CAMERA DEI DEPUTATI
Mercoledì 19 aprile 2017
805.
XVII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Finanze (VI)
COMUNICATO
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SEDE REFERENTE

  Mercoledì 19 aprile 2017. — Presidenza del presidente Maurizio BERNARDO.

  La seduta comincia alle 14.20.

Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sul sistema bancario e finanziario.
C. 1123 Artini, C. 3339 Nesci, C. 3485 Monchiero, C. 3486 Gianluca Pini, C. 3499 Brunetta, C. 3508 Paglia, C. 3616 Prataviera, C. 3799 Artini, C. 3882 Artini, e C. 4410, approvata dal Senato.

(Seguito dell'esame e rinvio – Abbinamento della proposta di legge C. 4053 – Adozione del testo base).

  La Commissione prosegue l'esame dei provvedimenti, rinviato nella seduta del 12 aprile scorso.

  Maurizio BERNARDO, presidente e relatore, informa che il deputato Pisano ha chiesto di abbinare alle proposte di legge C. 1123 Artini, C. 3339 Nesci, C. 3485 Monchiero, C. 3486 Gianluca Pini, C. 3499 Brunetta, C. 3508 Paglia, C. 3616 Prataviera, C. 3799 Artini, C. 3882 Artini e C. 4410, approvata dal Senato, recanti istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sul sistema bancario e finanziario, già all'esame in sede referente della Commissione, la proposta di legge C. 4053, di cui è cofirmatario, recante istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sulle operazioni di risanamento, ristrutturazione e privatizzazione del Banco di Napoli.
  Al riguardo rileva come tale proposta di legge non sia stata abbinata d'ufficio alle proposte di legge già all'esame, in quanto non vertente su identica materia, ma come la Commissione possa decidere di procedere al predetto abbinamento, Pag. 66trattandosi comunque di una proposta di legge riguardante materia analoga rispetto a quella oggetto delle proposte di legge in esame.

  Girolamo PISANO (M5S) rileva come l'obiettivo della sua richiesta di abbinare ai provvedimenti già in esame anche la proposta di legge C. 4053 sia sostanzialmente quello di consentire l'assorbimento di tale proposta nel provvedimento che sarà approvato dalla Commissione, ferma restando comunque la volontà del gruppo M5S di non modificare ulteriormente il testo già approvato dal Senato.

  La Commissione approva la proposta di abbinamento della proposta di legge C. 4053 Cariello.

  Maurizio BERNARDO, presidente e relatore, facendo seguito a quanto anticipato in occasione della riunione dell'ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi, del 12 aprile scorso, propone di adottare come testo base per il prosieguo dell'esame la proposta di legge C. 4410, approvata dal Senato.

  La Commissione approva la proposta di adottare come testo base per il prosieguo dell'esame la proposta di legge C. 4410, approvata dal Senato.

  Giovanni PAGLIA (SI-SEL-POS) chiede quando sarà possibile avviare la discussione in Assemblea sul provvedimento.

  Maurizio BERNARDO, presidente e relatore, ricorda che il provvedimento è già inserito nel programma dei lavori dell'Assemblea per il prossimo mese di maggio, ritenendo quindi che l'avvio della discussione in quella sede potrà avvenire in tempi rapidi, anche alla luce delle decisioni che saranno assunte dai gruppi in merito alla fissazione del termine per la presentazione degli emendamenti.

  Giovanni PAGLIA (SI-SEL-POS) sottolinea come il proprio gruppo consideri necessario accelerare il più possibile l'esame del provvedimento, avviandone quanto prima la discussione in Assemblea.

  Alessio Mattia VILLAROSA (M5S) rileva come il gruppo M5S condivida l'esigenza di velocizzare l'esame del provvedimento e di sollecitarne l'inserimento nel calendario dell'Assemblea.

  Maurizio BERNARDO, presidente e relatore, avverte che il termine per la presentazione degli emendamenti al testo base sarà stabilito nell'odierna riunione dell'ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi.
  Nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia quindi il seguito dell'esame ad altra seduta.

Introduzione dell'articolo 28-sexies del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, in materia di compensazione e di certificazione dei crediti nei confronti delle pubbliche amministrazioni.
C. 3411 Cancelleri.

(Seguito dell'esame e rinvio).

  La Commissione prosegue l'esame del provvedimento, rinviato nella seduta del 29 marzo scorso.

  Maurizio BERNARDO, presidente, ricorda che il relatore, Sibilia, ha illustrato i contenuti del provvedimento nel corso della precedente seduta di esame.

  Daniele PESCO (M5S) chiede di procedere speditamente nell'esame del provvedimento, provvedendo a tal fine alla fissazione del termine per la presentazione degli emendamenti.

  Maurizio BERNARDO, presidente, non essendovi ulteriori richieste di intervento, dichiara concluso l'esame preliminare ed avverte che il termine per la presentazione degli emendamenti alla proposta di legge sarà stabilito nell'odierna riunione dell'ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi.Pag. 67
  Nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia quindi il seguito dell'esame ad altra seduta.

  La seduta termina alle 14.30.

SEDE CONSULTIVA

  Mercoledì 19 aprile 2017. — Presidenza del presidente Maurizio BERNARDO.

  La seduta comincia alle 14.30.

Documento di economia e finanza 2017.
Doc. LVII, n. 5 e Allegati.

(Parere alla V Commissione).
(Esame e rinvio).

  La Commissione inizia l'esame del provvedimento.

  Maurizio BERNARDO, presidente, rileva come la Commissione sia chiamata a esaminare, ai fini dell'espressione del parere alla V Commissione Bilancio, il Documento di economia e finanza 2017 (Doc. LVII, n. 5 e Allegati), avvertendo che il parere sul Documento dovrà essere espresso entro la seduta di domani.

  Michele PELILLO (PD), relatore, nel segnalare l'ampiezza delle tematiche affrontate dal DEF, rileva preliminarmente come, in questa sede, si limiterà a una sintetica illustrazione degli aspetti generali del documento, nonché dei principali profili di specifica rilevanza per la Commissione Finanze.
  Considerata l'ampiezza e la complessità delle tematiche affrontate dal DEF, rileva preliminarmente come, in questa sede, si limiterà a una sintetica illustrazione degli aspetti generali del documento, nonché dei principali profili di specifica rilevanza per la Commissione Finanze.
  In tale quadro rileva in primo luogo come, con riferimento al quadro macroeconomico, il DEF evidenzi che, nel 2016, l'economia italiana è entrata nel terzo anno di ripresa, dopo il lungo periodo di crisi economica attraversato dal Paese. Al riguardo, nel rilevare come si tratti di segnali positivi ancora deboli, che andranno certamente rafforzati attraverso un'efficace azione di Governo, evidenzia come essi siano presenti sia per quanto riguarda le previsioni relative all'andamento del PIL, sia con riferimento al mercato del lavoro e all'economia nel suo complesso.
  Sottolinea quindi come anche l'impostazione del DEF 2017 sia improntata, analogamente ai precedenti Documenti di programmazione economica e finanziaria approvati dall'attuale maggioranza di Governo, a previsioni di crescita basate su criteri strettamente prudenziali.
  Rileva inoltre come esso contenga per la prima volta, in via sperimentale, tra gli strumenti di programmazione e valutazione della politica economica, quattro indicatori di benessere equo e sostenibile, così come previsto dalla legge n. 163 del 2016, di riforma della legge di contabilità n. 196 del 2009. Si tratta di indicatori di significato non strettamente finanziario, costituiti dal reddito medio disponibile aggiustato pro capite, da un indice di disuguaglianza del reddito, dal tasso di mancata partecipazione al lavoro e dall'indicatore delle emissioni di CO2 e di altri gas clima alteranti.
  In tale ambito evidenzia altresì come il quadro della situazione economico-finanziaria del Paese per il 2017 sarà completato dalle indicazioni contenute nella manovra economica correttiva, le quali andranno valutate congiuntamente al DEF in esame.
  Ricorda quindi come il Documento di economia e finanza (DEF) costituisca lo strumento di programmazione economica e finanziaria delineato dalla legge n. 296 del 2009, di riforma della contabilità pubblica.
  Rammenta, infatti, che dal gennaio 2011 ha preso avvio il cosiddetto «semestre europeo», in base al quale la sorveglianza multilaterale dei bilanci nazionali si articola in una serie di fasi che prevedono, tra l'altro, la presentazione contestuale Pag. 68– entro il 10 aprile di ciascun anno – da parte degli Stati membri, dei programmi di stabilità o di convergenza (PSC) e dei programmi nazionali di riforma (PNR), i quali divengono i principali documenti della programmazione economico-finanziaria dei singoli Stati.
  In tale contesto il DEF traccia, in una prospettiva di medio-lungo termine, gli impegni, sul piano del consolidamento delle finanze pubbliche, e gli indirizzi, sul versante delle diverse politiche pubbliche, adottati dall'Italia per il rispetto del Patto di Stabilità e Crescita europeo e il conseguimento degli obiettivi di crescita intelligente, sostenibile e solidale definiti nella Strategia Europa 2020. Il Documento enuncia, pertanto, le modalità e la tempistica attraverso le quali l'Italia intende conseguire il risanamento strutturale dei conti pubblici e perseguire gli obiettivi in materia di occupazione, innovazione, istruzione, integrazione sociale, energia e sostenibilità ambientale definiti nell'ambito dell'Unione europea.
  L'esame e l'approvazione da parte delle Camere del DEF è propedeutica all'invio, da parte del Governo, al Consiglio dell'Unione europea e alla Commissione europea, entro il 30 aprile, del Programma di Stabilità e del Programma Nazionale di Riforma (PNR).
  Conformemente al quadro europeo in materia, il DEF è composto da tre sezioni:
   la Sezione I, recante il Programma di Stabilità dell'Italia (PS), che costituisce l'atto fondamentale di programmazione economico-finanziaria, il quale contiene tutti gli elementi e le informazioni richiesti dai regolamenti dell'Unione europea e, in particolare, dal nuovo Codice di condotta sull'attuazione del Patto di stabilità e crescita, con specifico riferimento agli obiettivi di politica economica da conseguire per accelerare la riduzione del debito pubblico;
   la Sezione II, recante Analisi e tendenze della finanza pubblica (corredata da una Nota metodologica sui criteri di formulazione delle previsioni tendenziali), la quale contiene, principalmente, l'analisi del conto economico e del conto di cassa delle amministrazioni pubbliche nell'anno precedente; le previsioni tendenziali a legislazione vigente, almeno per il triennio successivo, dei flussi di entrata e di uscita del conto economico e del saldo di cassa; l'indicazione delle previsioni a politiche invariate per i principali aggregati del conto economico della PA riferite almeno al triennio successivo; le informazioni di dettaglio sui risultati e sulle previsioni dei conti dei principali settori di spesa;
   la Sezione III, recante il Programma Nazionale di Riforma, il quale indica:
   lo stato di avanzamento delle riforme avviate, con indicazione dell'eventuale scostamento tra i risultati previsti e quelli conseguiti;
   gli squilibri macroeconomici nazionali e i fattori di natura macroeconomica che incidono sulla competitività;
   le priorità del Paese, con le principali riforme da attuare, i tempi previsti per la loro attuazione e la compatibilità con gli obiettivi programmatici indicati nel Programma di stabilità;
   i prevedibili effetti delle riforme proposte in termini di crescita dell'economia, di rafforzamento della competitività del sistema economico e di aumento dell'occupazione.

  Fa quindi presente che al Documento sono allegati:
   il Rapporto sullo stato di attuazione della riforma della contabilità e finanza pubblica (Allegato I);
   la Relazione sugli interventi nelle aree sottoutilizzate (Allegato II);
   il Documento «Connettere l'Italia: fabbisogni e progetti di infrastrutture» (Allegato III);
   la Relazione sullo stato di attuazione degli impegni per la riduzione delle emissioni di gas ad effetto serra (Allegato IV);Pag. 69
   il Documento sulle spese dello Stato nelle regioni e nelle province autonome (Allegato V);
   il Documento «Il benessere equo e sostenibile nel processo decisionale» (Allegato VI);
   la Relazione sui fabbisogni annuali di beni e servizi della pubblica amministrazione e sui risparmi conseguiti con il sistema delle convenzioni Consip (Allegato VII).

  Passando a esaminare i contenuti specifici del DEF 2017, con riferimento al quadro macroeconomico, il DEF evidenzia come nel 2016 l'economia italiana sia entrata nel terzo anno di ripresa, registrando un tasso di crescita dello 0,9 per cento in termini reali, nonostante i numerosi fattori di freno e di incertezza a livello globale ed europeo. La crescita del prodotto è risultata lievemente superiore a quanto previsto a settembre scorso nella Nota di aggiornamento del DEF 2016 (+0,8 per cento) e nel Documento Programmatico di Bilancio, presentato ad ottobre 2016, grazie al recupero, dopo lo stallo registrato nel secondo trimestre, nella seconda metà del 2016, dovuto – sottolinea il DEF – al balzo della produzione industriale e, dal lato della domanda, a un'accelerazione di investimenti ed esportazioni.
  Per quanto concerne la domanda interna, nel 2016 la spesa delle famiglie residenti è cresciuta dell'1,3 per cento, segnando, per il terzo anno consecutivo, un valore positivo (+1,5 per cento nel 2015 e +0,3 per cento nel 2014), sebbene in attenuazione rispetto al 2015. Sul punto il DEF evidenzia come nel 2016 l'espansione dei consumi privati sia stata sostenuta dalle migliori condizioni del mercato del lavoro, dal recupero del reddito disponibile delle famiglie in termini reali, aumentato dell'1,6 per cento nel 2016, e dal miglioramento delle condizioni di accesso al credito, grazie ai bassi tassi di interesse.
  Nonostante le misure di contenimento della spesa per redditi e per consumi intermedi che hanno riguardato le Pubbliche amministrazioni in questi ultimi anni, anche i consumi pubblici hanno registrato nel 2016 una ripresa (+0,6 per cento in termini reali), invertendo una dinamica della spesa delle PA ininterrottamente negativa dal 2011.
  Per quanto concerne gli investimenti fissi lordi, nel 2016, si è verificata una crescita decisamente superiore alle attese, del 2,9 per cento, in accelerazione rispetto al 2015, anno in cui, dopo sette anni consecutivi di valori negativi, si era finalmente registrata l'inversione di tendenza (+1,6 per cento).
  Il DEF rileva inoltre l'impatto positivo della ripresa economica nel 2016 sulle condizioni finanziarie e creditizie del paese. Nel 2016 l'andamento dei prestiti al settore privato (società non finanziarie e famiglie), dopo quattro anni di contrazione, ha registrato variazioni positive. In particolare, l'andamento dei prestiti alle famiglie, in ripresa a partire dalla metà del 2015, ha mostrato un ulteriore miglioramento fino a raggiungere a dicembre del 2016 una variazione tendenziale pari all'1,87 per cento, grazie principalmente all'aumento di prestiti per l'acquisto di abitazioni. I tassi d'interesse praticati alla clientela sono risultati in continua discesa avvicinandosi sempre più a quelli praticati dai paesi europei non soggetti alla crisi finanziaria del 2011.
  I dati sul mercato del lavoro per il biennio 2015-2016 sono confortanti, per gli effetti positivi che, secondo il DEF, le misure introdotte (Jobs Act e decontribuzione) hanno avuto sull'occupazione. Il Documento rileva che la crescita degli occupati ha accelerato in termini di unità di lavoro standard (1,4 per cento nel 2016), e che il miglioramento dell'occupazione è stato accompagnato da un'accelerazione della partecipazione al mercato del lavoro. Questo ha comportato un affievolimento della decrescita del tasso di disoccupazione, che si riduce solamente di 0,2 punti percentuali, attestandosi all'11,7 per cento nel 2016.
  Con riferimento, infine, all'evoluzione dei prezzi, nel 2016 l'inflazione è stata prossima allo zero; l'indice armonizzato Pag. 70dei prezzi al consumo è aumentato solo dello 0,1 per cento rispetto allo 0,2 registrato nel 2015. Per contro, il deflatore del PIL è aumentato dello 0,8 per cento, riflettendo il miglioramento delle ragioni di scambio.
  Il DEF rileva inoltre come l'orientamento fortemente espansivo della Banca centrale europea (BCE) non abbia ancora conseguito i risultati sperati in termini di crescita reale e di inflazione.
  Con riferimento alle prospettive per il 2017 e per il triennio 2018-2020, le previsioni del quadro tendenziale e quelle del quadro programmatico coincidono per l'anno in corso, mentre si differenziano gradualmente negli anni successivi.
  Nonostante le prospettive favorevoli del primo trimestre e il miglioramento del contesto internazionale e delle aspettative nelle economie avanzate, Italia compresa, il DEF fissa le stime tendenziali di crescita del PIL per il 2017 all'1,1 per cento, con un lieve rialzo dello 0,1 per cento rispetto alla crescita prevista in termini programmatici a settembre 2016, nella Nota di aggiornamento del DEF.
  Per il 2018, è prevista una lieve riduzione del tasso di crescita rispetto al 2017, intorno all'1,0 per cento, ponendosi al di sotto delle previsioni programmatiche elaborate a settembre scorso nella Nota di aggiornamento del precedente DEF (1,3 per cento). Nell'ultimo biennio di previsione, 2019 e 2020, il PIL si stabilizzerebbe interno all'1,1, per cento.
  In merito alla revisione delle stime di crescita del PIL, il DEF sottolinea come in un'ottica di medio periodo e in assenza di shock sfavorevoli l'insieme delle riforme già messe in atto negli ultimi anni indurrebbe a un maggiore ottimismo; tuttavia ragioni prudenziali legate alla programmazione di bilancio vincolano le proiezioni di crescita. Per il 2018, in particolare, l'aumento delle imposte indirette previsto dalle clausole di salvaguardia contenute in precedenti provvedimenti legislativi, ostacolerebbe l'accelerazione tendenziale dell'economia.
  Al riguardo ricorda che l'articolo 1, comma 626, della legge n. 147 del 2013 (legge di stabilità 2014) e l'articolo 1, comma 718, della legge n. 190 del 2014 (legge di stabilità 2015) hanno introdotto clausole di salvaguardia che prevedono l'attivazione di meccanismi automatici per la realizzazione di effetti di maggior gettito fiscale. Tali norme sono state oggetto di numerosi interventi di modifica diretti, in via prevalente, a evitare l'entrata in vigore, per determinati periodi di imposta, degli aumenti delle aliquote.
  L'articolo 1, commi 631 e 632, della legge n. 232 del 2016 (legge di bilancio 2017) è intervenuta su tale disciplina disattivando gli incrementi di aliquote (IVA e accise) previste per l'anno 2017 a fronte di una variazione dell'aliquota IVA ordinaria (dal 25 per cento al 25,9 per cento) a decorrere dal 2019.
  Gli effetti finanziari di maggior gettito attesi dopo le modifiche introdotte dalla legge di bilancio 2017 ammontano a 19,5 miliardi di euro nel 2018, 23,2 nel 2019 e 23,2 nel 2020.
  La maggiore cautela riguardo al 2018-2019 è spiegata nel DEF dall'incertezza sul contesto di medio termine globale ed europeo e dal recente aumento dei tassi di interesse, che, secondo la convenzione seguita nel formulare le previsioni, implica livelli più elevati attesi in futuro.
  In merito alle predette clausole di salvaguardia, il Governo preannuncia l'intenzione di sostituirle con misure sul lato della spesa e delle entrate, comprensive di ulteriori interventi di contrasto all'evasione: tale obiettivo sarà perseguito nella Legge di bilancio per il 2018, la cui composizione verrà definita nei prossimi mesi, anche sulla scorta della riforma delle procedure di formazione del bilancio che faciliterà la revisione della spesa.
  Nello scenario programmatico gli effetti delle politiche fiscali e di controllo della spesa, di imminente attuazione, che ridurranno l'indebitamento netto delle Amministrazioni pubbliche dello 0,2 per cento del PIL nel 2017, determinerebbero una crescita del PIL dell'1,1 per cento nel 2017, in linea con lo scenario tendenziale.
  La previsione macroeconomica programmatica per i tre anni seguenti, che Pag. 71riflette l'intendimento del Governo di seguire un sentiero di politica di bilancio in linea con le regole europee, è pari a quella tendenziale nel 2018 (+1,0 per cento) e, invece, lievemente inferiore nel 2019 (1,0 contro 1,1 per cento). Nel 2020 la crescita programmatica del PIL è prevista pari a quella tendenziale, ovvero 1,1 per cento, in quanto l'obiettivo del conseguimento di un pieno pareggio di bilancio, sia in termini nominali che strutturali (ovvero aggiustati per ciclo e misure temporanee), comporta una riduzione del deficit esigua (0,2 punti percentuali di PIL).
  Il DEF sottolinea che lo scenario programmatico sconta un minor carico di imposte indirette rispetto al tendenziale e, di conseguenza, in media un aumento dei prezzi al consumo più contenuto. Sia nel 2017 sia nel triennio 2018-2020 l'inflazione sarebbe lievemente inferiore nello scenario programmatico, con un conseguente aumento del potere di acquisto delle famiglie. Da rilevare anche un maggiore incremento occupazionale legato ad una riduzione selettiva del cuneo fiscale sul lavoro.
  Gli effetti delle politiche di bilancio che influenzano l'evoluzione del quadro programmatico rispetto allo scenario tendenziale ricomprendono anche le stime dell'impatto macroeconomico delle riforme strutturali vengono riportate nel Programma Nazionale di Riforma, nel quale viene fornito un quadro – articolato per ciascuna delle riforme – a 5 e 10 anni dall'introduzione delle riforme, e nel lungo periodo. Le principali aree interessate dal processo di riforma sono Pubblica Amministrazione e semplificazione, concorrenza, mercato del lavoro, giustizia ed istruzione. Inoltre, rispetto alla precedente versione del PNR, sono stati aggiunti gli interventi attuati in materia di crediti deteriorati e procedure fallimentari e le misure relative a “Industria 4.0”, un ampio pacchetto di provvedimenti che comprende le misure di stimolo agli investimenti innovativi, le misure di rafforzamento delle competenze (scuola digitale e percorsi formativi ad hoc) e le misure di Finanza per la crescita. L'impatto delle riforme determina un incremento del PIL, rispetto allo scenario di base, pari al 2,9 per cento dopo cinque anni e al 4,7 per cento dopo dieci anni dall'introduzione delle riforme. Nel lungo periodo l'effetto complessivo stimato sul prodotto è di circa il 10 per cento.
  Lo scenario programmatico del DEF vede un miglioramento nel mercato del lavoro più rapido rispetto al quadro tendenziale: gli occupati (in termini di contabilità nazionale, ULA) crescerebbero mediamente di quasi 0,2 punti percentuali in più nel 2018 e un punto percentuale nel 2019; il tasso di disoccupazione risulterebbe progressivamente inferiore dal 2018 in poi, posizionandosi al termine del periodo al 10 per cento, rispetto al 10,2 del quadro tendenziale; il tasso di occupazione continuerebbe la fase ascendente fino a raggiungere nel 2020 il 59,7 per cento (rispetto al 59,7 del tendenziale).
  Segnala inoltre come per la prima volta, con la riforma della legge di contabilità n.196 del 2009 operata dalla legge n. 163 del 2016, entrata in vigore nel settembre scorso, gli indicatori di benessere equo e sostenibile entrino nell'ordinamento, venendo inclusi tra gli strumenti di programmazione e valutazione della politica economica nazionale.
  In attesa della selezione finale degli indicatori da parte dell'apposito Comitato, il Governo ha scelto di anticipare in via sperimentale l'inserimento di un primo gruppo di indicatori nel processo di bilancio. Nel DEF 2017 in esame è stato dunque condotto un primo esercizio sperimentale su un sottoinsieme di quattro indicatori di benessere equo e sostenibile selezionati dal Comitato, costituiti dai seguenti:
   il reddito medio disponibile aggiustato pro capite, dato dal rapporto tra il reddito disponibile delle famiglie aggiustato (vale a dire inclusivo del valore dei servizi in natura forniti dalle istituzioni pubbliche e senza fini di lucro) e il numero totale di persone residenti;
   un indice di disuguaglianza del reddito, dato dal rapporto tra il reddito Pag. 72equivalente totale percepito dal venti per cento della popolazione con più alto reddito e quello percepito dal venti per cento della popolazione con più basso reddito. Una riduzione di tale rapporto indica pertanto una maggiore equità nella distribuzione delle risorse;
   il tasso di mancata partecipazione al lavoro, corrispondente al rapporto tra il totale di disoccupati e le forze di lavoro potenziali tra i 15 e i 74 anni e la forza lavoro effettiva e potenziale. Rispetto al tasso di disoccupazione tale indicatore consente di tener conto anche del fenomeno dello scoraggiamento;
   l'indicatore delle emissioni di CO2 e di altri gas clima alteranti, già considerato dalla strategia Europa 2020, che traccia l'andamento della qualità dell'ambiente e il relativo impatto delle politiche.

  Per ciascuno dei quattro indicatori, oltre ai dati di consuntivo dell'ultimo triennio, viene fornito nella tabella seguente uno scenario a politiche vigenti (tendenziale) e uno scenario che inglobi le politiche introdotte nel DEF (programmatico).
  In generale, gli indicatori mostrano un miglioramento nell'orizzonte previsivo, mantenendo il trend dell'ultimo triennio.
  In particolare, per quanto concerne l'indicatore relativo al reddito medio disponibile esso segue, nell'ultimo triennio, gli andamenti macroeconomici; in merito il DEF evidenzia, però, una funzione stabilizzatrice delle politiche pubbliche italiane, in quanto l'indicatore subisce la crisi meno del PIL pro capite, e attribuisce tale dinamica ad alcuni interventi, quali quelli volti a ridurre la pressione fiscale e aumentare il reddito disponibile. Tale evoluzione prosegue negli anni 2017-2020, sia per il tendenziale che per il programmatico, confermando gli effetti positivi in termini di benessere delle misure adottate anche nel medio termine, quale ad esempio il piano di lotta alla povertà.
  L'elevato livello di diseguaglianza che caratterizza l'economia italiana è confermato dai dati iscritti nella tabella che tuttavia mostrano una riduzione negli anni più recenti. Il calo per il periodo 2014-2017 è influenzato, secondo il DEF, dal miglioramento del mercato del lavoro e dalle diverse misure fiscali che sono state adottate, tra le quali le misure degli 80 euro, la cosiddetta quattordicesima per i pensionati, l'aumento delle detrazioni per i redditi da lavoro e pensione, le nuove misure di contrasto alla povertà, l'abrogazione della IMU-TASI sulle abitazioni principali e la revisione della tassazione dei redditi finanziari. Per gli anni 2017-2020, nel quadro tendenziale sono considerati gli effetti delle misure già adottate. Sono anche considerati gli aumenti di occupazione previsti nel quadro macroeconomico tendenziale, che contribuiscono a un leggero miglioramento dell'indicatore. L'effetto complessivo è una contenuta ma costante tendenza alla riduzione della disuguaglianza. Nello scenario programmatico, sono invece indicati gli obiettivi che il Governo intende realizzare intervenendo nel prossimo triennio sulla struttura del prelievo fiscale e contributivo.
  Quanto poi al terzo indicatore, il tasso di mancata partecipazione al lavoro, questo appare in riduzione lungo l'intero orizzonte previsivo, segno – osserva il DEF – che le misure a sostegno del sistema produttivo e gli incentivi per l'occupazione hanno avuto effetti positivi. In particolare, il dettaglio per genere evidenzia come l'inclusione delle donne nel mercato del lavoro stia migliorando. Nello scenario programmatico, è previsto un rafforzamento di queste tendenze positive, grazie a una maggiore partecipazione al lavoro di fasce potenziali di lavoratori che rientrano nel mercato incoraggiati dal miglioramento del contesto occupazionale e accompagnati dalle misure di politica attiva. Tuttora, oltre un quinto della popolazione di riferimento non ha un lavoro pur essendo disponibile a entrare nel mercato. Nello scenario programmatico, come nel tendenziale, è previsto che continuino i miglioramenti a seguito di una maggiore partecipazione al lavoro di fasce potenziali di lavoratori che rientrano nel mercato Pag. 73incoraggiati dal miglioramento del contesto occupazionale e accompagnati dalle politiche attive implementate.
  In relazione al quarto indicatore, quello «ambientale», il DEF mostra che nel 2016 ogni abitante «ha generato» in media 7,4 tonnellate di CO2 equivalenti. Le emissioni rimangono sostanzialmente stabili nel periodo considerato, pur in presenza di una ripresa del ciclo produttivo ed industriale, evidenziando – secondo il DEF – un progressivo processo di decarbonizzazione del sistema economico. Nello scenario programmatico, dal 2017, le emissioni sono previste ridursi ulteriormente grazie ad alcune misure tra cui il DEF segnala la proroga e il potenziamento dell'Ecobonus, le norme sui requisiti minimi degli edifici, nonché la realizzazione di una infrastruttura per i combustibili alternativi che incoraggerà il processo di diffusione dei carburanti a più basso contenuto emissivo.
  Quanto al quadro di finanza pubblica, i dati riferiti all'esercizio 2016 resi noti dall'ISTAT attestano un indebitamento netto delle pubbliche amministrazioni per il 2016 pari, in valore assoluto, a 40.809 milioni, corrispondente al 2,4 per cento del PIL. Il dato indica un miglioramento rispetto all'anno 2015: in tale esercizio l'indebitamento è infatti risultato pari a 44.197 milioni (2,7 per cento del PIL).
  Dal confronto fra il 2016 e il 2015 – limitando l'analisi ai principali aggregati del conto economico della P.A. – emerge che concorrono al miglioramento del saldo sia un decremento delle spese (per 0,8 miliardi), sia un incremento delle entrate (per 2,6 miliardi): tali componenti si riflettono in un miglioramento sia del saldo primario (+1,6 miliardi) sia della spesa per interessi (-1,8 miliardi).
  Più in generale, osservando il recente andamento delle determinanti del saldo, rileva che:
   l'avanzo primario, dopo aver raggiunto l'1,6 per cento del PIL nel 2014 (25,4 miliardi), rimane costante all'1,5 per cento nel 2015 e nel 2016, sia pur con un miglioramento in valore assoluto (passando da 23,9 miliardi a 25,5 miliardi);
   la spesa per interessi si attesta al 4,0 per cento del PIL (66,3 miliardi), riducendosi ulteriormente rispetto al livello del 2015 (68,1 miliardi pari al 4,1 per cento del PIL) e del 2014 (74,4 miliardi pari al 4,6 per cento del PIL).

  Per quanto riguarda le entrate, rispetto all'anno 2015, nel 2016 le entrate totali delle Amministrazioni pubbliche hanno registrato, in valore assoluto, un incremento di 2,6 miliardi di euro (da 785,9 miliardi a 788,5 miliardi di euro). Poiché tale incremento risulta proporzionalmente inferiore a quello del PIL, l'andamento delle entrate totali rispetto al prodotto interno lordo registra una contrazione, attestandosi al 47,1 per cento del PIL (-0,7 punti percentuali rispetto al 2015).
  In particolare, le entrate correnti evidenziano, rispetto al 2015, un incremento di circa 1,4 miliardi (+0,2 per cento), determinato in via prevalente dall'aumento delle imposte dirette (+2,3 per cento) e dei contributi sociali (+1,1 per cento). Le imposte indirette evidenziano, invece, una contrazione di circa 7,7 miliardi di euro (-3,1 per cento). Rispetto al PIL, le entrate correnti registrano una riduzione di 0,7 punti percentuali, passando dal 47,4 al 46,7 per cento del prodotto interno lordo.
  Tra le imposte dirette, il DEF evidenzia il contributo positivo del gettito IRPEF ed IRES. In particolare, viene segnalato che il gettito IRES riflette l'aumento della redditività di alcuni segmenti dell'economia che ha riequilibrato le minori entrate correlate all'agevolazione concessa dalla legge di stabilità 2016 (cosiddetto maxi ammortamento) e alla revisione dell'ACE (aiuto alla crescita economica).
  Con riferimento alle imposte indirette la contrazione, registrata con riferimento all'intero comparto della pubblica amministrazione, è determinata da un incremento riferito al settore statale (+3,179 miliardi) e da una riduzione registrata nel settore delle amministrazioni locali (-10,844 miliardi). In proposito, il DEF evidenzia che – con riferimento al comparto delle amministrazioni centrali – la Pag. 74crescita delle imposte indirette è attribuibile prevalentemente all'imposta sul valore aggiunto per effetto dell'aumento sia degli scambi interni sia dei versamenti dell'imposta effettuati dalle Amministrazioni pubbliche in attuazione delle norme sullo split payment introdotte dalla legge di stabilità 2015. Tale andamento positivo è in parte compensato dalla contrazione del gettito IVA sulle importazioni, che segna riduzioni a fronte del calo dei prezzi degli oli minerali, in particolare del greggio.
  Lo split payment, introdotto dalla legge di stabilità 2015, si applica alle cessioni di beni e alle prestazioni di servizi effettuate nei confronti degli enti della P.A. i quali – in luogo del pagamento dell'intera fattura al fornitore – versano l'IVA indicata nella fattura di acquisto direttamente all'Erario e la parte restante al fornitore (reverse charge).
  Al riguardo rileva come, nell'apposito focus del DEF dedicato al contrasto all'evasione fiscale, venga affermato che le valutazioni ex post delle misure introdotte in ambito IVA evidenziano un recupero di gettito complessivo di circa 3,77 miliardi, di cui circa 2,1 dovuto alle disposizioni introdotte dalla legge di stabilità 2015: tale recupero risulta superiore a quello quantificato ex ante in sede di relazione tecnica (988 milioni annui per lo split payment e 900 milioni annui per l'estensione del meccanismo reverse charge al settore delle pulizie, dei certificati verdi e dell'edilizia specializzata).
  In merito alla contrazione delle imposte indirette registrata nel comparto delle amministrazioni locali il DEF segnala la riduzione del gettito IRAP, determinata dalle disposizioni sul cuneo fiscale introdotte dalla legge di stabilità 2015, l'abolizione della TASI sull'abitazione principale e la rimodulazione dell'IMU sui terreni agricoli e sulle abitazioni date in locazione a canone concordato.
  I dati del bollettino delle entrate tributarie – che riflettono peraltro un diverso criterio di contabilizzazione – confermano l'andamento decrescente dell'IRAP (-6,6 miliardi nel 2016 rispetto al 2015) e dell'IMU (-0,6 miliardi). Per quanto concerne la TASI, il bollettino delle entrate afferma che il gettito 2016 registra una riduzione di 3,6 miliardi di euro rispetto al gettito 2015.
  Per quanto riguarda le imposte in conto capitale, l'incremento (da 1.217 milioni del 2015 a 5.199 milioni del 2016) è determinato principalmente dal gettito derivante dalla voluntary disclosure: al riguardo il DEF indica, in corrispondenza della voce emersione e rientro di capitali detenuti all'estero (voluntary disclosure), entrate pari a 212 milioni nel 2015, a 4.078 milioni nel 2016 e a 2.000 milioni nel 2017.
  Quanto al livello della pressione fiscale il DEF indica che essa si riduce dal 43,3 per cento del 2015 al 42,9 per cento del 2016, specificando che, al netto degli effetti del cosiddetto bonus degli 80 euro, la pressione fiscale risulterebbe pari al 42,3 per cento nel 2016.
  Infatti, il Documento evidenzia che l'incremento di gettito prodotto dal contrasto all'evasione fiscale è stato impiegato per la riduzione di imposte, determinando un rafforzamento della crescita e, conseguentemente, una riduzione della pressione fiscale. Il DEF ricorda, tra gli altri, il cosiddetto bonus degli 80 euro per i lavoratori dipendenti con redditi medio-bassi, e gli interventi che hanno riguardato l'IRAP (dal 2015), l'IMU (dal 2016) e l'IRES (dal 2017).
  Per quanto riguarda il lato della spesa, il DEF evidenzia come le spese finali nel 2016 mostrano un decremento rispetto al precedente esercizio (-0,1 per cento), passando da 830.135 milioni a 829.311 milioni. Tale risultato si determina a fronte di una diminuzione del 16,0 per cento delle spese in conto capitale e di una riduzione della spesa per interessi del 2,6 per cento mentre le spese correnti primarie aumentano dell'1,7 per cento.
  Rispetto al PIL, le spese finali diminuiscono la loro incidenza, passando dal 50,5 per cento del 2015 al 49,6 per cento del 2016. La variazione complessiva è determinata dalla diminuzione per 0,7 punti di PIL della spesa in conto capitale mentre rimangono sostanzialmente stabili la spesa Pag. 75corrente primaria, attestata al 42,2 per cento in entrambi gli anni 2015 e 2016 e la spesa per interessi, che passa dal 4,1 al 4,0 per cento.
  Con riferimento alle previsioni tendenziali di finanza pubblica per il periodo 2017-2020, il DEF evidenzia per il 2017 un indebitamento netto pari al 2,3 per cento del PIL (39,6 miliardi). Rispetto al 2016, nel 2017 si determina quindi una riduzione del saldo dello 0,1 per cento in termini di PIL, dovuta sia a un miglioramento del saldo primario (+1,0 miliardi) sia a una minore spesa per interessi (-0,3 miliardi).
  Per quanto riguarda le entrate, il DEF stima un andamento crescente, in valore assoluto, delle entrate totali, che passano da 799,6 miliardi nel 2017 a 865,8 miliardi nel 2020. In termini di incidenza sul PIL, le stime relative alle entrate totali della PA registrano, invece, nel 2017 una riduzione di 0,3 punti percentuali (passando da 47,1 a 46,8 punti percentuali). Negli anni 2018 e 2019 le entrate totali si attestano nuovamente al 47,0 per cento del PIL, mentre nel 2020 si riducono al 46,5 per cento del PIL. Il Documento afferma che tale andamento risente della dinamica del PIL nominale, dell'effetto combinato della sterilizzazione delle clausole di salvaguardia, con riguardo all'esercizio 2017, delle misure relative agli sgravi contributivi e delle altre misure previste dalla legge di bilancio per il 2017 in materia di entrate fiscali.
  La pressione fiscale si riduce dal 42,9 per cento del 2016 al 42,4 per cento del 2020, con un livello minimo del 42,3 per cento nel 2017 e un aumento al 42,8 negli anni 2018 e 2019. Al netto degli 80 euro si passerebbe dal 42,3 del 2016 al 41,9 del 2020.
  Le spese finali passano da 839,1 miliardi del 2017 a 874,2 miliardi del 2020. In termini di PIL tuttavia l'incidenza delle spese si riduce dal 49,1 per cento del 2017 al 48,3 del 2018 fino ad attestarsi al 47 per cento al termine del periodo di previsione.
  La spesa per interessi negli anni 2017 e 2018, è pari rispettivamente, a circa 67 e a 65,5 miliardi di euro. L'andamento decrescente non è confermato dalle previsioni riferite al 2019 e al 2020, esercizi nei quali l'aggregato di spesa torna a crescere, raggiungendo, rispettivamente, il valore di 67,5 e 71 miliardi. In termini di incidenza sul PIL, la spesa si colloca, rispettivamente, al 3,9 e al 3,7 per cento nei due anni considerati. Non cambia quest'ultima incidenza nel 2019, mentre si registra un incremento nel 2020 (3,8 per cento).
  Nel complesso rileva come, nel quadro programmatico di finanza pubblica per il quadriennio 2017-2020, si determini un rafforzamento del percorso di riduzione dell'indebitamento netto fino a prevedere il conseguimento di un saldo nullo nel 2020 e il pareggio di bilancio strutturale sia nel 2019 (+0,1 per cento) che nel 2020 (0,0 per cento).
  Le previsioni incorporano gli effetti delle misure correttive (0,2 p.p. di PIL) che il Governo si è impegnato ad approvare lo scorso febbraio così da portare, nel 2017, il livello dell'indebitamento netto al –2,1 per cento. Si tratta di misure che, ancorché non indicate puntualmente nel DEF, vengono dichiarate dal Governo come aventi natura strutturale, tali da avere una portata correttiva di quasi 0,3 p.p. di PIL sugli anni successivi.
  Nel DEF il pacchetto viene descritto come comprendente misure volte a ridurre l'evasione dell'IVA e di altri tributi con interventi quali l'allargamento delle transazioni a cui si applica il cosiddetto split payment. Altre misure riguardanti le entrate comprendono una rimodulazione delle accise sul tabacco e delle aliquote dell'ACE (Aiuto alla Crescita Economica), nonché un aumento dell'imposizione sui giochi. Le misure di controllo della spesa si concentreranno sugli stanziamenti di alcuni fondi già previsti per legge. Il pacchetto è accompagnato da maggiori investimenti nelle zone colpite dai recenti sismi pari a un miliardo di euro all'anno per il periodo 2017-2020. Sono invece confermati gli obiettivi (2018 e 2019) di indebitamento netto previsti lo scorso autunno.
  Quanto al rapporto debito/PIL, il DEF ricorda che, in virtù delle revisioni statistiche Pag. 76operate dall'ISTAT sul PIL del biennio 2014-2015, è emerso un miglioramento del rapporto debito/PIL dello 0,1 per cento nel 2014 (131,8 per cento il nuovo valore) e dello 0,2 per cento nel 2015 (132,1 per cento), rispetto al consuntivo della Nota di aggiornamento al DEF. Per il 2016 (dato preliminare), tenendo sempre conto delle anzidette revisioni, il rapporto in questione dovrebbe raggiungere il 132,6 per cento, confermando la sua sostanziale stabilizzazione su valori inferiori al 133 per cento, mentre nel periodo 2008-2014 la crescita media aveva sfiorato i 5 punti percentuali annui.
  Nel 2017 la previsione del rapporto è del 132,5 per cento, in linea con le precedenti previsioni. Dal 2018 è prevista una riduzione al 131 per cento fino al 125,7 per cento nel 2020.
  Passando ai contenuti del Programma nazionale di riforma (PNR) recato nella Sezione III del DEF, per quanto attiene ai profili di competenza della Commissione Finanze, segnala in primo luogo come la Commissione europea, nella sua Relazione per paese relativa all'Italia 2017 (Country Report), abbia sottolineato come la crescita economica e l'efficienza siano ostacolate dal sistema fiscale. In particolare sono individuati alcuni ambiti nei quali intervenire: lo spostamento del carico fiscale dal lavoro ai consumi, con la riduzione del cuneo fiscale; la riduzione delle spese fiscali; la riforma del catasto; la lotta all'evasione fiscale.
  Per quanto riguarda le politiche fiscali, che includono la tassazione, la lotta all'evasione e la revisione della spesa, il Governo italiano ha individuato le seguenti azioni da intraprendere nel medio termine:
   proseguire la riduzione della pressione fiscale per sostenere la crescita (2017-2018);
   spostare la tassazione dalle persone (lavoro) alle cose (consumi) (2017-2018);
   procedere alla revisione delle spese fiscali (tax expenditures) (2017-2018);
   migliorare il coordinamento dell'amministrazione fiscale per il contrasto all'evasione (entro il 2017);
   realizzare investimenti in ICT e risorse umane a sostegno della lotta all'evasione fiscale e per favorire la tax compliance (2017-2018);
   ridurre le controversie tributarie e aumentare l'efficacia della riscossione (2017-2018).

  Più in dettaglio, il Governo dichiara di voler perseguire l'obiettivo di ridurre ulteriormente la pressione fiscale sui fattori produttivi.
  Al riguardo rammenta che la legge di stabilità 2015 ha reso permanente il credito d'imposta di 80 euro mensili per i lavoratori dipendenti a basso/medio reddito e ha previsto un'esenzione permanente del costo del lavoro dalla base imponibile dell'IRAP. Con la legge di stabilità 2016 è stata introdotta la riduzione dell'aliquota IRES dal 27,5 al 24 per cento, con effetti dal 2017. Con la legge di bilancio 2017 è stata introdotta l'imposta sul reddito di impresa (IRI) calcolata sugli utili trattenuti presso l'impresa mediante applicazione dell'aliquota unica IRES al 24 per cento.
  In questo contesto nel DEF è definito cruciale il taglio del cuneo fiscale, per ridurre il costo del lavoro e aumentare parallelamente il reddito disponibile dei lavoratori.
  In proposito segnala che recenti dati sul cuneo fiscale in Italia, in confronto con gli altri Paesi, sono stati diffusi dalla Commissione europea, dalla Corte dei conti e dall'OCSE. Secondo la Commissione europea nel 2015 in Italia i cunei fiscali sui singoli lavoratori che percepiscono un salario basso o medio, rispettivamente al 41 per cento e al 48 per cento, sono tra i più elevati dell'Unione europea. Nel 2014 l'aliquota fiscale implicita sul lavoro è stata la più elevata dell'UE (44 per cento rispetto a una media UE del 36 per cento) e l'onere fiscale sul capitale ben al di sopra della media UE (10,6 per cento del PIL rispetto all'8,2 per cento). La Corte Pag. 77dei Conti, nel Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica, sottolinea che il cuneo fiscale, riferito alla situazione media di un dipendente dell'industria, colloca al livello più alto la differenza fra il costo del lavoro a carico dell'imprenditore e il reddito netto che rimane in busta paga al lavoratore: il 49 per cento prelevato a titolo di contributi (su entrambi) e di imposte (a carico del lavoratore) eccede di ben 10 punti l'onere che si registra mediamente nel resto d'Europa.
  A questo proposito nel PNR il Governo dichiara di voler proseguire la riduzione della pressione fiscale per sostenere la crescita con il taglio dei contributi sociali, iniziando dalle fasce più deboli (giovani e donne).
  In tale contesto evidenzia come, secondo la Commissione europea, uno spostamento ottimale del carico fiscale verso i consumi potrebbe ridurre ulteriormente l'onere fiscale sul lavoro e favorire la lotta contro la povertà e la disuguaglianza.
  In particolare la Commissione ha effettuato una simulazione degli effetti distributivi e di bilancio derivanti dall'aumento dell'aliquota IVA ridotta dal 10 per cento al 13 per cento e dal pieno utilizzo di tali entrate per un credito d'imposta rimborsabile sui redditi da lavoro per i lavoratori a basso reddito: gli effetti sarebbero progressivi e consentirebbero di aumentare il reddito netto disponibile per i decili a più basso reddito e di ridurre la povertà e le disuguaglianze. Viene inoltre evidenziato che tale operazione è coerente anche con l'obiettivo di riduzione delle spese fiscali, tra le quali rientrano le aliquote IVA agevolate.
  La Commissione europea raccomanda poi di ridurre il numero e la portata delle agevolazioni fiscali. Nella relazione per Paese la Commissione constata tuttavia che l'attesa revisione delle spese fiscali e dei valori catastali ha subito un ulteriore rinvio.
  La revisione delle spese fiscali (tax expenditures) rientra tra le azioni ritenute dal Governo necessarie per disegnare un sistema fiscale più efficace, ponendo allo stesso tempo attenzione a non aumentare la pressione fiscale e a non intaccare l'equità del sistema. Il lavoro di analisi del Governo ha portato alla pubblicazione del Rapporto annuale sulle spese fiscali (2016), allegato al disegno di legge di bilancio 2017 e redatto dalla Commissione istituita con decreto del MEF il 28 aprile 2016, che elenca tutte le misure di esenzione, esclusione, riduzione dell'imponibile o dell'imposta oppure regime di favore, con quantificazione degli effetti finanziari e del numero dei beneficiari.
  Nel Rapporto sono elencate un totale di 444 spese fiscali, suddivise in 20 missioni di spesa considerate nel bilancio dello Stato. Sono riportate inoltre le spese fiscali locali (166), ovvero quelle riferite agli enti territoriali di governo distinte per i vari tipi di tributo, per un numero totale di 610. Il Rapporto non indica il valore complessivo degli effetti delle spese fiscali in termini di gettito. La missione Politiche economico-finanziarie e di bilancio è quella che presenta il numero più elevato di spese fiscali (111), seguita dalla missione Competitività e sviluppo delle imprese (59), Diritti sociali, politiche sociali e famiglia (51) e Politiche per il lavoro (49). Guardando alle 444 spese fiscali emerge che poco meno della metà è riferibile a spese i cui effetti non sono quantificabili (33 per cento) o di «di trascurabile entità» (7 per cento) o «inferiori a 1 milione di euro» (quasi il 9 per cento). Il 51 per cento di esse, invece, comportano una spesa superiore a 1 milione di euro.
  Il Governo, nel PNR 2017, dichiara che utilizzando il Rapporto annuale allegato alla legge di bilancio saranno riviste e abolite le spese fiscali obsolete o duplicate.
  In tale contesto, per perseguire l'obiettivo di maggiore equità nel prelievo, il Governo intende proseguire le attività volte ad aggiornare il patrimonio informativo catastale, che consistono nel miglioramento della qualità delle banche dati e nella loro correlazione con i dati di mercato. Al riguardo è in corso l'attività finalizzata ad assicurare la georeferenziazione del patrimonio immobiliare sulla cartografia catastale, l'introduzione dell’«entità fabbricato» e la determinazione Pag. 78della superficie catastale per tutte la unità immobiliari delle categorie ordinarie, dotate di planimetria.
  Al riguardo rammenta che, in materia di riforma del catasto, la delega fiscale di cui alla legge n. 23 del 2014 è stata attuata solo con riferimento alla composizione, alle attribuzioni e al funzionamento delle Commissioni censuarie, mediante il decreto legislativo n. 198 del 2014.
  La Commissione europea raccomanda altresì l'attuazione di provvedimenti per migliorare il rispetto dell'obbligo tributario, anche mediante sistemi elettronici di fatturazione e pagamento. Nel citato Rapporto per Paese viene sottolineato che, nonostante i progressi compiuti in questo settore, il ricorso piuttosto limitato alla fatturazione e ai pagamenti elettronici ostacoli la lotta all'evasione fiscale.
  Al riguardo segnala come il Rapporto sui risultati conseguiti in materia di misure di contrasto all'evasione fiscale e contributiva, presentato al Parlamento nell'ottobre 2016 in allegato alla Nota di aggiornamento al DEF, fornisca le stime del cosiddetto tax gap (il divario tra gettito teorico e gettito effettivo) relativo alle entrate tributarie e contributive, basandosi sulla Relazione sull'economia non osservata e sull'evasione contributiva predisposta da una commissione di esperti. Secondo quanto emerge dall'aggiornamento dell'ultimo rapporto, nel biennio 2013-2014 sarebbero stati evasi 221 miliardi di euro. Per il 2014 l'evasione fiscale e contributiva è quantificata in 111.655 milioni di euro, con un aumento di 1.851 milioni di euro (+1,7 per cento rispetto al 2013). Per le sole entrate tributarie, l'importo complessivo è pari a 100,4 miliardi di euro. Nel triennio 2012-2014, la propensione all'evasione è aumentata dal 23,6 per cento al 24,8 per cento. Le stime del tax gap sono state aggiornate alla luce dei nuovi dati diffusi dall'Istat il 23 settembre e il 14 ottobre 2016.
  L'imposta maggiormente evasa è l'IVA: la stima è di circa 40 miliardi. Tale dato è maggiore rispetto a quello ipotizzato dalla Commissione europea nel rapporto 2016 sul tax gap dell'IVA nei Paesi dell'Unione europea nel quale è evidenziato che, con riferimento al 2014, il divario più alto in cifre assolute tra l'IVA dovuta e quella riscossa è stato registrato in Italia (36,9 miliardi di euro). Negli anni dal 2010 al 2014 è possibile osservare una propensione media all'evasione IRPEF pari al 55,9 per cento per i lavoratori autonomi e le imprese, in costante crescita sino al 2014, anno in cui si avvicina al 60 per cento. In generale, con la sola eccezione dell'IVA, nel 2013 emerge un aumento nella propensione all'evasione rispetto al 2012 per tutte le tipologie di imposta considerate. Tuttavia, nel 2014 si noterebbe una flessione di rilevanti dimensioni anche nel gap dell'IRES.
  Per contrastare questo fenomeno nel 2015 sono state introdotte due importanti misure: l'estensione del reverse charge ai settori delle costruzioni e delle pulizie e l'adozione dello split payment per i fornitori della Pubblica amministrazione, ed entrambe le misure hanno contribuito alla riduzione del gap. In particolare, per quanto riguarda lo split payment, rileva una riduzione strutturale del gap di 2,5 miliardi nel 2015 e di un ulteriore miliardo nel 2016.
  Secondo quanto riportato dal Direttore dell'Agenzia delle entrate nel corso di un'audizione presso la Commissione Finanze della Camera lo scorso 5 aprile, nel 2016 l'attività di contrasto e prevenzione dei fenomeni di evasione fiscale e di promozione della compliance ha consentito un recupero di gettito di 19 miliardi, con un aumento del 28 per cento rispetto al 2015. Le maggiori entrate derivano da attività di controllo sostanziale per 10,5 miliardi (di cui 4,1 miliardi derivano dalla voluntary disclosure) e da attività di liquidazione per 8 miliardi. Circa 500 milioni sono il risultato delle attività di promozione del dialogo preventivo con il cittadino, che l'Agenzia delle entrate ha avviato negli ultimi anni comunicando ai contribuenti elementi e informazioni in suo possesso relativi ai ricavi o ai redditi, allo scopo di stimolare l'assolvimento degli obblighi tributari e favorire l'emersione spontanea delle basi imponibili. Quanto alle modalità Pag. 79di incasso, 4,8 miliardi provengono dalla riscossione coattiva e i restanti da versamenti diretti o spontanei.
  Nell'azione di contrasto dell'evasione fiscale il Governo si impegna a rafforzare le iniziative poste in essere negli ultimi anni e a intensificarne l'attuazione promuovendo un approccio «cooperativo» basato su trasparenza, semplificazione e fiducia reciproca tra Amministrazione e cittadini.
  Nella citata audizione il Direttore dell'Agenzia delle entrate ha affermato che la strategia adottata dall'Agenzia si basa su due perni principali: la promozione della compliance e il contrasto all'evasione e all'elusione fiscale.
  Dal primo punto di vista, l'attenzione dell'Amministrazione è rivolta a svolgere una funzione di facilitazione prima di esercitare i poteri di controllo e repressione, facendo in modo che l'attività di contrasto, pur mantenendo un ruolo importante per il recupero dell'evasione fiscale, sia preceduta dall'attività di prevenzione che induce il contribuente verso l'adempimento spontaneo dei propri obblighi, anche prevedendo la possibilità di correggere omissioni o errori nelle dichiarazioni già presentate, con effetti positivi sui livelli di compliance e sul recupero del tax gap.
  Per contrastare più efficacemente l'evasione sarà rafforzato l'uso delle banche dati e delle applicazioni utili per effettuare analisi di rischio, attraverso una maggiore tempestività di acquisizione dati e della loro elaborazione e messa a disposizione degli uffici e delle Pubbliche amministrazioni con cui sono condivisi i dati acquisiti dall'Anagrafe tributaria. Nel contempo saranno potenziate le misure per il recupero del tax gap IVA, quelle di contrasto alle frodi IVA, quelle finalizzate all'indebita fruizione dei rimborsi fiscali e quelle indirizzate a contrastare efficacemente le indebite compensazioni mediante crediti inesistenti. Proseguirà l'impegno nel contrasto del fenomeno delle false compensazioni.
  Per quanto riguarda le nuove misure di contrasto all'evasione fiscale e contributiva introdotte in ottobre 2016, va segnalato che, a partire dal 1o gennaio 2017, con il decreto – legge n. 193 del 2016 sono stati introdotti con periodicità trimestrale: i) la comunicazione analitica dei dati delle fatture emesse e ricevute; ii) la comunicazione dei dati delle liquidazioni periodiche IVA. Il Governo ritiene che l'introduzione di tali adempimenti comporterà un incremento di gettito dovuto sia al maggior stimolo alla compliance, tramite l'attività dissuasiva posta in essere dall'Agenzia delle entrate, sia all'accelerazione delle somme riscosse tramite i controlli automatizzati. In particolare, viene stimato che l'introduzione di tali misure comporterà, nel complesso, un ulteriore recupero di gettito pari a 2,1 miliardi per l'anno d'imposta 2017.
  Con l'intento di assicurare il coordinamento e la supervisione delle attività svolte e il raggiungimento degli obiettivi di politica fiscale, è stata inoltre istituita la Commissione consultiva per il contrasto all'evasione, all'elusione e alle frodi fiscali, la cui attenzione si è soffermata in particolare sull'evasione dell'IVA, che prelude all'evasione di altre imposte, dall'IRES all'IRPEF.
  L'attività di contrasto di fenomeni evasivi ed elusivi degli obblighi fiscali sarà potenziata anche mediante una sempre più efficace cooperazione amministrativa sul piano internazionale. Dovranno, infatti, essere ottimizzate le attività di controllo verso quei soggetti che strutturano complessi sistemi di evasione e/o elusione, rafforzando in particolare la lotta alle frodi fiscali, con particolare riguardo a quelle nel settore dell'IVA e in materia di accise. Particolare attenzione sarà dedicata, inoltre, alle sinergie operative e allo scambio di informazioni con altre Autorità competenti, europee e internazionali, anche monitorando gli obiettivi dello scambio automatico di informazioni a fini fiscali (Common Reporting Standard) e del progetto BEPS (Base Erosion Profit Shifting).
  Con l'obiettivo di assicurare maggiore equità ed efficienza al sistema della riscossione, il citato decreto-legge n. 193 Pag. 80del 2016 ha disposto – a decorrere dal 1o luglio 2017 – lo scioglimento di Equitalia (ad esclusione di Equitalia Giustizia) e l'istituzione dell'Agenzia delle entrate-Riscossione, ente strumentale dell'Agenzia delle entrate sottoposto all'indirizzo e alla vigilanza del Ministro dell'economia e delle finanze.
  Tale intervento verrà completato attraverso una riorganizzazione delle agenzie fiscali, tesa a garantire maggiore autonomia alle stesse, in linea con le indicazioni dell'OCSE e del FMI. Sempre dal 1o luglio, gli enti locali potranno affidare al soggetto preposto alla riscossione nazionale le attività di riscossione, spontanea e coattiva, le entrate tributarie o patrimoniali proprie e delle società da essi partecipate.
  Inoltre, l'obiettivo di migliorare il versamento spontaneo delle entrate è stato perseguito prevedendo l'utilizzo di strumenti di pagamento elettronici per i comuni e gli altri enti locali.
  Un ulteriore obiettivo indicato dal DEF è quello della riduzione delle controversie tributarie, il quale sarà perseguito nel 2017 attraverso l'estensione del processo tributario telematico su tutto il territorio nazionale. Attraverso il portale dedicato sarà possibile effettuare il deposito telematico degli atti e dei documenti processuali già notificati alla controparte e tutti i soggetti coinvolti potranno consultare on-line il fascicolo processuale. Per proseguire questa strategia di digitalizzazione dell'intero sistema giudiziario, la legge di bilancio per il 2017 ha istituito un apposito fondo.
  Tra le azioni individuate dal PNR segnala inoltre l'operatività delle norme istitutive dell'elenco dei soggetti abilitati all'assistenza tecnica innanzi alle Commissioni tributarie e la riforma degli organi della giurisdizione tributaria.
  Per quanto riguarda la dismissione del patrimonio immobiliare pubblico, il Governo dichiara che nel periodo 2011-2015 le vendite di immobili di proprietà pubblica sono ammontate a circa 6,2 miliardi, di cui 625 milioni per immobili delle amministrazioni centrali e 5,6 miliardi per le vendite effettuate dagli enti territoriali e previdenziali. Nel corso del 2016 i proventi derivanti dalle dismissioni di immobili pubblici ammontano a 783 milioni, (29 milioni derivanti dalle vendite di immobili delle amministrazioni centrali e 754 milioni derivanti da dismissioni immobiliari di enti territoriali e previdenziali).
  Le iniziative di valorizzazione e razionalizzazione degli immobili dello Stato in gestione all'Agenzia del Demanio hanno portato a un aumento, in termini di valore, del patrimonio dello Stato del 2,3 per cento nell'ultimo biennio, a fronte di una diminuzione del numero di beni gestiti del 5,1 per cento, in un'ottica di progressiva ottimizzazione del portafoglio. Al 31 dicembre 2016, 44.623 beni dello Stato erano in gestione all'Agenzia del Demanio, per un valore di circa 60 miliardi.
  Per quanto concerne i beni in uso governativo, nel 2016 sono stati avviati progetti di razionalizzazione degli spazi pubblici – per interventi stimati in circa 1,4 miliardi – con l'attuazione di oltre 130 piani su tutto il territorio nazionale. Tra tali piani, 34 prevedono la creazione di Federal Building che consentiranno di concentrare nello stesso edificio gli uffici della PA centrali e territoriali, per offrire ai cittadini servizi più integrati e fruibili, generando risparmi per la finanza pubblica. Al 31 dicembre 2016, 9 progetti di Federal Building erano in corso o in fase di avvio e 25 in progettazione (di cui 14 per la realizzazione di Cittadelle della Giustizia).
  I piani per la razionalizzazione degli spazi e la riduzione delle locazioni passive hanno portato risparmi per circa 11,8 milioni nel 2016. Ulteriori economie sono previste per il prossimo quinquennio (2017-2021), con una riduzione della spesa per locazioni passive dello Stato che passerebbe da 879,2 milioni nel 2016 a 709 milioni nel 2021.
  Per quanto riguarda il federalismo demaniale, che comprende la procedura ordinaria e il federalismo demaniale culturale – dedicato ai beni di interesse storico-artistico – al 31 dicembre 2016 sono stati trasferiti agli enti territoriali, sulla base di specifiche finalità di utilizzo, ovvero per Pag. 81l'attuazione di programmi di rifunzionalizzazione e valorizzazione, 4.139 immobili per un valore di 1,5 miliardi. Il decreto-legge n. 210 del 2015 (milleproroghe) aveva riaperto i termini della procedura di trasferimento di beni immobili dallo Stato agli enti territoriali, prevedendo che gli enti territoriali possano fare richiesta entro il termine del 31 dicembre 2016: sono state registrate ulteriori 2.390 richieste di attribuzione di beni da parte di oltre 571 enti territoriali.
  Il complesso degli asset gestiti da INVIMIT Sgr ha raggiunto, a marzo 2017, circa 670 milioni, a fronte dei quali sono state emesse quote che verranno successivamente collocate sul mercato. I proventi generati dal collocamento sul mercato potranno essere contabilizzati a riduzione dell'indebitamento netto negli anni in cui tali vendite saranno realizzate.
  Il Governo dichiara poi di voler effettuare una revisione sistematica delle concessioni di beni demaniali rilasciate dalle amministrazioni pubbliche al fine di valorizzare la redditività degli asset pubblici e individuare possibili strategie di recupero di efficienza, eventualmente intervenendo sulla normativa vigente.
  In relazione alle concessioni demaniali marittime segnala come in Italia vi sia una larga diffusione, sul demanio marittimo, lacuale e fluviale, di impianti turistico-ricreativi, stimati a metà 2016 in 21.390. Dal loro utilizzo, nel 2016 il vigente sistema di determinazione dei canoni ha consentito un introito di circa 103 milioni. Al fine di recuperare gettito tributario, sono state adottate iniziative dirette a favorire l'adempimento spontaneo e a contrastare l'evasione.
  Al riguardo ricorda che è attualmente all'esame delle Commissioni riunite Finanze e Attività produttive della Camera il disegno di legge C. 4302, recante delega al Governo per la revisione e il riordino della normativa relativa alle concessioni demaniali marittime, lacuali e fluviali ad uso turistico-ricreativo. Tra i principi e i criteri direttivi cui improntare la riforma segnala: il rispetto della concorrenza, della qualità paesaggistica e sostenibilità ambientale, della libertà di stabilimento, della garanzia dell'esercizio e sviluppo delle attività imprenditoriali nonché del riconoscimento e tutela degli investimenti, dei beni aziendali e del valore commerciale; la rideterminazione della misura dei canoni concessori, con l'applicazione di valori tabellari, tenendo conto della tipologia dei beni oggetto di concessione; il coordinamento formale e sostanziale delle disposizioni legislative vigenti in materia. La rideterminazione delle tariffe e dei meccanismi riferiti ai canoni demaniali attualmente in vigore, secondo i principi e criteri direttivi fissati con la delega, consentirà un maggior introito per le finanze pubbliche. Secondo il Governo, qualora si procedesse, come unica misura di revisione, al rialzo dei parametri per il calcolo dei canoni (importi al metro quadrato), si potrebbe avere un raddoppio del gettito rispetto a quanto incassato negli ultimi anni, da attribuire in quota parte alle Regioni e ai Comuni interessati per iniziative di efficientamento della gestione dei beni pubblici e di conservazione, tutela e miglioramento dell'ambiente.
  Con riferimento al settore bancario, la Commissione europea, nel Country Report relativo all'Italia del 2017, rileva come siano stati compiuti alcuni progressi per quanto riguarda il miglioramento del governo societario e la riforma della disciplina dell'insolvenza e del recupero crediti. Al contempo però la Commissione europea sottolinea come si registrino progressi limitati nell'affrontare il problema dei crediti deteriorati nel settore bancario, per il quale manca una strategia globale, in quanto l'aiuto a breve termine fornito al settore è stato finora limitato. Anche l'intervento dei capitali privati, a parere della Commissione (con riferimento alla cartolarizzazione dei crediti deteriorati e alla creazione di un loro mercato), potrebbe non avere la capacità necessaria per svolgere un ruolo sistemico nel risanamento del settore bancario italiano.
  Al riguardo il Governo rileva la discesa, nel terzo trimestre del 2016, del flusso di nuovi prestiti deteriorati, il cui tasso si è attestato al 2,6 per cento del totale. Alla Pag. 82fine del 2013 era stato registrato un picco del 5,9 per cento (dato riportato dalla Commissione UE nel Country Report). Per i mesi futuri, il Governo stima un'ulteriore riduzione del tasso di ingresso in sofferenza. Più in dettaglio viene previsto che, alla fine del 2017, il flusso di nuovi prestiti in sofferenza scenda dall'1,7 per cento all'1,2 per cento per i prestiti alle famiglie, e dal 4,1 al 3,1 per cento per i prestiti alle imprese.
  Riguardo alla consistenza dei crediti deteriorati lordi, il PNR ricorda che nei primi sei mesi del 2016 l'ammontare si è attestato a 356 miliardi. Secondo i dati diffusi dalla Commissione europea nel predetto Country Report, nel terzo trimestre del 2016 lo stock lordo di crediti deteriorati ammontava a 329 miliardi di euro.
  A tale proposito, la Commissione UE ha rilevato come siano stati compiuti progressi limitati nella riduzione dei prestiti deteriorati (la cui consistenza era pari a 340,9 miliardi alla fine del 2015).
  Il Governo stima che la riduzione dell'elevato stock di crediti deteriorati sarà graduale. Ritiene tuttavia che vi siano margini per accelerare il processo, tra cui anche il miglioramento dell'efficacia della gestione interna delle banche. Tra le misure adottate in tale direzione vengono enumerate sia le iniziative della Banca d'Italia, sia le iniziative intraprese dal Governo.
  Per quanto riguarda le azioni della Banca d'Italia, il DEF afferma che l'Autorità di vigilanza ha avviato la rilevazione statistica e dettagliata sulle caratteristiche delle sofferenze; al contempo, sono state estese al complesso delle banche le best practices per la gestione dei crediti deteriorati già definite a livello europeo per i maggiori gruppi. Tra le misure varate dal Governo viene ricordato lo schema di garanzia pubblica sui crediti in sofferenza (GACS), varato con il decreto-legge n. 18 del 2016; la Commissione UE il 30 dicembre 2016 ha autorizzato l'Italia a prorogare di sei mesi (fino a giugno 2017) le garanzie pubbliche per aiutare gli istituti di credito a raccogliere liquidità sui mercati finanziari.
  In tale contesto il DEF segnala come al 31 dicembre 2016 le garanzie concesse a istituti di credito a seguito della crisi finanziaria siano rimaste invariate rispetto al 2015 e ammontino a circa 6,4 miliardi. Tali garanzie sono concesse dallo Stato sulle passività delle banche relativamente ai titoli obbligazionari emessi dagli istituti di credito. Nel confronto con i principali partner europei, l'Italia risulta tra i paesi che hanno fatto minor ricorso alle garanzie per gestire la crisi finanziaria e già a partire dal 2016 solo una minima quota dello stock complessivo di garanzie è rivolta al settore bancario (circa lo 0,4 per cento del PIL a fronte del 2,2 per cento complessivo nel 2015).
  Strettamente connessa alla tematica delle sofferenze bancarie è la questione relativa alla disciplina dell'insolvenza e del recupero crediti. Al riguardo il DEF richiama le disposizioni, contenute nel decreto-legge n. 59 del 2016, volte a semplificare gli adempimenti e snellire le procedure per il recupero dei crediti, tra cui il pegno non possessorio (che consente all'imprenditore di costituire una garanzia reale sui beni d'impresa senza l'obbligo di consegna, con la possibilità di continuare ad utilizzare il bene e di disporne; in quest'ultimo caso, il pegno si trasferisce al prodotto risultante dalla trasformazione, al corrispettivo della cessione o del bene sostitutivo) il patto marciano (che nei contratti di credito con le imprese consente ai creditori, in caso di default del debitore, di assumere la titolarità della garanzia reale in via stragiudiziale) e l'uso delle tecnologie digitali nelle aste giudiziarie; in tale contesto rammenta altresì le misure previste dal decreto-legge n. 237 del 2016 per la tutela del risparmio nel settore creditizio, che stanzia complessivamente 20 miliardi al fine, tra l'altro, di concedere la garanzia dello Stato sulle nuove emissioni degli istituti di credito.
  Secondo quanto emerge dal DEF, con tali misure il Governo intende massimizzare l'efficacia degli strumenti messi a Pag. 83disposizione del sistema bancario, anche attraverso azioni di stimolo al loro utilizzo; continuare a sviluppare il mercato dei crediti deteriorati e rafforzare l'efficacia della supervisione sulla qualità degli attivi bancari, mediante l'estensione a tutte le banche delle best practices europee nella gestione dei NPLs; incoraggiare e sviluppare l'educazione finanziaria dei risparmiatori; rafforzare il sistema bancario e ridurre lo stock dei NPLs. Il Governo stima di raggiungere gli obiettivi di rafforzamento del sistema bancario e di riduzione dello stock di NPL negli anni 2017-2018.
  Tali misure si inseriscono nel solco di quanto già disposto con il decreto-legge n. 83 del 2015 che, in particolare, ha ridisciplinato il trattamento fiscale delle perdite sui crediti e ha inteso agevolare l'accesso al credito alle imprese in difficoltà e la ristrutturazione dei debiti.
  In quest'ambito, il DEF ricorda altresì l'istituzione del portale delle vendite pubbliche e la riforma della disciplina dell'insolvenza (di cui al disegno di legge A.S. 2681, già approvato dalla Camera e all'esame del Senato), intesa a sostituire al concetto di fallimento una procedura semplificata di liquidazione dei beni del debitore, con una possibile soluzione concordataria. Il PNR ricorda inoltre che le norme in esame alla Camera dei Deputati (il disegno di legge C. 3671-ter), colmando una lacuna dell'attuale legge fallimentare, intendono prevedere una specifica disciplina sulla crisi e l'insolvenza dei gruppi di imprese.
  Il Governo stima di approvare i DDL di delega per la riforma della disciplina dell'insolvenza e delle grandi imprese in crisi entro il 2017.
  In relazione alle caratteristiche del sistema bancario italiano, alla struttura e alla governance del settore creditizio, ricorda che la Commissione europea, nel più volte citato Country Report ne ha evidenziato ulteriori limiti strutturali e, in particolare, ha rilevato la bassa redditività degli istituti italiani.
  Tale caratteristica, a parere della Commissione europea, è ascrivibile a diversi fattori, tra cui: tassi d'interesse contenuti; limitata ripresa creditizia; riduzione dei proventi non da interessi, a causa dell'andamento sfavorevole del mercato; aumento delle spese non ricorrenti, ad esempio per le misure di prepensionamento e per i contributi al Fondo di risoluzione; importanti accantonamenti per le perdite su prestiti, anche se a un ritmo decrescente.
  Il Governo, nel PNR sottolinea tali specifici limiti strutturali del sistema finanziario italiano, richiamando, tra gli altri, l'eccessiva frammentazione dell'offerta (elevato numero di istituti bancari); la limitata disponibilità di altri tipi di finanziamento alternativi al credito bancario; i lunghi tempi di recupero per i crediti in sofferenza.
  In tale ambito viene dato atto della progressiva attuazione della riforma della governance del sistema bancario italiano, sia con riferimento alle riforme avviate dal Governo (banche di credito cooperativo e banche popolari), sia alle iniziative di autoriforma del settore (fondazioni bancarie).
  Il DEF ricorda inoltre che è all'esame della Commissione Finanze della Camera la proposta di legge C. 4410, già approvato dal Senato, istitutiva di una Commissione bicamerale di inchiesta sul sistema bancario e finanziario, con particolare riguardo alla tutela dei risparmiatori. Essa è chiamata a verificare gli effetti sul sistema bancario italiano della crisi finanziaria globale e le conseguenze dell'aggravamento del debito sovrano; la gestione degli istituti bancari coinvolti in situazioni di crisi o di dissesto, destinatari anche in forma indiretta di risorse pubbliche o posti in risoluzione; l'efficacia delle attività di vigilanza sul sistema bancario e sui mercati finanziari; l'adeguatezza della disciplina legislativa e regolamentare nazionale ed europea sul sistema bancario e finanziario, nonché sul sistema di vigilanza, anche ai fini della prevenzione e gestione delle crisi bancarie.
  Rammenta altresì come il richiamato decreto-legge n. 237 del 2016 rechi anche misure volte a sviluppare l'educazione finanziaria, previdenziale e assicurativa, Pag. 84mediante l'adozione di una Strategia nazionale per l'educazione finanziaria, assicurativa e previdenziale e l'istituzione, allo scopo di attuare la predetta strategia, di un Comitato nazionale per la diffusione dell'educazione finanziaria, assicurativa e previdenziale.
  Con riferimento alle iniziative avviate dal Governo per favorire le misure alternative al credito, il PNR cita l'insieme di misure – introdotte dalla legge di bilancio 2017 – che disciplinano i Piani Individuali di Risparmio – PIR, strumenti che godono di un trattamento fiscale di favore e vincolano parzialmente i risparmiatori ad investire nelle piccole e medie imprese italiane, nonché l'estensione – operata, parimenti, ad opera della legge di bilancio 2017 – a tutte le PMI della possibilità di raccogliere capitali mediante l’equity crowdfunding, al momento in fase di attuazione.
  Il Governo stima di attuare pienamente e valutare l'efficacia di tali misure entro il 2017.
  Quanto agli strumenti di natura finanziaria e fiscale a sostegno della crescita, la Commissione europea – complessivamente – richiama alcuni progressi compiuti dall'Italia, grazie anche alle riforme in corso, nel perseguimento dell'obiettivo di aumentare la produttività e la competitività di costo e non di costo del Paese, anche attraverso una riduzione del carico fiscale sui fattori produttivi (lavoro e capitale), il sostegno del credito e gli investimenti innovativi. Purtuttavia, rileva come siano necessari ulteriori progressi per migliorare le prospettive di crescita del Paese.
  In linea con le osservazioni formulate dalla Commissione europea, il Governo dichiara come obiettivo prioritario quello di innalzare stabilmente la crescita, nel rispetto della sostenibilità delle finanze pubbliche. In particolare, specifica attenzione è dedicata alle misure fiscali e finanziarie per sostenere la competitività e l'internazionalizzazione delle imprese.
  Il DEF ricorda in primo luogo gli interventi di rafforzamento degli strumenti finanziari a sostegno dell'internazionalizzazione delle imprese, in particolare relativi all'erogazione di finanziamenti per l'inserimento commerciale e gli investimenti nei mercati extra-UE, alla realizzazione di iniziative promozionali, al sostegno alla solidità patrimoniale delle PMI e ai programmi di assistenza tecnica volti alla formazione del personale che opera nei mercati esteri. È inoltre enumerato il pacchetto di incentivi teso ad attirare capitale umano in Italia.
  Molti di tali interventi sono stati avviati o perfezionati dalla legge di bilancio 2017, la quale ha introdotto una specifica disciplina, all'interno delle norme in materia di immigrazione, per facilitare l'ingresso in Italia di potenziali investitori. Sono state potenziate le agevolazioni fiscali per il rientro in Italia di docenti e ricercatori residenti all'estero e per i lavoratori altamente qualificati o specializzati che rientrano in Italia.
  Con riferimento specifico alle misure in favore delle startup e delle PMI innovative, il Governo registra un incremento del numero di tali imprese, rammentando anche il perfezionamento degli incentivi fiscali e finanziari disposti nei confronti dei settori produttivi innovativi.
  Più in generale, nel quadro del piano «Industria 4.0» – in continuità con interventi di «Finanza per la crescita» varati negli anni precedenti – sono enumerati gli interventi della Legge di Bilancio per il 2017. Il DEF in particolare ricorda le misure di «super-ammortamento» (al 140 per cento, per gli investimenti in nuovi beni strumentali effettuati entro il 31 dicembre 2017 o, al ricorrere di determinate condizioni, entro il 30 giugno 2018); l'iper-ammortamento al 250 per cento, per l'acquisto dei beni funzionali alla trasformazione digitale dei processi produttivi; l'estensione e il potenziamento del credito di imposta per le spese in ricerca e sviluppo.
  Nella stessa direttrice sono incluse anche le misure della legge di bilancio per il 2017 che rafforzano la finanza a supporto di Industria 4.0, venture capital e startup. Vengono ricordate le detrazioni fiscali per Pag. 85investimenti in startup e PMI innovative, nonché i già citati Piani Individuali di Risparmio (PIR).
  A tale proposito richiama come la Commissione europea segnali alcuni progressi compiuti dall'Italia, grazie anche alle riforme in corso, nel perseguimento dell'obiettivo di aumentare la produttività e la competitività del Paese, anche attraverso una riduzione del carico fiscale sui fattori produttivi (lavoro e capitale), il sostegno del credito e gli investimenti innovativi.
  Un significativo filone di interventi finalizzati a stimolare la competitività del sistema imprenditoriale è rappresentato, nel DEF 2017, dalle politiche per la concorrenza. L'Unione Europea ha infatti evidenziato l'importanza di adottare e attuare rapidamente la legge sulla concorrenza rimasta in sospeso; intervenire ulteriormente per aumentare la concorrenza nelle professioni regolamentate, nei trasporti, nella sanità, nel commercio al dettaglio e nell'aggiudicazione delle concessioni.
  Il DEF 2017, nel sottolineare come l'Italia abbia adottato nel tempo normative settoriali di grande impatto sulla concorrenza, che hanno contribuito ad aprire progressivamente numerosi mercati, indica che tra le priorità del Governo figura l'esigenza di aprire maggiormente al mercato diversi settori, con l'obiettivo di apportare benefici apprezzabili dai cittadini in termini di maggiore offerta, investimenti, produttività e crescita. In tal senso, l'approvazione della legge annuale per la concorrenza 2015 in tempi rapidi viene ritenuta un obiettivo imprescindibile, insieme all'immediata definizione di un appropriato strumento legislativo a cui affidare i prossimi passi in materia di liberalizzazioni.
  Il Cronoprogramma delle riforme individua il termine giugno 2017 per l'approvazione della legge annuale sulla concorrenza 2015 e il termine 2017/2018 per l'approvazione della legge annuale sulla concorrenza 2017, la cui proposta è in corso di elaborazione e che terrà conto della segnalazione annuale dell'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato.
  Si riserva quindi di formulare una proposta di parere.

  Maurizio BERNARDO, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame alla seduta già convocata per la giornata di domani, nel corso della quale si procederà alla votazione della proposta di parere che sarà formulata dal relatore.

  La seduta termina alle 14.40.

UFFICIO DI PRESIDENZA INTEGRATO DAI RAPPRESENTANTI DEI GRUPPI

  Mercoledì 19 aprile 2017.

  L'ufficio di presidenza si è riunito dalle 14.40 alle 14.45.