CAMERA DEI DEPUTATI
Martedì 14 marzo 2017
783.
XVII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Finanze (VI)
COMUNICATO
Pag. 119

SEDE CONSULTIVA

  Martedì 14 marzo 2017. — Presidenza del presidente Maurizio BERNARDO. – Interviene il viceministro dell'Economia e delle finanze Luigi Casero.

  La seduta comincia alle 13.50.

Ratifica ed esecuzione dell'Accordo tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo di Costa Rica sullo scambio di informazioni in materia fiscale, con Allegato.
C. 4254 Governo.
(Parere alla III Commissione).
(Esame e rinvio).

  La Commissione inizia l'esame del provvedimento.

  Maurizio BERNARDO, presidente, sostituendo il relatore, Currò, impossibilitato a partecipare alla seduta odierna, rileva come la Commissione sia chiamata a esaminare, ai fini del parere alla III Commissione Affari esteri, il disegno di legge C. 4254, recante ratifica ed esecuzione dell'Accordo tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo di Costa Rica sullo scambio di informazioni in materia fiscale, con Allegato, fatto a Roma il 27 maggio 2016.
  Segnala preliminarmente come l'Accordo fatto a Roma il 27 maggio 2016, sia stato redatto sulla base del modello TIEA (Tax information Exchange agreement) predisposto dall'OCSE nell'aprile 2002 nell'ambito dei lavori sulla trasparenza fiscale, che consiste in un accordo finalizzato allo scambio di informazioni tra Stati i quali, in ragione del ridotto interscambio Pag. 120commerciale, non ritengono necessario stipulare una Convenzione contro le doppie imposizioni.
  Rileva inoltre come l'intesa raggiunta sia in linea con gli orientamenti condivisi dall'Italia nelle diverse sedi internazionali in tema di potenziamento degli strumenti di contrasto del fenomeno dell'evasione fiscale. In particolare, come evidenziato nell'Analisi tecnico-normativa (ATN) che accompagna il provvedimento, le disposizioni dell'Accordo consentiranno, in conformità con gli standard dell'OCSE, il superamento del segreto bancario.
  Peraltro la relazione introduttiva al disegno di legge ricorda come l'Accordo in esame costituisca uno strumento aggiuntivo alla Convenzione dell'OCSE e del Consiglio d'Europa del 25 gennaio 1988 sulla reciproca assistenza in materia fiscale, successivamente modificata da un Protocollo del 2010, alla quale sia l'Italia che il Costa Rica hanno aderito.
  Rileva tuttavia come il Costa Rica non risulti avere firmato il predetto Protocollo del 2010, e sia dunque vincolato soltanto alle disposizioni originarie della Convenzione del 1988. Ricorda che il Protocollo del 2010 prevede in particolare lo scambio di informazioni, verifiche fiscali simultanee e multilaterali, la notifica di documenti e l'assistenza transnazionale per il recupero di imposte, nel rispetto della sovranità nazionale e dell'adeguata tutela dei diritti dei contribuenti, garantendo nel contempo un'estesa protezione della riservatezza delle informazioni scambiate.
  Passando a illustrare il contenuto dell'Accordo, che si compone di 13 articoli, l'articolo 1 individua l'oggetto e l'ambito di applicazione dell'Accordo: le informazioni oggetto dello scambio sono quelle rilevanti per la determinazione, l'accertamento, l'applicazione e la riscossione delle imposte oggetto dell'Accordo, ovvero per le indagini su questioni fiscali e procedimenti per reati tributari. Restano impregiudicati i diritti delle persone secondo la legislazione della Parte interpellata, a condizione che tale salvaguardia non ostacoli o ritardi l'effettivo scambio delle informazioni.
  L'articolo 2 precisa che l'obbligo di fornire informazioni non sussiste qualora esse non siano detenute dalle autorità domestiche o non siano in possesso o sotto il controllo di persone ricadenti nella giurisdizione territoriale della Parte interpellata.
  L'articolo 3, al paragrafo 1, specifica che, per l'Italia, le imposte oggetto dell'Accordo sono:
   l'imposta sul reddito delle persone fisiche (IRPEF);
   l'imposta sul reddito delle società (IRES);
   l'imposta regionale sulle attività produttive (IRAP);
   l'imposta sul valore aggiunto (IVA);
   l'imposta sulle successioni, l'imposta sulle donazioni e le imposte sostitutive.

  Per la Repubblica costaricana si fa invece riferimento a qualsiasi imposta ivi istituita, inclusi i dazi doganali.
  In base al paragrafo 2 l'Accordo si applica inoltre a ogni imposta di natura identica o analoga istituita dopo la data della firma: allo scopo le autorità competenti delle due Parti si notificheranno le modifiche apportate alle disposizioni fiscali e alle procedure per la raccolta delle informazioni previste dall'Accordo.
  L'articolo 4 fornisce le definizioni, a fini interpretativi, di alcuni termini utilizzati nell'Accordo.
  In tale contesto il paragrafo 2 precisa che le espressioni utilizzate dall'Accordo che non siano oggetto di definizione hanno il significato loro attribuito dalla vigente legislazione della Parte contraente, prevalendo il significato attribuito dalla legislazione fiscale applicabile.
  L'articolo 5 disciplina le modalità dello scambio di informazioni su richiesta tra le Parti.
  In particolare, ai sensi del paragrafo 1, le informazioni sono scambiate anche se il comportamento a cui si riferiscono non costituisce reato ai sensi della legislazione Pag. 121della Parte interpellata, nel cui territorio pure il comportamento è stato posto in essere.
  Inoltre il paragrafo 2 specifica che la Parte interpellata è tenuta a utilizzare tutte le misure appropriate per raccogliere le informazioni richieste, anche se non abbia necessità di tali informazioni ai fini della propria imposizione tributaria.
  In tale ambito il paragrafo 3 stabilisce che, su richiesta dell'altra Parte, l'autorità competente della Parte interpellata fornisce le informazioni di carattere fiscale anche sotto forma di deposizioni di testi e di copie autentiche di documenti originali, purché ciò non contrasti con il proprio diritto interno.
  Particolare rilevanza assume il paragrafo 4, il quale prevede, tra l'altro, il superamento del segreto bancario, conformemente all'obiettivo prioritario della lotta all'evasione, nonché agli standard dell'OCSE in materia.
  Al riguardo viene infatti stabilito che le autorità competenti di ciascuna Parte devono disporre dell'autorità per ottenere e fornire informazioni in possesso di banche, altri istituti finanziari o qualsiasi persona che operi in qualità di agente o fiduciario, nonché informazioni riguardanti la proprietà nominale ed effettiva di società di capitali o di persone, trust, fondazioni e altre persone, comprese le informazioni relative alla catena di proprietà di tali persone. Viene peraltro specificato che l'Accordo non crea alcun obbligo per le Parti contraenti di ricercare o fornire informazioni con riferimento alla società quotate in Borsa o ai piani e ai fondi di investimento pubblici, salvo che tali informazioni non possano essere ottenute senza eccessive difficoltà.
  Il paragrafo 5 specifica il contenuto obbligatorio della richiesta di informazioni (tra cui l'identità della persona sottoposta a verifica o indagine, la finalità fiscale per cui si richiedono le informazioni, una dichiarazione di conformità della richiesta alla legislazione e prassi amministrativa della Parte richiedente, una dichiarazione attestante che la Parte richiedente ha esaurito tutti i suoi mezzi a disposizione nel proprio territorio per ottenere le informazioni), mentre il paragrafo 6 precisa che l'Autorità competente della Parte interpellata deve inoltrare le informazioni richieste nel più breve tempo possibile ovvero informare immediatamente l'Autorità della Parte richiedente circa i motivi dell'eventuale rifiuto a fornire le informazioni o delle cause che rendono impossibile fornirle.
  L'articolo 6 regolamenta la possibilità di una Parte contraente di consentire che rappresentanti dell'autorità competente dell'altra Parte contraente possano effettuare nel suo territorio interrogatori di persone ed esame di documenti (previo consenso delle persone interessate), ovvero presenziare ad attività di verifica fiscale.
  Le disposizioni dell'articolo 7 indicano i casi in cui è consentito il rifiuto di una richiesta di informazioni.
  In primo luogo ai sensi del paragrafo 1 la Parte interpellata non è tenuta a fornire informazioni che la Parte richiedente non potrebbe ottenere in base alla sua legislazione, ovvero qualora la richiesta di informazioni non sia conforme all'Accordo.
  Inoltre i paragrafi 2 e 4 consentono di rifiutare la richiesta quando la divulgazione delle informazioni richieste è contraria all'ordine pubblico, o potrebbe rivelare segreti commerciali, industriali o professionali – con esplicita salvaguardia, tuttavia, delle norme che superano il segreto bancario di cui all'articolo 5, paragrafo 4.
  Il paragrafo 3 esclude altresì l'obbligo di fornire informazioni che potrebbero rivelare comunicazioni riservate tra un cliente e un avvocato o procuratore legale, se tali comunicazioni sono fornite a fini di consulenza legale o per essere utilizzate in procedimenti giudiziari.
  Il paragrafo 6 possono essere rifiutate anche le informazioni richieste in applicazione di una disposizione tributaria della Parte richiedente che comporti discriminazione ai danni di un soggetto nazionale della Parte interpellata.
  Il paragrafo 5 precisa che la richiesta di informazioni non può invece essere rifiutata per il fatto che la pretesa fiscale da cui nasce è oggetto di controversia.Pag. 122
  Per quanto riguarda le garanzie di riservatezza, nell'ambito dello scambio di informazioni di specie, l'articolo 8 prevede che esse sono riservate, possono essere comunicate solo alle persone o Autorità, compresi i tribunali, competenti per l'accertamento, la riscossione, le misure esecutive o i procedimenti concernenti le imposte previste dall'Accordo e possono essere utilizzate solo per tali finalità, salvo esplicito consenso della Parte interpellata a un diverso utilizzo.
  L'articolo 9 stabilisce che, se non stabilito diversamente dalle due Parti, i costi ordinari per fornire l'assistenza necessaria ad attuare lo scambio di informazioni siano a carico della Parte interpellata, mentre i costi straordinari siano sostenuti dalla Parte richiedente. Ai fini dell'applicazione di tale previsione le competenti autorità delle Parti si impegnano a occasionali reciproche consultazioni.
  Con l'articolo 10 le Parti si impegnano ad adottare la legislazione necessaria per ottemperare e dare applicazione ai termini dell'Accordo.
  L'articolo 11 prevede la possibilità di avviare una procedura amichevole al fine di risolvere controversie tra le Parti riguardanti l'applicazione o l'interpretazione dell'Accordo, e comunque di concordare tra loro altre modalità di risoluzione.
  L'articolo 12 al paragrafo 1 stabilisce che l'Accordo entrerà in vigore a conclusione delle procedure di notifica tra le Parti circa l'avvenuta conclusione delle rispettive procedure interne, prevedendo inoltre, al paragrafo 2, che l'Accordo stesso avrà effetto a partire dalla data di entrata in vigore, per i reati tributari, mentre per le altre questioni esso avrà effetto in relazione ai periodi d'imposta che iniziano a partire da tale data o agli oneri fiscali che si originano a partire dalla predetta data.
  L'articolo 13 regola invece le ipotesi di denuncia dell'Accordo da parte di ciascuna delle Parti contraenti mediante notifica di cessazione all'altra Parte, con effetto dal 1o giorno del mese successivo alla scadenza di sei mesi dal ricevimento di tale notifica – fermo restando l'obbligo per le Parti contraenti di rispettare l'articolo 8 per quanto concerne la riservatezza delle informazioni acquisite nel periodo di vigenza dell'Accordo.
  Segnala infine la Dichiarazione allegata all'Accordo, nella quale Italia e Costa Rica ribadiscono che l'Accordo medesimo è applicato nel pieno rispetto degli ordinamenti nazionali delle Parti, e in conformità con gli obblighi internazionali di esse e con quelli derivanti dall'appartenenza dell'Italia all'Unione europea.
  Il disegno di legge di autorizzazione alla ratifica si compone di tre articoli: l'articolo 1 reca l'autorizzazione alla ratifica dell'Accordo, mentre l'articolo 2 il relativo ordine di esecuzione e l'articolo 3 prevede l'entrata in vigore della legge di autorizzazione per il giorno successivo a quello della pubblicazione in Gazzetta ufficiale.
  La Relazione tecnica allegata al disegno di legge indica che non sussistono oneri per l'attuazione dell'Accordo, in quanto esso può essere attuato con le ordinarie risorse umane, tecniche e finanziarie; la Relazione tecnica afferma inoltre che lo scambio di informazioni previsto dall'Accordo, favorendo una più efficace azione di contrasto all'evasione, comporterà un recupero di gettito, peraltro non quantificabile.
  Nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame alla seduta già convocata per la giornata di domani.

Delega al Governo in materia di amministrazione straordinaria delle grandi imprese in stato di insolvenza.
C. 3671-ter Governo e abb.

(Parere alla X Commissione).
(Esame e rinvio).

  La Commissione inizia l'esame del provvedimento.

  Maurizio BERNARDO, presidente e relatore, rileva come la Commissione sia chiamata a esaminare, ai fini del parere alla Commissione Attività produttive, il Pag. 123disegno di legge C. 3671-ter, recante delega al Governo in materia di amministrazione straordinaria delle grandi imprese in stato di insolvenza, nel testo risultante dallo stralcio dell'articolo 15 dell'originario disegno di legge C. 3671, recante «Delega al Governo per la riforma organica delle discipline della crisi di impresa e dell'insolvenza», deliberato dall'Assemblea il 18 maggio 2016, e come risultante dagli emendamenti approvati nel corso dell'esame in sede referente, cui è abbinata la proposta di legge C. 865 Abrignani (SC-ALA CLP-MAIE).
  Prima di illustrare i contenuti del provvedimento ricorda che il disegno di legge delega è frutto del lavoro della cosiddetta Commissione Rordorf e risponde alla necessità, avvertita dagli studiosi e dagli operatori del settore, di un approccio alle procedure concorsuali sistematico e organico, al fine di ricondurre a linearità un sistema divenuto nel tempo troppo farraginoso per le modifiche intervenute sulle originarie norme del 1942, nonché di dare seguito alle raccomandazioni espresse in materia dall'Unione europea.
  In tale contesto l'intervento legislativo intende ricondurre a unità la disciplina dell'amministrazione straordinaria, attualmente frammentata in più interventi legislativi, superando la logica essenzialmente liquidatoria che la caratterizzava, al fine di assicurare coerenza sistematica alla normativa e di contemperare le esigenze dei creditori con l'interesse pubblico alla conservazione del patrimonio e alla tutela dell'occupazione di imprese in stato di insolvenza che, per dimensione, appaiono di particolare rilievo economico sociale.
  Ripercorrendo brevemente la complessa stratificazione legislativa in materia occorre infatti ricordare che l'istituto dell'amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi è stato introdotto, accanto alle procedure concorsuali tradizionali (fallimento, liquidazione coatta amministrativa, amministrazione controllata e concordato) dal decreto-legge n. 26 del 1979 (cosiddetta legge Prodi), per evitare il fallimento di imprese di rilevante interesse pubblico, al fine di scongiurare soluzioni liquidatorie che non tenessero conto dei rilevanti interessi, privati e pubblici, alla conservazione e al risanamento dell'impresa, contrariamente alle procedure concorsuali tradizionali, la cui funzione essenziale era invece quella di tutelare l'interesse privato dei creditori a soddisfarsi sul patrimonio dell'imprenditore fallito.
  Anche a seguito delle censure (sotto il profilo dell'incompatibilità con le disposizioni comunitarie in materia di aiuti di Stato) espresse su tale normativa da parte degli organi comunitari, un ulteriore intervento in materia è stato operato con il decreto legislativo n. 270 del 1999 (cosiddetta legge Prodi-bis), finalizzato a consentire una drastica riduzione della durata della procedura, a orientare la procedura stessa alla celere individuazione di un nuovo assetto imprenditoriale e a potenziare gli strumenti di tutela dei creditori.
  Sulla disciplina generale dell'amministrazione straordinaria contenuta nella predetta legge Prodi-bis si è poi innestata la procedura speciale di ammissione immediata (cosiddetto «accesso diretto») all'amministrazione straordinaria di cui al decreto-legge n. 347 del 2003 (cosiddetta «Legge Marzano»), la quale è stata introdotta per far fronte al crack Parmalat ed è stata ripetutamente modificata, sia per affrontare le esigenze dalla procedura Parmalat sia per consentirne l'applicazione ad altri casi con requisiti diversi, come ad esempio Alitalia e ILVA.
  Il richiamato decreto-legge n. 347 del 2003 prevede, in sostanza, misure volte a semplificare l'ammissione alla procedura concorsuale e a rafforzare i poteri riconosciuti all'autorità amministrativa, per imprese con almeno 500 lavoratori subordinati e debiti per un ammontare complessivo non inferiore a 300 milioni di euro.
  Il successivo decreto-legge n. 134 del 2008 (cosiddetto «decreto-legge Alitalia») ha quindi ampliato l'ambito dei destinatari della disciplina del decreto-legge n. 347, consentendone l'applicazione anche alle imprese in stato di insolvenza che intendano ricorrere alle procedure di cessione Pag. 124di complessi aziendali, sulla base di un programma di prosecuzione dell'esercizio dell'impresa di durata non superiore ad un anno.
  Passando quindi al contenuto del disegno di legge, l'articolo 1 conferisce, al comma 1, una delega al Governo per la riforma organica della disciplina della amministrazione straordinaria delle grandi imprese in stato di insolvenza, di cui al già citato decreto legislativo n. 270 del 1999 (recante nuova disciplina dell'amministrazione straordinaria delle grandi imprese in stato di insolvenza), e al richiamato decreto-legge n. 347 del 2003 (recante misure urgenti per la ristrutturazione industriale di grandi imprese in stato di insolvenza).
  Il comma 2 prevede che lo schema di decreto legislativo predisposto ai sensi della delega sia sottoposto al parere delle Commissioni parlamentari competenti per materia e per gli aspetti finanziari, da rendere entro il termine di trenta giorni.
  L'articolo 2 elenca i principi e criteri direttivi cui il Governo deve attenersi nell'esercizio della delega. In particolare viene previsto:
   alla lettera a), di introdurre un'unica procedura di amministrazione straordinaria, con finalità conservative del patrimonio produttivo, volta alla regolazione dell'insolvenza di singole imprese ovvero di gruppi di imprese che, in ragione della loro notevole dimensione, assumano un rilievo economico-sociale di carattere generale, anche sotto il profilo della tutela occupazionale;
   alla lettera b), di individuare i presupposti di accesso alla procedura, in presenza delle seguenti condizioni:
    1) stato di insolvenza;
    2) rilevante profilo dimensionale, da commisurare alla media del volume di affari degli ultimi tre esercizi;
    3) numero di dipendenti pari ad almeno 250 unità (nel testo originario del disegno di legge si faceva riferimento a una soglia di 400 unità) per la singola impresa e ad almeno 800 unità, da calcolare cumulativamente, in caso di contestuale richiesta di ammissione alla procedura di più imprese appartenenti al medesimo gruppo di imprese: al riguardo fa presente come l'ABI abbia segnalato che la predetta soglia di 250 unità risulti eccessivamente bassa;
    4) concrete prospettive di recupero dell'equilibrio economico delle attività imprenditoriali e di salvaguardia della continuità produttiva e dell'occupazione diretta e indiretta;
   alla lettera c), di stabilire che l'intero procedimento si svolga, su domanda del debitore, dei creditori, del Ministero dello sviluppo economico o del pubblico ministero, dinanzi al tribunale sede della sezione specializzata in materia di impresa, all'esito di un'istruttoria improntata alla massima celerità;
   alla lettera d), di disciplinare l'operatività di misure protettive analoghe a quelle previste per il concordato preventivo;
   alla lettera e), di prevedere che il tribunale, entro dieci giorni dal deposito della domanda di accesso all'amministrazione straordinaria di cui alla lettera c), dopo aver accertato la sussistenza dei presupposti, dichiari lo stato di insolvenza e disponga l'apertura della procedura per l'ammissione alla amministrazione straordinaria, nominando un giudice delegato;
   alla lettera f), di stabilire che il Ministro dello sviluppo economico nomini con tempestività il commissario straordinario, ovvero, nei casi di eccezionale complessità, tre commissari straordinari, ai quali sono attribuite l'amministrazione e la rappresentanza dell'impresa insolvente, individuandoli tra gli iscritti nell'istituendo albo dei commissari straordinari, da regolamentare con la predeterminazione dei requisiti di indipendenza, professionalità, onorabilità, trasparenza e assenza di conflitti di interesse, prevedendo in tale ambito che lo stesso soggetto non possa essere investito della funzione commissariale con Pag. 125riferimento a più imprese contemporaneamente, salvo che si tratti di imprese appartenenti al medesimo gruppo, ovvero in casi eccezionali e motivati;
   alla lettera g), di stabilire che il commissario straordinario possa essere successivamente revocato, per giusta causa, dallo stesso Ministro dello sviluppo economico, anche su istanza motivata del comitato di sorveglianza;
   alla lettera h), di stabilire che l'utilizzo degli ammortizzatori sociali per i lavoratori delle imprese in amministrazione straordinaria decorra dalla data di apertura della procedura per l'ammissione e continui fino all'esecuzione del programma predisposto dal commissario straordinario, nonché all'adempimento degli obblighi di salvaguardia dell'occupazione correlati alla vendita dei complessi aziendali;
   alla lettera i), di stabilire criteri e modalità di remunerazione del commissario straordinario che tengano conto dell'efficienza ed efficacia dell'opera prestata e siano parametrati secondo fasce coerenti con le dimensioni dell'impresa;
   alla lettera l), di stabilire che il tribunale, entro quarantacinque giorni dall'apertura della procedura per l'ammissione all'amministrazione straordinaria, previa acquisizione del parere favorevole del Ministero dello sviluppo economico e in considerazione del piano predisposto dal commissario straordinario, disponga con decreto l'ammissione del debitore all'amministrazione straordinaria, se risulta comprovata la sussistenza di concrete prospettive di recupero dell'equilibrio economico delle attività imprenditoriali ovvero, ove lo ritenga utile o necessario, conferisca a un professionista iscritto nell'istituendo albo dei commissari straordinari, l'incarico di attestare la sussistenza dei presupposti per il recupero dell'equilibrio economico delle attività imprenditoriali, al fine di adottare il decreto di ammissione del debitore all'amministrazione straordinaria;
   alla lettera n), di stabilire che le imprese oggetto di confisca ai sensi del Codice delle leggi antimafia di cui al decreto legislativo n. 159 del 2011, siano ammesse all'amministrazione straordinaria anche in mancanza dei requisiti di cui al comma 1, lettere a) e b);
   alla lettera o), di disciplinare le modalità di nomina del comitato di sorveglianza da parte del Ministro dello sviluppo economico, la sua composizione e i relativi poteri circa l'attuazione del programma e circa le concrete prospettive di recupero dell'equilibrio economico delle attività imprenditoriali;
   alla lettera p), di disciplinare le modalità con cui il tribunale, su ricorso del commissario straordinario, sentito il comitato di sorveglianza, può autorizzare:
    1) la sospensione ovvero lo scioglimento dei contratti pendenti;
    2) il pagamento di crediti pregressi strategici al di fuori delle regole del riparto;
    3) l'esonero dalle azioni revocatorie per i pagamenti effettuati dall'imprenditore;
   alla lettera q), di definire i contenuti del programma di ristrutturazione, nonché la durata dei programmi di ristrutturazione e di cessione dei complessi aziendali, assicurandone la flessibilità in funzione delle caratteristiche dell'impresa e dei mercati di riferimento;
   alla lettera r), di legittimare il commissario straordinario e il comitato di sorveglianza a presentare al tribunale istanza di conversione dell'amministrazione straordinaria in liquidazione giudiziale ordinaria, in caso di mancata realizzazione del programma ovvero di comprovata insussistenza o del venire meno delle concrete prospettive di recupero dell'equilibrio economico; Pag. 126
   alla lettera s), di disciplinare l'accesso delle imprese in amministrazione straordinaria al concordato, anche sulla base di proposte concorrenti;
   alla lettera t), di stabilire, in particolare per quanto attiene alla disciplina dei gruppi d'impresa e all'esecuzione del programma, che trovino applicazione i criteri ispiratori della disciplina di cui al già richiamato decreto legislativo n. 270 del 1999, sostituendo il fallimento con la liquidazione giudiziale, e che, entro i limiti consentiti dalla normativa dell'Unione europea, sia tenuta ferma la possibilità per lo Stato di garantire i debiti contratti dalle imprese in amministrazione straordinaria.

  In tale ambito, per quanto riguarda gli ambiti di competenza della Commissione Finanze, segnala la lettera m), la quale prevede che per le società quotate in mercati regolamentati, per le imprese con almeno 1.000 dipendenti e con un volume di affari pari a un «multiplo significativo» di quello individuato ai sensi della lettera b), numero 2) (cioè della media del volume di affari degli ultimi tre esercizi), nonché per le imprese operanti nei servizi pubblici essenziali per le quali sussistano i presupposti di cui alla medesima lettera b), il Ministro dello sviluppo economico possa direttamente disporre, in via provvisoria, l'ammissione alla procedura di amministrazione straordinaria, con contestuale nomina del commissario straordinario, e che in tal caso il tribunale, accertata la sussistenza dei presupposti, confermi entro breve termine l'ammissione alla procedura medesima.
  Al riguardo rileva come la disposizione non definisca il valore del «multiplo significativo», rimettendo in tal modo tale definizione al legislatore delegato, riservandosi di formulare, nella sua proposta di parere un'osservazione in merito.
  Le principali novità rispetto all'attuale disciplina dell'amministrazione straordinaria, che realizzano in molti casi anche uno snellimento delle procedure, riguardano:
   la figura del commissario straordinario, che nella nuova procedura è nominato dal Ministro già nella prima fase della procedura e a cui è attribuita fin dall'inizio la gestione e la rappresentanza dell'impresa insolvente e l'elaborazione di un piano di recupero dell'equilibrio economico dell'impresa;
   il ruolo del piano di recupero elaborato dal commissario straordinario, che non interviene più dopo l'ammissione dell'impresa da parte del tribunale all'amministrazione straordinaria, ma costituisce la base per la decisione del Tribunale circa l'ammissione dell'impresa all'amministrazione straordinaria (unitamente all'attestazione di recuperabilità dell'attività imprenditoriale da parte del professionista eventualmente incaricato dal tribunale);
   il parere del Ministero dello sviluppo economico circa l'ammissione dell'impresa all'amministrazione straordinaria, che, nella nuova procedura, si delinea come obbligatorio e vincolante;
   i presupposti di accesso alla procedura, con riferimento ai profili dimensionali dell'impresa o dei gruppi di imprese;
   l'attribuzione della competenza sulla procedura di amministrazione straordinaria alle sezioni specializzate in materia d'impresa presso i tribunali sedi di Corti d'appello, all'esito di un'istruttoria incentrata alla massima celerità;
   la possibilità che specifiche imprese: quelle quotate sui mercati regolamentati, quelle di maggiore dimensione (imprese con almeno 1.000 dipendenti e con un fatturato pari a un multiplo significativo di quello individuato per tutte le altre) e quelle che svolgano servizi pubblici essenziali, possano essere ammesse direttamente alla procedura, in via provvisoria, dal Ministero dello sviluppo economico, con contestuale nomina del Commissario straordinario, eliminando inoltre in tale ambito il richiamo alle «imprese che gestiscono almeno uno stabilimento industriale di interesse strategico nazionale»;
   la disciplina dell'operatività di misure protettive analoghe a quelle previste per il concordato preventivo;Pag. 127
   la flessibilità del programma di ristrutturazione e di cessione dei complessi aziendali, sia in termini di contenuti sia in termini di durata, sulla base alle caratteristiche dell'impresa e dei mercati in cui essa opera;
   la previsione che, oltre al commissario straordinario, anche il comitato di sorveglianza, oltre che «una percentuale non irrisoria» di creditori, possa chiedere al tribunale la conversione della procedura in liquidazione giudiziale;
   la previsione che, per quanto non altrimenti disciplinato e in particolare per quanto attiene all'esecuzione del programma, trovino applicazione i criteri ispiratori della disciplina di cui al decreto legislativo n. 270 del 1999, sostituendo il fallimento con la liquidazione giudiziale;
   l'accesso al concordato delle imprese in amministrazione straordinaria anche sulla base di proposte concorrenti;
   le modalità con cui il tribunale può autorizzare la sospensione o lo scioglimento dei contratti pendenti, il pagamento di crediti pregressi strategici al di fuori delle regole del riparto, l'esonero dalle azioni revocatorie per i pagamenti effettuati dall'imprenditore.

  Si riserva quindi di formulare una proposta di parere.
  Nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame alla seduta già convocata per la giornata di domani.

  La seduta termina alle 14.

SEDE REFERENTE

  Martedì 14 marzo 2017. — Presidenza del presidente Maurizio BERNARDO. – Interviene il viceministro dell'Economia e delle finanze Luigi Casero.

  La seduta comincia alle 14.

Misure per contrastare il finanziamento delle imprese produttrici di mine antipersona, di munizioni e submunizioni a grappolo.
C. 4096, approvata dalla 6a Commissione permanente del Senato.

(Esame e rinvio).

  La Commissione inizia l'esame del provvedimento.

  Federico GINATO (PD), relatore, rileva come la Commissione sia chiamata a esaminare, in sede referente, la proposta di legge C. 4096, approvata in sede deliberante dalla 6a Commissione Finanze e tesoro del Senato, recante misure per contrastare il finanziamento delle imprese produttrici di mine antipersona, di munizioni e submunizioni a grappolo. Rileva, al riguardo, come il provvedimento affronti una problematica di grande rilievo, sotto il profilo morale e civile, in quanto l'elevatissimo numero di mine tuttora esistenti in numerosi Paesi determina ogni anno migliaia di vittime, soprattutto tra i civili e, segnatamente, tra i bambini, anche molti anni dopo la conclusione dei conflitti che avevano indotto a collocare tali ordigni sul territorio.
  Segnala quindi come la proposta di legge riprenda sostanzialmente il contenuto della proposta di legge C. 5407, approvata in sede legislativa dalla Commissione Finanze della Camera dei Deputati, il 18 dicembre 2012, durante la XVI legislatura.
  Rispetto a tale proposta, il testo del provvedimento in esame reca alcune precisazioni e specificazioni in ordine, tra l'altro, alle Autorità di vigilanza ed all'apparato dei controlli. Le sanzioni amministrative pecuniarie comminate dal provvedimento, pur essendo di analoga natura, presentano altresì un ammontare più elevato rispetto a quelle previste dalla predetta proposta di legge C. 5407.
  Prima di passare all'illustrazione del provvedimento, sottolinea come esso si inquadri nell'ambito di una serie di convenzioni in internazionali volte a contrastare Pag. 128a livello multilaterale la produzione e l'uso delle mine e delle munizioni a grappolo.
  In particolare, la Convenzione sul divieto di impiego, di stoccaggio, di produzione e di trasferimento delle mine antipersona e sulla loro distruzione, cosiddetta Convenzione di Ottawa, firmata da 127 Paesi nel dicembre 1997 a conclusione del processo negoziale denominato «processo di Ottawa» e ratificata dall'Italia con la legge del n. 106 del 1999, pone al riguardo una serie di divieti (più radicali di quelli previsti da precedenti strumenti internazionali come il II Protocollo rivisto alla Convenzione del 1980 contro le armi ad effetto indiscriminato), impegnando le Parti, all'articolo 1, a non usare, sviluppare, produrre, acquisire, accumulare riserve, conservare o trasferire mine antipersona, né ad aiutare, incoraggiare o indurre chiunque ad impegnarsi nelle suddette attività. Le Parti si impegnano altresì a distruggere le scorte di mine che, ai sensi degli articoli 3 e 4 della stessa Convenzione, si trovino nella loro proprietà o possesso o sotto la loro giurisdizione o controllo, entro 4 anni dall'entrata in vigore della Convenzione.
  L'articolo 2, comma 1, della Convenzione definisce l'ambito di applicazione dei divieti, che si estende a tutte le mine antipersona, comprese quelle «intelligenti», consentite invece dal richiamato II Protocollo rivisto.
  È quindi prevista, all'articolo 5, la distruzione entro dieci anni delle mine nelle aree minate che rientrino nella giurisdizione o controllo di ciascuna Parte, salvo richieste motivate di estensione.
  Con l'articolo 6 viene delineato il principio della cooperazione e assistenza internazionale, attraverso scambi di attrezzature, materiali ed informazioni tecnologiche, nonché mediante il sostegno ai programmi di riabilitazione e reintegrazione delle vittime e ai programmi di sminamento, prevedendo in tale ambito che le Parti non impongano restrizioni circa le attrezzature per la rimozione delle mine e le informazioni tecnologiche connesse a scopi umanitari.
  L'articolo 9 reca l'obbligo, per gli Stati Parte, di adottare misure nazionali, che comprendano sanzioni penali, finalizzate a prevenire e reprimere le attività proibite dalla Convenzione.
  La Convenzione di Oslo sulle munizioni a grappolo, o cluster munition (CCM), adottata a Dublino il 30 maggio 2008, entrata in vigore internazionale il 1o agosto 2010 e ratificata dall'Italia con la legge n. 95 del 2011, proibisce l'uso, lo stoccaggio, la produzione e il trasferimento di munizioni a grappolo, prevedendo inoltre l'assistenza alle vittime, la bonifica delle aree contaminate e la distruzione delle scorte.
  Al riguardo ricorda che le cluster bombs sono armi costituite da un contenitore (o dispenser), lanciato da mezzi aerei o da sistemi di artiglieria, che si apre a mezz'aria spargendo da 200 a 250 submunizioni più piccole (del peso inferiore ai 20 kg) su aree che possono anche raggiungere un chilometro quadrato di ampiezza. Lo scopo delle bombe a grappolo, quindi, non è quello di colpire un singolo bersaglio, ma di distruggere una serie di potenziali bersagli collocati all'interno di una data area. Le submunizioni sono progettate in modo da esplodere al momento dell'impatto al suolo, ma il meccanismo non è tra i più sicuri, al punto che le case produttrici indicano un tasso di mancata esplosione intorno al 5 per cento (molte ONG sostengono peraltro che la percentuale di ordigni inesplosi sia molto più elevata). Le bombe a grappolo inesplose sono di grave pericolosità, trasformandosi di fatto in mine antipersona.
  In ambito nazionale richiama in tale contesto la legge n. 374 del 1997, recante norme per la messa al bando delle mine antipersona, approvata prima della stipula della Convenzione di Ottawa, che, oltre a stabilire divieti che superano anche quelli previsti dalla citata Convenzione, prevede aspre sanzioni penali per i trasgressori.
  In particolare, la legge n. 374 del 1997 stabilisce il divieto di uso a qualsiasi titolo di ogni tipo di mina antipersona, fatto salvo l'utilizzo, a fini esclusivi di addestramento per operazioni di sminamento e di Pag. 129ricerca di nuove tecnologie a scopo di sminamento e di distruzione delle mine. Inoltre la norma vieta la ricerca tecnologica, la fabbricazione, la vendita, la cessione a qualsiasi titolo, l'esportazione, l'importazione, la detenzione delle mine antipersona di qualunque natura o composizione, o di parti di esse, nonché l'utilizzazione e la cessione dei diritti di brevetto per la fabbricazione, in Italia o all'estero, direttamente o indirettamente, delle mine antipersona o di parti di esse, e l'utilizzazione e la cessione di tecnologie idonee alla fabbricazione di mine antipersona o di parti di esse.
  La predetta legge stabilisce altresì l'obbligo, per le aziende italiane produttrici di mine antipersona e loro componenti e per chiunque le detenga, di denunciare le predette mine ai comandi territoriali dell'Arma dei carabinieri e di provvedere entro i successivi novanta giorni a consegnarle al Ministero della difesa. Analogo obbligo di denuncia grava su chiunque dispone di diritti di brevetto o di tecnologie idonee alla fabbricazione di mine antipersona o di parti di esse.
  Per quanto riguarda i profili sanzionatori, la fabbricazione, vendita, cessione a qualsiasi titolo, esportazione, importazione, detenzione di mine antipersona, ovvero l'utilizzo o cessione di diritti di brevetto o tecnologie per la fabbricazione, in Italia o all'estero, di mine antipersona o di parti di esse, è punita con la reclusione da tre a dodici anni e con la multa euro 258.228 a euro 516.456. Per la violazione dei predetti obblighi di denuncia è prevista inoltre la sanzione della reclusione da tre a sei anni e della multa da euro 103.291 a euro 258.228, nonché con la pena accessoria dell'incapacità di contrattare con la pubblica amministrazione per un periodo da cinque a dieci anni.
  Segnala altresì come l'Italia partecipi attivamente all'applicazione della richiamata Convenzione di Ottawa, sia sul piano diplomatico sia sotto il profilo umanitario. In particolare, l'Italia ha preso parte all'ultima Conferenza del settembre 2006 e ha svolto un ruolo da protagonista nell'opera di bonifica dei residuati bellici esplosivi nel Libano del Sud; inoltre, al fine di dare maggiore efficacia all'azione in tale settore, la legge n. 58 del 2001 ha istituito, il Fondo per lo Sminamento Umanitario in modo realizzare programmi integrati relativi allo sminamento.
  Passando a illustrare il contenuto della proposta di legge, l'articolo 1 vieta totalmente il finanziamento di società, in qualsiasi forma giuridica costituite, aventi sede in Italia o all'estero, che – direttamente o avvalendosi di società controllate o collegate secondo i criteri del codice civile – svolgono attività di costruzione, produzione, sviluppo, assemblaggio, riparazione, conservazione, impiego, utilizzo, immagazzinaggio, stoccaggio, detenzione, promozione, vendita, distribuzione, importazione, esportazione, trasferimento o trasporto delle mine anti-persona, delle munizioni e submunizioni a grappolo (cluster), di qualunque natura o composizione, o di parti di esse.
  È inoltre vietato svolgere ricerca tecnologica, fabbricazione, vendita e cessione, a qualsiasi titolo, esportazione, importazione e detenzione di munizioni e submunizioni cluster, di qualunque natura o composizione, o di parti di esse.
  Il comma 3 specifica che i divieti posti dal comma 1 valgono anche per tutti gli intermediari finanziari e creditizi abilitati (come definiti dall'articolo 2, comma 1, lettera a) e che le fondazioni e i fondi pensione non possono investire il proprio patrimonio nelle attività elencata dal comma 1.
  Inoltre, ai sensi dell'articolo 2 le società che svolgono le predette attività non possono partecipare a bandi o programmi di finanziamento pubblico,
  L'articolo 2 reca le definizioni rilevanti ai fini dell'applicazione della disciplina recata dal provvedimento.
  In particolare, la lettera a) definisce «intermediari abilitati» le società di intermediazione mobiliare (SIM) italiane, le banche italiane, le società di gestione del risparmio (SGR) italiane, le società di investimento a capitale variabile (SICAV), gli intermediari finanziari iscritti nell'elenco di cui all'articolo 106 del Testo unico Pag. 130bancario (TUB) di cui al decreto legislativo n. 385 del 1993), ivi inclusi i confidi, le banche di Paesi membri dell'Unione europea, le imprese di investimento di Paesi membri dell'Unione europea, le banche extracomunitarie, gli agenti di cambio iscritti nel ruolo unico nazionale tenuto dal Ministero dell'economia e delle finanze, nonché le fondazioni di origine bancaria e i fondi pensione.
  La lettera b) definisce finanziamento ogni forma di supporto finanziario, tra cui – a titolo esemplificativo – la concessione di credito sotto qualsiasi forma, il rilascio di garanzie finanziarie, l'assunzione di partecipazioni, l'acquisto o la sottoscrizione di strumenti finanziari emessi dalle società indicate dalla proposta in esame, anche tramite società controllate.
  La lettera c) definisce come «mina antipersona» ogni ordigno o dispositivo corrispondente alle caratteristiche individuate dall'articolo 2, comma 1, della sopra richiamata Convenzione di Ottawa sul divieto d'impiego, di stoccaggio, di produzione e di trasferimento delle mine antipersona e sulla loro distruzione.
  La norma specifica che si tratta di mine progettate in modo tale da esplodere a causa della presenza, prossimità o contatto di una persona e tale da incapacitare, ferire o uccidere una o più persone. Viene inoltre precisato che le mine progettate per essere detonate dalla presenza, prossimità o contatto di un veicolo, invece che di una persona, e dotate di dispositivi di anti manipolazione, non sono considerate mine antipersona per il solo fatto di essere così congegnate.
  La lettera d) reca la definizione di mina, intendendo per tale una munizione progettata per essere posta sotto, sopra o presso il terreno o qualsiasi altra superficie e per essere fatta esplodere dalla presenza, prossimità o contatto di una persona o veicolo.
  La lettera e) reca la definizione di munizioni e submunizioni a grappolo (cluster) le quali, ai sensi dell'articolo 2 della citata Convenzione di Oslo sulla messa al bando delle munizioni a grappolo, sono le munizioni convenzionali idonee a disperdere o rilasciare submunizioni esplosive ciascuna di peso inferiore a 20 chilogrammi.
  La lettera f) individua gli organismi di vigilanza rilevanti, ai sensi delle norme del provvedimento, nella Banca d'Italia, nell'Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni (IVASS), nella Commissione di vigilanza sui fondi pensione (COVIP) e negli gli eventuali altri soggetti cui sia attribuita in forza della normativa vigente la vigilanza sull'operato degli intermediari abilitati.
  L'articolo 3 individua i compiti delle Autorità di vigilanza in relazione ai divieti posti dalle disposizioni dell'intervento legislativo.
  In particolare, al comma 1 viene prescritto che entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del provvedimento, detti organismi emanino, di concerto tra loro, apposite istruzioni per l'esercizio di controlli rafforzati sull'operato degli intermediari abilitati, al fine di contrastare il finanziamento della produzione, utilizzo, assemblaggio, riparazione, promozione, vendita, distribuzione, importazione, esportazione, stoccaggio, detenzione o trasporto delle mine antipersona, delle munizioni e submunizioni cluster e di loro singoli componenti.
  Nel medesimo termine, essi provvedono a istituire l'elenco delle società operanti nei settori individuati dall'articolo 1, comma 1 (relativi alle mine anti-persona, alle munizioni e submunizioni cluster), indicando l'ufficio responsabile della pubblicazione annuale del medesimo elenco.
  Il comma 2 incide sui compiti dell'Unità di informazione finanziaria per l'Italia (UIF), istituita presso la Banca d'Italia dal decreto legislativo n. 231 del 2007, specificando che i controlli dei flussi finanziari svolti da tali organismo sono estesi alle imprese e alle società di cui all'articolo 1, comma 1.
  Al riguardo ricorda che l'UIF, nell'ambito del sistema di prevenzione del riciclaggio e del finanziamento del terrorismo, è l'autorità incaricata di acquisire i flussi finanziari e le informazioni riguardanti ipotesi di riciclaggio e di finanziamento del Pag. 131terrorismo, principalmente attraverso le segnalazioni di operazioni sospette trasmesse da intermediari finanziari, professionisti e altri operatori; di dette informazioni effettua l'analisi finanziaria, utilizzando l'insieme delle fonti e dei poteri di cui dispone, e valuta la rilevanza ai fini della trasmissione agli organi investigativi e della collaborazione con l'autorità giudiziaria, per l'eventuale sviluppo dell'azione di repressione. La normativa stabilisce, a vantaggio della UIF, obblighi di informazione in capo alle autorità di vigilanza, alle amministrazioni e agli ordini professionali. L'Unità e gli organi investigativi e giudiziari collaborano ai fini dell'individuazione e dell'analisi di operazioni finanziarie anomale. L'Unità partecipa alla rete mondiale delle FIU per scambi informativi essenziali a fronteggiare la dimensione transnazionale del riciclaggio e del finanziamento del terrorismo.
  L'articolo 4 definisce i compiti per gli intermediari, i quali devono, entro novanta giorni dalla pubblicazione dell'elenco delle società operanti nei settori individuati dall'articolo 1, comma 1 (relativi alle mine anti-persona, alle munizioni e submunizioni cluster) escludere dai prodotti offerti ogni componente che costituisca supporto finanziario alle società incluse nell'elenco medesimo.
  L'articolo 5 disciplina invece le verifiche dei divieti posti dalle norme in esame, prevedendo in particolare, al comma 1, che la Banca d'Italia può richiedere dati, notizie, atti e documenti agli intermediari abilitati (di cui all'articolo 2, comma 1, lettera a) del provvedimento) e, se necessario, può effettuare verifiche presso la sede degli stessi.
  Il comma 2 dispone inoltre che gli organismi di vigilanza provvedano, nell'ambito delle ispezioni e dei controlli a carico dei soggetti vigilati, anche a «controlli specifici di valutazione» dell'attività connessa alla funzione di compliance in relazione ai divieti previsti dal provvedimento.
  L'articolo 6 disciplina le sanzioni comminate agli intermediari abilitati che non osservano il divieto di finanziamento delle società operanti nel settore delle mine e delle munizioni.
  In particolare, ai sensi del comma 1, gli intermediari abilitati che violano il divieto di finanziamento sono puniti con la sanzione amministrativa pecuniaria da 150.000 a 1.500.000 euro, ove ne ricorrano le condizioni secondo quanto previsto dall'articolo 5 del decreto legislativo n. 231 del 2001.
  In merito ricorda che il richiamato articolo 5 del decreto legislativo n. 231 individua le condizioni in base alle quali a una persona giuridica può essere attribuita la responsabilità amministrativa da reato: l'attribuzione di tale responsabilità riguarda i reati commessi nell'interesse o a vantaggio della persona giuridica da parte di persone che rivestono funzioni di rappresentanza, di amministrazione o di direzione dell'ente o di una sua unità organizzativa dotata di autonomia finanziaria e funzionale, nonché da persone che esercitano, anche di fatto, la gestione e il controllo dello stesso, ovvero da parte di persone sottoposte alla direzione o alla vigilanza di uno dei richiamati soggetti. La responsabilità dell'ente viene invece esclusa qualora tali soggetti abbiano agito nell'interesse esclusivo proprio o di terzi.
  Stante il rinvio all'appena descritto articolo 5 del decreto legislativo n. 231 del 2001, contenuto nel comma 1 dell'articolo 6 della proposta di legge, l'applicazione delle sanzioni pecuniarie nei confronti della società è condizionata al verificarsi di determinati eventi e, in particolare, ove la violazione del divieto di finanziamento sia compiuta:
   dai soggetti che rivestono funzioni apicali e da parte dei loro sottoposti, secondo quanto previsto dal richiamato articolo 5 del decreto legislativo n. 231;
   nell'interesse o a vantaggio dell'intermediario, potendosi quindi escludere la responsabilità ove le medesime persone fisiche abbiano agito esclusivamente nell'interesse proprio o di terzi.

  Per quanto riguarda invece le persone fisiche che svolgono funzioni di amministrazione Pag. 132e di direzione degli intermediari abilitati o che, per loro conto, svolgono funzioni di controllo, ai sensi del comma 2, nel caso di violazione del divieto di finanziare società operanti nel settore delle mine e delle munizioni è prevista una sanzione amministrativa pecuniaria da 50.000 a 250.000 euro.
  Inoltre, il comma 3 dell'articolo 5 collega all'applicazione delle sanzioni amministrative pecuniarie (sia nei confronti delle persone fisiche che di quelle giuridiche, in mancanza di specificazione) anche conseguenze di tipo interdittivo: è disposta la perdita temporanea, per una durata non inferiore a due mesi e non superiore a tre anni, dei requisiti di onorabilità per i rappresentanti legali dei soggetti abilitati, delle società di gestione del mercato, nonché per i revisori e i promotori finanziari e, per i rappresentanti legali di società quotate, l'incapacità temporanea ad assumere incarichi di amministrazione, direzione e controllo nell'ambito di società quotate e di società appartenenti al medesimo gruppo di società quotate.
  L'articolo 7, in deroga alle disposizioni sulla legge in generale, dispone che il provvedimento entri in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.
  Segnala quindi l'opportunità di velocizzare il più possibile l'approvazione definitiva del provvedimento, auspicando che tutti i gruppi, nonché il Governo, esprimano il loro assenso a trasferire l'esame del provvedimento in sede legislativa.

  Carlo SIBILIA (M5S) ribadisce l'assenso del gruppo M5S, già espresso in seno all'Ufficio di Presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi, della Commissione, rispetto all'ipotesi di chiedere il trasferimento in sede legislativa dell'esame del provvedimento.

  Davide ZOGGIA (MDP) condivide l'opportunità di approvare in tempi rapidi e con il più ampio consenso possibile il provvedimento, anche al fine di dare un chiaro segnale circa l'attenzione della politica rispetto a tale importante tematica.

  Carlo SIBILIA (M5S) ritiene che, anche al fine di assicurare un positivo esito dell'esame del provvedimento, sia opportuno prevedere il coinvolgimento della Commissione Difesa.

  Maurizio BERNARDO, presidente, con riferimento alle considerazioni del deputato Sibilia, rileva come il provvedimento sia assegnato, in sede consultiva, anche alla Commissione Difesa, la quale potrà pertanto esprimere su di essa il proprio parere.
  Nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia quindi il seguito dell'esame ad altra seduta.

  La seduta termina alle 14.10.

ATTI DEL GOVERNO

  Martedì 14 marzo 2017. — Presidenza del presidente Maurizio BERNARDO. – Interviene il viceministro dell'Economia e delle finanze Luigi Casero.

  La seduta comincia alle 14.10.

Schema di decreto legislativo recante disposizioni per l'esercizio delle attività di compro oro in attuazione dell'articolo 15, comma 2, lettera l), della legge 12 agosto 2016, n. 170.
Atto n. 390.

(Seguito dell'esame, ai sensi dell'articolo 143, comma 4, del regolamento, e rinvio).

  La Commissione prosegue l'esame dello schema di decreto legislativo, rinviato nella seduta dell'8 marzo scorso.

  Maurizio BERNARDO, presidente, ricorda che, nel corso della precedente seduta di esame, la relatrice, Moretto, ha illustrato il contenuto del provvedimento.

  Sara MORETTO (PD), relatrice, rileva l'opportunità di procedere a un breve ciclo di audizioni sui contenuti dello schema di decreto. In tale ambito, si riserva di segnalare Pag. 133alla Presidenza i soggetti da ascoltare e dichiara la propria disponibilità ad accogliere le indicazioni che i gruppi vorranno eventualmente fornire in tal senso.

  Daniele PESCO (M5S) dichiara innanzitutto la propria perplessità per la scelta, attuata dal Governo nell'ambito dell'articolo 15, comma 2, lettera l), della legge n. 170 del 2016 (legge di delegazione europea del 2015), di intervenire sulla disciplina del settore delle attività di compro oro con una regolamentazione autonoma. Al riguardo ritiene infatti sarebbe stato certamente più logico ed efficace, anche in termini di contrasto al fenomeno del riciclaggio di denaro, inserire le predette attività tra quelle soggette alla normativa antiriciclaggio contenuta nella direttiva 849/2015/UE, relativa alla prevenzione dell'uso del sistema finanziario a scopo di riciclaggio dei proventi delle attività criminose.
  Chiede quindi di svolgere il ciclo di audizioni sul provvedimento proposto dalla relatrice nell'ambito dell'indagine conoscitiva che, come convenuto dall'Ufficio di presidenza delle Commissioni riunite Giustizia e Finanze, verrà svolta nell'ambito dell'esame dello schema di decreto legislativo inerente le tematiche relative al riciclaggio (Atto n. 389).

  Maurizio BERNARDO, presidente, con riferimento alla richiesta da ultimo avanzata dal deputato Pesco, rileva come l'indagine conoscitiva sullo schema di decreto legislativo recante attuazione della direttiva (UE) 2015/849 relativa alla prevenzione dell'uso del sistema finanziario a scopo di riciclaggio dei proventi di attività criminose e di finanziamento del terrorismo (Atto n. 389) sarà svolta nell'ambito dell'esame del provvedimento da parte delle Commissioni Giustizia e Finanze, in quanto il richiamato schema di decreto è assegnato in congiunta alle predette Commissioni, mentre il ciclo di audizioni sullo schema di decreto legislativo in esame (Atto n. 390) sarà ovviamente svolto dalla sola Commissione Finanze, cui è assegnato tale ultimo provvedimento.
  Rileva peraltro come, nel corso delle audizioni che avranno luogo presso le Commissioni riunite II e VI, potranno essere affrontate anche tematiche di rilevanza per il settore delle attività di compro oro, ricordando in tale contesto che i gruppi siano stati invitati a fornire indicazioni circa i soggetti che ritengono utile ascoltare in quella sede.

  Dino ALBERTI (M5S), nel condividere le considerazioni del deputato Pesco sull'opportunità di disciplinare l'esercizio delle attività di compro oro nell'ambito dell'atto di recepimento della normativa generale europea in materia di antiriciclaggio, sottolinea la necessità di valutare i contenuti dello schema di decreto in esame nel quadro della predetta normativa antiriciclaggio.

  Davide ZOGGIA (MDP) concorda con la proposta della relatrice di svolgere talune audizioni sulla materia recata dal provvedimento e segnala, in tal senso, l'opportunità di ascoltare anche i soggetti istituzionali coinvolti, tra i quali cita, in particolare, l'Associazione nazionale dei comuni italiani (ANCI).

  Maurizio BERNARDO, presidente, nel condividere la richiesta, avanzata dalla relatrice e condivisa dalle altre forze politiche, di svolgere un breve ciclo di audizioni sul provvedimento, invita i gruppi a fornire indicazioni per l'individuazione dei soggetti interessati.
  Nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia quindi il seguito dell'esame ad altra seduta.

  La seduta termina alle 14.15.