CAMERA DEI DEPUTATI
Martedì 28 marzo 2017
792.
XVII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Affari esteri e comunitari (III)
COMUNICATO
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SEDE CONSULTIVA

  Martedì 28 marzo 2017. — Presidenza del presidente Fabrizio CICCHITTO. — Interviene il sottosegretario di Stato agli affari esteri e alla cooperazione internazionale, Vincenzo Amendola.

  La seduta comincia alle 14.10.

Misure per contrastare il finanziamento delle imprese produttrici di mine antipersona, di munizioni e submunizioni a grappolo.
C. 4096, approvata dalla 6a Commissione permanente del Senato.
(Parere alla VI Commissione).
(Esame e conclusione – Parere favorevole).

  La Commissione inizia l'esame del provvedimento in oggetto.

  Michele PIRAS (MDP), relatore, ricordando che il disegno di legge di iniziativa della senatrice Amati ed altri C. 4096, approvato in sede deliberante dalla 6a Commissione del Senato il 6 ottobre 2016, è finalizzato a vietare il finanziamento ed il sostegno alle imprese produttrici di mine antipersona, munizioni e submunizioni cluster da parte delle banche e degli altri soggetti operanti nel settore finanziario, segnala che il parere richiesto alla III Commissione ha carattere rinforzato ai sensi dell'articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento in quanto il provvedimento reca disposizioni che investono in misura rilevante la competenza della III Commissione. Al riguardo ritiene utile ricordare che, ai sensi della lettera circolare del Presidente della Camera del 16 ottobre 1996 sugli ambiti di competenza delle Commissioni permanenti, se la politica degli armamenti rientra nella competenza della IV Commissione, la III Commissione è invece competente in materia di vendita di armi all'estero, mentre resta attribuita alla X Commissione la competenza in materia di industria bellica.Pag. 29
  Evidenzia che il disegno di legge riprende sostanzialmente quanto già previsto dall'Atto Camera n. 5407, a prima firma dell'onorevole Mogherini, presentato durante la XVI legislatura ed approvato in sede legislativa dalla VI Commissione il 18 dicembre 2012. A causa della fine della legislatura, non fu allora possibile approvare il provvedimento anche nell'altro ramo del Parlamento.
  Sottolinea che la proposta appare connessa a due distinti accordi internazionali: la Convenzione di Ottawa sul divieto di impiego, stoccaggio, produzione e trasferimento delle mine antipersona del 1997, ratificata dal nostro Paese con la legge 26 marzo 1999, n. 106, e la Convenzione di Oslo per la messa al bando delle munizioni a grappolo, o cluster munitions, adottata a Dublino nel maggio del 2008 ed entrata in vigore a livello internazionale il 1o agosto 2010.
  Quanto alla Convenzione di Ottawa, firmata da 127 Paesi nel dicembre 1997 a conclusione del processo negoziale denominato «processo di Ottawa», ricorda che essa pone divieti più radicali di quelli previsti da precedenti strumenti internazionali – come, ad esempio, il Protocollo rivisto della Convenzione del 1980 contro le armi ad effetto indiscriminato – impegnando le Parti a non usare, sviluppare, produrre, acquisire, accumulare riserve, conservare o trasferire mine antipersona. Ricorda che la Convenzione di Oslo è stata ratificata dall'Italia con la legge 14 giugno 2011, n. 95, che in occasione dell'esame del disegno di legge di ratifica proprio dalla III Commissione fu espresso l'auspicio affinché il Parlamento italiano adottasse un provvedimento atto ad impedire il finanziamento e il sostegno alle imprese produttrici di mine antipersona, di munizioni e sub-munizioni cluster.
  Passando al contenuto del provvedimento, segnala che l'articolo 1 vieta totalmente il finanziamento di società, in qualsiasi forma giuridica costituite, aventi sede in Italia o all'estero, che, direttamente o indirettamente, svolgono attività di costruzione, impiego, stoccaggio, distribuzione, trasferimento o trasporto di mine antipersona, munizioni e submunizioni cluster, di qualunque natura o composizione, o di parti di esse.
  L'articolo 2 reca le definizioni rilevanti ai fini dell'applicazione del provvedimento. In particolare, rileva che tra gli intermediari abilitati sono ricomprese anche le banche di Paesi membri dell'Unione europea, le imprese di investimento di Paesi membri dell'Unione europea e le banche extracomunitarie.
  Inoltre, evidenzia che sempre l'articolo 2 della proposta di legge definisce come mina antipersone ogni ordigno o dispositivo corrispondente alle caratteristiche individuate dall'articolo 2, commi 1 e 2, della Convenzione di Ottawa.
  Ricorda che il comma 1 dell'articolo 2 della Convenzione di Ottawa definisce la mina anti-persona come una mina progettata per essere fatta esplodere quando si trova in presenza, prossimità o contatto di una persona e la cui esplosione è suscettibile di incapacitare, ferire o uccidere una o più persone. Segnala, tuttavia, che vengono escluse dalla definizione di mina antipersona le mine progettate in modo da esplodere in presenza, prossimità o contatto di un veicolo, quantunque dotate di un dispositivo che ne impedisca la manipolazione a fini di disinnesco (dispositivo anti-handling), e che, pertanto, potrebbero colpire un artificiere eventualmente impegnato a rendere l'ordigno inoffensivo. Sottolinea che tali dispositivi, in ogni caso, erano già stati ricompresi nella definizione della disciplina italiana recata dalla legge n. 374 del 1997.
  L'articolo 2, ai sensi dell'articolo 2 della Convenzione di Olso, definisce altresì come munizioni e submunizioni cluster, ogni munizione convenzionale idonea a disperdere o rilasciare submunizioni esplosive ciascuna di peso inferiore a 20 chilogrammi.
  Ricorda che la Convenzione di Oslo qualifica le vittime di munizioni a grappolo ricomprendendo tra esse non solo gli individui direttamente colpiti, ma anche le loro famiglie e comunità. Inoltre, evidenzia che essa comprende tra le vittime non solo chi ha perso la vita o ha Pag. 30subito un danno corporale o psicologico, ma anche coloro che hanno subito un'emarginazione sociale o un pregiudizio sostanziale nel godimento dei propri diritti.
  Sottolinea che il provvedimento in esame ha un elevato valore umanitario e introduce, tra le altre cose, un vincolo etico alle attività di investimento e finanziamento delle attività sopra esposte, oltre a rappresentare un ulteriore passo in avanti per il nostro Paese, che già da numerosi anni si spende con sempre crescente credibilità in ambiti di cooperazione internazionale, legati all'assistenza alle vittime di ordigni inesplosi e di bonifica umanitaria grazie al Fondo istituito dalla legge n. 58 del 2001.
  Ad ogni modo, nonostante la normativa internazionale stia contribuendo a limitare il numero dei Paesi produttori, segnala che sono ancora numerose le istituzioni finanziarie che forniscono investimenti e servizi alle imprese che continuano a produrre cluster bombs. Un Rapporto biennale pubblicato delle organizzazioni non governative riunite nella Cluster Munition Coalition (CMC) rivela, tuttavia, come siano ben 166 le istituzioni finanziarie pubbliche e private che continuano a investire in aziende che producono questo tipo di strumenti di morte.
  Ricorda che questa continua produzione si associa, peraltro, ad una continua emergenza umanitaria. Segnala che degli oltre 440 milioni di bombe a grappolo impiegate dal 1965, si stima che circa 100 milioni restino tuttora inesplose, causando morti e mutilazioni a civili inermi, interessando intere aree di Paesi come Iraq, Kuwait, Bosnia ed Erzegovina, Cecenia, Croazia, Sudan, Sierra Leone, Etiopia, Eritrea, Albania, Kosovo, Afghanistan, Ossezia del Sud e ancor più recentemente, come rilevano le cronache dei nostri giorni, in Siria, Libia e Yemen. 
  Ricorda che il disegno di legge ha ricevuto un'attenzione importante da parte di un considerevole numero di cittadini. La Campagna Italiana contro le Mine ha raccolto negli anni passati 60.000 adesioni che chiedevano la messa al bando delle cluster bombs e una specifica petizione che chiedeva una rapida approvazione della presente proposta di legge ha raccolto di più di 10.000 adesioni.
  Sostiene che l'Italia è stata capace di passare dal triste primato di maggior Paese produttore ed esportatore di mine ad essere uno dei Paesi maggiormente impegnati sul fronte umanitario. Ritiene che il provvedimento in esame rappresenta il completamento di un lavoro congiunto delle istituzioni e delle organizzazioni della società civile in tema di disarmo umanitario.
  Auspica che con l'approvazione del provvedimento si torni anche a dare piena attuazione alla legge n. 185 del 1990, in merito alle operazioni autorizzate e svolte per il controllo dell'esportazione, importazione e transito dei materiali di armamento, che invece negli ultimi anni ha perso sostanziale trasparenza.
  In conclusione, alla luce delle considerazioni svolte, propone l'espressione di un parere favorevole sul provvedimento in esame.

  Il sottosegretario Vincenzo AMENDOLA si associa alla relazione e condivide la proposta di parere favorevole del relatore.

  La Commissione, all'unanimità, approva la proposta di parere del relatore.

  La seduta termina alle 14.20.

SEDE REFERENTE

  Martedì 28 marzo 2017. — Presidenza del presidente Fabrizio CICCHITTO. — Interviene il sottosegretario di Stato agli affari esteri e alla cooperazione internazionale, Vincenzo Amendola.

  La seduta comincia alle 14.20.

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Ratifica ed esecuzione del Protocollo addizionale di Nagoya – Kuala Lumpur, in materia di responsabilità e risarcimenti, al Protocollo di Cartagena sulla biosicurezza, fatto a Nagoya il 15 ottobre 2010.
C. 3916 Governo.
(Esame e rinvio).

  La Commissione inizia l'esame del provvedimento.

  Bruno CENSORE (PD), relatore, ricordando che il Protocollo addizionale all'esame della Commissione Affari esteri, fatto a Nagoya il 15 ottobre 2010, si riferisce al Protocollo di Cartagena sulla biosicurezza del 29 gennaio 2000 – a sua volta addizionale alla Convenzione delle Nazioni Unite sulla biodiversità – entrato in vigore a livello internazionale dall'11 settembre 2003 e ratificato dall'Italia con la legge 15 gennaio 2004, n. 27, richiama che il Protocollo di Cartagena si propone di contribuire al trasferimento, manipolazione e utilizzazione in sicurezza degli organismi viventi modificati che possono avere un impatto negativo sulla biodiversità, considerando anche i rischi per la salute umana e i movimenti transfrontalieri di detti organismi.
  Segnala che il processo negoziale previsto dallo stesso Protocollo di Cartagena è sfociato, il 15 ottobre 2010, nella città giapponese di Nagoya, durante la quinta riunione delle Parti nell'adozione di un Protocollo addizionale – quello all'esame – che tanto l'Italia quanto l'Unione europea hanno firmato, rispettivamente il 14 giugno e l'11 maggio 2011.
  Segnala che il Protocollo di Nagoya-Kuala Lumpur si compone di un preambolo e 21 articoli, e costituisce un approccio di tipo amministrativo all'individuazione di misure di risposta in caso di danno o di sufficiente probabilità di danno alla biodiversità in conseguenza di movimenti transfrontalieri di organismi viventi modificati.
  Illustrando il contenuto del Protocollo, segnala che l'articolo 1 enuncia sinteticamente l'obiettivo dello stesso Protocollo addizionale, ovvero quello di elaborare norme e procedure a livello internazionale in materia di responsabilità e risarcimenti relativamente agli organismi viventi modificati, onde contribuire alla conservazione e all'uso sostenibile della biodiversità, tenendo anche conto dei rischi per la salute umana.
  L'articolo 2 contiene una serie di definizioni: in particolare il termine «danno» definisce un effetto negativo sulla biodiversità misurabile o osservabile su basi scientificamente solide da un'autorità competente, tenendo conto di cambiamenti eventuali indotti sull'uomo e sull'ambiente naturale; e che sia inoltre significativo, ovvero correlato a un cambiamento di lungo periodo o persino permanente delle componenti della biodiversità, o comunque a cambiamenti qualitativi e quantitativi con impatto negativo sulla componente della biodiversità, o ancora ad effetti negativi sulla salute umana.
  Ricorda che l'ambito di applicazione del Protocollo addizionale, ai sensi dell'articolo 3, è quello dei danni derivanti da organismi viventi modificati nel corso di un movimento transfrontaliero di essi. Si tratta, in particolare, degli organismi viventi modificati destinati all'uso diretto nell'alimentazione umana o animale, nonché di quelli destinati all'uso confinato o destinati all'introduzione intenzionale nell'ambiente.
  L'articolo 4 demanda al diritto interno di ciascuna Parte del Protocollo addizionale la determinazione del rapporto di causa-effetto tra un organismo vivente modificato e il danno cagionato.
  L'articolo 5 concerne le misure di risposta in caso di danno: gli operatori interessati dovranno informare immediatamente l'autorità nazionale competente ai sensi dell'articolo 19 del Protocollo di Cartagena, e dovranno altresì valutare il danno e adottare le misure di risposta appropriate. Analogamente, l'autorità nazionale competente dovrà individuare l'operatore responsabile del danno, valutarne l'entità e stabilire le opportune misure di risposta. Segnala che la relazione introduttiva al disegno di legge di autorizzazione alla ratifica del Protocollo Pag. 32addizionale specifica che la normativa nazionale attuativa delle direttive comunitarie in materia di organismi geneticamente modificati ha individuato per l'Italia come autorità competenti il Ministero dell'ambiente e il Ministero della salute.
  In ordine alle esenzioni e ai limiti eventuali alla tutela risarcitoria di cui agli articoli 6, 7 e 8 del Protocollo addizionale, sottolinea che la relazione introduttiva precisa che tali profili sono già disciplinati in Italia dal decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (recante norme in materia ambientale), il cui articolo 303 prevede la non applicabilità delle tutele risarcitorie a danni causati da atti di conflitto armato o di sabotaggio, o da fenomeni naturali di carattere eccezionale e incontrollabile.
  Ricorda che lo stesso articolo 303 esclude dalle tutele risarcitorie le attività svolte in condizioni di necessità in vista della sicurezza nazionale o della protezione da calamità naturali, i danni causati prima dell'entrata in vigore della parte sesta del decreto legislativo n. 152 del 2006, i danni i cui effetti risalgano a più di trent'anni, i danni causati da inquinamento di carattere diffuso, non imputabile all'attività di singoli operatori. In particolare, poi, in relazione alla facoltà che l'articolo 8 del Protocollo dà alle Parti di prevedere limiti finanziari per il rimborso di costi e spese, segnala che la relazione introduttiva precisa che il decreto legislativo n. 152 del 2006 non ha previsto la predisposizione di alcun limite finanziario.
  L'articolo 9 salvaguarda la facoltà di ricorso o di azione di risarcimento di un operatore nei confronti di un'altra persona, facoltà che il Protocollo addizionale in esame non limita né restringe.
  L'articolo 10 riserva alle Parti il diritto di prevedere disposizioni nei rispettivi ordinamenti in materia di garanzia finanziaria, previo approfondimento dei relativi meccanismi e dell'impatto ambientale e socioeconomico di essi, con particolare riguardo per i Paesi in via di sviluppo.
  L'articolo 11 salvaguarda diritti e obblighi degli Stati in base al diritto internazionale nella materia della responsabilità di essi per atti illeciti.
  L'articolo 12 prevede l'obbligo per le Parti di incardinare nei rispettivi ordinamenti disposizioni legislative e regolamentari, nonché procedurali, in materia di danno. Le Parti dunque dovranno prevedere misure di risposta adeguate in base al Protocollo addizionale.
  Per quanto concerne gli organi di amministrazione del Protocollo addizionale (articoli 14 e 15), ricorda che questi sono la Conferenza delle Parti che si riunisce in quanto riunione delle Parti del Protocollo di Cartagena, che funge da riunione delle Parti contraenti anche per il Protocollo addizionale, e il segretariato del Protocollo addizionale medesimo, che è lo stesso istituito dall'articolo 24 della Convenzione sulla biodiversità. Segnala che la riunione delle Parti del Protocollo addizionale esamina regolarmente l'attuazione del medesimo e adotta le decisioni necessarie per migliorarla e promuoverla. Ricorda, inoltre, che la riunione delle Parti riesamina il Protocollo addizionale cinque anni dopo l'entrata in vigore di esso, e successivamente con cadenza quinquennale (articolo 13).
  Segnala che gli articoli da 17 a 21, infine, contengono le clausole finali.
  Ricorda che il disegno di legge di autorizzazione si compone di quattro articoli: i primi due, contengono rispettivamente l'autorizzazione alla ratifica e l'ordine di esecuzione dello strumento internazionale.
  L'articolo 3 concerne la copertura finanziaria degli oneri derivanti dal provvedimento: in particolare, evidenzia che il comma 1 prevede che all'onere complessivo, pari a 250.520 euro annui a decorrere dal 2016 – in proposito segnala l'opportunità di aggiornare il riferimento temporale della copertura – si provvede riducendo corrispondentemente lo stanziamento del fondo speciale di parte corrente iscritto nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze, con parziale utilizzazione dell'accantonamento Pag. 33relativo al Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale.
  Conclude auspicando una pronta approvazione del disegno di legge, finalizzato alla ratifica di un accordo internazionale che, da un lato, mira a fare crescere la fiducia nello sviluppo e nell'applicazione delle moderne biotecnologie e, dall'altro, favorisce la creazione di condizioni volte a ottenere il massimo vantaggio dalle potenzialità degli organismi viventi modificati, stabilendo misure di risposta e regole per il risarcimento nell'eventualità che qualcosa non funzioni e che la diversità biologica subisca o abbia probabilità di subire un danno.

  Il sottosegretario Vincenzo AMENDOLA si associa alla relazione illustrata dal deputato Censore.

  Fabrizio CICCHITTO, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, avverte che è concluso l'esame preliminare del provvedimento, che sarà trasmesso alle Commissioni competenti per l'espressione dei pareri. Rinvia quindi il seguito dell'esame ad altra seduta.

  La seduta termina alle 14.30.

UFFICIO DI PRESIDENZA INTEGRATO DAI RAPPRESENTANTI DEI GRUPPI

  L'ufficio di presidenza si è riunito dalle 14.30 alle 14.35.

AVVERTENZA

  Il seguente punto all'ordine del giorno non è stato trattato:

Ratifica ed esecuzione dell'Accordo tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo della Repubblica di Croazia sulla cooperazione transfrontaliera di polizia, fatto a Zagabria il 5 luglio 2011.
C. 4224 Governo, approvato dal Senato.