CAMERA DEI DEPUTATI
Martedì 27 giugno 2017
845.
XVII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Finanze (VI)
COMUNICATO
Pag. 55

SEDE REFERENTE

  Martedì 27 giugno 2017. — Presidenza del presidente Maurizio BERNARDO. – Interviene il sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze Pier Paolo Baretta.

  La seduta comincia alle 14.

DL 89/2017: Interventi urgenti per assicurare la parità di trattamento dei creditori nel contesto di una ricapitalizzazione precauzionale nel settore creditizio.
C. 4554 Governo.

(Esame e rinvio).

  La Commissione inizia l'esame del provvedimento.

  Federico GINATO (PD), relatore, rileva come la Commissione Finanze sia chiamata a esaminare, in sede referente, il disegno di legge C. 4554, di conversione del decreto-legge n. 89 del 2017, recante interventi urgenti per assicurare la parità di trattamento dei creditori nel contesto di una ricapitalizzazione precauzionale nel settore creditizio, il quale modifica la disciplina dell'intervento statale nelle procedure di risanamento e ricapitalizzazione degli istituti bancari contenuta nel decreto-legge n. 237 del 2016.
  In estrema sintesi, ricorda che il richiamato decreto-legge n. 237 del 2016 ha autorizzato il Ministero dell'Economia e delle Finanze a sottoscrivere o acquistare azioni di banche italiane, appartenenti o meno a un gruppo bancario, o società italiane capigruppo di gruppi bancari, aventi l'esigenza di rafforzare il proprio patrimonio, all'esito di una prova di stress basata su uno scenario avverso, condotta a livello nazionale, dell'Unione Europea o del Meccanismo di Vigilanza Unico, in presenza di specifiche condizioni di legge.
  Previa valutazione positiva della Commissione UE, il provvedimento consente di adottare in primo luogo misure di cosiddetto Pag. 56burden sharing, ovvero di riparto degli oneri del risanamento tra obbligazionisti ed azionisti, nonché di provvedere all'aumento di capitale degli istituti interessati e alla sottoscrizione o all'acquisto delle azioni da parte del MEF.
  Tali misure di burden sharing consistono nella riduzione forzosa del capitale o del debito subordinato e/o nella conversione di quest'ultimo in azioni.
  L'intervento di ricapitalizzazione è realizzato mediante la sottoscrizione, da parte del MEF, di azioni ordinarie di nuova emissione, oltre che azioni rivenienti dall'applicazione delle misure di burden sharing, in tal caso a specifiche condizioni e nell'ambito di transazioni tra l'emittente e gli azionisti, e purché tali soggetti non siano controparti qualificate.
  Passando a illustrare il contenuto del decreto – legge n. 89 del 2017, che si compone di un solo articolo, l'articolo 1, comma 1, lettera a), novellando l'articolo 19, comma 2, del citato decreto-legge n. 237 del 2016, interviene sul meccanismo di compensazione per i detentori di obbligazioni coinvolte nelle misure di burden sharing, che non siano controparti qualificate o investitori professionali. In particolare, si allunga da 60 a 120 giorni – decorrenti dalla data di pubblicazione del decreto che dispone le misure di burden sharing – il periodo concesso per il completamento dell'operazione di acquisto, da parte del MEF, delle azioni derivanti dall'applicazione dei predetti strumenti di riparto degli oneri.
  In merito ricorda che il richiamato articolo 19 del decreto – legge n. 237 disciplina la procedura che consente al MEF di ricapitalizzare gli istituti bancari, mediante la sottoscrizione di azioni ordinarie fornite di diritto di voto pieno, computabili come Common Equity Tier 1. Il MEF può sottoscrivere non solo azioni di nuova emissione, ma anche azioni rivenienti dall'applicazione delle misure di riparto degli oneri (burden sharing) nell'ambito di transazioni tra l'emittente e gli azionisti divenuti tali a seguito dell'applicazione delle misure di ripartizione degli oneri, purché tali soggetti non siano controparti qualificate, al fine di prevenire o comporre una controversia legata al collocamento o alla negoziazione da parte dell'emittente degli strumenti finanziari a cui siano state applicate le predette misure di burden sharing. La banca interessata propone agli investitori al dettaglio una transazione, limitatamente agli strumenti per la cui offerta sussisteva obbligo di pubblicare un prospetto, e salvo che siano stati acquistati da una controparte qualificata o da un investitore professionale diverso dalla banca o società del suo gruppo e senza avvalersi di servizi o attività d'investimento prestate dalla banca o società del suo gruppo.
  Con un secondo gruppo di modifiche, l'articolo 1, comma 1, lettera b), del decreto-legge in esame, inserendo un comma 2-ter nell'articolo 22 del decreto-legge n. 237, dispone che, ove l'istituto emittente abbia presentato o abbia formalmente comunicato l'intenzione di presentare, a seguito dell'accertamento dei requisiti di accesso, la richiesta di intervento dello Stato, sia automaticamente prorogato di sei mesi il termine di scadenza delle passività oggetto di burden sharing, se tale termine di scadenza ricade nei sei mesi successivi alla presentazione dell'istanza o della formale comunicazione dell'intenzione di presentarla.
  Al riguardo rileva come lo scopo dichiarato della norma sia quello di assicurare la parità di trattamento nella ripartizione degli oneri.
  Tale proroga, per espressa previsione normativa, non comporta inadempimento ai sensi di legge o di clausole contrattuali, ivi incluse quelle relative ad altri rapporti di cui è parte l'Emittente o una componente del gruppo bancario di cui esso è parte.
  Al riguardo rammenta che l'articolo 22 del decreto-legge n. 237 del 2016 disciplina le misure di partecipazione, da parte di azionisti e creditori subordinati, agli oneri di ricapitalizzazione della banca, chiarendo che la sottoscrizione delle azioni da parte del MEF è effettuata solo Pag. 57dopo l'applicazione delle misure di ripartizione degli oneri, allo scopo di contenere il ricorso ai fondi pubblici.
  Le norme richiamate stabiliscono, tra l'altro, le regole relative all'inefficacia delle garanzie rilasciate sugli strumenti oggetto di conversione e i principi applicabili alla conversione medesima. Vengono illustrati i casi in cui, previo parere negativo della Commissione UE, non si dà luogo in tutto o in parte alla conversione e viene disciplinata la tutela giurisdizionale avverso le misure di conversione, nonché l'insieme degli effetti del burden sharing e dell'erogazione dei sostegno pubblico sui rapporti contrattuali dell'intermediario.
  Oggetto della conversione in azioni ordinarie di nuova emissione, ai sensi della disciplina del burden sharing, sono, in base all'articolo 22, comma 2, del decreto – legge n. 237:
   gli strumenti di capitale aggiuntivo di classe 1 (Additional Tier1), aventi le caratteristiche indicate nell'articolo 19, comma 1 (azioni ordinarie con diritto di voto non limitato né condizionato nell'assemblea ordinaria e nell'assemblea straordinaria, non privilegiate nella distribuzione degli utili né postergate nell'attribuzione delle perdite);
   gli strumenti e prestiti computabili come elementi di classe 2 ai sensi delle citate norme UE (strumenti subordinati, Tier 2), ivi inclusi gli strumenti coperti dalla clausola di grandfathering, nonché gli altri strumenti e prestiti aventi lo stesso grado di subordinazione nella gerarchia concorsuale;
   gli strumenti e i prestiti diversi a quelli appena indicati, il cui diritto al rimborso del capitale è contrattualmente subordinato al soddisfacimento dei diritti di tutti i creditori non subordinati dell'Emittente (altri strumenti subordinati).

  In tale contesto la Relazione illustrativa del disegno di legge di conversione del decreto – legge n. 89 del 2017 rileva come il decreto-legge n. 237 non contenga una norma (di cosiddetto freezing) che cristallizzi a una certa data la situazione delle passività suscettibili di burden sharing. L'intento del Governo è dunque quello di ovviare a tale mancanza, «in considerazione della non prevista durata delle negoziazioni con le istituzioni dell'Unione Europea» competenti a valutare la conformità della misura di intervento pubblico con il quadro normativo comunitario. A parere dell'Esecutivo, l'assenza di una norma di freezing può infatti rivelarsi pregiudizievole per la parità di trattamento dei creditori, ove vengano a scadenza, nelle more della procedura di autorizzazione, alcune delle passività coinvolte.
  Alla proroga disposta dal decreto – legge n. 89 si applica, in quanto compatibile, il comma 10 dell'articolo 22 del decreto – legge n. 237, il quale disciplina gli effetti dell'azione delle misure di burden sharing e di erogazione dei sostegno pubblico sui rapporti contrattuali dell'intermediario. Tale comma dispone, tra l'altro, l'inefficacia delle pattuizioni contrattuali che ricollegano a tali misure conseguenze negative per l'intermediario o per altro componente del gruppo bancario di appartenenza (clausole risolutive espresse, clausole di event of default; di cross-default o di acceleration event). In secondo luogo, viene chiarito che le misure disposte dal MEF non costituiscono di per sé inadempimento contrattuale e pertanto non consentono ai creditori di attivare i rimedi previsti in tali casi (ad esempio, risoluzione, decadenza dal beneficio del termine, escussione delle garanzie e altro).
  Le norme chiariscono inoltre che, durante la proroga, le passività producono interessi secondo le previsioni contrattuali applicabili.
  La citata relazione illustrativa del disegno di legge C. 4554 specifica altresì che la proroga della scadenza non avrebbe effetti retroattivi, riguardando infatti solo le passività che verranno a scadenza dopo l'entrata in vigore del decreto-legge.
  In proposito ricorda che nel contesto europeo l'intervento pubblico è possibile nei casi previsti dall'articolo 32, paragrafo 4, lettera d), punto iii) della direttiva Pag. 582014/59/UE, la quale ha istituito un quadro di risanamento e risoluzione degli enti creditizi e delle imprese di investimento.
  Il citato articolo 32 della direttiva (al paragrafo 4, lettera d) consente infatti, per evitare o porre rimedio a una grave perturbazione dell'economia e preservare la stabilità finanziaria, di erogare un sostegno finanziario pubblico straordinario a una banca, senza che ciò comporti il dissesto e la conseguente risoluzione della medesima, purché ciò avvenga a specifiche condizioni. In particolare, il sostegno pubblico può essere erogato anche mediante la sottoscrizione di fondi propri o l'acquisto di strumenti di capitale effettuati a prezzi e condizioni che non conferiscono un vantaggio alla banca, se al momento della sottoscrizione o dell'acquisto non ricorrono i presupposti per il dissesto o per la riduzione o la conversione degli strumenti finanziari. La sottoscrizione deve essere effettuata unicamente per far fronte a carenze di capitale evidenziate nell'ambito di stress test.
  La misura pubblica deve inoltre essere conforme al quadro normativo dell'Unione Europea in materia di aiuti di Stato, e, in particolare, alla Comunicazione della Commissione UE del luglio 2013 (cosiddetta Banking Communication).
  La Comunicazione prevede che prima di ricevere il sostegno pubblico, la banca dovrà presentare un piano di ristrutturazione; il sostegno pubblico dovrà essere preceduto dal contributo di azionisti e creditori junior; nella fase di ristrutturazione, la banca dovrà applicare rigorose politiche di remunerazione dei dirigenti.
  In particolare, è previsto che:
   a) quanto alle misure di ricapitalizzazione:
    1) in caso di carenza di capitale, (anche accertata mediante stress test o asset quality review) la banca che voglia beneficiare del sostegno pubblico attui, in primo luogo, un piano di rafforzamento patrimoniale mediante misure di mercato (approvato dall'autorità di vigilanza) della durata massima di sei mesi;
    2) a fronte di un eventuale fabbisogno residuo di capitale siano imposte ad azionisti e creditori subordinati misure di condivisione delle perdite (cosiddetto burden sharing) consistenti nella riduzione forzosa del capitale o del debito subordinato e/o nella conversione di quest'ultimo in azioni; in ogni caso, è fatto salvo il principio secondo cui a nessun creditore subordinato possono essere imposte perdite maggiori rispetto a quelle che avrebbe subito in caso di liquidazione (principio del no creditor worse off);
    3) si può evitare l'imposizione di tali misure qualora esse mettano in pericolo la stabilità finanziaria o determinino risultati sproporzionati;
    4) la banca possa ricevere sostegno pubblico per far fronte a eventuali esigenze di capitale residue solo dopo l'attuazione delle misure sopra descritte;
   b) quanto alle misure di liquidità:
    1) è possibile prevedere un regime applicabile a tutte le banche che ne facciano richiesta, purché l'accesso sia limitato alle banche che non presentino carenze di capitale, o in alternativa misure su base individuale aperte anche a banche che presentino una carenza di capitale, con l'obbligo di presentare un piano di ristrutturazione entro due mesi dalla concessione della garanzia;
    2) le garanzie possono essere concesse solo su passività non subordinate di nuova emissione, con scadenze non superiori a cinque anni e con limiti quantitativi quanto a quelle con scadenze superiori a tre anni;
    3) la remunerazione deve essere in linea con quanto previsto dalla Comunicazione della Commissione relativa all'applicazione, dal 1o gennaio 2012, delle norme in materia di aiuti di Stato alle misure di sostegno alle banche nel contesto della crisi finanziaria (Banking Communication, 2011/C 356/02).

  Al riguardo ricorda che il punto 41 della Comunicazione dispone che un'adeguata Pag. 59condivisione degli oneri deve comportare di norma, una volta che le perdite siano state in primo luogo assorbite dal capitale, contributi da parte di detentori di capitale ibrido e di debito subordinato. I detentori di capitale ibrido e di debito subordinato devono contribuire a ridurre la carenza di capitale nella massima misura possibile. Tali contributi possono assumere la forma di una conversione in capitale di base di classe 1 o di una riduzione di valore del capitale degli strumenti.
  La medesima Comunicazione della Commissione precisa tuttavia che, in ogni caso, i deflussi di liquidità dal beneficiario ai detentori di tali titoli devono essere evitati nella misura in cui ciò sia giuridicamente possibile.
  In tale contesto richiama che il Consiglio dei Ministri del 25 giugno 2017 ha approvato il decreto – legge n. 99 del 2017 (il cui disegno di legge di conversione C. 4565 è assegnato in sede referente alla Commissione Finanze), il quale introduce disposizioni urgenti per la liquidazione coatta amministrativa di Banca Popolare di Vicenza S.p.a. e di Veneto Banca S.p.a. e per garantire la continuità del sostegno del credito alle famiglie e alle imprese del territorio.
  La decisione del Governo di adottare tale ultimo provvedimento legislativo si lega al fatto che il 23 giugno scorso, la Banca Centrale Europea ha dichiarato le due banche in condizione di dissesto (failing or likely to fail). Successivamente il Comitato di risoluzione unico (SRB – Single Resolution Board) ha valutato se vi fossero tutti i tre requisiti per una risoluzione secondo la direttiva europea per i salvataggi bancari (BRRD), giungendo alla conclusione che non è possibile dichiarare la risoluzione in quanto non sussiste il requisito dell'interesse pubblico.
  In proposito ricorda che la BRRD (articolo 32, paragrafo 1, lettera c), della direttiva 2014/59/UE) e, più in particolare, il decreto legislativo di recepimento della predetta direttiva, il decreto legislativo n. 180 del 2015, all'articolo 20, comma 2, prevedono che la risoluzione è disposta quando la relativa autorità ha accertato la sussistenza dell'interesse pubblico.
  La normativa italiana di recepimento della direttiva BRRD riconosce sussistente detto interesse pubblico ove la risoluzione è necessaria e proporzionata per conseguire uno o più obiettivi indicati all'articolo 21 del decreto legislativo n. 180 del 2015 (continuità delle funzioni essenziali dei soggetti in crisi, stabilità finanziaria, contenimento degli oneri a carico delle finanze pubbliche, tutela dei depositanti e degli investitori protetti da sistemi di garanzia o di indennizzo, nonché dei fondi e delle altre attività della clientela) e la sottoposizione della banca a liquidazione coatta amministrativa non consentirebbe di realizzare questi obiettivi nella stessa misura.
  In quest'ambito il Governo, attraverso il decreto – legge n. 99 del 2017, ha dunque ritenuto necessario applicare la normativa del Testo unico bancario (di cui al decreto legislativo n. 385 del 1993), che prevede l'avvio della procedura di liquidazione coatta amministrativa; con il citato decreto-legge n. 99 del 2017 sono contestualmente adottate misure pubbliche volte a sostenere una gestione ordinata della crisi delle due banche, nel contesto di una speciale procedura d'insolvenza.
  Le misure adottate dal decreto – legge intendono contemplare aiuti compatibili con il mercato interno, ritenuti ammissibili dalle regole europee in quanto volti a evitare danni economici più ampi, i quali sono subordinati all'approvazione da parte della Commissione europea.
  Il 25 giugno 2017 la Commissione europea ha approvato le misure contenute nel decreto-legge, a seguito di preventiva notifica (effettuata il giorno precedente) da parte del Governo italiano.

  Daniele PESCO (M5S) rileva in primo luogo come il Governo intenda intervenire ancora una volta, analogamente a quanto già fatto in molte occasioni nel corso della legislatura, con provvedimenti a favore dei grandi istituti bancari.Pag. 60
  In particolare sottolinea come l'Esecutivo, dopo aver approvato il decreto-legge in esame, volto a introdurre modifiche al decreto-legge n. 237 del 2016 in materia di burden sharing, il 23 giugno scorso abbia adottato il decreto-legge n. 99, con il quale si stabilisce la procedura per la cessione delle attività detenute dalla Banca Popolare di Vicenza Spa e da Veneto Banca Spa a Banca Intesa, prevedendo altresì, a favore degli istituti acquirenti, il beneficio della garanzia statale sull'adempimento degli obblighi da parte dei soggetti in liquidazione.
  Al riguardo denuncia come il Governo, nel caso delle citate banche venete, abbia previsto la cessione dei crediti in sofferenza al 40 per cento del loro valore nominale, così assumendo una decisione del tutto difforme a quella adottata in occasione della cessione dei crediti nell'ambito della procedura di risoluzione della Banca popolare dell'Etruria e del Lazio, Banca Marche, Cassa di risparmio di Ferrara e della Cassa di risparmio di Chieti, per le quali i crediti in sofferenza erano stati valutati al 17,6 per cento del valore di iscrizione a bilancio, mettendo quindi in difficoltà le banche coinvolte, le quali non possedevano accantonamenti sufficienti a far fronte a tale svalutazione e causando, conseguentemente, gravi danni ai risparmiatori coinvolti, i quali in molti casi hanno perso tutti i loro risparmi.
  Nell'evidenziare come tale disparità di trattamento sia assolutamente inaccettabile e confligga con i principi fondamentali dettati dalla Costituzione, ribadisce le critiche del gruppo M5S nei confronti della volontà del Governo di affrontare la crisi del sistema bancario attraverso interventi che, da una parte, non ne affrontano le cause e, dall'altra, nascondono le responsabilità di coloro che hanno condotto alla all'attuale situazione di crisi degli istituti bancari.

  Domenico MENORELLO (CI), in quanto parlamentare veneto, desidera innanzitutto formulare le sue scuse per i danni che il sistema creditizio veneto sta arrecando al Paese, auspicando che anche il Governatore della Banca d'Italia abbia la decenza di formulare analoghe scuse, in considerazione del fatto che la vigilanza bancaria non ha saputo vedere, in questi anni, quanto era noto a tutti rispetto alla grave situazione in cui versavano la Banca popolare di Vicenza e Veneto Banca.
  Evidenzia quindi come la decisione del Governo di adottare, prima il decreto-legge in esame e poi, ad una settimana di distanza, l'ulteriore decreto-legge n. 99 del 2017, che ha sancito la liquidazione coatta amministrativa dei due istituti bancari, dimostri la difficoltà estrema di comprendere le vicende che hanno coinvolto negli ultimi mesi le predette banche. Ricorda infatti come appena nel maggio scorso i Consigli di amministrazione delle due banche avessero definito un piano di risanamento degli istituti, come un anno fa il Fondo Atlante avesse iniettato un nuovo capitale sulle banche medesime e come ancora il 16 giugno scorso, con il decreto-legge in discussione si fosse prospettata l'ipotesi che le due banche presentassero la richiesta di intervento dello Stato. In tale frenetico succedersi di eventi ritiene quindi necessario che il Governo faccia comprendere con chiarezza quanto è realmente accaduto con riferimento a tali istituti.
  Reputa inoltre che il decreto-legge, una volta superata la data del 23 giugno, nella quale scadeva un titolo obbligazionario emesso da Veneto Banca, abbia ormai perduto i requisiti di necessità e d'urgenza, ritenendo quindi che esso possa essere lasciato decadere, eventualmente facendone salvi gli effetti prodottisi pro tempore. In subordine considera opportuno che il medesimo decreto-legge sia esaminato congiuntamente con il successivo decreto-legge n. 99 del 2017.
  In tale contesto rileva altresì come le misure contenute nel decreto-legge in esame, rendendo impossibile vendere i titoli obbligazionari emessi dalle due banche in scadenza in questi giorni, determinino pesanti conseguenze sui titolari di tali obbligazioni che intendevano cedere il predetto titolo, richiamando in particolare Pag. 61la difficile situazione di quegli imprenditori che confidavano nella liquidibilità dei predetti titoli per reperire le risorse finanziarie indispensabili alla loro attività.

  Filippo BUSIN (LNA), rileva come il decreto-legge, sebbene, secondo le affermazioni del Governo, troverebbe fondamento nella necessità di assicurare parità di trattamento tra tutti i creditori delle banche, introduca in realtà un elemento di grave discriminazione tra i predetti creditori, ricordando come il decreto n. 237 del 2016, che il decreto in esame modifica in più punti, avesse già determinato effetti sulle obbligazioni in scadenza emesse dalla Banca popolare di Vicenza. Non ritiene, quindi, che le misure recate dal decreto-legge n. 89 trovino alcuna motivazione legittima, anche in considerazione del fatto che non si sono registrati fatti nuovi tali da giustificare il predetto intervento legislativo. Reputa quindi che le norme del decreto-legge costituiscano un'evidente forzatura e un elemento di disparità inaccettabili. La decisione del Governo dimostra pertanto, a suo giudizio, come l'Esecutivo abbia completamente perso la testa rispetto alle gravissime problematiche delle due banche venete, dapprima bruciando tempo prezioso in ipotesi di risanamento assolutamente impraticabili e, poi, compiendo violazioni insostenibili del diritto e della disciplina fallimentare. Sottolinea come tali continue violazioni, oltre a non risolvere in alcun modo il problema, determineranno effetti disastrosi sui risparmiatori, pregiudicando ulteriormente la fiducia dei cittadini nelle banche e rappresentando un pessimo viatico rispetto ad ulteriori fenomeni di crisi che potrebbero interessare nel prossimo futuro altri istituti bancari.
  Dichiara quindi la contrarietà assoluta del suo gruppo rispetto al metodo e al merito delle misure adottate dal Governo.

  Carlo SIBILIA (M5S) sottolinea come la decisione dell'Esecutivo di approvare i due decreti-legge n. 89 e n. 99 del 2017 sia innanzitutto il sintomo della gravità della crisi del sistema bancario, rispetto alla quale ricorda che il Ministro Padoan ha espresso, anche di recente, dichiarazioni di segno opposto, affermando come esso fosse stabile e come fossero, quindi, ingiustificate le preoccupazioni che lo circondavano.
  Con particolare riferimento al contenuto del decreto-legge n. 99 del 2017, che ha fissato i termini della liquidazione coatta amministrativa della Banca popolare di Vicenza e di Veneto Banca, rileva come il Governo si accinga a fare l'ennesimo regalo agli istituti bancari, prevedendo la cessione al prezzo di un caffè delle attività in bonis della Banca popolare di Vicenza e di Veneto Banca al gruppo Intesa Sanpaolo.
  A tale proposito reputa che il Governo debba dare conto della devastante violazione che si accinge a compiere di un principio di fondo: nell'affrontare la crisi del sistema bancario del Paese, nota alle Autorità di vigilanza da molti anni, anziché adottare misure serie e di sistema, l'Esecutivo ha infatti tralasciato di affrontare la situazione quando ad essa era ancora possibile rimediare efficacemente, ed è ora costretto a intervenire con un'operazione di salvataggio che ricadrà sulle spalle dei cittadini, i quali dovranno ripagarne i costi.
  Con riguardo al decreto-legge in esame reputa inoltre del tutto insussistenti i requisiti di necessità e urgenza che dovrebbero presiedere all'adozione di un decreto-legge, essendo stata superata la data del 23 giugno, nella quale scadeva un titolo obbligazionario emesso da Veneto Banca, e non essendovi altri titoli obbligazionari in scadenza.
  Nel ribadire le proprie critiche nei confronti del decreto-legge in esame, che ritiene inutile e inadeguato, chiede quindi al Governo di assumersi pienamente le responsabilità proprie, coinvolgendo in tal senso anche la CONSOB e la Banca d'Italia.

  Maurizio BERNARDO, presidente, con riferimento alle considerazioni finora Pag. 62espresse dai deputati intervenuti relativamente al rapporto tra il decreto-legge in esame e il decreto-legge n. 99 del 2017, recante disposizioni urgenti per la liquidazione coatta amministrativa di Banca Popolare di Vicenza SpA e di Veneto Banca SpA, informa che il disegno di legge C. 4565, di conversione di tale ultimo decreto-legge, è stato assegnato in sede referente alla Commissione Finanze il 25 giugno scorso e sarà posto all'ordine del giorno della Commissione stessa a partire dalla seduta di domani. In tale contesto ritiene che il contenuto sostanziale del decreto-legge n. 89 potrà essere fatto confluire nel decreto-legge n. 99.

  Pietro LAFFRANCO (FI-PdL) condivide innanzitutto le considerazioni del Presidente sull'opportunità di esaminare in modo unitario i decreti-legge n. 89 e 99 del 2017, i quali affrontano temi tra di loro connessi, eventualmente individuando il percorso parlamentare più idoneo.
  Al riguardo chiede al Governo di fare chiarezza, manifestando le proprie intenzioni circa il prosieguo dell'esame dei due provvedimenti, in particolare chiarendo se ritenga che il decreto-legge in esame possa essere lasciato decadere ovvero se si intenda trasfonderne il contenuto nel predetto decreto-legge n. 99.
  Passando al merito degli interventi recati dai due provvedimenti, evidenzia come il Governo, dopo essersi occupato del sistema bancario con continui interventi-tampone, dimostri ancora una volta, con l'adozione di due decreti-legge a distanza di pochi giorni, la totale assenza di una strategia complessiva per affrontare le problematiche del sistema stesso.
  Con particolare riferimento alla vicenda della Banca popolare di Vicenza e di Veneto Banca, rammenta che essa è stata da lungo tempo sottoposta all'attenzione della magistratura, attraverso una serie di esposti risalenti addirittura al 2001, rispetto ai quali ritiene che la magistratura stessa abbia precise responsabilità, avendo compiuto gravissimi e intollerabili ritardi e omissioni. Denuncia altresì le gravi insufficienze della vigilanza bancaria, sia a livello sia a livello europeo, ricordando al riguardo come la Banca centrale europea ancora nel 2004 avesse affermato che le predette banche erano sane.
  In conclusione, nel rilevare come i decreti-legge n. 89 e n. 99 all'esame del Parlamento potranno certamente costituire una base da cui avviare l'istruttoria volta ad approfondire la situazione di crisi delle banche popolari, ribadisce la richiesta al rappresentante del Governo, affinché chiarisca se intende lasciar decadere il decreto-legge in esame ovvero ritenga di doverne portare avanti l'esame parlamentare.

  Maurizio BERNARDO, presidente, con riferimento alle valutazione espresse in merito da molti deputati intervenuti nel dibattito, ribadisce che il decreto-legge n. 89 ed il decreto-legge n. 99 del 2017, debbano essere affrontati in modo unitario, definendo il percorso di esame parlamentare più idoneo, e che, anche con il conforto del Governo, si potrà a tal fine valutare l'ipotesi di far confluire il contenuto sostanziale del decreto-legge n. 89 nell'ambito del decreto-legge n. 99.

  Carlo SIBILIA (M5S), prende atto delle considerazioni espresse dal Presidente, sottolineando tuttavia come il metodo inaccettabile adottato anche in questa occasione dal Governo, il quale ha dapprima adottato il decreto-legge n. 89, i cui effetti si sono sostanzialmente già esauriti, e ha poi approvato, a pochi giorni di distanza, il decreto-legge n. 99, stiano determinando effetti disastrosi sull'attività e sulla stessa dignità della Camera dei deputati, che è chiamata, nel pomeriggio odierno, a discutere due questioni pregiudiziali su un decreto-legge, il predetto decreto n. 89, ormai sostanzialmente privo di senso.

  Maurizio BERNARDO, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame alla seduta già convocata per la giornata di domani.

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Sui lavori della Commissione.

  Pietro LAFFRANCO (FI-PdL) chiede che la Commissione ascolti quanto prima il Ministro dell'economia e delle finanze, ovvero un altro rappresentante politico del Ministero, in merito ai gravi rilievi recentemente espressi dalla Corte dei conti circa la nomina del nuovo Direttore dell'Agenzia delle entrate.

  La seduta termina alle 14.35.

SEDE CONSULTIVA

  Martedì 27 giugno 2017. — Presidenza del presidente Maurizio BERNARDO. – Interviene il sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze Pier Paolo Baretta.

  La seduta comincia alle 14.35.

Disposizioni per l'adempimento degli obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia all'Unione europea – Legge europea 2017.
Emendamenti C. 4505 Governo.

(Parere alla XIV Commissione).
(Esame e rinvio).

  La Commissione inizia l'esame degli emendamenti trasmessi, per gli ambiti di competenza, dalla XIV Commissione.

  Maurizio BERNARDO, presidente, in sostituzione del relatore, Petrini, impossibilitato a partecipare alla seduta odierna, avverte innanzitutto che la Commissione è chiamata a esaminare, in sede consultiva, ai sensi dell'articolo 126-ter del Regolamento, i due emendamenti trasmessi dalla Commissione Politiche dell'Unione europea, presentati al disegno di legge C. 4505, recante disposizioni per l'adempimento degli obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia all'Unione europea – Legge europea 2017, presentati presso la XIV Commissione Politiche dell'Unione europea e da questa trasmessi alla Commissione Finanze in quanto afferenti agli ambiti di competenza della medesima VI Commissione.
  Al riguardo ricorda che il parere espresso dalle Commissioni di settore sulle proposte emendative presentate direttamente alla XIV Commissione e da questa trasmesse alle Commissioni di settore assume una peculiare valenza procedurale.
  A tale parere, infatti, si riconosce efficacia vincolante per la XIV Commissione. L'espressione di un parere favorevole, ancorché con condizioni o osservazioni, equivarrà pertanto ad una assunzione dell'emendamento da parte della Commissione, assimilabile alla diretta approvazione di cui all'articolo 126-ter, comma 5, del Regolamento. Tali emendamenti potranno essere respinti dalla XIV Commissione solo qualora siano considerati contrastanti con la normativa europea o per esigenze di coordinamento generale. Viceversa, un parere contrario della Commissione in sede consultiva su tali emendamenti avrà l'effetto di precludere l'ulteriore esame degli stessi presso la XIV Commissione.
  Rammenta quindi che la Commissione Finanze ha deliberato di riferire favorevolmente sul disegno di legge 4505 nella seduta del 21 giugno 2017.
  Nel sintetizzare i contenuti dei due emendamenti trasmessi dalla XIV Commissione, rileva come l'emendamento Gianluca Pini 6.1 sopprima l'articolo 6, il quale modifica la disciplina concernente la non imponibilità ai fini IVA delle cessioni di beni effettuate nei confronti delle amministrazioni pubbliche e dei soggetti della cooperazione allo sviluppo, destinati ad essere trasportati o spediti fuori dell'Unione europea in attuazione di finalità umanitarie.
  Segnala inoltre come l'emendamento Occhiuto 7.1 inserisca dopo il comma 3 dell'articolo 7 un comma 3-bis, il quale prevede che il Governo monitori l'attuazione dell'articolo, onde verificare che la norma non determini effetti negativi per il settore marittimo italiano a causa di eventuali spostamenti di naviglio italiano verso altri Paesi; in merito rammenta che il Pag. 64predetto articolo 7 estende il regime fiscale agevolato per le navi iscritte al Registro Internazionale Italiano (RII) anche a favore dei soggetti residenti e non residenti con stabile organizzazione in Italia che utilizzano navi, adibite esclusivamente a traffici commerciali, iscritte in registri di Paesi dell'Unione europea o dello Spazio economico europeo.
  Formula quindi una proposta di parere contrario sugli emendamenti Gianluca Pini 6.1 e Occhiuto 7.1.
  Nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame a una seduta da convocare nella giornata di domani, nel corso della quale si procederà alla votazione della proposta di parere.

  La seduta termina alle 14.40.

AVVERTENZA

  Il seguente punto all'ordine del giorno non è stato trattato:

ATTI DEL GOVERNO

Schema di decreto legislativo recante attuazione della direttiva 2014/65/UE relativa ai mercati degli strumenti finanziari e che modifica la direttiva 2002/92/CE e la direttiva 2011/61/UE, come modificata dalla direttiva (UE) 2016/1034, e adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni del regolamento (UE) n. 600/2014 sui mercati degli strumenti finanziari e che modifica il regolamento (UE) n. 648/2012, come modificato dal regolamento (UE) 2016/1033.
Atto n. 413.