CAMERA DEI DEPUTATI
Lunedì 27 giugno 2016
662.
XVII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Politiche dell'Unione europea (XIV)
COMUNICATO
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SEDE CONSULTIVA

  Lunedì 27 giugno 2016. — Presidenza del presidente Michele BORDO.

  La seduta comincia alle 14.10.

Misure per il sostegno e la valorizzazione dei comuni con popolazione fino a 5.000 abitanti e dei territori montani e rurali, nonché disposizioni per la riqualificazione ed il recupero dei centri storici.
Nuovo testo unificato C. 65 Realacci e C. 2284 Terzoni.
(Parere alle Commissioni V e VIII).
(Seguito dell'esame e rinvio).

  La Commissione prosegue l'esame del nuovo testo in oggetto, rinviato nella seduta del 22 giugno 2016.

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  Michele BORDO, presidente, ricorda che la scorsa settimana la relatrice, on. Berlinghieri, ha illustrato i contenuti del provvedimento e si è quindi aperto il dibattito, senza interventi. Invita quindi i colleghi interessati a prendere la parola.
  Nessuno chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

DL 98/2016: Disposizioni urgenti per il completamento della procedura di cessione dei complessi aziendali del Gruppo ILVA.
C. 3886 Governo.
(Parere alle Commissioni VIII e X).
(Esame e rinvio).

  La Commissione inizia l'esame del disegno di legge in titolo.

  Vanessa CAMANI (PD), relatrice, rileva che il decreto-legge in esame consta di tre articoli, ed interviene sulle norme riguardanti la procedura di cessione dei complessi aziendali del Gruppo ILVA, tuttora in corso, modificando alcune disposizioni per lo più contenute nei più recenti decreti legge riguardanti la modifica e l'attuazione del Piano delle misure e delle attività di tutela ambientale e sanitaria e i diritti e gli obblighi degli acquirenti (o affittuari) del complesso aziendale. Sono inoltre previste disposizioni in tema di finanziamenti ad imprese strategiche.
  L'articolo 1, comma 1, lettera a), pone a carico dell'amministrazione straordinaria (e non più dell'acquirente o affittuario aggiudicatario della procedura di cessione) l'onere di rimborso dei 300 milioni di euro erogati, ai sensi dell'articolo 1, comma 3, del decreto-legge n. 191 del 2015, all'amministrazione straordinaria.
  L'articolo 1, comma 1, lettera b), interviene sulla procedura riguardante le modifiche o le integrazioni del Piano delle misure e delle attività di tutela ambientale e sanitaria (cd. Piano ambientale) definendo una nuova e più articolata procedura, che sostanzialmente ridefinisce i termini per la definizione e la valutazione delle offerte vincolanti definitive da parte dei soggetti partecipanti alla procedura di trasferimento dei complessi aziendali del gruppo ILVA in amministrazione straordinaria (nuovo comma 8 dell'articolo 1 del decreto-legge 191/2015), nonché per l'autorizzazione delle modifiche medesime e dei nuovi interventi (nuovo comma 8.1 dell'articolo 1 del decreto-legge 191/2015). Ulteriori modifiche riguardano la nomina di un nuovo Comitato di esperti deputati allo svolgimento dell'istruttoria sulle predette modifiche (nuovo comma 8.2 dell'articolo 1 del decreto-legge 191/2015) e la limitazione dell'applicazione della disciplina vigente, riguardante gli oneri reali e i privilegi speciali prevista per i proprietari dei siti oggetto di bonifica, ai beni, alle aziende e ai rami d'azienda oggetto del trasferimento (nuovo comma 8.3 dell'articolo 1 del decreto-legge 191/2015).
  L'articolo 1, comma 2 stabilisce l'esonero dagli oneri previsti dall'articolo 104-bis (diritto all'ispezione dell'azienda, diritto di recesso dell'amministrazione straordinaria), richiamati dall'articolo 4, comma 4-quater, del decreto-legge n. 347 del 2003 qualora il contratto d'affitto dell'azienda, nell'ambito della procedura, preveda l'obbligo di acquisto della medesima (anche sottoposto a condizione o termine). È conseguentemente esclusa anche l'applicazione della disposizione concernente il diritto di prelazione dell'affittuario in relazione all'ipotesi di cessione.
  L'articolo 1, comma 3, attraverso una novella all'articolo 3, comma 3 del decreto-legge n. 207 del 2012, estende all'aggiudicatario della procedura di cessione (affittuario o acquirente) l'autorizzazione alla prosecuzione dell'attività produttiva nello stabilimento e alla commercializzazione dei prodotti riconosciuta dal decreto-legge n. 207 del 2012 (e nei limiti dello stesso) all'ILVA spa di Taranto.
  L'articolo 1, comma 4, consente la proroga di ulteriori diciotto mesi del termine ultimo per l'attuazione del Piano ambientale (lettera a), approvato con il Pag. 47D.P.C.M. 14 marzo 2014, ed estende anche all'affittuario o all'acquirente, nonché ai soggetti da questi delegati, l'esclusione dalla responsabilità penale o amministrativa a fronte di condotte poste in essere in attuazione del medesimo Piano (lettera b).
  L'articolo 1, comma 5 prevede che le disposizioni del medesimo articolo si applichino alle procedure di amministrazione straordinaria iniziate anteriormente alla data di entrata in vigore del decreto-legge.
  L'articolo 2, comma 1, prevede, con riferimento alla restituzione dei finanziamenti statali che i commissari del Gruppo ILVA avevano titolo ad acquisire, ai sensi dell'articolo 1, comma 6, del decreto-legge n.191 del 2015, al fine esclusivo dell'attuazione e della realizzazione del Piano delle misure e delle attività di tutela ambientale e sanitaria dell'impresa in amministrazione straordinaria (pari a 600 milioni di euro per l'anno 2016 e 200 milioni di euro per l'anno 2017), che questa avvenga nell'anno 2018 (non più quindi nel medesimo esercizio nel quale era avvenuta l'erogazione), ovvero successivamente, secondo la procedura di ripartizione dell'attivo, in prededuzione, ma subordinatamente al pagamento di tutti i crediti prededucibili di tutti gli altri creditori della procedura di amministrazione straordinaria nonché dei creditori privilegiati.
  Viene pertanto esplicitato il regime di restituzione di tali debiti ed è disciplinata la copertura finanziaria (articolo 2, commi da 2 a 4).
  L'articolo 3, infine, disciplina l'entrata in vigore del decreto-legge nel giorno della sua pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, avvenuta il 9 giugno 2016.
  Richiama quindi l'attenzione dei colleghi sul fatto che il 20 gennaio 2016 la Commissione europea ha avviato un'investigazione formale per accertare l'esistenza di possibili aiuti di Stato a favore dell'acciaieria Ilva spa in amministrazione straordinaria (articolo 108, paragrafo 2 del TFUE).
  Il 13 maggio 2016 il procedimento è stato esteso al prestito di 300 milioni di euro (decreto-legge n. 191 del 2015).
  I rilievi avanzati dalla Commissione europea riguardano 6 misure: trasferimento all'Ilva dei fondi oggetto di sequestro prima della conclusione dei procedimenti penali (decreto-legge n. 1 del 2015, convertito in legge n. 20 del 2015): secondo la Commissione europea le risorse – seppur non statali – passano in una certa fase sotto il controllo dello Stato (Fondo Unico Giustizia amministrato da Equitalia) e, in termini di vantaggio selettivo, l'Ilva si trova in condizione migliore grazie al decreto-legge in quanto la beneficiaria della disposizione è un'unica azienda nominata espressamente, mentre nessun operatore di mercato avrebbe volontariamente sottoscritto le obbligazioni dell'Ilva al loro valore nominale; pre-deducibilità dei prestiti concessi ad imprese di interesse strategico nazionale poste in amministrazione straordinaria per la realizzazione del piano delle misure e delle attività di tutela ambientale e sanitaria (decreto-legge n. 101 del 2013): la concessione di prestiti coinvolge banche private, ma la misura sarebbe imputabile allo Stato italiano (a favore dell'Ilva), in considerazione della tempistica dell'intervento, avvenuto in un momento di grave crisi di liquidità dell'azienda e di difficoltà ad ottenere un prestito ponte dalle banche; garanzia statale per prestiti prededucibili per un ammontare complessivo di 400 milioni di euro (decreto-legge n.1 del 2015): la misura sarebbe imputabile allo Stato dato che la garanzia è concessa dal Ministero dell'economia e delle finanze, e configurerebbe un vantaggio poiché, in assenza di tale disposizione, un garante privato non avrebbe assunto il rischio di coprire un prestito di 400 milioni di euro per una società insolvente; pagamento di Fintecna relativo ai danni ambientali che hanno avuto luogo prima della privatizzazione del 1995 (decreto-legge n. 1 del 2015): secondo la Commissione europea la misura è imputabile allo Stato, poiché Fintecna è pubblica al 100 per cento e il versamento della somma è stato reso possibile Pag. 48dall'intervento legislativo, dal momento che nel periodo tra il 1995 e il 2015 le parti non sono state in grado di trovare una soluzione; prestito statale di 300 milioni di euro, concesso all'Ilva il 23 dicembre 2015 per far fronte alle indilazionabili esigenze finanziarie del gruppo (decreto-legge n. 191 del 2015): secondo la Commissione europea, la misura comporterebbe l'utilizzo di risorse statali, essendo il prestito proveniente dal Ministero dell'economia e delle finanze, e sarebbe specifica, essendo rivolta esplicitamente all'Ilva e conferendole un vantaggio indebito, che non avrebbe potuto ottenere alle normali condizioni di mercato.
  Infine, nella comunicazione del 13 maggio 2016 si contesta l'autorizzazione agli amministratori straordinari a contrarre finanziamenti statali per un ammontare fino a 800 milioni di euro, di cui fino a 600 milioni di euro nel 2016 e fino a 200 milioni di euro nel 2017 (decreto-legge n. 191 del 2015). La misura non rientra nell'investigazione formale in corso, in quanto non ancora concessa. Tuttavia, la Commissione europea ritiene che, se attuata come previsto nella formulazione attuale, possa configurare aiuto di Stato, in quanto si dubita che un investitore privato in economia di mercato accetterebbe di prestare all'Ilva 800 milioni di euro, anche a condizioni diverse da quelle previste dal decreto-legge, alla luce delle difficoltà finanziarie in cui versa l'impresa.
  In linea generale, con riferimento alle misure contestate, la Commissione europea ritiene che non vi sia alcuna base per ritenere gli eventuali aiuti di Stato all'Ilva compatibili con il mercato interno, dal momento che non sono ammessi – ai sensi degli orientamenti in materia di aiuti di Stato – aiuti a finalità regionale, né aiuti al salvataggio o alla ristrutturazione a favore del settore siderurgico; inoltre, l'Ilva non risulta ammissibile agli aiuti ambientali poiché si configura come impresa in difficoltà ai sensi del punto 20, lettera c), degli Orientamenti sugli aiuti di Stato per il salvataggio e la ristrutturazione di imprese non finanziarie in difficoltà (2014).
  Rileva inoltre che con riguardo allo stabilimento ILVA di Taranto, è pendente nei confronti dell'Italia la procedura di infrazione n. 2013/2177 (parere motivato) per violazione della direttiva 2008/1/UE (cd. Direttiva IPPC) sulla prevenzione e la riduzione integrate dell'inquinamento fino al 7 gennaio 2014, e della direttiva 2010/75/UE, relativa alle emissioni industriali, a decorrere da tale data.
  Nel parere motivato, la Commissione, pur riconoscendo i progressi conseguiti dalla data di costituzione in mora, contesta la violazione delle direttive sopra richiamate con riferimento a tre diversi ambiti:
   il gestore dello stabilimento ILVA di Taranto sarebbe inadempiente in relazione a numerose prescrizioni previste nell'autorizzazione integrata ambientale (AIA) rilasciata a ottobre 2012 (mancata copertura dei siti di stoccaggio dei minerali e dei materiali polverulenti; mancata adozione di provvedimenti volti alla minimizzazione delle emissioni gassose dagli impianti di trattamento dei gas; mancata adozione di misure per il controllo dell'emissione di particolato con il flusso di vapore acqueo in uscita dalle torri di spegnimento; mancata adozione di provvedimenti per la riduzione delle emissioni di polveri dalle acciaierie);
   in secondo luogo, non sarebbero state adottate misure in grado di garantire che non si verifichino fenomeni di inquinamento significativi dell'aria ma anche del suolo e delle acque;
   infine, oltre che al mancato aggiornamento dell'AIA nel 2013, si contesta la mancanza di misure relative all'arresto definitivo dell'impianto, nonché di disposizioni per la protezione del suolo e delle acque sotterranee, per la verifica periodica del loro stato e per la prevenzione delle emissioni nel suolo e nelle acque sotterranee.

  Michele BORDO, presidente, nessuno chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

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Ratifica ed esecuzione della Convenzione relativa all'assistenza giudiziaria in materia penale tra gli Stati membri dell'Unione europea, fatta a Bruxelles il 29 maggio 2000, e delega al Governo per la sua attuazione.
C. 1460-B, approvata dalla Camera e modificata dal Senato.
(Parere alle Commissioni II e III).
(Esame e rinvio).

  La Commissione inizia l'esame della proposta di legge in titolo.

  Francesca BONOMO (PD), relatrice, ricorda che il provvedimento all'esame della Commissione, già approvato dalla Camera dei deputati e poi modificato dal Senato, autorizza la ratifica della Convenzione di Bruxelles del 2000 sull'assistenza giudiziaria in materia penale tra gli Stati membri dell'Unione e delega il Governo a dettare disposizioni di adeguamento interno.
  Il progetto di legge, inoltre, modifica alcune disposizioni del codice di procedura penale relative all'estradizione e delega il Governo a riformare il libro XI del codice di procedura penale relativo ai rapporti giurisdizionali con le autorità straniere.
  Ricorda che prima dell'entrata in vigore del Trattato di Lisbona, la disciplina dello «spazio di libertà, sicurezza e giustizia» era oggetto del c.d. terzo pilastro, era cioè rimessa a decisioni intergovernative, estranee all'applicazione delle procedure legislative dell'Unione europea.
  Con l'entrata in vigore del Trattato di Lisbona, l'articolo 9 del protocollo sulle disposizioni transitorie stabilisce che gli effetti giuridici degli atti delle istituzioni, degli organi e degli organismi dell'Unione adottati in base al Trattato sull'Unione europea prima dell'entrata in vigore del Trattato di Lisbona sono mantenuti finché tali atti non saranno stati abrogati, annullati o modificati in applicazione dei trattati. Ciò vale anche per le convenzioni concluse tra Stati membri in base al Trattato sull'Unione europea, tra le quali la Convenzione di Bruxelles del 2000, oggetto della ratifica.
  Il testo della Convenzione si compone di un preambolo e di trenta articoli, suddivisi in cinque titoli.
  La prima parte, relativa al Titolo I, reca principalmente indicazioni per uniformare le procedure e le formalità con cui devono svolgersi le rogatorie.
  Il Titolo II, che comprende gli articoli dall'8 al 16, regolamenta le richieste relative a forme specifiche di assistenza giudiziaria.
  Il Titolo III (articoli dal 17 al 22) è interamente dedicato al tema dell'intercettazione delle telecomunicazioni.
  Il Titolo IV, che si compone del solo articolo 23, tratta il delicato tema della protezione dei dati personali.
  Nel Titolo V (articoli dal 24 al 30) sono contenute le disposizioni finali.
  La Convenzione risulta attualmente ratificata da 24 dei 28 Stati membri dell'Unione europea: oltre all'Italia, manca ancora la ratifica da parte di Grecia, Croazia e Irlanda.
  Cionondimeno, la Convenzione risulta in vigore nei rapporti reciproci tra gli Stati che hanno provveduto al deposito dello strumento di ratifica, con date che variano in funzione dei tempi del deposito.
  Segnala, altresì, che il 16 ottobre 2001 il Consiglio dell'Unione Europea ha adottato un Protocollo alla Convenzione in esame, relativo alla richiesta di informazioni sui conti bancari e sulle operazioni bancarie, nonché sui reati fiscali e politici. L'entrata in vigore del Protocollo, soggetta alle stesse disposizioni previste dalla Convenzione, ha riguardato sinora 23 dei 28 Stati membri: infatti, oltre all'Italia, non risultano aver ratificato il Protocollo Estonia, Grecia, Croazia e Irlanda. Anche in questo caso tuttavia il Protocollo risulta in vigore nei rapporti bilaterali tra tutti gli Stati ratificanti, in date diverse, dipendenti dalle date di deposito delle rispettive ratifiche.
  La proposta di legge A.C. 1460-B si compone di 7 articoli.
  L'articolo 1 autorizza la ratifica della Convenzione e l'articolo 2 detta l'ordine di esecuzione, con decorrenza dalla data di Pag. 50entrata in vigore della Convenzione, in conformità con quanto stabilito dall'articolo 27 della Convenzione stessa.
  L'articolo 3 delega il Governo ad adottare – entro 6 mesi dalla data di entrata in vigore della legge – uno o più decreti legislativi per dare attuazione alla Convenzione, individuando numerosi principi e criteri direttivi.
  In particolare, il Governo dovrà prevedere norme volte a migliorare la cooperazione giudiziaria in materia penale con gli Stati parte della Convenzione e apportare le modifiche legislative necessarie a garantire una rapida ed efficace attuazione dell'assistenza giudiziaria prestata dall'Italia agli altri Stati, nel rispetto della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo. Il Senato ha precisato che nell'attuare la delega su questi temi il Governo dovrà tener conto anche dei principi e criteri direttivi relativi alla riforma del libro XI del codice di procedura penale, previsti all'articolo 4.
  Gli articoli 4, 5 e 6 – che in parte riproducono il disegno di legge governativo C. 2813, recante delega al Governo per la riforma del Libro XI del codice di procedura penale – sono stati modificati dal Senato, che ne ha integrato il contenuto.
  In particolare, l'articolo 4 individua i principi e criteri direttivi per la riforma del libro XI del codice di rito, in materia di rapporti giurisdizionali con autorità straniere.
  Nel corso dell'esame in Senato è stato anzitutto precisato che nella riforma il Governo dovrà tenere distinti i rapporti con le autorità di Stati membri dell'Unione europea da quelli con le autorità di Stati diversi. In relazione ai primi, infatti, la cooperazione giudiziaria in materia penale dovrà essere realizzata nel rispetto dei Trattati e degli atti normativi UE; solo in assenza di disposizioni specifiche, si potranno applicare le convenzioni internazionali e le norme di diritto internazionale generale e, in via residuale, le disposizioni del codice di procedura (lettera a).
  Nei rapporti con gli Stati non membri dell'Unione europea la cooperazione giudiziaria si dovrà svolgere nel rispetto delle convenzioni internazionali e del diritto internazionale e, in via residuale, nel rispetto di quanto disciplinato dal codice di procedura penale (lettera b).
  In entrambi i casi è riconosciuto il potere del Ministro della giustizia di rifiutare la cooperazione se lo Stato richiedente assistenza non fornisce idonee garanzie di reciprocità.
  L'articolo interviene quindi in materia di disciplina processuale dell'assistenza giudiziaria a fini di giustizia penale (lettera c) e detta principi e criteri direttivi per riformare la disciplina dell'estradizione (lettera d).
  Quanto ai principi in materia di riconoscimento di sentenze penali di altri Stati e di esecuzione all'estero di sentenze penali italiane (lettera e) la delega è ispirata in primo luogo a principi di massima semplificazione.
  Si interviene quindi in materia di mutuo riconoscimento delle decisioni giudiziarie nei rapporti con Stati membri dell'Unione europea (lettera f), e la lettera g) delega il Governo a disciplinare il trasferimento dei procedimenti giurisdizionali tra Stati diversi, prevedendo in particolare che, se il procedimento deve passare dall'autorità giudiziaria italiana alla giurisdizione di altro Stato, il Ministro della giustizia sia interpellato per potersi opporre.
  Infine i commi 2 e 3 dell'articolo 4 disciplinano le modalità e i tempi (entro un anno) di esercizio della delega, prevedendo il coinvolgimento delle competenti Commissioni parlamentari (anche per i profili finanziari) e autorizzando l'esecutivo ad adottare decreti legislativi correttivi ed integrativi (entro 18 mesi dall'esercizio della delega).
  L'articolo 5 introduce modifiche agli articoli 698, 708 e 714 del codice di procedura penale, in materia di estradizione per l'estero.
  In particolare, la modifica all'articolo 698, comma 2, c.p.p., introdotta dal Senato, riguarda la tutela dei diritti fondamentali ed è volta a circoscrivere ulteriormente le ipotesi di concessione dell'estradizione verso uno Stato che potrebbe applicare la pena di morte. Pag. 51
  L'articolo 6 reca la clausola di invarianza finanziaria e le disposizioni correttive volte ad assicurare la copertura finanziaria dei decreti legislativi, qualora determinino nuovi o maggiori oneri. In particolare, il Senato ha precisato che se dall'attuazione della delega deriveranno nuovi oneri, i decreti legislativi potranno essere emanati solo successivamente all'entrata in vigore di provvedimenti legislativi che stanzino le necessarie risorse finanziarie.
  L'articolo 7 prevede che la legge entri in vigore il giorno successivo alla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale.

  Michele BORDO, presidente, nessuno chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

  La seduta termina alle 14.30.

ATTI DELL'UNIONE EUROPEA

  Lunedì 27 giugno 2016. — Presidenza del presidente Michele BORDO.

  La seduta comincia alle 14.30.

Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni relativa a una strategia dell'UE in materia di gas naturale liquefatto e stoccaggio del gas dell'energia.
COM(2016)49 final.

Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio concernente misure volte a garantire la sicurezza dell'approvvigionamento di gas e che abroga il regolamento (UE) n. 994/2010 del Consiglio e documento di lavoro dei servizi della Commissione – Sintesi della valutazione d'impatto. SWD(2016)26 final – COM(2016)52 final.
(Parere alla X Commissione).
(Esame congiunto e rinvio).

  La Commissione inizia l'esame degli atti dell'Unione europea in oggetto.

  Chiara SCUVERA (PD), relatrice, evidenzia come la XIV Commissione avvii oggi l'esame congiunto di due atti dell'Unione europea, la Comunicazione della Commissione europea concernente la «Strategia dell'UE in materia di gas naturale liquefatto e stoccaggio del gas» (COM(2016)49) e la Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio concernente misure volte a garantire la sicurezza dell'approvvigionamento di gas e che abroga il regolamento (UE) n. 994/2010 del Consiglio e documento di lavoro dei servizi della Commissione – Sintesi della valutazione d'impatto. SWD(2016)26 final – COM(2016)52 final.
  Il primo dei due atti, la Comunicazione della Commissione europea concernente la «Strategia dell'UE in materia di gas naturale liquefatto e stoccaggio del gas» (COM(2016)49), è stato presentato dalla Commissione europea il 16 febbraio scorso, e costituisce un ulteriore importante tassello nel complesso del disegno definito allo scopo di garantire la sicurezza energetica a livello europeo, accanto alla proposta di regolamento concernente la sicurezza dell'approvvigionamento di gas, alla comunicazione riguardante la Strategia in materia di riscaldamento e raffreddamento e alla proposta di decisione sugli accordi intergovernativi nel settore energetico.
  La Strategia in esame risponde ad un impegno assunto nel quadro dell'Unione dell'energia ed è finalizzata a valorizzare le potenzialità del GNL e dello stoccaggio del gas, al fine di migliorare il livello di diversificazione, flessibilità e resilienza dell'Europa.
  La Strategia assume un ruolo di particolare interesse per l'Italia. Nell'UE, si stanno profilando due aree in materia di approvvigionamento del gas: una corrispondente al nord Europa e l'altra all'area meridionale.
  In tale contesto, l'Italia presenta tutte le caratteristiche per svolgere il ruolo di paese collettore di gas dal Mediterraneo per farlo transitare verso i paesi del resto Pag. 52dell'Unione, considerata la posizione geografica e la ricchezza delle interconnessioni già disponibili.
  Affinché tale possibilità possa tradursi in risultati concreti è tuttavia necessario che il nostro Paese segua con la massima attenzione i negoziati a livello europeo su questa delicata materia e che sappia far valere le sue giuste ragioni all'interno della strategia che si va definendo su scala europea.
  La diversificazione delle forniture di gas naturale è ritenuta indispensabile soprattutto in considerazione della continua riduzione della produzione interna dell'UE prevista per i prossimi decenni. A questa riduzione dovrebbe anche accompagnarsi una contestuale significativa espansione della domanda di GNL a livello europeo che, negli auspici della Commissione, dovrebbe essere soddisfatta mediante l'aumento dell'offerta a livello mondiale.
  L'ingresso di nuovi Paesi fornitori e l'aumento della produzione di quelli che già attualmente operano nei mercati dovrebbe comportare, nelle previsioni della Commissione europea, una apprezzabile riduzione dei prezzi tale da rendere più appetibile l'alternativa costituita dal GNL.
  Attualmente, le forniture di GNL agli Stati membri dell'UE prevengono soprattutto da Qatar, Algeria e Nigeria, ma nuove possibilità di fornitura stanno emergendo, per effetto degli investimenti di nuovi paesi in capacità di esportazione del GNL (Australia, USA e Papua Nuova Guinea).
  Secondo la Commissione europea, la prevista sovraproduzione di GNL, il rallentamento delle economie asiatiche e latino-americane e il recente abbassamento dei prezzi del gas fanno del GNL una soluzione alternativa rispetto al gas da gasdotto.
  In alcuni Stati membri, infatti, il GNL è più economico del gas da gasdotto, come dimostrano le statistiche dell'IEA sui prezzi delle importazioni negli Stati che usano entrambi i prodotti.
  Occorre in effetti considerare che la sicurezza del mercato europeo del gas è fortemente pregiudicata dalle incertezze che caratterizzano i comportamenti di alcuni fornitori (la Russia in particolare) e le situazioni di crisi e instabilità di altri. Tale condizione è particolarmente grave per quei Paesi membri che dipendono quasi esclusivamente da un unico fornitore per cui sono fortemente esposti a interruzioni dell'approvvigionamento.
  La disponibilità di GNL, quindi, potrebbe fornire un notevole contributo alla diversificazione delle fonti energetiche, in aggiunta allo stoccaggio del gas e allo sviluppo del corridoio meridionale del gas e degli hub liquidi di gas nel Mediterraneo.
  Secondo la Strategia, l'Unione europea deve agire su tre fronti: garantire la realizzazione delle infrastrutture necessarie per consentire agli Stati membri di accedere ai mercati internazionali del GNL; completare il mercato interno del gas; rafforzare la cooperazione internazionale per promuovere mercati del GNL di dimensioni mondiali, rimuovendo gli ostacoli agli scambi.
  In alcuni casi, inoltre, il GNL potrebbe contribuire a ridurre l'impatto ambientale, in particolare nel settore dei trasporti, nel quale il GNL verrebbe utilizzato direttamente sempre di più in alternativa ai combustibili marittimi nel trasporto per nave e al diesel nei veicoli pesanti. La penetrazione del GNL nei settori del trasporto, terrestre e marittimo, ed in quello delle utenze industriali e civili di grandi dimensioni può realizzare una progressiva sostituzione di prodotti energetici dall'impatto ambientale più consistente, con un beneficio in termini di emissioni di gas ad effetto serra, di polveri sottili e di ossidi di azoto e di zolfo.
  A tal fine, la Strategia richiama gli obblighi previsti dalla direttiva 2014/94/EU relativamente alla realizzazione di una infrastruttura di distribuzione di tale carburante, che prevede di rendere disponibile ad un numero sempre maggiore di mezzi di trasporto pesanti il GNL lungo le principali direttrici internazionali che collegano gli Stati membri ai mercati globali europei.
  Nel contempo, la Commissione ritiene che la presenza di impianti di stoccaggio Pag. 53del gas in numero sufficiente sia fondamentale per garantire la sicurezza e la resilienza sul piano energetico in periodi di gravi perturbazioni dell'approvvigionamento. Gli investimenti negli impianti di stoccaggio del gas, peraltro, appaiono frenati dalla carenza di reti di connessione e dalla scarsa redditività delle operazioni di stoccaggio.
  In merito, si evidenzia che la grande maggioranza delle forniture di GNL verso l'UE arriva a cinque Stati membri (Spagna, Regno Unito, Francia, Portogallo e Belgio). Spagna e Portogallo si affidano al GNL per quasi metà del loro approvvigionamento di gas, mentre il GNL copre tra un quarto e un quinto della fornitura di gas nel Regno Unito.
  Sul piano dell'infrastruttura, i terminal attuali di GNL garantiscono una sufficiente capacità di rigassificazione, tuttavia la distribuzione dei terminal non è ottimale e riduce la capacità di scelta dei fornitori da parte di alcuni Stati, soprattutto in caso di perturbazioni nell'approvvigionamento.
  Allo stesso tempo, vi sono Stati membri dell'UE che non hanno accesso al GNL come ulteriore fonte di diversificazione a causa della mancanza di infrastrutture (interconnessioni, reverse flow o un terminale di importazione di GNL più vicino alla domanda).
  Per quanto riguarda le infrastrutture di stoccaggio, la capacità totale di stoccaggio nell'UE è aumentata fortemente negli ultimi 10 anni, il che ha prodotto in alcune zone un eccesso di capacità e una riduzione delle differenze tra i prezzi estivi e invernali del gas.
  La capacità disponibile nei paesi con stoccaggio varia dal 10 per cento a oltre il 100 per cento della domanda media invernale. Otto Stati membri potrebbero soddisfare il 50 per cento o più della loro domanda di picco attingendo al loro stoccaggio. Austria e Germania potrebbero coprire tutti i loro picchi di domanda. Inoltre, alcuni paesi confinanti con l'UE, quali l'Ucraina, dispongono di una notevole capacità di stoccaggio che potrebbe essere ulteriormente sviluppata e connessa alla rete del gas dell'UE. Al riguardo, si pongono, quindi, due ordini di problemi: il primo attiene alla distribuzione non omogenea degli impianti di stoccaggio, mentre il secondo attiene alla carenza di interconnessioni tra gli impianti stessi che garantiscano una copertura adeguata e diffusa a vantaggio di tutti gli Stati membri.
  Ad avviso della Commissione, l'attuale capacità di stoccaggio appare sufficiente, tuttavia occorre agire sul piano dell'interconnessione per migliorare la disponibilità del gas a livello transfrontaliero e macroregionale.
  Si tratta quindi, per un verso, di realizzare nuovi terminal e, per altro verso, di migliorarne la connessione alle reti. La costruzione di nuove infrastrutture pone, tuttavia, la questione della relativa redditività commerciale, che è strettamente legata alla possibilità di accesso a più di un mercato nazionale.
  Riguardo alla realizzazione delle interconnessioni, la comunicazione della Commissione europea fa riferimento al regolamento TEN-E sugli orientamenti per le infrastrutture energetiche transeuropee e al Meccanismo per Collegare l'Europa, che hanno indicato i progetti di cui l'Europa ha bisogno e le modalità per la loro realizzazione. In tale contesto, la Strategia per il GNL e lo stoccaggio ha individuato un sottogruppo di progetti riferiti alle regioni individuate come vulnerabili negli stress test sul gas realizzati dall'UE nel 2014 (Europa centrale e sudorientale – CESEC; Baltico (BEMIP); Europa sudoccidentale).
  Ad avviso della Commissione, i fondi europei possono contribuire ad alleviare il problema della scarsa redditività commerciale dei rigassificatori e della realizzazione delle reti di interconnessione con gli impianti di stoccaggio, così come i prestiti della Banca europea per gli investimenti, compresi quelli erogati nell'ambito del Fondo europeo per gli investimenti strategici (FEIS). In linea di principio, invece, non potrebbero essere concessi aiuti di Pag. 54Stato qualora la sottoutilizzazione delle infrastrutture esistenti indichi che non sono necessarie nuove infrastrutture.
  Il modo più semplice per scambiare forniture di gas sui mercati europei è attraverso gli hub liquidi del gas, in cui è presente un elevato numero di venditori e compratori e il gas proviene da diverse fonti. Tuttavia, solo un numero limitato di Stati membri dispone di mercati sufficientemente liquidi, mentre in altre parti d'Europa i mercati del gas sono molto meno sviluppati, in particolare nelle regioni dell'Europa centrale, sudorientale e sudoccidentale.
  Secondo la Commissione, è quindi fondamentale che gli Stati membri, di concerto con le autorità nazionali di regolamentazione, intraprendano tutte le azioni necessarie per completare il mercato interno del gas, eliminando gli ostacoli di tipo regolamentare, commerciale e legale.
  Allo stesso modo, variano in modo notevole all'interno dell'UE le tariffe di trasporto da e verso lo stoccaggio: in alcuni casi i fornitori devono pagare due volte, per il trasferimento del gas allo stoccaggio e per il prelievo dello stesso. In alcuni casi, le tariffe indebitamente elevate rendono lo stoccaggio meno concorrenziale. Secondo la Commissione, la questione delle tariffe di trasporto da e verso lo stoccaggio dovrebbe essere affrontata nell'ambito dei lavori sui codici di rete di portata unionale per garantire condizioni paritarie e strutture tariffarie che riflettano i costi.
  In ogni caso, non vanno trascurati i possibili pericoli, non solo in termini di sicurezza ma anche relativamente ai costi sostenuti, con particolare riguardo a quelli assicurativi, di eventuali rischi, quali attacchi terroristici.
  Infine, in quanto grande importatore di GNL, l'UE ha interesse a promuovere in tutto il mondo mercati del GNL liberi, liquidi e trasparenti. A tal fine, la comunicazione prevede che l'UE operi in stretto contatto con i partner e nei consessi internazionali al fine di impedire le restrizioni territoriali e altre pratiche restrittive che possano limitare la libertà degli scambi, sia in condizioni normali di mercato sia in caso di shock esterni.
  Quanto al secondo atto in esame, rileva che la proposta di regolamento COM(2016) 52 si inserisce nell'ambito di un pacchetto più ampio di misure finalizzate a salvaguardare la sicurezza energetica del nostro Continente. In particolare, la proposta è diretta a rafforzare gli strumenti e le misure a disposizione dell'Unione europea e dei Paesi membri di fronte all'eventualità di possibili carenze di gas provocate da perturbazioni relative alla forniture ovvero da picchi di consumo che determinino una domanda straordinariamente elevata.
  La proposta trae origine dagli stress test effettuati nel 2014 che hanno confermato quanto era emerso in occasione della controversia tra Russia e Ucraina, per cui l'Europa è ancora molto vulnerabile in caso di interruzioni nell'approvvigionamento di gas. Dagli stress test è emersa l'esigenza di potenziare gli strumenti per prevenire e affrontare eventuali emergenze oltre che la necessità di migliorare la capacità di stoccaggio e la possibilità di utilizzare soluzioni alternative quali il ricorso al gas naturale liquefatto (GLN). In realtà, una normativa in materia di sicurezza energetica, per quanto concerne l'approvvigionamento di gas, già esiste nell'Unione europea ed è contenuta dal regolamento n. 994 del 2010 che a giudizio della stessa Commissione europea ha prodotto un impatto positivo e apprezzabile. Tuttavia, proprio le recenti travagliate vicende hanno evidenziato la necessità di apportare alcuni miglioramenti alla disciplina vigente.
  La proposta si inserisce in un contesto in cui il livello di dipendenza energetica dell'UE è molto elevato, pur essendovi notevoli differenze tra paese e paese. In particolare, i paesi che dispongono di centrali nucleari registrano un grado di dipendenza più basso mentre vi sono alcuni partner dell'Europa dell'est che si trovano in una situazione particolarmente precaria perché dipendono quasi esclusivamente da un unico fornitore (la Russia). Per quanto concerne specificamente il gas, Pag. 55la produzione dell'UE copre soltanto una quota minoritaria dei consumi mentre il 65 per cento viene importato. La Russia assicura il 39 per cento delle importazioni, la Norvegia il 30 per cento e l'Algeria il 13 per cento.
  L'Unione europea si è prefissa di incoraggiare la sicurezza negli approvvigionamenti anche attraverso un rafforzamento della infrastrutture e la loro interconnessione. A tal fine, è stato adottato il progetto Reti TEN-T che ha individuato una serie di priorità; allo stato, tuttavia, le risorse stanziate, anche mediante il programma Connecting Europe, risultano nettamente inferiori alle necessità.
  Senza entrare nel merito dei singoli progetti, è opportuno ricordare che uno degli obiettivi prioritari che l'Unione europea ha prospettato ai paesi membri è quello di promuovere una diversificazione dei fornitori; per questo motivo, alcune recenti iniziative assunte da singoli Paesi membri, quali Nord Stream 2, suscitano forti e diffuse critiche. È comunque evidente l'utilità di misure volte a rafforzare la capacità di reazione di fronte ad eventuali discontinuità nella disponibilità del gas.
  Venendo ai contenuti della proposta di regolamento COM(2016) 52, merita in primo luogo segnalare che una prima novità rispetto alla disciplina vigente attiene alla specificazione di quelli che costituiscono i «servizi sociali essenziali» per i quali deve essere comunque garantita la continuità della fornitura: si tratta dei servizi di assistenza sanitaria, di emergenza e di sicurezza.
  È poi confermata la definizione di cliente protetto, che può comprendere anche le piccole e medie imprese, oltre che i servizi sociali essenziali e gli impianti di teleriscaldamento.
  In ogni caso, alle piccole e medie imprese non si applicherebbero le disposizioni in materia di solidarietà che si riferiscono specificamente alle famiglie, ai servizi essenziali e agli impianti di teleriscaldamento.
  La disciplina del regime della solidarietà è contenuta all'articolo 12 della proposta di regolamento. In base a tale principio, la fornitura deve essere ricondotta al livello che garantisca il servizio a tutti i clienti protetti per cui, se un Paese membro dichiara lo stato di emergenza, la fornitura ai clienti non protetti non proseguirà per poter approvvigionare prioritariamente i clienti protetti.
  Per rafforzare l'efficacia delle misure dirette a garantire la sicurezza energetica, la Commissione europea propone di adottare un approccio regionale, superando la dimensione nazionale. In particolare, la proposta di regolamento prefigura un elenco di regioni che, in base alle disposizioni proposte, è suscettibile di modifica da parte della stessa Commissione europea mediante atti delegati. L'Italia rientrerebbe nella regione sudorientale insieme all'Austria, la Croazia, l'Ungheria e la Slovenia.
  La definizione delle regioni nei termini prospettati dalla Commissione europea merita un esame molto accurato per una serie di motivi: in primo luogo, perché le regioni indicate non trovano corrispondenza nei gruppi regionali individuati ai fini del TEN-E, che sono più estesi. In secondo luogo, perché non si comprende per quale motivo nella regione cui apparterrebbe l'Italia non è compresa anche la Svizzera che pure è attraversata da importanti rotte di approvvigionamento. In terzo luogo, il potere attribuito alla Commissione europea appare forse troppo ampio e discrezionale, e comunque tale da precludere la possibilità degli Stati membri di muoversi anche in termini differenti.
  Più in generale, occorre valutare attentamente se una articolazione della strategia per la sicurezza energetica possa trarre vantaggi o invece risultare svantaggiata da una rigida divisione del territorio dell'Unione europea in diverse regioni.
  Strettamente connesse alla ripartizione in regioni, sono poi le disposizioni relative che definiscono la procedura per la rilevazione dei rischi, che deve essere effettuata congiuntamente a livello regionale, così come quelli concernenti la definizione dei piani di azione preventivi e dei piani di emergenza.Pag. 56
  Per quanto concerne la valutazione del rischio, viene riproposta la formula già prevista dalla normativa vigente che si basa sul calcolo N-1 che definisce la capacità del sistema di soddisfare la domanda di gas di picco giornaliero in caso di interruzione della principale infrastruttura di importazione. Si può osservare che fra le cause che vengono contemplate, da cui potrebbero derivare problemi di fornitura, non viene considerata in termini espliciti anche l'eventualità di attentati terroristici.
  Coerentemente alla logica di articolazione in regioni, la proposta di regolamento sottolinea l'esigenza di un obbligo di cooperazione ed enfatizza il ruolo che può svolgere la Commissione europea nelle diverse fasi.
  In particolare, la Commissione può, oltre che facilitare, la ricerca di soluzioni concordate, raccomandare alle autorità competenti delle diverse regioni di riesaminare i piani o addirittura imporne la modifica. Al riguardo, nel documento che il Ministero dello sviluppo economico ha trasmesso ai sensi della legge n. 234 del 2012, si sottolineano alcuni profili problematici a partire dalla obbligatorietà della cooperazione da cui potrebbero derivare conseguenze negative quali l'eventuale taglio della domanda del settore termoelettrico a gas, dei consumatori industriali e di una parte dei consumatori civili.
  Lo stesso documento esprime preoccupazione per il fatto che i diversi adempimenti che sono posti a carico delle autorità e degli operatori possano comportare aggravi amministrativi e possono investire profili molto delicati, quali l'obbligo di comunicare alla Commissione europea dati sensibili sui contratti di approvvigionamento.
  Da ultimo, il documento ritiene che sia eccessivo il rafforzamento del ruolo della Commissione europea rapportato alle competenze che rimarrebbero in campo agli Stati membri.
  Infine, merita segnalare positivamente le disposizioni dirette a garantire la cosiddetta capacità bidirezionale, vale a dire la capacità fisica di trasporto del gas in entrambe le direzioni su tutti gli interconnettori tra diversi Stati membri.
  Si tratta di misure che evidentemente sono dirette ad assicurare la reciproca assistenza in caso di necessità.
  In conclusione, la proposta di regolamento in esame interviene sulla disciplina vigente apportando alcune significative modifiche che riguardano essenzialmente: il superamento dell'approccio nazionale mediante l'adozione obbligatoria di un approccio regionale; l'introduzione del principio di solidarietà a tutela dei clienti protetti e l'obbligo di cooperazione tra i diversi Paesi; un rafforzamento degli adempimenti anche per quanto concerne lo scambio di informazioni e la trasparenza dei contratti e il potenziamento della capacità bidirezionale delle infrastrutture.

  Michele BORDO, presidente, nessuno chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo, al Comitato delle regioni e alla Banca europea per gli investimenti – Acciaio: mantenere occupazione sostenibile e crescita in Europa.
COM(2016)155 final.
(Parere alla X Commissione).
(Esame e rinvio).

  La Commissione inizia l'esame dell'atto dell'Unione europea in oggetto.

  Maria IACONO (PD), relatrice, ricorda che la Comunicazione COM(2016)155 in esame – ai fini del parere da rendere alla X Commissione Attività produttive – intende delineare una strategia europea per il rilancio del settore siderurgico nel nostro Continente.
  La Comunicazione COM(2016)155 parte dalla considerazione per cui il comparto siderurgico continua a costituire uno dei pilastri delle attività produttive; l'acciaio è Pag. 57tra i materiali di base più utilizzati nelle costruzioni, nei trasporti, nelle infrastrutture e nell'industria.
  Non è quindi ipotizzabile una continua riduzione della produzione di acciaio da parte dell'Unione europea che finirebbe per costringere il nostro Continente nella condizione di dover dipendere dalle importazioni dall'estero.
  Già attualmente l'Unione europea detiene, nella produzione mondiale di acciaio, una quota nettamente più ridotta rispetto a quella che copriva poco più di dieci anni fa. Siamo infatti passati dal 19 a circa il 10 per cento della produzione complessiva, mentre sono enormemente cresciute le quote detenute da Cina, India e Corea del Sud. Ciononostante, il settore continua a registrare in Europa un fatturato annuo superiore a 160 miliardi di euro e a garantire l'occupazione ad oltre 300 mila lavoratori, sebbene anche in questo caso negli ultimi anni si sia registrata una significativa riduzione.
  L'acciaio è, insomma, un comparto di interesse prioritario per l'Unione europea nel suo complesso e per quasi tutti i Paesi membri; l'industria siderurgica europea è infatti distribuita in 23 Paesi, sebbene i maggiori produttori rimangano la Germania e l'Italia.
  L'industria europea è minacciata proprio dalla aggressività dei più dinamici competitori mondiali, in particolare dalla Cina che già oggi registra una ingente sovraccapacità produttiva e che può usufruire dei rilevantissimi vantaggi assicurati dalla assenza di vincoli di carattere ambientale.
  La prima preoccupazione dell'Unione europea, opportunamente segnalata nella comunicazione in esame, è appunto quella di rafforzare gli strumenti di difesa commerciale contro le pratiche sleali, anche mediante lo snellimento delle procedure per l'eventuale adozione di misure antidumping.
  In effetti, già attualmente l'Unione europea applica circa 100 misure di difesa commerciale; nel febbraio scorso, la Commissione europea ha avviato tre nuove inchieste antidumping nei confronti di altrettanti prodotti dell'industria siderurgica cinese.
  La Commissione europea si prefigge di velocizzare le procedure per le indagini che possono condurre all'adozione di strumenti di difesa commerciale.
  Su tale aspetto, tuttavia, non è sino ad ora emerso a livello europeo un orientamento univoco tra i diversi Stati membri. Ciò vale, in particolare, per la cosiddetta regola del «dazio inferiore» che consente alla Commissione europea di istituire dazi di entità inferiore al margine di dumping se tale livello è sufficiente a eliminare il pregiudizio subito dall'industria europea.
  Mentre, infatti, alcuni Paesi vorrebbero mantenere questa regola nel timore che dalla sua abolizione possa discendere un aumento dei costi ai danni dei consumatori di acciaio, altri Paesi, tra cui l'Italia, propendono per una soppressione della regola, come prospettato dalla Commissione europea, per rendere più dure le misure antidumping.
  Va, tuttavia, osservato che a livello multilaterale non risulta che l'Unione europea si sia attività nel WTO per denunciare pratiche commerciali sleali.
  Parzialmente connesso a questo tema, è quello del ridimensionamento della sovraccapacità che la Commissione europea intenderebbe affrontare nell'ambito dei gruppi di lavoro che sono stati istituiti con alcuni dei maggiori produttori (Cina, Giappone, India, Russia, Turchia e Stati Uniti). Andrebbe peraltro chiarito perché non sono stati attivati analoghi gruppi di contatto anche con il Brasile e la Corea del Sud.
  Un capitolo non meno importante è quello che attiene all'intenzione, manifestata dalla Commissione europea, di utilizzare al meglio gli strumenti e le risorse esistenti per indurre l'industria siderurgica a procedere più rapidamente nella modernizzazione, facilitando gli investimenti per l'innovazione tecnologica oltre che per la formazione del personale impiegato, la crescita professionale e la riconversione degli occupati.Pag. 58
  A questo proposito, occorre segnalare che la comunicazione COM(2016)155, se per un verso non manca di richiamare i diversi fondi e strumenti finanziari attivabili allo scopo (dal FEIS a Horizon 2020 a SPIRE), per altro verso non prospetta neanche in via di ipotesi possibili suggerimenti puntuali. In sostanza, il rischio che si può porre è che le indicazioni della comunicazione si rivelino mere intenzioni non supportate da proposte concrete.
  Ciò appare tanto più evidente quando si consideri che l'industria siderurgica del nostro Paese già attualmente si distingue, anche nel confronto europeo, per essere tra le più virtuose per quanto concerne le tecnologie impiegate e l'attenzione per i profili ambientali.
  La siderurgia italiana è, infatti, in larga parte derivante da forni elettrici che costituiscono impianti più piccoli e flessibili e impiegano prevalentemente rottame. Soltanto il 35 per cento della produzione nazionale deriva da ciclo integrale, vale a dire sostanzialmente da altoforni, impianti di maggiori dimensioni e con un più rilevante impatto sul territorio e l'ambiente.
  La Commissione europea valuta che il forno elettrico può assicurare il 75 per cento di risparmio di materiale ferroso impiegato e un abbattimento di oltre l'85 per cento dell'inquinamento atmosferico.
  Appare, quindi, auspicabile che la comunicazione sia accompagnata da misure più specifiche volte a promuovere la ricerca, che già è in corso, a favore di innovazioni tecnologiche quali ad esempio la realizzazione di impianti per la produzione di preridotto, che potrebbe ridurre significativamente i costi di produzione.
  Allo stesso modo, andrebbe incoraggiata l'evoluzione dell'attività produttiva verso prodotti di qualità, con acciai speciali, che si rivolgano a esigenze più specifiche degli utilizzatori.
  In sostanza, sarebbe auspicabile che l'Unione europea sostenesse tutte le misure che possano favorire davvero l'innovazione dell'industria siderurgica europea, garantendo un innalzamento del valore aggiunto della produzione del nostro Continente.
  Allo stesso tempo, risulterebbe pienamente coerente con gli obiettivi che la Commissione prefigura l'adozione di interventi finanziari e di misure di sostengo per la riconversione e l'ammodernamento degli impianti esistenti, in primo luogo allo scopo di ridurne l'impatto sull'ambiente. Esemplare, al riguardo, è la vicenda dell'Ilva di Taranto i cui piani di riconversione hanno trovato forti resistenze da parte delle istituzioni europee che avrebbero probabilmente più opportunamente dovuto incoraggiarne l'adeguamento alla normativa ambientale.
  Sotto questo profilo, sembra necessario un attivo contributo da parte del nostro Governo nei negoziati europei per garantire che gli obiettivi prospettati dalla Commissione, con la comunicazione al nostro esame non vengano smentiti dalle decisioni che di volta in volta vengono assunte dalla stessa Commissione europea.
  Queste considerazioni valgono anche per quanto riguarda l'indicazione della necessità di rivedere il sistema degli aiuti di Stato per orientarli maggiormente verso i progetti tecnologici di ricerca transfrontalieri, o comunque di interesse europeo, e per sviluppare soluzioni innovative.
  Così come è auspicabile che venga accolta la richiesta avanzata dal Governo italiano di semplificare l'accesso, attualmente troppo complesso, al Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione (FEG) finalizzato a sostenere le politiche attive del mercato del lavoro per aiutare i lavoratori interessati a trovare una nuova occupazione in caso di licenziamenti collettivi.
  In conclusione, la strategia prefigurata dalla Commissione europea, fortemente sollecitata da alcuni Stati europei, tra cui l'Italia, oltre che dalle associazioni dei produttori del comparto, riveste grande importanza, viste le condizioni di crescente difficoltà che l'industria siderurgica europea sta affrontando.
  Pur meritevole di apprezzamento, l'iniziativa della Commissione europea necessita, Pag. 59tuttavia, di essere accompagnata da indicazioni più puntuali che consentano di concretizzare gli obiettivi di proteggere la siderurgia europea di fronte alla concorrenza sleale di molti competitori e di favorirne l'innovazione e lo sviluppo tecnologico.

  Chiara SCUVERA (PD) ringrazia la relatrice per l'esauriente illustrazione. Ritiene quindi che nella proposta di parere che la Commissione dovrà approvare in esito al proprio esame, sarebbe opportuno fare adeguato riferimento al più generale tema dell'innovazione industriale, argomento sul quale il Parlamento italiano, e la Commissione Attività produttive della Camera in particolare, si sta impegnando.
  Richiama in proposito l'indagine conoscitiva avviata dalla X Commissione su «Industria 4.0» e sottolinea il rilievo delle iniziative assunte in sede europea sulla digitalizzazione dell'industria, che potrà avere notevole impatto sulle condizioni di lavoro, anche consentendo il superamento di modelli di lavoro usurante, nonché sulla sostenibilità ambientale del sistema industriale.
  Si tratta di tematiche troppo spesso relegate alle sale dei convegni o alle aule parlamentari, che bisogna invece rendere patrimonio comune popolare, al fine di mettere in piedi un nuovo piano per l'industria.

  Michele BORDO, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

  La seduta termina alle 14.45.

ERRATA CORRIGE

  Nel Bollettino delle Giunte e delle Commissioni parlamentari n. 659 del 21 giugno 2016, a pagina 326, prima colonna, dopo la trentanovesima riga, aggiungere il seguente periodo: «Sono stati quindi ritirati gli emendamenti 36.1, 36.2, 36.3 e 36.4 a firma dell'on. Pini».
  A pagina 365, prima e seconda colonna, sotto ai quattro emendamenti riferiti all'articolo 36, e precisamente alla prima colonna dopo la ventesima riga, e alla seconda colonna dopo la quinta, la ventunesima e la trentatreesima riga, inserire la parola: «(Ritirato) ».