CAMERA DEI DEPUTATI
Mercoledì 15 marzo 2017
784.
XVII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Finanze (VI)
COMUNICATO
Pag. 70

SEDE CONSULTIVA

  Mercoledì 15 marzo 2017. — Presidenza del presidente Maurizio BERNARDO. — Interviene il viceministro dell'economia e delle finanze Luigi Casero.

  La seduta comincia alle 13.55.

Ratifica ed esecuzione dell'Accordo tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo di Costa Rica sullo scambio di informazioni in materia fiscale, con Allegato.
C. 4254 Governo.

(Parere alla III Commissione).
(Seguito dell'esame e conclusione – Parere favorevole).

  La Commissione prosegue l'esame del provvedimento, rinviato nella seduta del 14 marzo scorso.

  Maurizio BERNARDO, presidente, ricorda che nella seduta di ieri il relatore, Currò, ha illustrato il contenuto del provvedimento e ha successivamente formulato una proposta di parere favorevole con alcune premesse (vedi allegato 1), la quale è già stata trasmessa informalmente via e-mail a tutti i componenti della Commissione nel pomeriggio di ieri.

  Alessio Mattia VILLAROSA (M5S) dichiara l'astensione del proprio gruppo sulla proposta di parere formulata dal relatore, rilevando come il gruppo M5S Pag. 71concordi con l'esigenza di intervenire sulla disciplina dell'amministrazione straordinaria delle imprese in crisi, ma non condivida l'opportunità di intervenire in materia conferendo l'ennesima delega legislativa al Governo. Ritiene infatti che su tale tematica sia necessario un ampio dibattito in sede parlamentare per definire in termini puntuali la normativa in materia.

  Pietro LAFFRANCO (FI-PdL) dichiara il voto favorevole del proprio gruppo sulla proposta di parere formulata dal relatore.

  La Commissione approva la proposta di parere formulata dal relatore.

Delega al Governo in materia di amministrazione straordinaria delle grandi imprese in stato di insolvenza.
C. 3671-ter Governo e abb.

(Parere alla X Commissione).
(Seguito dell'esame e conclusione – Parere favorevole con osservazione).

  La Commissione prosegue l'esame del provvedimento, rinviato nella seduta del 14 marzo scorso.

  Maurizio BERNARDO, presidente e relatore, ricorda di aver illustrato, in qualità di relatore, il provvedimento nella seduta di ieri e di aver formulato una proposta di parere favorevole con un'osservazione (vedi allegato 2), la quale è già stata trasmessa informalmente via e-mail a tutti i componenti della Commissione nel pomeriggio di ieri.

  La Commissione approva la proposta di parere formulata dal relatore.

  La seduta termina alle 14.

SEDE REFERENTE

  Mercoledì 15 marzo 2017. — Presidenza del presidente Maurizio BERNARDO. – Interviene il viceministro dell'economia e delle finanze Luigi Casero.

  La seduta comincia alle 14.

Disposizioni in materia di separazione tra le banche commerciali e le banche d'affari.
C. 488 Caparini, C. 762 Di Lello, C. 1605 Giancarlo Giorgetti, C. 1742 Meloni, C. 2000 Sibilia, C. 2240 Bianconi, C. 2597 Consiglio Regionale della Toscana, C. 2601 Schullian, C. 2712 Minardo, C. 3647 Paglia e C. 3871 Consiglio Regionale dell'Abruzzo e C. 4255 Villarosa.

(Esame e rinvio).

  La Commissione inizia l'esame dei provvedimenti.

  Marco DI MAIO (PD), relatore, rileva come la Commissione sia chiamata a esaminare, in sede referente, una serie di proposte di legge (C. 488, C. 762, C. 1605, C. 1742, C. 2000, C. 2240, C. 2597, C. 2601, C. 2712, C. 3647, C. 3871 e C. 4255) che intervengono tutte sul tema della separazione tra banche d'affari e banche commerciali.
  Evidenzia quindi come le proposte di legge, che sono accomunate dalla medesima finalità fondamentale di introdurre nell'ordinamento italiano il principio della separazione delle attività bancarie commerciali da quelle speculative ma differiscono tra loro sotto il profilo della loro redazione tecnica, possano essere suddivise in tre gruppi:
   le proposte di legge C. 1742 Meloni (FdI-AN) e C. 2240 Bianconi (Misto-CR), le quali prevedono la modifica dell'articolo 10 del Testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia (TUB) di cui al decreto legislativo n. 385 del 1993, in materia di separazione tra le banche commerciali e le banche d'affari;
   le proposte di legge C. 488 Caparini (LNA), C. 762 Di Lello (PD), C. 1605 Giancarlo Giorgetti (LNA), C. 2000 Sibilia (M5S), C. 2712 Minardo (AP-NCD-CpI) e C. 3647 Paglia (SI-SEL), che attribuiscono una delega al Governo per la riforma dell'ordinamento bancario mediante la separazione tra banche commerciali e banche d'affari;
   le proposte di legge C. 2597 Consiglio regionale della Toscana, C. 2601 Schullian Pag. 72(Misto-Min.ling.), C. 3871 Consiglio regionale dell'Abruzzo e C. 4255 Villarosa (M5S), che introducono il principio di separazione bancaria, modificando il TUB, introducendo un'apposita disciplina e prevedendo una delega volta a differenziare il trattamento fiscale.

  Segnala che la proposta di legge C. 1742, su richiesta del gruppo Fratelli d'Italia è stata inserita nel calendario dei lavori dell'Assemblea a partire da lunedì 27 marzo prossimo, con la clausola «ove concluso dalla Commissione».
  Passando ad analizzare partitamente tali tre gruppi di proposte, le proposte di legge C. 1742 e C. 2240 introducono nel TUB il principio della separazione dell'attività di commercio in proprio di strumenti finanziari dalle restanti attività esercitate dalle banche, attribuendo alle banche il termine di un anno per esercitare l'opzione in favore dell'attività che intendono svolgere.
  In particolare l'articolo 1 introduce nell'articolo 10 del TUB un nuovo comma 3-bis, il quale stabilisce che le banche che svolgono attività di commercio in proprio di strumenti finanziari non possono svolgere anche le altre attività previste dal predetto articolo 10, e cioè la raccolta di risparmio tra il pubblico e l'esercizio del credito, nonché ogni altra attività finanziaria e le attività connesse o strumentali.
  In merito ricorda che il vigente articolo 10 del TUB prevede che la raccolta di risparmio tra il pubblico e l'esercizio del credito costituiscono l'attività bancaria, la quale ha carattere d'impresa. L'esercizio dell'attività bancaria è riservato alle banche. Le banche esercitano, oltre all'attività bancaria, ogni altra attività finanziaria, secondo la disciplina propria di ciascuna, nonché attività connesse o strumentali. Sono salve le riserve di attività previste dalla legge.
  La proposta C. 2240 prevede un'eccezione a tale divieto per i prodotti relativi al debito pubblico della Repubblica italiana.
  L'articolo 2 delle proposte attribuisce inoltre alle banche il termine di un anno per esercitare l'opzione in favore dell'attività che intendono svolgere e per adattare ad essa il loro assetto societario.
  Le proposte di legge C. 488, C. 762, C. 1605, C. 2000, C. 2712 e C. 3647 dispongono a loro volta, all'articolo 1, la separazione tra le banche commerciali e le banche d'affari, al fine di tutelare le attività finanziarie di deposito e di credito concernenti l'economia reale, differenziando tali attività da quelle legate all'investimento e alla speculazione sui mercati finanziari nazionali e internazionali, mediante modifica, integrazione e coordinamento della disciplina vigente recata dal TUB.
  Vengono fornite le definizioni di banche commerciali (banche che esercitano l'attività di credito nei confronti dei cittadini, delle famiglie, delle imprese e delle comunità e che effettuano la raccolta di depositi o di altri fondi con obbligo di restituzione per l'esercizio dell'attività di credito) e di banche d'affari (banche che investono nel mercato finanziario, svolgendo attività legate alla negoziazione e all'intermediazione di valori mobiliari in genere).
  A tale fine il Governo è delegato ad adottare entro dodici mesi (ovvero sei mesi per le proposte di legge C. 762 e C. 3647) uno o più decreti legislativi recanti norme per la separazione tra le banche commerciali e le banche d'affari.
  In tale contesto sono indicati i seguenti principi e criteri direttivi per l'esercizio della delega:
   prevedere il divieto per le banche commerciali di svolgere, direttamente o indirettamente, qualsiasi attività propria delle banche d'affari, delle società di intermediazione mobiliare e, in generale, di tutte le società finanziarie che non sono autorizzate a effettuare la raccolta di depositi tra il pubblico; la proposta di legge C. 762 consente tali attività entro il limite del 20 per cento degli asset totali della banca e comunque con una soglia massima di 10 miliardi;
   prevedere distinti titoli abilitativi per le banche commerciali e le banche d'affari Pag. 73(nelle proposte di legge C. 762, C. 2712 e C. 3647);
   prevedere il divieto per le banche commerciali di effettuare attività legate alla negoziazione e all'intermediazione dei valori mobiliari (nelle proposte di legge C. 1605 e C. 488);
   definire le attività e i servizi svolti dalle banche che operano con persone fisiche e giuridiche con esigenze di base, nonché quelli svolti dalle banche con attività e servizi complessi non rivolti a tale clientela, definendo i distinti titoli abilitativi per le banche commerciali e per le banche d'affari (proposta di legge C. 3647);
   prevedere il divieto, per le banche commerciali, di detenere partecipazioni o di stabilire accordi di collaborazione commerciale di qualsiasi natura con banche d'affari, banche d'investimento, società di intermediazione mobiliare e società finanziarie (principio di delega peraltro non contemplato dalla proposta di legge C. 762); ovvero introdurre il divieto per le banche commerciali di essere partecipate da banche d'affari o di partecipare a banche d'affari (nella proposta di legge C. 2712) ovvero ancora introdurre il divieto di partecipazioni incrociate (nella proposta di legge C. 3647);
   stabilire il divieto, per i rappresentanti, i direttori, i soci di riferimento e gli impiegati delle banche d'affari, delle banche d'investimento, delle società di intermediazione mobiliare e in generale di tutte le società finanziarie che non effettuano la raccolta di depositi tra il pubblico, di detenere posizioni di controllo e di ricoprire cariche direttive nelle banche commerciali;
   definire i requisiti di indipendenza per il management delle banche e introdurre il divieto di ricoprire cariche direttive e di detenere posizioni di controllo in banche diverse da quelle in cui operano (nella proposta di legge C. 3647);
   prevedere una regolamentazione interna al gruppo o al conglomerato finanziario che assicuri l'autonomia alle banche che svolgono attività di intermediazione creditizia tradizionale (nella proposta di legge C. 3647);
   prevedere l'obbligo, per le banche commerciali, di operare in condizioni di sostanziale equilibrio tra le scadenze delle attività di raccolta e di impiego delle risorse finanziarie (nelle proposte di legge C. 762, C. 2000, C. 3647); la proposta di legge C. 762 prevede inoltre, per le banche che effettuano la raccolta dei depositi a breve termine, il divieto di erogare finanziamenti a medio o a lungo termine;
   prevedere il divieto di trasferire rischi e perdite derivanti dall'attività di trading sulla liquidità e sulla insolvibilità delle banche commerciali, nonché sul portafoglio e sui depositi della loro clientela (nella proposta di legge C. 3647);
   stabilire sanzioni proporzionate e dissuasive per le banche che non ottemperino ai princìpi individuati (principio di delega peraltro non contemplato dalle proposte di legge C. 488 e C. 1605), prevedendo (nelle proposte di legge C. 762, C. 2000 e C. 2712), per le infrazioni di maggiore gravità, la revoca dell'autorizzazione all'attività bancaria;
   prevedere un congruo periodo, comunque non superiore a dodici/ventiquattro mesi dalla data di entrata in vigore del primo decreto legislativo, durante il quale le banche devono risolvere le incompatibilità introdotte in attuazione della legge (principio di delega peraltro non contemplato dalla proposta di legge C. 762);
   prevedere un trattamento fiscale più favorevole per le banche commerciali rispetto a quello per le banche d'affari (principio di delega peraltro non contemplato dalla proposta di legge C. 762).

  Viene altresì previsto che gli schemi dei decreti legislativi siano trasmessi alle Camere, per acquisire il parere delle Commissioni parlamentari competenti, da esprimere entro trenta giorni (ovvero quaranta – nelle proposte di legge C. 762 e C. 2712, o quarantacinque giorni – nelle Pag. 74proposte di legge C. 488 e C. 1605) dalla data dell'assegnazione. Decorso il termine per l'espressione dei pareri, i decreti possono essere comunque adottati.
  La proposta di legge C. 3647 contempla inoltre l'ipotesi in cui il Governo non intenda conformarsi al parere parlamentare, prevedendo che in tal caso l'Esecutivo trasmette il nuovo testo alle Camere le quali dispongono di ulteriori trenta giorni per il parere. La stessa proposta di legge prevede anche il termine di un anno per l'emanazione di ulteriori decreti correttivi.
  Nelle proposte di legge C. 2000, C. 2712 e C. 3647 è altresì prevista una clausola di invarianza finanziaria, in base alla quale dall'attuazione della legge e dei decreti legislativi non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
  Per quanto riguarda le proposte di legge C. 2597, C. 2601, C. 3871 e C. 4255, esse prevedono la separazione delle attività finanziarie di deposito e di credito relative all'economia reale da quelle legate agli investimenti ad alto rischio e alla speculazione sui mercati finanziari nazionali e internazionali, allo scopo di evitare di distrarre fondi pubblici e di scongiurare il fallimento di istituti di credito, a danno dei contribuenti (la proposta di legge C. 4255 fa riferimento allo scopo di evitare l'utilizzo di risoluzione erariali per la risoluzione delle crisi degli enti creditizi e delle imprese di investimento).
  A tal fine le proposte di legge inseriscono nell'articolo 13 del TUB, che disciplina l'albo delle banche attive in Italia, un nuovo comma 1-bis, prevedendo l'articolazione dell'albo in due sezioni relative, rispettivamente, alle banche commerciali e alle banche d'affari.
  Le banche commerciali esercitano l'attività di deposito e di credito nei confronti dei cittadini, delle famiglie, delle imprese e delle comunità. Al riguardo la proposta di legge C. 4255 modifica l'articolo 10 del TUB, specificando che l'attività riservata alle banche commerciali riguarda l'esercizio del credito nei confronti di enti pubblici della Repubblica e di persone fisiche e giuridiche, mentre le banche d'affari esercitano le attività finanziarie, nonché le attività connesse e strumentali, secondo la disciplina propria di ciascuna.
  Secondo le proposte di legge C. 2597 e C.2601 le stesse banche commerciali possono promuovere presso i propri clienti esclusivamente investimenti classificati a basso rischio, tra cui titoli di Stato e obbligazioni di società partecipate dallo Stato, purché:
   a) il capitale investito non superi i due terzi del totale depositato presso l'istituto bancario stesso;
   b) il capitale investito non superi la quota massima di 250.000 euro.

  Tutte le proposte di legge sopra richiamate fanno inoltre divieto alle banche commerciali di:
   a) svolgere direttamente o indirettamente qualsiasi attività propria delle banche di affari e più in generale di tutte le società finanziarie che non sono autorizzate a effettuare la raccolta di depositi tra il pubblico (la proposta di legge C. 4255, che prevede l'inserimento nel TUB di un nuovo articolo 10-bis, prevede un'eccezione per gli strumenti finanziari relativi al debito pubblico della Repubblica italiana, nei limiti del 70 per cento dei depositi della banca commerciale);
   b) detenere partecipazioni o stabilire accordi di natura commerciale con banche di affari, società di intermediazione o società finanziarie non autorizzate a effettuare la raccolta di depositi tra il pubblico.

  La proposta di legge C. 4255 specifica altresì che le banche commerciali possono acquisire partecipazioni in banche commerciali esclusivamente previa autorizzazione della Banca d'Italia ed esclusivamente se tale acquisizione è motivata da un interesse pubblico.
  Per quanto riguarda le banche di affari, esse possono esercitare l'attività di investimento, di negoziazione e di intermediazione nel mercato finanziario, ma le proposte di legge vietano alle stesse banche di Pag. 75affari di detenere partecipazioni o stabilire accordi di natura commerciale con le banche commerciali.
  Per quanto riguarda il regime delle incompatibilità tutte le proposte di legge sopra richiamate fanno esplicito divieto, per chiunque ricopra una carica o un incarico professionale all'interno di una banca di affari, di ricoprire cariche direttive nelle banche commerciali.
  La proposta di legge C. 4255 vieta inoltre, per chiunque ricopra una carica o un incarico professionale all'interno di una banca commerciale, di ricoprire cariche negli organi di amministrazione e controllo di banche d'affari.
  La proposta di legge C. 3871 prevede altresì l'incompatibilità tra le cariche direttive in due o più banche, siano esse d'affari o commerciali.
  Le proposte di legge C. 2597, C. 2601 e C. 3871 stabiliscono altresì esplicitamente l'obbligo, per le banche commerciali, di operare in sostanziale equilibrio tra le scadenze delle attività di raccolta e di impiego delle risorse finanziarie.
  Tutte le richiamate proposte di legge prevedono un anno di tempo dalla data di entrata in vigore della legge per l'adeguamento da parte delle banche alle nuove disposizioni introdotte.
  Le proposte di legge C. 2601, C. 3871 e C. 4255 contengono una delega al Governo per adottare, entro un anno, un decreto legislativo volto a prevedere un trattamento fiscale più favorevole per le banche commerciali rispetto alle banche d'affari, nel rispetto dell'invarianza finanziaria. La proposta di legge C. 2597 prevede invece, a tal fine, un intervento normativo da parte del Parlamento.
  Sono infine stabilite sanzioni pecuniarie (da 5.000 euro fino a 10 milioni a seconda della tipologia di violazione) per la violazione delle disposizioni contenute nelle proposte di legge, prevedendo, per le violazioni di maggiore gravità, la possibilità di revocare l'autorizzazione bancaria (nella proposta di legge C. 3871 tali previsioni sono oggetto di delega legislativa).
  La proposta di legge C. 4255 inserisce a tal fine nel TUB un nuovo articolo 130-bis, il quale prevede che per l'inosservanza della riserva di attività tra le banche commerciali e le banche d'affari e delle incompatibilità tra le rispettive cariche si applica una sanzione amministrativa pecuniaria pari a un minimo di 10 milioni di euro fino a un massimo del 30 per cento del fatturato lordo relativo all'ultimo bilancio approvato, in base alla gravità della violazione.
  Al fine di comprendere meglio il contenuto delle proposte di legge, ritiene opportuno segnalare come il tema della separazione tra le diverse attività bancarie costituisca uno degli aspetti più controversi, fin dai primi decenni del ’900, del dibattito, sia in ambito scientifico, sia in ambito legislativo, circa la regolamentazione delle attività creditizie e finanziarie, ancora in corso nei Paesi economicamente più avanzati.
  In estrema sintesi, ricorda innanzitutto che, negli Stati Uniti, il collasso di gran parte del sistema delle banche commerciali legato alla Grande Crisi del 1929 portò ad adottare, nel giugno 1933, il Banking Act of 1933, noto come Glass-Steagall Act, che introdusse una separazione fra banche commerciali e banche di investimento e istituì la Federal Deposit Insurance Corporation (FDIC), un'agenzia indipendente di assicurazione dei depositi alla quale vennero conferiti anche poteri di vigilanza. Il Glass-Steagall Act rimase in vigore per più di sessanta anni e venne abrogato solo dal Gramm-Leach-Bliley Act (GLBA) del 12 novembre 1999, il quale abrogò anche alcune norme del Bank Holding Company Act del 1956 che impedivano alle banche commerciali di svolgere attività assicurativa, consentendo in tal modo l'avvento del modello cosiddetto «broad banking». Quest'ultimo intervento normativo, favorendo il predominio delle politiche creditizie più rischiose delle banche di investimento rispetto a quelle commerciali, verrà in seguito individuato come uno dei fattori che ha contribuito alla crisi dei mutui subprime del 2007.
  Successivamente, a seguito della richiamata crisi finanziaria iniziata nel 2007, in alcuni Paesi sono stati introdotti vincoli Pag. 76espliciti allo svolgimento di talune attività, al fine di separare l'attività creditizia da quella finanziaria e di negoziazione svolte dalle banche in conto proprio, avendo come obiettivo quello di eliminare i sussidi indiretti alle attività più rischiose, separandole da quelle con alto contenuto di pubblica utilità, quali l'erogazione di credito e la prestazione di servizi di pagamento.
  In particolare negli Stati Uniti il Dodd-Frank Act ha introdotto la cosiddetta Volcker rule (la quale limita l'attività speculativa delle banche, che non possono investire i propri capitali in Borsa, in strumenti derivati e in partecipazioni in hedge funds al di sopra del 3 per cento, separando in tal modo le attività di «commercial» da quelle di «investment» banking, allo scopo di tutelare i risparmiatori da attività troppo speculative e di evitare nuovi crack finanziari, rendendo più stabile il sistema creditizio). In Gran Bretagna il Banking Act ha recepito le indicazioni in tal senso della Commissione Vickers; analoghe iniziative sono state adottate in Francia, con la Loi de Separation Bancaire e in Germania con la Gesetz zur Abschirmung von Risiken. 
  In Italia la legge di riforma bancaria del 1936 ha ridisegnato l'intero assetto del sistema creditizio, prevedendo, tra l'altro, la separazione fra banca e industria e la separazione fra credito a breve e a lungo termine. Nel 1993 tale normativa è stata profondamente riformata con l'approvazione del Testo unico in materia bancaria e creditizia (TUB), di cui al decreto legislativo 1o settembre 1993, n. 385. In particolare, il già citato articolo 10, comma 3, del TUB prevede che le banche esercitano, oltre all'attività bancaria, ogni altra attività finanziaria, secondo la disciplina propria di ciascuna, nonché attività connesse o strumentali.
  Nell'Unione europea il dibattito sull'opportunità di introdurre misure analoghe si è aperto con il Rapporto Liikanen, elaborato dal Gruppo di lavoro presieduto da Erkin Liikanen sulla riforma strutturale delle banche, che era stato incaricato nel 2011 dall'allora Commissario europeo per il mercato interno e i servizi finanziari, Michel Barnier, di elaborare ipotesi di intervento strutturale sul settore bancario, con il doppio obiettivo di rafforzare la stabilità finanziaria e di migliorare il livello di protezione dei consumatori.
  Tra le raccomandazioni contenute nel rapporto finale del gruppo di lavoro, tra l'altro, veniva proposto di separare legalmente le attività di deposito da quelle di trading ad alto rischio (in titoli e derivati), qualora tali attività superino il 25 per cento del giro di affari di un gruppo bancario (o, in alternativa, 100 miliardi di euro). Inoltre, si suggeriva di pagare una parte dei bonus dei banchieri in titoli di Stato, e di porre comunque un limite alle retribuzioni dei manager.
  Successivamente la Commissione Europea il 29 gennaio 2014 ha presentato una proposta di regolamento sulla riforma strutturale del settore bancario.
  La proposta mira alla separazione delle attività finanziarie più rischiose delle banche da quelle di intermediazione tradizionale, prevedendo in particolare:
   il divieto di negoziazione per conto proprio in strumenti finanziari e in merci, al solo scopo di ottenere un utile per la banca;
   il potere dell'autorità di vigilanza, e addirittura l'obbligo in determinate circostanze, d'imporre il trasferimento di attività di negoziazione ad alto rischio (attività di supporto agli scambi, operazioni complesse in derivati e cartolarizzazioni, ecc.) a entità giuridiche distinte all'interno del gruppo, per scongiurare il rischio che la banca aggiri il divieto di svolgere determinate attività effettuando attività occulte di negoziazione per conto proprio che, per le proporzioni troppo grandi che assumono o l'elevato indebitamento che generano, possono mettere a repentaglio la banca nel suo complesso e il sistema finanziario in genere; la banca avrà la possibilità di non separare le attività se sarà in grado di dimostrare all'autorità di vigilanza che i rischi generati sono attenuati tramite altri mezzi;Pag. 77
   norme che disciplinano i rapporti economici, giuridici, operativi e di governance tra l'entità di negoziazione distinta e il resto del gruppo bancario.

  La proposta di regolamento è ancora all'esame del Consiglio dell'UE e del Parlamento europeo: in particolare, il 19 giugno 2015 il Consiglio ha raggiunto un accordo politico, che costituisce la base per avviare i negoziati con il Parlamento europeo.
  Il testo concordato dal Consiglio prevede che il regolamento si applichi agli enti a rilevanza sistemica a livello globale (conformemente alla direttiva 2013/36/UE sui requisiti patrimoniali) o alle entità che negli ultimi tre anni abbiano attività totali di almeno 30 miliardi di euro e attività di negoziazione pari ad almeno 70 miliardi di euro. Queste banche sarebbero assegnate a due classi di capitale a seconda che la somma delle loro attività di negoziazione degli ultimi tre anni superi o meno 100 miliardi di euro. Alle banche che superano la soglia si applicherebbero obblighi di comunicazione più severi, una valutazione dei rischi più approfondita e azioni di vigilanza diverse.
  Il regolamento non si applicherebbe a enti con un totale di depositi ammissibili (ai sensi della direttiva 2014/49/UE relativa ai sistemi di garanzia dei depositi) inferiore al 3 per cento delle loro attività totali o con un totale di depositi al dettaglio ammissibili inferiore a 35 miliardi di euro.
  In sintesi, evidenzia come le forme di separazione tra le diverse attività creditizie e finanziarie, previste da tali molteplici interventi normativi, varino significativamente: mentre la proposta della Commissione europea e la Volcker rule vietano talune attività (quali il proprietary trading) all'interno dei gruppi bancari, la normativa francese, quella tedesca e quella inglese si limitano a chiedere che esse siano svolte da entità separate all'interno dei gruppi.
  L'attuazione degli elementi fondamentali del Dodd-Frank Act (che contiene la già richiamata Volcker rule) è stata più volte posticipata negli Stati Uniti; al momento è prevista per il 2017. Anche le misure di natura strutturale introdotte in alcuni ordinamenti europei (Regno Unito, Francia, Germania e Belgio) che richiederanno alle banche di separare le attività di investimento dall'attività bancaria tradizionale, non sono state ancora attuate.
  In tale complesso quadro ritiene utile rammentare che il 14 gennaio 2014, durante un'audizione presso la Commissione Finanze della Camera dei deputati, il Presidente della CONSOB Giuseppe Vegas ha affermato che la risposta più efficace alla persistente finanziarizzazione dell'economia e alla prevenzione dei rischi sistemici è quella di implementare con convinzione un modello di separazione tra i diversi comparti dell'attività di intermediazione finanziaria, impedendo commistioni tra l'attività di banca commerciale e quella di banca d'investimento. Per la CONSOB ciò ridurrebbe gli effetti di contagio, legati a una eccessiva assunzione di rischi, verso il settore bancario tradizionale, preservandone la capacità di trasferire risparmio all'economia reale e di sostenere la crescita delle imprese.
  Richiama altresì come il documento conclusivo dell'indagine conoscitiva sul sistema bancario italiano nella prospettiva della vigilanza europea approvato dalla 6a Commissione Finanze e tesoro del Senato individui, tra le principali questioni del sistema bancario, la separazione/divisione tra la tradizionale attività bancaria e quella finanziaria.
  In particolare, il documento conclusivo evidenzia come la separazione delle attività tradizionali di raccolta e impiego delle banche da quelle di trading incontri, da un lato, l'obiezione che una quota della redditività è assicurata dall'attività di compravendita dei titoli, e dall'altro, che al momento la questione di maggiore rilevanza – stante la bassa redditività dell'attività globale – è assicurare una certa capacità delle banche di generare utili in modo da rafforzare i processi di patrimonializzazione. In tale contesto il documento rileva come proprio tale aspetto possa rendere più agevole una minima Pag. 78limitazione, restando fermo l'obiettivo che l'attività speculativa non può mettere a repentaglio la stabilità del singolo istituto e del sistema.
  In tale contesto rileva come, d'altro canto, la finalità principale della separazione dovrebbe consistere, sempre secondo il citato documento conclusivo, nella protezione delle finanze pubbliche dal rischio di dover intervenire per ricapitalizzare o sostenere finanziariamente le banche che dovessero entrare in crisi per un'errata valutazione del rischio connesso alla contrattazione di determinati titoli.
  Ritiene quindi che la Commissione debba valutare come procedere nell'esame di una serie di provvedimenti legislativi che attengono a tematiche molto importanti e complesse, rilevando a tale proposito l'opportunità di procedere a un ciclo di audizioni, al fine di acquisire gli elementi di conoscenza necessari per discutere in modo consapevole di tali tematiche.

  Alessio Mattia VILLAROSA (M5S) ritiene che la seduta odierna abbia un rilievo storico, in quanto, per la prima volta, finalmente si inizia a discutere di un intervento legislativo atteso dal Paese da molti anni, che intende separare l'attività delle banche commerciali da quella delle banche d'affari.
  In tale contesto condivide l'opportunità di procedere a un ciclo di audizioni, ma considera fondamentale sapere se la maggioranza abbia una posizione pregiudizialmente contraria sul provvedimento, ovvero sia disponibile a discutere in modo aperto.

  Marco DI MAIO (PD), relatore, con riferimento al quesito posto dal deputato Villarosa, rileva come la proposta, da lui avanzata, di procedere ad un ciclo di audizioni sulle proposte di legge in esame, sia già di per sé un indice della disponibilità della maggioranza a discutere la tematica oggetto dei provvedimenti legislativi. Fatta tale premessa, ritiene peraltro che la posizione definitiva dei gruppi di maggioranza sull'intervento legislativo dipenderà anche dagli esiti di tali approfondimenti.

  Pietro LAFFRANCO (FI-PdL) crede che, al di là delle dichiarazioni del relatore, la maggioranza non abbia in realtà alcuna intenzione di approvare le proposte di legge in esame, i cui obiettivi egli invece condivide, avendo sottoscritto la proposta di legge C. 2240 Bianconi. In tale contesto reputa fondamentale evitare perdite di tempo, chiarendo quanto prima quale sia in merito la reale volontà politica dei gruppi di maggioranza.
  Rileva, del resto, come la stessa organizzazione dei lavori sui provvedimenti costituirà un indice significativo di tale volontà politica.

  Maurizio BERNARDO, presidente, concorda con la proposta del relatore di svolgere un ciclo di audizioni, anche sulla base delle indicazioni che perverranno in merito dai gruppi, nonché tenendo conto degli altri impegni parlamentari che coinvolgono in questo periodo la Commissione.

  Davide ZOGGIA (MDP) condivide le preoccupazioni, emerse nel corso del dibattito, circa la reale volontà politica riguardo alle proposte di legge in esame, chiedendo, a tale riguardo, se non sarebbe preferibile procedere innanzitutto all'adozione del testo base prima ancora di svolgere le audizioni sul provvedimento. Ritiene infatti che tale decisione preventiva potrebbe fare chiarezza in merito alle effettive prospettive dell'intervento normativo.

  Maurizio BERNARDO, presidente, con riferimento alle considerazioni espresse dal deputato Zoggia, rileva come le audizioni rientrino nell'ambito dell'attività istruttoria propedeutica all'esame in sede referente dei provvedimenti, e come pertanto esse debbano essere svolte prima dell'adozione del testo base.
  Sotto un profilo più generale, ritiene che tutti i gruppi nutrano interesse per la tematica affrontata dalle proposte di legge, reputando pertanto possibile definire uno stringente calendario di audizioni, in modo da acquisire in tempi ragionevoli le informazioni utili per discutere in modo più consapevole tale tematica.Pag. 79
  Nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia quindi il seguito dell'esame del provvedimento ad altra seduta.

  La seduta termina alle 14.10.

RISOLUZIONI

  Mercoledì 15 marzo 2017. — Presidenza del presidente Maurizio BERNARDO. — Interviene il viceministro dell'economia e delle finanze Luigi Casero.

  La seduta comincia alle 14.10.

7-01209 Alberti: Problematiche relative all'applicazione dell'IVA alla tariffa di igiene ambientale (TIA 1) e alla tariffa integrata ambientale (TIA 2).
(Discussione e rinvio).

  La Commissione inizia la discussione della risoluzione.

  Dino ALBERTI (M5S) illustra la propria risoluzione, la quale sottopone all'attenzione del Governo le problematiche relative all'applicazione dell'IVA alla tariffa di igiene ambientale (TIA 1) e alla tariffa integrata ambientale (TIA 2).
  Ricorda in primo luogo che, con la sentenza n. 238 del 2009, la Corte Costituzionale ha riconosciuto la natura tributaria della tariffa di igiene ambientale di cui all'articolo 49 del decreto legislativo n. 22 del 1997 (cosiddetta TIA 1). Secondo la Corte, sussistono infatti tutti i requisiti necessari per configurare il prelievo come tributo: l'obbligatorietà del pagamento, dovuto per i servizi relativi alla gestione dei rifiuti urbani e dei rifiuti di qualunque natura o provenienza giacenti sulle strade ed aree pubbliche e soggette ad uso pubblico, nelle zone del territorio comunale, da «chiunque occupi oppure conduca locali, o aree scoperte ad uso privato non costituenti accessorio o pertinenza dei medesimi, a qualsiasi uso adibiti, esistenti nelle zone del territorio comunale»; la struttura autoritativa e non sinallagmatica, «che emerge sotto svariati e concorrenti profili: a) i servizi concernenti lo smaltimento dei rifiuti devono essere obbligatoriamente istituiti dai Comuni, che li gestiscono, in regime, appunto, di privativa, sulla base di una disciplina regolamentare da essi stessi unilateralmente fissata; b) i soggetti tenuti al pagamento dei relativi prelievi non possono sottrarsi a tale obbligo adducendo di non volersi avvalere dei suddetti servizi; c) la legge non dà alcun sostanziale rilievo, alla volontà delle parti nel rapporto tra gestore ed utente del servizio, mentre i criteri di commisurazione del prelievo sono analoghi a quelli previsti per la tariffa sui rifiuti, la cui natura tributaria non è mai stata posta in dubbio, né dalla dottrina né dalla giurisprudenza.
  In tale ambito rammenta inoltre che la predetta sentenza della Corte ha trovato successiva conferma nelle pronunce della giurisprudenza di legittimità. Da ultimo, nella recente sentenza delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, n. 5078 del 2016, che ha ulteriormente confermato come la TIA 1 non debba essere assoggettata all'IVA. Anche le Sezioni Unite hanno riconosciuto la presenza di «elementi autoritativi» tra cui l'assenza di volontarietà nel rapporto, la predeterminazione dei costi da parte del soggetto pubblico e l'assenza della corrispettività tra le prestazioni.
  Rileva quindi come i principi affermati dalla Consulta e dalla giurisprudenza di legittimità in materia di TIA 1 possano essere estesi anche alla tariffa integrata ambientale di cui all'articolo 238 del decreto legislativo n. 152 del 2006 (cosiddetta TIA 2), successivamente qualificata come entrata di natura patrimoniale, con norma di interpretazione autentica, dall'articolo 14, comma 33, del decreto-legge n. 78 del 2010. Con la circolare 3/DF/2010 dell'11 novembre 2010, infatti, il Dipartimento delle Politiche fiscali del Ministero dell'economia e delle finanze ha sostenuto che la TIA 2 si applica sulla base degli stessi criteri stabiliti nel decreto del Presidente della Repubblica n. 158 del 1999 su cui si fonda la TIA 1.Pag. 80
  Al riguardo sottolinea altresì come la TIA 1 e TIA 2 debbano considerarsi entrambe entrate di natura tributaria alla luce della qualificazione data in tal senso dalla giurisprudenza costituzionale e di legittimità, a nulla rilevando il nomen iuris utilizzato dalla normativa che disciplina i prelievi e la natura patrimoniale attribuita per legge.
  Nel sottolineare come molti cittadini si siano attivati inoltrando richieste di rimborso, sostenuti anche dalle associazioni dei consumatori e come, tuttavia, ancora oggi la gran parte dei concessionari incaricati della riscossione non si siano adeguati agli orientamenti giurisprudenziali, ritiene allarmante la risposta ricevuta in data 18 luglio 2016 dal servizio clienti della società ETA Spa (la multiutility che si occupa della gestione del servizio idrico integrato e la gestione dei rifiuti nei territori tra Altopiano di Asiago fino ai Colli Euganei), con la quale, a seguito a una richiesta di restituzione dell'IVA da parte di un cittadino, il soggetto gestore ha affermato che, in attesa di un intervento chiarificatore del legislatore o dell'emanazione di linee guida da parte degli apparati statali competenti, «ha presentato all'Agenzia delle entrate, in via prudenziale, istanza di rimborso dell'IVA versata negli anni pregressi 2006-2015. Pertanto non appena ETRA Spa avrà comunicazione da parte dell'Agenzia delle entrate provvederà ad informare tempestivamente tutti i suoi clienti».
  Tale vicenda fa dunque emergere il protrarsi di uno stato di incertezza in cui le società di gestione dei servizi continuano ad applicare l'IVA sulla tariffa ambientale e contemporaneamente presentano istanza di rimborso all'Agenzia delle entrate mentre diverse circolari del Ministero dell'economia e delle finanze e alcune risoluzioni dell'Agenzia delle entrate propendono per l'applicazione dell'IVA alla TIA, in totale contrasto con il richiamato orientamento giurisprudenziale.
  In tale contesto la risoluzione, che fa seguito ad altre iniziative parlamentari già svolte dal suo gruppo su tale tematica, tra cui ricorda l'interrogazione 5-09697, svolta presso la VI Commissione, impegna il Governo ad assumere iniziative normative al fine di definire la controversa applicazione dell'IVA alla tariffa di igiene ambientale (TIA 1) e alla tariffa integrata ambientale (TIA 2), dichiarando la natura tributaria delle tariffe ed escludendo pertanto l'applicazione dell'IVA, in armonia con i princìpi sanciti dalla Corte costituzionale e dalle Sezioni Unite della Corte di cassazione, a prevedendo misure volte a garantire il rimborso delle somme illegittimamente versate dai cittadini in conseguenza dell'applicazione dell'IVA sulla TIA 1 e TIA 2 da parte dei comuni e dei concessionari del servizio di riscossione.

  Maurizio BERNARDO, presidente, ritiene opportuno rinviare il seguito della discussione, al fine di consentire al Governo di formulare le proprie valutazioni in merito alla risoluzione.
  Nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia quindi il seguito della discussione ad altra seduta.

  La seduta termina alle 14.15.

UFFICIO DI PRESIDENZA INTEGRATO DAI RAPPRESENTANTI DEI GRUPPI

  L'ufficio di presidenza si è riunito dalle 14.15 alle 14.30.

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