CAMERA DEI DEPUTATI
Martedì 11 ottobre 2016
707.
XVII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Politiche dell'Unione europea (XIV)
COMUNICATO
Pag. 146

SEDE CONSULTIVA

  Martedì 11 ottobre 2016. — Presidenza del presidente Michele BORDO.

  La seduta comincia alle 13.40.

Disposizioni in materia di contrasto ai fenomeni del lavoro nero, dello sfruttamento del lavoro in agricoltura e di riallineamento retributivo nel settore agricolo.
C. 4008 Governo, approvato dal Senato.
(Parere alle Commissioni II e XI).
(Esame e rinvio).

  La Commissione inizia l'esame del provvedimento in oggetto.

  Michele BORDO, presidente, intervenendo in sostituzione della relatrice, onorevole Berlinghieri, rammenta che il disegno di legge in esame – già approvato dal Senato e sul quale la Commissione è chiamata ad esprimersi ai fini del parere da rendere alle Commissioni riunite II e XI – mira a rafforzare l'azione di contrasto al caporalato e al lavoro nero in agricoltura intervenendo sia sul versante repressivo, con significative modifiche al quadro normativo penale, sia sul versante Pag. 147delle politiche di intervento, con specifiche misure di supporto dei lavoratori stagionali in agricoltura, il potenziamento della Rete del lavoro agricolo di qualità ed il graduale riallineamento delle retribuzioni nel settore agricolo.
  Ricorda che, secondo stime delle organizzazioni sindacali e delle associazioni di volontariato, il fenomeno dell'intermediazione illegale e dello sfruttamento lavorativo in agricoltura coinvolge circa 400.000 lavoratori in Italia, sia italiani che stranieri, ed è diffuso in tutte le aree del Paese e in diversi settori dell'agricoltura. Si tratta di un fenomeno che va dal lavoro irregolare fino ai confini della riduzione in schiavitù; da forme di organizzazione elementare costituite da un solo caporale che procura qualche bracciante per sottoporlo a condizioni di estremo sfruttamento, a veri e propri sistemi criminosi che gestiscono la somministrazione di manodopera a bassissimo costo ricorrendo anche all'uso della minaccia o della violenza.
  Nel settore, significativi interventi sono stati già attuati dal Governo: ricorda, innanzitutto, l'istituzione dell'Ispettorato nazionale del lavoro che accentra la vigilanza già esercitata dal personale INPS e INAIL, ottimizzando le risorse e rendendo i controlli più efficaci, ed il Protocollo contro il caporalato e lo sfruttamento lavorativo in agricoltura, sottoscritto dai Ministeri dell'interno, del lavoro e delle politiche agricole con le parti sociali e le associazioni di volontariato, che durerà fino a tutto il 2017 e che prova a rispondere alle situazioni più urgenti riferite per ora a cinque Regioni (tutte al Sud), individuate come a maggior rischio.
  Il provvedimento all'esame si inserisce quindi in un quadro di azioni già messe in atto e risponde all'esigenza particolarmente avvertita di compiere un ulteriore e decisivo passo in avanti nella battaglia contro questa vera e propria piaga sociale.
   Venendo al contenuto del testo, che si compone di 12 articoli, segnala che l'articolo 1 detta una nuova formulazione dell'articolo 603-bis del codice penale: Intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro, che, nella versione attuale, punisce nei fatti il solo caporale e richiede come elemento costitutivo del reato l'organizzazione di una attività lavorativa caratterizzata da sfruttamento mediante violenza o minaccia.
  Al primo comma, numero 1, si definisce la condotta illecita del caporale ovvero di chi recluta manodopera per impiegarla presso terzi in condizioni di sfruttamento, approfittando del loro stato di bisogno, prevedendo così, rispetto alla norma vigente, una fattispecie-base che prescinde da comportamenti violenti, minacciosi o intimidatori. Al primo comma, numero 2, si sanziona il datore di lavoro che utilizza, assume o impiega manodopera reclutata anche mediante l'attività di intermediazione, sottoponendo i lavoratori a condizioni di sfruttamento ed approfittando del loro stato di bisogno.
  Con l'introduzione di una figura autonoma di reato si supera la difficoltà, emersa con l'attuale definizione del reato, di incriminare anche il datore di lavoro rispetto all'approfittamento dello stato di bisogno dei lavoratori. Il secondo comma del nuovo articolo 603-bis prevede una fattispecie di caporalato caratterizzata dall'esercizio di violenza o minaccia. Il terzo comma del nuovo articolo 603-bis riguarda le condizioni ritenute indice di sfruttamento dei lavoratori. Il quarto comma del nuovo articolo 603-bis prevede, infine, delle aggravanti specifiche del reato di caporalato sanzionate con l'aumento della pena da un terzo alla metà.
  L'articolo 2 aggiunge al codice penale gli articoli 603-bis.1 e 603-bis.2, relativi ad attenuanti del delitto di caporalato e ad ipotesi di confisca obbligatoria. In materia di confisca obbligatoria interviene anche l'articolo 5 che integra la formulazione dell'articolo 12-sexies del decreto-legge n. 306 del 1992 (legge n. 356 del 1992) aggiungendo il delitto di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro nell'ambito dei reati per i quali è sempre disposta la confisca obbligatoria del denaro, dei beni o delle altre utilità di cui il condannato non possa giustificare la provenienza e di cui risulti essere titolare o avere la Pag. 148disponibilità in valore sproporzionato al proprio reddito o alla propria attività economica.
  L'articolo 3 prevede – come misura cautelare reale – il possibile controllo giudiziario dell'azienda nel corso del procedimento penale per il reato di caporalato.
  L'articolo 4 modifica l'articolo 380 del codice di procedura penale aggiungendo il delitto di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro commesso con violenza e minaccia tra quelli per cui è obbligatorio l'arresto in flagranza.
  Con l'articolo 6 viene aggiunto il reato di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro tra quelli per i quali è prevista la responsabilità amministrativa degli enti, di cui al decreto legislativo n. 231/2001.
  L'articolo 7 modifica l'articolo 12 della legge n. 228 del 2003 prevedendo l'assegnazione al Fondo anti-tratta dei proventi delle confische ordinate a seguito di sentenza di condanna o di patteggiamento per il delitto di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro di cui all'articolo 603-bis del codice penale. La novella comporta la destinazione delle risorse del Fondo anche all'indennizzo delle vittime del reato di caporalato.
  L'articolo 8 apporta numerose modifiche all'articolo 6 del decreto-legge n. 91 del 2014 (legge n. 116 del 2014) che ha istituito presso l'INPS la Rete del lavoro agricolo di qualità, allo scopo di rafforzarne l'operatività. La disposizione integra il catalogo dei reati ostativi per gli imprenditori agricoli che intendono partecipare alla Rete e indica poi ulteriori requisiti per le imprese agricole che intendano parteciparvi. Si dispone inoltre in ordine alla composizione e alle competenze della cabina di regia che presiede alla Rete del lavoro agricolo di qualità, che è tenuta annualmente a trasmettere una relazione alle Camere sullo svolgimento dei propri compiti.
  L'articolo 9 prevede la predisposizione di un piano di interventi contenente misure per la sistemazione logistica e il supporto dei lavoratori che svolgono attività lavorativa stagionale di raccolta dei prodotti agricoli, nonché idonee forme di collaborazione con le sezioni territoriali della Rete del lavoro agricolo di qualità. Lo stato di attuazione del suddetto piano di interventi è oggetto di una relazione annuale predisposta dal Governo e trasmessa alle Commissioni parlamentari competenti.
  L'articolo 10 reca disposizioni in materia di contratti di riallineamento retributivo di cui all'articolo 5, comma 1, del d.lg. n. 510 del 1996.
  L'articolo 11 reca la clausola di invarianza finanziaria, mentre l'articolo 12 prevede l'entrata in vigore della legge il giorno successivo alla sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.
  Nessuno chiedendo di intervenire, rinvia quindi il seguito dell'esame ad altra seduta.

Ratifica ed esecuzione dell'Accordo tra il Governo della Repubblica di Slovenia, il Governo di Ungheria e il Governo della Repubblica italiana sulla Multinational Land Force (MLF), con Annesso, fatto a Bruxelles il 18 novembre 2014.
C. 3947 Governo, approvato dal Senato.
(Parere alla III Commissione).
(Esame e rinvio).

  La Commissione inizia l'esame del provvedimento in oggetto.

  Francesca BONOMO (PD), relatrice, ricorda che l'Accordo tra il Governo della Repubblica di Slovenia, il Governo di Ungheria e il Governo della Repubblica italiana sulla Multinational Land Force (MLF), con Annesso, fatto a Bruxelles il 18 novembre 2014 – del quale la Commissione avvia oggi l'esame ai fini del parere da rendere alla III Commissione Affari esteri – è finalizzato a sostituire, aggiornandone i contenuti, l'Accordo intergovernativo sulla costituzione della Multinational Land Force firmato a Udine il 18 aprile 1998 e ratificato con la legge 7 aprile 2000, n. 106.
  Rammenta preliminarmente che la MLF è una Forza multilaterale costituita Pag. 149fra la Slovenia, l'Ungheria e l'Italia, che ne ha assunto l'iniziativa. Istituita con il citato accordo intergovernativo del 1998, MLF ha lo scopo di favorire il rafforzamento della cooperazione militare fra i tre Paesi firmatari, di contribuire allo sviluppo dell'identità europea di sicurezza e di difesa e all'incremento dei livelli di capacità e di prontezza di reazione nelle situazioni di crisi, nonché di consolidare le relazioni militari fra le nazioni interessate, in conformità con i rispettivi ordinamenti interni e con gli obblighi internazionali.
  Più in dettaglio, la MLF è costituita sull'intelaiatura della Brigata Alpina «Julia», integrata da un battaglione per ciascuna delle altre Nazioni. La MLF riceve disposizioni da un Comitato Politico-Militare trinazionale e può essere impiegata in missioni NATO, ONU, UE ed OSCE: è stata impiegata, fra l'altro, in Kosovo ed in Afghanistan nell'ambito della missione ISAF. L'Italia, in qualità di «Nazione guida» ha il compito di fornire il Comandante dell'MLF e la maggior parte della struttura del Quartier Generale della Brigata, rinforzata su base permanente da personale sloveno ed ungherese.
  Nel settembre 2010 le tre nazioni partecipanti alla MLF, Italia, Ungheria e Slovenia, hanno concordato sulla necessità di rinegoziare clausole risalenti agli anni ’90 del XX secolo, divenute obsolete dopo l'adesione anche di Slovenia ed Ungheria alla NATO (rispettivamente nel 2004 e nel 1999) ed all'UE (2004 per entrambi i Paesi); da qui la decisione di aggiornare l'Accordo esistente per armonizzarlo alle mutate esigenze operative ed addestrative, che ha condotto alla firma, il 18 novembre 2014, dell'Accordo ora in esame.
  Con riferimento al contenuto, l'Accordo si compone di un preambolo, 13 articoli e di un Annesso.
  L'articolo 1 indica lo scopo della Forza multinazionale, che è quello di contribuire alla sicurezza internazionale attraverso attività addestrative congiunte in tempo di pace e lo schieramento, a fini dissuasivi, di una forza militare in caso di crisi.
  All'articolo 2 viene disciplinato il contesto di impiego dell'MLF, che può essere schierata solo previa decisione unanime delle Parti ed utilizzata dietro mandato ONU o di altra organizzazione internazionale.
  L'articolo 3 individua gli organi decisionali dell'MLF e definisce la struttura del gruppo direttivo politico militare.
  La struttura della Forza e di Comando è contenuta nell'articolo 4, che prevede l'attribuzione all'Italia del ruolo di capofila (Lead Nation).
  L'articolo 5 definisce le modalità di attivazione della Forza per addestramento e funzioni operative, rinviando ad un apposito memorandum (Organizzazione della Forza Terrestre Multinazionale) la definizione degli aspetti tecnici e logistici, mentre l'articolo 6 riguarda le lingue ufficiali dell'MLF ed individua l'inglese come lingua di lavoro.
  Ai sensi dell'articolo 7 i costi per l'operatività del quartier generale sono a carico di un bilancio multinazionale finanziato in conformità con le disposizioni del citato memorandum.
  Lo status del personale (articolo 8) ricalca il modello della NATO (status di cui alla legge n. 1335/1955, che deroga alle ordinarie regole sulla giurisdizione).
  Ai sensi dell'articolo 9 l'Accordo, con il consenso scritto di tutte le Parti e previa firma di apposita Nota di Adesione (riportata nell'Annesso all'Accordo medesimo), è aperto all'adesione di altri Paesi; è inoltre prevista la possibilità di partecipazione e collaborazione da parte di qualsiasi forza militare della NATO, di Stati membri dell'Unione europea o di Paesi amici – secondo la cosiddetta open door policy – previa firma di apposito memorandum.
  L'articolo 10 definisce le clausole di sicurezza, identificando le informazioni classificate e le modalità per il loro scambio.
  L'articolo 11 individua esclusivamente nell'accordo tra le Parti la modalità per la soluzione di eventuali controversie interpretative o applicative.
  L'articolo 12 demanda la definizione di questioni di dettaglio relative all'MFL ed altri aspetti operativi ad un Memorandum Pag. 150di Intesa separato o ad altri pertinenti documenti firmati dalle competenti autorità delle Parti.
  L'articolo 13, infine, reca le disposizioni finali e stabilisce la durata indefinita dell'Accordo, la sua entrata in vigore, nonché la cessazione dell'applicazione del precedente accordo istitutivo del MLF, nonché di tutti gli accordi attuativi o memoranda da esso derivanti.
  Quanto al disegno di legge di autorizzazione alla ratifica dell'Accordo in esame, già approvato dal Senato il 28 giugno scorso, si compone di cinque articoli.
  L'articolo 1 e l'articolo 2 contengono, rispettivamente, la clausola di autorizzazione alla ratifica e l'ordine di esecuzione dell'Accordo in esame.
  L'articolo 3, comma 1, reca la clausola di copertura finanziaria degli oneri previsti per l'attuazione dell'Accordo, valutati in 17.096 euro annui a decorrere dal 2016.
  L'articolo 4 contiene una clausola di invarianza finanziaria.
  L'articolo 5 prevede l'entrata in vigore della legge di autorizzazione alla ratifica il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

  Michele BORDO, presidente, nessuno chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

  La seduta termina alle 13.50.

ATTI DELL'UNIONE EUROPEA

  Martedì 11 ottobre 2016. — Presidenza del presidente Michele BORDO.

  La seduta comincia alle 13.50.

Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica le direttive 2000/53/CE relativa ai veicoli fuori uso, 2006/66/CE relativa a pile e accumulatori e ai rifiuti di pile e accumulatori e 2012/19/UE sui rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche.
COM(2015)593 final.

Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica la direttiva 1999/31/CE relativa alle discariche di rifiuti.
COM(2015)594 final.

Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica la direttiva 2008/98 relativa ai rifiuti.
COM(2015)595 final.

Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica la direttiva 94/62/CE sugli imballaggi e i rifiuti di imballaggio.
COM(2015)596 final.

Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle Regioni – L'anello mancante – Piano d'azione dell'Unione europea per l'economia circolare.
COM(2015)614 final.

(Esame congiunto, ai sensi dell'articolo 127, comma 1, del Regolamento, e rinvio).

  La Commissione inizia l'esame dei provvedimenti in oggetto.

  Massimiliano MANFREDI (PD), relatore, segnala che la Commissione avvia oggi l'esame – ai fini del parere da rendere alla VIII Commissione Ambiente – del nuovo pacchetto adottato dalla Commissione europea in materia di economia circolare.
  Ricorda infatti che nel 2014, la Commissione europea aveva presentato una Comunicazione intitolata «Verso un'economia circolare: programma per un'Europa a zero rifiuti» (COM(2014)398), accompagnata da una proposta di modifica di alcune direttive in materia di rifiuti (COM(2014)397).
  In estrema sintesi, la proposta prevedeva che si dovesse riciclare il 70 per cento dei rifiuti urbani e l'80 per cento dei rifiuti di imballaggio entro il 2030, e vietare il conferimento in discarica dei rifiuti riciclabili a partire dal 2025.
  A seguito delle perplessità avanzate da alcuni parti politiche e da alcuni Stati membri, la Commissione Juncker, successivamente Pag. 151al suo insediamento, ha ritirato la proposta, annunciando di volerla sostituire entro la fine del 2015 con un'altra vertente sulla stessa materia.
  Il pacchetto in esame – presentato il 2 dicembre 2015 e costituito da una Comunicazione e da quattro proposte legislative – rappresenta il risultato di questa parziale revisione dell'approccio adottato dalla Commissione europea. Si è voluto innanzitutto affinare e dettagliare meglio le proposte che con la iniziale Comunicazione erano definite solo in termini generali e anche ampliare l'ambito dell'intervento, che non è più concentrato prevalentemente sul tema della gestione e del riciclaggio dei rifiuti ma che ha una portata assai più ampia, investendo altre aree definite comunque prioritarie: la plastica, i rifiuti alimentari, le materie prime critiche, il settore delle costruzione e delle demolizioni e le biomasse.
  Lo scopo fondamentale delle nuove proposte è di promuovere l'evoluzione da un'economia lineare (basata su un modello che prevede la produzione di un bene, il suo utilizzo ed alla fine il suo abbandono) a un'economia circolare (in cui i materiali e l'energia utilizzati per fabbricare i prodotti mantengono il loro valore il più a lungo possibile, i rifiuti sono ridotti al minimo e si utilizzano quante meno risorse possibili): la Commissione europea si pone in tal modo un obiettivo assai ambizioso che conferma lo sforzo di collocare l'UE in un ruolo di leadership nel processo diretto ad assicurare la sostenibilità dei sistemi economici e sociali e a combattere contro i cambiamenti climatici.
  Venendo al contenuto specifico del nuovo pacchetto sull'economia circolare, occorre in primo luogo segnalare che esso non risponde soltanto a finalità di carattere ambientale ma si propone anche di realizzare importanti risultati sul terreno economico, sia in termini di riduzione degli sprechi e di maggiore risparmio sia in termini di nuova occupazione.
  La Commissione europea valuta che l'attuazione del complesso delle misure prospettate possa determinare risparmi per le imprese europee nell'ordine di 600 miliardi di euro, circa l'8 per cento del fatturato annuo, e creare 580 mila nuovi posti di lavoro, contemporaneamente riducendo le emissioni di gas a effetto serra in un ordine di grandezza tra il 2 e il 4 per cento.
  La traduzione concreta delle misure indicate potrà fornire elementi utili per comprendere se tali obiettivi siano realistici; in ogni caso, è evidente che si tratta di un progetto di portata epocale che sollecita le economie e le società dei Paesi europei a uno sforzo rilevantissimo di innovazione e aggiornamento dei paradigmi e di abitudini consolidate che, in assenza di significative inversioni di tendenza, potrebbero risultare insostenibili sotto il profilo economico oltre che ambientale.
  Lo spreco di risorse e i costi che la loro acquisizione comporta per le economie europee, fortemente dipendenti da fornitori terzi, come nel caso esemplare dell'energia, incidono negativamente sulla competitività dei sistemi economici europei. L'adozione di tecnologie più avanzate e a minor impatto ambientale costituisce poi una delle frontiere più significative della ricerca e dell'innovazione che alimenta l'economia della conoscenza e richiede nuove professionalità. In questo senso, l'articolato pacchetto adottato dalla Commissione europea si fa apprezzare per una prospettiva coerente e trasversale che si riferisce a vari aspetti: dalla progettazione ecocompatibile alla preferenza da accordare alla riparabilità e alla riciclabilità dei prodotti, alla promozione degli appalti verdi oltre che alla migliore gestione dei rifiuti anche per il recupero delle materie prime utilizzate.
  Siamo dunque in presenza di un complesso organico di misure che incidono su vari fronti, mentre la proposta iniziale, come detto in precedenza, era sostanzialmente concentrata sul tema dei rifiuti.
  In estrema sintesi, con riferimento ai diversi settori su cui interviene il pacchetto, va segnalato che per quanto concerne la plastica l'obiettivo è quello di aumentarne il riciclaggio e la biodegradabilità riducendo la presenza di sostanze Pag. 152pericolose; per quanto riguarda i rifiuti alimentari, si intende ridurre drasticamente la quantità di sprechi che l'Unione europea stima in 180 chilogrammi di alimenti pro capite all'anno, per un totale complessivo di 100 milioni di tonnellate. Si stima che circa un terzo del cibo venga perso o trasformato in rifiuto; al riguardo, la Commissione europea prefigura l'adozione di misure volte a promuovere la distribuzione di alimenti sicuri e commestibili ai soggetti bisognosi attraverso la disciplina delle donazioni alimentari o, in subordine, il loro riutilizzo per la produzione di mangimi.
  La Commissione prefigura anche interventi diretti a promuovere il recupero delle materie prime essenziali il cui approvvigionamento comporta notevoli costi e che sono ampiamente utilizzate in molti dispositivi elettronici, ad esempio nei telefoni cellulari.
  Merita apprezzamento anche l'attenzione riservata al settore delle costruzioni e delle demolizioni cui va attribuita la responsabilità di concorrere in misura determinante alla produzione di rifiuti in Europa (circa un tonnellata pro capite per un totale di 500 milioni di tonnellate all'anno). Su questo terreno un intervento volto ad adottare una disciplina efficace per favorire il recupero e ridurre il versamento in discarica di materiali edili può risultare particolarmente utile nel nostro Paese dove la prassi dell'abbandono di questo tipo di materiale è molto diffusa, con grave pregiudizio per l'ambiente. Analogamente, appare pienamente apprezzabile l'obiettivo di incentivare la più intensa, purché sostenibile, produzione e la diffusione dell'utilizzo di biomateriali e bioprodotti che possono spesso costituire una soddisfacente alternativa ai prodotti fossili senza produrre lo stesso impatto essendo biodegradabili e compostabili.
  Più complessa è la valutazione delle nuove proposte della Commissione europea per quanto concerne specificamente la materia dei rifiuti che ammontano complessivamente, nell'ambito dell'UE, ad oltre 2,5 miliardi di tonnellate all'anno di cui oltre il 60 per cento non utilizzati né riciclati.
  Il dato è particolarmente preoccupante per quanto concerne i rifiuti urbani che soltanto per il 43 per cento sono oggetto di riciclaggio, mentre per il 31 per cento continuano ad essere collocati in discarica e per il 26 per cento inceneriti.
  Le nuove proposte della Commissione europea recuperano soltanto in parte i contenuti della iniziale Comunicazione che, come detto in precedenza, aveva suscitato forti riserve da parte di alcuni Stati membri che ritenevano che l'obiettivo di riciclare il 70 per cento di rifiuti urbani e l'80 per cento di rifiuti da imballaggio entro il 2030 fosse troppo impegnativo e comportasse oneri eccessivi.
  La Commissione europea ha modificato parzialmente tali obiettivi stabilendo nel 60 per cento la quota di rifiuti urbani da riciclare entro il 2025 e nel 65 per cento la quota da riciclare entro il 2030. Rimane invece fissata al 70 per cento entro il 2020 la quota di rifiuti da costruzione e demolizione per i quali è previsto l'obbligo di riutilizzo e di riciclaggio. Contemporaneamente alla revisione degli obiettivi quantitativi, la Commissione propone una serie di misure volte a prevenire la produzione di rifiuti e a potenziare gli strumenti per la tracciabilità dei rifiuti pericolosi, pur semplificando gli adempimenti di registrazione a carico delle imprese di piccole dimensioni che raccolgono o trasportano limitate quantità di rifiuti non pericolosi. Si prospetta un intervento significativo anche per quanto concerne la definizione della responsabilità del produttore.
  Il pacchetto è corredato di un cronoprogramma che dettaglia puntualmente le scadenze che la Commissione si è data con riferimento alle misure puntuali da adottare sulle specifiche questioni.

  Michele BORDO, presidente, nessuno chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

  La seduta termina alle 13.55.