo del TUB (ratificato, come già rammentato, dalla legge 3 novembre 2016, n. 214), contribuendo al raggiungimento degli obiettivi di quest'ultimo, ossia alla creazione di un sistema brevettuale europeo realmente integrato. Nella relazione illustrativa che accompagna il provvedimento presentato al Senato (S. 2673, approvato dall'Assemblea il 4 maggio 2017) si sottolinea che, allo stato, il brevetto europeo si limita a offrire agli operatori la possibilità di una unica procedura centralizzata di concessione, da convalidarsi, però, presso le autorità nazionali dei singoli Paesi in cui si intende farlo valere. Non esistono inoltre una procedura centralizzata di mantenimento in vita del brevetto, né rimedi giurisdizionali in caso di controversie, che rimangono quindi competenze nazionali. Con l'entrata in vigore dell'Accordo che istituisce il TUB – prosegue la relazione – inizieranno ad essere applicati anche i citati regolamenti UE n. 1257/2012 e n. 1260/2012, in base ai quali ai brevetti europei potrà essere conferito, con un'unica procedura, un effetto unitario, grazie al quale essi avranno efficacia e protezione in tutti gli Stati parte della cooperazione rafforzata, con evidentissimi vantaggi in termini economici e di oneri burocratici. Ciò si tradurrà in significativi benefici per gli operatori economici italiani più propensi all'innovazione e all'internazionalizzazione, stimolando le attività di ricerca e lo sviluppo di produzioni all'avanguardia. Per quanto riguarda il settore pubblico, la semplificazione amministrativa derivante dall'introduzione di un titolo brevettuale con vicende unitarie in quasi tutta l'Unione Pag. 23europea avrà effetti positivi per le autorità coinvolte.
  Quanto al contenuto, il Protocollo in esame si articola in un preambolo e 19 articoli. Il preambolo, richiamato l'Accordo del 19 febbraio 2013, che istituisce il Tribunale unificato dei brevetti conferendogli personalità giuridica in tutti gli Stati membri, ne evidenzia l'articolo 37, in base al quale gli Stati membri contraenti che ne ospitano le sedi (Francia, Germania, Regno Unito e Lussemburgo) sono tenuti a mettere a disposizione i relativi locali e, per i primi sette anni, il necessario personale amministrativo di supporto (dall'ottavo anno, quando il TUB raggiungerà l'autonomia finanziaria, costoro saranno assunti dall'organizzazione). Il preambolo sottolinea, inoltre, che ai giudici si applica – eccezionalmente, in ragione del legame organico tra TUB e brevetto europeo con effetto unitario –- il regime di privilegi e immunità valido per i funzionari dell'Unione europea, e riconosce che il Tribunale necessita di vedersi accordata la più ampia capacità giuridica possibile, nonché di godere di tutte le tutele utili allo svolgimento delle proprie funzioni. Conclude, pertanto, che, in tale contesto, è importante definire un quadro di riferimento comune, a beneficio del tribunale e degli Stati membri, ferma restando la possibilità di negoziare appositi accordi di sede integrativi.
  L'articolo 1 è riservato alla definizione della terminologia utilizzata nel testo del Protocollo. L'articolo 2 stabilisce che il tribunale beneficia, nel territorio di ciascuno Stato parte, dei privilegi e delle immunità necessari allo svolgimento delle sue attività ufficiali.
  Con l'articolo 3 è stabilita l'inviolabilità delle sedi del tribunale, fatte salve le diverse determinazioni che potranno essere concordate con gli Stati ospitanti.
  Inviolabili sono anche, ai sensi dell'articolo 4, gli archivi del tribunale e tutti i suoi atti e documenti. L'articolo 5 disciplina le immunità del tribunale, stabilendo, in primo luogo, che il TUB gode (salvo le eccezioni espressamente indicate) di piena immunità dai procedimenti legali e da misure quali perquisizioni o espropri, e che, per quanto necessario all'espletamento delle sue attività ufficiali, esso è esente da restrizioni di qualsivoglia natura nei confronti delle sue proprietà, beni e risorse finanziarie.
  Ai sensi dell'articolo 6, le immunità si estendono ai rappresentanti degli Stati parte che compongono i Comitati amministrativo, di bilancio e consultivo ed ai loro atti ufficiali e documenti. Il par. 3 specifica, tuttavia, che gli Stati parte non sono obbligati ad estendere tali immunità ai propri cittadini o a coloro i quali, all'atto di assumere le proprie funzioni presso il tribunale, fossero stabilmente residenti nel loro territorio.
  L'articolo 7 dispone in tema di esenzioni fiscali e l'articolo 8 in materia di esenzione dalle restrizioni valutarie necessarie allo svolgimento delle attività istituzionali del Tribunale. L'articolo 9, relativo a privilegi e immunità dei giudici e del Cancelliere, rinvia al Protocollo sui privilegi e le immunità dell'Unione europea, che si applica a entrambe le figure professionali.
  L'articolo 10 riguarda immunità e privilegi del restante personale. Al tribunale è concesso, in base all'articolo 11, il diritto di esporre nei propri locali, sui veicoli utilizzati per scopi ufficiali, così come sul proprio sito web e sui documenti, il proprio stemma e la propria bandiera, salvo diverso accordo con lo Stato Parte interessato.
  L'articolo 12 puntualizza che coloro che godono dei privilegi e delle immunità di cui agli articoli 6, 9 e 10 sono comunque chiamati a rispettare leggi e regolamenti degli Stati parte nel cui territorio operano. Lo stesso tribunale ha l'obbligo di cooperare in ogni momento con le autorità degli Stati parte, per facilitare l'applicazione delle loro leggi e prevenire qualsiasi abuso connesso ai privilegi, le immunità e le agevolazioni menzionate nel Protocollo.
  L'articolo 13 ricorda che il solo scopo dei privilegi e delle immunità offerte dal Pag. 24Protocollo è quello di garantire, in tutte le circostanze, la libertà di azione del TUB e la completa indipendenza dei suoi funzionari, ma che le immunità possono essere rimosse dall'organo di gestione del tribunale stesso quando esse siano di ostacolo al normale corso della giustizia. Analoghe prerogative sono attribuite al Comitato amministrativo per ciò che concerne i membri del Comitato consultivo ed agli Stati parte per quel che riguarda i propri rappresentanti in seno ai Comitati amministrativo e di bilancio. Per agevolare lo svolgimento dei lavori del tribunale, l'articolo 14 impone agli Stati membri interessati l'obbligo di adottare le misure necessarie per facilitare l'entrata, l'uscita e il soggiorno nel proprio territorio di tutte le persone che esercitano funzioni ufficiali per il tribunale e dei loro familiari a carico. Lo stesso si prevede anche per l'entrata e l'uscita di tutte le persone convocate o citate a comparire davanti al Tribunale in veste ufficiale. In base all'articolo 15, è compito del Cancelliere comunicare a tutti gli Stati parte i nominativi dei giudici, del cancelliere e del personale a cui il protocollo si applica e di notificare nuove nomine o cambiamenti delle circostanze.
  L'articolo 16 stabilisce che il tribunale istituirà meccanismi e procedure interni per la risoluzione delle eventuali controversie che coinvolgano i titolari delle immunità, compreso il tribunale medesimo. La risoluzione delle controversie relative all'interpretazione o all'applicazione del Protocollo sono, invece, deferite ad un tribunale arbitrale, salvo che le parti non abbiano convenuto altre modalità. Ove una disputa sorta tra il tribunale e uno Stato parte non sia risolta mediante consultazione, negoziazione o altri metodi di risoluzione, la decisione finale sarà rimessa ad un collegio di tre arbitri.
  L'articolo 17 stabilisce che il Protocollo è aperto alla firma di tutti gli Stati membri contraenti, presso il Consiglio dell'Unione europea a Bruxelles, che è anche il depositario degli strumenti di ratifica. Il Protocollo, ai sensi dell'articolo 18, entrerà in vigore trenta giorni dopo che l'ultimo dei quattro Stati parte (Francia, Germania, Lussemburgo e Regno Unito) abbia depositato il proprio strumento di ratifica.
  Infine, l'articolo 19 accorda agli Stati membri contraenti la facoltà di notificare al depositario delle ratifiche l'intenzione di applicare il Protocollo in via provvisoria. Il disegno di legge di autorizzazione alla ratifica del Protocollo sui privilegi e le immunità del tribunale unificato dei brevetti consta di tre articoli che ineriscono rispettivamente, all'autorizzazione alla ratifica (articolo 1), all'ordine di esecuzione (articolo 2) ed all'entrata in vigore del testo, prevista per il giorno successivo a quello della pubblicazione in Gazzetta Ufficiale (articolo 3). Il disegno di legge, già approvato dal Senato il 4 maggio 2017 (AS 2673), è corredato oltre che di relazione illustrativa, di relazione tecnica nella quale viene ribadita l'invarianza finanziaria del provvedimento, e di analisi tecnico normativa.
  Il disegno di legge di autorizzazione alla ratifica del Protocollo sui privilegi e le immunità del tribunale unificato dei brevetti consta di tre articoli che ineriscono rispettivamente, all'autorizzazione alla ratifica (articolo 1), all'ordine di esecuzione (articolo 2) ed all'entrata in vigore del testo, prevista per il giorno successivo a quello della pubblicazione in Gazzetta Ufficiale (articolo 3). Quanto al rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite, il provvedimento si inquadra nell'ambito delle materie di cui all'articolo 117, secondo comma, lettera a) della Costituzione, demandata alla competenza legislativa esclusiva dello Stato.
  Formula, quindi, una proposta di parere favorevole (vedi allegato 5).

  Nessuno chiedendo di intervenire, il Comitato approva la proposta di parere del presidente.

Pag. 25

Istituzione e disciplina del Registro nazionale e dei registri regionali dei tumori.
Emendamenti C. 913 e abb.-A.

(Parere all'Assemblea).
(Esame e conclusione – Parere).

  Il Comitato inizia l'esame degli emendamenti.

  Daniela Matilde Maria GASPARINI (PD), relatrice, rileva che l'emendamento Labriola 1.27 non presenta profili critici per quanto attiene al rispetto del riparto di competenze legislative di cui all'articolo 117 della Costituzione e propone pertanto di esprimere su di esso il parere di nulla osta.

  Nessuno chiedendo di intervenire, il Comitato approva la proposta di parere della relatrice.

Introduzione del delitto di tortura nell'ordinamento italiano.
Emendamenti C. 2168-B, approvata, in testo unificato, dal Senato, modificata dalla Camera e nuovamente modificata dal Senato.
(Parere all'Assemblea).
(Esame e conclusione – Parere).

  Il Comitato inizia l'esame degli emendamenti.

  Enzo LATTUCA (PD) relatore, rileva che gli emendamenti contenuti nel fascicolo n. 2 non presentano profili critici per quanto attiene al rispetto del riparto di competenze legislative di cui all'articolo 117 della Costituzione e propone pertanto di esprimere su di essi il parere di nulla osta.

  Nessuno chiedendo di intervenire, il Comitato approva la proposta di parere del relatore.

  La seduta termina alle 13.55.

AUDIZIONI INFORMALI

  Mercoledì 28 giugno 2017.

Audizione del Presidente dell'Istituto Nazionale della Previdenza Sociale (INPS), Tito Boeri, nell'ambito dell'esame delle proposte di legge C. 3478 cost. Mazziotti di Celso e abb., recanti modifiche all'articolo 38 della Costituzione per assicurare l'equità nei trattamenti previdenziali e assistenziali.

  L'audizione informale è stata svolta dalle 14.10 alle 15.

INTERROGAZIONI

  Mercoledì 28 giugno 2017. — Presidenza del presidente Andrea MAZZIOTTI DI CELSO. – Interviene il sottosegretario di Stato per l'interno, Domenico Manzione.

  La seduta comincia alle 15.

5-08530 Lodolini: Sul servizio antincendio nei porti delle Marche.

  Il sottosegretario Domenico MANZIONE risponde all'interrogazione in titolo nei termini riportati in allegato (vedi allegato 6).

  Emanuele LODOLINI (PD), replicando, si dichiara soddisfatto della risposta del rappresentante del Governo, auspicando che in futuro si tenga conto del reale valore dell'autorità portuale, ai fini di un potenziamento del porto di Ancona.

5-10494 Labriola: Sull'organico del Corpo Nazionale dei Vigili del fuoco.

  Il sottosegretario Domenico MANZIONE risponde all'interrogazione in titolo nei termini riportati in allegato (vedi allegato 7).

  Vincenza LABRIOLA (FI-PdL), replicando, si dichiara non soddisfatta della Pag. 26risposta del rappresentante del Governo, che ritiene ricalchi le risposte poco esaurienti già fornite dal Governo medesimo in occasione dello svolgimento di altri strumenti di sindacato ispettivo. Ritiene che l'organico del Corpo nazionale dei Vigili del fuoco sia inidoneo – anche tenuto conto della corrispondente media europea – a fronteggiare le tante emergenze del Paese, considerando peraltro il recente incremento delle competenze del Corpo e i futuri pensionamenti che riguarderanno il personale in questione. Giudica fondamentale, dunque, porre fine allo stato di precarietà che coinvolge il personale, disponendo un incremento delle risorse che garantisca un rafforzamento dell'organico che, a suo avviso, potrebbe essere realizzato anzitutto procedendo all'esaurimento delle graduatorie concorsuali vigenti.

5-11149 Toninelli e 5-11567 Rubinato: Sulla soppressione di alcune sedi della polizia postale.

  Andrea MAZZIOTTI DI CELSO, presidente, avverte che le interrogazioni Toninelli n. 5-11149 e Rubinato n. 5-11567, vertendo sul medesimo argomento, saranno svolte congiuntamente.

  Il sottosegretario Domenico MANZIONE risponde alle interrogazioni in titolo nei termini riportati in allegato (vedi allegato 8).

  Simonetta RUBINATO (PD), replicando, si dichiara soddisfatta delle risposta del rappresentante del Governo nella parte in cui ha rassicurato circa l'intendimento di compiere un investimento strategico sulla polizia postale e delle telecomunicazioni, garantendo altresì in ordine alla permanenza di tali importanti professionalità nei territori oggetto della sua interrogazione. Auspica, in ogni caso, che il piano di razionalizzazione della polizia postale e delle telecomunicazioni avvenga nel rispetto della specifica peculiarità di ciascun territorio, tenendo conto della dimensione sociale ed economica di ogni area, a prescindere dal livello istituzionale coinvolto. Si riserva di valutare le azioni del Governo in tale campo, auspicando il mantenimento della piena funzionalità dell'ufficio della polizia postale e delle comunicazioni di Treviso.

  Emanuele COZZOLINO (M5S), cofirmatario dell'interrogazione Toninelli 5-11149, replicando, si dichiara parzialmente soddisfatto della risposta del rappresentante del Governo. Esprime il proprio rammarico per il piano di ridimensionamento che coinvolge talune sezioni della polizia postale e delle telecomunicazioni in ambiti territoriali che, per la loro effettiva dimensione sociale ed economica, a suo avviso, meriterebbero un mantenimento delle funzionalità del servizio. Ritiene che ciò determinerà un abbassamento del livello di tutela in questo settore, in particolare nell'ambito territoriale della provincia di Cremona.

5-11298 Agostinelli: Sul pagamento di servizi di ristorazione forniti da strutture operanti nel territorio colpito dal sisma del 2016.

  Il sottosegretario Domenico MANZIONE risponde all'interrogazione in titolo nei termini riportati in allegato (vedi allegato 9).

  Donatella AGOSTINELLI (M5S), replicando, si dichiara parzialmente soddisfatta della risposta del rappresentante del Governo. Giudica positiva l'attenzione riservata dal Governo alla questione posta nella sua interrogazione, auspicando quanto prima un effettivo sblocco dei pagamenti. Fa notare, in ogni caso, che la sua interrogazione ha fatto emergere un problema di insufficienza del fondo per le emergenze, rispetto al quale occorre, a suo avviso, porre rimedio nel più breve tempo possibile.

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5-11457 Labriola e 5-11502 Ricciatti: Sul fenomeno del cosiddetto «blue whale».

  Andrea MAZZIOTTI DI CELSO, presidente, avverte che le interrogazioni Labriola n. 5-11457 e Ricciatti n. 5-11502, vertendo sul medesimo argomento, saranno svolte congiuntamente.

  Il sottosegretario Domenico MANZIONE risponde alle interrogazioni in titolo nei termini riportati in allegato (vedi allegato 10).

  Lara RICCIATTI (MDP), replicando, fa notare che la diffusione del fenomeno del «Blue Whale», con diversi casi segnalati nella regione Marche, dimostra come sia necessario mantenere e rafforzare i presidi delle forze dell'ordine in chiave preventiva, garantendo al contempo un'azione di sensibilizzazione culturale nelle scuole.

  Vincenza LABRIOLA (FI-PdL), replicando, si dichiara parzialmente soddisfatta, facendo notare che nella sua risposta il rappresentante del Governo ha eluso un quesito dell'interrogazione, riguardante la necessità che l'Esecutivo si attivi tramite i media per programmare una campagna di informazione volta a raggiungere tutte le famiglie, mettendole in guardia su tale pericoloso fenomeno. Fatto notare, infatti, che le famiglie spesso risultano all'oscuro di tali vicende, auspica che possa essere svolta un'azione di sensibilizzazione nei loro riguardi, che si affianchi allo svolgimento delle necessarie attività di sicurezza delle forze dell'ordine.

  La seduta termina alle 15.40.

AVVERTENZA

  I seguenti punti all'ordine del giorno non sono stati trattati:

COMITATO DEI NOVE

Misure per la prevenzione della radicalizzazione e dell'estremismo violento di matrice jihadista.
C. 3558-A Dambruoso.

COMITATO DEI NOVE

Disposizioni in materia di abolizione dei vitalizi e nuova disciplina dei trattamenti pensionistici dei membri del Parlamento e dei consiglieri regionali.
C. 3225-A/R e abb.

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