CAMERA DEI DEPUTATI
Martedì 20 giugno 2017
841.
XVII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Finanze (VI)
COMUNICATO
Pag. 100

ATTI DEL GOVERNO

  Martedì 20 giugno 2017. — Presidenza del presidente Maurizio BERNARDO.

  La seduta comincia alle 12.50.

Proposta di nomina del dottor Andrea Abodi a presidente dell'Istituto per il credito sportivo.
Nomina n. 108.
(Esame, ai sensi dell'articolo 143, comma 4, del Regolamento, e rinvio).

  La Commissione inizia l'esame della proposta di nomina.

  Maurizio BERNARDO, presidente e relatore, rileva come la Commissione sia chiamata a esprimere il parere al Governo sulla proposta di nomina del dottor Andrea Abodi a presidente dell'Istituto per il credito sportivo (Nomina n. 108).
  Al riguardo ricorda preliminarmente che la proposta di nomina del Presidente dell'Istituto per il credito sportivo è sottoposta al parere delle competenti Commissioni parlamentari ai sensi della legge n. 14 del 1978.
  Rammenta inoltre che l'Istituto per il credito sportivo è stato istituito, come ente di diritto pubblico dotato di personalità giuridica e gestione autonoma, dalla legge n. 1295 del 1957, trasferendo al nuovo Pag. 101Istituto le operazioni creditizie allora in carico alla Banca nazionale del lavoro per la «Gestione speciale del credito sportivo».
  All'Istituto era attribuito il compito di esercitare, sotto forma di mutui a medio e lungo termine, ovvero concedendo, a valere su uno specifico fondo, contributi in conto interessi su mutui accordati da altri, il credito a favore di: enti pubblici locali e altri enti pubblici; federazioni sportive nazionali riconosciute dal CONI; società ed associazioni sportive, aventi personalità giuridica e riconosciute dal CONI; enti di promozione sportiva, aventi personalità giuridica e riconosciuti dal CONI; società e associazioni sportive affiliate ai predetti enti di promozione sportiva che, in base a progetti approvati secondo le norme vigenti in materia sentito il parere tecnico del CONI, intendano costruire, ampliare, attrezzare e migliorare impianti sportivi, ivi compresa l'acquisizione delle relative aree, nonché acquistare immobili da destinare ad attività sportive.
  La disciplina dell'istituto è stata successivamente riordinata con il decreto del Presidente della Repubblica n. 453 del 2000, il quale specifica, all'articolo 2, che l'Istituto eroga, a favore di soggetti pubblici e privati, finanziamenti a medio e lungo termine, volti alla progettazione, costruzione, ampliamento e miglioramento di impianti sportivi, ivi compresa l'acquisizione delle aree e degli immobili relativi a dette attività. A tale finalità l'Istituto provvede con le risorse derivanti dal proprio patrimonio, nonché con l'emissione di obbligazioni.
  Successivamente le funzioni dell'Istituto sono state ampliate: in particolare, lo statuto approvato dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali con decreto 4 agosto 2005 ha esteso la sfera di competenza dell'Istituto anche all'esercizio delle attività creditizie e finanziarie in favore di enti di promozione culturale e dello spettacolo, nonché di altro soggetto pubblico o privato che persegua, anche indirettamente, finalità di sviluppo dei beni e delle attività culturali, oltre che alla gestione di due Fondi speciali: il già citato Fondo speciale per la concessione di contributi in conto interessi e il Fondo di garanzia per l'impiantistica sportiva. Lo Statuto precisava che l'Istituto può svolgere l'attività bancaria, anche con raccolta di risparmio tra il pubblico, nonché l'attività di consulenza nei settori di competenza ed ogni altra attività consentita alle banche.
  Con decreto interministeriale del Ministro per gli affari regionali, le autonomie e lo sport e del Ministro per i beni e le attività culturali e il turismo, in data 24 gennaio 2014 è stato emanato il nuovo Statuto dell'Istituto, il quale ha, tra l'altro, semplificato l'organizzazione interna dell'Istituto, che si articola ora nel presidente, nel consiglio di amministrazione (il cui numero è stato ridotto), nel Comitato di gestione dei Fondi speciali, nel collegio dei Sindaci e nel Direttore generale, non contemplando più, come invece faceva il precedente statuto, le figure del comitato esecutivo e dell'amministratore delegato. Inoltre le nuove norme statutarie, nel confermare i compiti attribuiti all'Istituto in materia di credito per le attività sportive e culturali, precisano che l'Istituto può compiere ogni operazione strumentale, connessa e accessoria alla sua attività principale ed esercitare anche attività di consulenza nei settori di competenza ed ogni altra attività consentita alle banche. Si prevede inoltre una specifica funzione di revisione legale e si precisa che la verifica del rispetto delle finalità pubblicistiche dell'Istituto spetta, non più, genericamente, ai «ministeri competenti», ma al Presidente del Consiglio dei ministri ovvero, se nominata, all'Autorità di Governo con delega allo Sport, al Ministro dell'economia e, per i profili di competenza, al Ministro per i beni e le attività culturali.
  In tale contesto segnala come, dal 2011, l'Istituto per il credito sportivo sia sottoposto a procedura di amministrazione straordinaria, ai sensi dell'articolo 70 del Testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia (TUB).
  La procedura di amministrazione straordinaria è stata da ultimo prorogata dalla Pag. 102Banca d'Italia con provvedimento del 19 aprile 2017, per un termine di due mesi, con decorrenza dal 1o maggio 2017.
  Passando al merito della proposta di nomina, il curriculum allegato alla proposta stessa evidenzia, in sintesi, come, dopo la laurea in Economia e Commercio, profilo Marketing, presso l'Università Luiss Guido Carli, il dottor Andrea Abodi abbia maturato esperienze professionali sia in ambito privato, nei settori della gestione industriale dello sport, la creazione di format e lo sviluppo di attività riconducibili allo sport marketing, sia nel settore pubblico, come Amministratore di società a capitale pubblico.
  In particolare, dopo aver svolto esperienze imprenditoriali su scala internazionale nel settore privato, dal 2002 al 2008 il dottor Abodi ha ricoperto la carica di Consigliere di Amministrazione di CONI Servizi Spa, promuovendo il protocollo d'intesa con il Ministero dell'ambiente e con il Gestore dei servizi elettrici per lo sviluppo del piano energetico di riqualificazione degli impianti CONI e, più in generale, di politiche ambientalmente sostenibili nelle infrastrutture sportive, partecipando ai relativi Comitati di gestione.
  Nello stesso periodo, dal 2002 al 2005, ha ricoperto altresì il ruolo di Presidente della start-up Azieza strade Lazio – Astral Spa, costituita dalla regione Lazio e dalla finanziaria regionale Sviluppo Lazio, delegata a gestire la rete stradale regionale e, dal 2003 al 2006, della società Arcea Spa. Nell'esercizio delle sue funzioni nella predetta Arcea Spa il dottor Abodi ha seguito l’iter di valutazione e approvazione del CIPE relativo a due progetti autostradali.
  Dal 20 luglio 2010 al 7 marzo 2017 è stato Presidente della Lega nazionale professionisti B, assumendo anche quello di Consigliere federale della FIGC e di Consigliere della Fondazione per la mutualità generale negli sport professionistici a squadre.
  Nel predetto ruolo di Presidente della Lega B ha promosso, nel 2015, la costituzione della società B Futura srl, dedicata allo sviluppo infrastrutturale, ricoprendo il ruolo di Presidente. Nell'ambito di tale attività, oltre alla sottoscrizione di otto contratti con club calcistici per la realizzazione di nuovi stadi, ha promosso un protocollo d'intesa operativo siglato nel 2016 con INVIMIT-Investimenti Immobiliari Italiani Sgr Spa e l'Istituto per il credito sportivo, finalizzato alla creazione di fondi chiusi dedicati alla riqualificazione delle infrastrutture sportive nell'ambito di progetti di rigenerazione urbana.
  Ricorda inoltre che sulla base di quanto convenuto nell'ambito dell'Ufficio di Presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi, nella giornata di giovedì 22 giugno prossimo, avrà luogo l'audizione informale del dottor Abodi.
  Nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame della proposta di nomina ad altra seduta da convocare nel corso della prossima settimana.

  La seduta termina alle 12.55.

SEDE CONSULTIVA

  Martedì 20 giugno 2017. — Presidenza del presidente Maurizio BERNARDO.

  La seduta comincia alle 12.55.

Ratifica ed esecuzione dell'Atto di Ginevra dell'Accordo dell'Aja concernente la registrazione internazionale dei disegni e modelli industriali, nonché norme di adeguamento dell'ordinamento interno.
C. 3083 Governo.
(Parere alla III Commissione).
(Esame e rinvio).

  La Commissione inizia l'esame del provvedimento.

  Marco DI MAIO (PD), relatore, rileva come la Commissione sia chiamata a esaminare, ai fini del parere alla III Commissione Affari esteri, il disegno di legge C. 3083, recante ratifica ed esecuzione dell'Atto di Ginevra dell'Accordo dell'Aja concernente la registrazione internazionale dei disegni e modelli industriali, fatto a Pag. 103Ginevra il 2 luglio 1999, nonché norme di adeguamento dell'ordinamento interno.
  Segnala preliminarmente come l'Accordo dell'Aja consenta al titolare di un disegno o modello di ottenere protezione in più Paesi con una sola domanda internazionale redatta in una sola lingua, presentata a un singolo ufficio e sottostando a un'unica tassazione – nella fattispecie, nella valuta del franco svizzero. Tale deposito unico internazionale può essere effettuato presso l'Ufficio internazionale dell'Organizzazione mondiale della proprietà intellettuale (OMPI), ovvero presso l'ufficio nazionale di uno Stato che sia parte dell'accordo, ma il titolare del disegno modello industriale può in tal modo ottenere protezione per le proprie invenzioni intellettuali in tutti i paesi da lui scelti, purché beninteso abbiano sottoscritto l'accordo dell'Aja.
  Ricorda che il predetto Accordo è stato più volte rivisto, nel 1934 e nel 1960, e che l'Atto in esame deriva dai lavori per una sua completa revisione, culminati il 2 luglio 1999 nell'Atto firmato dalla Conferenza diplomatica di Ginevra, Atto che ha valenza sostitutiva nei confronti degli atti del 1934 del 1960.
  Gli obiettivi principali dell'Atto del 1999 consistono nell'estensione del sistema di protezione inaugurato con l'accordo dell'Aja a nuovi membri, così da facilitare l'adesione di Stati la cui legislazione prevede l'esame di novità dei disegni e modelli industriali. Al riguardo rileva come si sia voluto snellire il sistema dell'Aja rendendolo in tal modo maggiormente attrattivo. È stato inoltre consentito un collegamento tra il sistema di registrazione internazionale dell'Aja e i sistemi regionali come quello dell'Unione europea o quello dell'Organizzazione africana della proprietà intellettuale, mediante la possibilità che tali organizzazioni regionali aderiscano all'Atto del 1999.
  Passando al contenuto dell'Atto di Ginevra del 1999, esso si compone di 34 articoli raggruppati in quattro capitoli.
  Gli articoli 1 e 2 contengono le disposizioni preliminari.
  L'articolo 1 elenca una serie di definizioni e abbreviazioni ai fini della comprensione successiva del testo normativo, mentre l'articolo 2 salvaguarda l'eventuale più ampia tutela riconosciuta ai disegni e modelli industriali dalla legislazione di ciascuna delle parti contraenti. Al tempo stesso, non viene pregiudicata la protezione concessa da trattati e convenzioni internazionali sul diritto d'autore, e in particolare si salvaguarda la protezione ai sensi dell'accordo sui diritti di proprietà intellettuale attinenti al commercio nel quadro delle normative dell'Organizzazione mondiale del commercio – cosiddetto Uruguay Round, ratificato dall'Italia con la legge n. 747 del 1994. È inoltre stabilito che ciascuna delle parti contraenti debba conformarsi alle disposizioni della Convenzione di Parigi del 20 marzo 1883 per la protezione della proprietà industriale.
  Il capitolo primo, dedicato alla domanda e registrazione internazionali di disegni e modelli industriali, comprende gli articoli da 3 a 18. L'articolo 3 prevede che qualsiasi cittadino di uno Stato contraente dell'Atto di Ginevra, ovvero di uno Stato facente parte di un'organizzazione regionale intergovernativa che sia parte contraente, come anche qualsiasi persona domiciliata, con residenza abituale o che possieda un insediamento industriale o commerciale effettivo sul territorio di una delle parti contraenti, è titolato a depositare una domanda internazionale di protezione di disegni e modelli industriali. L'articolo 4 disciplina la procedura di deposito della domanda internazionale, e prevede che questa possa essere presentata, a scelta dal richiedente, direttamente presso l'Ufficio internazionale dell'Organizzazione mondiale della proprietà intellettuale, oppure tramite l'ufficio nazionale della parte contraente del richiedente medesimo – la quale ultima tuttavia può dichiarare al direttore generale dell'OMPI di non voler consentire il deposito indiretto delle domande internazionali. È comunque data facoltà all'ufficio nazionale di ciascuna delle parti contraenti di richiedere Pag. 104il pagamento di una tassa di trasmissione per ogni domanda internazionale a esso presentata.
  L'articolo 5 concerne il contenuto della domanda internazionale di protezione, distinguendo tra le indicazioni obbligatorie – tra le quali quella delle parti contraenti designate nei cui confronti deve valere la protezione, quella delle tasse da corrispondere, quella naturalmente dei disegni o campioni relativi all'oggetto della protezione – ed eventuali indicazioni aggiuntive che una parte contraente può ritenere obbligatorie, tra le quali l'identità del creatore del disegno o modello industriale oggetto della domanda. Inoltre la domanda internazionale – che può riferirsi a due o più disegni o modelli industriali – può contenere una richiesta di differimento della pubblicazione della medesima.
  A tale proposito rileva come, in base all'Analisi tecnico-normativa che correda il disegno di legge, il contenuto supplementare obbligatorio – che consiste nelle indicazioni che possono essere notificate al direttore generale dell'OMPI dagli uffici nazionali che svolgono uno specifico esame del carattere innovativo di disegni o modelli industriali di cui si richiede la protezione – costituisca precipua novità dell'Atto di Ginevra, proprio in quanto consente l'adesione anche agli Stati i cui uffici svolgono tale esame di novità.
  Tra gli elementi obbligatori supplementari è stata inoltre introdotta la notifica della rivendicazione, al fine di tenere conto delle esigenze di Paesi come gli USA e il Giappone, nei quali il sistema di protezione dei disegni o modelli industriali è analogo a quello dei brevetti per invenzioni. La citata Analisi tecnico-normativa rileva inoltre come l'Ufficio italiano brevetti e marchi non svolga l'esame di novità, e ciò renda necessaria la novella dell'articolo 155 del codice della proprietà industriale di cui al decreto legislativo n. 30 del 2005.L'articolo 6 riguarda la priorità, e prevede che ai sensi dell'articolo 4 della Convenzione di Parigi per la protezione della proprietà industriale, la domanda internazionale può contenere una dichiarazione di rivendicazione di priorità nei confronti di una o più domande precedenti depositate in uno Stato parte della Convenzione di Parigi medesima, ovvero che sia membro dell'Organizzazione mondiale del commercio. La domanda internazionale, a partire dalla data del deposito di essa, costituisce la base per la rivendicazione della priorità.
  L'articolo 7 riguarda le tasse di designazione e introduce, accanto alla tassa standard destinata a consentire alle parti contraenti di coprire le spese amministrative, una tassa di designazione individuale, finalizzata a coprire le spese nel caso di Paesi che svolgano l'esame di novità dei disegni e modelli industriali per cui si richiede la protezione. Al riguardo Analisi tecnico-normativa specifica come tale disposizione non riguardi l'Italia, il cui Ufficio brevetti e marchi non svolge l'esame di novità.
  Per quanto concerne la rettifica di eventuali irregolarità della domanda internazionale, l'articolo 8 detta le procedure per la loro sanatoria, e prevede l'abbandono della domanda se il richiedente non si conforma all'invito dell'Ufficio internazionale dell'OMPI entro il termine prescritto.
  L'articolo 9 riguarda la data di deposito della domanda internazionale: essa potrà essere attribuita da parte dell'ufficio nazionale di una delle Parti contraenti a cui la domanda viene presentata, posto che comunque l'Ufficio internazionale dell'OMPI dovrà ricevere la domanda entro un mese.
  L'articolo 10 riguarda vari profili della registrazione internazionale, prevedendo che essa è oggetto di pubblicazione da parte dell'Ufficio internazionale, e che ciascun ufficio nazionale designato ne riceve copia. Peraltro l'Ufficio internazionale garantisce il segreto di ogni domanda e di ogni registrazione internazionale fino al momento della pubblicazione. L'ufficio nazionale competente che abbia ricevuto copia di una domanda o registrazione internazionale è parimenti tenuto a mantenere rispetto a esse il segreto fino alla pubblicazione, salvo il caso di una procedura Pag. 105amministrativa o giudiziaria per un conflitto concernente il diritto al deposito di una domanda internazionale: anche in tal caso, tuttavia, il contenuto della registrazione internazionale può essere divulgato confidenzialmente soltanto alle parti in causa, che sono a loro volta tenute a rispettarne la riservatezza.
  L'articolo 11 prevede che il depositante possa richiedere il differimento della pubblicazione della domanda internazionale, qualora questa sia oggetto di rivendicazione.
  L'articolo 12 riguarda il diritto al rifiuto che l'ufficio di una parte contraente designata dal depositante può esercitare nei confronti della registrazione internazionale di uno o più disegni o modelli industriali sul proprio territorio, ove manchino le condizioni per la concessione della protezione ai sensi della legislazione di quella parte contraente: ogni rifiuto degli effetti di una registrazione internazionale è comunicato, motivandolo, all'Ufficio internazionale dell'OMPI, che a sua volta lo trasmette all'interessato in copia. Il titolare del disegno o modello industriale dispone degli stessi mezzi di ricorso che avrebbe avuto nel caso di presentazione indiretta all'ufficio nazionale che ha opposto il rifiuto.
  L'articolo 13 prevede che prescrizioni speciali concernenti l'unità di disegno o modello vigenti in una delle parti contraenti possano comportare il rifiuto degli effetti della registrazione internazionale finché non si ottemperi alla prescrizione notificata da detta parte contraente.
  L'articolo 14 prevede che la registrazione internazionale produce in ogni parte contraente designata – salvo il caso di rifiuto – almeno gli stessi effetti di una domanda regolarmente depositata presso il relativo ufficio nazionale, ovvero della concessione della protezione nel territorio della parte contraente designata.
  In base all'articolo 15, qualunque invalidazione totale o parziale degli effetti di una registrazione internazionale sul territorio di una delle parti contraenti designate dovrà essere notificata all'Ufficio internazionale dell'OMPI, e comunque non potrà essere pronunciata se non dopo che al titolare del disegno o modello industriale in oggetto sia stata data la possibilità di far valere i propri diritti in tempo utile.
  L'articolo 16 concerne l'iscrizione di modifiche e altre questioni concernenti le registrazioni internazionali: modifiche a vario titolo delle registrazioni internazionali sono ricevute dall'Ufficio internazionale dell'OMPI, e di norma producono effetti anche nei registri degli uffici nazionali di ciascuna parte contraente interessata. Ogni iscrizione di modifiche può essere soggetta al pagamento di un'ulteriore tassa, e l'Ufficio internazionale pubblica ciascuna delle iscrizioni di modifiche e ne trasmette una copia all'ufficio di ciascuna parte contraente interessata.
  L'articolo 17 disciplina la durata della registrazione internazionale e della protezione, e i relativi rinnovi, che possono essere effettuati nei confronti di parte o della totalità delle parti contraenti designate e di parte o della totalità dei disegni o modelli industriali oggetto di registrazione internazionale. La durata della protezione nelle parti contraenti designate, purché la registrazione internazionale – valida inizialmente cinque anni – venga rinnovata, è di 15 anni, ma se la legislazione di una parte contraente designata prevede un periodo superiore, questo prevale. È questo anche il caso dell'Italia, dove la durata massima della protezione è di 25 anni, e pertanto l'ATN rileva che nella norma nazionale di esecuzione dell'Atto di Ginevra occorre una esplicita dichiarazione in tal senso.
  L'articolo 18 prevede che l'Ufficio internazionale dell'OMPI fornisca, a chiunque ne faccia domanda e previo pagamento della tassa prescritta, estratti o informazioni sulle registrazioni internazionali pubblicate: tali estratti sono esenti da qualsiasi obbligo di legalizzazione nel territorio di ciascuna delle parti contraenti.
  Il capitolo secondo contiene disposizioni amministrative, e consta degli articoli da 19 a 24.
  L'articolo 19 prevede che qualora più Stati, parti dell'Atto di Ginevra o intenzionati Pag. 106a divenirne parte, intendano unificare le proprie legislazioni nazionali sui disegni e modelli industriali, questi possono notificare al Direttore generale dell'OMPI che un ufficio comune sostituisce i rispettivi uffici nazionali, e che l'insieme dei rispettivi territori va considerato come un'unica parte contraente.
  In tale ambito l'articolo 20 prevede che, alla stregua degli Stati parti dell'atto del 1934 e dell'atto del 1960, le parti contraenti dell'Atto di Ginevra del 1999 sono membri a tutti gli effetti dell'Unione dell'Aja.
  L'articolo 21 prevede che le parti contraenti dell'Atto di Ginevra del 1999 siano membri della stessa assemblea costituita in base all'atto complementare di Stoccolma del luglio 1967. Tra le numerose funzioni dell'assemblea figurano: la trattazione delle questioni concernenti lo sviluppo dell'Unione dell'Aja – tra le quali l'applicazione dell'Atto di Ginevra del 1999 –; l'invio di direttive al Direttore generale dell'OMPI sulla preparazione delle conferenze di revisione, e la loro convocazione; le modifiche al Regolamento dell'Atto di Ginevra; la definizione del programma e l'adozione del bilancio biennale dell'Unione dell'Aja, della quale approva altresì i rendiconti; l'adozione del regolamento finanziario dell'Unione dell'Aja; l'istituzione di comitati e gruppi di lavoro.
  L'articolo 22 riguarda l'Ufficio internazionale dell'OMPI, competente per la registrazione internazionale e gli altri compiti amministrativi relativi all'Unione dell'Aja. L'Ufficio internazionale prepara le riunioni e provvede al segretariato dell'assemblea, e assiste gli eventuali comitati di esperti e gruppi di lavoro da essa istituiti. Il più alto dirigente dell'Unione dell'Aja è il Direttore generale dell'OMPI: questi rappresenta l'Unione e convoca qualsiasi riunione che debba trattare questioni concernenti l'Unione medesima, inclusa l'attività dei comitati e gruppi di lavoro istituiti dall'assemblea.
  L'articolo 23 prevede che l'Unione dell'Aja dispone di un proprio bilancio, che comprende le entrate e le spese proprie dell'Unione medesima, nonché il suo contributo alle spese comuni alle unioni amministrate dall'Organizzazione mondiale della proprietà intellettuale – contributo proporzionato all'interesse che l'Unione ha in dette altre unioni. Le fonti di finanziamento del bilancio dell'Unione dell'Aja sono anzitutto le tasse relative alle registrazioni internazionali, e in secondo ordine le somme dovute per altri servizi prestati dall'Ufficio internazionale dell'OMPI, il ricavato della vendita e i diritti collegati alle pubblicazioni riguardanti l'Unione dell'Aja, le donazioni, lasciti e sovvenzioni, gli affitti, interessi e le entrate diverse. Le tasse relative alle registrazioni internazionali sono fissati dall'assemblea su proposta del Direttore generale dell'OMPI, in modo tale che le entrate da esse derivanti, unitamente alle altre fonti di finanziamento, siano almeno sufficienti a coprire tutte le spese dell'Ufficio internazionale concernenti l'Unione dell'Aja. Per quanto concerne il capitale d'esercizio, qualora non sia sufficiente ad alimentarlo il totale delle eccedenze di entrata, ciascun membro dell'Unione dell'Aja effettuerà un versamento unico.
  L'articolo 24 è dedicato al Regolamento di attuazione dell'Atto di Ginevra del 1999. Tale Regolamento include le disposizioni che riguardano quanto prescritto dall'Atto di Ginevra, gli ulteriori dettagli relativi all'applicazione delle disposizioni dell'Atto medesimo, ogni altro requisito, questione o procedura amministrativa.
  Il capitolo terzo concerne le revisioni e le modifiche all'Atto di Ginevra, e comprende gli articoli 25 e 26 prevedendo che una conferenza delle parti contraenti potrà sottoporre a revisione l'atto di Ginevra e stabilendo una procedura particolare per taluni articoli.
  Il capitolo quarto contiene le disposizioni finali relative all'Atto di Ginevra, contenute negli articoli da 27 a 34.
  In particolare l'articolo 27 prevede che l'Atto possa essere sottoscritto e che di esso possa divenire parte ciascuno Stato membro dell'Organizzazione mondiale per la proprietà intellettuale, nonché qualunque organizzazione intergovernativa che abbia un ufficio competente per la protezione Pag. 107dei disegni e modelli industriali con effetto sull'intero territorio in cui si applica il trattato costitutivo dell'organizzazione medesima, ma solo a condizione che almeno uno degli Stati membri dell'organizzazione intergovernativa sia membro dell'OMPI.
  Ai sensi dell'articolo 28, l'entrata in vigore dell'Atto di Ginevra è prevista tre mesi dopo che sei Stati abbiano depositato i loro strumenti di ratifica o adesione, purché almeno tre di tali Stati abbiano depositato almeno 3.000 domande, ovvero abbiano depositato almeno 1.000 domande presentate da parte di residenti in Stati diversi da esso.
  L'articolo 29 esclude la possibilità di presentare riserve all'Atto di Ginevra del 1999, mentre l'articolo 31 prevede che, nei rapporti reciproci tra gli Stati parti dell'Atto di Ginevra del 1999 e degli atti del 1934 o del 1960, si applica unicamente l'Atto di Ginevra – ma solo ai disegni o modelli industriali depositati presso l'Ufficio internazionale, dopo l'entrata in vigore dell'Atto di Ginevra stesso.
  In base all'articolo 32, ogni parte contraente può denunciare l'Atto di Ginevra con notifica indirizzata al Direttore generale dell'OMPI, e con effetto un anno dopo la data di ricevimento di tale notifica, o in qualsiasi data successiva in essa indicata. La denuncia non incide tuttavia sull'applicazione dell'Atto di Ginevra alle domande internazionali pendenti e alle registrazioni internazionali in vigore nei confronti della parte contraente interessata.
  Gli articoli 33 e 34 prevedono l'apertura alla firma dell'Atto di Ginevra presso la sede dell'OMPI per un anno a partire dalla sua adozione e che il Direttore generale ne è il depositario.
  Passando al contenuto del disegno di legge di ratifica, esso si compone di sei articoli: gli articoli 1 e 2 contengono le consuete clausole di autorizzazione alla ratifica e di ordine di esecuzione.
  L'articolo 3 novella l'articolo 155 del Codice della proprietà industriale di cui al decreto legislativo n. 30 del 2005, che disciplina il deposito di domande internazionali di protezione di disegni e modelli industriali.
  Esso provvede ad aggiornare il richiamo all'Accordo dell'Aja del 1925, e successive revisioni, contenuto nell'articolo 155 del Codice della proprietà industriale, con quello all'Atto di Ginevra dell'Accordo dell'Aja concernente la registrazione internazionale dei disegni e modelli industriali, denominato «Accordo del 1999».
  Rimangono ferme le attuali modalità di presentazione della domanda internazionale di protezione dei disegni e modelli: le persone fisiche e giuridiche italiane o quelle che abbiano il domicilio o una effettiva organizzazione in Italia possono depositare le domande internazionali per la protezione dei disegni o modelli direttamente presso l'Ufficio internazionale oppure in via indiretta presso l'Ufficio italiano brevetti e marchi. La modalità diretta e indiretta di presentazione della domanda trova disciplina nell'articolo 4, paragrafo 1, dell'Atto di Ginevra del 1999, e a tal fine il richiamo alla predetta disposizione viene inserito quale novella al comma 1 dell'articolo 155 del Codice.
  La novella operata dall'articolo 3 del disegno di legge in esame incide sulla disciplina concernente la data di deposito della domanda internazionale, introducendo il richiamo all'articolo 9, paragrafi 1 e 2, dell'Accordo del 1999.
  Rimane fermo l'obbligo di conformità della domanda internazionale alle disposizioni internazionali, ora contenute nell'Accordo del 1999, e al relativo regolamento di esecuzione, oltre che alle istruzioni amministrative emanate dall'Ufficio internazionale.
  Viene, infine, introdotto nell'articolo 155 del citato Codice della proprietà industriale un nuovo comma 5, il quale dispone che la domanda di protezione deve recare il contenuto obbligatorio, di cui al paragrafo 1 articolo 5 dell'Accordo del 1999 e può contenere gli ulteriori elementi facoltativi di cui al paragrafo 3 articolo 5 dell'Accordo del 1999.
  L'articolo 4 del disegno di legge dispone che la protezione internazionale di un Pag. 108disegno o modello può durare fino ad un massimo di 25 anni dalla data di deposito della domanda di registrazione, a condizione che la registrazione internazionale sia rinnovata, conformemente alla durata massima della protezione disposta dall'articolo 37 del Codice della proprietà industriale.
  L'articolo 5 del disegno di legge contiene una clausola di invarianza finanziaria, per la quale dall'attuazione della legge di autorizzazione alla ratifica non derivano nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
  L'articolo 6 prevede l'entrata in vigore della legge di autorizzazione alla ratifica il giorno successivo a quello della pubblicazione in Gazzetta Ufficiale.

  Maurizio BERNARDO, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame alla seduta già convocata per la giornata di domani.

Ratifica ed esecuzione del Protocollo recante modifiche alla Convenzione tra la Repubblica italiana e la Repubblica delle Filippine per evitare le doppie imposizioni in materia di imposte sul reddito e per prevenire l'evasione fiscale del 5 dicembre 1980.
C. 4227 Governo, approvato dal Senato.
(Parere alla III Commissione).
(Esame e rinvio).

  La Commissione inizia l'esame del provvedimento.

  Renzo CARELLA (PD), relatore, rileva come la Commissione sia chiamata a esaminare, ai fini del parere alla III Commissione Affari esteri, il disegno di legge C. 4227, recante ratifica ed esecuzione del Protocollo recante modifiche alla Convenzione tra la Repubblica italiana e la Repubblica delle Filippine per evitare le doppie imposizioni in materia di imposte sul reddito e per prevenire l'evasione fiscale del 5 dicembre 1980, fatto a Manila il 9 dicembre 2013, approvato dal Senato.
  Rileva preliminarmente come il Protocollo modifichi la Convenzione italo-filippina, la quale si inserisce nel contesto generale di ampliamento della rete di convenzioni stipulate dall'Italia al fine di evitare le doppie imposizioni. In particolare, si evidenzia come l'esigenza di dotarsi di una convenzione in materia con la Repubblica delle Filippine sia derivata dalla necessità di disciplinare gli aspetti fiscali relativi alle relazioni economiche e finanziarie poste in essere tra i soggetti residenti in una delle due Parti contraenti, mirando all'eliminazione dei fenomeni di doppia imposizione e a un'equilibrata ripartizione tra i due Paesi della materia imponibile.
  Il Protocollo modifica la richiamata Convenzione, adeguandola agli standard più recenti del modello convenzionale elaborato dall'OCSE, discostandosene solo per taluni aspetti, in relazione ad aspetti particolari dei sistemi fiscali dei due Paesi e costituisce un quadro giuridico che consentirà alle imprese italiane di operare nelle Filippine, nonché di avere rapporti economici e finanziari con i soggetti di tale Paese, in condizioni pienamente concorrenziali rispetto agli operatori economici di altri Paesi ad economia avanzata, garantendo contestualmente gli interessi generali tutelati dall'amministrazione finanziaria italiana.
  Passando al contenuto del Protocollo, esso si compone di 5 articoli.
  L'articolo I modifica l'articolo 2, paragrafo 3, lettera b) della Convenzione del 1980 aggiornandone il campo di applicazione oggettivo e inserendo nell'elenco delle imposte considerate per l'Italia, oltre all'imposta sul reddito delle persone fisiche (IRPEF) e all'imposta sul reddito delle società (IRES), già previste nella Convenzione, anche l'imposta regionale sulle attività produttive (IRAP).
  L'articolo II modifica l'articolo 3, lettera i) della vigente Convenzione nel senso di aggiornare la denominazione relativa all'Autorità italiana competente per l'applicazione dell'accordo, ossia facendo riferimento al Ministero dell'Economia e delle Finanze.
  L'articolo III modifica la disposizione relativa al metodo di imputazione presente Pag. 109all'articolo 22, paragrafo 2, della vigente Convenzione, conformandola alla più recente formulazione utilizzata nelle convenzioni fiscali.
  Le disposizioni introdotte prevedono che, se un residente in Italia possiede elementi di reddito che sono imponibili nella Repubblica delle Filippine, l'Italia, nel calcolare le proprie imposte sul reddito può includere nella base imponibile di tali imposte i predetti elementi di reddito, se non stabilito diversamente dalla Convenzione.
  In tal caso l'Italia deve detrarre dalle imposte così calcolate l'imposta sui redditi pagate nelle Filippine, ma l'ammontare della detrazione non può eccedere la quota di imposta italiana attribuibile ai predetti elementi di reddito nella proporzione in cui essi concorrono a formare il reddito complessivo.
  L'imposta pagata nelle Filippine per la quale spetta la detrazione è solo l'ammontare pro-rata corrispondente alla parte del reddito estero che concorre alla formazione del reddito complessivo.
  Si stabilisce inoltre che nessuna detrazione sarà accordata ove l'elemento di reddito venga assoggettato in Italia a imposizione mediante imposta sostitutiva o ritenuta a titolo di imposta, ovvero a imposizione sostitutiva con la stessa aliquota della ritenuta a titolo di imposta.
  L'articolo sopprime inoltre il paragrafo 4 dell'articolo 22 della Convenzione, relativo al cosiddetto matching credit, che riconosceva il credito di imposta anche per le imposte non effettivamente pagate su dividendi, interessi e canoni.
  La disposizione soppressa, come precisato nella relazione illustrativa che accompagna il disegno di legge, prevedeva che il credito di imposta venisse concesso anche qualora nel Paese di produzione del reddito non fosse stata effettivamente scontata alcuna imposizione. Al riguardo la relazione tecnica precisa che, sebbene alla soppressione del matching credit sarebbero ascrivibili, in linea teorica, effetti positivi per l'Erario essendo venuta meno la possibilità di attribuirsi crediti di imposta per imposte figurative assolte nel territorio delle Filippine, l'analisi dei dati disponibili ha evidenziato importi esigui e di origine non puntualmente accertabile, che prudenzialmente si è ritenuto di non computare.
  L'articolo IV modifica l'articolo 25 della Convenzione in materia di scambio di informazioni, ampliando la cooperazione fra le amministrazioni. Tale disposizione rappresenta l'aspetto centrale del nuovo accordo bilaterale in esame; esso costituisce la base giuridica per intensificare la cooperazione amministrativa in materia di scambio di informazioni, conformemente all'obiettivo prioritario della lotta all'evasione transnazionale, riaffermato più volte anche nelle sedi multilaterali internazionali (G7, G20, OCSE).
  In particolare il paragrafo 1 stabilisce che le Autorità competenti si scambiano le informazioni pertinenti per applicare la Convenzione o per l'applicazione delle leggi interne relative alle imposte di qualsiasi genere prelevate per conto degli Stati contraenti, nella misura in cui la tassazione che tali leggi prevedono non è contraria alla Convenzione, nonché per prevenire l'evasione e l'elusione fiscale.
  Il paragrafo 2 interviene in materia di segretezza delle informazioni ricevute ai sensi del precedente paragrafo 1, stabilendo che le predette informazioni siano comunicate soltanto ai soggetti (ivi inclusi l'autorità giudiziaria e gli organi amministrativi) incaricate dell'accertamento o della riscossione delle imposte e che i predetti soggetti potranno servirsi di tali informazioni nel corso di udienze pubbliche o nei giudizi.
  In base al paragrafo 3, le disposizioni relative allo scambio di informazioni non potranno essere interpretate nel senso di imporre a uno Stato contraente l'obbligo: di adottare provvedimenti amministrativi in deroga alla legislazione o prassi amministrativa propria o dell'altro contraente; di fornire informazioni che non potrebbero essere ottenute in base alla legislazione o prassi amministrativa propria o dell'altro contraente; di fornire informazioni che potrebbero rivelare un segreto Pag. 110commerciale, industriale, professionale o informazioni la cui comunicazione sarebbe contraria all'ordine pubblico.
  In tale quadro il paragrafo 4 prevede il superamento del domestic tax interest, ossia la possibilità che uno Stato contraente rifiuti di fornire informazioni solo perché non ne ha interesse ai propri fini fiscali.
  Le disposizioni contenute al paragrafo 5 determinano il superamento del segreto bancario, sulla base del più recente standard in materia (articolo 26 del Modello di Convenzione contro le doppie imposizioni dell'OCSE). Esso prevede infatti che le limitazioni all'obbligo di scambio di informazioni di cui al precedente paragrafo 3 non possono in nessun caso essere interpretate nel senso che uno Stato contraente si possa rifiutare di fornire le informazioni solo in quanto le stesse sono detenute da una banca, da un'altra istituzione finanziaria, da un mandatario o da una persona che opera in qualità di agente o fiduciario o per il fatto che le predette informazioni si riferiscono a partecipazioni.
  L'articolo V, infine, prevede che il Protocollo entri in vigore alla data di ricezione dell'ultima delle due notifiche con le quali Italia e Filippine si saranno comunicate l'espletamento delle rispettive procedure interne. Il Protocollo resterà in vigore fino a quando lo sarà la Convenzione del 1980 (che ha durata indeterminata, salvo denuncia entro il 30 giugno di ciascun anno).
  Il disegno di legge di autorizzazione alla ratifica riprende il contenuto tipico dei disegni di legge di autorizzazione alla ratifica: l'articolo 1 reca l'autorizzazione alla ratifica del Protocollo, e l'articolo 2 il relativo ordine di esecuzione.
  L'articolo 3 prevede l'entrata in vigore della legge di autorizzazione il giorno successivo a quello della pubblicazione in Gazzetta Ufficiale.
  Il disegno di legge è corredato oltre che dalla relazione illustrativa, da una relazione tecnica che non ascrive effetti finanziari sul gettito fiscale alle disposizioni del provvedimento.

  Maurizio BERNARDO, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame alla seduta già convocata per la giornata di domani.

Disposizioni per l'adempimento degli obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia all'Unione europea – Legge europea 2017.
C. 4505 Governo.
(Relazione alla XIV Commissione).
(Seguito dell'esame e rinvio).

  La Commissione prosegue l'esame del provvedimento, rinviato, da ultimo, nella seduta del 7 giugno 2017.

  Maurizio BERNARDO, presidente, in sostituzione del relatore, Petrini, impossibilitato a intervenire alla seduta odierna, ricorda come il relatore, nella precedente seduta di esame, abbia illustrato i contenuti del provvedimento e abbia successivamente formulato una proposta di relazione favorevole (vedi allegato 1), la quale è già stata trasmessa via email a tutti i componenti della Commissione nel pomeriggio di ieri.
  Ricorda che al disegno di legge C. 4505 recante disposizioni per l'adempimento degli obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia all'Unione europea – Legge europea 2017, sono state presentate 3 proposte emendative (vedi allegato 2), alcune delle quali presentano profili di inammissibilità.
  In merito rammenta che, per quanto riguarda l'ammissibilità, l'articolo 126-ter, comma 4, del Regolamento stabilisce che, fermi i criteri generali di ammissibilità previsti dall'articolo 89, i Presidenti delle Commissioni competenti per materia e il Presidente della Commissione Politiche dell'Unione europea dichiarano inammissibili gli emendamenti e gli articoli aggiuntivi che riguardino materie estranee all'oggetto proprio del disegno di legge, come definito dalla legislazione vigente (articolo 30 della legge n. 234 del 2012). Ricorda inoltre che, ai sensi del predetto articolo 30, la legge europea contiene le disposizioni Pag. 111finalizzate a porre rimedio ai casi di non corretto recepimento della normativa dell'Unione europea nell'ordinamento nazionale che hanno dato luogo a procedure di pre-infrazione, avviate nel quadro del sistema di comunicazione EU Pilot, e di infrazione, laddove il Governo abbia riconosciuto la fondatezza dei rilievi mossi dalla Commissione europea.
  In particolare, segnala come, secondo la prassi seguita per il disegno di legge comunitaria, siano considerati inammissibili per estraneità al contenuto proprio gli emendamenti recanti modifiche di discipline vigenti, anche attuative di norme europee o previste da leggi comunitarie, per le quali non si presentino profili di incompatibilità con la normativa europea.
  In tale contesto devono considerarsi inammissibili le seguenti proposte emendative:
   Sibilia 7.01, il quale introduce il principio generale del contraddittorio anticipato nei procedimenti tributari, modificando l'articolo 7 dello Statuto dei diritti del contribuente di cui alla legge n. 212 del 2000: la proposta emendativa prevede, in particolare, che, prima di procedere all'emissione di atti impositivi o sanzionatori ovvero iscrizioni a ruolo conseguenti alla modifica delle dichiarazioni dei redditi sottoposte a controlli formali e sostanziali, il contribuente deve essere invitato a fornire, prima dell'emissione formale dell'atto di recupero, chiarimenti e notizie utili all'amministrazione finanziaria;
   Mongiello 8.01, il quale prevede l'esenzione dal pagamento delle imposte anche per i possessori di terreni gravati da livelli o censi.

  Ribadisce comunque che i deputati hanno facoltà di presentare emendamenti direttamente presso la XIV Commissione, entro i termini dalla stessa stabiliti.
  Gli emendamenti respinti dalle Commissioni di settore non potranno essere presentati presso la XIV Commissione, che li considererà irricevibili. Gli emendamenti respinti dalle Commissioni potranno, peraltro, essere ripresentati in Assemblea.
  Ricorda inoltre che, per prassi consolidata, gli emendamenti presentati direttamente alla XIV Commissione sono trasmessi alle Commissioni di settore competenti per materia, ai fini dell'espressione del parere, che assume una peculiare valenza procedurale.
  A tale parere, infatti, si riconosce efficacia vincolante per la XIV Commissione. L'espressione di un parere favorevole, ancorché con condizioni o osservazioni, equivarrà pertanto a una assunzione dell'emendamento da parte della Commissione, assimilabile alla diretta approvazione di cui all'articolo 126-ter, comma 5, del Regolamento. Tali emendamenti potranno essere respinti dalla XIV Commissione solo qualora siano considerati contrastanti con la normativa europea o per esigenze di coordinamento generale. Viceversa, un parere contrario della Commissione in sede consultiva su tali emendamenti avrà l'effetto di precludere l'ulteriore esame degli stessi presso la XIV Commissione.

  Carlo SIBILIA (M5S) chiede che ai gruppi sia concesso un termine per la presentazione di eventuali ricorsi avverso i giudizi di inammissibilità testé espressi.

  Maurizio BERNARDO, presidente, nel ricordare i criteri, regolamentari e normativi, posti alla base dei giudizi sull'ammissibilità delle proposte emendative presentate alla legge europea, rammenta altresì che la Commissione è chiamata a concludere l'esame della stessa in sede consultiva entro la giornata di domani, per consentire il prosieguo dell'esame in sede referente da parte della XIV Commissione.

  Carlo SIBILIA (M5S) ribadisce la propria richiesta di disporre di un termine, seppur breve, per presentare ricorso avverso i giudizi di inammissibilità sugli emendamenti, sottolineando come tale richiesta non si fondi su volontà dilatorie, bensì sull'intento di sottoporre emendamenti di merito alla Presidenza e di esercitare in tal senso una prerogativa importante Pag. 112in tale fase di esame del provvedimento.

  Maurizio BERNARDO, presidente, nell'accogliere la richiesta sollevata dal deputato Sibilia, ribadisce l'esigenza di svolgere l'esame degli emendamenti e procedere alla votazione sulla proposta di relazione formulata dal relatore entro la giornata di domani.
  Fissa quindi il termine per la presentazione dei ricorsi avverso i giudizi di ammissibilità alle ore 16 della giornata odierna e, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame a una seduta da convocare per la giornata di domani.

  La seduta termina alle 13.05.

DELIBERAZIONE DI RILIEVI SU ATTI DEL GOVERNO

  Martedì 20 giugno 2017. — Presidenza del presidente Maurizio BERNARDO.

  La seduta comincia alle 13.05.

Schema decreto legislativo recante codice del Terzo settore.
Atto n. 417.
(Rilievi alla XII Commissione).
(Esame, ai sensi dell'articolo 96-ter, comma 4, del Regolamento, e rinvio).

  La Commissione inizia l'esame dello schema di decreto legislativo.

  Maurizio BERNARDO, presidente, nel sottolineare la grande rilevanza delle misure contenute nello schema di decreto in esame, ricorda che la Commissione, in considerazione dei numerosi aspetti concernenti materie di competenza della Commissione Finanze contenuti nel provvedimento, è stata autorizzata dalla Presidenza della Camera a trasmettere alla Commissione Affari sociali i rilievi per i profili di propria competenza.

  Giovanni SANGA (PD), relatore, rileva come la Commissione sia chiamata a esaminare, ai fini della deliberazione di rilievi alla XII Commissione Affari sociali sugli aspetti di propria competenza, ai sensi dell'articolo 96-ter, comma 4, del Regolamento, lo schema di decreto legislativo recante codice del Terzo settore (Atto n. 417).
  Segnala preliminarmente come lo schema di decreto in esame, predisposto in attuazione dell'articolo 1, comma 2, lettera b), della legge delega n.106 del 2016, provveda «al riordino e alla revisione organica della disciplina speciale e delle altre disposizioni vigenti relative agli enti del Terzo settore, compresa la disciplina tributaria applicabile a tali enti, mediante la redazione di un apposito codice del Terzo settore». Tale attività di revisione e riordino è finalizzata al sostegno dell'autonoma iniziativa dei cittadini che concorrono, anche in forma associata, a perseguire il bene comune, ad elevare i livelli di cittadinanza attiva, di coesione e protezione sociale, favorendo la partecipazione, l'inclusione e il pieno sviluppo della persona e valorizzando il potenziale di crescita e di occupazione lavorativa, in attuazione dei principi costituzionali.
  In tale quadro rileva come rimanga, invece, sostanzialmente non attuata la delega contenuta alla lettera a) del comma 2 dell'articolo 1 della predetta legge delega, concernente la revisione del codice civile.
  Passando al contenuto dello schema di decreto, esso si compone di 104 articoli, suddivisi in dodici titoli.
  I Titoli I e II recano disposizioni di carattere generale relative agli enti del Terzo settore. Il Titolo III prevede disposizioni in materia di volontari e di attività di volontariato. I Titoli IV e V disciplinano le specifiche tipologie di enti del Terzo settore, in particolare le associazioni e le fondazioni, le organizzazioni di volontariato, le associazioni di promozione sociale, gli enti filantropici, le reti associative e le società di mutuo soccorso. Il Titolo VI disciplina il registro unico nazionale del Pag. 113Terzo settore. Il Titolo VII reca la disciplina relativa ai rapporti con gli enti pubblici.
  Il Titolo VIII detta disposizioni in materia di promozione e di sostegno degli enti del Terzo settore prevedendo l'istituzione del Consiglio nazionale del Terzo settore, la disciplina dei centri di servizio per il volontariato e norme in materia di risorse finanziarie destinate agli enti medesimi.
  Il Titolo IX reca disposizioni in materia di titoli di solidarietà degli enti del Terzo settore e altre forme di finanza sociale.
  Il Titolo X disciplina il regime fiscale degli enti in parola.
  Il Titolo XI detta disposizioni in materia di controlli e coordinamento. Infine, il Titolo XII reca disposizioni transitorie e finali.
  In particolare, il Titolo I (composto dagli articoli da 1 a 3), recante disposizioni generali, individua le finalità (civiche, solidaristiche e di utilità sociale) proprie del Terzo settore e delimita il campo di applicabilità delle disposizioni dello stesso Codice, chiarendo che queste si utilizzano, ove non derogate e in quanto compatibili, anche per gli enti del Terzo settore regolati da una disciplina particolare.
  Inoltre, agli enti del Terzo settore si applicano, in quanto compatibili, le norme del codice civile e le relative disposizioni di attuazione nel caso di lacune di previsione accertate nel Codice, previa verifica di compatibilità. Viene infine specificato che le disposizioni del Codice non si applicano alle fondazioni bancarie, alle quali sono riferibili soltanto le disposizioni raccolte nel Capo II del Titolo VIII, riferite ai Centri di servizio per il volontariato.
  Il Titolo II (composto dagli articoli da 4 a 16) reca disposizioni volte a delineare l'identità giuridica degli enti del Terzo settore, definiti come enti costituiti in forma di associazione o di fondazione, per il perseguimento, senza scopo di lucro, di finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale mediante lo svolgimento di una o più attività di interesse generale in forma volontaria e di erogazione gratuita di denaro, beni o servizi, di mutualità o di produzione o scambio di beni o servizi, che siano iscritti nel registro unico nazionale del Terzo settore.
  L'articolo 4 distingue a tal fine gli enti in tre grandi categorie: quelli solidaristici, quelli mutualistici e quelli di produzione e scambio di beni e servizi. Il comma 3 dell'articolo 4 riguarda specificamente gli enti ecclesiastici civilmente riconosciuti e quelli delle confessioni religiose che hanno stipulato accordi con lo Stato.
  L'articolo 5 individua le attività di interesse generale che devono costituire l'oggetto sociale esclusivo o principale di un ente del Terzo settore, attraverso la compilazione di un elenco unico, con l'obiettivo di fondere la normativa attualmente prevista ai fini fiscali con quella prevista ai fini civilistici. Nella lista si trovano attività che già storicamente gli enti del Terzo settore svolgono, accanto a nuovi settori di attività, quali: commercio equo e solidale; agricoltura sociale; adozioni internazionali; riqualificazione di beni pubblici inutilizzati o di beni confiscati alla criminalità organizzata.
  All'articolo 6 si prevede, poi, che gli enti del Terzo settore possono esercitare, accanto alle attività di interesse generale, attività diverse, strumentali o secondarie rispetto a quelle principali, purché lo statuto o l'atto costitutivo lo consentano.
  L'articolo 7 disciplina, quindi, l'attività di raccolta di fondi di cui gli enti del Terzo settore possono avvalersi per finanziare le proprie attività di interesse generale, mentre l'articolo 8 prevede un obbligo di destinazione del patrimonio allo svolgimento di attività statutarie e vieta la distribuzione, anche indiretta, di eventuali utili e avanzi di gestione.
  In base agli articoli 9 e 10, in caso di estinzione o scioglimento, gli enti hanno l'obbligo di devolvere il proprio patrimonio ad altri enti del Terzo settore ovvero alla Fondazione Italia sociale e il loro patrimonio residuo non può costituire oggetto appropriazione individuale in sede di liquidazione. È contemplata, inoltre, la possibilità di costituire uno o più patrimoni destinati a uno specifico affare.Pag. 114
  Osserva, poi, che l'articolo 11, in combinato disposto con il predetto articolo 4, prescrive l'obbligo, per gli enti del Terzo settore, di iscriversi nel registro unico nazionale del Terzo settore e di indicare gli estremi dell'iscrizione negli atti, nella corrispondenza e nelle comunicazioni al pubblico.
  All'articolo 12 è previsto che la denominazione sociale debba contenere l'indicazione di ente del Terzo settore o l'acronimo ETS, mentre l'articolo 13 introduce obblighi, per gli enti del Terzo settore, di redazione e deposito del bilancio di esercizio.
  In base all'articolo 14, un altro vincolo per gli enti del Terzo settore con entrate o ricavi superiori ai cinquantamila euro è quello di pubblicare annualmente ed aggiornare nel proprio sito Internet gli eventuali corrispettivi a qualsiasi titolo attribuiti ai componenti degli organi di amministrazione e controllo, ai dirigenti nonché agli associati.
  Il Titolo III, formato dagli articoli da 17 a 19, reca la definizione dello status del volontario, indipendentemente dalla natura dell'ente nel quale presta la propria opera (articolo 17) e norme volte a favorire la promozione e il riconoscimento della cultura del volontariato in ambito scolastico e lavorativo (articolo 19).
  Le disposizioni del Titolo III non si applicano agli operatori volontari del servizio civile universale e al personale impiegato all'estero a titolo volontario nelle attività di cooperazione internazionale allo sviluppo.
   Il Titolo IV (articoli da 20 a 31) concerne le associazioni e le fondazioni del Terzo settore.
  Il Capo I del Titolo IV, costituito dal solo articolo 20, reca disposizioni generali volte a definire l'ambito di applicazione del Titolo in esame, prevedendo che le disposizioni in esso contenute si applichino a tutti gli enti del Terzo settore costituiti in forma di associazione, riconosciuta o non riconosciuta, o di fondazione.
  Il Capo II, costituito dagli articoli 21 e 22, reca la disciplina della costituzione delle associazioni e fondazioni del Terzo settore. In tale ambito vengono definiti (articolo 21), sulla base dei principi e criteri direttivi posti dall'articolo 3 della legge delega per la revisione del titolo II del libro primo del codice civile, il contenuto dell'atto costitutivo e dello statuto, contenente le norme relative al funzionamento e la denominazione dell'ente.
  Viene previsto che lo statuto degli enti in questione – sebbene oggetto di atto separato rispetto all'atto costitutivo – ne costituisca parte integrante, e che le norme statutarie prevalgano in caso di contrasto con le clausole dell'atto costitutivo. Anziché prevedere, quindi, la revisione del titolo II del libro primo del codice civile è previsto un regime speciale in merito a statuti, obblighi verso terzi, bilanci, procedure e altri aspetti ancora, valevole solo per gli enti del Terzo settore.
  Viene, con la stessa logica, definita la procedura per l'acquisto della personalità giuridica per le associazioni e fondazioni del Terzo settore che, in deroga alle disposizioni vigenti (di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 361 del 2000 sul riconoscimento delle persone giuridiche private), può avvenire anche mediante iscrizione nel registro unico nazionale del Terzo settore (articolo 22).
  Il comma 7 del medesimo articolo 22 prevede che, nelle fondazioni e nelle associazioni riconosciute come persone giuridiche, per le obbligazioni dell'ente sia chiamato a rispondere soltanto l'ente con il suo patrimonio fissato, al comma 4, in 15.000 euro per le associazioni e 30.000 per le fondazioni.
  Il Capo III del Titolo IV, costituito dagli articoli compresi tra 23 e 31, reca la disciplina relativa all'ordinamento e all'amministrazione degli enti del Terzo settore, uniformando l'ordinamento e l'amministrazione delle associazioni non riconosciute a quelli delle associazioni riconosciute.
  L'articolo 26 reca disposizioni relative all'organo di amministrazione delle associazioni, riconosciute o non riconosciute, e delle fondazioni del Terzo settore.
  L'articolo 27, costituito da un unico comma, dispone che al conflitto di interessi Pag. 115degli amministratori delle associazioni, riconosciute e non riconosciute, e delle fondazioni del Terzo settore, si applica l'articolo 2475-ter del codice civile, in materia di conflitto di interessi per gli amministratori delle società a responsabilità limitata.
  Con riferimento all'articolo 3, comma 1, lettera b), della legge delega (legge n. 106 del 2016), che demanda al decreto legislativo di attuazione di disciplinare, nel rispetto del principio di certezza nei rapporti con i terzi e di tutela dei creditori, il regime di responsabilità limitata degli enti riconosciuti come persone giuridiche, l'articolo 28 prevede che gli amministratori, i direttori, i componenti dell'organo di controllo e il soggetto incaricato della revisione legale dei conti nelle associazioni, riconosciute e non riconosciute, e nelle fondazioni del Terzo settore, rispondano nei confronti dell'ente, dei creditori sociali, del fondatore, degli associati e dei terzi, sulla base delle disposizioni codicistiche che regolano la responsabilità degli amministratori, dei direttori generali e dei sindaci delle società per azioni, nonché delle disposizioni che regolano la responsabilità dei revisori legali e delle società di revisione legale.
  L'articolo 29 reca la disciplina della denuncia dinanzi al tribunale e ai componenti dell'organo di controllo per le associazioni, riconosciute e non riconosciute, e per le fondazioni del Terzo settore. Sono esclusi dall'applicazione dell'articolo in esame gli enti ecclesiastici civilmente riconosciuti e agli enti delle confessioni religiose che hanno stipulato patti, accordi o intese con lo Stato.
  L'articolo 30 reca disposizioni concernenti l'organo di controllo delle associazioni, riconosciute e non riconosciute, e delle fondazioni del Terzo settore.
  L'articolo 31, infine, reca disposizioni sulla revisione legale dei conti per le associazioni, riconosciute o non riconosciute, e le fondazioni del Terzo settore, che è obbligatoria quanto vengono superati, per due esercizi consecutivi, determinati limiti concernenti l'attivo dello stato patrimoniale, i ricavi, le rendite, i proventi e le entrate, comunque denominate, e il numero dei dipendenti occupati.
  Con riferimento alle materie di interesse della Commissione Finanze segnala il Titolo V, composto dagli articoli da 32 a 44, dedicato agli enti del Terzo settore destinatari di una disciplina particolare: Organizzazioni di volontariato (ODV), Associazioni di promozione sociale (APS), enti filantropici, imprese sociali, reti associative, società di mutuo soccorso. L'individuazione delle categorie corrisponde all'assetto normativo attuale – scompare la specifica categoria del diritto tributario qualificata come ONLUS – con l'ulteriore riconoscimento quali enti del Terzo settore di: a) enti filantropici; b) reti associative; c) società di mutuo soccorso.
  In tale ambito fa presente che una nuova tipologia organizzativa nell'ambito degli enti del Terzo settore è costituita dagli enti filantropici, costituiti in forma di associazione riconosciuta o di fondazione al fine di erogare denaro, beni o servizi, anche di investimento, a sostegno di categorie di persone svantaggiate o di attività di interesse generale. L'articolo 38 dispone che gli enti filantropici traggano le risorse economiche necessarie allo svolgimento della propria attività principalmente da contributi pubblici e privati, donazioni e lasciti testamentari, rendite patrimoniali ed attività di raccolta fondi.
  A tutela della trasparenza e per rendicontare ciò che è stato fatto, sviluppando accountability, l'articolo 39 stabilisce che il bilancio sociale degli enti filantropici deve contenere l'elenco e gli importi delle erogazioni deliberate ed effettuate nel corso dell'esercizio. Sarebbe opportuno che indicasse anche i beneficiari.
  L'articolo 40 rinvia alla disciplina delle imprese sociali dettata dal decreto legislativo di cui all'articolo 1, comma 2, lettera c), della legge n. 106 del 2016, il cui schema (Atto n. 418) è ora all'esame delle Camere e alla disciplina delle cooperative sociali e dei loro consorzi di cui alla legge n. 381 del 1991.
  La disposizione di rinvio, come spiega la relazione illustrativa, è utile a chiarire Pag. 116che le imprese sociali, ancorché oggetto di un atto legislativo autonomo, sono comunque enti del Terzo settore, e dunque nei loro confronti, se costituite in forma di associazione o fondazione, possono trovare applicazione le norme del Codice.
  L'articolo 41 definisce le reti associative come enti del Terzo settore costituiti in forma di associazione, riconosciuta o non riconosciuta, che associano, anche indirettamente attraverso gli enti ad esse aderenti, un numero non inferiore a 500 enti del Terzo settore o, in alternativa, almeno 100 fondazioni del Terzo settore, le cui sedi legali o operative siano presenti in almeno cinque regioni o province autonome. Le reti associative hanno il compito di svolgere attività di coordinamento, tutela, rappresentanza, promozione o supporto degli enti del Terzo settore loro associati e delle loro attività di interesse generale, anche allo scopo di promuoverne ed accrescerne la rappresentatività presso i soggetti istituzionali. Possono promuovere partenariati e protocolli di intesa con le pubbliche amministrazioni e con soggetti privati. Le reti esercitano, tra le altre, anche l'attività di monitoraggio dell'attività degli enti ad esse associati e predispongono una relazione annuale al Consiglio nazionale del Terzo settore.
  Gli articoli da 42 a 44 prevedono un regime transitorio riguardo le società di mutuo soccorso, in conformità con il criterio di delega contenuto nell'articolo 5, comma 1, lettera i), della legge n. 106 del 2016. Le SMS possono svolgere principalmente due tipi di attività: quella erogativa di trattamenti, prestazioni e servizi nel settore socio sanitario e dell'assistenza familiare; quella erogativa di somme di denaro per il rimborso di spese sanitarie o per il pagamento di indennità alla famiglia, soprattutto nell'ipotesi in cui questa si trovi in condizione di gravissimo disagio economico a seguito dell'improvvisa perdita di fonti reddituali.
  L'articolo 43 permette alle SMS già esistenti alla data di entrata in vigore del Codice, di trasformarsi, entro i successivi tre anni da tale data, in associazioni del Terzo settore o in associazioni di promozione sociale, mantenendo il proprio patrimonio, in deroga all'articolo 8, comma 3, della legge n. 3818 del 1886 che stabilisce, in caso di liquidazione o di perdita della natura di società di mutuo soccorso, che il patrimonio sia devoluto ad altre società di mutuo soccorso ovvero ad uno dei Fondi mutualistici o al corrispondente capitolo del bilancio dello Stato.
  Il Titolo VI, composto dagli articoli da 45 a 54, attuativo della delega di cui all'articolo 4, comma 1, lettera m), della legge n. 106 del 2016, disciplina l'istituzione ed il funzionamento a regime, presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, del registro unico nazionale del Terzo settore.
  La disposizione di delega ha previsto, mediante l'istituzione di un registro unico nazionale, la riorganizzazione del sistema di registrazione degli enti operanti nel Terzo settore e di tutti gli atti di gestione rilevanti, secondo criteri di semplificazione, tenuto conto delle finalità e delle caratteristiche di specifici elenchi nazionali di settore; la finalità è di favorire, anche con modalità telematiche, la piena conoscibilità in tutto il territorio nazionale degli enti medesimi.
  La norma di delega ha peraltro previsto che l'iscrizione nel registro, subordinata al possesso di taluni requisiti previsti dall'articolo 4, comma 1, è obbligatoria per tutti quegli enti del Terzo settore che si avvalgono prevalentemente o stabilmente di finanziamenti pubblici, di fondi privati raccolti attraverso pubbliche sottoscrizioni o di fondi europei destinati al sostegno dell'economia sociale oppure che esercitano attività in regime di convenzione o di accreditamento con enti pubblici o che intendono avvalersi delle agevolazioni fiscali e di sostegno economico previste all'articolo 9 della legge n. 106 del 2016.
  Ai sensi dell'articolo 46, il registro unico nazionale del Terzo settore è suddiviso in specifiche sezioni, ciascuna delle quali è dedicata ad una delle categorie di enti definite dal Codice: organizzazioni di volontariato; associazioni di promozione sociale; enti filantropici; imprese sociali, incluse le cooperative sociali; reti associative; Pag. 117società di mutuo soccorso; altri enti del Terzo settore. Viene inoltre data facoltà al Ministro del lavoro e delle politiche sociali di istituire, con decreto di natura non regolamentare, sottosezioni o nuove sezioni del registro o modificare le sezioni esistenti. La disposizione aumenta la flessibilità del nuovo sistema, anche in considerazione della possibile eterogeneità delle forme in cui gli enti del Terzo settore possono esercitare la loro attività.
  Il registro è gestito operativamente, con modalità informatiche, su base territoriale da ciascuna regione e provincia autonoma che, a tal fine, individua, entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore del Codice, una struttura indicata come Ufficio del registro unico nazionale del Terzo settore. L'Ufficio del registro, all'atto della registrazione di quegli enti del Terzo settore che devono anche avvalersi del revisore legale dei conti (associazioni, riconosciute o non riconosciute, e fondazioni del Terzo settore di grandi dimensioni), deve acquisire la relativa informazione antimafia.
  Gli articoli da 47 a 51 recano la disciplina relativa alle modalità di iscrizione, al contenuto informativo minimo necessario che deve risultare nel registro unico nazionale del Terzo settore per ciascun ente, alle modalità di aggiornamento dei dati, cancellazione e migrazione in altra sezione degli enti interessati, nonché la previsione che ciascuno degli enti iscritti al registro è assoggettato a una revisione periodica almeno triennale finalizzata alla verifica della permanenza dei requisiti richiesti.
  L'attuazione completa del registro è prevista entro un anno dall'entrata in vigore del Codice. Sono, altresì, quantificate le risorse necessarie a consentire l'avvio e la gestione del Registro unico. L'articolo 54 prevede, inoltre, le modalità per far confluire i dati relativi alle associazioni di promozione sociale già in possesso delle amministrazioni territoriali.
  Il Titolo VII, formato dagli articoli da 55 a 57, reca disposizioni concernenti i rapporti degli enti del Terzo settore con gli enti pubblici.
  Viene sostanzialmente confermata la disciplina prevista a normativa vigente salvo alcuni adattamenti conseguenti alla regolamentazione unitaria del settore. Come evidenziato nella relazione illustrativa, il coinvolgimento degli enti del Terzo settore deve rispondere alla duplice esigenza di favorire processi e strumenti di partecipazione che possano accrescere la qualità delle scelte finali, ferme restando le prerogative proprie dell'amministrazione procedente in ordine a tali scelte.
  Il Titolo in esame, quindi: prevede che le amministrazioni pubbliche, nell'esercizio delle proprie funzioni di programmazione e organizzazione a livello territoriale delle attività di interesse generale, coinvolgano attivamente gli enti del Terzo settore mediante forme di co-programmazione e co-progettazione; disciplina la conclusione di convenzioni tra le pubbliche amministrazioni e le organizzazioni di volontariato e le associazioni di promozione sociale, per lo svolgimento, in favore di terzi, di attività di interesse generale; disciplina l'affidamento in convenzione alle organizzazioni di volontariato dei servizi di trasporto sanitario di emergenza e urgenza.
  Il Titolo VIII, comprendente gli articoli da 58 a 76, reca le norme per la promozione ed il sostegno degli enti del Terzo settore.
  In particolare, il Capo I (articoli 58-60) prevede la disciplina del Consiglio nazionale del Terzo settore, istituito presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali e a risorse invariate, in base alla delega di cui all'articolo 5, comma 1, lettera g), della legge n. 106 del 2016, che ha previsto il superamento del sistema degli Osservatori nazionali per il volontariato e per l'associazionismo di promozione sociale.
  Il Capo II (articoli 61-66) disciplina i Centri di servizio per il volontariato (CSV), dando attuazione alla revisione del sistema di tali centri, secondo quanto previsto dal dispositivo di cui all'articolo 5, comma 1, lettera e), della legge delega, prevedendo per essi specifiche forme di finanziamento e determinati compiti e funzioni. Possono Pag. 118essere accreditati come CSV gli enti del Terzo settore costituiti da organizzazioni di volontariato e da altri enti del Terzo settore, in forma di associazione riconosciuta, con personalità giuridica, a esclusione delle forme previste al libro V del Codice civile, vale a dire sotto forma societaria.
  L'articolo 62 dispone la disciplina per il finanziamento dei Centri di servizio per il volontariato, in conformità con il dispositivo di cui all'articolo 5, comma 1, lettera e), n. 3), della legge delega, che prevede il finanziamento stabile dei medesimi CSV, attraverso un programma triennale, con le risorse di cui all'articolo 15 della legge n. 266 del 1991, legge-quadro sul volontariato.
  Qualora siano utilizzate risorse diverse, le stesse devono essere comprese in una contabilità separata. Ricorda, per gli aspetti di competenza della Commissione Finanze che, in base alla normativa vigente, le fondazioni bancarie sono tenute a destinare una quota non inferiore ad un quindicesimo dei propri proventi, al netto delle spese di funzionamento e degli ulteriori accantonamenti previsti per legge, ai fondi speciali per il volontariato, costituiti presso le regioni.
  Viene istituito, quindi, il Fondo unico nazionale, finalizzato ad assicurare il finanziamento stabile dei Centri di servizio per il volontariato. Il Fondo è alimentato da contributi annuali (obbligatori) delle fondazioni di origine bancaria di cui al decreto legislativo n. 153 del 1999, e amministrato dall'Organismo nazionale di controllo. Sono stabilite le modalità di computo della quota che le Fondazioni di origine bancaria sono tenute a destinare annualmente al Fondo unico.
  L'articolo 63 dispone in merito alle funzioni e ai compiti assegnati ai Centri di servizio per il volontariato, derivanti dall'articolo 5, comma 1, lettera e), numero 2), della legge delega. Viene stabilito, quindi, che i predetti Centri utilizzino le risorse del Fondo unico loro conferite al fine di organizzare, gestire ed erogare servizi di supporto tecnico, formativo ed informativo per promuovere e rafforzare la presenza ed il ruolo dei volontari negli enti del Terzo settore.
  L'articolo 64 definisce l'Organismo nazionale di controllo (ONC) come fondazione con personalità giuridica di diritto privato, costituita con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al fine di svolgere, per finalità di interesse generale, funzioni di indirizzo e di controllo dei Centri servizio per il volontariato. La relazione illustrativa chiarisce che la fondazione ONC si articola territorialmente (a livello regionale o sovraregionale) in dieci organismi territoriali di controllo.
  Sono, poi, definite le funzioni dell'ONC, che, tra i compiti principali: amministra il Fondo unico nazionale e riceve i contributi delle fondazioni bancarie; stabilisce il numero di enti accreditabili come CSV nel territorio nazionale; definisce triennalmente gli indirizzi strategici generali che devono essere perseguiti a valere sulle risorse del Fondo unico nazionale; determina l'ammontare del finanziamento stabile triennale dei Centri di servizio del volontariato e ne stabilisce la ripartizione annuale e territoriale, su base regionale; sottopone a verifica la legittimità e la correttezza dell'attività svolta dall'associazione dei Centri di servizio per il volontariato attraverso le risorse del Fondo unico nazionale ad essa assegnate dall'ONC; accredita i Centri servizio, di cui tiene un elenco nazionale che rende pubblico con le modalità più appropriate; definisce gli indirizzi generali, i criteri e le modalità operative cui devono attenersi gli Organismi territoriali di controllo (OTC) nell'esercizio delle proprie funzioni; predispone modelli di previsione e rendicontazione che i Centri servizio sono tenuti ad osservare nella gestione delle risorse del Fondo unico nazionale; assume i provvedimenti sanzionatori nei confronti dei CSV, su propria iniziativa o su iniziativa degli OTC; predispone una relazione annuale sulla proprie attività e sull'attività e lo stato dei Centri, che invia annualmente al Ministero del lavoro e delle politiche sociali e rende pubblica attraverso modalità telematiche. La relazione tecnica precisa Pag. 119che dai predetti compiti non derivano nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, in quanto le spese di organizzazione e funzionamento dell'ONC gravano sulle risorse del Fondo unico nazionale, alimentato dai contributi delle fondazioni bancarie.
  L'articolo 65 definisce gli organismi territoriali di controllo (OTC) come uffici territoriali dell'ONC privi di autonoma soggettività giuridica, che sono chiamati a svolgere, nell'interesse generale, funzioni di controllo dei Centri servizio nel territorio di riferimento.
  L'articolo 66 definisce i casi di sanzioni a fronte della mancata osservanza delle presenti norme e gli strumenti di tutela giurisdizionale ammessi.
  Con riferimento alle materie di competenza della Commissione Finanze, segnala il Capo III del Titolo VIII – composto dagli articoli da 67 a 71 – il quale contiene ulteriori specifiche misure aventi la funzione di sostegno per gli enti del Terzo settore.
  Sostanzialmente il capo in esame:
   consente alle organizzazioni di volontariato e alle associazioni di promozione sociale che svolgano attività di interesse generale in convenzione con le pubbliche amministrazioni di beneficiare, senza oneri per lo stato, delle forme di agevolazione creditizia e delle garanzie già previste dalla normativa vigente in favore di cooperative e loro consorzi;
   estende alle organizzazioni di volontariato i privilegi di cui all'articolo 2751-bis del codice civile già previsti per le associazioni di promozione sociale;
   estende a tutti gli enti del Terzo settore la facoltà – precedentemente riconosciuta soltanto alle associazioni di promozione sociale e alle organizzazioni di volontariato – di accedere ai finanziamenti del Fondo sociale europeo o ad altri fondi comunitari per progetti finalizzati al raggiungimento degli obiettivi istituzionali;
   estende a tutti gli enti del Terzo settore la facoltà – precedentemente riconosciuta soltanto alle associazioni di promozione sociale e alle organizzazioni di volontariato – di utilizzare, gratuitamente e a titolo temporaneo, beni mobili ed immobili dello Stato delle Regioni o degli enti locali in occasioni particolari, nonché, in tali casi, di somministrare al pubblico alimenti e bevande nel rispetto di determinate condizioni;
   estende a tutti gli enti del Terzo settore definiti dalla legge delega di riforma e dal presente decreto attuativo, ad eccezione delle imprese sociali, alcune agevolazioni per lo svolgimento di attività sociali già previste dalla normativa vigente con riferimento all'articolo 32 della legge sulle associazioni di promozione sociale (legge n. 383 del 2000), alla concessione di immobili demaniali culturali a canone agevolato e alle nuove norme sul partenariato pubblico-privato per la valorizzazione dei beni culturali.

  Con riferimento ai profili di interesse della Commissione Finanze, segnala in particolare l'articolo 67, il quale consente alle associazioni di promozione sociale e alle organizzazioni di volontariato che svolgano attività sulla base di progetti o risultino affidatarie di servizi di interesse generale in regime di convenzioni con le pubbliche amministrazioni, di beneficiare, senza oneri per lo Stato, delle forme di agevolazione creditizia o di garanzie già previste dalle norme vigenti in favore di cooperative e loro consorzi. La norma riproduce il disposto dell'articolo 24, comma 1 della legge n. 383 del 2000, recante la disciplina delle associazioni di promozione sociale.
  Al riguardo la relazione illustrativa sottolinea che la ratio della norma originaria e della sua riproposizione in questa sede è quella di estendere ad enti che per definizione svolgono attività e servizi di interesse generale e in particolare in regime convenzionale con le pubbliche amministrazioni, il favor già riservato dal legislatore agli enti cooperativi anche in forma consortile.
  L'articolo 68 ripropone, estendendola anche alle organizzazioni di volontariato, Pag. 120in virtù della loro peculiare funzione e del riconoscimento del particolare valore sociale di tali soggetti, i benefici già previsti in favore delle associazioni di promozione sociale dall'articolo 24, commi 2 e 3 della citata legge n. 383 del 2000.
  I predetti commi 2 e 3 dell'articolo 24, prevedono che i crediti delle associazioni di promozione sociale per i corrispettivi dei servizi prestati e per le cessioni di beni hanno privilegio generale sui beni mobili del debitore ai sensi dell'articolo 2751-bis del codice civile. I crediti di cui al comma 2 sono collocati, nell'ordine dei privilegi, subito dopo i crediti di cui alla lettera c) del secondo comma dell'articolo 2777 del codice civile (vale a dire dopo i crediti del coltivatore diretto, dell'impresa artigiana e delle società ed enti cooperativi di produzione e di lavoro). La relazione illustrativa evidenzia che la ratio della norma risiede nella «presunzione di meritevolezza» delle attività di interesse generale delle predette organizzazioni.
  L'articolo 69 estende a tutti gli enti del Terzo settore la facoltà – precedentemente riconosciuta soltanto alle associazioni di promozione sociale e alle organizzazioni di volontariato – di accedere ai finanziamenti del Fondo sociale europeo o ad altri fondi comunitari per progetti finalizzati al raggiungimento degli obiettivi istituzionali. Analogamente, l'articolo 70 estende a tutti gli enti del Terzo settore la facoltà di utilizzare gratuitamente e a titolo temporaneo beni mobili ed immobili dello Stato, delle regioni o degli enti locali in occasioni particolari, nonché, in tali casi, di somministrare al pubblico alimenti e bevande nel rispetto di determinate condizioni.
  L'articolo 71 estende a tutti gli enti del Terzo settore, ad eccezione delle imprese sociali, alcune agevolazioni per lo svolgimento di alcune attività sociali già previste dalla normativa vigente con riferimento all'articolo 32 della legge sulle associazioni di promozione sociale (legge n. 383 del 2000), quali la concessione di immobili demaniali culturali a canone agevolato e le nuove norme sul partenariato pubblico-privato per la valorizzazione dei beni culturali.
  Il Capo IV (articoli 72-76) dispone in tema di risorse finanziarie.
  Al riguardo ricorda che la legge di delega ha previsto l'istituzione, presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, di un fondo destinato a sostenere lo svolgimento di attività di interesse generale attraverso il finanziamento di iniziative e progetti promossi da organizzazioni di volontariato, associazioni di promozione sociale e fondazioni comprese.
  L'articolo 73 disciplina, quindi, le caratteristiche e le funzioni del Fondo per il finanziamento di progetti ed attività di interesse generale nel Terzo settore ed incrementa di 10 milioni di euro annui, a decorrere dall'anno 2017, la dotazione della seconda sezione del Fondo, di carattere non rotativo.
  Viene inoltre stabilito che il Ministro del lavoro e delle politiche sociali determini annualmente, con proprio atto di indirizzo, gli obiettivi generali, le aree prioritarie di intervento e le linee di attività finanziabili nei limiti delle risorse disponibili e che, in attuazione di tale atto di indirizzo, le strutture amministrative del Ministero individuino, all'esito delle procedure a tal fine necessarie ai sensi della legge n. 241 del 1990 sul procedimento amministrativo, i soggetti attuatori degli interventi finanziabili attraverso le risorse del Fondo.
  L'articolo 74 dispone il trasferimento su un apposito capitolo di spesa iscritto nello stato di previsione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, delle risorse finanziarie, pari a circa 22 milioni di euro, attualmente destinate al finanziamento degli interventi in materia di Terzo settore e derivanti dal riparto del Fondo nazionale per le politiche sociali, relative ad alcune disposizioni di legge specificamente elencate, determinandone contestualmente le finalità e le modalità di impiego.
  Gli articoli da 74 a 76 specificano le finalità al cui soddisfacimento sono destinate le risorse di cui al precedente articolo 73.
  Con riferimento agli ambiti di competenza della Commissione Finanze segnala inoltre il Titolo IX, il quale disciplina i Pag. 121titoli di solidarietà degli enti del Terzo settore nonché le altre forme di finanza sociale. In sintesi, il titolo in esame:
   prevede che le banche italiane, comunitarie ed extracomunitarie autorizzate ad operare in Italia possano emettere obbligazioni e altri titoli di debito nonché certificati di deposito con l'obiettivo di sostenere le attività istituzionali cosiddetto social lending al fine di favorire la raccolta di capitale di rischio assoggettando, per il tramite di una ritenuta a titolo d'imposta, la remunerazione del capitale al medesimo trattamento fiscale previsto per i titoli di Stato.

  In particolare l'articolo 77 prevede che le predette banche possano emettere obbligazioni e altri titoli di debito nonché certificati di deposito con l'obiettivo di sostenere le attività istituzionali degli enti del Terzo settore. Su tali titoli le banche emittenti non possono applicare le commissioni di collocamento, con l'obbligo di destinare l'intera raccolta effettuata attraverso l'emissione dei titoli agli enti del Terzo settore. Una quota pari almeno allo 0,6 per cento della raccolta può essere devoluta a titolo di liberalità agli enti del Terzo settore con corrispondente assegnazione di un credito d'imposta pari al 50 per cento della stessa erogazione liberale.
  Il sostegno mediante liberalità e devoluzione della raccolta in favore degli enti del Terzo settore comporta alcune agevolazioni finanziarie: tra le altre, l'esenzione per gli emittenti dalla contribuzione di vigilanza alla Consob, l'assoggettamento dei proventi dei titoli al medesimo regime fiscale previsto per i titoli di Stato, la disapplicazione delle norme antielusive che comportano la sterilizzazione dalla base di computo dell'aiuto alla crescita economica. I titoli, inoltre non concorrono alla formazione dell'attivo ereditario soggetto ad imposta di successione e non rilevano ai fini della determinazione dell'imposta di bollo dovuta per le comunicazioni relative ai depositi titoli.
  Al riguardo ricorda che in Francia opera il modello dei cd. Fondi «solidaire»: si tratta di uno strumento che permette alle imprese sociali di finanziarsi attraverso capitali privati; sono fondi d'investimento aperti, aventi la caratteristica di investire una quota variabile del proprio capitale in titoli di imprese sociali e solidali e il restante in titoli quotati (per questa ragione sono anche conosciuti come fondi 90/10). Una forma alternativa di fondi solidaire è quella di private equity sociale (FCPR), fondi che devono investire almeno il 40 per cento in investimenti sociali.
  Le norme in esame, al comma 1, per favorire il finanziamento e il sostegno delle attività di interesse generale (elencate dall'articolo 5 del provvedimento), svolte dagli enti del Terzo settore qualificati fiscalmente come non commerciali (disciplinati dal successivo articolo 79, comma 5) ed iscritti all'apposito Registro (di cui all'articolo 45, vedi supra), consentono agli istituti di credito autorizzati ad operare in Italia, in osservanza delle prescrizioni del testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia – TUB (D.lgs. n. 385 del 1993) di emettere specifici titoli di solidarietà, su cui non applicano le commissioni di collocamento.
  Si tratta, ai sensi del comma 2, di obbligazioni e altri titoli di debito, non subordinati, non convertibili e non scambiabili e che non conferiscono il diritto di sottoscrivere o acquisire altri tipi di strumenti finanziari e non sono collegati ad uno strumento derivato, nonché certificati di deposito consistenti in titoli individuali non negoziati nel mercato monetario. Al comma 3 viene chiarito che tali strumenti sono soggetti alle disposizioni in materia di strumenti finanziari del Testo Unico Finanziario.
  Rammenta che, in attuazione della delega al recepimento della direttiva MiFID II (Direttiva 2014/65/UE) e del regolamento MiFIR (Regolamento UE n. 600/2014) è all'esame delle competenti commissioni parlamentari l'Atto del Governo n. 413, che reca una complessiva revisione del predetto TUF che riguarda, tra l'altro, Pag. 122anche gli strumenti finanziari negoziabili sui mercati regolamentati e sugli altri sistemi multilaterali di negoziazione.
  Per quanto attiene ai certificati di deposito consistenti in titoli individuali non negoziati nel mercato monetario, restano ferme le disposizioni in materia di trasparenza bancaria relative alle condizioni contrattuali e ai rapporti con i clienti dettate dal TUB.
  Ai sensi del comma 4, le predette obbligazioni e titoli di debito hanno scadenza non inferiore a 36 mesi, possono essere nominativi ovvero al portatore, e corrispondono interessi con periodicità almeno annuale, in misura pari al maggiore tra il tasso rendimento lordo annuo di obbligazioni dell'istituto emittente, aventi analoghe caratteristiche e durata, collocate nel trimestre solare precedente la data di emissione dei titoli, e il tasso di rendimento lordo annuo dei titoli di Stato con vita residua similare a quella dei titoli.
  I certificati di deposito hanno scadenza non inferiore a 12 mesi, corrispondono interessi con periodicità almeno annuale, in misura pari al maggiore tra il tasso rendimento lordo annuo di certificati di deposito dell'emittente, aventi analoghe caratteristiche e durata, emessi nel trimestre solare precedente la data di emissione dei titoli e il tasso di rendimento lordo annuo dei titoli di Stato con vita residua similare a quella dei titoli.
  Gli emittenti possono applicare un tasso inferiore rispetto al maggiore tra i due tassi di rendimento sopra illustrati, a condizione che si riduca corrispondentemente il tasso di interesse applicato sulle correlate operazioni di finanziamento, secondo le modalità indicate nelle norme attuative (di cui al comma 15).
  Il comma 5 dispone che gli emittenti possano erogare, a titolo di liberalità, una somma non inferiore allo 0,60 per cento dell'ammontare nominale collocato dei titoli ad uno o più enti del Terzo settore non commerciali iscritti nell'apposito registro, per il sostegno delle attività istituzionali degli enti, ritenute meritevoli sulla base di un progetto predisposto dagli enti richiedenti.
  Ai sensi del comma 6 gli emittenti, tenuto conto delle richieste di finanziamento e compatibilmente con le esigenze di rispetto delle regole di sana e prudente gestione bancaria, devono destinare una somma pari all'intera raccolta effettuata attraverso l'emissione dei titoli, al netto dell'eventuale erogazione liberale ora illustrata, ad impieghi a favore dei predetti enti non commerciali del Terzo settore, per il finanziamento di iniziative legate alle attività istituzionali.
  Ai sensi del comma 7, per accedere alla speciale disciplina agevolativa di cui ai commi 8-13, gli emittenti devono rispettare le previsioni relative alle erogazioni liberali e di destinazione della raccolta in favore degli enti del Terzo settore. Dette agevolazioni comprendono:
   l'esenzione dall'obbligo di versamento delle contribuzioni dovute alla Consob dai soggetti sottoposti alla vigilanza (comma 8);
   sottoposizione di interessi, premi ed ogni altro provento che costituisce reddito di capitale o reddito diverso (ivi comprese plusvalenze imponibili) al regime fiscale previsto per i titoli di Stato (comma 9).

  Il principale testo normativo che disciplina il regime fiscale degli interessi sui titoli di Stato è il decreto legislativo n. 239 del 1996, che è stato oggetto di modifiche e integrazioni successive.
  L'attuale regime fiscale prevede:
   il concorso alla formazione della base imponibile, soggetta alle imposte sui redditi (e, laddove dovuta, all'imposta regionale sulle attività produttive) per gli interessi percepiti nell'esercizio di imprese commerciali;
   una imposta sostitutiva del 12,5 per cento, applicata a titolo definitivo sugli interessi percepiti al di fuori di un'impresa commerciale;
   il riconoscimento agli emittenti di un credito d'imposta, pari al 50 per cento Pag. 123delle erogazioni liberali in danaro effettuate a favore degli enti del Terzo settore (comma 10).

  Tale credito d'imposta non è cumulabile con le altre agevolazioni previste con riferimento alle erogazioni liberali, è utilizzabile in compensazione e non rileva ai fini delle imposte sui redditi e dell'IRAP; ad esso non si applicano i limiti di utilizzo previsti ex lege;
   agli acquisti dei titoli non si applica la disciplina antielusiva che comporta la sterilizzazione dalla base di computo dell'aiuto alla crescita economica – ACE (comma 11);
   i titoli non concorrono alla formazione dell'attivo ereditario ai fini delle imposte di successione (comma 12);
   essi non rilevano neppure ai fini della determinazione dell'imposta di bollo sulle comunicazioni relative ai depositi titoli (comma 13).

  Infine gli emittenti devono comunicare (comma 14) al Ministero del lavoro e delle politiche sociali entro il 31 marzo di ogni anno il valore delle emissioni di titoli effettuate nell'anno precedente, le erogazioni liberali impegnate a favore degli enti del Terzo settore e gli importi erogati a titolo di liberalità, specificando l'ente beneficiario e le iniziative sostenute e gli importi impiegati per le iniziative oggetto di finanziamento.
  Il comma 15 demanda a un decreto del Ministro dell'economia e delle finanze il compito di fissare le modalità attuative delle norme in esame.
  Sempre con riguardo ai profili di competenza della commissione Finanze segnala l'articolo 78, il quale disciplina il regime fiscale del c.d. social lending al fine di favorire la raccolta di capitale di rischio assoggettando, per il tramite di una ritenuta a titolo d'imposta, la remunerazione del capitale al medesimo trattamento fiscale previsto per i titoli di Stato.
  Ricorda che il Provvedimento della Banca d'Italia, emanato 1'8 novembre 2016, recante disposizioni per la raccolta del risparmio dei soggetti diversi dalle banche, definisce – alla sezione IX – il social lending (o lending based crowdfunding) uno strumento attraverso il quale una pluralità di soggetti può richiedere a una pluralità di potenziali finanziatori, tramite piattaforme on-line, fondi rimborsabili per uso personale o per finanziare un progetto.
  In particolare si prevede, al comma 1, che i soggetti gestori dei portali on-line, che intervengono nel pagamento degli importi percepiti dai soggetti che prestano fondi attraverso tali portali, operano sugli stessi importi una ritenuta alla fonte a titolo di imposta con l'aliquota prevista per i titoli di Stato, ovvero un'imposta sostitutiva del 12,5 per cento per gli interessi cedolari percepiti fuori dall'esercizio di un'attività d'impresa.
  Il comma 2 specifica inoltre che, per i soggetti che non svolgono attività d'impresa, gli importi percepiti attraverso i portali costituiscono redditi di capitale.
  Il Titolo X, composto dagli articoli da 79 a 89, anch'esso concernente materie di interesse della Commissione Finanze, disciplina il regime fiscale degli enti del Terzo settore, in attuazione della disposizione di delega di cui all'articolo 9, comma 1, della legge n. 106 del 1989, allo scopo di operare, una semplificazione ed armonizzazione, nel rispetto della normativa dell'Unione europea, del quadro legislativo attuale, caratterizzato da un'estrema frammentazione, con una pluralità di disposizioni che si sono stratificate nel tempo.
  Esso si compone di 4 Capi.
  Il Capo I, formato dagli articoli da 79 a 83, reca le disposizioni generali. In tale ambito il Capo in esame:
   dispone l'applicazione agli enti del Terzo settore, diversi dalle imprese sociali, del regime fiscale previsto dal Titolo X del Codice in esame, che reca specifiche misure di sostegno. Agli stessi enti si applicano inoltre le norme del TUIR relative all'IRES, in quanto compatibili;Pag. 124
   introduce un regime fiscale opzionale per la determinazione del reddito d'impresa degli enti non commerciali del Terzo settore, vale a dire quegli enti che svolgono in via esclusiva o prevalente attività di interesse generale (come specificate all'articolo 5 dello schema in esame), basato sui coefficienti di redditività;
   prevede un credito d'imposta per coloro che effettuano erogazioni liberali in denaro a favore degli enti del Terzo settore non commerciali;
   reca disposizioni relative al trattamento fiscale degli enti del Terzo settore, con l'applicazione di ulteriori benefici non previsti dalle previgenti norme tributarie;
   introduce una disciplina unitaria per le deduzioni e detrazioni previste per chi effettua erogazioni liberali a favore di enti del Terzo settore non commerciali e di cooperative sociali.

  Il Capo II, che comprende gli articoli da 84 a 86, detta disposizioni sulle organizzazioni di volontariato e sulle associazioni di promozione sociale. A tal fine il Capo in esame:
   elenca una serie di attività che, ai fini delle imposte sui redditi, sono considerate non commerciali se svolte dalle organizzazioni di volontariato senza l'impiego di mezzi organizzati professionalmente per fini di concorrenzialità sul mercato;
   disciplina il regime tributario delle associazioni di promozione sociale, iscritte nell'apposita sezione speciale del Registro unico nazionale del Terzo settore, in sostanziale continuità con le vigenti norme, con alcuni interventi di aggiornamento e razionalizzazione;
   prevede per le organizzazioni di volontariato e le associazioni di promozione sociale la possibilità di applicare un regime forfettario, con contabilità semplificata, per le attività commerciali esercitate, a condizione di non superare il limite di ricavi di 130.000 euro nel periodo d'imposta precedente.

  Il Capo III, formato dal solo articolo 87, introduce una disciplina specifica relativa agli obblighi di tenuta e conservazione delle scritture contabili per le attività degli enti del Terzo settore.
  Il Capo IV (articoli 88-89) detta le disposizioni transitorie e finali, disciplinando alcune agevolazioni fiscali e molteplici previsioni di coordinamento, ai fini della «intersezione» della disciplina del codice del Terzo settore con la normativa vigente.
  Passando al contenuto delle singole disposizioni, l'articolo 79 prevede l'applicazione agli enti del Terzo settore, diversi dalle imprese sociali, del regime fiscale previsto dal Titolo X del Codice in esame, che reca specifiche misure di sostegno. Agli stessi enti si applicano inoltre le norme del TUIR relative all'IRES, in quanto compatibili.
  La norma in commento, inoltre, fornisce dettagliati criteri per determinare la natura commerciale o non commerciale degli enti del Terzo settore, tenendo conto delle attività da essi svolte e delle modalità operative concretamente impiegate.
  La vigente disciplina fiscale prevede, accanto a norme di carattere generale e residuale sugli enti non commerciali (articoli 143 e seguenti del TUIR), una pluralità di disposizioni relative a particolari tipologie di enti, come ad esempio le organizzazioni di volontariato (legge n. 266 del 1991), le associazioni e società sportive dilettantistiche (legge n. 398 del 1991 e legge n. 289 del 2002), le associazioni di promozione sociale (legge n. 383 del 2000) o le ONLUS (decreto legislativo n. 460 del 1997).
  Pertanto sussistono, allo stato, molteplici tipologie di enti che possono accedere a forme di tassazione forfetaria del reddito. Un altro aspetto di differenziazione è legato ai diversi trattamenti disposti in relazione alle erogazioni liberali.
  Nell'intento di riordinare questo settore, la legge delega per la riforma del Terzo settore (legge n. 106 del 2016) ha fornito all'articolo 9 una serie di criteri direttivi per riformare la disciplina tributaria in esame, prevedendo il riordino e Pag. 125l'armonizzazione della relativa disciplina e delle diverse forme di fiscalità di vantaggio. In particolare tra i criteri direttivi segnala quelli che prevedono: la revisione complessiva della definizione di ente non commerciale (articolo 9, comma 1, lettera a)); la razionalizzazione e semplificazione del regime di deducibilità dal reddito complessivo e detraibilità delle erogazioni liberali (articolo 9, comma 1, lettera b)); la razionalizzazione dei regimi fiscali e contabili semplificati previsti per gli enti del Terzo settore (articolo 9, comma 1, lettera e)); l'introduzione di agevolazioni per favorire il trasferimento di beni patrimoniali a detti enti (articolo 9, comma 1, lettera l)); la revisione dell'attuale disciplina delle ONLUS, con particolare riguardo alla definizione delle attività istituzionali e di quelle connesse, fatte salve le condizioni di maggior favore previste per le attuali ONLUS «di diritto» (articolo 9, comma 1, lettera m)). A questo va aggiunta la necessità di un quadro più armonizzato delle discipline vigenti in quei settori ove il perseguimento delle finalità di interesse generale viene attuato grazie all'ausilio del volontariato.
  In particolare, l'articolo 79 è volto a individuare le attività svolte dagli enti del Terzo settore che si caratterizzano per essere non commerciali, in rapporto alle modalità con le quali sono gestite da parte dell'ente. Tali enti hanno natura non commerciale se svolgono in via esclusiva o prevalente le attività di interesse generale indicate dall'articolo 5 in conformità ai criteri gestionali individuati.
  Il nuovo regime prevede alcune misure di sostegno: la non applicazione delle imposte sulle successioni e donazioni per i trasferimenti a favore dell'ente, l'applicazione in misura solo fissa delle imposte di registro, ipotecaria e catastale e l'esenzione da bollo e altri tributi minori (articolo 82); le deduzioni e le detrazioni per coloro che effettuano liberalità a favore di tali enti (articolo 83) nonché il «social bonus», che assegna crediti d'imposta pari al 65 per cento, per i soggetti IRPEF, e al 50 per cento per i soggetti IRES, in caso di erogazioni liberali a favore degli enti del Terzo settore non commerciali assegnatari di immobili pubblici o beni mobili o immobili confiscati alla mafia (articolo 81). Inoltre, con riferimento alle organizzazioni di volontariato (ODV) ed alle associazioni di promozione sociale (APS), una serie di attività nei confronti dei terzi e degli stessi soci non assumono rilevanza sotto il profilo fiscale (articoli 84 e 85).
  Più in dettaglio, l'articolo 80 introduce un regime fiscale opzionale per la determinazione del reddito d'impresa degli enti non commerciali del Terzo settore, vale a dire quegli enti che svolgono in via esclusiva o prevalente attività di interesse generale – come specificate all'articolo 5 dello schema in esame – basato sui coefficienti di redditività.
  Il coefficiente di redditività è una percentuale variabile che si applica al reddito imponibile su cui viene poi calcolata l'imposta.
  Il nuovo regime è costruito sulla falsariga del regime forfetario degli enti non commerciali, disciplinato dall'articolo 145 del Tuir.
  In sintesi, ai sensi del citato articolo 145, gli enti non commerciali ammessi alla contabilità semplificata possono optare per la determinazione forfetaria del reddito d'impresa, applicando all'ammontare dei ricavi conseguiti nell'esercizio di attività commerciali determinati coefficienti di redditività corrispondenti alla classe di appartenenza ed aggiungendo l'ammontare dei componenti positivi del reddito.
  Segnala al riguardo che ai sensi dell'articolo 89, comma 2, dello schema di decreto, tale regime continua ad applicarsi agli enti che non possono ottenere l'iscrizione al Registro unico nazionale del Terzo settore (formazioni e associazioni politiche, sindacati, associazioni professionali e di rappresentanza di categorie economiche, associazioni di datori di lavoro ed enti sottoposti a direzione e coordinamento o controllati dai suddetti enti) nonché agli enti ecclesiastici civilmente riconosciuti e agli enti delle confessioni religiose che hanno stipulato patti, accordi o intese con lo Stato che non sono iscritti al citato Registro ovvero, qualora iscritti, alle Pag. 126attività diverse da quelle previste dall'articolo 5 che vengano da questi ultimi esercitate.
  L'articolo 81 prevede un credito d'imposta per coloro che effettuano erogazioni liberali in denaro a favore degli enti del Terzo settore non commerciali, che abbiano presentato al Ministero del lavoro e delle politiche sociali un progetto per sostenere il recupero degli immobili pubblici inutilizzati e dei beni confiscati alla criminalità organizzata, assegnati ai suddetti enti.
  Il beneficio non è cumulabile con le disposizioni in tema di erogazioni liberali previste dal provvedimento in esame né con altre agevolazioni fiscali previste, a titolo di deduzione o detrazione, da altre norme. Sono chiariti la misura dell'incentivo, le relative modalità di fruizione e gli obblighi pubblicitari a carico dei beneficiari; viene affidato a un decreto ministeriale di rango secondario il compito di individuare le modalità di attuazione delle agevolazioni in esame.
  In particolare, ai sensi del comma 1, viene riconosciuto un credito d'imposta pari al 65 per cento delle erogazioni liberali in denaro effettuate da persone fisiche, e del 50 per cento se effettuate da soggetti IRES, in favore degli enti del Terzo settore non commerciali purché abbiano presentato al Ministero del lavoro e delle politiche sociali un progetto per sostenere il recupero degli immobili pubblici inutilizzati e dei beni mobili e immobili confiscati alla criminalità organizzata, assegnati ai suddetti enti del Terzo settore. Viene espressamente previsto che alle suddette spese:
   non si applicano le disposizioni generali in tema di detrazioni e deduzioni per erogazioni liberali al Terzo settore, di cui all'articolo 83 del provvedimento in esame;
   non si applicano le agevolazioni fiscali previste a titolo di deduzione o di detrazione di imposta da altre disposizioni di legge. Ai sensi del comma 2, detto credito d'imposta è riconosciuto alle persone fisiche e agli enti non commerciali nei limiti del 15 per cento del reddito imponibile ed ai soggetti titolari di reddito d'impresa nei limiti del 5 per mille dei ricavi annui. Esso è ripartito in tre quote annuali di pari importo.

  Ferma restando la ripartizione in tre quote annuali di pari importo, il credito d'imposta è utilizzabile in compensazione e non rileva ai fini delle imposte sui redditi e dell'IRAP (comma 3). Ad esso non si applicano i limiti di utilizzazione previsti dalle vigenti norme (comma 4).
  L'articolo 82 reca disposizioni relative al trattamento fiscale degli enti del Terzo settore, con l'applicazione di ulteriori benefici non previsti dalle previgenti norme tributarie.
  In dettaglio, ai sensi del comma 1, le agevolazioni previste dalla norma in esame si applicano agli enti del Terzo settore, comprese le cooperative sociali. Sono escluse le imprese sociali costituite in forma di società, salve le agevolazioni in materia di imposte di registro, ipotecaria e catastale che invece, ai sensi del comma 4, operano anche nei confronti di tale ultima categoria (imprese sociali aventi forma societaria).
  Il comma 2 esenta dall'imposta sulle successioni e donazioni e dalle imposte ipotecaria e catastale i trasferimenti a titolo gratuito effettuati a favore dei suddetti enti, purché i relativi beni vengano utilizzati in attuazione degli scopi istituzionali dell'ente nei cinque anni successivi al loro trasferimento.
  Il comma 3 prevede l'applicazione delle imposte di registro, ipotecaria e catastale in misura fissa (pari a 200 euro) agli atti costitutivi e alle modifiche statutarie, comprese le operazioni di fusione, scissione o trasformazione poste in essere da enti del Terzo settore.
  Il comma 4 dispone che le imposte di registro, ipotecaria e catastale si applichino in misura fissa (200 euro) per gli atti traslativi a titolo oneroso della proprietà di beni immobili e per gli atti traslativi o costitutivi di diritti reali immobiliari di godimento a favore dagli enti del Terzo settore, incluse le imprese sociali, a condizione Pag. 127che i beni siano utilizzati, entro cinque anni dal trasferimento, in diretta attuazione degli scopi istituzionali o dell'oggetto sociale, con dichiarazione dell'ente contestuale alla stipula dell'atto.
  Il comma 5 esenta da imposta di bollo gli atti, i documenti, le istanze, i contratti, nonché le copie anche se dichiarate conformi, gli estratti, le certificazioni, le dichiarazioni e le attestazioni posti in essere o richiesti dagli enti del Terzo settore.
  Il comma 6 stabilisce un'esenzione dall'IMU e dalla TASI per gli immobili posseduti e utilizzati, purché si tratti di immobili destinati esclusivamente allo svolgimento, con modalità non commerciali, di attività assistenziali, previdenziali, sanitarie, di ricerca scientifica, didattiche, ricettive, culturali, ricreative e sportive, nonché di religione o di culto.
  Il comma 7 consente agli enti territoriali, per i tributi diversi da IMU e TASI (per cui si applica il predetto comma 6) di deliberare, nei confronti degli enti del Terzo settore che non hanno per oggetto esclusivo o principale l'esercizio di attività commerciale, la riduzione o l'esenzione dal pagamento dei tributi di loro pertinenza e dai connessi adempimenti.
  Ai sensi del comma 8 viene conferito alle Regioni e alle Province autonome di Trento e Bolzano il potere di disporre nei confronti degli enti del Terzo settore la riduzione o l'esenzione dell'IRAP, nel rispetto della normativa dell'Unione europea e degli orientamenti della Corte di Giustizia dell'Unione europea.
  Il comma 9 esenta dall'imposta sugli intrattenimenti le attività ricreative svolte dagli enti del Terzo settore in via occasionale o in concomitanza di celebrazioni, ricorrenze o campagne di sensibilizzazione da parte degli enti in questione. Si prevede, comunque, l'obbligo di comunicare preventivamente lo svolgimento delle suddette attività spettacolistiche, all'Ente impositore (SIAE).
  Il comma 10 esclude l'applicazione della tassa sulle concessioni governative per gli atti ed provvedimenti relativi agli enti del Terzo settore.
  L'articolo 83 introduce una disciplina unitaria per le deduzioni e detrazioni previste per chi effettua erogazioni liberali a favore di enti del Terzo settore non commerciali e di cooperative sociali.
  Spetta una detrazione IRPEF pari al 30 per cento degli oneri sostenuti per le erogazioni liberali in danaro o in natura, per un importo complessivo non superiore a 30.000 euro in ciascun periodo di imposta. Essa è incrementata al 35 per cento per le erogazioni a favore delle organizzazioni di volontariato. Analogamente, si prevede una deduzione nei limiti del 10 per cento del reddito complessivo dichiarato da enti e società.
  Sono previste agevolazioni fiscali anche per le cessioni di derrate alimentari, prodotti farmaceutici ed altri prodotti a favore degli enti pubblici e degli enti del Terzo settore aventi natura non commerciale, nonché per le cessioni dei cd. beni difettati.
  In tale ambito il comma 7 contiene una disposizione di chiusura, stabilendo il divieto di cumulo tra le erogazioni liberali in esame e le agevolazioni fiscali previste a titolo di deduzione e di detrazione di imposta da altre disposizioni di legge. Infine, il comma 8 dispone l'applicazione delle norme in esame a favore delle cooperative sociali.
  Passando all'illustrazione delle disposizioni contenute al Capo II del Titolo X, l'articolo 84 elenca una serie di attività che, ai fini delle imposte sui redditi, sono considerate non commerciali se svolte dalle organizzazioni di volontariato senza l'impiego di mezzi organizzati professionalmente per fini di concorrenzialità sul mercato. La norma, inoltre, esenta dall'IRES i redditi degli immobili destinati esclusivamente allo svolgimento di attività non commerciale da parte delle organizzazioni di volontariato.
  Si tratta di attività che solitamente costituiscono lo strumento per reperire risorse finanziarie necessarie al sostentamento dell'ente, ovvero:
   a) attività di vendita di beni acquisiti da terzi a titolo gratuito a fini di sovvenzione, a condizione che la vendita sia Pag. 128curata direttamente dall'organizzazione senza alcun intermediario;
   b) cessione di beni prodotti dagli assistiti e dai volontari, sempreché la vendita dei prodotti sia curata direttamente dall'organizzazione di volontariato senza alcun intermediario; la relazione governativa afferma che l'impiego di nuove modalità di vendita – quali portali o aste su internet – non deve necessariamente configurare la presenza di intermediari ai fini della disposizione;
   c) attività di somministrazione di alimenti e bevande in occasione di raduni, manifestazioni, celebrazioni e simili, a carattere occasionale;
   d) attività di prestazione di servizi rese in conformità alle finalità istituzionali e verso il pagamento di corrispettivi specifici che non eccedono il 50 per cento dei costi di diretta imputazione.

  L'articolo 85 disciplina il regime tributario delle associazioni di promozione sociale, iscritte nell'apposita sezione speciale del Registro unico nazionale del Terzo settore, in sostanziale continuità con le vigenti norme (articolo 148 del TUIR e legge 7 dicembre 2000, n. 383), con alcuni interventi di aggiornamento e razionalizzazione. La norma specifica quali attività, ai fini delle imposte sui redditi, sono considerate non commerciali se svolte dalle associazioni di promozione sociale e quali si considerano comunque commerciali. La norma, inoltre, esenta dall'IRES i redditi degli immobili destinati esclusivamente allo svolgimento di attività non commerciale da parte delle associazioni di promozione sociale.
  L'articolo 86 prevede per le organizzazioni di volontariato e le associazioni di promozione sociale la possibilità di applicare un regime forfettario, con contabilità semplificata, per le attività commerciali esercitate, a condizione di non superare il limite di ricavi di 130.000 euro nel periodo d'imposta precedente (comma 1).
  Il comma 2 prevede che per avvalersi del regime forfetario le organizzazioni di volontariato e le associazioni di promozione sociale devono comunicare di presumere la sussistenza dei requisiti (limite di 130.000 euro di ricavi nell'esercizio precedente) con la dichiarazione di inizio di attività ai fini IVA (prevista dal decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972).
  Il comma 3 dispone che il regime forfetario implica per le organizzazioni di volontariato la determinazione del reddito imponibile con l'applicazione all'ammontare dei ricavi percepiti di un coefficiente di redditività pari all'1 per cento. Le associazioni di promozione sociale che applicano il regime forfetario determinano il reddito imponibile applicando all'ammontare dei ricavi percepiti un coefficiente di redditività pari al 3 per cento.
  I successivi commi 4-17 contengono la disciplina del regime forfetario riproducendo, con i necessari adattamenti, quanto previsto dalla legge di stabilità 2015 per il regime forfetario agevolato per i lavoratori autonomi di ridotte dimensioni (ex minimi) (articolo 1, commi 54-89 della legge n. 190 del 2014).
  Il comma 18, infine, prevede che le disposizioni dell'articolo in esame si applicano fino al termine di scadenza della misura speciale di deroga rilasciata dal Consiglio dell'Unione europea ai sensi dell'articolo 395 della direttiva 2006/112/CE relativa al sistema comune d'imposta sul valore aggiunto.
  Ricorda che il predetto articolo 395 affida al Consiglio, con delibera all'unanimità adottata su proposta della Commissione, la possibilità di autorizzare ogni Stato membro a introdurre misure speciali di deroga alla direttiva stessa, allo scopo di semplificare la riscossione dell'imposta o di evitare talune evasioni o elusioni fiscali. Le misure aventi lo scopo di semplificare la riscossione dell'imposta non devono influire, se non in misura trascurabile, sull'importo complessivo delle entrate fiscali dello Stato membro riscosso allo stadio del consumo finale. Lo Stato membro che desidera introdurre le misure in deroga invia una domanda alla Commissione fornendole tutti i dati necessari.Pag. 129
  L'articolo 87 introduce una disciplina specifica relativa agli obblighi di tenuta e conservazione delle scritture contabili per le attività degli enti del Terzo settore.
  Sono individuate le regole operanti nei confronti degli enti non commerciali del Terzo settore che non applicano il regime forfetario, tenuti a redigere le scritture contabili analitiche per l'attività complessivamente svolta e, inoltre, le scritture contabili riguardanti le attività svolte con modalità commerciali. Per gli enti del Terzo settore non commerciali è previsto l'obbligo di tenere la contabilità separata per l'attività commerciale esercitata.
  Nel caso di raccolte pubbliche di fondi l'ente deve inserire, all'interno del rendiconto o del bilancio redatto, un rendiconto specifico, accompagnato da una relazione illustrativa, che dia conto delle relative entrate e spese.
  Infine, è prevista un'integrazione delle scritture contabili nelle ipotesi in cui l'ente del Terzo settore non commerciale debba assumere la qualifica di ente commerciale.
  L'articolo 88 concerne alcune agevolazioni fiscali.
  Esso richiama l'articolo 82, commi 7 e 8 dello schema, relativo alla concessione delle riduzioni o esenzioni dal pagamento di tributi che i Comuni, le Province, le Città metropolitane e le Regioni possono deliberare nei confronti degli enti del Terzo settore non aventi per oggetto esclusivo o principale l'esercizio di attività commerciale, nonché alle riduzioni o esenzioni dall'imposta regionale sulle attività produttive che le Regioni e le Provincie autonome di Trento e Bolzano possono disporre nei confronti degli enti del Terzo settore, escluse le imprese sociali costituite in forma di società di cui al Libro V (Del lavoro), Titolo V (Delle società) del codice civile.
  Così come fa richiamo all'articolo 85, commi 2 e 4 dello schema, relativo alla qualificazione di operazioni non commerciali, ai fini delle imposte sui redditi, delle cessioni anche a terzi di proprie pubblicazioni cedute prevalentemente agli associati verso pagamento di corrispettivi specifici in attuazione degli scopi istituzionali, e della somministrazione di alimenti o bevande effettuata presso le sedi in cui viene svolta l'attività istituzionale da bar e esercizi similari, nonché all'organizzazione di viaggi e soggiorni turistici, da parte delle associazioni di promozione sociale iscritte nell'apposito registro, le cui finalità assistenziali siano riconosciute dal Ministero dell'interno. L'articolo prevede che tali agevolazioni siano possibili nei limiti degli aiuti «de minimis».
  L'articolo 89 reca molteplici previsioni di coordinamento, ai fini della ’intersezione’ della disciplina del codice del Terzo settore con la normativa vigente (per lo più di carattere fiscale).
  Il comma 1 reca una clausola di non applicazione agli enti del Terzo settore (diversi dalle imprese sociali) di un novero di disposizioni del Testo unico delle imposte sui redditi; dispone inoltre la non applicazione di tutta la legge n. 398 del 1991, recante disposizioni tributarie relative alle associazioni sportive dilettantistiche.
  Il comma 2 dispone che l'articolo 145 (relativo al regime forfettario degli enti non commerciali) del Testo unico delle imposte sui redditi continui ad applicarsi (solo) agli enti che non siano iscritti nel Registro unico nazionale del Terzo settore.
  Tali sono da intendersi (in quanto non iscrivibili al Registro) le formazioni e associazioni politiche, i sindacati, le associazioni professionali e di rappresentanza di categorie economiche, associazioni di datori di lavoro, o enti sottoposti a direzione e coordinamento da parte di quelli ora ricordati. Dispone altresì che l'articolo 145 del TUIR continui ad applicarsi agli enti ecclesiastici civilmente riconosciuti e agli enti di confessioni religiose che hanno stipulato patti, accordi o intese con lo Stato, che non siano iscritti nel Registro unico nazionale del Terzo settore.
  Se iscritti, l'articolo 145 continua ad applicarsi solo per le attività diverse da quelle di interesse generale (enumerate dall'articolo 5 dello schema).
  Il comma 3 modifica l'articolo 148, comma 3 del Testo unico delle imposte sui redditi.Pag. 130
  Il citato articolo 148, comma 3 esclude la natura commerciale per le attività svolte (in diretta attuazione degli scopi istituzionali) verso pagamento di iscritti, soci, partecipanti, condotte da alcune enti di tipo associativo: associazioni politiche, sindacali e di categoria, religiose, assistenziali, culturali, sportive dilettantistiche, di promozione sociale e di formazione extra-scolastica della persona.
  La novella espunge dall'enumerazione le associazioni religiose, assistenziali, culturali, di promozione sociale e di formazione extrascolastica. Del medesimo articolo 148 già è disposta la non applicazione agli enti del Terzo settore.
  Il comma 4 novella l'articolo 6 del decreto del Presidente della Repubblica n. 601 del 1973, recante disciplina delle agevolazioni tributarie, relativo alla riduzione alla metà dell'imposta sul reddito delle persone giuridiche. La novella consiste nell'introduzione di un comma 2-bis, il quale esclude l'applicazione agli enti del Terzo settore (iscritti nel Registro unico nazionale) di quella agevolazione fiscale.
  Ciò al fine di evitare, come indicato nella relazione illustrativa, una duplicazione di benefici fiscali, rispetto a quelli previsti dallo schema per gli enti del Terzo settore.
  Per gli enti (purché iscritti nel Registro unico nazionale) ecclesiastici civilmente riconosciuti e gli enti di confessioni religiose che abbiano stipulato patti, accordi o intese con lo Stato, quella agevolazione fiscale si applica limitatamente alle attività diverse da quelle di interesse generale enumerate dall'articolo 5 dello schema di decreto.
  I successivi commi da 5 a 16 recano modifiche di carattere formale e di coordinamento normativo.
  Il Titolo XI (articoli 90-97), disciplina la materia dei controlli e del coordinamento.
  L'articolo 90 assegna all'Ufficio del registro unico nazionale del Terzo settore il compito di esercitare controlli e poteri sulle fondazioni del Terzo settore. I controlli e poteri in oggetto sono indicati dagli articoli 25, 26 e 28 del codice civile, che regolano il controllo pubblico sull'amministrazione delle fondazioni.
  L'articolo 91 dispone in tema di sanzioni a carico dei rappresentanti legali e dei componenti degli organi amministrativi relativi a fattispecie quali la distribuzione, anche indiretta, di utili e avanzi di gestione, fondi e riserve, la devoluzione del patrimonio residuo in assenza o in contrasto con il parere dell'Ufficio del Registro unico nazionale, l'utilizzo illegittimo dell'indicazione di ente del Terzo settore, di associazione di promozione sociale o di organizzazione di volontariato.
  L'articolo 92 demanda al Ministero del lavoro e delle politiche sociali lo svolgimento di una serie di attività di monitoraggio, vigilanza e controllo, miranti a garantire l'uniforme applicazione della disciplina degli enti del Terzo Settore e l'effettuazione dei relativi controlli, identificandone e disciplinandone il relativo oggetto.
  L'articolo 93 identifica e disciplina l'oggetto dell'attività di controllo volta ad accertare: il perseguimento delle finalità civiche, solidaristiche o di utilità sociale; la sussistenza e permanenza dei requisiti occorrenti per l'iscrizione al registro unico nazionale nonché l'adempimento degli obblighi che ne derivano; il diritto di avvalersi dei benefici fiscali e della quota del 5 per mille legati all'iscrizione nel registro; il corretto impiego delle risorse pubbliche, finanziarie e strumentali. Viene individuato nell'ufficio del registro unico nazionale del Terzo settore l'organismo competente a esercitare le attività di controllo sopra enumerate, nei confronti degli enti del Terzo settore che hanno sede legale sul proprio territorio.
  Per i profili di interesse della Commissione Finanze segnala altresì l'articolo 94, il quale disciplina i controlli di natura fiscale spettanti all'Amministrazione finanziaria nell'esercizio autonomo delle attività di controllo. Essi concernono il rispetto delle disposizioni contenute negli articoli 8 (Destinazione del patrimonio ed assenza di scopo di lucro), 9 (Devoluzione del patrimonio in caso di scioglimento), 13 Pag. 131(Scritture contabili e bilancio), 15 (Libri sociali obbligatori), 23 (Procedura di ammissione e carattere aperto delle associazioni) e 24 (Assemblea) e il possesso dei requisiti per fruire delle agevolazioni fiscali in favore dei soggetti iscritti al Registro unico nazionale del Terzo settore. Si prevede che l'Amministrazione finanziaria possa disconoscere la spettanza del regime fiscale di favore derivante dall'iscrizione al Registro unico, qualora riscontri violazioni.
  Peraltro, l'ufficio dell'Amministrazione finanziaria preposto agli accertamenti ha l'obbligo di invitare l'ente a comparire per fornire dati e notizie di rilievo, pena la nullità dei suoi provvedimenti. La previsione normativa, quindi, è intesa a valorizzare la cooperazione tra Fisco e contribuenti, già a partire dalla fase procedimentale dell'istruttoria Il comma 2 assegna all'Amministrazione finanziaria l'incarico di trasmettere al Registro unico ogni elemento utile ai fini delle valutazioni concernenti eventuali cancellazioni dal Registro unico stesso, fermo restando – come precisa il comma 3 – il controllo eseguito dal Registro unico stesso ai fini di iscrizioni, aggiornamenti e cancellazioni degli enti dai suoi elenchi.
  Il comma 4 esclude gli enti del Terzo settore dal campo di applicazione delle disposizioni recate dall'articolo 30 (Controlli sui circoli privati) del decreto-legge n. 185 del 2008 (recante Misure urgenti per il sostegno a famiglie, lavoro, occupazione e impresa e per ridisegnare in funzione anti-crisi il quadro strategico nazionale).
  Inoltre il medesimo comma 4 dispone che gli enti del Terzo settore non siano tenuti a presentare all'Agenzia delle Entrate, per i controlli, l'apposito modello che invece deve essere presentato da circoli privati ed enti associativi di altro tipo.
  L'articolo 95 disciplina la funzione di vigilanza esercitata dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali finalizzata ad assicurare uniformità tra i registri regionali all'interno del Registro unico nazionale nonché la corretta osservanza delle disposizioni del Codice del Terzo settore.
  L'articolo 96 prevede l'adozione di un decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell'interno, per attuare alcune delle prescrizioni in materia di vigilanza, di controlli e di monitoraggio contenute nel presente schema di decreto legislativo.
  L'articolo 97 detta disposizioni in tema di coordinamento delle politiche di governo, prevedendo l'istituzione di una Cabina di regìa presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri con il compito di coordinare le politiche di governo e le azioni di promozione e di indirizzo delle attività degli enti del Terzo settore.
  Il Titolo XII (articoli 98-100) detta le disposizioni transitorie e finali.
  L'articolo 98 introduce nel codice civile nuovo articolo 42-bis, che disciplina trasformazioni, fusioni e scissioni concernenti il Terzo settore, che dispone, tra l'altro, che le associazioni e le fondazioni possono operare reciproche trasformazioni, fusioni o scissioni purché esse non siano espressamente escluso dai rispettivi atti costitutivi o statuti.
  L'articolo 99 novella il decreto legislativo n. 178 del 2012 e la legge n. 125 del 2014 in relazione alla Croce Rossa italiana, prevedendo che l'Associazione Croce Rossa Italiana, e i relativi comitati territoriali, vengano iscritti nella sezione del registro unico nazionale del Terzo settore dedicata alle organizzazioni di volontariato, e non nella sezione dedicata alle associazioni di promozione sociale. È inoltre modificata la legge n. 125 del 2014, dove sono delineati i tratti fondamentali dei soggetti della cooperazione allo sviluppo, inserendo gli enti del terzo Settore non commerciali nell'elenco dei soggetti della cooperazione allo sviluppo, al posto delle Organizzazioni non lucrative di utilità sociale.
  Ai sensi dell'articolo 100, nelle more dell'adozione dei decreti che recheranno linee guida e modulistica concernenti rispettivamente la raccolta dei fondi, le scritture contabili e di bilancio e i bilanci Pag. 132sociali degli enti del Terzo settore, si applicano le linee guida già esistenti elaborate – a suo tempo – dall'Agenzia del Terzo settore.
  L'articolo 101 stabilisce che ogni riferimento fatto dallo schema di decreto legislativo in esame al Consiglio Nazionale del Terzo settore abbia efficacia a partire dal momento della nomina dei suoi componenti. Analogamente, tutti i riferimenti al Registro unico nazionale del Terzo settore presenti all'interno dello schema di decreto legislativo in esame diventeranno efficaci dal momento della operatività del Registro stesso. Nelle more dell'istituzione di tale Registro, le reti associative e gli enti del Terzo settore potranno soddisfare il requisito dell'iscrizione mediante iscrizione ad uno dei registri attualmente previsti dalle normative di settore.
  Inoltre, in sede di prima applicazione della nuova normativa e fino al 31 dicembre 2017, sono accreditati come Centri di servizio per il volontariato gli enti che sono già considerati tali in base al decreto ministeriale 8 ottobre 1997. Successivamente, verranno svolte nuove valutazioni ai fini dell'accreditamento come CSV, in linea con le disposizioni del presente Codice. In caso di valutazione negativa, all'ente precedentemente considerato CSV ma non più tale secondo i nuovi criteri si applicheranno gli effetti finanziari e patrimoniali indicati dall'articolo 63, commi 4 e 5, del Codice stesso.
  Per quanto riguarda le disposizioni recate dagli articoli 77 (titoli di solidarietà) e 80 (determinazione forfetaria del reddito d'impresa), la loro efficacia è subordinata ad autorizzazione da parte della Commissione europea.
  L'articolo 102 dispone numerose abrogazioni, mentre l'articolo 103 riguarda la copertura finanziaria dell'intero schema, quantificando, nel loro complesso una serie di oneri derivanti dall'attuazione di una serie di articoli, espressamente indicati, dell'Atto del Governo in oggetto.
  L'articolo 104 detta le disposizioni transitorie e finali, e disciplina l'entrata in vigore del decreto in esame.
  Il comma 1 dispone l'applicabilità, in via transitoria, alle ONLUS, iscritte negli appositi registri, alle organizzazioni di volontariato iscritte nei registri di cui alla legge-quadro sul volontariato e alle associazioni di promozione sociale iscritte nei registri nazionali, regionali e delle provincie autonome di Trento e Bolzano previsti dall'articolo 7 della legge n. 383 del 2000, degli articoli 81 (che prevede il cosiddetto social bonus), 82 (agevolazioni fiscali, in particolare, su imposte indirette e tributi locali), 83 (specifica disciplina per le deduzioni e detrazioni previste per chi effettua erogazioni liberali a favore di enti del Terzo settore non commerciali e di cooperative sociali), 84, comma 2 (esenzione dall'IRES dei redditi degli immobili destinati in via esclusiva allo svolgimento di attività non commerciale da parte delle organizzazioni di volontariato), 85, comma 7 (esclusione dall'IRES dei redditi degli immobili destinati in via esclusiva allo svolgimento di attività non commerciale da parte delle associazioni di promozione sociale) e dell'articolo 102, comma 1, numeri 5, 6 e 7, a decorrere dal periodo di imposta successivo al 31 gennaio 2017 e fino al periodo d'imposta di entrata in vigore delle disposizioni di cui al Titolo X.
  L'applicabilità di tale Titolo, che dispone circa il regime fiscale degli enti del terzo settore, è prevista, ai sensi del comma 2, per gli enti iscritti nel registro unico nazionale del Terzo settore, a decorrere dal periodo di imposta successivo all'autorizzazione della Commissione europea di cui all'articolo 101, comma 10 e, comunque, non prima del periodo di imposta successivo di operatività del suddetto Registro.
  Il comma 3, infine, stabilisce che il presente decreto entri in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana.
  Nel ribadire come lo schema di decreto contenga numerose modifiche e interventi anche in materia di trattamento tributario Pag. 133degli enti del Terzo settore, auspica che su di esso la Commissione possa svolgere un esame approfondito.

  Maurizio BERNARDO, presidente, con riferimento all'organizzazione dei lavori della Commissione per il prosieguo dell'esame sul provvedimento, ricorda che la Commissione è chiamata a deliberare i rilievi sugli aspetti di propria competenza entro la mattina di giovedì 22 giugno, per consentire alla Commissione Affari sociali, competente in sede primaria, di esprimere il proprio parere entro il termine stabilito.

  Nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia quindi il seguito dell'esame alla seduta già convocata per la giornata di domani.

  La seduta termina alle 13.10.

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